Articolo precedente
Articolo successivo

In tutta evidenza. Sakineh ci “riguarda” davvero?

di Marco Rovelli

Poche cose appaiono alla nostra coscienza più ripugnanti della pratica della lapidazione, con quella brutalità che istituzionalizza e legittima la violenza di una comunità verso un capro espiatorio, eletto in quanto debole e diverso, e lo fa con modalità che ci viene spontaneo chiamare “barbare”, ovvero totalmente, radicalmente “altre”, un’irruzione  di una pre-umanità che vorremmo dimenticare, e che invece si ripresenta nella sua ferocia, installata al cuore dell’umano. E’ una ripugnanza universale, e in queste settimane si moltiplicano gli appelli, di intellettuali e di persone comuni, comprese intere squadre di calcio: e in rete, che in questo è uno specchio degli umori della società, il nome di Sakineh ha riempito le pagine dei social network. L’articolo di Giuliana Sgrena sul manifesto è sottoscrivibile non una ma mille volte. L’orrore per una lapidazione è totale, prende alla gola (e basta andare su qualche video che gira su youtube per sentirlo fisicamente, quell’orrore).  Insomma c’è un’evidenza assoluta, in questa vicenda.  Ecco, è questa evidenza che si tratterebbe di interrogare, questa unanimità di prese di posizione. E chiedersi se sono davvero prese di posizione. Mi spiego. L’etica implica una scelta tra differenti opzioni, e scegliere, prendere posizione, significa partecipare della scelta fino in fondo, fino alle conseguenze che quella scelta ha in serbo per noi. La scelta ci deve riguardare:  deve essere a portata di sguardo, ovvero avere a che fare con noi, implicare scelte di vita “nostre”, che si attivino nella nostra quotidianità. Altrimenti non è che una paradossale espressione di indifferenza. Nell’unanime coro per Sakineh mi pare invece non ci sia scelta: la scelta, qui, è già fatta. E’ la posizione che “si” prende da sé: per chi aderisce è sufficiente una generica enunciazione contro la barbarie, e il gioco è fatto, e l’approvazione sociale ottenuta. E’ un bel gesto a buon mercato, facile facile, che non implica nulla che ci riguardi direttamente, visto che stiamo parlando di un mondo “totalmente altro”. Ci si scaglia contro una ferocia che non ci riguarda, e dunque questa scelta non ci impone di riconsiderare la “nostra” vita per scorgerne gli aspetti feroci e barbari installati in essa. In questo senso rischia di diventare una scelta consolatoria, deresponsabilizzante (attenzione, ribadisco che non sto dicendo che è una scelta sbagliata, tutt’altro, è ovviamente – evidentemente – necessaria: propongo di considerare l’ambiguità inscritta in questa necessità, in questa evidenza). Questo aspetto della questione si intreccia poi con l’altro aspetto, quello più propriamente politico: ovvero, la sovraesposizione di questo caso rispetto ad altri, la sua iper-mediatizzazione. Come sempre avviene, le ostilità contro il Nemico globale vengono aperte, nella nostra era, da questioni umanitarie. E allora, l’Iran (che con la sua odiosa casta “clericofascista” si offre certo facilmente all’avversione: ma come dicono gli intellettuali come Akbar Ganji, che scontano il dissenso sulla propria pelle, non è l’irruzione violenta dell’Occidente che può far migliorare le cose – come si è visto in Iraq). Lo stesso trattamento non viene però  riservato ad esempio nei confronti dell’Arabia Saudita, alleato da tener buono, che prevede e pratica la lapidazione come pena per le adultere. Insomma, continuare a lottare per la salvezza di Sakineh è necessario, e si tratta di farlo con tutti i mezzi, fino in fondo. Dopodiché vorrei che chi si è speso per lei, per esempio un’intera squadra di calcio, come passo successivo e consequenziale prendesse posizione anche su una serie di fatti che ci riguardano direttamente, come per esempio su tutte le Sakineh rinchiuse nei Cie in attesa di essere deportate e magari mandate a morire nel deserto, in violazione dei più elementari diritti umani.

(pubblicato sul manifesto, 09/09/2010)

Print Friendly, PDF & Email

37 Commenti

  1. Cosa sappiamo di questa storia, oltre a quello che i media dicono? E se fosse un’alltra bufala anti Iran, tipo Neda?

  2. Condivido molto, caro Marco. Per dare seguito a quello che proponi nelle ultime righe occorre, per come è fatta la pubblica opinione che non ha una autonomia di ricerca di casi più o meno analoghi, cercare trovare e proporre i casi concreti delle altre mille Sakineh che certamente ci circondano e cominciare a denunciarli a gola spiegata e a uno a uno. Questo forse è un buon ruolo per gli “intellettuali”.

  3. La pena di morte è sempre orrenda, ma perchè non c’è un movimento simile quando condannano qualcuno negli altri stati, in primis Gli USA.

  4. Non ho troppo tempo per scrivere un commento. Ho una lezione …
    Il commento di Maurizio mi mette in rabbia.

  5. Non vorrei che ci lavassimo la coscienza condannando la brutalità del lontano Iran, per dimenticare le centinaia di lapidazioni di donne sotto casa.

  6. La centinaia de lapidazioni di donne sotto case- vero ragazze in nostro paese sono stuprata ogni giorno- ma la lapidazione riguarda solo i paesi che fanno della religione, uno strumento di terrore, del martirio delle donne. MARTIRIO DELLE DONNE Nelle prigioni le donne vivono un inferno che non possiamo immaginare. Perché donne costrette alla paura, alla tortura, allo stupro, all’annientamento. Penso che mentre sto scrivendo questo commento, donne in prigione urlano di dolore. Non posso fare niente dal mio paese lontano – e mi viene la rabbia-
    Sakineh è la donna simbolo di tutte. Rappresenta le bambine morte di paura, umiliate. Lottiamo per ogni donna minacciata di lapidazione.

    PS volevo dire Massimo nel mio primo commento.

  7. Massimo, so che intorno alla vicenda di Neda ci sono dei dubbi, ma in questo caso le cose sono più nette. Il punto del resto non mi pare quello, ma l’operazione di “costruzione” mediatica di un evento.
    Ciò che, ripeto, non deve distoglierci dall’obiettivo della salvezza di Sakineh.

  8. Se l’Iran avesse seguitato a farsi colonizzare dagli USA a suon di barili di petrolio, nessuna Sakineh (delle decine che quotidianamente vengono, in un senso o in un altro, lapidate) interesserebbe l’occidente. L’aggregazione acritica intorno alla difesa dei diritti elementari in Iran, rischia di pregiudicare quegli stessi diritti nelle sedicenti democrazie avanzate. Operai licenziati perché sindacalizzati, lavoratori cui si toglie (oltre che il diritto al futuro) persino il diritto di lottare, persino quello di fischiare in pubblico per esprimere dissenso… non sono altrettante, sia pur meno cruente, lapidazioni? Com’è che intorno a queste non si aggrega quasi nessuno?

  9. IO non voglio che nessuna donna venga lapidata, così come vorrei che nessun essere umano al mondo dovesse subire la pena di morte.
    Eppure questa storia, così come la maggior parte delle storie che riguardano i cattivi iraniani, o i cattivi iracheni, o i cattivi talebani, o i cattivi cinesi di fronte alla nostra civile e “buona” democrazia, ha qualcosa che non mi convince.
    Qualcosa mi dice che Sakineh (se esiste qualcuno che si chiama così) non sarà lapidata.
    Ho letto anche da qualche parte che la reale accusa contro questa donna, non sia adulterio, ma omicidio, o tentato omicidio, nei confronti del marito. Se fosse così, non cambierebbe l’orrore della pena, ma cambierebbe l’accusa. In Iran c’è la pena di morte, come negli USA.
    Inoltre, c’è qualcos’altro che stona, in tutta questa vicenda. L’Iran è un paese dove il 60% delle donne lavora.
    Quello che ci riguarda, in questa vicenda, è la maniera in cui i media manipolano e creano le storie per screditare, in senso politico, un paese che sta sui coglioni ai padroni del mondo.
    Non sto dicendo che in Iran non si violino, a volte, i diritti umani. Credo però che la violazione di essi non sia superiore in percentuale, a quanto qui in occidente questi stessi diritti non siano violati.
    Certo, qui in Italia nessuno rischia la lapidazione. Ma nell’occidente complessivamente, la vita delle classi inferiori non è rispettata come sembra.

  10. Niky Lismo, Massimo,

    Mi sembra che il discorso politico su “i padroni del mondo” siano fuori argomento. Gli intelletuali francesi hanno iniziato l’appello per Sakineh, e l’hanno fatto mossi dall’umanità, non da una seduzione per gli USA.
    Intendiamo bene la politica degli USA non mi piace, ma in quasto caso pensare che tutto è motivato dell’interesse mi pare sbagliato.

  11. Il rischio che ” di diventare una scelta consolatoria, deresponsabilizzante” e’ molto probabile. Il problema fondamentale e’ la mancanza di un senso critico nel modo di pensare in Italia e forse in tutto il mondo occidentale. E’ pratica comune di urlare la rabbia e protestare contro politiche o pratiche sociali condannabilissime.Il problema e’ che non si riesce a creare quel senso comune per rafforzare quelle pratiche ed estenderle oltre al singolo episodio. Non solo, queste forme di manifestazioni si esauriscono troppo spesso terminato il periodo di visibilita’ del singolo episodio. Vi ricordate le bandiere dalla pace esposte dai balconi?
    Purtroppo l’opinione pubblica e’ continuamente bombardata dai media e “lobotomizzata” dalle politiche dei partiti che riescono (da destra a sinistra) a comandare queste pratiche per fini puramente elettorali.
    Solo il pensiero critico e libertario potrebbe garantire forme di pratica sociale per contrastare derive fascistoidi, xenofobe e razziste.

  12. l’articolo affronta una delle piaghe piu’ gravi che affliggono la specie umana.
    La violazione dei diritti umani ed in particolare la violazione dei diritti umani delle donne.
    Le denuncie e le iniziative dei governi occidentali sono blande ipocrite e strumentali. Come giustamente è stato osservato, quando un paese autoritario (dove quindi ancor piu’ feroce è la violazione dei diritti) si pone in contrasto con gli interessi occidentali allora si scopre che in quel paese vengono violati i diritti umani. L’arabia saudita è un paese amico e nessuno denuncia che in quel paese le violenze contro le donne sono ancora piu’ feroci.
    Queste denuncie poi come il caso della donna iraniana, servono a farci sentire piu’ onesti e bravi giusti e innocenti e le proteste (che non costano niente) ci fanno sentire a posto con la coscienza.
    Invece purtroppo la storia non è cosi’ semplice. Vorrei ricordare qualche dato Istat:

    Per quanto riguarda la violenza domestica sono stimate in 6 milioni 743 mila le donne da 16 a 70 anni vittime di violenza fisica o sessuale nel corso della vita (il 31,9% della classe di età considerata). 5 milioni di donne hanno subito violenze sessuali (23,7%), 3 milioni 961 mila violenze fisiche (18,8%). Circa 1 milione di donne ha subito stupri o tentati stupri (4,8%).

    Nell’anno (2007) il numero delle donne vittime di violenza ammonta a 1 milione e 150 mila (5,4%). Sono le giovani dai 16 ai 24 anni (16,3%) e dai 25 ai 24 anni (7,9%) a presentare i tassi più alti. Il 3,5% delle donne ha subito violenza sessuale, il 2,7% fisica. Lo 0,3%, pari a 74 mila donne, ha subito stupri o tentati stupri. La violenza domestica ha colpito il 2,4% delle donne, quella al di fuori delle mura domestiche il 3,4%

    si potrebbero raccontare molte altre cose mi limito solo a ricordare le cifre dell’infibulazione

    Circa 3 milioni di bambine ogni anno subiscono menomazioni genitali, come l’infibulazione o addirittura l’escissione. La maggior parte di queste pratiche ha luogo nei Paesi islamici dell’Africa sub-sahariana e nel Medio Oriente, ma derivano da tradizioni pre-islamiche che non hanno nulla a che vedere con la religione

    Nei 28 Paesi dove la mutilazione genitale femminile viene praticata, circa 130 milioni di bambine e donne ne sono vittime,

    E’ evidente che il mondo occidentale avrebbe tutti gli strumenti politici ed economici per impedire questo orrore.
    e mi fermo qui

  13. Cara Veronique Vergé, TUTTO è motivato dall’interesse. Prima di tutto in politica. Poi, nella casta degli intellettuali non si muove foglia che per interesse, non fosse che quello di sgravarsi la coscienza che sanno di avere sporca.

  14. @ Carmelo
    Confesso che queste statistiche sulla violenza alle donne mi hanno sempre lasciato perplesso. Supporrebbero un genere maschile il cui passatempo quotidiano preferito è quello di violentare, malmenare e infibulare il genere femminile, che, poveretto, è vittima da sempre.
    La realtà, come dice Gaber, è un po’ più in là.
    Io preferirei parlare di violenza tout court. E se si facessero delle statistiche sulla violenza tout court, si vedrebbe probabilmente che le principali vittime di qualsivoglia tipo di violenza (tranne, forse, quella sessuale) sono irrimediabilmente maschi. Quindi, paradossalmente, i maschi, nel farsi fuori tra di loro, solo marginalmente tirano in mezzo le femmine. Femmine, poi che non sono aliene esse stesse dalla violenza.
    Il problema è, dunque, la violenza in generale.

    Il mondo occidentale non ha alcun interesse a impedire nessun orrore, se non a parole.

  15. @Massimo
    mi sorprende che tu neghi l’evidenza giornalistica, storica antropologica della violenza sulle donne. Questi sono dati che possono essere controllati facilmente, basta andarsi a evdere le statistiche della polizia.
    Ti faccio presente che queste stime sono fatte per difetto perche’ il 90% delle violenze non vengono denunciate.
    Non è corretto parlare di queste cose per sensazioni.

    Se predniamo ad esempio la guerra in irak la maggiorparte dei morti sono vittime civili in maggioranza donne vecchi e bambini.

  16. È miope dividersi sull’opportunità o meno di una lotta – culturale e politica – contro la violenza sulle donne in alcuni paesi islamici. È ovvio che la cosa ci riguardi tutti, ma le lotte culturali e politiche hanno senso se possono concretamente incidere sulle scelte culturali e politiche in corso. E dunque hanno senso anzitutto quelle svolte sul proprio territorio, nei confronti delle proprie istituzioni politiche e dei propri (macro- e micro-) poteri economici.
    Sull’usanza conformista e autoassolutoria di aggiungere la propria firma su un appello che tutti condividono, relativo a un orrore autoevidentemente tale che si sta consumando a migliaia di chilometri di distanza, ha detto parole che credo definitive Giorgio Manganelli molti anni fa (https://www.nazioneindiana.com/2008/02/06/alcune-ragioni-per-non-firmare-gli-appelli/). Il che peraltro non deve naturalmente costituire un alibi squisitamente retorico all’indifferenza e al cazzisuismo oggi più che mai imperanti – a dispetto e forse in ragione del moltiplicarsi degli appelli e delle solidarietà. Tutt’al contrario.
    Differente infatti, molto differente, è schierarsi visibilmente su casi non così autoevidenti, casi che dividono la propria cultura di appartenenza e la propria parte politica, casi nei quali lo schierarsi – insomma – costa. Il succo del quanto mai opportuno intervento di Marco Rovelli è questo: «L’etica implica una scelta tra differenti opzioni, e scegliere, prendere posizione, significa partecipare della scelta fino in fondo, fino alle conseguenze che quella scelta ha in serbo per noi». Vicende come quella che si sta commentando sono un perfetto esempio della pseudo-politica contemporanea: nella quale i media costruiscono “casi” già risolti in partenza (non quanto al destino della singola persona che rischia la morte, e un’orribile morte, ma quanto alla portata simbolica – e dunque politica – di quella orribile morte e delle reazioni certamente di orrore che essa non può che suscitare) dandoci l’illusione di partecipare a una scelta. Ma non c’è possibile divisione in questo caso, non c’è sanzione culturale sociale e politica che minacci la nostra presa di posizione in favore di Sakineh. Solidarizzando con lei non facciamo una vera scelta – e dunque è assente la politica, qui. Come è stato detto, differente, molto differente sarebbe se un’analoga mobilitazione si fosse prodotta riguardo alle micro- e macro-violenze che sono all’ordine del giorno, qui e ora. Ma guarda caso un’analoga mobilitazione, al riguardo, non c’è.

  17. @cortellessa
    dandoci l’illusione di partecipare a una scelta. Ma non c’è possibile divisione in questo caso, non c’è sanzione culturale sociale e politica che minacci la nostra presa di posizione in favore di Sakineh. Solidarizzando con lei non facciamo una vera scelta – e dunque è assente la politica, qui.
    parole sacrosante .Non c’e’ scelta, non c’e’ politica, non c’e’ impegno.
    Questa vicenda vissuta come un reality show nei luoghi di lavoro, nelle case, nella vita quotidiana insomma, e che ci fa sentire migliori e giusti e acquieta le nostre coscienze.
    Puo’ avere un senso solo se ci spinge a riflettere sulla condizione della donna in iran come in Afganistan o in arabia saudita ma soprattutto qui. E mi pare che i dati che ho citato sulla violenza alle donne in Italia parlano chiaro.
    @Nadia agostini
    ti riguarda in quanto donna, ti riguarda in quanto vittima delle discriminazione e delle violenze in ogni latitudine.
    E in quanto donna dovresti puntare il dito incazzata contro tutti gli uomini che manifestano il loro orrore verso quell’episodio iraniano e tornando a casa picchiano le loro mogli, le violentano, le importunano, le discriominano

  18. È la pratica della petizione, dell’appello; è l’idea di una specie di democrazia diretta che ci metta in condizione di intervenire come se potessimo essere artefici di qualcosa, come se potessimo trovarci fra simili.
    Come se alla fine di tutto questo non ci fosse esattamente il trionfo della nostra impotenza.

    Ne parlava il Guardian qui: http://www.guardian.co.uk/commentisfree/2010/aug/12/clicktivism-ruining-leftist-activism

    È l’idea che la politica non sia una costruzione lenta di percorsi condivisi, ma una questione di subitanea collocazione o di qua o di là, e in un buon numero di casi – non casualmente, come nota Marco Rovelli – collocarsi «di là» è semplicemente impossibile.
    È quel che m’è capitato di chiamare «la democrazia della paletta»: noi alziamo la paletta del sì o del no, e il resto immaginiamo venga da sé.

    Ci collochiamo fra i «buoni», usiamo questa firma nostra e degli altri per tentare di costruire una «comunità» di ortodossi; ma poi, se si trattasse di costruire un qualunque percorso comune, al tuo fianco troveremmo le solite dieci persone.

  19. Il titolo del post è “Sakineh ci riguarda davvero?”
    Io, da parte mia, rispondo che in un mondo “normale” (non perfetto e buono, ma “normale), sì mi riguarderebbe e bisognerebbe con ogni mezzo interrompere questa barbarie. Ma… non siamo più da un pezzo in un mondo normale. Siamo in una società dominata dall’informazione manipolata. Siamo in una società in cui notizie, statistiche, opinioni accreditate, sentimenti, storia, vengono manipolati in funzione della difesa e del sostegno del Pensiero Unico.
    E il pensiero Unico è questo: la Società Occidentale Democratica è la maggiore e migliore espressione di tutti i tempi dell’umanità. Fulcro di questa concezione è l’egemonia dell’Impero Americano. Al di fuori di questo non c’è niente. Ripeto: noi non sappiamo VERAMENTE come stanno le cose.
    Il precedente Neda è abbastanza chiaro. Siamo di fronte a una operazione di propaganda antiiraniana: bisogna dimostrare quanto sono barbari e incivili gli iraniani.
    E’ il solito vecchio schema: succedono cose brutte (di solito nella parte “brutta” del mondo) e scatta la gara alla petizione. Ci si sgrava la coscienza e nello stesso tempo ci si schiera automaticamente dalla parte “giusta” del mondo. Quella stessa parte per cui Auschwitz è un crimine contro l’umanità e Hiroshima, Nagasaki, Dresda, il Vietnam, l’Iraq, l’Afghanistan ecc. ecc,, per qualche motivo non lo sono.
    Sakineh (se esiste questa persona) è una questione politica. E’ l’uso abominevole di un essere umano (del quale NON si sa, ripeto, veramente nulla) come strumento politico.
    A questo bisogna ribellarsi.

  20. Ovviamente non esiste la lapidazione, ovviamente non esiste il femminicidio e l’ attuale governo iraniano e la shari’a sono il migliore dei mondi possibili. E’ tutta una montatura della cia, della plutocrazia ebraica e ahh..dei socialimperialisti cinesi (questi bisogna iniziare a metterli).

  21. Brava Viola! E l’ora di fare della controinformazione! Quella della lapidazione è una bufala… e le nostre società democratiche sono il peggiore dei mondi possibili.

  22. Con l’ironia facile non si risolve quello che è il più grande problema dei nostri tempi:. l’impossibilità di districarsi in mezzo a una costante manipolazione della realtà. Continuiamo dunque con le petizioni pro o contro questo e quello. Qualcosa però mi dice che Sakineh (se esiste) non verrà lapidata. E spero di non sbagliarmi.
    Le nostre società democratiche non sono il peggiore dei mondi possibili… semmai forse quello più fasullo.

  23. esiste la lapidazione, esiste la pena di morte, esiste la violenza sulle donne declinata in tanti modi in tutti i paesi del mondo.
    Le ingiustizie non hanno colore nè hanno giustificazioni. Le nazioni europee hanno, anzi avrebbero tutti i mezzi di pressione politica ed economica a loro disposizione se volessero fermare questa barbarie.
    Siamo tutti d’accordo immagino su questo.
    La ferocia contro le donne in Pakistan è ancora piu’ orribile della lapidazione. La schivitù delle donne in India è ancora più riprovevole.
    L’infibulazione non riguarda una donna adultera riguarda tutte le bambine, centinaia di milion idi bambine

    Poi esistono i buoni sentimenti che ci vengono propinati a buon mercato.
    Si crea un caso, e l’occidente ritrova la sua identità perduta, di qua ci siamo noi civilizzati, di la ci sono loro barbari.
    Nei luoghi di lavoro tutti sono indignati e fanno a gara a chi è piu’ indignato.
    Magari (e lo spero con tutto il cuore) la povera donna non viene impiccata, ma le cose non cambieranno di certo in Iran, ne cambiano in arabia saudita (che con il beneplacito degli usa ha creato quel mostro di Alqaeda di bin laden, ha creato i talebani, quando erano utili per combattere i russi. Non è cosi?
    poi la tv si spegne, muoiono tre operai ma questo non è un argomento gradevole, nessuno ne parla,

    insomma è chiaro che l’episodio ci indigna tutti
    ma l’orrore ci deve indignare tutti i minuti di tutti i giorni, noi e i nostri governi, non vi pare?

  24. @massimo

    “Cara Veronique Vergé, TUTTO è motivato dall’interesse. Prima di tutto in politica. Poi, nella casta degli intellettuali non si muove foglia che per interesse, non fosse che quello di sgravarsi la coscienza che sanno di avere sporca”.

    In gran parte vero,e i distinguo che si fanno in questa occasione non fanno che confermarlo.E’ inutile che si tenti di metter la testa sotto la sabbia,non esiston discorsi obiettivi perchè si parte sempre da un pregiudizio a monte,quasi un dogma,da cui viene giudicato ogni avvenimento. E nessun sofisticato e abile argomento può smentire questo vizio.Si sceglie una volta per tutte la parte del presunto”bene” disinteressandosi poi della reale dinamica delle cose,senza tentare di capire caso per caso,situazione per situazione.
    La realtà è che il paese è diviso per bande POLITICHE che pretendono d’avere in tasca la verità su ogni cosa e ognuno tira l’acqua al proprio mulino, qualunque sia l’occasione che si presenti,letteratura compresa.
    Di distinguo se ne possono far sempre a decine su ogni fatto ,come Nietzsce non a torto affermava,un fatto è solo la sua interpretazione, e quasi sempre si opta per quella che fa comodo.

  25. Grazie Viola e Nadia: donne che hanno il cuore per immaginare il dolore di una ragazza sul punto di essere lapidata. La politica non c’entra in quasta storia. E’ una STORIA CHE TOCCA ALLA VITA DI UNA RAGAZZA.
    Sakineh deve essere salva perché tutte siano salve. Tutti facciamo coro peché questa barbaria sia abbandonata.
    La lapidazione è una morte atroce. Ho tanto da dire e pocco tempo per scrivere quello che provo: dolore e orrore.

I commenti a questo post sono chiusi

articoli correlati

L’incredibile vicenda di Baye Lahat. Storie di un paese incivile.

di Marco Rovelli (Ho rintracciato questa vicenda in rete. Per adesso non è ancora uscita dal perimetro sardo. Grazie alla rete...

Il mago dell’Esselunga e il laboratorio della produzione

di Marco Rovelli Quando vai a fare la spesa all'Esselunga ti danno un film in regalo. Grazie, dici. Poi, se...

12 dicembre

Le nostre vite gettate sul tavolo verde della finanza – Per un audit del debito pubblico

di Marco Rovelli Stiamo soffocando di debito pubblico. Ma che cos'è davvero questo debito sovrano? E' da poco uscito, per...

Severino Di Giovanni

di Marco Rovelli Ha scritto Alberto Prunetti sul suo profilo facebook: “La storia dell’anarchico Severino Di Giovanni di Osvaldo Bayer,...

Un altro sogno di Madeleine

di Marco Rovelli Madeleine si guardava intorno, non c'erano più né alto né basso. Il sogno ruotava su se stesso,...
marco rovelli
marco rovelli
Marco Rovelli nasce nel 1969 a Massa. Scrive e canta. Come scrittore, dopo il libro di poesie Corpo esposto, pubblicato nel 2004, ha pubblicato Lager italiani, un "reportage narrativo" interamente dedicato ai centri di permanenza temporanea (CPT), raccontati attraverso le storie di coloro che vi sono stati reclusi e analizzati dal punto di vista politico e filosofico. Nel 2008 ha pubblicato Lavorare uccide, un nuovo reportage narrativo dedicato ad un'analisi critica del fenomeno delle morti sul lavoro in Italia. Nel 2009 ha pubblicato Servi, il racconto di un viaggio nei luoghi e nelle storie dei clandestini al lavoro. Sempre nel 2009 ha pubblicato il secondo libro di poesie, L'inappartenenza. Suoi racconti e reportage sono apparsi su diverse riviste, tra cui Nuovi Argomenti. Collabora con il manifesto e l'Unità, sulla quale tiene una rubrica settimanale. Fa parte della redazione della rivista online Nazione Indiana. Collabora con Transeuropa Edizioni, per cui cura la collana "Margini a fuoco" insieme a Marco Revelli. Come musicista, dopo l'esperienza col gruppo degli Swan Crash, dal 2001 al 2006 fa parte (come cantante e autore di canzoni) dei Les Anarchistes, gruppo vincitore, fra le altre cose, del premio Ciampi 2002 per il miglior album d'esordio, gruppo che spesso ha rivisitato antichi canti della tradizione anarchica e popolare italiana. Nel 2007 ha lasciato il vecchio gruppo e ha iniziato un percorso come solista. Nel 2009 ha pubblicato il primo cd, libertAria, nel quale ci sono canzoni scritte insieme a Erri De Luca, Maurizio Maggiani e Wu Ming 2, e al quale hanno collaborato Yo Yo Mundi e Daniele Sepe. A Rovelli è stato assegnato il Premio Fuori dal controllo 2009 nell'ambito del Meeting Etichette Indipendenti. In campo teatrale, dal libro Servi Marco Rovelli ha tratto, nel 2009, un omonimo "racconto teatrale e musicale" che lo ha visto in scena insieme a Mohamed Ba, per la regia di Renato Sarti del Teatro della Cooperativa. Nel 2011 ha scritto un nuovo racconto teatrale e musicale, Homo Migrans, diretto ancora da Renato Sarti: in scena, insieme a Rovelli, Moni Ovadia, Mohamed Ba, il maestro di fisarmonica cromatica rom serbo Jovica Jovic e Camilla Barone.
%d blogger hanno fatto clic su Mi Piace per questo: