Le classifiche di qualità: una risposta

di Alberto Casadei, Andrea Cortellessa, Guido Mazzoni

Ci fa piacere che il progetto delle classifiche di Pordenonelegge-Dedalus abbia suscitato un dibattito così  ampio. Ringraziamo tutti coloro che sono intervenuti, sia quelli che hanno espresso giudizi favorevoli, sia quelli che hanno formulato critiche severe. Vorremmo cominciare rispondendo alle obiezioni radicali per poi arrivare alle obiezioni costruttive.

1. Classifiche.

Qualcuno (Franco Cordelli sul “Corriere della Sera” e su Radio Tre, per esempio) ha scritto e detto che è insensato e degradante esprimere un giudizio attraverso una classifica, soprattutto quando la classifica nasce da una valutazione collettiva. I giudizi sulla letteratura si formulano in modo personale e argomentato; il confronto fra posizioni diverse deve avvenire attraverso una discussione, e non attraverso la semplice somma di numeri; lo strumento della classifica è semplificatorio e inquinato.

Vorremmo innanzitutto chiarire questo: il nostro progetto ha uno scopo eminentemente pratico. Le classifiche  servono a dare dei consigli di lettura, a organizzare un passaparola pubblico: non vogliono certo abolire la mediazione della critica, né pretendono di scrivere la storia letteraria contemporanea a colpi di maggioranza. Sono un mezzo adatto a tempi difficili, a un’epoca nella quale il lettore colto ma non specialista che entra in libreria si trova esposto, quasi sempre senza alcuna mediazione, ai dispositivi di mercato: le vendite, gli apparati pubblicitari, le suggestioni del giornalismo più superficiale. Noi abbiamo pensato di usare uno strumento ispirato a dati commerciali (la classifica) per trasmettere consigli di lettura basati su principî non commerciali – cioè sulle opinioni critiche, sulla competenza di cento lettori esperti che, professionalmente o meno, si confrontano quasi ogni giorno con la letteratura contemporanea. I numeri e le graduatorie servono solo a dare una forma sintetica alla molteplicità dei giudizi, rendendoli efficaci su larga scala e in tempi brevi. Per descrivere ciò che i nostri cento lettori cercano di cogliere, abbiamo usato l’espressione “qualità”. Anche questa formula è pratica e sintetica: sappiamo bene che la discussione teorica sulla qualità in arte esiste da millenni ed è infinita. Sappiamo però che le parole si usano a seconda dei contesti – e in questo contesto siamo sicuri che un lettore non prevenuto possa comprendere bene quello che vogliamo dire.

Le classifiche non rimarranno un’iniziativa isolata. Fanno parte di un progetto più ampio che comprende la discussione delle novità letterarie sui siti internet, un incontro nell’ambito del festival pordenonelegge, a settembre, e il rilancio del premio Stephen Dedalus. All’interno di questo disegno più vasto, la nostra iniziativa acquisterà il suo vero significato.

2. Autorevolezza e competenza.

Qualcuno ha scritto che i cento lettori coinvolti nel nostro progetto si sono attribuiti un’autorevolezza e un ruolo che non hanno e che non dovrebbero avere. Ora: chi abbia seguito non superficialmente ciò che è accaduto nella letteratura, nella critica militante, nella critica accademica, nella cultura italiana degli ultimi vent’anni sa che i nostri cento lettori sono persone competenti: la domanda “ma chi sono?” squalifica chi la formula. Certo: siamo consapevoli che, a fianco dei cento che abbiamo scelto, ce ne sono altrettanti che hanno la stessa competenza e la stessa autorevolezza. Sarebbe stato possibile allargare la giuria o proporre addirittura un altro gruppo, composto di cento persone differenti ed ugualmente legittimate a esprimere giudizi di qualità. La nostra giuria non è né vuole essere, in alcun modo, un canone degli scrittori e dei critici contemporanei. Nello scegliere i Cento Lettori, si è seguito un criterio sociologico: si è cercato di creare un modello rappresentativo dello spazio letterario italiano e della sua varietà conflittuale, fatta di idee, competenze, poetiche eterogenee. Abbiamo escluso persone che stimiamo moltissimo, magari perché erano culturalmente troppo vicine a noi e la loro presenza avrebbe potuto suscitare critiche, o perché non sono solite seguire la letteratura italiana contemporanea con la costanza che è necessaria per partecipare al nostro progetto. Abbiamo invece incluso scrittori e critici molto lontani dalle nostre posizioni, perché era giusto che le loro opinioni fossero rappresentate. Vogliamo anche precisare che il gruppo dei lettori non è immutabile né nella composizione né nel numero.

3. Conventicole.

E’ stato scritto anche che i Cento Lettori sono una combriccola di amici, una piccola cosca letteraria autolegittimata, una “conventicola” (“il Giornale” ha aggiunto una conventicola “di sinistra”, che mangia i bambini).

Anche in questo caso, chi conosce la letteratura italiana contemporanea sa che una simile accusa rivela solo i limiti di chi la formula. I nostri lettori hanno idee, gusti e interessi molto diversi; alcuni hanno pubblicamente stroncato un collega di giuria; altri hanno polemizzato fra loro; molti si conoscono solo superficialmente o si ignorano. Sostenere che formino una conventicola significa non conoscere lo spazio letterario italiano. Gli stessi coordinatori sono un esempio di eterogeneità. I firmatari di questo messaggio hanno storie personali, interesse culturali e idee della letteratura differenti; hanno pubblicamente difeso poetiche diverse; collaborano alla stessa iniziativa per la prima volta, se si esclude il Premio Dedalus. Non avrebbero mai immaginato di poter sembrare, agli occhi di qualcuno, una conventicola. Quanto alla presenza di khmer rossi in giuria, facciamo notare che del gruppo fanno parte, fra gli altri, un gesuita collaboratore di “Civiltà cattolica” e alcuni collaboratori di “Avvenire”. Una delle sorprese della prima classifica sono le Poesie di Franca Grisoni, uscite presso la casa editrice Morcelliana, che di solito pubblica edizioni commentate della Bibbia, saggi sui Padri della Chiesa e l’opera omnia di Romano Guardini.

4. Il voto segreto.

Abbiamo scelto di mantenere segreti i voti dei nostri giurati. Questo perché la segretezza protegge il giurato dalle pressioni: dall’obbligo di votare per il libro dell’amico, per esempio, o dalla tentazione di votare per il libro della persona potente che non si vuole contrariare. Qualcuno avrebbe preferito il voto palese, ma noi pensiamo che il voto palese avrebbe finito per rendere meno attendibile il risultato complessivo. Naturalmente i giurati possono rendere pubblici i propri giudizi sul sito di pordenonelegge o nelle sedi che ritengono opportune.

5. Conflitti d’interesse: i votanti e i votati.

Un altro gruppo di critiche non tocca i principi del nostro progetto, ma il modo di metterlo in pratica. Alcuni dei libri segnalati dalla nostra prima classifica sono stati scritti da autori che figurano nella lista dei Cento Lettori. Carla Benedetti (su “il primo amore”) e Luca Mastrantonio (su “il Riformista”), pur apprezzando le intenzioni dell’iniziativa, hanno trovato inammissibile che i votanti possano diventare votati, scorgendo in questo un conflitto di interessi.

In un progetto simile, esteso su tre generi letterari, è impossibile evitare che qualcuno dei partecipanti non sia anche l’autore di un’opera uscita da poco. Se avessimo escluso tutte le opere dei Cento Lettori, avremmo finito per distruggere il valore rappresentativo delle classifiche, visto che nell’elenco figurano scrittori e saggisti ampiamente recensiti e discussi. Ci siamo dunque affidati al criterio del buon senso, che per ora ha funzionato: nessuno dei votanti ha votato per se stesso – e se anche fosse accaduto, i coordinatori sarebbero intervenuti per segnalare l’inopportunità della scelta. Inoltre il voto individuale è segreto e la giuria è ampia ed eterogenea: sono queste le migliori garanzie di attendibilità. Infine, per citare un esempio ben noto, nessuno trova strano che la giuria degli Oscar sia composta in gran parte da attori e registi impegnati a valutare, appunto, attori e registi. È sempre stata questa la logica del giudizio fra pari, ed è del tutto ovvio che sia così.

6. Conflitti d’interesse: i rapporti con l’editoria.

Si è detto che troppi membri della giuria collaborano con le case editrici come consulenti o responsabili di collana. Fin dall’inizio, d’accordo con gli organizzatori di Pordenonelegge, abbiamo deciso di escludere dalla giuria quei critici e quegli scrittori che sono anche, di mestiere, dei dirigenti editoriali: persone che ogni giorno si recano negli uffici di una casa editrice, prendono decisioni e vivono di questo. Lo abbiamo fatto per non metterli in difficoltà e per non creare conflitti fra gusti personali e obblighi professionali. Abbiamo invece deciso di includere quei critici e quegli scrittori che collaborano con l’editoria in modo meno organico. Sappiamo che la distinzione è fluida e non si lascia tracciare col compasso, ma crediamo che il significato generale della scelta sia chiaro. L’esclusione sistematica di tutti coloro che hanno un legame con l’editoria avrebbe finito per impoverire considerevolmente il gruppo dei possibili lettori, anche perché è assolutamente normale che uno scrittore o un critico collaborino con un editore come consulenti, curatori, prefatori, traduttori, ecc. In ogni caso, la garanzia maggiore proviene, ancora una volta, dalla composizione della nostra giuria, che è vasta e plurale. Ognuno dei nostri lettori ha le sue idee, la sua poetica, il suo canone, la sua rete di amicizie, la sua rete di inimicizie, i suoi interessi. Ciò che dovrebbe creare, nelle intenzioni dei promotori, l’utilità imperfetta e tendenziale dell’insieme è precisamente l’intreccio fra le varie opinioni. Se poi qualcuno dovesse votare sistematicamente secondo i propri interessi editoriali, i coordinatori interverrebbero per consigliare una soluzione diversa.

Le classifiche sono, alla lettera, un progetto. Abbiamo tenuto e terremo conto dei suggerimenti e delle critiche. Si è provveduto a modificare il regolamento per accogliere alcuni dei consigli che sono emersi in questi giorni di dibattito: pubblicheremo le nuove norme sui siti di pordenonelegge e del premio Stephen Dedalus. Ringraziamo di nuovo coloro che sono intervenuti. Crediamo che il progetto possa crescere grazie al lavoro comune e alla discussione collettiva. Stiamo cercando di costruire un  dispositivo cui tutti i lettori e gli scrittori possano guardare con fiducia, uno strumento di pubblica utilità.

[Il testo è apparso su «Il Riformista» del 15. 04. 09]

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165 Commenti

  1. Beh, con questa “precisazione” di gruppo si capisce meglio la caratura dell’iniziativa. L’unica obiezione che mi sento di fare è che è mancato il confronto testuale, ossia che i cento lettori hanno espesso le loro scelte testuali sulla base dei loro gusti estetici, e questo è un va-da-sé di ogni giudizio critico chiamato a esprimere una preferenza, ma, esprimendosi in questo caso la preferenza estetica in un contesto collettivo (i cento lettori), è mancata appunto la verifica delle scelte estetiche personali sull’insieme testuale, verifica da cui poteva uscire sia rafforzata che mutata la scelta estetica iniziale di ciascun lettore. In un certo senso, i cento lettori sono rimasti “prigionieri” delle proprie scelte soggettive iniziali. Ma forse tutto ciò è implicito nella formula stessa dell’iniziativa, che chiama il lettore a esprimere un giudizio assoluto sul testo a prescindere dalla sua relatività, ossia dal raffonto.

  2. tutto chiaro e a mio avviso formulato nel rispetto della tradizione della critica letteraria (quella vera) immune dai giochi di squadra accademico-editoriali. Benissimo Resta il rammarico di chi però al progetto resterà comunque estraneo: è finito il tempo delle riviste, dei caffè letterari, delle jam session di poesia. Cio che resta oggi dell’antica società letteraria (mi si perdoni il passatismo) è risacca amatoriale e la Rete aiuta solo nella misura in cui di un’iniziativa importante come la vostra si dà notizia. Ma senza occasione d’incontro reale. Allora, se uno scrittore riesce a pubblicare un libro (anche due..) con editori piccoli o piccolissimi, editori leali che non chiedono soldi agli autori e distribuiscono come possono il libro ma il cui ufficio editoriale non assicura un giro di contatti tale da promuovere le opere anche alla semplice lettura, mi spiegate come queste potranno mai figurare in una qualsivoglia classifica (sicuramente di qualità come la vostra) se non attraverso il contatto diretto dell’autore con uno dei magnifici cento lettori/critici? Comunque grazie per la vostra iniziativa e buona fortuna

  3. Oggi leggevo della rinuncia di Del Giudice a partecipare allo Strega, come conseguenza delle dicerie sulla sua vittoria predestinata, e pensavo che alla fine queste insinuazioni su accordi sotto banco, pastette e conventicole provocano un diallele, e a rimetterci sono solo i migliori, quelli la cui coscienza critica spinge ad autoescludersi pur di non essere macchiati dal sospetto. Questa dei Cento è un’ottima iniziativa, serve a segnalare al grande pubblico i libri che quasi mai accedono alle classifiche di vendita, e questa ridda di ipotesi infalsificabili (e quindi, popperianamente, inservibili ai fini della costruzione d’un qualsiasi discorso minimamente sensato) circa la mafiosità delle nomine dei votanti rischia di farla naufragare ancor prima di essere varata. Per tacere del fatto che chi accusa di mafiosità la giuria sarà a sua volta accusato di invidia per esserne stato escluso, perché è ovvio che non si potrà veder riconosciuta la propria buona fede più di quanto si sia disposti a riconoscerla agli altri.

  4. @ un lettore – per “educarne” cento :-)
    detto in soldoni, la mia obiezione consiste nel fatto che il lettore chiamato a esprimere la sua preferenza, la fa, naturalmente, sulla rosa di libri di cui è venuto a conoscenza per esperienza sua, ignorandone, naturalmente, dato che non è mandrake, come si diceva una volta, altri, quindi la sua certezza sulla qualità estetica gli resta come “verità” individuale in saccoccia, e non la può raffrontare né confortare né mettere in relazione con altri testi, visto che non ne conosce l’esistenza. Ma, del resto, questa non-raffrontabilità mi pare la premessa della formula adottata per l’iniziativa, che porta il lettore a effettuare una scelta sul valore per lui assoluto di un testo, a prescindere dalla sua relatività (o messa in relazione)

  5. O, per dire in soldoni ancor più sintetici, il valore del giudizio estetico espresso da ciascuno dei cento lettori è un valore assoluto, non relativo.

  6. ragazzi vadi per narrativa e saggistica ma la poesia è roba delicata ci vuole orecchio e se su 200 qui ce n’è 50 è già tanto per cui cosa succede? che il voto degli stonati anonimi elide quello degli intonati anonimi mentre col nome si saprebbe di chi sono le orecchie o recchi

  7. @ db
    mi piaceva di più sul Maratoneta, confesso. Non tutti i Lettori si esprimono su tutti i generi in lizza. Ci sono persone che non seguono la poesia contemporanea e che ce l’hanno detto subito molto onestamente, sicché sulla poesia non hanno espresso preferenze. Così come, di contro, ci sono fra i votanti molti poeti che si sono sentiti di esprimere un giudizio solo sulla poesia. Questo valga anche in risposta a Macondo che si chiede quale sia in sostanza la genesi del giudizio; certo il primo movente è la passione: fa parte dell’esperienza di ciascuno di noi che una persona legga un libro recente che la appassiona, e ce lo comunichi. Questo è quello che avviene di norma. Le Classifiche non fanno che cercare di dare una sistematicità e una sinteticità a questo insieme di correnti pulsionali.
    Vorrei davvero, non per amore di polemica, che si giudicassero i giudizi, non sempre e soltanto i giudici come sinora s’è sostanzialmente, più o meno costruttivamente, fatto. DB pensa che Mario Benedetti sia sopravvalutato (sopravvalutato qui, perché in generale mi pare abbastanza oggettivo che si possa dire il contrario)? Lo argomenti. Avrebbe preferito Andrea Inglese, Franca Grisoni, uno dei poeti arrivati ultimi o uno niente affatto citato? Ce lo dica. Siamo sinceramente curiosi.

  8. piaceva piaceva bei tempi piaceva anche a me ma qui mi piace di più xché 100 elettori anonimi chiedono a 1 e-lettore di motivare il suo non-voto. bene capovolto x capovolto comincerei dal fondo

    1 voto alla merini

    temo per la sopravvivenza del gruppo. 99 si staran chiedendo chi è il mona tra loro se lo beccano finirà alla totem e tabucchi (ha vinto qualche cosa?)

  9. @ db
    Per la verità non le avevo chiesto un non-voto bensì un voto. E non glielo chiedono 100 anonimi ma 1 tipo con nome & cognome: quello che le parla.

  10. @ andrea cortellessa,
    veramente non mi chiedo “quale sia la genesi del giudizio”, perché il giudizio individuale risponde ai canoni e gusti estetici dell’individuo, appunto, e in quanto tale va accettato. Del giudizio estetico sintetico che esprime, è giusto che il lettore risponda solo a se stesso. Quello che mi chiedo, o su cui opino, è la mancanza di raffronto testuale che fa restare il giudizio sintetico assoluto, e non viene mai relativizzato. Non era meglio, poniamo, chiedere ai cento lettori di segnalare autonomamente un’opera, l’opera in cui credono, senza in prima battuta attribuirle un punteggio, e sulla base di ciò stilare quindi un elenco, non una graduatoria. A quel punto, tutte le opere segnalate, facenti parte dell’elenco, che, per logica (e come s’è visto), non sarebbe formato da cento opere, ma da molte decine di meno, verrebbero messe a disposizione dei cento lettori, i quali solo a quel punto attribuirebbero un punteggio a una di queste, confermando o magari cambiando il loro giudizio iniziale sulla base della lettura di tutte le opere dell’elenco composto dalle loro stesse segnalazioni iniziali. Questo comporterebbe una spesa economica supplementare e un lavoro di lettura supplementare dei cento lettori, ma il loro giudizio da assoluto diverrebbe relativo.

  11. biondillo, 6 1 brubru

    biondillo 15 Aprile 2009 alle 01:47 *Cortellessa, per regolamento, non vota.*

    *Di séguito la lista dei 100 lettori del premio:
    Damiano Abeni
    Eraldo Affinati
    Andrea Afribo
    Giancarlo Alfano
    Giuseppe Antonelli
    Pierpaolo Antonello
    Andrea Bajani
    Silvia Ballestra
    Mario Barenghi
    Stefano Bartezzaghi
    Cecilia Bello Minciacchi
    Alberto Bellocchio
    Marco Belpoliti
    Mario Benedetti
    Sonia Bergamasco
    Alberto Bertoni
    Clotilde Bertoni
    Elisa Biagini
    Gianni Biondillo
    Gianni Bonina
    Angela Borghesi
    Daniela Brogi
    Franco Buffoni
    Maria Grazia Calandrone
    Maria Teresa Carbone
    Roberto Carnero
    Alberto Casadei
    Grazia Casagrande
    Andrea Cavalletti
    Guido Chiesa
    Stefano Chiodi
    Stefano Ciavatta

    Andrea Cortellessa

    Margherita Crepax
    Stefano Dal Bianco
    Lidia De Federicis
    Andrea Di Consoli
    Matteo Di Gesù
    Paolo Di Paolo
    Raffaele Donnarumma
    Monica Farnetti
    Paolo Febbraro
    Gabriele Frasca
    Massimo Fusillo
    Roberto Galaverni
    Stefano Gallerani
    Margherita Ganeri
    Massimo Gezzi [anche segretario]
    Daniele Giglioli
    Paolo Giovannetti
    Marco Giovenale
    Claudio Giunta
    Enzo Golino
    Miguel Gotor
    Andrea Inglese
    Helena Janeczek
    Chiara Lagani
    Nicola Lagioia
    Valerio Magrelli
    Raffaele Manica
    Michele Mari
    Guido Mazzoni
    Giulio Mozzi
    Aldo Nove
    Massimo Onofri
    Tommaso Ottonieri
    Fulvio Panzeri
    Antonio Pascale
    Gabriele Pedullà
    Pierluigi Pellini
    Silvio Perrella
    Daniele Piccini
    Domenico Pinto
    Alessandro Piperno
    Gilda Policastro
    Laura Pugno
    Fabio Pusterla
    Massimo Raffaeli
    Salvatore Ritrovato
    Rocco Ronchi
    Martin Rueff
    Stefano Salis
    Alessandra Sarchi
    Luca Scarlini
    Domenico Scarpa
    Tiziano Scarpa
    Antonio Scurati
    Beppe Sebaste
    Gianluigi Simonetti
    Antonio Spadaro
    Pietro Spirito
    Francesco Stella
    Enrico Testa
    Italo Testa
    Giuseppe Traina
    Emanuele Trevi
    Antonio Tricomi
    Daniele Vicari
    Luigi Weber
    Fabio Zinelli
    Paolo Zublena
    Edoardo Zuccato
    Giovanna Zucconi*

  12. alludi al je-ne-sais-quoi di secentesca memoria? hai ragione e mo ti spiego: il je-ne-sais-quoi sta nel fatto che la proposizione sembra all’imperativo, mentre è all’indicativo*.

    * (potevi capirlo da te, stante che non vi compare il punto esclamativo).

  13. Io, da lettore, trovo l’iniziativa necessaria. Sarà che non ho smanie di visibilità, o rancori verso cose/persone. E suppongo sia principalmente ad una schiatta come la mia che il tutto si indirizzi. Vedere nella cosa surrettizi avviamenti a canoni etc. mi sembra mala fede. Per cui, lasciamoli lavorare.

  14. DB: solo distruttività. Pur di gettare merda su chi reputa di disprezzare – ma mi pare chiaro come in realtà aduli a contrario – evita di esprimere il proprio favore per 1 10 100 poeti che ama. E’ la sfrustrazione e il rosicamento che prende il sopravvento su un (ormai estinto?) amore (in questo caso per la letteratura). Rispecchia perfettamente il destino attuale, e meritatissimo, del nostro Paese. Non è roba di destra o di sinistra. E’ il nichilismo. Il nichilismo più vigliacco e più triste. Pena (fraterna e tristissima pena) per te, mon frere db.

  15. *E’ la sfrustrazione e il rosicamento che prende il sopravvento su un (ormai estinto?) amore (in questo caso per la letteratura) […] E’ il nichilismo. Il nichilismo più vigliacco e più triste*.
    Macché nichilismo e estinto amore?! Date un’occhiata al Baghetta (vedi link), di cui db è tra i più agitati agitatori. Lì i voti dei (19) lettori/giurati sono in chiaro, la vitalità sta in tavola, tra un piatto di casoncelli e una portata di brasato, l’amore (per la cultura): sopra tutto.

  16. caro fabio, premesso che io son belga quanto tu baudelaire, penso di aver trovato ad excludendum il motivo per cui i giurati restano anonimi: onde nascondersi non ai lettori-cousins, né ai congiurati-frères, bensì agli …

  17. scusa fabio, ma il mio pc di marca italiana mi abbatte sistematicamente le maiuscole e mi annichila i finali*. completo dunque:

    il motivo per cui i giurati restano anonimi: onde nascondersi non ai lettori-cousins, né ai congiurati-frères, né tampoco agli autori-triplés, bensì agli

    * da quando invero ci battei su “due epoche” di Kierkegaard

  18. non paia ch’io voglia abusare dell’ospitalità: questo mio sol è un codicillo esplicativo al commento precedente: il motivo recondito/inconfessato l’ho scoperto dalla lettura incrociata di 2 classici:

    M. Montinari, La giuria ama nascondersi, Adelphi 1996 (che collega la nascita della tragedia non già a dioniso ma a un’anonima dea bendata)

    F. Giordano, La solitudine dei numeri uno, Mondadori 2008 (contro il doping nelle lettere)

    con ciò non voglio dire che sono d’accordo con le tesi in essi sostenutei, anzi

  19. Ben vengano le nuove iniziative. Quello che è stato scritto è interessante
    Resto però del parere di Cordelli di cui però non condivido l’insensato e il degradante. Sono molto scettico sul qualificare diversi nomi della lista dei 100 come lettori esperti o colti sulla letteratura in genere e contemporanea.
    E’ ovvio che su questo punto ognuno di noi si crede più esperto di altri…
    Cmq approvo l’iniziativa, anche se fosse per tastare una capacità negativa

  20. Per chi continua a pensare al nichilismo e agli estintori d’amori vada a rivedersi il video del primo Baghetta, pubblicato proprio qui su Nazione Indiana: basta cliccare sopra il db che sta sopra il post. Lo si vedrà esprimere tutto il suo ammore per i poeti.

  21. due perplessità (o pignolerie?) da uno che NON condivide l’accusa di “cosca” (in quanto la ritiene irrilevante in questo caso).

    *perplessità 1.

    casadei, cortellessa e mazzoni scrivono qui sopra:

    “Sostenere che formino una conventicola significa non conoscere lo spazio letterario italiano. Gli stessi coordinatori sono un esempio di eterogeneità. I firmatari di questo messaggio hanno storie personali, interesse culturali e idee della letteratura differenti; hanno pubblicamente difeso poetiche diverse; collaborano alla stessa iniziativa per la prima volta, se si esclude il Premio Dedalus.

    ma casadei (classe ’63) e mazzoni (classe ’67) non hanno studiato entrambi letteratura alla scuola normale superiore di pisa? non sono l’uno condirettore e l’altro consulente della collana “ars poetica” per i tipi dell’editore sossella?

    *perplessità 2.

    casadei, cortellessa e mazzoni scrivono qui sopra:

    “Quanto alla presenza di khmer rossi in giuria, facciamo notare che del gruppo fanno parte, fra gli altri, un gesuita collaboratore di “Civiltà cattolica” e alcuni collaboratori di “Avvenire”.”

    un gesuita su cento giurati fa statistica? suona un po’ come il “token black guy” nelle commedie americane. siamo sicuri che se si traccia un grafo delle relazioni tra i cento lettori non vengono fuori un paio di cricche ben nutrite (uso qui “cricca” nel senso tecnico della teoria dei grafi)? non sarebbe meglio usare lo stesso argomento che si è usato qui sopra per giustificare l’esistenza di votanti tra i votati, ossia che è – praticamente, oggi, qui – impossibile fare altrimenti?

    lorenzo

  22. Mi auguro vivamente che qualcuno abbia un talento comico e sappia ben servirsi dei tre thread per farne un racconto, un film, un documentario, magari un libro multimediale sulla natura degli italiani
    il materiale c’è tutto, è classico, mi rendo conto, e il classico annoia, e forse troppo di attualità, le due cose insieme potrebbero stuccare, ma pensateci su, qualcuno si dia una mossa

  23. (Alcor)
    “Mi auguro vivamente che qualcuno abbia un talento comico e sappia ben servirsi dei tre thread per farne un racconto […]”.

    La vedo dura per i’ comico. Lo vedo piangere, pure lui.

  24. Dunque siamo da capo al palo della questua sui voti: “chi classifica i classificatori di classifiche?” Questa litania canticchiata all’angolo della piazza letteraria da autori in cerca di poesia è fuori corso. Annuso tra le righe una sorta di ticchio calcistico dove alcuni sputano “nihiismo” e altri spuntano (la classifica) con un sì, un ni o un no.
    Qui non si vince, non si perde non si pareggia: qui si dà voce alla vox poetica impaginata e dunque incartata.
    Nel giudizio del centone poetico non v’è punteggio inoppugnabile sancito da un arbitro giudice e titolare del giudizio, qui vale solo l’arbitrio di soggetti portatori di nome proprio. Così è perché pare all’occhio, all’orecchio o semplicemente al palato di un lettore che fa percentuale (e come si sa la percentuale non fa mai giudizio).
    Cento poi mi sembra un numero congruo per un’ecatombe poetica, dove il vincitore viene immolato sull’altare della creatività fonetico-semantica che allarga il respiro e stimola gli appetiti (letterari) delle giurie. Quanto al nihililsmo, è spaesato, altro che nostro Paese. Ma come? Si vuole forse sostituire il celebre “nulla si crea nulla si distrugge tutto si trasforma” con un fiammeggiante : “tutto si crea tutto si distrugge nulla si trasforma”. Direi che la vetrina del premiante baghetta non merita i sanpietrini di Fabio.

  25. Cortellessa dice: *Non tutti i Lettori si esprimono su tutti i generi in lizza. Ci sono persone che non seguono la poesia contemporanea e che ce l’hanno detto subito molto onestamente, sicché sulla poesia non hanno espresso preferenze. Così come, di contro, ci sono fra i votanti molti poeti che si sono sentiti di esprimere un giudizio solo sulla poesia*.

    Ma allora è un gran casino, non si sa chi vota chi e quanti votano chi. Non vorrei esser tacciato di campanilismo, ma il Baghetta quello sì che è un esempio di ordine e trasparenza. Anche noi abbiamo avuti candidati giurati i quali non si ritenevano idonei a giudicare la poesia contemporanea. Li abbiamo esclusi dal gruppo.
    E sulla questione dell’anonimato: *la segretezza protegge il giurato dalle pressioni: dall’obbligo di votare per il libro dell’amico, per esempio, o dalla tentazione di votare per il libro della persona potente che non si vuole contrariare*. E se la segretezza proteggesse anche da altro?

    ad.

  26. Giovanna Bemporad (traduttrice), Alberto Casiraghy (microeditore), Nadine Celotti (francesista univ. TS), Lella Costa (attrice), Luigi Luini (economista univ. SI), Melina Mulas (fotografa), Caroline Patey (anglista univ. MI), Steve Piccolo (musicista), Lella Ravasi (psicanalista), Roberto Saviano (scrittore), Nico Stringa (storico dell’arte univ. VE), Gianni Vattimo (filosofo univ. TO), Vivetta Vivarelli (germanista univ. FI), Maurizio Vogliazzo (architetto poli MI)

    i magnifici settex2, giurati in chiaro del baghetta III, sono stati scelti secondo questi criteri rigidi:

    – hanno partecipato tutti al baghetta I e al baghetta II
    – non sono poeti (= non idiosincratici)
    – non hanno paura

    PS. kurz lo conosco: si presentò da me per filosofia medievale e a una domandina su Gaunilone introdusse il termine *flautus vocis*. lo bocciai per flautulenza (ma è roba di 20 anni fa)

  27. @ Andrea Cortellessa
    Perdoni la brutalità della domanda: se lei ricevesse direttamente da un autore ( più o meno (s)conosciuto) un libro pubblicato da un editore serio (NON a pagamento) ma con distribuzione difficoltosa ai limiti della irreperibilità del libro stesso, lei, Andrea, come si regolerebbe? Cestino? Sfoglierebbe comunque? Cercherebbe notizie sull’autore? Glielo chiedo perché scorrendo la lista dei testi in classifica, con l’eccezione di un paio (No Reply e Sossella) tutti gli altri sono pubblicati da editori grandi e medi ad alto impatto promozionale. Grazie per la sua risposta

  28. ben detto ( bd) la disputa sull’essere (o il nulla) della giuria e le sue qualità mi ricorda non già il flatus roscelliniano, ma il Pro insipiente gauniloniano. Più che di prodotti qui si parla di tutori, più che di poesia di poeti. Il Sant’Uffizio teme forse che la favella dello stolto punga più di un giudizio meditato. Del baghetta valga il formato conviviale più che il tocco accademico. D’altra parte ricordo le parole con cui mi congedai a quell’esame di medievale: “Le idee sono fannulloni, vagabondi che bussano alla porta di servizio della nostra mente e ognuna di esse ci toglie un poco della nostra essenza, ognuna ci ruba una briciola della fiducia in quelle poche, semplici nozioni, alle quali dobbiamo attenerci, se vogliamo vivere decentemente e morire senza rimpianti”

  29. Macché nichilismo e estintori a CO2 d’amor perduto!
    Un po’ di sano nichilismo non fa mai male e rafforza l’amore nelle sue molteplici estensioni. L’amore per la cultura, per le lettere, per la poesia, per la parola passa di conseguenza attraverso visioni e revisioni: processi costruttivi e distruttivi che si perpetrano in tutto quel che è possibile osservare. Accusando di nichilismo un individuo si incorre nel classico errore, tipico appunto di questa nostra Italia, che consiste nel delegittimare “parole opere o-missioni” (giudizi) di un soggetto (lettore, scrittore e quant’altro) snocciolando epiteti che fanno scalpore fra i più. Credo che si debba andare oltre e guardare il video consigliato sopra per apprezzare e valorizzare le differenze emerse in questa pagina.

    “C’è gente che ne ha le palle piene di poesia” come della cultura nei suoi aspetti più “riusciti”. Chi cerca di diffonderla si trova davanti parecchi ostacoli, (economici in primis, sociali, editoriali e politici in de profundis), roba da fargli passare qualsiasi stimolo volto a coinvolgere altri. Ma ci si mette in gioco perché chi ama una cosa “accetta ogni dichiarazione di voto, di qualsiasi tipo” perché è il criterio sociologico che poi fa la classifica o il convivio.

  30. Era alto quasi sei piedi, forse un pollice o due meno, solidamente costrutto, e vi veniva incontro con le spalle un po’ incurvate, la testa in avanti, e uno sguardo dall’alto in basso che vi faceva pensare a un toro pronto a caricare. La sua voce era profonda e sonora e i suoi modi rivelavano una tenace sicurezza in se stesso che pure nulla aveva di aggressivo. Sembrava una necessità, quel suo atteggiamento, che appariva diretto tanto agli altri quanto a se medesimo. Meticolosamente curato nella persona, vestiva di candido dalla testa ai piedi ed era assai popolare nelle varie Fiere del Libro, dove si guadagnava da vivere come agente letterario.

  31. Solo una rapida risposta a Lorenzo.

    1. E’ vero che Guido Mazzoni e io ci siamo formati alla Scuola Normale e che abbiamo collaborato in varie iniziative. Quello che volevamo far notare però è che questo non implica un’identità di vedute: basta leggere il libro di Guido “Sulla poesia moderna” e il mio recente su “Poesia e ispirazione” per trovare, a fronte di elementi di vicinanza, anche prospettive metodologiche e critiche molto divaricate. Le differenze sono in qualche caso ancora più sensibili con Andrea Cortellessa: ma questo non ci impedisce di discutere tra di noi con il massimo rispetto. In ogni caso, non difendiamo una visione monolitica delle letteratura: e meno che mai siamo tutti ‘nipotini dei nipotini dell’Ingegnere’, come qualcuno ha sostenuto…

    2. Abbiamo voluto segnalare alcuni esempi per far capire che, fra i Cento, ci sono personalità diverse e che non esistono preclusioni. In futuro, cercheremo senz’altro di allargare il gruppo dei Lettori per rappresentare ancora meglio la varietà di poetiche o semplicemente di interessi letterari che esiste oggi in Italia. Ma già adesso i risultati che emergono non possono essere previsti facilmente: lo dimostra l’esempio di Franca Grisoni, ma in generale, se si guardano le classifiche larghe, sono molti i casi interessanti di opere ‘fuori dai gruppi’ che sono state votate. Al di là dei numeri o degli schieramenti, quindi, in questa e anche nelle prossime classifiche noi auspichiamo che emergano spesso opere che raccolgano consensi ‘trasversali’ e che le classifiche siano anche uno strumento per far notare opere che, votate da uno o dall’altro, sono comunque sottoposte all’attenzione di tutti.

    Un saluto da

    Alberto Casadei

  32. @Branco

    Sempre meglio di “Era un paio di centrimetri o tre sotto il metro e ottanta…”

    “un paio di centimetri o tre” non l’ho mai capita

  33. He was an inch, perhaps two, under six feet, powerfully built, and he
    advanced straight at you with a slight stoop of the shoulders, head
    forward, and a fixed from-under stare which made you think of a charging
    bull. His voice was deep, loud, and his manner displayed a kind of
    dogged self-assertion which had nothing aggressive in it. It seemed
    a necessity, and it was directed apparently as much at himself as at
    anybody else. He was spotlessly neat, apparelled in immaculate white
    from shoes to hat, and in the various book fairs where he got his
    living as literary agent he was very popular.

  34. alberto casadei, grazie per la sua risposta. avevo intuito cosa volevate dire, ossia quel che lei ha chiarito – e, ripeto, non sostengo in questo caso l’accusa di “mafietta”. rilevavo soltanto – pro forma – una lieve incongruenza con quanto avete scritto qui sopra.

    saluti,
    lorenzo

  35. Antão Sacarolhas fa ‘o scuro e non capisco. Il mio riferimento all’ammore di db per la poesia era totalmente ironico, basti guardare attentamente il video del baghetta: sulla poesia dice cose scurrili e inammissibili, lo confermano Amato e Ronchi, lì presenti coi loro sguardi imbarazzati e un po’ allibiti. Figuratevi cosa è toccato a ‘sti poveri poeti.

    aditus

  36. Grazie Kurz e db. Io avevo letto una versione per ragazzi quand’ero piccolo.

    @ Alcor: Certo un pollice è meglio. Io sono un centimetro, forse, sotto il metro e ottanta, perché l’altezza, si sa, dipende dalle scarpe indossate, e dall’occhio del misuratore.

  37. assurdo assurdo chiamare mafiosi i timidoni!
    ah no poco mica era un agente alcor?
    kurz sapevo benissimo ch’eri migliorato con le lingue. l’anno dopo infatti fu il tuo ultimo exploit in latino, ma già contaminato d’albione, quando a moderna, avendoti io chiesto il rapporto tra scetticismo e nihilismo, esordisti con: david sum et nihil humeanum a me alienum puto.

  38. La critica è un tiranno debole se paragonata all’opinione del lettore. Ciò che induce in tentazione il carattere di un poeta è l’opinione che egli ha di se stesso.
    David è l’uomo della foresta? Nihilista troppo nihilista?db fila via come un tgv

  39. @db, sì, naturalmente un agente di Beria

    ormai vengo a leggere qui solo per ragioni sanitarie, perché mi impressiona davvero, e mi interessa, come di fronte a una iniziativa, questa, ma potrebbe essere stata anche un’iniziativa diversa, la reazione dominante sia quella paranoica, o comunque l’idea che si debba fugare il sospetto.
    E’ il sospetto il centro del problema. Non la bontà dell’iniziativa.
    Che sia un sentimento nato dall’esclusione o un estremo bisogno di pulizia, è sempre un sentimento malato.
    Non sono valse le precisazioni, la disponibilità a spiegare come e perché è nata, l’evidenza che nessuno ne trarrà vantaggio se non quello di una segnalazione – e se è questo il punto, scusate, ma avete così fame di una gloria così fragile? o vi pare che altri abbiano questa fame strepitosa di avere 30 segnalazioni, o 40, o anche 100 sul sito di Pordenonelegge? quali ferite mai dovranno rimarginare queste cento segnalazioni? per quanto narcisi siano gli scrittori e avidi di vendere qualche copia in più, non vi sembra di esagerare?
    Niente, il sospetto non sarà mai smentito. Si dice che dove c’è fumo c’è arrosto, d’accordo, ma qui il fumo non esce dal forno, lo stanno creando i pompieri.
    La catastrofe estetica purtroppo non è soltanto la catastrofe berlusconiana, è dilagata, diversa ma altrettanto devastante, anche in quelle regioni umane che dovrebbero aver imparato a esserne esenti. Se non altro per ragioni di stile.
    Cento lettori stilano una classifica?
    Non vi vanno i lettori? Vi dispiace che siano quelli che sono?
    E fatene un’altra voi, che diamine, più bella e perfettamente candeggiata, così ne avremo due.
    E potremo sospettare anche di voi.
    Per esempio, db, il tuo premio baghetta, chi lo ha inventato? E ne hai tratto vantaggi, magari di nuove amicizie? e i tuoi giurati chi li ha scelti? sai, se devo mettermi a sospettare io sospetto alla grande, non mi limito a un gruppazzo di 100 persone che non si conoscono neppure tutte tra loro, mi intrufolo in ogni meandro, e a forza di cercare qualcosa prima o poi troverò, magari uno che ti ha pagato il caffè, che ti ha portato un salame da casa, che farà rete con te, e a che scopo? una rete è sempre una rete, una rete prima o poi assomiglia pericolosamente a una cricca, la cricca del baghetta, e naturalmente la cricca di NI e poi la cricca dei commentatori, e la cricca degli editori naturalmente, e di tutti quei poveracci che ci lavorano e ne cavano gloria e ricche prebende.

    Fosse solo ridicolo tutto questo, ma purtroppo, come ho detto, è anche esteticamente riprovevole.

  40. mo capisco perché hanno messo la laurea in medicina per fare lo psicologo: per inibire gente come alcor.
    stante che paranoia = paura al quadrato, uno psicologo appena decente infatti avrebbe colto subito le potenzialità di un bacino di 100 timidoni che si nascondono dietro il dito del vicino: arridatece bion!

    da noi al baghetta tutto è chiaro perché tutto è personale: i giurati non solo li conosciamo uno per uno, ma ci siamo pure simpatici: e che, dovrei mangiare vicino a una come te, per rovinarmi la serata? tutto è chiaro, a partire dalla selezione, che si svolge immancabilmente così: siamo in 4 e espletiamo in 2 serate invernali, una alla feltrinelli di piazza piemonte, l’altra alla feltrinelli di baires (quella del duomo no perché non ha il bar). ci piazziamo subito in 3 a 1 tavolo per occupare le sedie con un liso indumento e saccheggiamo gli scaffali di poesia con l’occhio alla data di pubblicazione, mentre l’altro va a ordinare. poi sorseggiando sbirciamo di palo in frasca (soprattutto frasca), e a un certo punto, quello nascosto dalla pila alla vista della barista estrae dalla tasca di detto indumento la fiasca (NB: sapendo da prima il colore del contenuto, il palo ovviamente avrà ordinato 4 calici contenenti liquido del medesimo colore). e via pedalare. In 2 serate = 8 ore, abbiamo scremato così 40 titoli dai 120 circa impilati.

    io non sono psicologo, ma logico, ad essere precisi nominalista, ma NB non spinto nihilista alla Roscellino, né aftershave alla Ockam: moderato alla Abelardo. e perciò: di chi hanno paura i 100, al punto da sentirsi liberi solo dietro l’anonimato? non dei lettori, ovvio; non dei congiurati, ovvio; non degli autori, perché se escludono un nemico tanto meglio, se escludono un amico l’amicizia regge questo e altro: di chi allora han paura, di chi alcorina? su spingi il cerebro!

  41. Ciò che Alcor non capisce – o non vuole capire – è che non si tratta qui del sospetto in sè, ma del metodo che ontologicamente induce a sospettare. Anche infatti ammettendo che i cento si comportino sempre tutti in maniera impeccabile (ma chi ha letto l’articolo di Carla Benedetti può legittimamente dubitarne), il punto è: perchè anonimi? Perché quei cento, ovvero sempre in buona parte gli stessi? E perchè non adombrare che dietro la bella pensata del criterio della qualità non si nasconda un banale tentativo di promuovere libri altrimenti non troppo venduti? Mi si dirà: ma se questi libri meritano, ben vengano le promozioni. Ebbene, tanto per ribadire che è la metodologia a risulatre in partenza malata: preferirei che ciascuno scrittore o editore o amico dello scrittore tessesse le lodi del libro in questione con aggettivi tonitruanti, paragonando l’autore a Shakespeare, Omero e Tolstoj, ma ALLA LUCE DEL SOLE, piuttosto che essere messo nella condizione di pensare: sono sempre loro, è il solito, invincibile loop, il solito muro di gomma, impermeabile fuori, accoglientissimo dentro.

  42. A volte sembri un interlocutore intelligente, db, e poi per troppa intelligenza ti perdi e ti ingarbugli, ti incaponisci ti fissi e ti autoincensi.
    Il risultato qual è? che la realtà delle cose batte il tuo nominalismo 10 a zero.

    “Il metodo che ontologicamente induce a sospettare” è una frase che può nascere solo in un paese dove Di Pietro prende il 10%

    Andate avanti a sospettare ontologicamente, fatevi del male, io molto più pragmaticamente alzerò la mano quando mi arriverà notizia del reato.

    Vi lascio qui a sfibrarvi la mente.

  43. Essendo anche questa, come ogni iniziativa, perfettibile, rilancio il commento del 14 Aprile 2009 alle 14:35

    – aprite nel sito di pordenonelegge 100 finestrelle, 1 x membro.
    – in ciascuna finestrella, ogni membro ogni trimestre esprime 1 terna secca.
    – la ggente, che non è stupida, vede e provvede.

    [Scarpa ha palesato il suo voto: pecora nera/gregge bianco o viceversa?]

  44. Soldato blu, non menarla, che non ho voglia di giocare, adesso. Sono stato chiaro. Tu vuoi esserlo? Credi che il metodo usato sia esente da sospetti? Cosa proponi?

  45. Il commento di Antão, riproposto anche sul vecchio post, mostra che Scarpa i suoi voti li ha resi pubblici.

    *Tiziano Scarpa
    Pubblicato 8 Aprile 2009 alle 11:07 | Permalink
    Se ho capito bene, dal 15 aprile saranno in rete i voti dettagliati di ciascuno.
    Io comunque ho votato così:
    Narrativa: Antonio Moresco, Canti del caos, 6 punti.
    Poesia: Guido Ceronetti, Trafitture di tenerezza, 6 punti.
    Saggistica e altre scritture, Zanzotto-Breda, In questo progresso scorsoio, 6 punti.
    Come si vede, per ogni categoria ognuno ha a disposizione 6 punti, che può destinare tutti a un solo libro, o dividerli destinandoli a due libri (5 punti a uno e 1 punto all’altro, o 4 e 2, o 3 e 3).*

    Evade la norma? L’esigenza della norma (l’anonimato) arriva dal basso (i 100 lettori), dall’alto (gl’ideatori), o ognuno fa norma a sé (stato di anarchia)?

    a.

  46. Nel caso-limite che 99 elettori decidano liberamente di palesare il loro voto, il centesimo elettore si troverebbe giocoforza costretto a palesare il suo: ergo il sistema è onto-logicamente insostenibile (oppure è il sintomo del megasistema Italia).

  47. @Alcor
    Di Pietro votalo tu, se ti va. Io non voto. Tu che sei così intelligente, per chi voti? Per quanto mi riguarda, non mi faccio del male. Casomai me lo fate voi, a negare l’evidenza. Quanto ad aspettare le notizie di reato, coi tempi che corrono, hai voglia ad aspettare il momento d’alzare la mano. Intanto che aspetti però, usala ‘sta mano per scrivere qualcosa di meno ovvio.
    @baghetta
    Ok sull’appalesamento almeno parziale, io però ho non soltanto richiesto il voto palese, ma anche, e ancor più urgentemente: PERCHE’ sempre gli stessi a votare? A tal punto che, se vai a discutere della faccenda su Ni, ti ritrovi di fronte gli stessi pure qua! Una cosa da tribunale o castello kafkiano. Non so perché, ma questi giri e rigiri mi fanno venire in mente il meravigliosamente crudele apoftegma del vecchio Franz: “La colpevolezza è sempre fuori discussione.” Forse Alcor vorrebbe modificarlo così: “La buona fede è sempre fuori discussione.” Ma non suona altrettanto credibile, purtroppo.

  48. @ Diamante

    Mai stato così serio. Mi interessano le parole che vogliono dire qualcosa.

    Cosa propongo?

    Propongo di sostituire “ermeneutica” a “ontologia”.

    “l’*ermeneutica del sospetto*, come l’ha puntualmente chiamata Paul Ricoeur, fu l’unica cosa utile che suggerirono” [Rorty].

  49. Sono paroloni: ermeneutica, ontologia…
    Ho accettato di partecipare alla giuria del Baghetta: 1- perché è molto semplice e appoggio i ragazzi di Lunanuova; 2- noi 14 giurati telematici scegliamo solo 3 poeti dai 6 proposti: poi saranno il 16 maggio i convitati in carne ed ossa a decidere. In ogni caso, l’iniziativa di Pordenone mi sembra senza capo né coda. Parola di triestna.

  50. @soldato blu
    Ahhhhh, adesso sì che ho capito! Se mettiamo ermeneutica invece di ontologia è tutto più chiaro. Ontologia ermeneutica, o ermeneutica ontologica? Questo è il problema. Il resto è silenzio. Che è meglio.

  51. Volevo aggiungere una cosa a proposito di Magrelli.
    Valerio, tu sai quanto ti apprezzo e quanti ti apprezzano. Proprio perciò spero che tu dica pubblicamente per chi hai votato. O sei uscito dal PD per entrare nell’anonimato?!

  52. @ Diamante

    Non ti accorgi nemmeno quando riesci a prenderti seriamente per il culo.

    Nell’età in cui ancora si gracchia, questo gioco viene chiamato: “Fare il verso a se stessi”.

    Sapevo impossibile, per te, afferrare il significato di una citazione tratta da un libro il cui sottotitolo è: “contingenza, ironia e solidarietà”.

    Distanze siderali separano il sospetto dall’ironia.

    *

    “Ahhhhh, adesso sì che ho capito! Se mettiamo *metodo che ontologicamente induce a sospettare* invece di *metodo sospetto* è tutto più chiaro. Questo è il problema. Il resto è silenzio. Che è meglio.”
    [Diamante]

  53. @soldato blu
    Ti chiedo scusa. Era tutto chiaro, come lo è ora. Faccio ammenda davanti a te e al sottotitolo. E la tua ironia…Da quella imparerò ad accettare le prese per i fondelli, da quella trarrò spunto per farmi continuamente infinocchiare.
    Da L’IMPOSSIBILE: “Ma mi accorgo che il mio spirito dorme. Se fosse proprio sveglio sempre cominciando da questo momento, presto saremmo alla verità, che forse ci sta intorno con i suoi angeli in lacrime!”
    Tu fai pure ironia, e dormi bene; la verità intanto piange.

  54. @ Diamante

    ci stiamo tentando, ma ancora non ci siamo capiti.
    D’altronde sei stato tu a tirare in ballo la “verità”.
    Mi piace regalarti, quindi, un’altra citazione di quell’autore ironico, anche se da un altro testo:

    “Chiedersi se il pragmatista abbia ragione di essere così fiducioso significa chiedersi se sia immaginabile o desiderabile una cultura in cui nessuno – o almeno nessun intellettuale – crede che possediamo nel profondo del nostro cuore, un criterio che ci dice se siamo o meno in contatto con la realtà, se siamo nella Verità. Questa sarebbe una cultura in cui nessun prete o fisico o poeta o partito verrebbe considerato più *razionale* o più *scientifico* o più *profondo* di un altro.”

  55. *la segretezza protegge il giurato dall’obbligo di votare per il libro dell’amico, o dalla tentazione di votare per il libro della persona potente che non si vuole contrariare.*

    ne vien fuori un ritratto di giurato medio degno di alberto sordi: w l’italia!

  56. O di parlamentare italiano…
    Un po’ come quello che diceva di uscire dall’aula quando si votava per i suoi affari o come quelli che siedono in parlamento e fanno un altro lavoro, tipo l’avvocato o il VIP…

    è però anche vero che la segretezza protegge il conflitto di interessi…

    Forza l’Italia!
    Sforza l’Italia!
    ITALIANI!!!!! Vota Antonio, Vota Antonio, Vota Antonio…

  57. Italianità?

    Semplicità di vita – nudità interiore – bisogni ridotti al minimo. Gusto del reale spinto all’essenziale. Fondo cupo, e leggerezza, ma sempre attenta. – Spensieratezza e – – profondità. Segreto.
    <> interamente contraddetto dall’attività. Depretiatio. – Tendenza ai limiti. Passaggio immediato ad infinitum. – Ipseità. Aseità.
    Vantaggi e svantaggi di una posizione ai margini.
    Prontezza –
    della Confidenza. Il prender confidenza con – – acquistando il vigore di un principio, – esteso a tutte ele cose, intellettuali e metaf[isiche]. Senso del procedimento. (Ibid., VII, 170)

    Paul Valéry, Quaderni, Volume I, Adelphi.

  58. Scusate se vi faccio notare un refuso alla prima riga: ‘pordenonegge’ dovrebbe stare per ‘pordenonelegge’

  59. @soldato blu
    ll relativismo totale – di cui anch’io soffro – mi spaventa. E’ quello che fa sì che oggi esistano soltanto opinioni, e nessuna verità. L’autorità, non l’autoritarismo, è molto importante. Devo avere qualcuno a cui rivolgermi, qualcuno che al momento ne sa più di me, qualcuno che mi spinga a mia volta ad acquistare una certa autorità, che magari potrò regalare in futuro. Altrimenti, ecco l’appiattimento già in atto, e la mediocrità dilagare per ogni dove. Se nè un fisico, nè un poeta, nè un santo hanno più autorità di un “altro” dove siamo, allo zoo?

  60. Autorevolezza é altro dall’autorità, la puoi trovare per strada come in cattedra. E italianità può essere anche fascismo, il fascismo della privacy

  61. Il mio pc finalmente è a posto, e posso completare:

    Il motivo per cui i giurati restano anonimi: onde nascondersi non ai lettori, né ai congiurati, né agli autori, bensì agli editori, uffici stampa, agenti letterari ecc.

    Dixi, et salvavi animellam meam.

  62. @ Diamante

    si corre il rischio – anzi lo si è già superato – di adagiarsi in O.T. e dimenticare del tutto il tema del post.
    Proverò a rimettermi/ci nella corsia giusta, facendo notare come sia la tua posizione di fondo, appena espressa, e che io considero sbagliata, a impedirti di apprezzare l’iniziativa di pordenolegge e del premio dedalus.

    non è vero che tu sia un relativista, se hai quel tipo di idea sull'”autorità”, se aspiri a trovarne una, se speri di diventare “autorità” a tua volta.

    l’autorità “esistente” non è autorità. se esiste non è autorità.
    anche quando viene riconosciuta, travalica il suo essere autorità, diventa altro.

    tutte le forme di autorità non sono altro che potere.

    nel nostro caso: “il “principio di autorità” è “il principio in base al quale una tesi filosofica, scientifica ecc. è accettata come vera non per la sua evidenza, ma per l’autorità di cui gode chi l’ha formulata [Garzanti]”

    ora proprio in questo sta la differenza tra me e te rispetto ai 100 lettori e la loro “classifica”.

    Tu rifiuti, giustamente, di riconoscere loro “autorità” e cerchi, come molti altri, motivi per giustificare questa decisione, cercando nella loro iniziativa fatti che dimostrino che non sono “autorità”, che non sono “portatori della verità”.

    E questa sospettosa indagine per dimostrare l’inesistenza delle condizioni necessarie alla nascita di una classifica al di sopra di ogni sospetto non avrà mai fine.
    primo perché quella non potrebbe mai esistere, secondo perchè non di questo si tratta.

    si tratta di “conversazione” invece.

    accetto o non accetto, nella contingenza di questo discorso, quello che mi viene proposto dal mio interlocutore.
    ciò che può essere contestato, proponendo alternative personali, sono le posizioni della classifica, ma non certo per inficiare le scelte degli altri, che restano valide nonostante noi le avremmo volute diverse, perché “noi non abbiamo più autorità di loro”.

    infine, non si inizia nemmeno una conversazione, se si pensa che l’interlocutore sia disonesto o ci voglia truffare.

    *

    “Questa sarebbe una cultura in cui nessun prete o fisico o poeta o partito verrebbe considerato più *razionale* o più *scientifico* o più *profondo* di un altro.” [Rorty].

    Non è anarchia, ne zoo, è liberalismo.

    E’ voler dire che ci sono anche parole che pretendono “autorità” e “intellettuali” che pretendono di avere “autorità” solo perché utilizzano parole “autorevoli”.

  63. aberrante l'”utilizzo” soldatesco di Rorty, il quale elimina sì l’autorità, ma per valorizzare la persona, il nomecognome che garantisce l’imputabilità morale del discorso. (Rorty è nipotin’a Tocqueville, il liberale che annusò 2 secoli fa i pericoli della massa anonima, di cui codesta giuria è un microesempio.)

    Ricordate la prima pagina del Leviatano di Hobbes? Un mostro a forma umana composto di tanti mostriciattoli umanoidi – per cui allo stato attuale codesta giuria anonima, che è pars pro toto di Pordenonelegge, potrebbe ben chiamarsi ufficialmente

    LEVIATANOLEGGE

  64. Perchè allora chiamare giuria una semplice lista? Un elenco di nomi autorevoli non è una giuria, se non in senso lato (consolidato da una prassi) , ma un consiglio nello stile della Serenissima.

  65. kurz, stando a quanto dici

    giuria : x = doge : dodge

    cercherò di risolvere l’equazione tra mezz’ora dai microfoni di Radio Popolare fm hz 107,6, in un discorso alla nazione sulla resistenza

  66. @ Kurz
    Infatti nessuno di noi la chiama giuria. Non lo è a nessun titolo, perché non conferisce nessun premio. Il premio da cui è nata questa idea si chiama Stephen Dedalus ed è stato conferito per tre anni, dal 2005 al 2007, nella più assoluta indifferenza mediatica. Della giuria (questa sì) hanno fatto parte sin dall’inizio, oltre al sottoscritto, i due corresponsabili di questo spin off (o upgrade), Alberto Casadei e Guido Mazzoni, e poi Grazia Casagrande, Lidia De Federicis, Enzo Golino e Massimo Raffaeli. L’indifferenza (malgrado fossimo stati i primi a premiare Rpberto Saviano, e gli unici a premiare scrittori notevoli ma che la società letteraria tradizionale per un motivo o per l’altro non ha adottato, come Aldo Nove, Walter Siti ed Emanuele Trevi) ha condotto al mancato rinnovo del finanziamento istituzionale (pubblico-privato) che ci sosteneva (assai parcamente, per la verità, e infatti forse se abbiamo potuto lavorare in serenità e senza pressioni editoriali è proprio perché davamo premi molto esigui). Dalle conversazioni con Pordenonelegge – e segnatamente con Gian Mario Villalta – per rilanciare l’iniziativa è nata l’idea della quale ora stiamo discutendo.
    E se lo stiamo facendo vuol dire che l’indifferenza, almeno quella, è stata superata; al riguardo concordo con la posizione espressa da Tiziano Scarpa: di tutti i nostri sforzi critici e di ogni altro tipo, in favore della letteratura che si fa oggi in Italia, i quali evidentemente non hanno avuto molto ascolto, è necessario trovare forme di sintesi comunicativamente performantti. Questa è perfettibile, come non ci si stanca di far notare; ma che sul piano della comunicazione funzioni non mi pare ci siano dubbi. (Per inciso, il premio Stephen Dedalus tradizionale riparte appunto da Pordenonelegge, a settembre, con la vecchia giuria, questa sì, integrata dagli ultimi vincitori Antonella Anedda e Walter Siti; ma la comunità dei Lettori sarà coinvolta anche in questa occasione: al fine di segnalarci i finalisti da discutere.)

    @ Soldato Blu
    Non intervengo sulla questione autorità / autorevolezza (se non per dire che qualcuno mi deve ancora spiegare cosa ci sia di autoritario – come sostenuto anche da Cordelli sul Corriere della Sera – in questa iniziativa). L’autorevolezza è, o dovrebbe essere, nell’identità e nella storia professionale delle cento persone coinvolte. Nessuno dei tanti critici che in sostanza dicono “ma questi chi so’?” ha finora detto la sua nel merito di questi cento Lettori. Che so, proponendo x al posto di y. Segno per me certo che sul merito e sulla rappresentatività di queste scelte (che ovviamente rivendico, pronto ad ampliarne numero e portata) c’è poco da eccepire.
    Ma nessuno, e vengo al punto da te sollevato, ha neppure detto alcunché dei risultati. Se questa iniziativa fosse così fallata, autoritaria, disutile ecc. ecc., i risultati sarebbero inattendibili, comici, improponibili: esattamente come quelli dei premi tradizionali, per non parlare delle classifiche di vendita. E invece sui singoli titoli segnalati (gli autori della maggior parte dei quali non erano mai stati citati dal Corriere della Sera, per dire) non ho sentito neppure una parola! E’ clamoroso! Non s’è mai vista applicazione più puntigliosa e meticolosa dell’idiozia di chi commenta il dito che indica la luna, anziché la luna.
    Fanno schifo, questi romanzi queste poesie questi saggi? Ne volete degli altri? Cominciarte a fare nomi, titoli, autori. La sede nella quale partecipare è questa, dal momento che la discussione è qui e ora. Non altrove, non in un futuro indeterminato. Anziché spaccare i capelli in sessantaquattro, prendetevi le vostre responsabilità come abbiamo fatto noi. Fatelo qui e adesso. Dimostratevi migliori di quelli che contestate. In genere nella nostra società non abbiamo mai occasione di farlo; qui invece è possibile. Insomma, fuori gli attributi!

  67. @ Andrea Cortellessa
    Credo le sia sfuggita la domanda che le ho posto qualche intervento più indietro. Gliela ripropongo.
    Perdoni la brutalità: se lei ricevesse direttamente da un autore ( più o meno (s)conosciuto) un libro pubblicato da un editore serio (NON a pagamento) ma con distribuzione difficoltosa ai limiti della irreperibilità del libro stesso, lei, Andrea, come si regolerebbe? Cestino? Sfoglierebbe comunque? Cercherebbe notizie sull’autore? Glielo chiedo perché immagino sia condizione comune a un certo numero di scrittori il non poter contare su uffici stampa efficienti. Scorrendo la lista dei testi in classifica, con l’eccezione di un paio (No Reply e Sossella) tutti gli altri sono pubblicati da editori grandi e medi ad alto impatto promozionale. Ciò non inficia comunque la qualità delle opere scelte, sulle quali credo sia pressoché velleitario esprimere dubbi (se non in forma di rancore). Penso che questa maniera fortemente assertiva di offrire indicazioni di lettura (anche attraverso il consunto modulo della graduatoria) sia efficace e sanamente provocatoria, perlomeno smuove lo stagno e produce voci. Grazie per la sua risposta

  68. @ Zoyd Wheeler
    La situazione che lei prospetta non è così vaga o ipotetica. Non dico sia la regola, ma quasi: con piccole e piccolissime case editrici. Se non è l’autore a mandare il suo testo, il piccolo editore difficilmente si manifesta (anche perché dalle librerie medie è escluso). In questi casi l’unico criterio è quello della riconoscibilità d’autore. Se per qualsiasi motivo conosco l’autore, una prima esplorazione tento di compierla, altrimenti davvero non mi è possibile (come qualcuno mi ha rimproverato, in effetti ricevo moltissimi libri). Lo so che questo criterio è quanto mai fallibile, che contraddice il criterio testuale unico valido (con gli esempi stracitati di testi di autori celebri proposti alle case editrici sotto falso nome e rifiutati ecc.), che contraddice le poetiche dell’anonimato e dell’autore multiplo, che contraddice tante posizioni teoricamente più che interessati, valide e da molti punti di vista condivisibili. Ma è l’unico criterio empirico di salvaguardia che conosca. Per questo consiglio sempre, a chi sta cominciando a scrivere, di non gettarsi subito alla ricerca di un editore purchessia (che spesso è a pagamento), ma di farsi appunto conoscere pubblicando prima su riviste attentamente selezionate (cartacee o no), o comunque con qualunque altra attività creda opportuna. Ci vuole più tempo evidentemente, ma darsi tempo per maturare non è mai male; e poi il nome è uno dei pochi capitali che resterà, poi, da spendere. Del resto sappiamo bene come anche la pratica dell’anonimato in rete non contraddica la riconoscibilità dei soggetti, la loro bio-grafia. Al di là del fatto che conosca o meno la loro identità anagrafica, Tashtego o Alcor per me sono delle “autorità”. Autori a tutti gli effetti, ovviamente. Interlocutori spesso, negli ultimi tempi, per mia fortuna.

  69. @ Zoyd Wheeler
    Mi interessa un suo en passant, quello che riguarda più da vicino la storia di queste nostre Classifiche. Non direi che a parte No Reply e Sossella (due editori peraltro di “scala” differente, differenti per storia e “curriculum”) gli editori siano tutte majors, anzi. Nella classifica di narrativa vedo (in ordine di posizione) Marietti, Alta Tensione, Avagliano, l’ancora del mediterraneo, Transeuropa, Perrone, Coppola, Gaffi, Coniglio, Hacca, Ananke e Lavieri. Non mi si dica che sono gli ultimi posti della classifica; anche queste, nella nostra ottica, sono segnalazioni importanti (anzi, per certi versi, le più importanti: proprio perché i libri relativi possono essere sfuggiti anche a chi riceve tutto, o quasi tutto). Ancora più frastagliata la situazione, come prevedibile, nella classifica della poesia.
    Ma c’è di più. E’ vero, Einaudi (con l’eccezione di Vasta, che però non mi pare eccezione di poco conto) ha dominato la classifica della narrativa. Ma con quali libri? Non mi pare che Tiziano Scarpa, Vitaliano Trevisan o Tommaso Pincio siano frequentatori abituali di classifiche. E’ una fortuna per tutti che Einaudi pubblichi ancora libri di questa qualità; e “questa” Einaudi va incoraggiata. Se no, di qui a qualche anno, pubblicherà solo Siberiani!

  70. @ Andrea Cortellessa
    quanto afferma rende la misura del coraggio con cui lei si è esposto per questa iniziativa (spero venga colto da tutti).

  71. @ db

    aberrante e offensivo è definire “mostro a forma umana composto di tanti mostriciattoli umanoidi” la lista dei 100 “nomi.cognomi che garantiscono l’imputabilità morale del discorso”:

    Damiano Abeni
    Eraldo Affinati
    Andrea Afribo
    Giancarlo Alfano
    Giuseppe Antonelli
    Pierpaolo Antonello
    Andrea Bajani
    Silvia Ballestra
    Mario Barenghi
    Stefano Bartezzaghi
    Cecilia Bello Minciacchi
    Alberto Bellocchio
    Marco Belpoliti
    Mario Benedetti
    Sonia Bergamasco
    Alberto Bertoni
    Clotilde Bertoni
    Elisa Biagini
    Gianni Biondillo
    Gianni Bonina
    Angela Borghesi
    Daniela Brogi
    Franco Buffoni
    Maria Grazia Calandrone
    Maria Teresa Carbone
    Roberto Carnero
    Alberto Casadei
    Grazia Casagrande
    Andrea Cavalletti
    Guido Chiesa
    Stefano Chiodi
    Stefano Ciavatta
    Andrea Cortellessa
    Margherita Crepax
    Stefano Dal Bianco
    Lidia De Federicis
    Andrea Di Consoli
    Matteo Di Gesù
    Paolo Di Paolo
    Raffaele Donnarumma
    Monica Farnetti
    Paolo Febbraro
    Gabriele Frasca
    Massimo Fusillo
    Roberto Galaverni
    Stefano Gallerani
    Margherita Ganeri
    Massimo Gezzi [anche segretario]
    Daniele Giglioli
    Paolo Giovannetti
    Marco Giovenale
    Claudio Giunta
    Enzo Golino
    Miguel Gotor
    Andrea Inglese
    Helena Janeczek
    Chiara Lagani
    Nicola Lagioia
    Valerio Magrelli
    Raffaele Manica
    Michele Mari
    Guido Mazzoni
    Giulio Mozzi
    Aldo Nove
    Massimo Onofri
    Tommaso Ottonieri
    Fulvio Panzeri
    Antonio Pascale
    Gabriele Pedullà
    Pierluigi Pellini
    Silvio Perrella
    Daniele Piccini
    Domenico Pinto
    Alessandro Piperno
    Gilda Policastro
    Laura Pugno
    Fabio Pusterla
    Massimo Raffaeli
    Salvatore Ritrovato
    Rocco Ronchi
    Martin Rueff
    Stefano Salis
    Alessandra Sarchi
    Luca Scarlini
    Domenico Scarpa
    Tiziano Scarpa
    Antonio Scurati
    Beppe Sebaste
    Gianluigi Simonetti
    Antonio Spadaro
    Pietro Spirito
    Francesco Stella
    Enrico Testa
    Italo Testa
    Giuseppe Traina
    Emanuele Trevi
    Antonio Tricomi
    Daniele Vicari
    Luigi Weber
    Fabio Zinelli
    Paolo Zublena
    Edoardo Zuccato
    Giovanna Zucconi

    (la lista è un copia.incolla da un tuo intervento precedente. quindi dovresti averla letta.)

  72. Milite Ignoto evidentemente è a corto di senso metaforico.
    Visto l’insistenza di Cortellessa, mi pronuncio sui primi 2, citando:

    Benedetti: “il secondo album è sempre il più difficile” (Caparezza)
    Grisoni: “troppo dio!” (Anonimo Bresciano)

    e mo aspetto la dichiarazione di voto di Cortellessa, con tanto di pallini come già Scarpa

  73. @monica fabris
    Naturalmente io non sto con l’autoritarismo, l’ho detto chiaro, né con un’autorità di tipo statale; mi sembrava sconato dedurlo dal contesto.
    @soldato blu
    Una cosa è l’autoritarismo, sul quale siamo d’accordo nel giudizio negativo; una cosa è l’autorevolezza, che è quella che posso cercare in un buon giurista, in un buon medico o avvocato, in un buon professore universitario; ma altra cosa è l’autorità (da augere), ciò che accresce, che mi cresce dentro, che mi ac-cresce. E questa te la dona l’individuo cui tu riconosci qualcosa di superiore. Se poi tu, soldato blu, non vuoi riconoscere in nessun campo della vita nessuna autorità a nessuno e mai, due sono le cose: o sei un genio smisurato, o uno smisurato presuntuoso. E poiché non ti conosco, lascio il giudizio in sospeso, augurandoti naturalmente la prima ipotesi, ancorché dolorosa (il genio duole). Per quanto mi riguarda, più modestamente, riconosco autorità a moltissime figure storiche: riconosco una formidabile autorità estetica e cognitiva a Omero, Platone, Eschilo, Sofocle, Euripide, Virgilio, Dante, Shakespeare, Milton, Goethe, Kafka, Tolstoj, Dostoevskij, Mozart, Bach, Beethoven, Chopin, Caravaggio, Michelangelo, Leonardo, Rodin, Rembrandt, Matisse, Nietzsche, Heidegger, Einstein, Bohr, Newton, ecc ecc ecc. Riconosco un’autorità spirituale a Qoelet, Cristo, Buddha, San Francesco, Rumi, Sant’Agostino, San Paolo, Osho, Meister Eckhardt, Etti Hillesum, ecc ecc ecc; riconosco insomma l’autorità dove essa si manifesta, senza nemmeno che ci sia bisogno che noi discettiamo sul fatto che essa sia o meno presente; e senza neppure che siamo con essa in accordo o disaccordo. Essa è, se è. Dopo di che, sono un relativista eccome, dato che ritengo l’autorità un fenomeno assai raro, e sospetto di qualunque forma di autorità si provi ad esercitare su di me. Ma ritengo che non siamo tutti uguali, e che di autorità – sana autorità, quella che fa crescere – ci sia bisogno eccome (e nel mio discorso la politica non c’entra affatto; benché dovrebbe essere chiaro, voglio comunque sottolinearlo). Dici: “Tutte le forme di autorità non sono altro che potere.” E’ esattamente l’opposto: il potere essendo un sintomo di debolezza, si manifesta proprio laddove manca autorità, e laddove dunque c’è bisogno di autoritarsimo. Mi dici ancora che non dovrei prendere parte a una conversazione in cui ritengo sospetto il mio interlocutore: e perchè mai non dovrei? Si parla solo coi propri amici? Solo per lodare? Io ho semplicemente espresso delle perplessità legittime, tu hai voluto adire ai massimi sistemi quando invece la questione è molto terra terra: è giusto, in linea di principio, che chi vota sia fra i partecipanti alla gara cui quel voto concerne? E non è abbastanza scocciante il fatto che esista una cerchia ossessivamente ripiegata su se stessa nella cultura dominante, una specie di boa costrictor in piena digestione? Infine: non mi aspetto affatto dai votanti di pordenonelegge che siano portatori della verità (!); questa è un’affermazione tutta tua. Io mi aspetto semplicemente che sgombrino il campo da qualsiasi equivoco, com’è giusto e persino naturale che sia quando si stila una selezione.

  74. @ Cortellessa
    la sua precisazione scioglie un dubbio e annoda due quesiti.
    Bene! non di giuria stiamo parlando, ma di panel tecnico, ma allora forse sarebbe meglio chiamare la lista “Consiglio per gli acquisti?”
    ovvero
    se si copia un format caro alle gazzette poi come si sostiene il “peso” specifico della qualità?
    In ogni caso non vorrei essere frainteso, non contesto il merito (indiscutibile) dell’iniziativa e men che meno il valore delle persone molte delle quali conosco e stimo; mi permetto però di dubitare del metodo, con spirito costruttivo.
    Insomma sarebbe di gran lunga preferibile una vera giuria, meglio se eletta a sua volta: un giury in cui ciascuno dei giurati sia legato da una sorta di giuramento di Pordenone sulla qualità:

    @ db
    qui non si tratta di equazioni di primo grado ma di differenziali di qualità

  75. Ciò detto, voglio aggiungere che lo scambio di vedute fra Zoyd Wheeler e Andrea Cortellessa mi pare esaustivo sia riguardo i pro sia riguardo i contro, sia riguardo i meriti sia riguardo le oggettive difficoltà che una classifica di questo tipo comporta. Insomma, la perfezione non è di questo mondo, ma se ne può discutere, no?

  76. Bravo Diamante. Proprio per questo di base è un’iniziativa lodevole e coraggiosa e ovviamente non perfetta. Del resto solo chi ha un forte istinto primario alla polemica è da considerarsi mollllto vicino alla perfezione… – Ci si mette in discussione con qualcosa di nuovo e potenzialmente molto utile. Certo se si rimane fermi non ci si muove, ed io credo a sufficienza nella buona fede dei singoli partecipanti (di coloro che si sono mossi appunto) all’esperimento in questione. La voglio vedere un po’ come una generale presa di coscienza, ma anche come un piccolo monitoraggio delle intenzioni attraverso cui le diverse facce del sistema letterario riescono a relazionarsi fra loro, di capirsi e di nutrirsi a vicenda. Si tenta di lavorare su un meccanismo (quello dell’editoria in generale) che ha senza alcun dubbio larghi margini di miglioramento. Ci si deve organizzare per – se non garantire – offrire e avvicinare il più possibile la qualità al consumatore, contrapponendola alla massa dei vizi di mercato che ormai tutti conosciamo. Poi si sa quanto è bello e costruttivo non prendersi troppo sul serio, in niente; Altrimenti dove li si trova il coraggio e l’entusiasmo per incominciare qualcosa che non c’è?

  77. Apprezzo l’inziativa, vorrei dire due parole sulla poesia – ma penso valide in generale – ho avuto anche io e altri che hanno letto con me la presenza ripetuta di Sossella, che pure è molto attivo, va detto a suo merito come editore. Non di meno si notano per esempio (vado a memoria) i due titoli tra i primi cinque. Conventicola? non lo voglio pensare, ma cito Cortellessa da un commento tra i 91 qui sopra:

    “…Ci sono persone che non seguono la poesia contemporanea e che ce l’hanno detto subito molto onestamente, sicché sulla poesia non hanno espresso preferenze. Così come, di contro, ci sono fra i votanti molti poeti che si sono sentiti di esprimere un giudizio solo sulla poesia..”

    Ecco mi sebra che – seppure non voluto dai curatori MAzzoni Casadei Cortellessa, alla fine questa autorecusione per genri e questa forse più evidente limitazione del giudizio sui titoli di poesia a chi la frequenta di solito crei di fatto quell’effetto “soliti noti”. Si dovrebbe spezzare,scartare dalla norma, rompere gli schemi anche nell’integrare lettori stranianti, nel forzare alla lettura.

    Forse questo relativismo, seppur dettato magari da timori di inadeguatezza è un punto debole del “metodo dei 100” che è buono come una sorta di “focus” estetico. Tuttavia seppur tutti autorevoli, il vero problema è che manca a tutti noi la voglia di indicare un Leader – come accade a certe parti politche . immaginadoci tutti noi come dei sub-comandanti in pectore. MA è un’illusione romantica da assemblea adolescenziale.
    Io vorrei un Mengaldo, semplicemente, al posto dei 100. E sono sicuro che per Mengaldo sia passato chiunque si occupi di poesia. Poi ognuo si fa il suo sub-Mengaldo, ma insomma da un centro di gravità permenente bisognerebbe partire.
    Il rischio è la dispersione7disseminazione, come ben dimostrano i molti commenti qui, dottissimi, polifonici e polisempici,ipertestuali e rizomatici, tuttavia inutili.

  78. aspettando godrò
    con la classica domanda da 25 aprile: tutti parlano del fascismo come dittatura, ma nessuno affronta il punto vero, ossia la bonifica dell’agro pontino. c’è qualcuno che la critica? bene, parliamone su le reni, andrea!

  79. @ Mario De Santis
    A me davvero non pare che si possa parlare di “soliti noti” in poesia. L’altro giorno Franco Cordelli, che è stato fra i più duri nel criticare la nostra iniziativa, è uscito con un’ampia intervista su Tuttolibri dove parlando della poesia italiana contemporanea (anzi, dei “lirici italiani”) citava Conte, Zeichen, Cucchi e Viviani. Tutti autori sopra i sessant’anni di età e corrispondenti con singolare esattezza al canone da lui stesso fissato all’altezza del Pubblico della poesia (anno di grazia 1975). Mentre fra i narratori citava Veronesi e Mari (nati negli anni Cinquanta), Scarpa e Scurati (anni Sessanta) e addirittura Bajani, che ha poco più di trent’anni.
    Questa corrisponde alla percezione media, peraltro, delle persone di cultura nel nostro paese. Perché dei poeti sotto i cinquant’anni, a differenza dei narratori, a livello mediatico non si parla proprio. Eppure credo che quasi tutti noi coltiviamo la certezza che in media la poesia che si pubblica in Italia sia nettamente migliore della corrispondente narrativa.
    Ora, nelle nostre Classifiche (nelle quali hanno votato sì molti poeti, ma non i suddetti sessantenni: probabilmente un altro dei motivi per cui Viviani non ha sbaragliato il campo) i nomi usciti fuori sono del tutto estranei a questo canone raggelato agli anni Settanta. Alcuni di essi sono loro coetanei (come la Grisoni) ma usciti fuori tardi e (la Grisoni con l’eccezione di uno dei suoi libri, chissà come pubblicato da Einaudi) mai pubblicati dalle majors. Mario Benedetti, di cui in questa discussione è stato detto che “l’opera seconda non vale la prima”, in realtà è arrivato allo Specchio, con “Umana gloria”, con molti anni di scrittura e pubblicazioni alle spalle.
    Più novità di così, insomma, francamente credo difficile concepirla. E non fine a se stessa: se è vero che Benedetti è stato percepito come “nuovo” pur pubblicando appunto sullo Specchio (ed è una percezione secondo me assai corretta). Che la collana di Sossella sia stata molto apprezzata non dipende certo dal fatto che in passato od ora noi promotori abbiamo collaborato con lui; i voti dei tre promotori sono appunto tre e non tutti hanno votato per libri Sossella (anzi, essendo Casadei e Mazzoni attuali collaboratori della medesima collana, per loro è valso lo stesso criterio adottato altrove, di non votare per una collana che si dirige). Io stesso l’ho fatto solo a metà. Il fatto è che semplicemente quella (come dimostrano in particolare i suoi titoli stranieri) nel giro di un paio di anni si è imposta come di gran lunga la migliore collana italiana di poesia (così come le migliori collane di narrativa sono Sironi e Minimum Fax; e speriamo che la ben nota umoralità del titolare non gli faccia dar seguito al proposito, già espresso, di chiuderla proprio ora): cioè all’esterno del circuito delle majors, incancrenite su canoni arretrati e che non prendono atto dell’evoluzione critica degli ultimi anni. Fra l’altro, che ciò si sia reso possibile con le risorse non certo illimitate di Sossella, dimostra che basterebbero pochi investimenti, ma molta fantasia e attenzione in più, per dare vita a collane di poesia belle e autorevoli. Se non lo si fa, insomma, è per pigrizia intellettuale e manco di passione per la poesia, non certo (come viene ripetuto) perché sia oggi “impossibile”.
    Veniamo infine all’essere orfani di Mengaldo. Se Mengaldo non ha mai dato un seguito alla sua antologia di trentun anni fa, credo sia proprio per le difficoltà che ha incontrato: a dar conto delle molte tendenze diverse che in questi decenni si sono spartite il campo. Io, come forse sai, ho cercato di dare una risposta a questo problema, che è reale e del quale occorre tenere conto, concependo un’antologia ideata e realizzata in gruppo, “Parola plurale”, pubblicata proprio da Sossella, nella quale erano presenti (ciascuno presentato da un critico diverso, peraltro) sia Benedetti che Inglese che Grisoni. Se questa per te è conventicola (come torni a dire, sia pure sotto forma di preterizione), non so che farci. A me pare più semplicemente che quel lavoro critico, faticoso e mai remunerato, anzi per lo più boicottato e autoboicottato, qualche frutto a distanza abbia finito per darlo, presso i “lettori più avvertiti”. Parimenti credo che il lavoro di critici (e a loro volta antologizzatori, ciascuno peraltro distantissimo dai miei gusti e dalle mie idee) importanti come Galaverni, Piccini e Testa in questa classifica abbia il suo peso (se non altro, ma assolutamente non solo, perché tutti e tre hanno partecipato al voto).
    Insomma, il “nuovo Mengaldo” non è che ciascuno se lo debba costruire da sé (anche se un atteggiamento più sanamente luterano non lo vedrei affatto male, al riguardo); però sta certo al lettore – come sempre – ricomporre un paesaggio, quello poetico, che cinque anni fa era davvero disgregato e irriconoscibile, e che oggi (dopo che qualche strumento critico è stato messo in campo) mi pare cominci invece a ricevere una qualche luce.

  80. Riprendo il commento di Andrea Cortellessa per ribadire l’abbaglio di db, dire che Pitture nere su carta è il secondo libro di Benedetti è come dire che la democrazia in Italia è un meccanismo ben oliato: sbagliato. Leggo qui del suo premio baghetta: lui che tanto si lamenta dell’anonimato dei cento lettori e delle ragioni occulte che dietro a quell’anonimato si nascondono, ci dica un pò nomi e voti dei suoi giurati che decretano non terne ma vincitori, se non di questa edizione che deve ancora farsi almeno di quelle degli anni scorsi.

  81. Sghembi, sei caduto male: a meno che tu non intenda l’uruguagio naturalizzandolo oriundo del nordest, sappi che *Dove comincio anch’io* di Benedetti fu stampato con i torchi dell’Ex Gelateria di via Guinizelli 14, umilmente inchiostrati da 3 personcine a modo: R. Dossi, L. Ragozzino e me. (per ulteriori informazioni tel. 02 2847428)

  82. Sei io casco male tu?
    Mario Benedetti è un poeta italiano nato a Udine nel 1955. Vive a Milano. Tra gli animatori della rivista di poesia “Scarto minimo”, dopo alcune plaquettes uscite tra il 1989 e il 2000 (Il cielo per sempre, I secoli della Primavera, Una terra che non sembra vera, Il parco del Triglav, Borgo con locanda) ha pubblicato il suo libro di maggior consistenza e di piena maturità nel 2004: Umana gloria. – http://blog.mariobenedetti.info/2007/11/11/mario-benedetti-biobibliografia.aspx (tra l’altro Benedetti stesso non contempla “Dove comincio anch’io”).
    Epperò dìbi non ti pronunci sul tuo baghetta.

  83. Tra parentesi. Io ringrazio, con il giovane cuoricino in mano, tutti coloro che hanno lavorato per un testo come Parola Plurale.

  84. *lui che tanto si lamenta dell’anonimato dei cento lettori e delle ragioni occulte che dietro a quell’anonimato si nascondono, ci dica un pò nomi e voti dei suoi giurati che decretano non terne ma vincitori*

    a parte che non mi stancherò di ripetere in questo blog che *un pò* si scrive “un po’” (quasi la metà dei redattori qui lo scrive à la vache), Sghembi compie quella che lo stagirita chiamava metàbasis eis allon ghenos (un errore logico che tradisce turbe precategoriali). Più terra terra, pur sempre in ipotesi:

    prendiamo 2 membri della giuria assai distanti tra loro: Cortellessa e Biondillo, ciascuno con 6 pallini per la poesia. Cortellessa ne dà 2 a Benedetti, 2 a Grisoni e 2 a Di Ruscio; Biondillo ne dà 6 a X.
    Risultato: vincitore risulterà X (ossia un pirla), e il lettore mai saprà come mai…

    PS. Cortellessa mi ricorda un caro amico del paese che chiamavamo Dottor Divago

  85. @andrea cortellessa
    Scrivi: “Eppure credo che quasi tutti noi coltiviamo la certezza che in media la poesia che si pubblica in Italia sia nettamente migliore della corrispondente narrativa.” Io veramente, pur non considerando la narrativa italiana attuale eccelsa (e nemmeno ottima), non coltivo questa convinzione da te enunciata. Mi diresti cinque o sei nomi di poeti italiani giovani da leggere, a tuo avviso?

  86. @i baghettari,
    troppo lirismo, “oramai”, m’ammazza, giovane o vecchio ch’esso sia. Anche quello travestito con panni umili, da lavoro quotidiano.
    Io lirico, nunterreggoppiù!

  87. @macondo
    E dove sta il lirismo nei baghettari?
    Intolleranza al lirismo, come per il lattosio o per il glutine?
    Ci sarebbe forse qualche base biologica nella tua avversione?

  88. ecco i miei 6 pallini, puntini, Xini, trattini…

    :

    inverno

    Arrivo a lumi spenti e quindi al buio di ogni sera
    me ne entro nel silenzio.
    Il messale che conosco è un ricovero di vacche,
    una greppia da riempire, il suono umile del fieno
    in bocca a chi sa ruminare.

    Ho le mani profumate dei cafoni, me le tengo
    e spargo paglia come il sangue per un ideale.
    Il mio cervello è fine e separato
    come gli occhi tondi delle bestie
    che non vedono lontano.

    Piove umido il cielo in una stalla,
    piovono pure i pensieri e le voglie insoddisfatte.
    Poi finiscono e chiudo l’uscio e me ne vado
    e lascio il buio e un altro giorno a terminare.

    Roberta Dapunt, La terra più del paradiso, Einaudi

    …………….

    vengono alla superficie pensieri neri tenebrosi
    volare dalla finestra
    inabissarmi in quell’albero di ciliegie
    che nasce sotto casa
    splendente
    luminoso nelle primavere
    improvvisamente senza un segnale fiorisce
    grappoli di vita felice
    inizia così la stagione
    dove nessuno immagina di dover morire
    Qui giace, se pure vi è luogo dei morti,
    e non accade, poiché il nulla è impossibile,
    che sparsi e infiniti si propaghino
    a rimpolpare il buio eco del tempo,
    qui giace, in questa voce riposa,
    un piegatore di lenzuoli.

    Luigi Di Ruscio, L’iddio Ridente

    ………….

    Di quando nacqui e quando fui bambino
    poco e difficilmente posso dire
    perché inenarrabile è l’infanzia
    se non con un gran cenno del sorriso
    o un guizzo silenzioso di scoiattoli:
    ma subito mi piacquero i lenzuoli,
    li guardavo, lontani e numerosi,
    sul ciglio di aprile e di colline,
    splendente vento.

    Roberto Piumini, Il piegatore di lenzuoli, Aragno
    ………..

    Un futuro

    La luna dove già qualcuno
    vi aveva messo piede
    avrà nella sua parte in ombra più nascosta
    il nostro bravo mucchio di rifiuti
    che non si vedano da terra!
    meglio sarebbe
    e di molto pensare cose nuove diverse
    e di lassù magari ricreare
    tra gli interni silenzi del pallido astro a rimorchio
    forme a venire che in qualche modo allievino
    le nostre miserie fatte endemiche
    pur che il singolo (ovvio!) però nel suo peculio
    sia salvo come sempre accade a chi invecchia
    e mai non cresce

    Nelo Risi, Né il giorno né l’ora, Mondadori

    …………………..

    VI. Pompei

    Quando fra duemila anni scaveranno questa terra
    troveranno i nostri corpi ormai diventati sasso
    nella stessa posizione in cui ci addormentiamo oggi
    tu girata di fianco
    io ti stringo appoggiato alla tua schiena

    e non sapremo mai se il nostro bene
    è così grande da superare il tempo
    o se è stata l’abitudine dei gesti ripetuti
    a indurire l’amore
    fino a trasformarlo in pietra

    Francesco Tomada, A ogni cosa il suo nome, Le voci della luna

    …………………………..

    Trionfo del suolo

    C’era una volta il mare
    e il brodo primordiale.
    Da lì, strisciando sulle ciglia,
    sono venuti a riva
    le amebe e i protozoi.
    Poi quando i continenti
    ‑ alla deriva – si sono fermati
    e i dinosauri estinti
    la terra s’è seccata,
    le nubi piovevano polvere
    che ha coperto ogni cosa (ecco
    pianure, montagne, deserti).
    Da qualche parte è apparso l’uomo,
    ha imparato a camminare
    e a costruire.
    S’è staccato dal suolo, verso il cielo.
    Ma il suolo l’ha seguito
    e ogni età batte più in alto a piede,
    dove, i suoi antenati
    vedevano terrazze e tetti.
    La strada copre strade, fori
    e fontane, non solo i fiori
    appassiti e i fiumi, lontani
    dai ponti e dalle passeggiate.
    Scavando, forse, troveranno i letti
    e i pavimenti, come sciarpe a valle,
    sepolte dalla neve,
    svelate dal disgelo.

    Carlo Carabba, Gli anni della pioggia, peQuod

    ….

  89. @ Diamante
    Parola plurale arrivava a comprendere diversi nati dal 1969 in poi. Ricordo, fra quelli che anche in seguito hanno dato buone prove di sé, Fabrizio Lombardo, Elisa Biagini, Paolo Maccari, Flavio Santi e Marco Giovenale. Non comprendeva (perché all’epoca non avevano ancora una raccolta completa all’attivo, requisito d’ingresso richiesto nell’antologia) Sara Ventroni, Laura Pugno e Vincenzo Frungillo, che in seguito ho pubblicato nella collana fuoriformato con libri (secondo me) molto ben costruiti e che hanno avuto lettori appassionati. Diversi altri autori interessanti stanno scrivendo in prosa, secondo parametri che li possono far collocare anche, per certi versi, nella narrativa: penso in particolare a Gherardo Bortolotti, che è appena uscito da Lavieri con “Tecniche di basso livello”, e ad Alessandro Broggi pure appena uscito da Arcipelago con “Nuovo paesaggio italiano”. Ci sono poi due autrici che i quarant’anni li hanno per la verità da poco superati ma sono a tutti gli effetti “nuove” (specie la seconda) e che secondo me stanno scrivendo in questo momento, forse, le cose in assoluto più interessanti: Maria Grazia Calandrone e Antonella Bukovaz. Più o meno della stessa età è Giovanna Marmo, che è fra tutti la performer più originale e imprevedibile, ma che su carta deve ancora fornire prove sostanziose. Segnalerei poi altri autori secondo me molto interessanti, tutti nati negli anni Settanta: Gian Maria Annovi, Massimo Gezzi, Federico Italiano, Francesca Matteoni, Vincenzo Ostuni, Andrea Ponso e Italo Testa.
    Ho fatto venti nomi, non mi paiono pochi. Certo sono autori molto diversi l’uno dall’altro, il che significa che proseguono le diverse tendenze “plurali” di oggi: toccherà accettare tale dato di fatto.

  90. @ mauro v,
    esatto, l’allergene “io lirico” mi provoca un’allergia da polline, da acari, da pelo di animali tutt’insieme. Per fortuna ci pensano poi le mie immunoglobuline.
    La poesia italiana era partita così bene… peccato poi che il Petrarca l’abbia fottuta.

  91. @ (incre)db(le). Io scrivo pò, come un popò ma tagliato a metà. Non solo Cortellessa, mi sembra che anche tu bd-vaghi mica male, perché non mi rispondi. Ripropongo l’interrogativo, replicando anche a kurz. Da http://www.baghetta.splinder.com: “Gli aspiranti convitati, e giurati popolari, possono già da ora iscriversi alla serata con un commento sotto questo post, o con una mail a premiobaghetta@gmail.com [il prezzo della cena è ancora da definire]. Chi voglia aspettare il menù (gastronomico e culturale) faccia pure, entro poco tempo renderemo pubblico anche quello. Il compito del giurato sarà fondamentale, il suo ruolo quello più importante nello svolgimento del Premio: noi saremo onorati di avervi al nostro tavolo, a voi chiediamo solo una sincera passione”.
    Mi riferivo a questa giuria. Visto che è ancora da comporre, vediamola negli anni passati. Chi vota(va)? Per chi vota(va)? Non vorrei che fosse anonimo.

  92. @ Andrea Cortellessa
    hai ragione su Cordelli, e su altre cose, sul fatto che dei poeti sotto i 50 non si dica nulla o quasi nel sistema mediatico. Ti riconosco il merito d’essere tra i pochi. Forse è questo essere “in pochi” a creare “un effetto” di circolazione di nomi già altre volte recensiti, già altrove citati..
    prendo atto ache del meccanismo rigido e complesso che vi siete dati nel votare.
    Sono d’accordo che meglio queste Classifiche che l’arbitrio di amici e amichetti visto fino ad ora nella critica, specie in poesia (che a mio avviso sta messa molto peggio che la narrativa, perché in questo ultimo caso la necessità di vendere a volte rende obbligatoria una selezione qualitativa più coerente)

    Tuttavia vorrei diciamo qualcosa in più? come lettore e fruitore – in questo caso di poesia. Una maggiore apertura e al tempo stesso una capacità di riconscimento di percorsi storici.

    Nel brano del tuo commento che citavo, in cui appariva che dei 100 forse solo una parte ha votato poesia e alcuni SOLO libri di poesia – vedevo un limite da superare non un difetto in sé: una inevitabile selezione critica che i pochi che se ne interessano (e qui votano) fanno dei nomi che conoscono e che frequentano da lettori.. non mi riferivo a favoritismi tra amichetti. Faccio osservazioni ma non polemizzo, sia chiaro.

    Riconosco anche il lavoro fatto con “Parola Plurale”, dove tuttavia la pluralità è forse un peso, arrivati a questo punto. Ma ricordo di una definizione forse di Barthes? che diceva della scrittura: quella del romanziere è di colui che attraversa un paesaggio a cavallo, quella dello storico è di chi lo stesso paesaggio lo sorvola su una mongolfiera.
    Ecco senza storicismi necessari, tuttavia una prospettiva dello storico, una capacità di sorvolamento autorevole ci sta bene a questo punto, proprio dopo Parola Plurale. Una selezione coraggiosa di pochi autori su cuiscommettere, magari fatta da te Mazzoni e Casadei separatamente (come ha fatto Galaverni con “dopo la poesia” o Testa con “dopo la lirica” due antologie che mi danno più nette indicazioni di rotta)

    Se non accade comunque riconosco che la colpa non è di chi fa come voi ( tu Mazzoni e Casadei o Testa o Galaverni o Piccini) una gran mole di lavoro, ma di un sistema letterario che non riesce a trovare l’accordo. Forse ci sono troppi poeti ( e siamo, dico SIAMO tutti colpevoli) e aspiranti tali e amici degli aspiaranti ecc un sistema letterario, una “corte” di addetti ai lavori et similia e ognuno riconosce il critico solo se questi lo cita in un suo libro o antologia?
    Forse tutti vogliono ( vorremmo, devo per non sembrare arrogante volgerla alla prima persona plurale) essere tutti dei Cucchi che se la cantano e se la suonano e se la auto-antologizzano, la propria poesia? se così fosse il baratro sarebbe dietro l’angolo..ma non è così per fortuna e questa classifica è un appiglio da cui ripartire, ma non per fermarsi all’appiglio.

  93. amico yembi, siccome non possiamo non dirci cristiani, non solo porgiamo le terga, ma pure diamo a cesare quel che è di cesare. Sia egli perciò Cases o Sgarboli, purché sia legato a noi da vincoli personali di stima e simpatia, viene a costituire un momento essenziale del Baghetta.
    La giuria telematica infatti seleziona la terna finalista da una sestina. I giurati si assumono onori e oneri della selezione: leggono tutti e 6 i semifinalisti, ed esprimono il loro voto responsabilmente, ossia palesemente con tanto di nome e cognome.
    Questo primo è il momento apollineo del Baghetta, celebrato quest’anno l’8 marzo. Il secondo momento sarà l’orgia dionisiaca del 16 maggio, ove non solo non è questione di nome e cognome, ma i portatori stessi perderanno verosimilmente contezza d’ambo.
    Tu vorresti sapere dunque l’impossibile. So già quel che dirai: allora è una conventicola! No, un’orgia è molto peggio, ma NB, rispetto ad altre note, questa è un’orgia democratica: previo pagamento di coupon, tutti possono parteciparvi e votare (anzi, dalla volta prossima toglieremo anche il coupon: gratis et amore dei).
    Certo, i partecipanti, per iscriversi, devono trasmettere nome e cognome, e anche questo, come già nelle precedenti elezioni, compare nel blog del baghetta.

    A pordenonelegge invece uniscono ciò che dio divide e viceversa, col risultato che si ha una giuria mezzanonima… ovvero un monstrum logico, un leviatano di biblica memoria.

  94. Dove sta l’anonimato quando i giurati del popolo si incontreranno faccia a faccia, parole contro parole, in una corte di un castello, fra sale che ospiteranno opere di giovani artisti – nome e cognome – al bancone di un bar, al tavolo di un convivio?

    Ci sono poi gli affezionati del baghetta e quelli che si avvicinano con titubanza per poi tornare l’anno dopo oppure non tornare se l’accostamento poesia&vivande non piace; ci sono anche quelli che non sapendo cosa fare la sera passano dal Castello e se ne stanno quieti ad ascoltare gli interventi dei poeti e di altri “il-lustri” personaggi. Altri che, previa iscrizione votano, se poi avanzano posti, chiunque può sedersi – naturalmente se detentore di quella propensione di cui si parla nelle istruzioni al baghetta – e se non ci sono posti, aggiungeremo un posto a tavola; una democrazia partecipativa, attiva e rappresentativa della società: dal giovane rampollo di Lunanuova all’attempato azzeccagarbugli della parola e dei versi, al passante che tiene sotto il braccio un libro di poesie o di scienze naturali…

  95. caro dottor yembi
    mentre pordenonelegge pratica la via dei somelier poetici, dove il verso si sorseggia e si centellina in giudizi senza paternità, al baghetta almeno la poesia si mesce in modo conviviale, si versa e si sorseggia come succo dello spirito in versi.
    Certo se immaginiamo la scena del giudzio finale vediamo che il primo set è costituito da un lettore solo (moltiplicato per cento slitudini) davanti alla pagina, egli legge (quasi sempre muto credo) e poi si esprime con un voto. Questo è in parte vero anche per il baghetta (se ho ben capito) tuttavia mi pare che il “finale di baghetta” vada ben oltre perché i lettori a Solza sono anche ascoltatori e poi il giudizio è pubblico e prevede applausi. Volgare? io direi che per una volta almeno db ha ragione, è semplicemente più democratico. o se vuoi meno aristocratico.
    l’anonimato non c’entra caro yembi, c’entra la cerchia che ruota sempre intorno ad un centro che non centra il bersaglio.

  96. In effetti quello che manca a Mantova e a Pordenone, dove pure sono state rinvenute anfore itifalliche e i resti di caprone si sprecano, è il momento dionisiaco, quello in cui il giurato si dimentica di esser giurato e di aver, anche, giurato a se stesso e ad altri di votare, come ci si aspetta da lui. Nei dintorni di Bergamo, invece, al Baghetta, l’oblio dei giurati è garantito, tanto che non sanno più quello che hanno fatto, E chi li incontra non sa chi sono.

  97. @ habanero
    I giurati di Bergamo se ne vanno nel’oblio di sé, lasciandosi dietro però il nome del vincitore .
    Nell’anonimato autorevole di Pordenone l’autorità si afferma invece come falda che ingrossa la top seven.

  98. @db
    ma se bisogna macellarli, lo si farà con un coltello, il che ci rimanda ad Apollo con il coltello in mano. Non si sa infatti se l’atto di nominare il vincitore è l’ultimo svolto sotto l’influsso apollineo, che poi lascia il posto a Dioniso, oppure se la nomina è già immemore di sé, e si avvicina al vaticinio. Domanda che giro a kurz

  99. giusto per buttare un po’ (ma solo un po’) di alcol sul fuoco:

    A- “Suvvia, amici, in che modo possiamo bere con molta calma? Per la verità, vi confesso che non mi sento per niente bene a causa del vino di ieri, e ho bisogno di riprendere fiato: e credo sia così anche per la maggior parte di voi, dato che ieri eravate presenti anche voi. Dunque, vedete come possiamo bere con la maggior calma possibile!”.
    B- “Dici bene, A! Dovremmo proprio cercare di avere una certa calma nel bere, perché sono anch’io uno di quelli che ieri hanno bevuto abbondantemente!”.
    C- “Dite bene! Ma ho bisogno di sapere da voi ancora una cosa: quale è la resistenza al bere che ha D?”.
    D- “Non ne ho affatto, neanch’io sono in forze!”.
    C- “Viene ad essere un bel vantaggio per noi, come sembra, per me, per E, per F e per questi altri, se vi tirate indietro voi che siete i più forti nel bere, perché noi siamo sempre deboli! Faccio eccezione per S: infatti sa fare tutt’e due le cose, e perciò per lui andrà bene, sia che facciamo una cosa, sia che ne facciamo un’altra. Allora, dal momento che nessuno dei presenti ha una gran voglia di bere molto vino, forse riuscirò meno spiacevole se dico la verità sull’ubriachezza. Mi pare che dalla medicina sia risultato chiaro questo, e cioè che l’ubriachezza è pericolosa per gli uomini”.

  100. Caro tango
    come tu ben sai Dioniso viene prima di Apollo. Prima, sia in senso cronologico (vedi Kèrenyi) sia in senso logico (o meglio pre-logico) vedi niet(szche)
    Noi nihilisti sappiamo che il vaticinio coglie meglio del giudizio il vero senso della poesia che è archetipo della lingua indistruttibile.
    Io credo che db abbia usato macellare per abbacchiare. Nel senso di abbattere con il bastone (da “ad baculum”, “vicino al bastone”).
    L’abbattimento del capro era solitamente effettuato mediante bastonata in testa e poi coltello alla gola. Scusate per i dettagli cruenti, ma vedo che siamo giunti al dunque: che altro sarebbe la poesia se non ditirambo? O vogliamo optare per i merletti poetici che cinguettano sul sofà?

  101. optima digressio et kurza*, sed…
    non dimentichiamo per la chincaglieria la chimica, e fissiamo la formula

    vino = alcol due o

    * donde deducesi bacum : baculum = baga : baghetta

  102. @ db
    baghetta x baghetta preferisco la canna da passeggio al filone da salame.
    Così siamo finalmente giunti alla poesia fuori classifica.
    “Lo vedo, Ione, e vengo da te per dimostrarti perché mi sembra che accada. Infatti questa che ti permette di recitare bene Omero e di cui appunto parlavo non è una capacità artistica, ma è una forza divina a spingerti, come avviene nella pietra che Euripide chiamò Magnete e la gente chiama Eraclea. E infatti questa pietra non solo attrae gli stessi anelli di ferro, ma infonde agli anelli anche una forza tale che permette loro di esercitare a loro volta questo stesso potere esercitato dalla pietra, cioè di attrarre altri anelli, di modo che talvolta si forma una fila assai lunga di anelli di ferro collegati l’uno con l’altro, ma per tutti questi la forza dipende da quella della pietra. Così è la Musa stessa a rendere ispirati e attraverso questi ispirati si riunisce una catena di altri ispirati. Infatti tutti i bravi poeti non per capacità artistica ma in quanto ispirati e posseduti compongono tutti questi bei poemi…… i poeti certo ci raccontano che, attingendo i loro versi da fontane di miele, da giardini e dalle valli boscose delle Muse, li portano a noi come le api, volando anche loro come esse, e dicono la verità, poiché il poeta è un essere etereo, alato e sacro e non è capace di comporre prima di essere ispirato e fuori di sé e prima che non vi sia più in lui il senno. Finché lo possiede, ogni uomo è incapace di poetare e di vaticinare. Perciò dunque, componendo molti bei versi per cantare vari argomenti come tu reciti Omero, non per una virtù artistica ma per dono divino ciascuno è capace di comporre bene solo nel genere a cui la Musa lo ha indirizzato: …… Infatti non compongono i loro versi per capacità artistica ma per una forza divina poiché, se sapessero parlare bene per arte di un argomento, saprebbero parlare bene anche di tutti gli altri. Per questi motivi il dio, facendoli uscire di senno, si serve di questi vati e dei profeti divini come ministri, perché noi ascoltatori possiamo comprendere che non sono costoro nei quali non c’è senno coloro che compongono versi tanto pregevoli, ma è proprio il dio che parla e per mezzo di questi poeti ci fa sentire la sua voce. …… Infatti in questo soprattutto mi sembra che il dio ci si manifesti, perché non abbiamo dubbi sul fatto che queste belle poesie non siano opere umane né di semplici uomini, ma divine e di dèi e che i poeti nient’altro siano che interpreti degli dèi, quando sono invasati, qualunque sia il dio da cui ciascuno è posseduto. Per dimostrare questo il dio di proposito ha cantato il carme in assoluto più bello attraverso un poeta assolutamente mediocre; o non ti pare che io dica il vero, Ione?

  103. ancora materiale alla catasta (pyra):

    Il Ditirambo accompagnava i cortei (pompè [sic]) di cittadini mascherati che, in stato d’ebbrezza, inneggiavano a Dioniso suonando flauti e tamburi. Alcune feste presupponevano il totale mascheramento, con pelli di animali e grandi falli; le Menadi, seguaci dirette del Dio, portavano il Tirso, un bastone con in cima o un ricciolo di fica [soc] o una pesante pigna [suc].

  104. “Noi nihilisti sappiamo che il vaticinio coglie meglio del giudizio il vero senso della poesia che è archetipo della lingua indistruttibile
    […] che altro sarebbe la poesia se non ditirambo?”: dixit Kurz, dall’alto di suo conradiano-eliotiano-frazeriano-coppoliano nick.
    Ma proprio TSE mi pare che alla poesia occidentale (insieme a qualche altro tiratardi tipo Montale) abbia per tempo indicato una strada un po’ diversa. C’era quella vecchia tritera sull’inno e l’elegia, che mi pare proprio “voi nihilisti” non abbiate mai digerito…

  105. scusate, il commento precedente era solo mio. Per errore il PC ospite aveva un altro mittente in memoria. Molto ditirambico come refuso, a ben vedere.

  106. niente di personale, anzi ringrazio Andrea mano fredda (nel senso di nick) per il lavoro che fa. Dico solo che indicare una strada diversa non significa indicare la via maestra. TSE o Montale più di Dylan? (Thomas o Bob fa lo stesso scegli tu).
    Scrivo e controbatto solo per segnalare che Pordenone o Solza per me pari sono. Se simpatizzo un ette per le baghette è solo perché mi sembrano più nette le scelte e i criteri dei pre-giudizi.
    Dedalus, suddividendo la mercanzia editoriale (novità letterarie) in Poesia – Narrativa – Altre scritture, moltiplica per tre i problemi dell’ottima giuria.
    Una giuria di 100 grandi lettori non potendo eleggere un solo vincitore ma tre capolista, dà credito ad un triunvirato letterario che come si sa non porta buono.

  107. Un appunto a kurz: si scrive niet(zsche) e non niet(szche).
    Sul sito del baghetta http://www.baghetta.splinder.com io vedo che i giurati telematici leggono non le opere intere, ma i 15% selezionati dal collegio (ideale). Dunque mi spiace ribaltare il prospetto li(bd)noso che vuole lì momento apollineo a cui far seguire l’orgia dionisiaca. Il 15% per un libro è un pò come il frammento per uno specchio, una pars pro toto (se mi sbalio nella digitazione mi corigerete). E a onor del vero lo specchio infranto è l’immagine emblematica, symbolon di Dioniso. Per concludere di apollineo in questo baghetta ci vedo poco, forse solo un pòco lo vedo nell’ideale del collegio. E vi saluto con un avvertimento: quando sarà il momento di votare, tra capri e montoni, okkio agli astemi.

  108. @ Kurz
    Infatti mi capita anche d’apprezzare il ditirambo, l’inno e l’epinicio. Plurale, si chiama non a caso la Parola. Sei tu che hai chiesto “che altro sarebbe la poesia se non ditirambo?”. Altro può essere, è stata, sarà. Al riguardo di tutto ciò, comunque, rinvio a un testo poco noto ma molto importante di Giorgio Agamben, dal titolo “Il torso orfico”. Figura come prefazione alla raccolta delle poesie di Francesco Nappo, uscita non molto tempo fa nella collana diretta dal compianto Michele Ranchetti per Quodlibet. E sarà compreso nella nuova edizione di Categorie italiane, coming soon.

  109. Grazie giambo sei un correttore di bozze perfetto
    lo strano è che hai scelto un nick che ricorda il ditir(gi)ambo e gli scherzi rituali.
    Kruz

  110. @ndrea
    c’è un equivoco, mi pare: un conto è che il convitto si esprima in ditirambi (e ditirochi, a seconda dello stallone-guida), o peggio in lazzi e rutti und weiter, altro è l’oggetto/i del contendere, ossia i 6 o 4 autori che esprimono invece un ventaglio tuttaperto di opzioni (anzi, l’unico che quaglierebbe col convitto, di ruscio, l’hanno eliminato).

  111. quaglierebbe nel senso che propone una versione personalissima del ditiirambo, il ditiruscio. io sono certissimo che cortellessa a pordenonelegge ha dato 2 palline a di ruscio.

  112. @ al dottor ye(s)
    Grazie! sei un correttore di bozze perfetto.
    Lo strano è che hai scelto un nick che ricorda il ditir(gi)ambo e gli scherzi rituali e poi parli di nevrastemia.
    A proposito di scherzi.
    come saprai un frammento di specchio vale l’intero perché la totalità si rispecchia anche in un infinitesima parte del tutto, quando si riflette.
    Forse volevi dire una tessera del puzzle, ma il frammento di specchio va benissimo, è metafora centrata, proprio come credo fosse nelle intenzioni
    del pugnace de bello.
    Kruz

    @ Andrea
    Bella la sua virata su Montale
    a mia volta farei una inversione a U su Martin H.

    ” La natura poetica del pensiero è nascosta

    Laddove si manifesta assomiglia
    al non luogo di una intelligenza semipoetica.

    Ma la poiesis pensante è in verità
    lo studio dei luoghi dell’Essere.

    Essa indica la dimora della sua essenza”

  113. @ db
    Scommessa persa. In compenso il prossimo fuoriformato sarà, credo di poter dire, il capolavoro di Luigi Di Ruscio: Cristi polverizzati. In libreria (si fa per dire) i primi di maggio. Fine dello spot.

  114. non solo quella dello specchio è una metafora azzeccata, ma anche…
    un frammento di specchio non vale l’intero perché la totalità si rispecchia anche in un infinitesima parte del tutto, quando si riflette; un frammento di specchio vale l’intero perché ne mantiene la funzione (quella di riflettere). voglio vederti io con una scheggia di specchio ad aggiustarti il ciuffo, è già bello se quella scheggia ti riflette il naso, figurati la totalità.
    db ostinato preferisce cortellessa alla mia brillante puntualizzazione e tu – kurz – pure la ignori nel profondo. sto giusto scrivendo le ultime note di un’opera degna di chi la ispirò: “La nascita della baghetta”, dove dimostro proprio che il percorso che dal ditirambo arriva a euripide è inversamente proporzionale a quello che da Turro va a Solza, dove l’apollineo è del tutto espunto.

  115. lo sapevo da un pezzo: è in buone mani.

    quanto a yembi e l’anonimato, noi i convitati li schediamo anche, e li diamo in pasto a *youtube baguette*

  116. A sproposito, un ditirambo macabro…

    “Auf jedem Tische zwei. Männer und Weiber
    kreuzweis. Nah, nackt, und dennoch ohne Qual.
    Den Schädel auf. Die Brust entzwei. Die Leiber
    gebären nun ihr allerletztes Mal.

    Jeder drei Näpfe voll: von Hirn bis Hoden.
    Und Gottes Tempel und des Teufels Stall
    nun Brust an Brust auf eines Kübels Boden
    begrinsen Golgatha und Sündenfall.

    Der Rest in Särge. Lauter Neugeburten:
    Mannsbeine, Kinderbrust und Haar vom Weib.
    Ich sah von zweien, die dereinst sich hurten,
    lag es da, wie aus einem Mutterleib.”

    Gottfried Benn, Requiem

    P.s: peccato non aver trovato in rete una traduzione decente…
    p.p.s: Questa invece è la versione della poesia di un gruppo Indie

    http://www.youtube.com/watch?v=Dn3uveJoBxg

  117. Gli organizzatori del Premio Baghetta cercano disperatamente ogni spazio per farsi pubblicità… cordiali amici, non vi siete accorti che questo post non è dedicato a voi? Magari un giorno un pio redattore di NI vi dedicherà uno spazio tutto per voi… nell’attesa, attenti alla bile!

    Pnlegge/Dedalus: era annunciata la pubblicazione dei voti di ogni singolo lettore per il 15 aprile, posso chiedere dove si trova?

    Grazie e saluti

  118. Preferisco Solza per una questione di metodo. Il
    setting mi pare studiato per trasformare il giudizio in esperienza.
    Condizione indispensabile per entrare in risonanza con gli autori.
    Grazie alla messa in scena del baghetta si puo’ ipotizzare l’attivazione
    di un trasfert nei confronti dei giurati. L’autorevolezza infatti cosa
    altro e’ se non Il transfert dei lettori?
    Mi piace Il baghetta inoltre perche’ con Il dionisiaco porta nel giudizio Il femminino senza cui non puo’ esserci ‘esperienza poetica’, come scriveva Rimbaud nella lettre du voyant.

  119. @ yembi,
    due, appunto, ne hanno dedicato di post quelli di NI ai baghettari, non tre. Ma dove è mancata la “dedica” i baghettari hanno deciso di occuparlo, il terzo, invero dedicato a tutt’altro. Se non è democratica ospitalità, questa…
    (della serie: tanto per non farmi i c..i mii)

  120. @ yembi
    dici: “è dal tutto espunto” (scusa la preposizione articolata modificata) perché non conosci il punto (leggi Da Punt).

  121. a differenza che in molti altri post, qui nessuno va OT, anzi, si va a un approfondimento della questione *classifiche* nel senso biforcuto: anonime o a nome?
    Rispetto a Pordenonelegge, il dibattito ha portato a1,5 risultati concreti: sappiamo per chi ha votato Scarpa e per chi non ha votato Cortellessa. Al quale dedichiamo una quartina anonima, sollecitandolo a uno sforzo di memoria:

    Non domandarci la formula che urne possa aprirti,
    sì qualche storta sillaba e secca come un ramo.
    Codesto solo oggi possiamo dirti,
    ciò che non siamo, ciò che non votiamo.

  122. sono andato da punt a capo e poi di nuovo… caro kurz, ho letto e riletto, e difatti lì non direi che apollo è espunto, appunto, ma che proprio non s’è mai visto, lì siamo già oltre, di un botto di secoli, siamo già in un’altra tragedia.
    a macondo direi che pur parlando di baghetta, il post – curiosità morbosa (di un morbo sacro, in perfetto baghettastyle) di db per le preferenze letterarie di cortellessa a parte, che poi basterebbe chiedere a cortellessa un paio di consigli per le letture estive, un paio per le letture invernali e un paio per le letture primautunnali (se di due 1/2 stagioni ne facciamo una intera) – il post dicevo, non è dedicato a tutt’altro; voglio dire che col baghetta non va ot, perché funge tutt’al più da esempio negativo per come NON dovrebbe essere ‘sta cosa di Pordenonelegge. Meglio i voti anonimi di 100 savi aristolettori o i voti sgangherati di 60eppiù convitati ‘mbriachi e qualche sciacallo astemio col fard rosso sulle guance per mascherarsi e fregare gli altri?

  123. @ Yembi (e db)
    Non mi pare d’essere stato parco (anzi!) di consigli di lettura, nel commento del 21 aprile alle 23.26.
    @ Giuseppe L.
    Non è esatto. Non è mai stato annunciato che verranno divulgati i voti dei singoli Lettori, in quanto essi sono segreti (come infatti ci è stato abbondantemente rimproverato). Invece nei prossimi giorni sarà attivato un forum specifico nel quale i Lettori potranno intervenire sistematicamente (l’hanno già fatto, qui e là) esplicitando le proprie scelte e discutendo quelle altrui.
    @ tutti
    Ne approfitto per cercare di far capire come mai il voto sia, e debba restare, segreto. Il caso in questione si è verificato dopo la pubblicazione delle Classifiche. Uno dei Lettori, il quale insegna in un’Università che non nomino, ha come superiore diretto, professore ordinario, un noto poeta la cui non memorabile opera non ha ricevuto molti voti. E che ha cominciato a sottoporre a mobbing questo Lettore in quanto sospetta di non essere stato da lui votato (ciò che evidentemente considerava obbligatorio). L’Italia è questa (probabilmente non solo l’Italia).
    Il Lettore in questione fa benissimo dunque a non rivelare per chi effettivamente ha votato; il suo Barone-Poeta potrà sospettare di lui, ma non avere certezze. Io personalmente gli auguro – al Barone non al Lettore ovviamente – di affogare nel suo livore poetastro.
    E’ solo un esempio, questo, delle pressioni che i Gerontocrati avrebbero potuto esercitare sugli altri Lettori, ove fossero stati ammessi al voto; nonché di quelle che potrebbero comunque esercitare, anche dall’esterno, ove il voto fosse obbligatoriamente palese.
    Vi pregherei di meditare su questo piccolo apologo.

  124. a dir la verità io ho dichiarato i miei voti subito, insieme a Scarpa. E, ora non rammento chi, l’hanno fatto anche altri.

  125. Apologo penosissimo, in quanto ricalca standard narrativi in voga da almeno 60 anni. Ho seguito il dibattito, penoso pur esso, ma solo a tratti-Al momento attuale vedo la squadra di casa con capitan Cortellessa molto, troppo guardinga e senza luce, l’altra arrembante e quasi sacrificale però. Secondo me l’arbitro sospenderà la gara per nebbia

  126. @ G.N.
    Come andrà a finire, il match, evidentemente non lo so. Per una volta non c’è combine, infatti. L’unica cosa che posso fervidamente auspicare è che alla partita si possa assistere “in chiaro”. A proposito, chi è l’arbitro?

  127. @ yem
    quindi nella poesia sopravvaluti la bella immagine a scapito del ritmo!

    Wagneriano dunque e forse un po’ secco sei?

    “SACHS
    Amico mio! Questa appunto è l’opera del poeta,
    di interpretare e segnare i propri sogni.
    Credetemi: la visione più vera dell’uomo
    è quella che gli viene svelata in sogno:
    ogni arte poetica, ogni poesia,
    non è che interpretazione di verità sognate.
    Volete scommettere, che il sogno vi ha suggerito,
    come potrete oggi diventare Poeta)”

    Gli aristolettori, persi in un dedalo portuale di immagini, pizzicano giudizi apollinei sulle cento cetre in riva al Naoncello

    Gl’imbaghettati persi (che però almeno si ritrovano) scuotono frasche e pampini facendo un baccanale poetico nel pagus salmastro in riva all’Adda.

    Sei indeciso fra i versi strimpellati sulla corda e i timpani fracassati? Stai a casa!

    Il fra i due borghi prealpini non scelgo: prima faccio il pieno a Solza e poi punto su Pordenone.

  128. Biondillo, io qui ho letto solo il voto di Scarpa. Potrebbe ripetere qui la sua votazione, o linkarmi dove posso trovarla? Può indicarmi anche quali altri hanno espresso il loro voto col nome, e dove? Grazie.
    Secondo me qui l’arbitro è il redattore che ha inserito l’articolo, e cioè Pinto.

  129. con Biondillo si può applicare l’argumentum e silentio, ma

    @ndrea cortellessa
    si rende conto che la Sua è delazione? si rende conto?

  130. G.N. eccoti i miei voti:
    6 Giorgio Vasta, il tempo materiale, Minimum fax
    6 Andrea Inglese, La distrazione, Luca Sosella editore
    4 Marco Belpoliti, il diario dell’occhio, Le Lettere
    2 Michele Monina, Ultimo Stadio, Rizzoli

  131. Colpo di scena.
    come in ogni tragedia che si rispetti siamo alla catastrofe, toccato il fondo si volta pagina.
    Sciolto il nodo del giudizio anonimo con il rasoio della delazione a-nomica avviamoci alla catarsi.
    Riuscirà il prode Machbetto a tenere ancora il Banco dopo il colpo aneddotico (sempre senza nomi per il vero) assestato a un anonimo giurato borsista?

    Ma soprattutto, tutti vorranno sapere chi è mai il Barone-Poeta.

    Per il bene del Lettore borsista consiglio i 100 di votare tutti per l’Ordinario-Poeta. Non saranno certo mille i Baroni che ciurlano nei versi.

    In ogni caso l’ingenuità di Andrea ha il merito della sincerità. Non dubito infatti che le cose stiano proprio come le ha raccontate.

  132. per-bacco
    Ur-Vinum
    potio alcoholica fermentatione racemorum confecta

    “Scena Tertia. (Thunder).
    (Enter the three Witches.)
    Where hast thou beene, Sister?
    Killing Swine”

    Forse l’Illustre nano pentavotato sospettandosi scoperto cesserà di mobbingare

  133. per-bacco
    Ur-Vinum
    potio alcoholica fermentatione racemorum confecta

    “Scena Tertia. (Thunder).
    (Enter the three Witches.)
    Where hast thou beene, Sister?
    Killing Swine”

    Forse l’Illustre nano sospettandosi scoperto cesserà di mobbingare

  134. Oggi sulla stampa Nico Orengo ironizza sul comitato dei 100 lettori, lamentandosi che non ne siano stati resi noti i nomi.
    Poi però dice che sul sito di Pordenonelegge alcuni lettori si lamentano perché tra i giurati ci sono anche dei segnalati.
    Evidentemente tutti sanno chi sono i giurati tranne Nico Orengo, perché questa congiura per tenere il solo Orengo nell’ignoranza? Salvate Orengo, mandategli una mail.

  135. delle due l’una: o è in malafede, o la sua è una sconsolante testimonianza della permanenza del digital divide in italia tra gli over 50…

  136. @ Alcor
    La mail è stata mandata. Ma, in tutta franchezza, escluderei che di ignoranza si tratti. Molto miope però, anche cinicamente parlando, una congiura del silenzio che, su carta come in rete, è stata subito interrotta. La discussione, piaccia o meno a questi signori del vapore, è iniziata. E sta a noi, Lettori lettori o semplici passanti incuriositi, fare in modo che non le venga in alcun modo imposta la mordacchia.

  137. @ domenico pinto
    le rispondo da questo post perché qui è cominciato il thread intorno a chi tiene il bordone alle classifiche di qualità .
    Premesso che io non tengo bordone a chicchessia, ma che, caso mai, tengo alla baghetta, mi chiedo:
    Perché mai dp ha tradito lo spirito di NI difendendo azioni censorie con argomenti che rigirano la frittata del rispetto delle regole con argomenti infermieristici (vedi i panni freschi sulla fronte).
    Qui non si tratta di regole (che per la verità non mi sembra siano state in alcun modo infrante) qui sono in gioco principi inviolabili e il principio della libertà di parola è inviolabile (o mi sbaglio?).
    Chi scrive si assume le responsabilità di ciò che ha scritto
    Credo che “moderare” un post intorno al libro di Dal Pra sulla resistenza, proprio il 25 aprile, inviato dal curatore ad un post intitolato “25 aprile” sia davvero un’enormità.
    Forse tuttavia è solo una caduta di stile a cui si può rimediare.

    PS. Guardi Pinto che non sono altro che lo pseudonimo di me stesso e la inviterei a trovarsene uno.

  138. A prop, il post su Dal Pra c’è sul blog di db? o db lo ha censurato?
    E sul blog del baghetta? O il baghetta lo ha censurato?
    Tempi mali, caro kurtz.

  139. Grazie Alcor
    Ma io sto parlando di NI non di db
    Se NI censura (moderatamente s’intende) db,
    questo è un problema di NI non di db.

    A meno che la forma del ragionamento sia
    tutti i blog censurano
    NI è un blog
    NI censura
    come si vede la conclusione è scorretta
    perchè la maggiore affermativa non è vera

    come se io dicessi
    tutti i traduttori tradiscono
    pinto traduce
    pinto tradisce

    ex falso sequitur quodlibet

    se un post non c’è, non è detto che non insista.

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domenico pinto
domenico pintohttps://www.nazioneindiana.com/
Domenico Pinto (1976). È traduttore. Collabora alle pagine di «Alias» e «L'Indice». Si occupa di letteratura tedesca contemporanea. Cura questa collana.
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