dalla camera accanto: photoshoperò #9

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28 Commenti

  1. e l’effeffe sempre per nuova contrada ci porta, e noi qui ad attendere quali merveilles poi ci mostrerà. Vorrei solo sapere che non smetterà di produrne, anche struggente questa volta e profondo di colore.

  2. vedi amico
    anche ora che è quasi sera
    e senza cena
    impasto l’ora a venire
    che mi pare d’annegare
    in un mare di debiti e miseria
    non sono più povero
    di tutto l’oro del mondo
    solo perchè so per certo
    il suo ritorno
    e dalla striscia gialla
    che impedisce il salto
    di superare incognito
    ed il suo dolore.

    questa l’ho trascritta e stavolta non mi freghi come per “la neve”.

    Come ha detto bene Doarki, su Ibridamenti, si respira un’aria antica, chapliniana nelle scarpe rotte che si uniscono al coro della fatica e della speranza.
    Altri tempi che sai ricreare e che spero, in parte, anche grazie alla letteratura, a quelli come te, possano tornare.

    un abbraccio.

  3. non conoscevo l’esistenza di questi photoshoperò (causa lunga latitanza da NI), splendidi a cominciare dal titolo… andarli a aprire e essere impattati da questo pastiche di lingue e luci è stato davvero straniante e emozionante… credo che ne cercherò altri… saluti a effeeffeeffe da avellino

  4. a Livio che è poeta che stimo come le persone . i poeti- intervenute fin qui, io che sono non poeta, al massimo ante-poeta, dico semplicemente grazie
    effeffe

  5. Bellissimo,
    ascolto scivolare la neve
    senza un solo grido
    in un dolore di camminare
    con scarpe rote
    come un principe in esilio
    sento nella sera
    questa tristezza
    annegata in un mare di debiti e di miseria

    Leggo, ascolto la voce un po’ rotta,
    mi racconta la favola reale dell’emozione
    nella mia stanza
    vedo le mie scarpe non rotte
    ma nell’interno dell’infanzia
    rotta

    I commenti sopra sono di una rara sensibilità.
    E’ un momento sospeso
    mentre la notte è venuta
    tornando all’appartamento
    nel freddo
    e nella testa
    la musica di photoshopero

    Dalla mia stanza
    divorata dei libri
    l’uno con la copertina:
    il telefono di carapace nera
    appeso,
    vedo monocale
    e scarpe rote

  6. Mi ha fatto anche pensare al canto che apre il dady communiste,
    “la cumpagna con scarpe rotte”
    la sua presenza dolce
    che si vede in impressione ( in foto shopero)
    piccole scarpe di principessa in esilio,
    un canto alle donne semplici
    che camminano nella vita
    con bellezza al cuore di loro mani
    con nobiltà di lavoratrice
    bellezza di Helena (con l’acca)
    cumpagna dolce
    fa brillare d’oro l’ammore
    in nudità.

  7. sapete, e scusate se intervengo -solitamente mi astengo quando accadono testi del genere- solo ora pensavo a una cosa. Rispetto alle case in cui ho vissuto fino a tre anni fa ospitando, negli anni, centinaia di persone, ora che tento monografie di spazi e luoghi, e abito la casa “libroletto”. detta anche del piede perno – perché da playmaker girandomi su un piede accedo a tutte le funzioni fondamentali, cucinare,leggere,dormire,fare l’amore, andare al cesso- le rare volte che ho ospitato persone mi accadeva la cosa seguente. Non potevo infatti esimermi dal pensare che accoglievo persone a cui voglio bene in un luogo povero, nel senso di piccolo, e austero. E allo stesso tempo sapevo in cuor mio che condividere quella povertà era fatto più intenso che non come quando si fanno partecipare le persone alla propria ricchezza, ai propri fasti. E i miei ospiti ritornano sempre, e ad ogni ritorno è come se si portassero via un pezzo di quella povertà, facendomi sentire ricco. Too much, mi dico mentre scrivo questa nota, troppo sentimentale, forse. Ma poi chi se ne frega! Ho un po’ di febbre a darmi statuto di ammalato, questa sera.
    Sapete, e scusate ancora, quello che ho da dirvi è che non potete immaginare con quale gioia sto accogliendo una per una le persone che si son presi la briga e il tempo di visionare questa operetta, e di entrare così nel mio monolocale che di colpo mi sembra immenso come una gigantesca oasi, e caldo come un letto a cui non manca l’esercizio della cura.
    effeffe

  8. effeffe, come la metti poeta è quasi un’offesa…ma ne faccio buon pro. bella anche la faccenda del luogo povero…se lo dicessi davvero! perchè queste cose ormai tutti le diciamo, ma solo “per bellezza”. comunque voglio citare un poeta in senso proprio: “la terra con cui hai avuto freddo, quella non la potrai mai dimenticare…” lui parlava della russia (era esenin) ma forse vale anche per torino a gennaio…

  9. riprendo
    chapliniana visione
    sul morire risorgere
    sul lento passare e scorgere chimere
    brillii e fugaci durevoli abbracci d’amor
    intimamente profonda e grande illusione
    aggiungo
    nessuna povertà batte un valore
    nè trafigge le membra come cose
    nevica
    ed è tutto
    fare
    vivere
    amare

  10. Se serve per combattere la febbrucola e rendere più luninoso e caldo il tuo monolocale, l’ho apprezzato anch’io. Però, ‘ste cose, ‘sti mix, ancora devo runinarli un po’

  11. @livio
    però così non è corretto! citare il “mio ” poeta per eccellenza…
    eppure so- ma lo sai anche tu- di avere ragione. in realtà si può godere perfino delle proprie ristrettezze se sei al di qua della linea gialla del “binario”. Che una soluzione c’è, seppure nell’ansia. E’ quando sei oltre che non c’è nessuna bellezza, nè parola. ma questo lo dico, anche ora che sono sfebbrato . Comunque spero di avervi presto, te, franco e gabriella nel mio monolocale.
    A proposito di esenin, mi porto dentro un aneddoto che mi regalò un’amica traduttrice. era in russia per una ricerca e non so come né ricordo perché si trovò a fare l’autostop per raggiungere un’altra città. La prese su, un camionista che non appena seppe che si interessava di poesia russa cominciò con grande gioia a condividere gli stessi amori letterari, contento di trovare una straniera così addentro alla sua cultura. Ma quando le chiese cosa ne pensasse di Esenin, alla sua indifferenza verso la poetica del suo Esenin, cambiò repentinamente di umore. Bloccò il mezzo e la fece scendere.
    Alla domanda , ma tu perché scrivi, c’è chi risponde per la gloria, chi per essere eterno, chi per trasformare il mondo o semplicemente la lingua e la letteratura del proprio paese. ecco io scrivo perchè un camionista possa un giorno far scendere colui o colei che dovesse rispondere, questionata, e chi cazzo è forlani? , come quel camionista. un abbraccio a tutti e tutte.
    effeffe

  12. Il monolocale di effeffe,
    E’ universo intimo, caldo, accogliente,
    si sente la vita
    oggetti alla rinfusa mi dà il senso
    del passato che si apre subito
    come tesori nascosti
    ho conosciuto grande stanze
    fredde dove gli oggetti
    spiavano
    il vuoto dei cuori,
    mi rammento
    mie notte con la sorella
    nel letto condiviso
    nella camera piccola
    il caldo e la sua testa
    contro il mio cuore
    tutto piccolo
    ma davvero caldo
    come il tuo monolocale
    Il mio appartamento
    piccolo ora
    mi rammento la gioia
    di vedere la mia sorella
    con la bambina
    non è l’ampiezza del dono
    che vale
    ma il cuore che si offre
    e tu lo senti
    al sorriso, alla gioia che brilla negli occhi,
    al sentimento di affetto,
    alla manera di essere li

    Ho solo vergogna: mio disordine ( libri daperttutto) e poco di cose essenziali: i libri hanno superato la vita quotidiana.

  13. Alla domanda , ma tu perché scrivi, c’è chi risponde per la gloria, chi per essere eterno, chi per trasformare il mondo o semplicemente la lingua e la letteratura del proprio paese. ecco io scrivo perchè un camionista possa un giorno far scendere colui o colei che dovesse rispondere, questionata, e chi cazzo è forlani? , come quel camionista.
    on the road!!!!
    questo piccolissimo microraccontoaneddoto e relativo pensier tuo folgorantemi
    basta già per tutto il mese di gennaio
    c.

  14. Camionisti con quegli umori poetici li puoi trovare solo in Russia, magari svezzati con il latte letterario dell’ex Unione Sovietica. Qui i poeti rinchiusi nelle loro scassatissime scatolette metalliche li sorpassano sporgendo dal finestrino il dito indice levato alto (anche se si chiamano effeffe)

  15. ahimè in italia nessuno lascia a terra gli autostoppisti, perchè nessuno ama i poeti. posso rivendicare che una volta lasciai a piedi una mia amica perchè disse che il senso del paradosso di zenone è che chi va piano va sano e va lontano…scendi dalla macchina e addio le dissi, ma dopo un km tornai indietro.
    @ francesco: saluterò la gabri, che ieri sera ho portato a cena e mi ha parlato del tuo “autoreverse”, e saluto…parto per week end verso altri climi, mio uliveto in puglia dove mi darò all’attività bracciantile…

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francesco forlani
francesco forlani
Vivo e lavoro a Parigi. Fondatore delle riviste internazionali Paso Doble e Sud, collaboratore dell’Atelier du Roman . Attualmente direttore artistico della rivista italo-francese Focus-in. Spettacoli teatrali: Do you remember revolution, Patrioska, Cave canem, Zazà et tuti l’ati sturiellet, Miss Take. È redattore del blog letterario Nazione Indiana e gioca nella nazionale di calcio scrittori Osvaldo Soriano Football Club, Era l’anno dei mondiali e Racconti in bottiglia (Rizzoli/Corriere della Sera). Métromorphoses, Autoreverse, Blu di Prussia, Manifesto del Comunista Dandy, Le Chat Noir, Manhattan Experiment, 1997 Fuga da New York, edizioni La Camera Verde, Chiunque cerca chiunque, Il peso del Ciao, Parigi, senza passare dal via, Il manifesto del comunista dandy, Peli, Penultimi, Par-delà la forêt. , L'estate corsa   Traduttore dal francese, L'insegnamento dell'ignoranza di Jean-Claude Michéa, Immediatamente di Dominique De Roux
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