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Un poeta per un poeta

di Gianni Montieri

(a Giuliano Mesa da un lettore)
A dover partire di ferragosto
è come mettere una parentesi
un cartello con la scritta:
“chiuso per ferie”

da questa parte della serranda
sotto la luce spenta dell’insegna
clienti affezionati attendono
che l’estate passi o che il racconto
finisca non con un finale ma
con un altro inizio, una parola nuova
basterebbe un tuo silenzio

(imparassimo anche noi a tacere
come un poeta dovrebbe
chiudere per ferie ogni tanto
starsene da parte, quando è tempo
e a suo tempo sapersene andare).

[16 agosto 2011]

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8 Commenti

  1. leggo questa poesia da stamattina, da quando Gianni me l’ha inviata in posta ancora scosso per questa dolorosa notizia. Dice così tante cose questo piccolo testo, partendo dalla data della festa, con le serrande chiuse per un lungo viaggio, e quel passo silenzioso di chi sa camminare al lato, lavorando senza bisogno di gloria. C’è una dignità in questa chiusa così piena d’umanità da spezzare le ginocchia e anche il filo del ragionamento razionale, quello che da ore cerca di dire a Gianni “grazie fratello mio”, per come mi racconti le cose e per come mi ricordi i fatti, anche le perdite dolorose. ecco, forse in qualche modo zoppicante, te l’ho detto. un abbraccio a te e …

  2. Intanto grazie a Saprz per aver scelto di pubblicare qui, questo piccolo saluto da lettore. Non pensavo di scrivere una poesia ma continuava a passarmi nella testa questo contrasto tra la banalità del ferragosto e la morte di un grande poeta. Un poeta del quale ho sempre percepito (e ammirato) una certa maniera di stare distante da certe “stanze”, certi modi di fare, cose che non c’entrano con la poesia. Ho il rammarico di non averlo conosciuto e la fortuna di averlo letto.

  3. Non poteva esserci dedica più consona e commovente, nella coincidenza. ( Letta la poesia, non conosciuto il poeta, il mio rammarico).
    Grazie, Sparz.
    Maria Pia Quintavalla

  4. Bellisssima, questa lettera poetica, un addio in punta di piedi…
    Agosto, mese deserte, la sagoma del poeta si è inghiottito nel buoi di una casa e non si affaccia al balcone. La poesia di Gianni dice molto dell’assenza
    eterna, del sorriso partito, del libro prossimo aspettato, ormai sempre nel silenzio. Ma rimangono le parole di Giuliano Mesa, l’affetto degli amici, il silenzio pudico di chi pensa a lui. Quando leggero una delle sue poesie, avvertiro la presenza di un gatto: leggera presenza, non la vedo, ma è qui, la sento.

  5. grazie a Natàlia, Maria Pia e Véronique per i commenti, agli altri che hanno letto e di nuovo a Sparz. E a Giuliano, ciao.

  6. Tempo di marciapiede

    Di chi è quel corpo riverso sul marciapiede,
    che la gente, indifferente, affarata scansa?

    Chi è chi negli occhi il corpo a freddo?
    Chi cammina? Chi è, all’ombra, dimentico a terra?

    Di chi sono quelle scarpe?
    Le scarpe sono di chi le compra? e chi le riceve in regalo?

    Di chi sono quei pantaloni bagnati di piscio?
    Forse sono di quel tizio che chiamano Nino?

    Di chi è quella maglietta a mezze maniche?
    Forse di quello che ha perso lavoro affetti casa e ciabatte?

    E quegli occhi all’indietro che vedono presente e futuro di chi sono?
    E quel corpo in posizione fetale di chi è da quando venne sgravato?

    Non è forse quello di Vinicio, l’uomo dalla faccia di vento?
    E neanche quello del tarantino né di Ninocco il butterato?

    E il cuore di chi è il cuore?
    E l’anima dall’alito cattivo di chi è la lungimiranza del passato?

    Forse di un uomo una volta bambino tra le fasce? Amato e accudito poi travolto dalle correnti dell’economia e della finanziata della vitamercato ?

    Forse tutte le mamme della terra hanno versato una lacrima nascosta?
    Perché una di loro una volta lo accompagnò in groppa a un cavallo alato?

    E’ lì, per terra, l’uomo: forse è giovane o invecchiato molto prima?
    Forse una vecchia barbona puzzolente si inginocchia e lo bacia?

    Ha per caso l’abitudine di incipriarsi di borotalco?
    Non è sua madre?

    Ma l’odore basta al punto da fermare il cuore?
    – Volevo che mi baciasse per l’ultima volta – disse.

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Antonio Sparzani, vicentino di nascita, nato durante la guerra, dopo un ottimo liceo classico, una laurea in fisica a Pavia e successivo diploma di perfezionamento in fisica teorica, ha insegnato fisica per decenni all’Università di Milano. Negli ultimi anni il suo corso si chiamava Fondamenti della fisica e gli piaceva molto propinarlo agli studenti. Convintosi definitivamente che i saperi dell’uomo non vadano divisi, cerca da anni di riunire alcuni dei numerosi pezzetti nei quali tali saperi sono stati negli ultimi secoli orribilmente divisi. Soprattutto fisica e letteratura. Con questo fine in testa ha scritto Relatività, quante storie – un percorso scientifico-letterario tra relativo e assoluto (Bollati Boringhieri 2003) e ha poi curato, raggiunta l’età della pensione, con Giuliano Boccali, il volume Le virtù dell’inerzia (Bollati Boringhieri 2006). Ha curato due volumi del fisico Wolfgang Pauli, sempre per Bollati Boringhieri e ha poi tradotto e curato un saggio di Paul K. Feyerabend, Contro l’autonomia (Mimesis 2012). Ha quindi curato il voluminoso carteggio tra Wolfgang Pauli e Carl Gustav Jung (Moretti & Vitali 2016). È anche redattore del blog La poesia e lo spirito. Scrive poesie e raccontini quando non ne può fare a meno.
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