Giornalismo e verità #1

Terzo incontro di Nazione Indiana al Teatro i

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Stiamo organizzando una giornata di incontro dal titolo
GIORNALISMO E VERITA’.
Si svolgerà esattamente tra un mese, sabato 19 febbraio a Milano, al Teatro i, in via Gaudenzio Ferrari 11, dalle ore 9.30 alle 18.

Parleranno voci libere e tenaci del giornalismo d’inchiesta: giovani e vecchi, il cronista veterano assieme al giovane che ha appena cominciato e che ha solo la forza della propria libertà e della propria tenacia, attivi in un tipo di giornalismo che oggi trova sempre meno spazio nei giornali, e ancor meno in televisione, direttori di riviste che fanno un lavoro anomalo e controcorrente, direttori di collane editoriali impegnate su questo terreno. Ci saranno racconti, discussioni e proposte, anche per rompere l’isolamento di chi non si arrende alla situazione di violenta chiusura degli spazi e di addomesticamento dell’informazione.

La verità è uno dei bisogni fondamentali dell’anima umana – scriveva Simone Weil. Ma è anche quello che oggi è più frustrato e umiliato.

Dappertutto ci sono occultamenti, distorsioni, spezzettamenti delle verità in mille briciole pseudo-pluralistiche. E poi ci sono ovviamente tutti gli ostacoli e le pressioni che vengono fatte per scoraggiare, imbrigliare, o anche per far tacere per sempre, chi cerca di far emergere una verità: uccisioni, minacce, ricatti economici, clientelismi, logge, vincoli di carriera, scambi di favori… Questa è forse l’Italia di sempre, ma oggi tutto è diventato più drammatico, in un contesto mondiale di violenza, sopraffazione e ingiustizia mostruose, garantite da una pratica di mistificazione quotidiana, sistematica, che coinvolge tutti i media.

Non ci interessa dibattere, accademicamente, di libertà di informazione. Siamo anzi convinti che il problema non vada posto solo in termini di informazione. La verità è altra cosa dall’informazione. Le informazioni del resto si diffondono, anche in mezzo a tutti gli ostacoli. Difficile che le cose restino del tutto segrete. Ma il punto è che circolano senza avere forza di verità, mescolate al rumore di fondo della disinformazione, in un impaludamento che alcuni hanno anche la faccia tosta di chiamare “pluralismo” (come ha fatto ieri il direttore della Rai per giustificare la sua decisione di mandare in onda una trasmissione “riparatrice” sulla Sicilia, che controbilanci la coraggiosa inchiesta di Report sulla mafia). Alle informazioni veritiere si impedisce di entrare nella vita e nel discorso pubblico come delle verità. E soprattutto non vengono dette interamente.

Perché ci sia verità occorre dire tutta la verità, non una verità parziale o frammentata. Ma dire tutta la verità è rischioso e oggi sono pochi quelli che si prendono questo rischio in Italia. In questa Italia di sempre, dei meccanismi di potere iper-collaudati, ma oggi diventati, se possibile, ancora più violenti, col diffondersi di un’imprenditoria criminale senza precedenti, e dopo che un mostruoso conflitto di interessi ha allagato e avvelenato davvero tutto.

Ci teniamo a mettere avanti questa parola – verità – che è stata screditata in tempi di relativismo culturale e di ironia postmoderna. E a usarla nel senso più forte, intendendola come un campo di conflitto.

Oggi ci sono esempi ottimi di controinformazione. Ma ci rendiamo conto che la controinformazione non è sufficiente. Gioca su un solo livello, quello orizzontale della comunicazione, lo stesso in cui giocano la disinformazione e la menzogna. Ma la devastazione provocata dalla menzogna, il prezzo che ogni giorno nel mondo le persone e la vita pagano per la pratica quotidiana della falsificazione, ha bisogno di un’evidenza più forte.

Di tutto questo non vorremmo però discutere in astratto. Ci piacerebbe invece che ognuno raccontasse anche dei casi concreti e delle storie emblematiche, convinti che la realtà di un caso abbia maggiore forza di verità delle formule ideologiche che pretendono di riassumerla.

Ci piacerebbe partire da queste domande: quanta verità riesce ancora a passare oggi attraverso gli organi di informazione? Come possiamo aumentare questa percentuale? Possiamo far sì che persone ora impegnate isolatamente in un’attività diventata ormai molto rischiosa si sentano parte di una collettività che condivide la stessa battaglia? E’ possibile far crescere un habitat capace di contrastare la palude della falsificazione sistematica, e far sentire, a chi sceglie il vincolo della verità, che non è solo?

(a cura di Carla Benedetti, Jacopo Guerriero e Roberto Saviano)

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