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Verifica dei poteri 2.0

Def 6

6. Il «sistema sanguigno della repubblica delle lettere», oggi

Allora, riassumendo: cosa accade? La critica “ufficiale”, quella che vive sulle riviste cartacee e sui giornali, per tutta una serie di motivi (ne abbiamo accennati solo alcuni), attraversa una generale crisi di legittimità. Mancano gli spazi dove esercitarla. L’autonomia (di giudizio, di canone) erosa. Il conseguente ripiegamento su di sé la rende sorda alle richieste di riconoscimento da parte degli scrittori più giovani (non solo anagraficamente), così come i normali processi di ricambio e dialettica interna al campo appaiono inceppati: alcuni scrittori e critici a vario titolo subalterni, marginali (o detto altrimenti: dominati all’interno del campo letterario), vedono nel web uno spazio dove potersi riunire, riconoscere, esprimere. Questo spazio, per iniziativa di alcuni attori (inizialmente molto pochi, per lo più scrittori), si dà una struttura, conquista un’autorevolezza, diventa una sede credibile per discussioni a cui partecipano anche altri critici, altri scrittori, inizialmente lontani e diffidenti rispetto a Internet.

Nel 2006 il Best off della minimum fax, una sorta di rivista-libro che sul modello di simili iniziative americane raccoglie quanto di meglio si sia pubblicato nel corso dell’anno, è affidato al guest editor Giulio Mozzi, il quale include nella sua scelta molti testi (tutti saggi) che sono apparsi la prima (e spesso unica) volta in rete.

Quando Antonio Pascale, l’anno scorso, incluse nel suo Best off alcuni pezzi pubblicati da riviste in rete – scrive Mozzi nell’introduzione –, ci fu chi si stupì, chi rimase perplesso, chi scrollò la testa, chi si entusiasmò e chi disse: “Finalmente”. A solo un anno di distanza le cose sono ancora un po’ più complicate. In parole povere: il circuito dei mezzi di comunicazione si è saldato. Oggi può succedere che un critico letterario pubblichi un articolo assai polemico in un settimanale a grande tiratura, e un’altra versione (più lunga e approfondita) dello stesso articolo in una rivista in rete; che un giornalista gli risponda non sul giornale, ma nel proprio blog; che la discussione venga ripresa da un paio di quotidiani; che le riviste in rete ripubblichino, suscitando ampie discussioni, tutti questi materiali; che altre riviste in rete li riprendano o semplicemente li discutano linkandoli; che nuovi articoli vengano pubblicati qua e là, sulla carta e nella rete; eccetera.[29]

Se fino a qualche anno prima il «sistema sanguigno della repubblica delle lettere» era formato da poche riviste tradizionali (più o meno prestigiose, più o meno diffuse), oggi esso «è costituito da quegli stessi soggetti, più una quantità di pubblicazioni avviate nella rete, più le versioni per la rete delle riviste già pubblicate in carta, più una ormai collaudata consuetudine a mettere in circolazione qualunque materiale risulti rilevante, più una grande quantità di pubblicazione personali in rete che senza avere il carattere di rivista contribuiscono alla circolazione e alla produzione di materiali, eccetera».[30]

Quanto più la struttura del sottocampo letterario del web si consolida e si differenzia, tanto maggiore è la sua influenza sul campo letterario nel suo insieme. Il numero degli scrittori e critici che volenti oppure obtorto collo prendono parte a discussioni in rete va aumentando, mentre «Nazione Indiana 2.0» ne diviene il principale crocevia (con medie di 20-30.000 contatti giornalieri). Sulla questione del «ritorno alla realtà» nella narrativa contemporanea sollevata da «Allegoria» e sul saggio di Wu Ming 1 New Italian Epic si confrontano nei commenti di «Nazione Indiana» numerosi attori fino a quel momento estranei al web, tra cui Andrea Cortellessa, Raffaele Donnarumma, Nicola Lagioia, Tommaso Ottonieri e Tommaso Pincio. Quando Paolo Nori nell’autunno 2009 accetta l’invito a collaborare con «Libero» si apre un ampio dibattito sulla questione se, e fino a che punto, uno scrittore possa venire a compromessi con un sistema editoriale e mediatico egemonizzato dal Presidente del Consiglio. Una questione complessa se si considera, come ha invitato a fare Helena Janeczek, che non appartiene a Berlusconi soltanto «Libero», ma anche il maggiore gruppo editoriale italiano, Mondadori, e perfino la principale casa editrice di cultura, Einaudi. La discussione, che inizia su «Nazione Indiana 2.0», trova larga eco nei media, sul «Corriere della sera» come sul «manifesto», anche alla radio, e all’inchiesta sulla «responsabilità dello scrittore» lanciata dai redattori del blog rispondono tra i molti altri il sociologo Alberto Abruzzese e gli scrittori Erri De Luca, Ferruccio Parazzoli, Franco Cordelli, Laura Pugno e Gianni Celati. Una delle discussioni più intense del 2009 (con 514 commenti e larga eco su «Il primo amore», «Carmilla», altri siti e giornali) è quella sviluppatasi a partire da una stroncatura del pamphlet New Italian Epic apparsa su «Alias» a firma di Emanuele Trevi: nel confronto, serrato e di grande interesse, le posizioni dei partecipanti – tra cui gli stessi Wu Ming 1 e Trevi[31] – emergono con una chiarezza e profondità (a volte addirittura eccessiva) impensabile sulla carta stampata.

L’ecosistema della discussione letteraria è dunque notevolmente più ampio e complesso da quando si è costituito il sottocampo del web. Maggiore complessità non significa necessariamente maggiore profondità critica o capacità di produrre cambiamento. Può anche significare maggiore dispersività, o il rischio – sempre presente – di rimanere frastornati dal clamore delle polemiche, dei commenti, della proliferazione di identità e di voci. Il mezzo, accanto a grandi potenzialità, ha evidenti limiti intrinseci. Quando tra il proprio pensiero e il renderlo pubblico c’è solo un tasto da premere, quando ciascuno può essere, per così dire, editore di se stesso, la tentazione della reazione immeditata, della chiacchiera fine a se stessa è indubbiamente forte, anche per coloro che – in altre sedi – mostrano di aver saldamente incorporato l’habitus dell’ascolto e dell’interlocuzione proprio della discussione letteraria. Non si possono, d’altra parte, chiudere gli occhi di fronte a un reale effetto di “divulgazione” che la rete ha svolto in questi anni rispetto alle istituzioni letterarie: soprattutto per i più giovani, Internet è ormai una palestra imprescindibile.

Delle ambivalenze, delle contraddizioni, delle prospettive antinomiche aperte dal web letterario si potrebbe scrivere ancora a lungo, tante sono le questioni che abbiamo necessariamente lasciato a margine o appena accennato. Ma è bene concludere qui questa verifica – la quale non ha altre pretese che quella di offrire un canovaccio, una serie di ipotesi aperte – e sottoporla a sua volta alla verifica di coloro che il web letterario hanno costruito, e degli altri interessati ad osservarlo, ricostruirne la storia, immaginarne l’avvenire.

Francesco Guglieri e Michele Sisto

[da Allegoria, n° 61]

[Immagini tratte da If We Don’t, Remember Me]


[29] G. Mozzi, Prefazione, in Best off 2006. Letteratura e industria culturale. Il meglio delle riviste letterarie italiane, a cura di G. Mozzi, minimum fax, Roma 2006, p. 8. Si noti che gli esempi portati da Mozzi si riferiscono ad attori concreti, i pochi ai quali si deve il risultato che possa succedere quello che egli descrive: il critico letterario che pubblica sul settimanale ad alta tiratura («L’Espresso») è Carla Benedetti, il giornalista che risponde non sul giornale («la Repubblica») ma sul proprio blog è Loredana Lipperini, tra le riviste che ripubblicano i materiali in rete c’è «Nazione Indiana», ecc.

[30] Ivi, p. 11.

[31] È interessante registrare le sue reazioni di neofita, che in poche decine di commenti deve apprendere regole e consuetudini sedimentatesi in dieci anni di storia del web letterario: dopo un primo impatto entusiastico («ho scoperto il magico mondo dei comments con qualche decennio di ritardo, ma ormai è una dipendenza!»; «è bellissimo chiacchierare così di cose supreme!»), Trevi si scontra con i principali inconvenienti del web: «avrei tante cose da raccontare […] ma ragazzi, bisognerà trovare un minimo di ordine in questo guazzabuglio!!!»; «perché la maggior parte delle persone non si firma con nome e cognome?»

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18 Commenti

  1. A proposito della postilla nr.2 vorrei segnalare il libro di S.Halimi, allievo di Bordieu, “Il grande balzo all’indietro” edito in Italia da Fazi. Halimi è ora vice-direttore di Lediplò, LemondeDiplomatique. Libro splendido e autore molto acuto.

  2. Avendo vissuto tutto il periodo in questione su molti dei luoghi riportati e avendone visti nascere/morire tanti altri, devo dire che l’articolo e’ tutto sommato obiettivo, ma molto limitato alla sola punta dell’iceberg e davvero a spanne nelle conclusioni sui meriti/demeriti conseguenti.

    Anzitutto io contesto che i luoghi citati nell’articolo abbiano rappresentato il meglio, qualitativamente parlando, emerso in questi 13 anni sul web italico, a parte forse la “societa’ delle menti” di clarence (by Genna and friends) di fine anni ’90 che davvero foro’ la cappa generazionale e consenti’ il primo reale contatto fra outsider ed insider senza davvero alcun filtro all’ingresso.

    Mancano esperienze partite dal basso quali i newsgroup di meta’ anni ’90 (it.arti.scrivere, it.arti.poesia); mancano i siti seminativi della fine anni ’90 (almeno bookcafe, arpanet, pseudolo, fernandel, il bollettino vibrisse spedito via mail); mancano esperienze degli anni 2000 (penso almeno a sguardomobile, il compagno segreto, zibaldoni, la dimora del tempo sospeso, il magazine triestino fucine mute e anche al mio fu nabanassar).

    In sostanza, il dilemma che si inizia a porre a chi scrive di rete col piglio storiografico di chi traccia un bilancio e’ semplice: considerare i siti “mediani” come e’ stato effettivamente fatto, che convogliano e raccolgono l’attenzione -oltre che dei pochi del mestiere che mano mano si sono avvicinati al mezzo- del pubblico di rete di massa, costituito in larga parte da outsider (oggi si direbbe precari del settore umanistico) e persone piu’ o meno dignitose di varia estrazione e curiosita’ (insegnanti, sindacalisti, ex musicisti, ingegneri, preti, casalinghe); oppure considerare i siti che hanno prodotto (e in alcuni casi ancora producono) contributi letterari al livello -quando non notevolmente superiori- di quelli che fino a 15 anni fa finivano qualche volta in terza pagina.

    Tirando al massimo la questione e forte della mia esperienza sul campo, l’impressione e’ che questo articolo si limiti alle bollicine recenti del minimo ritorno mediatico, della minima pubblicita’ derivata dall’apertura al Dilettante (come qui nei commenti) e alle classifiche di gradimento, propria del web 2.0. Ma un occhio 2.0 giocoforza perde tutta la specificita’ del fu 1.0 che -ahi ahi, i bei tempi che furono- aveva tutto un altro spessore.

    E’ anche vero che dei pionieri resta un ricordo spesso mitizzato, ma la differenza tra il fu 1.0 e questo 2.0 (presto 3.0 interattivo su smartphone e altre diavolerie del genere)

  3. L’excursus storico della letteratura sul web presentato è piacevole e interessante. Spero voglia essere il primo capitolo di una lunga e più approfondita storia, altrimenti mi vedrei costretto a quotare in toto Il fuGiusco: sarebbe limitante certamente impreciso limitare il racconto della svolta della letteratura nel web rifacendosi esclusivamente a quei luoghi che hanno ricevuto maggior impatto “mediatico”, riproducendo in tal modo un meccanismo che offline già sappiamo tutti come funziona. E siccome mi pare che si è tutti d’accordo sul fatto che la quantità non è sintomo di qualità, mi aspetto che vecchie e nuovissime esperienze e progetti vengano presi in considerazione, come anche un elevato numero di “riviste” online. Voglio anche sperare che la poesia rientri nel discorso storico sulla letteratura nel web e che i siti elencati dal Giusco trovino il loro spazio.

    Luigi B.

  4. Molto interessante, aspetto con curiosità anche il seguito.
    P.s.: per dovere di cronaca, mi pare che nel saggio si menzioni anche vibrisse bollettino via mail e Zibaldoni.

  5. Articolo molto interessante, che come fa notare GiusCo non prende in considerazione usenet, ma è abbastanza chiaro negli obiettivi che si pone.

    Le gif animate di http://iwdrm.tumblr.com sono meravigliose.

    A Domenico, le note a pié pagina hanno i link rotti, occorre usare la sintassi corretta su wordpress spiegata qui http://elvery.net/drzax/wordpress-footnotes-plugin

    La scelta di pubblicazione a pagine è molto interessante, ma il nostro tema grafico non mette i link in evidenza (le pagine successive sono elencate sotto gli articoli correlati) e, soprattutto, il feed RSS offre solo la prima delle pagine.

    La lettura forse ne risente, forse no, questo è il numero di pagine visualizzate per ogni pagina dell’articolo:
    (aggiornamento 29/3: ho aggiornato il conteggio delle visite)
    verifica-dei-poteri-2-0/index.php 519 794
    verifica-dei-poteri-2-0/2/index.php 96 144
    verifica-dei-poteri-2-0/3/index.php 82 110
    verifica-dei-poteri-2-0/4/index.php 78 93
    verifica-dei-poteri-2-0/5/index.php 65 94
    verifica-dei-poteri-2-0/6/index.php 65 116

    sembra che ci sia una grossa perdita di lettori (>80%) tra la prima e la seconda pagina.

    Scrivo qui queste note casalinghe a Domenico per comodità e faccio ancora i complimenti.

  6. Un saggio necessario e molto interessante: inconsciamente lo attendevo da tempo perché mette ordine tra luoghi usati per istinto ma mai adeguatamente metabolizzati.

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domenico pinto
domenico pintohttps://www.nazioneindiana.com/
Domenico Pinto (1976). È traduttore. Collabora alle pagine di «Alias» e «L'Indice». Si occupa di letteratura tedesca contemporanea. Cura questa collana.
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