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Avventure 3 – Matrimonio

di Giacomo Sartori

Si sono incontrati in una libreria a Trastevere in una fradicia sera di febbraio con sentori di alghe e forse anche di mare. Lui ha attaccato discorso per il semplice fatto che gli andava di parlare, senza l’obiettivo di cercare di aggiungerla al paniere. Ma la conversazione s’è rinfoltita via e via come un torrentello che riceve sempre nuovi affluenti, e a un certo momento di comune accordo sono andati a mangiare una pizza. Lui aveva appuntamento con una delle sue amanti (“la-sposata-non-di-Roma”), ma prima ancora di pensarci ha telefonato per dire che non si sentiva affatto bene. Lei parla un italiano fluente e con pochissimi errori, ma soprattutto impreziosito da aggettivi sinuosi e eleganti come ali di uccello. Con un ritmo a scatti, come prendendo ogni volta il coraggio a due mani per lanciarsi nel vuoto. Lui è un po’ destabilizzato dal fatto che ogni film o libro che tiri fuori lei lo corregga o faccia dei rimandi snocciolando nomi e date. Con i libri e i film è abituato a brillare incontrastato, ma apparentemente quella ragazzona di colore sa tutto su tutti i film recenti e meno recenti, così come su tutti i libri presenti o passati, a cominciare dai classici italiani. Senza però vantarsene, e anzi con l’ansia timida di imparare di chi considera ben poca cosa quello che sa. Fa una tesi di dottorato sul cinema italiano, viene fuori, e è appunto lì con una borsa di studio per raccogliere materiali.

Uscendo dalla pizzeria gli racconta che prima di iscriversi all’università di San Francisco è stata cinque anni nei Marines. S’è anche fatta sette mesi in Iraq, durante la prima guerra. Lui nonostante abbia i capelli cortissimi fa fatica a immaginarsi che una ragazza così delicata e colta abbia indossato per anni una divisa, e sia andata in guerra. Lei allora con una mossa mezzo scherzosa ma pur sempre micidialmente efficace lo fa cadere lungo e disteso sul marciapiede ancora umido. Ma subito si china a aiutarlo, come vergognandosi di quello che ha fatto. Escono a cena anche la sera dopo, ma questa volta lei poi viene da lui e fanno sesso. Nuda è ancora più bella, nonostante le spalle e i bicipiti che testimoniano in modo indubitabile il passato militare: è una bomba di ragazza. Lui però per una settimana non risponde ai suoi messaggi sulla segreteria, perché se c’è un dettame che riassume tutte i suoi articolati protocolli in fatto di rapporti cosiddetti sentimentali è quello “mai tre volte di fila”. Ha cinque relazioni (tre delle quali con donne che non abitano a Roma, il che semplifica le cose), ciascuna a modo suo molto appagante: considera che vada bene così.

Poi però si vedono anche molte altre sere. Il fatto è che sono entrambi appassionati di cinema: scoprono di avere gusti molto simili, con inaspettate complementarietà che spianano la strada a discorsi parecchio stimolanti. Ogni volta dopo il film parlano di un sacco di cose interessanti, pur arenandosi in lunghe parentesi in cui ridono fino a avere le lacrime agli occhi. Anche il sesso con lei si trasforma quasi sempre in un incontro di lotta greco-romana durante il quale sghignazzano fino a stare male. Quando però una delle sue amanti, “la-riccona-che-vive-all’estero”, si offende a morte che lui abbia disdetto all’ultimo momento il fine settimana previsto già da molto tempo, lui si domanda se non stia per caso ficcandosi nei pasticci. Ma poi si dice che in fondo quella donna era proprio noiosa, con tutti quei costosi e inutili regali e i discorsi surrettiziamente deferenti nei confronti del ricchissimo e stronzissimo padre. E non era neanche tanto bella, a guardare le cose con un minimo di oggettività. Si mette pur sempre d’impegno per salvaguardare, con le quattro amanti che gli restano, il principio di “equilibrio variabile” su cui fonda da quasi dieci anni i rapporti con il sesso femminile. Quando lui non è disponibile lei ci rimane un po’ male, ma ha il dono di non essere mai insistente: senza fare tante storie ripiega su una delle amiche che si è fatta a Roma. Ne ha moltissime e molto diverse una dall’altra: per questo non le ha inquadrate tanto bene.

Viene luglio, un luglio arroventato e caparbio. Contravvenendo al suo collaudato principio che in vacanza bisogna partire da soli, e semmai legarsi a qualcuno incontrato sul posto, va al mare con lei. Sotto il sole omerico delle isole greche lei diviene ancora più nera e più bella, tutti gli uomini allungano il collo o addirittura si voltano. Lui si accorge che gli fa piacere essere guardato come sono guardati i tizi senza particolari attrattive che stanno con donne molto belle. Ma soprattutto scopre che nonostante la sua cultura veramente impressionante lei non è né pesante né appiccicosa, e anzi ama le cose semplici e sguazza in un modo molto simile al suo nei piaceri balneari. Si era aspettato il solito crescendo di nervosismi e incomprensioni per certi versi già matrimoniali, e invece il tempo è volato via senza la minima contrarietà, senza l’ombra di un litigio. Quando proprio qualcosa non le va lei lo dice a chiare lettere, o al limite se ne sta un po’ per i fatti suoi, ma senza immagazzinare rancori.

Rientrati a Roma lui si dice però che è venuto il momento di mettere la testa a posto, e per qualche settimana rispolvera i suoi ritmi ben rodati, almeno per quanto riguarda le tre amanti che gli restano (anche “la sposata-di-Roma” ha finito per impermalosirsi e eclissarsi). La vede perciò solo molto di rado, quando i rischi di provocare interferenze indesiderate sono minimi, e senza fomentare attaccamenti altrettanto sgraditi. E per avere maggiori garanzie si dedica anima e corpo al lavoro, terapia che forse contribuirà a dissipare l’ineffabile ma persistente diffidenza del Direttore Generale nei suoi confronti. Nonostante i buoni propositi finisce però per telefonarle piuttosto spesso, e si ritrovano immancabilmente nel suo lettone a darsele di santa ragione e a ridere come ragazzini. E un po’ alla volta ricominciano a andare quasi tutte le sere al cinema, esattamente come prima dell’estate. In un’unica occasione hanno dormito da lei, e lui ha conosciuto la foca baffuta con la quale convive, e della quale parla sempre molto bene. Il loro appartamento è vicinissimo al Ministero, ma lei non vuole ripetere l’esperienza di quella notte: con il fracasso che fanno sempre non sarebbe a suo agio. E allora è lei che sempre più spesso dorme da lui.

Lui si sforza di salvaguardare una parvenza di frivola frenesia da single impenitente, ma è troppo onesto con se stesso per non rendersi conto che ormai sono solo pennellate di vernice slavata. È inutile nascondersi la realtà, si dice: incomincia a volerle davvero bene, forse ad amarla. Gli sta succedendo esattamente quella cosa che pensava non gli sarebbe più successa. Una domenica mattina preso da un raptus improvviso invece di riaccompagnarla dalla sua convivente che ricalca un mammifero marino e che restaura mobili la porta al paesello dove è cresciuto. I suoi annichiliscono, di fronte a quella negra con i capelli a spazzola e venti centimetri più alta del figliolo (quaranta più di loro). Lui trangugia invece lo stesso violento piacere che ha provato tanti anni prima in una situazione molto simile, quando la compagna era invece una riottosa bionda del nord. Forse proprio per lo scombussolamento di tale emozione nei giorni successivi comincia a ruminare strane fantasticherie. Si dice che quella dannata ragazza americana è molto intelligente e oltremodo simpatica, ha un ottimo carattere, non è né gelosa né possessiva, e è la donna più bella che abbia mai avuto. E nel frattempo il tempo passa: fra non molto lui avrà cinquant’anni. E poi subito cinquantacinque, e così via. Si accorge con un misto di terrore e di esaltazione che l’idea del matrimonio con lei non lo spaventa affatto.

L’unico aspetto che lo lascia un po’ perplesso è il sesso. Da anni immemorabili è abituato a relazioni nelle quali l’atto sessuale propriamente detto fa la parte del leone, subordinando tutto il resto, con lei invece succede l’esatto contrario. Se fosse per lei non lo farebbero mai, l’amore vero e proprio, quello serio e concentrato, o magari hard. Sembra quasi che le piaccia picchiarlo e strozzarlo benevolmente, o carezzarlo dappertutto come un bambino piccolo, più che farsi penetrare da davanti e da dietro come tutte le altre donne. Si dice che forse proprio questo è il suggello dell’amore, un amore questa volta corrisposto e non devastatore. Ma qualcosa dentro di lui resiste, e quindi si sforza di tenere in piedi il sempre più traballante tran-tran con la tripletta di amanti. Lei mugugna un po’ ma non sembra essere davvero dispiaciuta: ha un sacco di lavoro in arretrato per la tesi, a stare a quanto ripete sempre.

A Natale lei torna nella sua industriale metropoli di origine per un mese. Lui si dice che un periodo di tregua è proprio quello che ci vuole, e comincia a organizzarsi per ricucire le vistose smagliature con le due sole amanti che gli rimangono: nel frattempo ci ha rimesso anche “la-sposata-non-di-Roma”. Ma poi all’ultimo momento compra un costosissimo biglietto, e la raggiunge nella metropoli irta di gru e raffinerie. I suoi fratelli sono tutti incredibilmente alti e muscolosi, degli armadi di ebano, e non fanno niente per nascondere il loro disappunto. Venendo da una famiglia operaia sono fieri della posizione che si sono fatti, e non possono concepire che la loro unica sorella si sia portata a casa quel minuscolo ragnetto bianco senza quasi capelli, un vero e proprio poveraccio, a giudicare dallo stentatissimo inglese che parla e dai vestiti che indossa. Lei però si mette a ridere anche dei truci fratelli incravattati, e nel suo sinuoso ma precisissimo italiano gli dice di non prendersela assolutamente, che non ne vale proprio la pena. Passano assieme qualche giorno a New-York ospiti di un suo gruppo di amiche tutte un po’ pazzerelle, e si divertono molto e continuano i loro interminabili discorsi.

Quando lei torna a Roma riprendono a andare al cinema e a vedersi. Anche un cieco si accorgerebbe che pur continuando a vivere separati sono ancora più legati di prima. Lei una sera gli confessa che non avrebbe mai pensato di trovarsi tanto bene con un uomo. Lui ha ormai rotto con quattro delle cinque amanti, e anche la quinta relazione è ormai alla frutta. Da un certo punto di vista trova la cosa completamente incongrua, ma non riesce a volersene davvero. Il solo e eterno problema è che lei non vuole mai fare all’amore. È sempre dolcissima e più che mai affettuosa, e lo copre letteralmente di baci e di carezze, ma il più delle volte quando lui le mette una mano sul sesso la respinge, o anche semplicemente si addormenta. È evidente che è felice che lui adesso sia più coinvolto e è evidente che lo ama, ma ormai anche quando lui glielo chiede espressamente cerca in tutti i modi di tirarsi indietro. Lui si accorge che in realtà è solo per questo motivo che vede ancora l’ultima delle sue amanti, la sua ex-collega del Ministero: altrimenti mollerebbe (soprattutto adesso che si è messa a questionare) anche lei.

Quando ci pensa gli sembra impossibile di essersi messo (proprio lui!) con una donna che non vuole mai fare all’amore. Ma poi riflettendoci meglio si tranquillizza, e si dice che deve considerare la cosa per quello che è, un dettaglio che prima o poi si aggiusterà. Preferisce pur sempre che dorma da lui senza l’ombra di sesso, piuttosto che si rintani dalla foca, come spesso si intestardisce a fare, o da qualche altra amica. Adesso vorrebbe, anche se se ne vergogna un po’, che dormisse sempre con lui. In due tre occasioni le ha proposto di vivere assieme, ma pur essendone molto lusingata (si vedeva dai lampi negli occhi) lei per il momento ha dato delle risposte vaghe. Lui desidererebbe che cedesse subito, ma nello stesso gli piace che prenda il suo tempo per decidere con tutta calma. Ha l’impressione che verrà un’epoca in cui considereranno questo momento di incertezza molto felice.

Una sera davanti al portone di casa trova però la foca con cui il suo amore (ormai è inutile nascondersi la parola) spartisce l’appartamento. Con raggiere di perfide rughette attorno alla bocca la tipa gracchia che il suo gioiello (dice proprio così) ama lei, e quindi lui deve lasciarla in pace. Il suo tesoro (dice proprio così) vorrebbe non essere omosessuale, perché ha ricevuto un’educazione molto maschilista, e perché per certi versi si rifiuta ancora di prendere atto della realtà. Però è attirata solo ed esclusivamente dalle donne, come dimostra la loro magnifica intesa fisica: un po’ alla volta si deciderà a darsena una ragione anche lei. E sarebbe bene che se lo mettesse in testa anche lui, se vuole evitare di fare del male inutilmente. Detto questo si allontana con il suo passo chiuso e traballante da foca. Lui resta per un po’ davanti alla porta con l’impressione che il marciapiede stia vorticando, e poi entra in casa e si sdraia sul letto.

[l’immagine: Luca Coser, “L’Avventura”, 100 disegni tecnica mista su carta, cm 18×21,5]

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2 Commenti

  1. perchè secondo lei il racconto è un genere poco frequentato qui da noi?
    insomma sono pochi gli scrittori nostrani che si cimentano con questa forma letteraria mi pare

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giacomo sartori
giacomo sartori
Sono agronomo, specializzato in scienza del suolo, e vivo a Parigi. Ho lavorato in vari paesi nell’ambito della cooperazione internazionale, e mi occupo da molti anni di suoli e paesaggi alpini, a cavallo tra ricerca e cartografie/inventari. Ho pubblicato alcune raccolte di racconti, tra le quali Autismi (Miraggi, 2018) e Altri animali (Exorma, 2019), la raccolta di poesie Mater amena (Arcipelago Itaca, 2019), e i romanzi Tritolo (il Saggiatore, 1999), Anatomia della battaglia (Sironi, 2005), Sacrificio (Pequod, 2008; Italic, 2013), Cielo nero (Gaffi, 2011), Rogo (CartaCanta, 2015), Sono Dio (NN, 2016), Baco (Exorma, 2019) e Fisica delle separazioni (Exorma, 2022). Alcuni miei romanzi e testi brevi sono tradotti in francese, inglese, tedesco e olandese. Di recente è uscito Coltivare la natura (Kellermann, 2023), una raccolta di scritti sui rapporti tra agricoltura e ambiente, con prefazione di Carlo Petrini.
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