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Miserere asfalto (afasie dell’attitudine) # 1

 il-cielo-sopra-berlino-di-wim-wenders.jpg

di Marina Pizzi

1.
nella saletta d’attesa del ginecologo la cliente è nervosa.
2.
In angolo della stanza la custodia vuota del dizionario.
3.
Le tendine della finestra, troppo lunghe, sono state ripiegate per contrastare gli spifferi dagl’infissi dei vetri.
4.
Gl’infissi della porta si stanno sbriciolando rivelando il legno grezzo, intatto nonostante la sciabordante entità degli abitanti.
5.
Nel tinello i frutti dell’alzata della frutta s’ingegnano di non marcire prima di essere mangiati.
6.
Su una mensola sono disposte in fila le medicine del ciclo della giorno e della notte.
7.
La metropolitana pressa nei gomiti le poche scienze di ogni passeggero.
8.
Alla segheria la donna si è fatta fare una tavola con cavalletti per una scrivania spartana.
9.
Al muro è appesa la vestaglia di fattura cinese imbottita di ovatta con stoffa simile allo stile imperiale cinese.
10.
Le dita dolorano, spiano le paralisi del far del corpo pece.
11.
In un pentimento si addice la sua sconfitta in tua.
12.
La pecca della rondine è di tornare e di partire sempre più ubriaca: sempre più senza cimase i palazzi.
13.
Il gancio al muro ricorda che la giacca si fa apice di malinconia.
14.
Le muraglie degl’infanti sono giochi di suicidio.
15.
La cicca del mio inverno è una lampada cinese che mi regala estraneità, dolce ipocondria del vero.
16.
Appena tocco i capelli innumeri ne cadono in dono al sacchetto dell’immondizia.
17.
Le reni dell’acrobata hanno un fascino senza tempo, schiantano senza caduta.
18.
Dove si avvelena l’acqua c’è una donna che partorisce.
19.
La blasfemia dell’ombra sposa un terreno di stoltezze.
20.
Il cielo è curvo ma la Ferrari non lo prende.
21.
La birra delle ore tredici è l’unico conforto, orto al veritiero aspettare che sfumi.
22.
Durante un corso di aggiornamento ho visto piangere il mio treno.
23.
Ogni volta che mi alzo dalla scrivania il mio futuro collassa nel presente.
24.
La cornacchia beve l’acqua della grondaia, ad ogni sorso si guarda attorno.
25.
E’ marcita la luna e l’asfodelo
26.
Il pellegrinaggio della fronte è dover guardare mine di grandine e foschie e carezze sempre un po’ più in là
27.
Il cielo fosco che scoraggia e preme medesime leccornie in ogni tempo
28.
E per domani non chiamarmi più per il torneo dei funghi che crescono vicino alle tombe
29.
Braccata l’afasia della cometa ha sconfessato ogni natale
30.
Ieri ti ho visto con i giornali gratis coprirti il petto dal vento della pioggia e sulla panchina inchinare un blasfemo per orefice
31.
E’ andato in malora finanche il tubo di scappamento
32.
Non chiamarmi più, non so che dirti dalle foschie del suolo alle bravate religiose
33.
Sono stanca di scalciare appunti in riva alla riva
34.
Gli alamari della casacca ancora si allacciano dopo un qualunque vomito qualunque
35.
A terra di risorse sto a tenerti il polso per un aiuto esanime
36.
Dal calcolo delle sommità calcolare le radici
37.
La cattiveria è un giardino segreto appena deceduto.
38.
Con un urlo di finitudine la smania è ben ridotta a un ninnolo di occaso.
39.
Pinocchio è un chiodo di bambino, veramente insano quando fa il bambino, delizia del no quando burattino.
40.
In un traffico di rigurgiti ho rivisto mia madre da giovane, vanagloria la sua vaghezza accanto alle vetrine sempre serrate.
41.
In un traffico di corsari ho rivisto mio padre, mio padre ragazzo-bambino far del mane indicibile ai gatti trovati rannicchiati contro le saracinesche…
42.
In un lampo di stoviglia inox mi vedo deformata quale sono.
43.
Comunque bigiare era utile quanto un cavalletto da pittore in ginocchio con l’opera in mente.
44.
Con la frottola del cane da portare a spasso, prese l’ultimo traghetto non tornando nemmeno a nuoto: nell’isola dei morti o delle femmine ancora lo attendono.
45.
Il prete nella canonica non era né buono né cattivo: lavorava da prete.
46.
Hanno la tosse nervosa della noia e dei problemi le scimmie del bioparco: la pancia gonfia di cibo senza amore, la lingua rinchiusa, le braccia conserte, gli occhi fissi contro la telecamera. Hanno imparato a contare con l’abaco delle sbarre: il guardiano gioca i numeri al lotto vincendo spesso sommette che corrono via gioiose.
47.
Le leccornie si fanno ataviche dietro il vetro della pasticceria; le girandole poste sulle tombe dei bambini sono il presente esente da ogni leccornia, l’amido del pianto in foggia di cialda.
48.
Sai una cosa? ti morirò accanto in una guerriglia di baci!
49.
E’ la neve inversa che torna d’acqua a festeggiare il diluvio di un accattone intonacato di sciarpe.
50.
Bravure di frottole l’amore che trema in platea
51.
I treni patiscono non potendo le scorrerie oltre binario, oltre lunario, oltre le regole del certo, oltre le frottole convinte vincenti.
52.
Mo’ le perle delle resine sono tutte legate in un sudario
53.
Il lago con le regie del molo
54.
E, dài, raccontami un sostegno a questo dispendio addirittura chiuso nella livrea di un servo
55.
Con il pendio della nuca mi sono innamorata
56.
Perché non torni a sillabarmi un sogno almeno elementare?
57.
Sotto ospizio di cartone il tono del tuo pianto
58.
Lo scatto a imbuto ti fregherà per pozzo, non tornerai più
59.
Le meringhe infantili e giovanili erano un cartoccio di conforto è oggi non le sanno più cucinare né nominare
60.
Con losco inganno ti guarderò morire per non impaurirti
61.
Cloro al clero: il muro è troppo buono
62.
La birra ci affratella senza la ciccia: tu a casa tua, io a casa mia e domani è oggi è ieri è l’oriunda genesi del fosso
63.
Dimenticami quale uno trattato d’imposte dirette e indirette del 1860.
64.
Le foglie grandi della salvia fritte sono molto buone come tutte le cose fritte: però una Salvia proprio nessuno all’orto o alla serra della batteria può restituirmi
65.
Il panico silente mi ha resa donna rinnegando davvero qualsiasi altra nascita!
66.
Questo è il numero del diavolo e io voglio l’angelo che per volare riesce a sopportare ogni tipo o tipastro di gelo
67.
Le donne si sommano all’umanità ma sono insommabili, belle o brutte tu, proprio tu, non le tocchi già più!
68.
A scaturigine di ebbrezza ti dài a chiamarmi quasi fossi la tua donna di bevute, quasi un’enclave del finalmente dentro
69.
Le bazzecole dell’atrio fingono una vita
70.
E’ sottotraccia l’aceto del tuo ventre, tu che perdoni il dolore che hai causato
71.
E’ già domani e ne ridi da ebete con il pallottoliere per spilla d’eleganza.

(Continua. Immagine da: Il cielo sopra Berlino, di Wim Wenders)

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