Scrittori illeciti

di Alberto Bogo

Caro Tiziano,
Cercando il ritmo e la parola giusta, scrivo dalle retrovie, facendo un poco il furbo. Da prima della diffusione di Internet leggo dei diari di scrittori noti: potrebbero essere dei blogger, seguendo le definizioni. Ne cito alcuni: Cvetaeva, Canetti, Handke, Valéry, Pessoa.

Libri pieni di riflessioni, di annotazioni brevi o di lunghe pagine, pagine nelle quali si trovano tracce di libri futuri, sentimenti, approfondimenti, indignazioni. Se dovessi cercare quello che tu chiedi ai blogger in queste pagine, ti dovrei dire, con preoccupazione, che potrei tenere solo la Cvetaeva e Canetti. E’ dunque questo quello che manca a questi diari? Non credo del tutto, poco si trova del coraggio, del mettersi in gioco, della vergogna e del dolore, come scrivi giustamente, ma quanto hai impiegato tu per riuscire a farlo?

Mi sposto ancora un poco: non ritengo interessante la logora diatriba tra giornalisti e blogger, semplicemente perché non ritengo che un giornalista usi la scrittura. Mio padre da sempre acquista La Stampa, oggi non è il mio giornale preferito, ma qualche anno fa mi sono avvicinato alle pagine di un quotidiano perché mi piacevano gli articoli di Curzio Maltese, di Mariella Venegoni e di Giampaolo Ormezzano. Il resto è notizia, non scrittura. Un giornalista medio (cioè non proprio uno di provincia, che paradossalmente è più libero) è tenuto a comunicare sinteticamente un fatto e sentire le opinioni delle autorità interessate, nulla più. Moltissimi giornalisti sono degli assemblatori senza libera opinione. Ma gli scrittori sono ben altro, almeno per come li intendo io! Tu chiedi a delle persone di avere un rapporto con la scrittura carnale, virale, soprattutto maturo. Cioè chiedi di riuscire non a scrivere di se stessi, ma di scrivere se stessi. Mettere in gioco nella scrittura la propria cosmogonia, sapere vedere le cose e raccontarle senza scadere nell’outing, senza trasformare l’insieme dei blog in un gruppo di autoaiuto. Tu chiedi di essere in grado di trovare il proprio tono interiore e di saperlo trasferire in sintassi.

Io non ne sono capace. Per il momento ho superato dei blocchi nella mia scrittura, ne sono già felice. Il mio blog non sarà in grado di arrivare dove tu chiedi, me ne dispiace, anche a me stesso, credimi. Sarei felice se riuscissi di colpo a trovare una corrispondenza tra dentro e fuori, tra emisfero emotivo e scrittura, ma non mi sento pronto, sinceramente. Quello che scrivo non è lontanamente paragonabile a quello che leggo nelle pagine dei libri segnati con un’orecchietta, la mia scrittura è un cantiere aperto, dove gli operai scioperano spesso, figurati il blog. Nessuna Pro Loco organizza corsi di scrittura emotiva, mi tocca fare tutto da me, come credo avrai fatto tu.

Le mie gitarelle in pianura con la bicicletta continueranno per un poco, come un allenamento per le salite faticose e le discese a rotta di collo, ti garantisco che già togliere le rotelle mi è costato abrasioni, sangue e lacrime.

Con stima

www.upsaid.com/palomar/

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