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“L’amavo troppo la mia patria non la tradite…”


prima facciata dell’ultima lettera scritta da Giancarlo Puecher

  di Orsola Puecher

   In questo tardo Novembre di governi e valori al tramonto, le sorprese non finiscono mai, ma l’ultima cosa che mi sarei aspettata era di trovare, citato su Il Fatto Quotidiano del 14 novembre scorso, il nome, per di più storpiato in Aldo Pucher, di Giancarlo Puecher, partigiano, Prima Medaglia d’Oro al Valor Militare della Resistenza, fucilato a vent’anni, il 23 dicembre 1943 dai miliziani della Repubblica di Salò, e non in un articolo sulla Resistenza, sul valore della memoria, ma, accusato di un omicidio che non ha mai commesso, in un’intervista di Luca Telese ad Alessandro Sallusti, direttore del Il giornale, sobriamente intitolata ⇨ I topi scappano. Per il dopo c’è solo Marina, in cui si promuove l’investitura di Marina Berlusconi a futuro premier del sultanato Italia, come se ormai anche il potere politico si potesse trasmettere per via dinastica.
   Lo scopo, il modo, la strumentalizzazione e le falsità storiche con cui Giancarlo Puecher viene chiamato in causa sono un vero e proprio vulnus alla sua memoria e alla sua figura luminosa. Bisogna in qualche modo rimediare. Ristabilire la verità.
   Lo storpiare i nomi è il primo, sottile, vigliacco, metodo di infangare, in certi ambienti, odioso, se fatto intenzionlamente, come una pugnalata alle spalle, ma doppiamente insopportabile se fatto per ignoranza o incuria e nei confronti di una persona scomparsa. Un giornalista serio, prima di lasciar sbandierare nomi e fatti tanto gravi, ha il dovere di controllare ciò che pubblica, almeno per quel che riguarda l’ortografia. Non è difficile, basta, in mancanza di meglio, consultare Wikipedia, l’oracolo con un click di questi tempi bui.
[ copio e incollo con non lieve disgusto la parte dell’articolo che riguarda mio zio Giancarlo – compresa la paccottiglia del viso quasi scultoreo & penombra & maglione esistenzialista a girocollo & la divisa del weekend – forse usata nell’impresa retorica quasi impossibile di rendere “simpatico” e alla mano l’intervistato ]

E poi, a fine intervista, Alessandro Sallusti mi gela il sangue con un ricordo che innesca un cortocircuito fra una delle pagine più tragiche del Novecento italiano e la crisi del governo Berlusconi: “In famiglia abbiamo già dato… nel 1945”. Curioso. Il tono è ironico, il viso del direttore del Giornale, invece, sembra diventare quasi scultoreo, nella penombra nella saletta del lussuoso Hotel Park Hyatt dove ci siamo rifugiati per una lunga intervista. “Vedi, ti devo raccontare una storia della mia vita che nessuno conosce, nemmeno Giampaolo Pansa, neanche Vittorio Feltri”. Quale? “Scoprii solo da studente, su un libro scolastico della Laterza, che mio nonno, Biagio, tenente colonnello sulla piazza di Como, finito a Salò senza essere stato fascista, era stato fucilato dai partigiani”.
Resto un attimo con il respiro in gola. Fino un attimo prima stavamo parlando di Feltri, di Fini, del Cavaliere, della crisi… Sallusti continua: “Mio padre questa storia non me l’aveva mai raccontata. Non certo per pudore. Per proteggermi. E invece scoprivo che dopo quattro vigliacchi rifiuti dei suoi superiori di grado, perché la Repubblica di Salò era ormai alla fine e i partigiani alle porte, mio nonno aveva accettato di dirigere il tribunale che doveva giudicare Aldo Pucher, partigiano accusato per l’omicidio del federale Aldo Resega. Mio nonno salvò gli altri sei imputati, ma fu fucilato per quell’unica esecuzione. Curioso vero? Ma era la legge della guerra. Scoprii, e oggi quel dialogo è nei libri di storia, che il giorno prima della ritirata nella ridotta della Valtellina, mio nonno aveva chiesto a Mussolini di non scappare”. Chiedo: “Sarebbe cambiato qualcosa sull’esito della guerra?”. Sallusti prende un respiro: “Ovviamente no. Ma se avesse seguito quel consiglio non avremmo le foto del Duce travestito da soldato tedesco”. Pausa. Non vola una mosca. Sorriso: “Per questo spero che Berlusconi non si ritiri”.
Pensavo di fare un’altra intervista. Raccontare ai lettori del Fatto Quotidiano l’ultraberlusconismo e uno dei suoi campioni. Quando Sallusti va in tv sono sciabolate per tutti, colpi micidiali, affondi sotto la cintura, pronunciati con serafica tranquillità. In questa intervista, invece, la teleadrenalina non c’è, ma piuttosto una leggerezza venata di colori forti e di tinte drammatiche. Sallusti ha il maglione esistenzialista a girocollo, la divisa del weekend.

 
   Telese, anche a me si gela il sangue e di più, ma nel leggere il nome, storpiato in Aldo Pucher, di Giancarlo Puecher in un contesto simile. E resto un attimo con il respiro in gola. Anzi ben più di un attimo, sarà che son più sensibile. Invece non ho avvertito alcuna leggerezza venata di colori forti e di tinte drammatiche e le assicuro che non mi si innesca alcun cortocircuito fra una delle pagine più tragiche del Novecento italiano e la crisi del governo Berlusconi. Fra uomini che hanno combattuto eroicamente e pagato ieri, perché ci sia in questo triste paese un oggi democratico, mai così insidiato, fra Giancarlo Puecher e le mezze figure del passato e quelle attuali, ugualmente chine al potere e che ancora si arrabattano tra falsità e strampalate teorie, non c’è alcuna possibilità di raffronto e alcun legame. E’ davvero rischioso fare le interviste nella penombra e nelle salette degli hotel lussuosi, meglio accendere la luce e andare al Bar Sport, dove vola qualche mosca in più. Quando è stagione e c’è materia per attrarne l’interesse.
   Il paragone fra il Duce che, nonostante i preziosi consigli di nonno Biagio, scappa travestito da tedesco e Berlusconi che si dimette è quasi una specie di imbarazzante autogol. Al massimo oggi ne reggerebbe uno con un Napoleone, con bandana al posto della feluca, in esilio su di un’isoletta di qualche paradiso fiscale tropicale, allietato dal suo menestrello melodico personale e con scorta di escort per lo svago e il giusto riposo del guerriero.
   Provo umanamente pena e pietà per le vittime che caddero dalla parte sbagliata, per il dolore dei loro congiunti, ma questo non elimina il giudizio della storia su quella parte e sulle sue colpe, à la guerre comme à la guerre varrà in un torneo cavalleresco fra paladini, applicato ai milioni di vittime e alle stragi della Seconda Guerra Mondiale suona un po’ troppo generico, assolutorio e sdoganante. L’Italia è un paese che i conti con il fascismo non li ha voluti e saputi mai fare fino in fondo e chiunque può fare della verità storica una materia molle e fumosa da plasmare a proprio uso e consumo.
   Quando Sallusti dice “In famiglia abbiamo già dato… nel 1945”, non si capisce davvero cosa intenda. Oggi non ci sono più i tribunali speciali e i processi sommari, la pena di morte, e si possono persino fare le leggi per evitarli i processi e avere l’impunità anche se colpevoli. Si possono fare in tv le fiction come Il peccato e la vergogna, con il nazista buono perchè innamorato speranzoso e il fascista cattivo e perverso in quanto innamorato deluso. Cosa teme Sallusti? Al massimo si prende un vada a farsi fottere da D’Alema e tutti si indignano e gli chiedono scusa. Lui e i suoi datori di lavoro non si sentiranno mica come i miliziani quando la Repubblica di Salò era ormai alla fine e i partigiani alle porte?
   Giancarlo Puecher, punto di riferimento di un gruppo di giovani che in Brianza si stavano organizzando in una formazione partigiana ancora in nuce, e che si era macchiata fino allora solo di qualche sabotaggio e sequestro di mezzi e benzina, fu fermato per caso, in bicicletta con il compagno Fucci, da una pattuglia di militi della Repubblica Sociale Italiana a Lezza la notte del 12 novembre del 1943, ad un posto di blocco dei numerosi istituiti insieme al coprifuoco, in seguito al fatto che quella stessa sera erano stati uccisi il centurione della milizia e cassiere del Banco Ambrosiano di Erba, Ugo Pontiggia, e un suo amico, Angelo Pozzoli.
   Puecher e Fucci, ignari di tutto e che, forse, se fossero stati a conoscenza dell’omicidio, avrebbero avuto maggiore prudenza, si stavano recando a una riunione clandestina. Avevano un tubo di gelatina e alcuni manifestini antifascisti, di cui però riuscirono, nel buio, a disfarsi. Fucci estrasse la pistola e tentò di sparare, ma l’arma si inceppò. Uno dei miliziani lo colpi ferendolo al ventre. Fu portato in ospedale e rimase in prigione fino alla fine della guerra. Giancarlo fu fermato, interrogato, picchiato e poi arrestato.
   Il federale di Milano Aldo Resega, che Sallusti, senza storpiarne il nome, nomina, fu ucciso il 18 dicembre 1943, mentre Giancarlo Puecher era già in prigione e da più di un mese.
   Giancarlo Puecher non fu accusato nè processato per alcun omicidio.
   Quando il 20 dicembre fu ucciso in un agguato anche lo squadrista di Erba Germano Frigerio, i fascisti decisero di mettere in atto una rappresaglia, con modalità tristemente consuete, che prevedeva la fucilazione di trenta antifascisti, dieci per ogni fascista ucciso ad Erba, cioè Ugo Pontiggia, Angelo Pozzoli e Germano Frigerio.
   Nelle carceri di Como non trovarono un numero tale di prigionieri e li ridussero a sei, fra cui Giancarlo Puecher. I fascisti imbastirono un processo farsa, istituendo un Tribunale Speciale, presieduto da Biagio Sallusti, e con irregolarità processuali inconcepibili oggi, ma di regola ai tempi, Puecher fu l’unico condannato a morte, mediante fucilazione, non per omicido, ma per aver promosso, organizzato e comandato una banda armata di sbandati dell’ex esercito allo scopo di sovvertire le istituzioni dello stato.
   Non si poteva ammettere che un giovane di famiglia nobile e di ispirazione profondamente cristiana “cospirasse”.
   Si doveva dare l’esempio. Esempio che sortì nei fatti l’effetto contrario, determinando ancora di più alla lotta contro il fascismo la parte migliore dell’Italia, che nei valori condivisi trovò la forza di ribellarsi.
   ⇨ Mio nonno Giorgio Puecher Passavalli, dopo la fucilazione del figlio fu arrestato e tradotto nel campo di concentramento di Fossoli e poi a Mauthausen, da dove non tornò più. ⇨ Mio padre Virginio, allora sedicenne, fu costretto a rifugiarsi esule in Svizzera.
   Trascrivo qui l’ultima lettera di Giancarlo e le motivazioni della sua Medaglia d’Oro, per dovere di verità e di memoria, per oppormi fermamente a questa macchina del fango retroattiva che tenta di strumentalizzare e di mettere sullo stesso piano figure inconciliabili, ma anche perché in questo momento in cui etica e dignità sono continuamente calpestate, fa bene al cuore leggerle, con le parole antiche, desuete, forse, con i loro valori alti, oggi quasi inconcepibili, con l’ingenuo desiderio del riconoscimento dei valori militari e sportivi, con i teneri lasciti dei beni personali. E l’anello d’oro ricordo della povera mamma, una pietra bianca e una blu su cerchietto semplice, sta ancora qui e nessuno l’ha mai più indossato.

21 dicembre 1943

Muoio per la mia patria. Ho sempre fatto il mio dovere di cittadino e di soldato. Spero che il mio esempio serva ai miei fratelli e compagni. Iddio mi ha voluto, accetto con rassegnazione il suo volere.
Tutti i miei averi vadano ai miei fratelli e a Elisa Daccò.
Vorrei che sul mio avviso mortuario figurassero i miei meriti sportivi e militari.
Non piangetemi, ma ricordatemi a coloro che mi vollero bene e mi stimarono.
Viva l’Italia.
Raggiungo con cristiana rassegnazione la mia mamma che santamente mi educò e mi protesse nei vent’anni della mia vita.
L’amavo troppo la mia patria non la tradite e voi tutti giovani d’Italia seguite la mia via e avrete il compenso della vostra lotta ardua nel ricostruire una nuova unità nazionale.
Perdono a coloro che mi giustiziano, perché non sanno quello che fanno e non pensano che l’uccidersi tra fratelli non produrrà mai la concordia.
Vorrei lasciare L 5000 alla mia guida alpina Motele Vidi di Madonna di Campiglio. L 5000 al mio allenatore di sci Giuseppe Francopoli di Cortina. L 5000 a Luigi Conti e L 1000 a Vanna De Gasperi, Berta Dossi, Rosa Barlassina. Il mio guardaroba ai miei fratelli e a Pussi Aletti, mio indimenticabile compagno di studi.
L 1000 alla Chiesa di Lambrugo.
Il mio anello d’oro ricordo della povera mamma a Papà, il braccialetto a Ginio e l’orologio Universal a Gianni. Alla zia Lia Gianelli una mia spilla d’oro con pietra. Un ricordo delle mie gioie alle mie cugine e a Elisa.
Stabilite una somma per messe in mio suffragio e per una definitiva sistemazione pacifica della patria nostra.
A te papà vada l’imperituro grazie per ciò che sempre mi permettesti di fare e mi concedesti.
Elisa si ricordi del bene che le volli e forse non sufficientemente apprezzò.
Ginio e Gianni siano degni continuatori delle gesta eroiche della nostra famiglia e non si sgomentino di fronte alla mia perdita, i martiri convalidano la fede in una vera idea. Ho sempre creduto in Dio e perciò accetto la sua volontà.
Baci a tutti
Giancarlo Puecher Passavalli
 
[ Giancarlo Puecher Passavalli, Lettera a Tutti, scritta in data 21-12-1943, Erba (CO), in Ultime lettere di condannati a morte e di deportati della Resistenza italiana (http://www.ultimelettere.it/ultimelettere/ultimelettere/ultimeletteredocumenti.php?ricerca=&doc=122&testo=2&lingua=it), INSMLI, vista domenica 21 novembre 2010.]

 
 
dal sito www.quirinale.it

Patriota di elevatissime idealità, scelse con ferma coscienza dal primo istante la via del rischio e del sacrificio. Subito dopo l’armistizio attrasse, organizzò, guidò un gruppo di giovani iniziando nella zona di Lambrugo, Ponte Lambro, il movimento clandestino di liberazione ed offrendo la sua casa come luogo di convegno. Con l’esempio personale fortificò nei compagni la fede nell’azione che essi dovevano più tardi proseguire in suo nome. Presente e primo in ogni impresa gettò nella lotta tutto se stesso prodigandovi le risorse di una mente evoluta e di un forte fisico, ed associando all’audacia un particolare spirito cavalleresco. Braccato dagli sgherri fascisti, insidiata la sicurezza della sua famiglia, non desistette. Incarcerato con numerosi suoi compagni e poi col padre, d’accordo con questi rifiutò la evasione per non allontanarsi dai compagni di fede e di sventura. Condannato a morte dopo sommario processo, volle essere animatore sino all’estremo, lasciando scritti di ardente amor patrio e di incitamento alla continuazione dell’opera intrapresa. Trasportato al luogo del supplizio, chiese di conoscere il nome dei suoi esecutori per ricordarli nelle preghiere di quell’aldilà in cui fermamente credeva, e tutti i presenti abbracciò e baciò, ad ognuno lasciando in memoria un oggetto personale, pronunciando parole nobilissime di perdono e rincuorando coloro che esitavano di fronte al delitto da compiere. Cadde a vent’anni da apostolo e da soldato, sublimando nella morte la multiforme e consapevole spiritualità che aveva contraddistinto la sua azione partigiana. — Como – Erba, 9 settembre – 23 dicembre 1943.

 
 

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92 Commenti

  1. Il disgustoso imbroglio della manipolazione retroattiva della storia è ora percepibile nei suoi effetti concreti, nelle ferite che infligge all’anima delle sue vittime. Chi ancora lo avverte solo come astrazione dialettica, può inzuppare il suo distacco intellettualoide nel sangue di Giancarlo Puecher e dei suoi cari. Luca Telese, se non sbaglio, è lo stesso giornalista che si è scandalizzato perché in tv Saviano ha avuto diritto di parola senza il contraltare del ministro degli interni: par condicio ingannevole quanto lo è la democrazia senza informazione corretta. Solidarietà a Orsola e a chi respinge senza appello la melassa della parificazione storica tra dittatura e libertà.

  2. Per Sallusti confermo il vada a farsi fottere di D’Alema, che non ci dà tanto lontano quanto manifesta il suo disprezzo nei confronti del giornalismo italiano… Telese e fatto Quotidiano compresi. Quanto alle fonti, mi pare che non si possa chiedere più a nessuno di esibirle, tanto è diventato torbido il sistema infornativo, a conferma che non viviamo più in un paese regolare.

    A margine, la pratica di storpiare i nomi è così generalizzata che dovremmo vietarla per legge: ci cascano tutti per segnalare disprezzo massimo. Alcuni ne sono vittima anche qui, anche di ignobili nomignoli. E’ umorismo da scuola tecnica secondaria. Confesso che neanche io, nel mio piccolo, me ne so trattenere completamente: recentemente avevo coniato un magnifico onorevole Stracquitrino del quale mi sono però pentito pubblicamente…

  3. brava orsola, grazie.
    Grazie anche per il pezzo di storia che ci hai fornito.
    Sallusti è una delle vergogne del momento attuale. Grande è stato d’alema quando ha mandato a farsi fottere il degno nipotino di nonno biagio.
    Certo fare un paragone tra berlusconi e il cappottone da tedesco di mussolini, fa un po’ impressione … è quasi una ammissione di quanto indegno sia diventato (anzi sia sempre stato) il berlusconismo.
    Telese, pure, NON mi è mai piaciuto. Rappresentante di un giornalismo cialtrone e d’assalto che detesto da qualsiasi parte provenga. Almeno Travaglio si documenta puntigliosamente.
    geo

  4. che sconvolgente poltiglia di distorsioni, mi auguro che Il fatto abbia la decenza di prendere atto di quest’intervento di Orsola

    che traccia, io credo, un metodo di cui far tesoro: non basta l’indignazione (che sperimentiamo ormai in dosi quotidiane, imponenti e impotenti), occorre una nuova (oso chiamarla) “filologia” per far fronte al cumulo di cazzate che ci vengono piombando addosso

    (senza contare che tutto questo accade in una intervista che si conclude con la sentenza “se vogliono questo [la pelle di Berlusconi] noi non possiamo che fare la guerra, con le armi in pugno” – vergognoso)

    quindi, grazie per la qualità e la chiarezza della ricostruzione, Orsola, il suo peso è “inescapable”

    un saluto caro,
    renata

  5. Quando il personaggio intervistato – che non nomino perché sono convinto che i nomi siano veicoli di vibrazioni, in questo caso maligne – appare in tv cambio subito canale, perché dalla sua immagine si sprigionano onde negative che inquinano l’ambiente, e possono portare malattie anche serie.

    Quindi anch’io offro tutta la solidarietà a Orsola e vorrei onorare la memoria dello zio, un altro dei giovani caduti per la nostra libertà, oggi infangati, sviliti dai vari Pansa e questo qui.

  6. Ma Sallustri chi, quello che durante una trasmissione tv chiamava il Presidente di Confindustria “la Marciagaglia” ??

  7. grazie e com-passione, Orsola, ça va sans dire, e grazie Renata, sono con te per la nuova filologia; il dettaglio non è mai solo un dettaglio.

  8. Non commento mai ma questa volta lo faccio per motivazioni personali, ringraziando Orsola Puecher per il suo scritto. La mia famiglia paterna viene da Lambrugo, in provincia di Como, che a Orsola sicuramente dirà qualcosa. Da quel paese viene mio nonno, partigiano nei Balcani. Cesare Consonni, si chiamava. Avevano un albergo in paese e la casa dei Puecher so benissimo qual era. I Puecher ogni tanto passavano dall’albergo. Dell’albergo non rimane più nulla. Parole come quelle di Sallusti fanno male. Tanto male. Un abbraccio da tutta la mia famiglia.

  9. Sul sito dell’ANPI di Lissone, dove si racconta di Giancarlo Puecher, si legge anche che:
    “Per capire l’assurdità di quel procedimento(processo e condanna di G.P.; ndr)), è da riferire che nell’estate del 1944, a Brescia, il Guardasigilli della Rsi riconobbe la nullità del processo di Erba e l’arbitrarietà delle condanne, facendo con ciò liberare tutti gli imputati incarcerati.”
    Sconfessando con ciò, proprio dai suoi stessi camerati, l’eroico Biagio Sallusti, come pure del suo degno nipote.

  10. Ad Orsola Puecher tutta la mia solidarietà. Avevo letto quella famigerata intervista e mi ero abbastanza indignato. Letta questa magnifica lezione di storia, verità e giornalismo, credo sia doveroso farci tutti promotori di una petizione affinchè Il FATTO QUOTIDIANO ( che leggo ogni giorno) dia altrettanto ampio spazio a questo bellissimo intervento di Orsola. Facciamolo mandando mail al loro sito e/o indirizzo di posta elettronica.

  11. Orsola,
    Ammiro la dignità e la chiarezza delle tue parole. Penso che usare la lingua in questo modo, invece dell’approssimazione anche quando solo dettata dal trasporto emotivo che qui sarebbe comprensibile, abbia in sè valore politico. Erodere la capacità e soffocare lo spazio per un pensiero articolato è stato il metodo e il programma su cui si basa la comunicazione-spettacolo odierna.

  12. contro lo scempio che in questo paese si fa continuamente della Storia (che pure parrebbe starsene lì, chiara per chi vuole documentarsi), la dignità delle storie familiari e personali. Che resistono dietro articoletti e interviste da squallide prime pagine. Vorrei che i ventenni di oggi potessero condividere l’ingenuità commovente, che sottolinea Orsola, e la bellezza delle parole di Giancarlo Puecher. Perchè loro, oggi, non stanno per essere fucilati, ma sono sempre più disperatamente soli.

  13. Anche da me un forte abbraccio a Orsola. Sono d’accordo che Il Fatto dovrebbe pubblicare il suo commento come replica dovuta alle sgradevole parole di Sallusti.

    Infine due mie osservazioni sull’interviste. Non conosco la storia ai tempi della Resistenza nel Comasco, ma Sallusti mi pare mistifichi i fatti quando afferma che “E invece scoprivo che dopo quattro vigliacchi rifiuti dei suoi superiori di grado, perché la Repubblica di Salò era ormai alla fine e i partigiani alle porte, mio nonno aveva accettato di dirigere il tribunale”.
    Il processo si svolse invece nel dicembre del 1943, quando le formazioni partigiane si stavano formando nel nord Italia e Salò aveva ancora davanti 18 mesi di sanguinosa vita.
    Talese è spesso un buon giornalista, ma la sua ingenuità nel non verificare quando afferamto da Sallusti è in questo caso sconcertante.

  14. Carissima Orsola, ho letto e pianto.
    Maledetti, schifosi. E con loro tutta la feccia che li vota. E com’è andato a catafascio tutto quanto. Non c’è che da continuare a resistere, in questa fanga, in modo altrettanto rigoroso anche se purtroppo molto meno luminoso di quello di tuo zio e di tutti i suoi compagni. Un abbraccio.

  15. A Orsola tutta la mia solidarietà e ammirazione per Giancarlo Puecher.
    Ieri ho rivisto un film che amo particolarmente Libera, mio amore.
    Bellissima Maria Cardinale nell’impegno di una donna che lotta per la libertà. In un immagine si vedono ragazzi, ragazze fucilati, giovinezza
    morta per dare un respiro, un nome di libertà alla patria che amano.
    Si deve trasmettere questa memoria.
    E questa lettera en tra nella memoria di una famiglia. Un uomo coraggioso che prima di morire dà un segno con la sua anima.
    Rispetto e ammirazione. Una lezione di coraggio.

  16. Sallusti trasmette una tristezza indicibile, è l’esempio della superficialità, finge di essere un intellettuale riflettendo sul nulla. E coerentemente con lo stile del suo gruppo e del suo giornale, ma anche degli italiani che rappresenta, crea scoop con i suoi stessi escrementi. MA dal lato opposto, e sulla stessa barca, c’è Luca Telese … che finge di non fare il gioco di nessuno, e lo fa per tutti; che non cede mai al giornalismo fatto di emozioni di pancia, e poi si sbrodola addosso autocompiacendosi per il suo modo di fare giornalismo, per così dire “postmoderno”, che permette a Sallusti di dire “cazzate” (mi si faccia passare il termine), e all’intervistatore (Telese) di concentrarsi sulle reazioni che le risposte in lui scatenano, e non sull’attendibilità dei contenuti. Sallusti, destroide senza pudore, suscita pietà per l’ignoranza che lo contraddistingue, Telese fa rabbia perché ha dato prova di una forte incompetenza, con l’aggravante però dei temi discussi: la Resistenza, la Memoria che questo Paese vuole perdere, il fango che si getta sui nostri veri Padri. Un grazie a Orsola per l’ottimo post.

  17. grazie orsola!
    questo post dovrebbe essere sempre aperto e arrivare a centomila commenti,almeno
    resistenza
    c.

  18. Abitassi a Milano, porterei una foto di Sallusti e una di Telese a piazzale Loreto. Se qualcuno lo fa per me, gli offro un bicchiere alla prima occasione.

  19. “L’Italia è un paese che i conti con il fascismo non li ha voluti e saputi mai fare fino in fondo e chiunque può fare della verità storica una materia molle e fumosa da plasmare a proprio uso e consumo.”

    Qualcuno sa dire perché? Voglio dire perché VERAMENTE. Senza tirare in ballo buoni e cattivi, democratici e totalitaristi. Non sarà forse (dico forse, intendiamoci) che la materia storica E’ molle e fumosa?
    Che la pretesa della VERITA’ STORICA indiscutibile è una pretesa pericolosa?
    Quando faremo i conti con il fatto che storicamente parti GIUSTE non ce ne furono (semmai parti NECESSARIE) e se oggi viviamo in una parvenza (giusto una parvenza) di libertà democratica, è per tutt’altri motivi, tipo la plurimezzosecolare egemonia americana?
    Se non si capisce questo PROFONDAMENTE porteremo in giro cadaveri ancora per decenni.
    Contabilità di cadaveri, di fucilazioni, di torture, di illibertà. E via così, che ce n’è per tutti, di sicuro.
    La storia del XX secolo è durissima, spietata. Dovrebbe averci insegnato che le strade dell’inferno sono lastricate di ideologie e buone intenzioni. E invece niente. I morti non vogliono proprio saperne di starsene sotto terra.
    Gilad Atzmon dice (secondo me magistralmente) che la destra è destinata a vincere sempre, così come anche la sinistra è destinata a vincere sempre. Questo accade perché la destra è esistenziale (l’uomo è COSI’) e la sinistra è normativa (l’uomo DEVE essere così). Entrambi gli aspetti sono contenuti nell’individuo e sono irrinunciabili.
    Questo è uno dei motivi per cui alla crisi epocale (direi tombale) della sinistra, corriponde l’inizio dello sfascio anche della destra e del capitalismo sfrenato. Il crollo è inevitabile ma richiederà molto molto tempo. Forse non sarà apocalittico, ma sarà come addormentarsi piano piano e ritrovarsi in coma irreversibile, un po’ come l’URSS ven’anni fa.
    Mi rendo conto che toccare certi argomenti in un modo che non sia quello consueto, possa suscitare un vespaio. Tuttavia, trovo semplicemente allucinante che esistano ancora persone che si rinfacciano morti da parti opposte dopo 70 anni. Vuol dire non avere fatto un solo passo avanti, da nessuna parte. Vuol dire essere incapaci di accettare che gli opposti schieramenti erano due aspetti di una cosa sola, fatto che 70 anni di storia fanno ormai intravedere.
    L’unico punto di differenza tra opposte ideologie era non certo il rispetto della libertà (sotto questo aspetto socialismo reale e fascismo non erano dissimili), quanto l’atteggiamento nei confronti dei più deboli, verso i lavoratori.
    In questo caso i peggiori tradimenti sono venuti dalla sinistra, che non ha nessuna scusante.
    Anche il problema Berlusconi è divenuto problema per colpa dell’inadeguatezza e della complicità e ipocirisia della sinistra.
    Sogno un’Italia finalmente unita, che assuma su di sè il peso delle sue contraddizioni esistenziali e normative, non più schiava di ideologie che non hanno mai portato da nessuna parte, un’Italia che metta fine una buona volta a questa guerra civile interminabile, nella quale opposte arroganze non hanno fatto altro che specchiarsi per decenni e decenni.
    A danno delle fasce più deboli, sempre.
    Io sarei diposto a morire, per una Italia così.
    Ma non nutro troppe speranze. Guardarsi dentro e trovarci il nemico, richiede un grado di evoluzione che non tutti vogliono avere.
    Meglio continuare a combattere nemici esterni e raccontarsela.
    Intanto i lavoratori, a ramengo.
    Massimo

  20. Telese è pur sempre l’autore di Cuori neri, un libro, a prescindere dall’argomento, pieno di inesattezze grossolane. Ugo Pontiggia invece dovrebbe essere il padre di Giancarlo Pontiggia e di Giampiero Neri.

  21. Massimo, vallo a dire agli afro-americani se non avevano il diritto di sapere la verità storica sullo schiavismo, vallo a dire agli ebrei che non dovevano pretendere la verità storica sulla Shoah, vallo a dire ai sudafricani.

    La tua idea di “verità storica” è distorta. Certo, se la concepisci come uno stato puro e incondizionato in cui non esistano differenze, circostanze, dettagli che non possiamo interamente possedere, se la concepisci come un oggetto che uno deve tenere in mano e dire una volta per tutte se è bianco o se è nero, allora no. Così non esiste. Ma la verità storica è fatta dei fatti E del loro significato. Dei fatti E dei processi che li hanno causati. Dei fatti E dei contesti in cui sono accaduti.

    A me non sembra che questo articolo di Orsola sia ideologico, mi pare che un po’ di fuffa ideologica la faccia tu, con la solita spiegazione tuttologica che non spiega nulla.

    Infine, se “ci si rinfacciano i morti dopo 70 anni” forse è perché quei morti sono i nostri zii e i nostri nonni. E non è che possiamo fare pari e patta (ci vuoi far credere che siccome a lei è morto uno zio e a lui un nonno, in fondo sarà “la stessa cosa”?)

    Per un’Italia più giusta e sulla questione del lavoro non si può che auspicare, come fai tu, che si possa lottare e cambiare. Quando ero piccola a scuola ci dicevano che capire il passato serviva a costruire meglio il futuro. Non mi pare un’idea del tutto bislacca.

    un saluto,
    r

  22. Ieri sera in tv, presentando il suo libro con toni che non mi convincono fino in fondo, Aldo Cazzullo ha però ricordato una cosa ormai quasi dimenticata, certo rimossa, e con una espressione sintetica che ho molto apprezzato: “i «vinti», i«ragazzi di Salò», per venti mesi ebbero il coltello dalla parte del manico, e lo usarono”.
    Altro che “vinti”!
    Peraltro, Cazzullo è di Alba, di quella Alba dei ventitre giorni di cui scrive Fenoglio, e chi vuole avere, ancora e sempre, il senso tangibile, angoscioso, della dismisura di mezzi tra partigiani e repubblichini, deve rileggere “Il Partigiano Johnny”. In nessun altro libro che io conosca si sente così netta la disparità tra le forze in campo.
    Che orrore leggere le parole di Sallusti. E tanta gratitudine, solidale, a Orsola Puecher.

  23. l’italia è un paese in cui non ci si deve scandalizzare se intellettuali di “sinistra” scrivono e presenziano sui giornaletti immondi della destra, o per case editrici il cui titolare è un mafioso improcessabile o su fogli liberi di infangare la vita delle persone o su giornali dei padroni a far della poesia che basta il contenuto e la qualità e speriamo che me la cavo e in trasmissioni in cui un leader fascista legge un discorso a nove milioni di persone in compagnia di un leader della sinistra che legge lo stesso discorsino patria famiglia onore onestà lavoro in compagnia di uno scrittore di successo che ci racconta del male del sud approdato al nord in compagnia di tutti i resistenti che il politicamente corretto prima di tutto e l’emergenza e non se ne può più e siamo alla frutta e compagnia cantando e la cultura ci salverà
    la mia solidarietà ad Orsola Puecher
    molti baci amari
    la fu

  24. Sig. Massimo, vai a cagare, con la tua italietta guareschiana e de “le coglia di cllamide e saio rierge il battaglio proletario … corone mucide rimorse …!”
    Caro Ingegnere assordato …

  25. I girocollo neri, prima che esistenzialisti, furono repubblichini.
    Come si fa a partire volontari coi tedeschi in luglio e finire contro i tedeschi in settembre?

  26. Quando faremo i conti con il fatto che storicamente parti GIUSTE non ce ne furono (semmai parti NECESSARIE) e se oggi viviamo in una parvenza (giusto una parvenza) di libertà democratica, è per tutt’altri motivi, tipo la plurimezzosecolare egemonia americana?

    Se oggi viviamo in una parvenza democratica (che io non ritengo poi tanto parvenza se malgrado tutto siamo, per ora, riusciti, a difendere la Costituzione e a non diventare tutti berlusconiani) non lo dobbiamo agli alleati ma anche (e direi soprattutto) ai partigiani, e alla Resistenza, che, senza voler fare retorica, hanno permesso ad una parte molto ampia di italiani di sentirsi ancora italiani senza vergognarsi. Ti ricordo che in gran parte del nord e del centro, una volta crollato tutto, le fabbriche furono difese dai partigiani (non espropriate ma conservate perchè tornata la legalità le macchine potessero continuare a funzionare), le citta furono inizialmente amministrate dal Cln e dai partigiani, i partigiani permisero, malgrado le macerie istituzionali di fare un governo italiano … insomma quando arrivarono gli alleati eravamo morti in tanti ma eravamo ancora italiani e abbiamo potuto trattare con loro. Non è cosa da poco (storicamente, e non solo, parlando) quindi ci andrei cauto con il dire che la democrazia la dobbiamo agli americani, anzi direi il contrario e cioè che se la nostra democrazia è stata sempre sotto tutela e condizionata (ed sto usando degli eufemismi) lo dobbiamo proprio agli americani.
    Riguardo ai morti, possiamo dire che i morti sono tutti uguali per chi li piange, questo sì (ci mancherebbe) ma ci fermiamo lì, perchè non è ammissibile MAI mettere sullo stesso piano chi “eroicamente” (a detta del nipotino di nonno biagio) accetta di dirigere un tribunale speciale per condannare (ed uccidere), per pura rappresaglia, giovani precedentemente incarcerati, e chi ha messo, eroicamente davvero, a repentaglio la propria vita per tutti, su principi che sono (e spero saranno) alla base della nostra Costituzione che tutto è fuorchè ideologica, anzi. Che poi una guerra civile sia quello che è lo sappiamo tutti, ma, alla fin fine, è sempre e comunque più civile della guerra e del fascismo che per 20 anni è stato (quello sì) ideologico, cialtrone e criminale e che oggi tenta di tornare con i vari sallusti … ma per ora la Costituzione ha fatto da barriera e si, e ci, difende bene.

  27. @ renatamorresi.

    Ti sei risposta da sola. Punto per punto.

    @ Georgia

    Tribunali speciali e plotoni d’esecuzione sono sparpagliati in tutto il Novecento, così come zii e nonni.

    Benissimo la Costituzione. Salvaguardiamola. Solo che la storia è un pochino più complessa di così. Ma sono discorsi giganteschi e un piccolo post non li può esaurire.

    Dire che la guerra civile è più civile della guerra e del fascismo è apparentemente una frase di buon senso e certamente lo era nel 1945.
    Adesso è agiografia.
    Una guerra civile è spaventosa. Le conseguenze sono visibili ancora oggi. Fratelli che odiano fratelli nei secoli dei secoli. E non si rendono conto che la radice è unica.

    PS A scanso di equivoci (anche se non dovrei nemmeno sentirmi in dovere di dirlo) da quando ho la facoltà di votare (1980) ho sempre votato prima DP, poi Rifondazione per approdare al PC dei Lavoratori. Questo per dire che non sono un ragazzotto di Casapound, ma affermo queste cose con un certo backgraound culturale e personale. Solo che adesso tutto questo va stretto, molto stretto. Non porta più da nessuna parte.

    @ Sterco

    Un nick, una garanzia. Nell’italietta guareschiana saresti sparpagliato al centro di un sentiero di campagna e ti chiameresti boassa.

  28. Lo dico senza retorica, in Italia non c’è nemmeno una base militare partigiana, invece ce ne sono 113 Usa-Nato, in gran parte delle quali, giuridicamente parlando, temo valga la costituzione americana… Condivido il tentativo critico di Massimo. Resta che Sallusti è una faccia di M e che anche io quando ho votato ho votato dalla parte dei comunisti, più o meno sbagliando.

    http://www.kelebekler.com/occ/busa.htm

  29. @ Larry Massino

    Grazie per il sostegno. Quando cerco di balbettare su certe cose mi accorgo di essere in un campo minato…
    La faccia di M di Sallusti è indiscutibile.

    @ Georgia

    Il fatto che l’argomento dopo 70 anni lasci ancora nervi scoperti, comporta che è difficile spiegarsi senza essere fraintesi.
    I totalitarismi tutti sono ingiustificabili e lasciano dietro sé scie di morti, ingiustizie, ma anche nostalgie e nostalgici di varia natura: sia nell’italietta fascista che nei paesi del cosiddetto socialismo reale.
    Quello che voglio dire è che mani vergini non ne esistono.
    Il male è connaturato alla specie, così come il bene.
    Lo ripeto e me ne dolgo: se adesso ci troviamo in questa italietta berlusconiana, la colpa è più della sinistra che di Berlusconi stesso.
    Quello che è successo 70 anni fa centra assai poco.
    Io vedo solo un sacco di nostalgie da entrambi i vecchi fronti, nostalgie che servono da giustificazione all’aridità del presente.

  30. Tutta la mia solidarietà a Orsola, per la dignità del suo sdegno. Tutto il mio schifo verso questi cosiddetti “giornalisti” che non hanno ancora finito di fare del male, ai vivi e ai morti.
    Chissà che passi presto tutto. Fabio

  31. Che i più convinti relativisti non siano sotto sotto che degli universalisti en travestie è una cosa che non finirà mai di stupirmi.
    Siccome non possono tenere in mano la verità come una pepita d’oro, allora, indispettiti, ci raccontano che non esiste. Poi però attaccano a parlare di massimi sistemi (essenza della destra, essenza della sinistra, l’America, quanto è brutta la guerra).
    Siccome non accettano che “la verità storica” sia una cosa complicata che non consiste mai di una singola spiegazione, né di una spiegazione fatta una volta per tutti, allora pussa via, sciò, non vale la pena parlarne.
    Che la storia sociale sia fatta anche di storie personali li infastidisce particolarmente. Come se gli individui disturbassero il quadro di astrazioni che dovrebbe emergere sovrano, puro, oserei dire platonico.
    Continuo a sostenere che questa cosa che la “verità storica” non esiste è un errore di metodo. Essa esiste e deve essere sostenuta, poiché non esiste, certo, come la statua di Garibaldi là fuori, ma come qualcosa di ben più vivo. E che ha un peso enorme su come concepiamo le politiche del presente. Questo pezzo di Orsola, d’altronde, è talmente cristallino ed evidente da costituire lo strumento più efficace per dimostrarlo.
    Scusa la causticità, Massimo, questi sono temi che mi stanno particolarmente a cuore e credo che un eccesso di decostruzione abbia colpito (e punito) in primis noi di sinistra.

    un saluto,
    r

  32. @ massimo

    detto senza astio : ma quando la si smetterà di “fare i tafazzi” e di additare, conformisticamente – perchè questo è il mainstreaming adesso- alla sinistra anche le colpe che non ha? non è colpa della sinistra se esiste berlusconi, ma perchè l’Italia è il paese di guicciardini, dell’eterno “particulare” e berlusconi , da Magnifico Cartaro, lo rappresenta al massimo grado questo particulare, che piace al “blocco storico” che si vede rappresentato in berlusconi, ci piaccia o meno. Una cosa è dire questo, un’altra è dire quello che tu -ADESSO, dici, quando lo dicono tutti, ma che qualcuno – e tra questi io- tali cose le diceva trenta e più anni fa, quando non era “mainstreaming” dirlo, tuttavia era storicamente NECESSARIO, dirlo. Ora è puro conformismo, mero in/consapevole contributo al gattopardismo anche in sede di “revisionismo storico” ( ad uso del Dominus di turno). Altra, infine, è dirlo qui, in un episodio di falsificazione di quella “microstoria” costituita di fatti precisi e circostanziati che sono la vera essenza della storia (con la minuscola, cioè a dire quella vera). Dirlo qui , nonostante le tue buone intenzioni, che non metto in dubbio, non fa altro che contribuire a quell’enorme polverone che serve a chi – con perversa determinazione – persegue l’obiettivo di falsificarla quella “microstoria”. E – credimi- non c’entra nulla la “nostalgia” né le dinamiche da guerra civile”; la sinistra , nella dinamica della dialettica storica, è stata sconfitta dalle forze in campo. Ora è il tempo del ripiegamento e dell’autocritica, e di questo io, che mi autodefinisco “comunista liberale”, non ho nessuna nostalgia: semplicemente ne prendo atto e guardo avanti, cercando di capire quale sia il modo migliore, ma mai fino a negare se stessi e la propria identità, diamine….. e sarebbe ancora lungo il “discorso”. Però non vado oltre, per rispetto a Orsola e al suo post, ma soprattutto per rispetto al luminoso esempio dell’allora suo giovane zio, che di certo comunista non era, ma che mi rappresenta più e meglio dei comunisti, e proprio ORA, hic et nunc. Essere fedeli a quel valore da lui rappresentato è “ideologico”? No, non credo. Lo trovo necessariamente ATTUALE , e poi, se così non fosse, VIVA L’IDEOLOGIA, allora!

  33. se adesso ci troviamo in questa italietta berlusconiana, la colpa è più della sinistra che di Berlusconi stesso

    e te pareva!

    ad ogni modo io non ho nostalgia di nulla (chi potrebbe mai avere nostalgia di una guerra civile) riconosco solo, storicamente (ma non solo) i meriti di chi li ha avuti.

  34. io, che mi autodefinisco “comunista liberale”

    salvatore lo sai che carlo rosselli, dopo aver scritto un libro Socialismo liberale (che tutti conoscerete) in una lettera (una delle ultime) dice che sta nascendo un comunismo liberale?

  35. Grazie Orsola, un abbraccio grandissimo. Qui la Storia va riaffermata pezzo per pezzo, contro tutti i millantatori che girano indisturbati e che si vantano di essere bibliofili, culturame spiccio per famiglie da canale 5, che si sentono dire da Dell’utri che i diari, veri o falsi non importa, di un dittatore sono importanti e intanto non rendono note le pagine di Petrolio su Cefis e lo scandalo del petrolio. Orrore puro, grazie Orsola! W Puecher e tutti i partigiani!!!

  36. @ georgia

    cara geo, Moravia, che di Carlo Rosselli era cugino, poco prima di morire, durante il dibattito sulla “cosa”, sul cambiare o meno il nome al Pci, aveva sostenuto che la “cosa” bisognava si chiamasse “Partito Comunista Democratico”, e non tanto perchè il Pci non lo fosse- chè già Togliatti aveva impresso quella svolta a partire dalla riunione di Salerno nel 1944- ma per indicare una prospettiva e un cammino, dopo la caduta del muro e dell’utopia sovietica, andata già irrimediabilmente in vacca da decenni.
    Ad ogni modo credo che quella sia la via e la prospettiva, anche se il cammino sarà ancora lungo e accidentato – e chissà per quali e quanti ancora accidenti bisognerà passare, ché solo la vulgata “socialdemocratica” pensava a un cammino del Socialismo radioso e senza intoppi. Purtroppo i tempi della Storia (ahimè, con la Maiuscola) non sono quelli di un singolo uomo, e dunque con ogni probabilità non lo vedremo, ma quella è la prospettiva, ne sono abbastanza convinto, e credo che in quella direzione si dovrà guardare. Del resto, la Rivoluzione Francese, che ha accelerato il lento processo dell’affermazione del modo di produrre borghese e dell’ascesa della borghesia come classe sociale “generale”, già iniziato verso il 1450-1587,ci ha messo poi tre secoli, passando per gli orrori del nazifascismo e per l’Imperialismo coloniale, per presentarsi nell’attuale veste “globalizzata” e di democrazia diffusa ( a certe condizioni, s’intende)..e ancora non ha dispiegato o esaurito tutta la sua funzione storica. Quelli che cantano – a tromboni spiegati – la morte del socialismo, dopo che i “tromboni del socialismo reale”, in salsa stalino-leninista-terzomondista sono stati giustamente messi a tacere dalla Storia- dovranno ricredersi, perchè “questo” modo di produrre e consumare ci sta portando alla catastrofe planetaria. Non so quale sarà il percorso – e in quali altri orribili incidenti (etno-leghismo, neoteocrazie, cricco-fascismo ecc.) di percorso si dovrà incorrere, ma – sempre che questo povero amato e scassatissimo Pianeta non sia fatto fuori da catastrofi dall'”outer space” – quella sarà la prospettiva, quella è la “speranza”;: un comunismo liberale, per dirla, non solo con Rosselli & Gobetti, ma anche con una lettura postmoderna di Gramsci.
    Eh, sì, in fondo in fondo, sono sentimentalmente legato ancora a quel “vecchio zio comunista” del film di Kusturica (Papà è in viaggio d’affari, se non erro) il quale, sul letto di morte, e mentre intorno a lui il regime di paese si sfalda nelle ruberie e nell’ipocrisia, ancora sogna , con ingenuità e poesia, delle grandi conquiste del Pensiero e della Ragione umana, che arriverà a poter far pendere di quel tanto l’inclinazione del’asse terrestre tale da assicurare un clima adatto allo sviluppo illimitato delle risorse eccetera eccetera…
    Per dire, se questa è la realtà, meglio quel vecchio zio, e in barba a ogni messianesimo razionalista…si capisce! (Lo dico prima io, per prevenire gli esperti del…manicure elettronico in agguato!).
    Stammi bene. Pe’ cient’anni e in buona salute! Amen.

  37. Lo storico Sergio Luzzatto distingue tra storia e memoria.

    Tutti facciamo parte della storia d’italia che è appunto una, con le sue tragedie, la guerra, il fascismo, la resistenza, la memoria invece non è una sola, non può esistere una memoria condivisa come vorrebbero certi revisionisti, perché se i morti sono tutti uguali e lo sono , non uguali furono i vivi. Il fascista era diverso dal comunista e altri e un saloino diverso dal resistente.

    La storia italiana li comprende entrambi, la memoria guarda a loro in modo diverso e non potrà essere che così

  38. @ Salvatore D’Angelo

    Credo anch’io che o ci sarà socialismo o ci sarà miseria.
    Ma quando verrà, se verrà, sarà MALGRADO e OLTRE certa sinistra.

    @ renatamorresi

    Non credo di capire bene. In realtà io sono convintissimo che la storia sia fatta ESSENZIALMENTE di storie personali. C’è molto poco di platonico in quello un cui credo. La verità storica esiste, certamente, ma non è mai così cristallina come si potrebbe sperare.

  39. […] Meno male che in rete c’è la nipote di Giancarlo Puecher*, pronta a scorciare le già corte gambette delle panzane sallustiane. Già, perché Giancarlo Puecher** non fu condannato a morte quando «la Repubblica di Salò era ormai alla fine», ma il 23 dicembre 1943, cioè all’alba dei nefasti repubblichini. Giancarlo Puecher fu condannato a morte per rappresaglia, non per omicidio. Giancarlo Puecher fu condannato a morte da un tribunale speciale fascista, non da un generico tribunale, e solo un fascista poteva dirigere un tribunale speciale fascista, dunque il nonno di Alessandro Sallusti non poteva non essere fascista. […]

  40. mettere agenti provocatori alla guida di un giornale pescandoli nel nero abisso dei frequentatori diuturni delle osterie meriterebbe una risposta carica d’indifferenza(ma non è molto facile quando brucia ancora quel “pirlacchione” affibbiato a chi col sorriso sudava sangue cercando disperatamente una via d’uscita da un inferno creato ad arte da coloro che ragionano sempre e comunque solo in termini di profitto,con una dignità che certi alfieri del revisionismo storico nemmeno si sognano)

  41. orsola, scusa se ti faccio una domanda (se non rispondi capirò) ma telese ti ha mai risposto? perchè ogni tanto vado a vedere nel blog e nel sito del fatto e vedo che non si è neppure degnato di scusarsi, certo lo avesse fatto in privato sarebbe un altro discorso … ma se neppure lo ha fatto in privato sarebbe veramente arrogante e vergognoso.
    geo

  42. [ intanto grazie a tutti – lascio scorrere i commenti con grande interesse, raccogliendo molti spunti che cercherò di sviluppare in futuro – al di là di questo singolo episodio ]

    georgia l’unica “risposta” in zona fatto quotidiano è stata la quasi immediata misteriosa sparizione del trackback di questo mio post, presente fino alla tarda mattinata di domenica 21, sotto l’articolo da me citato, cioè del link che si forma automaticamente sul proprio sito quando si viene citati nella rete ( vedo che, per ora, sopravvive il trackback de La poesia e lo spirito che ha ripreso questo post ieri sera ), per il resto silenzio e il silenzio vale per me più di una risposta, a questo punto.

    ,\\’

  43. il trackback non appare in tutti i blog (o di tutti i blog, ad esempio quelli di splinder non appaiono altro che in area splinder), però se lo hai visto apparire e poi sparire è una cosa veramente vergognosa e arrogante … come del resto sospettavo fosse e non sarebbe neppure la prima volta che succede. Ora nessuno è perfetto e tutti possono sbagliare (anche telese) ma se ti dicono che hai sbagliato portando prove inconfutabili … cavolo o ti scusi oppure sei come sallusti, ne più ne meno. Poi non esistono scusanti, perché a parte i commenti che tu hai lasciato nel blog e nel sito, il tuo post sta girando parecchio … difficile che a telese sia sfuggito ;-)
    Grazie della risposta … era come temevo e ci tenevo che tu lo dicessi qui, visto che in molti eravamo incerti che quelli del fatto si fossero comportati in maniera così leggera e arrogante.

  44. Orsola, grazie.
    I morti NON sono tutti uguali.
    Il nonno Sallustio sarà felice di avere un nipote che gli fa onore, se non che, come insegna Benjamin, la storia non si ripete e se lo fa la tragedia si trasforma in farsa. Non a caso parliamo di pagliacci…
    Un abbraccio
    Lello

  45. sono schifata.
    solidarietà a orsola
    e come diceva georgia, questa storia sta girando, sui blog e su fb, perchè rimanere indifferenti non si può.
    (per quanto mi riguarda, telese è la seconda grossa merda che pesta, dopo quella del coccodrillo a KoSSiga piuttosto lacunoso smemorato…e dire che non lo seguo neanche tanto…)

  46. una piccola notazione

    L’altro giorno quando ho letto il tuo post ero andata nel blog di telese (nella home) per ricercare direttamente il pezzo (che non era più in home) ho pigiato, per cercarlo, sulla sezione “Articoli”, e l’articolo naturalmente c’era, elencato (e linkato) fra gli altri … oggi sono ritornata e l’articolo non c’è più … non che sia stato cancellato naturalmente, infatti se in “cerca” metti sallusti arrivi subito all’intervista (che è presente poi a destra all’apertura di ogni altro articolo), ma non è più visibile direttamente nella sezione Articoli dove nella prima pagina ci sono articoli dal 23 novembre al 2 novembre …. deduco che (da quando molti hanno cominciato a scrivere a lui e al Fatto e il tuo post circola in rete) più che a pensare di rispondere per scusarsi, stia piano piano, facendo finta di nulla, cercando di far scivolare, l’intervista in luoghi sempre meno visibili … :-(.
    geo

  47. Ad ogni buon conto, ritengo sia necessario che si vada sul sito de IL FATTO QUOTIDIANO e sul blog di Telese e lasciarvi, a oltranza, la richiesta di ospitare la precisazione di Orsola Puecher. La linea da Telese fin qui scelta è la più squalificante e vergognosa. Per quanto mi riguarda, ho deciso – a malincuore – di astenermi dall’acquistare quel quotidiano fino a che non verrà accolta la smentita di Orsola Puecher.
    Facciamo cittadinanza attiva, tempestiamolo/i di mail. Non diamogli alibi col nostro silenzio.

  48. L’articolo sul blog di Telese non c’è, manca preciso preciso… nemmeno sul sito del FQ riesco a trovarlo, solo via google. Secondo me avete troppo fiducia nel Fatto Quotidiano: sono giornalisti come gli altri, e dai giornalisti non ‘è da aspettarsi nulla, non da ora. Sarà perché scrivono per vendere che alla fine alla fine i giornalisti diventano specialisti anche nel vendersi?

  49. c’è, c’è, sta nell’archivio degli articoli per il Fatto, non in quello del blog – silenzio assordante, comunque, evidentemente per Telese queste precisazioni sono pedanterie, quello che conta è “l’effetto” del Sallusti triste come uno chansonnier

    blah

  50. @ Lello Voce

    “I morti NON sono tutti uguali”

    Ecco un’affermazione che sembra racchiudere chissà quale verità, e invece racchiude solo il germe sempre attivo di qualche bel massacro.

    La faccenda della tragedia e della farsa l’ha detta Marx (Il diciotto brumaio di Luigi Bonaparte). Ma fa molto più figo citare Benjamin.

  51. Via google l’articolo si trova, l’avevo detto, ma nel sito del FQ è ben nascosto [essendo fortunatamente stupido ho più difficoltà di altri a trovare le cose, infatti non ho trovato l’archivio neanche questa volta] Però sono tornato sul blog di Telese nel Fatto Quotidiano: l’articolo non c’è, al contrario che nel suo blog personale.

    http://www.ilfattoquotidiano.it/blog/ltelese/

  52. grazie di averci regalato pezzi fondamentali di storia della tua famiglia, che è anche storia nostra.
    la lettera è bellissima, la leggerò ai miei figli per insegnare loro chi erano i partigiani e gli antifascisti, e per spargere gli anticorpi della memoria in questo povero paese.

    ho scritto al blog di telese, che mi ha fatto vergognare di avere comprato qualche volta “il fatto”.

  53. Sig. Massimo,
    “cinto erniario della coscienza… dessa pietà move…” Scusa Ingegnere l’orchidismo plagiario …
    “il male è connaturato alla specie … così come il bene.”
    … la storia sia fatta essenzialmente di storie personali.”
    Navighiamo tra Alberoni, Lombroso, A. Sordi, Lorenz, il barzellettiere del CEPU …
    Che il cielo la aiuti, gentile sig.!

  54. Hanno solo paura di esser querelati, questo credo sia il silenzio del giornale. Spero che la famiglia quereli il giornale in causa ed il diffamatore. Credo che ci sian tutti gli elementi per una querela. Tanto si deve (a mio avviso) al giovane Giancarlo Puecher.

  55. @ Sterco

    Il barzellettiere del CEPU non è male…
    Mah, più che Alberoni, Lombroso e Lorenz direi che viaggiamo tra Flaiano e Nietzsche… e naturalmente A. Sordi.

    L’Ingegnere ormai è un paravento desueto. Però fa figo, lo ammetto.

  56. La vera storia si fa spiegando come un ragazzo di 20 anni parte volontario in luglio e diventa partigiano in settembre. Ma chi la fa?

  57. La voce di wikipedia, la cui autorevolezza va sempre relativizzata, a cui ci si riferisce riporta in modo frettoloso e distorto la questione, che in effetti appare assai incongrua messa così. Giancarlo Puecher fece domanda di entrare in aviazione come allievo ufficiale e superò solo la visita di idoneità. Raccontava mio padre, a cui ora purtroppo non posso più chiedere nulla, che la sua passione per lo sport e per il volo, ma anche un momento di crisi personale dovuto alla morte della madre, avesse determinato questa scelta, non molto caldeggiata in famiglia, inoltre. Nei mesi dell’estate del 43 lasciata Milano in seguito al bombardamento della sua casa, dopo 25 luglio e 8 settembre raggiunse come molti in breve tempo una maturazione umana e ideale che gli fece fare scelte molto diverse e molto nette, come si evince dalla sua fine prematura, e fino a pochi mesi prima impensabili. Questo è un delicato aspetto di quei momenti storici molto difficili e confusi, che, se non fosse stato fucilato a vent’anni, solo lui avrebbe potuto raccontare.

    ,\\’

  58. la storia di come un giovane si arruoli volontario e poi diventi partigiano (o altri episodi) a me interessa fino ad un certo punto (esistono migliaia di libri, diari, romanzi, documenti sopra questo argomento), chi è bambino, ragazzo o addirittura nasce sotto il fascismo, non conosce altro, quindi è chiaro che vive della cultura fascista, poi la storia fa cambiare, aiuta a spezzare il tetto di ghiaccio che sovrasta ogni nuova generazione. C’è chi più grande cambia nel ’24 (uccisione Matteotti), chi nel ’35 (guerra d’Etiopia), chi nel ’36 (Spagna) chi nel 38 (leggi razziali) e chi nella repubblica di Salo.
    A me interessa sapere come nel 2010 si possa dire (anzi pubblicare su un giornale) che uno è stato ucciso perchè condannato da un tribunale per omicidio (quando addirittura si trovava in prigione al momento dell’uccisione del federale), quando invece fu ucciso per un atto di rappresaglia dei nazi fascisti di salo. Mi interessa sapere come un giornale nel 2010 possa far passare un atto indegno e infingardo di revisionismo alla io boja, come quello di sallusti, senza essere minimamente interessato a smontare la tesi fornita dal nipote di colui che presiedeva il tribunale allestito allora al solo fine di fare rappresaglia.
    geo

  59. Anche il giovane ufficiale Nuto Revelli, parte volontario per il fronte russo e proprio lì in brevissimo tempo capirà la tragedia della guerra , del fascismo e del nazismo, come racconta nel suo, Mai tardi. Diario di un alpino in Russia. Tornato miracolosamente da quell’inferno diventerà partigiano e descriverà in alcuni libri la sua vicenda e quella di tanti altri come lui o diversi da lui.

  60. Condivido il commento di Georgia!

    Era una stagione,
    era ragazzo, era ragazza
    è morto cosi, è morta cosi
    con nel cuore già nella neve
    in una parte dell’Italia
    dove l’inverno era senza fine,
    non verrà la primavera,
    è morto con l’amore della libertà,
    fucilati in un pratero o contro un muro di città
    ma l’orizzonte negli occhi
    ignoro come era il colore degli occhi,
    ma in 2010 sento la loro giovinezza
    eterna,
    tante morti nelle famiglie,
    spesso giovani,
    morti a venti anni
    Chi ha scritto nel Giornale
    ha la memoria ammalata,
    si urta alla verità,
    la torce per fare una menzogna.

    “E’ la macchina del fango”

  61. Nuto Revelli (Cuneo, 21 luglio 1919), diplomato geometra, a vent’anni entrò all’Accademia Militare di Modena dell’Esercito, rimanendovi per due anni, raggiungendo il grado di capomanipolo della Milizia Volontaria di Sicurezza Nazionale. Nel 1942, con il grado di sottotenente, partì con la Divisione Tridentina nel battaglione Tirano del 5º Reggimento Alpini per il fronte russo. Nel 1943 fu tra i pochi fortunati che sopravvissero alla ritirata nel grande freddo e riuscì a rientrare in patria. Dopo l’8 settembre entrò nelle milizie partigiane.

  62. Pure io solidarizzo con Orsola (che ringrazio per l’articolo), mi incazzo con Telese e Il fatto, e quoto Georgia: ben detto.
    Qualcuno prima parlava di filologia: basterebbe un minimo di deontologia e onestà intellettuale, roba in via di estinzione nel giornalismo di qua

  63. Ho appena scritto una mail a Furio Colombo, denunciando la porcata nei confronti della memoria del valoroso partigiano Giancarlo Puecher e dei suoi cari familiari. Chiedendo al grande giornalista un suo interessamento alla vicenda/porcata. Vorrei far giungere, qui, a Orsola Puecher e ai suoi familiari tutto il mio affetto, grande stima e amicizia.

  64. brava georgia, e – per un elementare dovere di cittadinanza attiva- sarebbe bello che tutti quelli che intervengono qui, comunque la pensino, tempestasserro il FATTO QUOTIDIANO e il blog di Telese perchè vi sia ospitata la replica di Orsola Puecher. Non c’è altro da fare che questo…

  65. perfetta sintonia con salvatore d’angelo.
    ad ora, sul blog di telese, dopo quello di orsola puecher, non si sono aggiunti neanche quindici commenti a chiedergli conto, dovute scuse, e rettifiche.
    personalmente, mi sarei aspettata una “raffica” di commenti di là, almeno pari a quanti hanno commentato qui.
    basterebbe un commento secco, senza tanti virtusuismi e citazioni.
    semplicemente esserci, e chiedere conto…..

  66. …e ovviamente mi riferivo anche alla “micragna” di commenti all’articolo sul fatto “via” NI e dintorni.

  67. Stalker,

    Non conosco il blog d Telese. Vorrei scrivere un commento, ma so che scrivo malissimo in Italiano e ho paura di “nuocere” a Orsola.
    Qui su Ni sono tranquilla, perché la mia lingua storta non è giudicata.
    Ma provo…

  68. Finalmente ho lasciato un commento sul blog. Dopottuto non è male che una francese faccia un commento. Mostra che il suo testo vergognoso è rimprovato da oltre Alpi.

  69. Armando Torno con Massimo Cacciari, P. Pilato, Milano, Bompiani, 2007.
    Armando Torno con Marcello Dell’Utri, Barabba, Milano, Bompiani, 2010.

  70. Dopo essere venuta a conoscenza di questo fatto vergognoso, e aver visto che Telese non si è scusato, non ha rettificato, non ha spiegato, niente di niente, per quanto mi riguarda non leggerò più il giornale Il Fatto e quando mi capiterà, contro mio volere, di vedere la faccia di Telese in televisione penserò sempre la stessa cosa: che io non dimenticherò questo fatto e che è una vergogna.

    Ma la rete è grande e le notizie corrono lo stesso. Non c’è bisogno di concessioni di Telese: se vuole comportarsi in questo modo faccia pure. La rete non perdona. La memoria resta. E qui si è voluto cambiare una (e la) storia, fregandosene di tutto e di tutti, eh.
    Invito allora tutti i lettori che passeranno di qui a diffondere anche via mail il bellissimo articolo di Orsola Puecher o a linkare lo stesso nei propri blog o inviarlo ad altri ancora.

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orsola puecherhttps://www.nazioneindiana.com/author/orsola-puecher/
,\\' Nasce [ in un giorno di rose e bandiere ] Scrive. [ con molta calma ] Nulla ha maggior fascino dei documenti antichi sepolti per centinaia d’anni negli archivi. Nella corrispondenza epistolare, negli scritti vergati tanto tempo addietro, forse, sono le sole voci che da evi lontani possono tornare a farsi vive, a parlare, più di ogni altra cosa, più di ogni racconto. Perché ciò ch’era in loro, la sostanza segreta e cristallina dell’umano è anche e ancora profondamente sepolta in noi nell’oggi. E nulla più della verità agogna alla finzione dell’immaginazione, all’intuizione, che ne estragga frammenti di visioni. Il pensiero cammina a ritroso lungo le parole scritte nel momento in cui i fatti avvenivano, accendendosi di supposizioni, di scene probabilmente accadute. Le immagini traboccano di suggestioni sempre diverse, di particolari inquieti che accendono percorsi non lineari, come se nel passato ci fossero scordati sprazzi di futuro anteriore ancora da decodificare, ansiosi di essere narrati. Cosa avrà provato… che cosa avrà detto… avrà sofferto… pensato. Si affollano fatti ancora in cerca di un palcoscenico, di dialoghi, luoghi e personaggi che tornano in rilievo dalla carta muta, miracolosamente, per piccoli indizi e molliche di Pollicino nel bosco.
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