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Diario dell’occhio

di Guido Scarabottolo

[piccolo circolo virtuoso: un grafico che recensisce un recensore di grafici. Perché chi ama i libri sa che un libro è anche la sua copertina. G.B.]

Ho tra le mani questo volume. Il peso è superiore a quello che ci si attenderebbe. Un tempo (non mi ricordo dove l’ho letto) il peso superiore a quello prevedibile era considerato, per una persona, prova certa di dedizione alla stregoneria. In questo caso è semplicemente dovuto all’impiego di carta patinata, invece della solita uso mano, per le pagine interne. La patinatura consente una resa migliore delle immagini a colori, ma il peso induce ad attendersi una certa densità di contenuto (e in effetti così sarà).
Le dimensioni sono poco usuali: 14 centimetri di base per 28 di altezza, due quadrati sovrapposti. A parte il fatto che la collana cui il libro appartiene, diretta da Andrea Cortellessa per l’editrice Le Lettere di Firenze, si chiama fuori formato, non riesco a trovare un motivo ragionevole per questa scelta (la collana, se non sbaglio, non ha misure fisse). Se la ragione fosse quella di voler contenere in un singolo specchio (in tipografia si chiamano così le due pagine aperte) ciascuna delle cento riflessioni che compongono il libro, il risultato si sarebbe potuto ottenere anche ricorrendo a proporzioni della pagina più canoniche. Chissà.
Le riflessioni/recensioni sono apparse nell’arco di cinque anni, tra il 1998 e il 2003, sulla Talpa Libri de il Manifesto. Sono recensioni che parlano di libri (e non solo di libri) a partire da, e attraverso, le copertine.
Dice l’autore, Marco Belpoliti, nella prefazione: «La mia idea iniziale, cui mi sono poi mantenuto fedele, era di trovare una via di comunicazione e di accesso a entrambi: un sentiero che dalla copertina porta all’opera che c’è «dentro», ma anche il contrario. Valutare i libri non solo per come erano scritti – e di cosa parlavano – ma anche da come erano presentati. La copertina, piccola coperta, è la prima cosa che si vede del libro-letto; ma poi c’è il cuscino, le coperte e anche il materasso.»
(Ecco forse l’origine delle proporzioni di questo libro: sono le stesse di un letto, singolo quando il libro è chiuso, matrimoniale quando è aperto. E poi, leggere, letto…)
La rubrica della Talpa Libri si chiamava Diario dell’occhio e questo è anche il titolo del libro. Sarà poi per tutto il lavoro di riflessione sulle copertine fatto da Belpoliti, ma questa del suo libro è fortissima. Un occhio pensoso che si accinge a scrivere (felice disegno di Vito Roma), un occhio di cui ti è impossibile non ricambiare lo sguardo, salvo accorgerti che quello sguardo passa attraverso e oltre te, pur lasciandoti la sensazione di continuare a seguirti. Irresistibile.
Fra parentesi, il progetto grafico è di Paola Lenarduzzi, studiopaola. Fra parentesi, ma non troppo, in accordo con Belpoliti che dice: «La terza cosa è stata l’attenzione ai grafici, categoria negletta e bistrattata, ma assolutamente fondamentale nell’industria libraria. Sono loro che rivestono i libri e, in qualche maniera, ne decretano il successo o l’insuccesso a prima vista (non è sempre così ma quasi)».
Irresistibile dunque. E se rovesci il libro per liberartene ti ritrovi Marco Belpoliti che ti osserva sornione. Questa volta il disegno è di Tullio Pericoli (e tanto basti).
Allora l’occhio. Quest’occhio intenso e insieme svagato ben rappresenta l’andamento degli scritti che il libro racchiude. Precisi e attenti circa i contenuti, diciamo così, “obbligatori” quando si fa una recensione, ma prontissimi a imboccare e percorrere, o almeno a indicare, tutti i sentieri che si aprono alla memoria o alla curiosità. In mille direzioni. Senza perdersi. Un approccio che permette di parlare di tutto, di tutti i libri, libri di qualità, best-seller, letteratura di genere, saggistica, editoria per l’infanzia, fumetti e dei loro infiniti contenuti senza snobismi, ma anche senza abbassamenti di tono.
Dice Belpoliti: «Cerco le cose che…funzionano, in positivo, che fanno crescere la conoscenza e persino la bellezza del mondo perché sì, certo, «la bellezza è una promessa di felicità»…Personalmente preferisco l’abbrivio e lo slancio, anche a costo di rischiare di sbagliarmi (tanto poi si sbaglia quasi sempre).»
Così, ad esempio, parlando del Nuovo Commento di Giorgio Manganelli, riesce a parlare della copertina di Cosa vuole l’America di H. A. Wallace, del Trattato di architettura grafica di Frassinelli, di Paesi tuoi di Cesare Pavese, di tutti i grafici che hanno lavorato per Einaudi, degli autori che solevano partecipare alla scelta delle copertine, del Politecnico di Albe Steiner, di Giulio Einaudi e di Giulio Bollati, concludendo che «La storia dell’editoria non è solo un lavoro di “contenuti”, ma soprattutto di “forma” o meglio: un lavoro visivo in cui l’occhio-mente ha un ruolo decisivo sia nella scelta dei testi come delle copertine».
Altrove riesce a parlare di disegno, di filosofia, di colore, di polvere, di cravatte, di disegno dei caratteri tipografici, di sesso, di post-it, di pelle, di asfalto…
Ecco, moltiplicate per cento queste divagazioni, diramazioni (nei rami il flusso è bidirezionale, allontana e contemporaneamente avvicina al tronco) e avrete un’idea della ricchezza di queste pagine. Non sto parlando di quantità.
Ad arricchire ulteriormente il volume contribuiscono poi Italo Lupi e Mario Barenghi.
Naturalmente, di tutti i cento libri recensiti, sono riprodotte a colori le copertine. I dorsi di 45 di essi appaiono in seconda e terza di copertina (una copertina segreta) e il dorso di un altro, L’arcobaleno della gravità di Thomas Pynchon, correda una divagazione sulla questione dei dorsi e sulle consuetudini culturali: da che parte viene il torcicollo a un lettore occidentale?

[pubblicato su Tutto Libri de La Stampa del 4-10-2008]

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14 Commenti

  1. un’iniziativa che sprona la creatività diramandola nelle mille direzioni che la forma, i contenuti, la visione, ci permettono di gustare nella sua totalità un’opera…l’aspetto deve necessariamente evere almeno un filo conduttore che si leghi al contenuto, quando poi la creatività viene esaltata, il risultato è un valore che va ad aggiungersi al testo, e l’occhio gode…

    la bellezza è anche sperimentazione!

    ciao

  2. un’ottima collana, e senz’altro questo libro di belpoliti non farà eccezione.
    …ma visti i prezzi dei vari volumi, quanti se li potranno permettere con disinvoltura? oppure vogliamo che certe letture siano perennemente destinate agli addetti ai lavori?
    mi scuso per questa osservazione, che sfugge al contenuto specifico del post – ma in fondo anche il costo di un libro va tenuto in considerazione, è esso stesso messaggio nei confronti dei lettori
    un saluto

  3. al di là delle recentonsioni, il cui numero mi fa pensare nell’ordine caotico che mi è proprio via via ai ‘cento libri in ogni casa’, le schedule di cesare garboli e giorgio manganelli, alle ‘centurie’ di quest’ultimo, alla collana einaudiana ‘cento pagine’, e ad un’operazioncella mia che a dirla scadrei nella mitobiografia e che dunque taccio, mi ha colpito il fatto, a me caro, di parlar di libri a partire dalla copertina, e mi sembra per esempio che proprio manganelli nella prima edizione del nuovo commento affermò essere il suo appunto un supporto al disegno labirintico della sovraccoperta, così come mi pare vi sia un’ampia teoria sull’avantesto molto affascinante, ma la memoria mia, per abbracciare gli articoli che precedono e seguono, molto belli, di rovelli – che marca i suoi rovelli e di inglese, funziona un pò a casaccio, e dunque mi limiterò a un pò di tempo addietro, tempo in cui effeffe mi chiese una lettura autoriale del suo ultimo libello, e non ostante mi sentissi, e tuttora mi senta, un men che autore, diciamo uno scribacchino, e dunque inadeguato e al compito affidatomi e a qualsivoglia altro compito, mi ci provai ugualmente, e molto mi aiutò la copertina appunto del suo autoreverse…

    come sempre grazie delle segnalazioni

  4. naturalmente i testi di rovelli e inglese precedono ambedue, ma vi avevo avvisato come non funzioni la mia memoria: scusatela

  5. La faccio io la recensione alla copertina:
    Cari lettori, ci troviamo di fronte a un paradosso divertente. Un libro che recensisce copertine possiede una copertina orrenda, il solito disegno alla Steinberg che se fosse un alimento, sarebbe una brioscia confezionata del supermercato.
    E’ un paese strano, chi ha la forza di inventare è emarginato nei sottoscala, mentre chi fotocopia in modo sempre più sbiadito la tradizione ottiene visibilità e consensi.
    Per di più è un libro carissimo.

  6. caro barbieri
    non ho letto questo libro di belpoliti e spero di farlo presto
    ma come fai a pronunciarti in questo modo verso uno che realizza una rivista come Riga?
    se ne procuri qualche numero se non la conosce. mi pare che belpoliti non sia certo un rampante, ma un intellettuale serissimo, uno dei pochi che ci sono rimasti.
    franco arminio

  7. Ho recensito la copertina, che c’entra il contenuto del libro?
    La copertina usa un’immagine trita, questo è un dato di fatto. Per lei sarà insignificante, come lo è per Scarabottolo, che anzi la trova bellissima.
    Per me invece significa che ho davanti persone (il direttore della collana, Belpoliti, Scarabottolo) senza capacità di cercare un’immagine che parli una lingua viva, e di fare questo per un libro che recensisce copertine!

    Di Riga ho già i numeri dedicati a Cage e Steinberg. Non penso di prenderne altri, non mi piacciono nemmeno quei due per un po’ di ragioni.
    Le è andata, pensava che fossi ignorante.

  8. Naturalmente alla mia recensione alla copertina avrei aggiunto le parole a mio parere senza senso e abbastanza buffe di Biondillo:
    “[piccolo circolo virtuoso: un grafico che recensisce un recensore di grafici. Perché chi ama i libri sa che un libro è anche la sua copertina. G.B.]”

    Davvero non so come facciate a essere così fermi, fermi, fermi.

  9. Immobili, Andrea, non fermi. Noi siamo immobili. Meno male che ci sei tu che corri per tutti noi. Va’, tu che puoi, meno acre mi sarà la ruggine…

  10. Gianni a me pare che salti all’occhio che il progetto grafico vale poco. Poi Scarabottolo ci scrive su un articolo mediocre. L’articolo mediocre viene agghindato di complimenti. Il tutto viene servito al pubblico del blog letterario che si presenta come laboratorio di ricerca. Questa sarà una piccola cosa ok, non discuto sulle buone intenzioni, ma c’è un mondo culturale autoreferenziale fermo e fortificato. Del resto questo duplica la condizione generale della società italiana: elitaria con miserevoli possibilità di emancipazione.

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GIANNI BIONDILLO (Milano, 1966), camminatore, scrittore e architetto pubblica per Guanda dal 2004. Come autore e saggista s’è occupato di narrativa di genere, psicogeografia, architettura, viaggi, eros, fiabe. Ha vinto il Premio Scerbanenco (2011), il Premio Bergamo (2018) e il Premio Bagutta (2024). Scrive per il cinema, il teatro e la televisione. È tradotto in varie lingue europee.
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