ANNUNCIO AGGRATIS SULLA POLITICA

di Giorgio Mascitelli

Nei giorni scorsi un illustre imprenditore italiano, il dottor Diego Della Valle, ha pubblicato a pagamento sui principali quotidiani del paese una lettera alla nostra classe politica, nella quale come semplice cittadino esprimeva la propria indignazione nei confronti di questa classe per la sua conduzione del paese. Devo ammettere che ho trovato l’idea bellissima e sarebbe piaciuto anche a me fare qualcosa di simile, solo che, rotto il salvadanaio, mi sono reso conto che i soldi  bastavano appena per chiedere al mio edicolante di lasciarmi appendere un foglietto sull’edicola. O in alternativa potevo rivolgermi a qualche blog amico. Purtroppo la nostra democrazia funziona così: tutti sono semplici cittadini, ma alcuni hanno i soldi per gli annunci  sui giornali ( o per entrare nei consigli di amministrazione dello loro società editrici) e altri hanno i soldi solo per leggere i giornali e parlarne al bar con gli amici ( infine alcuni, ancora pochi per fortuna, non hanno nemmeno questa seconda possibilità).  Naturalmente non è una novità recente questa, le cose sono più o meno sempre andate così, ma per un certo periodo della storia della democrazia gli squattrinati ebbero la possibilità di far sentire la loro voce incanalandola in strutture organizzate che si chiamavano partiti politici.  Oggi questa possibilità non c’è più perché i partiti politici non hanno più spazio per le persone comuni, ma solo per professionisti della politica peraltro più avvezzi a frequentare il mondo dei media o della finanza che i luoghi sociali. Negli anni novanta, qualcuno si ricorderà, questo fenomeno si chiamava partito leggero ed era presentato come una gran novità in grado di rafforzare la democrazia perché la gente non ne poteva più dell’ideologia e voleva solo persone competenti.  Fortunatamente talvolta la voce di chi non ha voce fa ancora capolino in quelli che noi chiamiamo movimenti, queste piccole agorà transitorie subito rintuzzate dalle acropoli mediatiche e finanziarie, ed è solo lì che l’indignato squattrinato troverà spazio per il suo annuncio sui o ai politici.

Bisogna ammettere che l’indignazione per lo stesso problema visto con gli occhi di chi ha i soldi per pubblicare un annuncio e chi non li ha è di fatto diversa, così come fatalmente sono diversi i modi di vedere l’insieme delle problematiche sociali, in una democrazia questa diversità si esprime e si affronta con il dibattito, in alcuni casi perfino con il conflitto e in altri con la mediazione, richiamarsi a concetti generici come il bene della società, l’onestà e la competenza dei politici è un modo per eludere questa diversità e non dare voce a tutti. Non è un caso che l’attuale classe politica, specie dei partiti di governo, oggetto dell’indignazione di Della Valle e degli altri cittadini sia entrata in scena nel 1993-94 con parole d’ordine generiche sulla politica al servizio dei cittadini dicendo basta ai politici di professione incapaci di governare il paese e sottolineando che il successo di un imprenditore nel proprio campo professionale era di per sé garanzia delle sue capacità di governo.

Sulla competenza dei politici poi occorre dire alcune verità spiacevoli: non è vero che alla società civile o meglio ad alcune delle sue parti piacciono tutte le competenze, per fare un esempio nell’ultimo governo Prodi c’era un viceministro, che era indubbiamente un esperto di problemi fiscali e di lotta all’evasione, e che è stato cacciato tra il giubilo generale anche di molte persone che oggi sono indignate per l’incompetenza della nostra classe politica. La verità è che l’unica competenza realmente apprezzata nella società moderna, non solo in Italia, è quella al servizio di certi interessi, che come tali contrastano con altri interessi.

In realtà non si vede poi perché nella situazione attuale ci sia bisogno di politici competenti: se un politico competente leggesse per esempio la lettera di consigli tassativi rivolti al governo italiano dai presidenti uscente ed entrante della BCE, comincerebbe a fare previsioni sulle conseguenze sociali ed economiche generali e nel proprio campo di competenza di simili provvedimenti e forse ne ricaverebbe l’impressione che lo spazio per il lavoro di un politico serio oggi non c’è. Allora meglio una serie di volti simpatici e comunicativi capaci di rendersi interessanti al grande pubblico  sposando una fotomodella celebre o presiedendo una squadra di calcio o rispondendo a gestacci agli interlocutori o mettendo in risalto le proprie doti sportive od organizzando iniziative umanitarie.  Per questi motivi non mi sento di fare nessun appello ai politici: è la politica come istanza di governo democratico della società che sta scomparendo e l’ignoranza, la sguaiataggine, l’attaccamento ai propri privilegi e la disonestà di buona parte di quella categoria è solo una semplice conseguenza di quella scomparsa.

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6 Commenti

  1. Pur condividendo in massima parte il post, mi sembra quasi un atto di resa non voler o non dover fare un appello ai politici, nella convinzione che bisogna soltanto prendere atto del degrado generale, sintome estrema della fine della politica come “istanza democratica di governo democratico”.
    In realtà l’appello di Della Valle esplicita semplicemente e chiaramente il diffuso disagio del “popolo” (ovvero dei più) di essere rappresentati da una maggioranza di uomini politici cinicamente dedicati al loro vantaggio personale, senza un minimo di sentimento civico e rigorosità morale.
    Non so se tutti desiderano o meno una “competenza” del politico o del governo, personalmente la ritengo un prerequisito necessario: non affiderei a un meccanico la mia macchina se non avessi fiducia nelle sue capacità di ripararla!
    Non ce ne facciamo nulla dell’eloquenza spicciola, del saper parlare bene o simili se un ministro dell’economia non conoscesse ad esempio cosa è un Pil oppure cosa è una bilancia dei pagamenti o cose simili: farebbe più danni che altro!
    Non si può nè si deve prescindere dalla competenza, la conoscenza è tutto e fa di una nazione una nazione seria.

  2. Mi scuso per il ritardo nella risposta, tuttavia voglio chiarire che non c’è nessun atto di resa, anzi il richiamo ai movimenti è proprio un invito al protagonismo di tutti a non ripetere l’errore di 18 anni fa quando una simile indignazione partorì la delega a un uomo che in quanto imprenditore si presentava come competente e vincente. Quanto alla competenza è ovvio che sia un prerequisito ( anche se la capacità di scegliere collabarotori competenti e dunque la capacità di cogliere il livello delle persone è in senso tecnico la più importante qualità per un politico), ma il resta fatto che negli snodi decisivi solo raramente sono i politici competenti a essere sostenuti sia dalle masse sia dalle èlites. Come mai? E’ un fenomeno interessante sul quale occorrerebbe ragionare.

  3. il pezzo di giorgio, con il solito partito preso di candido – che riesce benissimo all’autore – ritorna su questioni fondamentali oggi. Quello che si annuncia oggi, anche se è un annuncio reiterato e prolungato, e una nuova parabola discenditiva, in cui un personaggio come Berlusconi non possa che provocare in peggio gli stessi effetti che provocò circa vent’anni fa la parabola discenditiva del suo amico Craxi.
    Ogni peggiore politica non fa che produrre – alla fine – un disgusto maggiore per la politica.
    La domanda che pongo a Giorgio è allora questa. Si può saltare la tappa dei movimenti? Si può biasimare la loro diffidenza per le sinistre istituzionali, che nei fatti (in Spagna e in Grecia) che in nome del risanamento del debito e dalle salvaguardia del sistema finanziario europeo peggiorano violentemente le loro condiziobi di vita?
    Prendila come domanda non retorica, anche se lo sembra.
    E sulla competenza dei politici e dei loro consulenti. Qui bisognerebbe aprire un capitolo altrettanto fondamentale. Quanti sublimi, raffinati, autorevoli, titolati cervelli sono stati prodotti dalle migliori università, hanno calcato le dirigenze delle istituzioni “somme”, megabanche, megaassicurazioni, megaagenzie di rating, negli USA, per dimostrare che lavoravano per il disastro di una maggioranza della popolazione statunitense e persino mondiale? Il primo punto è: competente non basta. Competente per conto di chi?
    Ma anche questa questione è toccata nel pezzo di Girgio.

  4. Caro Andrea, mi sembra che siamo d’accordo sulla questione dei movimenti: non solo non si può saltare il loro ruolo, ma è in qualche misura generatore di democrazia in questa fase. Quanto ai partiti politici della sinistra istituzionale hanno fatto di tutto per farsi guardare con diffidenza, il problema è di prendere atto che al di là della loro degenerazione quali possane essere le conseguenze del fatto che le grandi scelte politiche sono ormai prese perlopiù dal mondo finanziario

  5. Prendo una frase di tronti, che sto leggendo in questi giorni come contravveleno del mio movmentismo libertario:
    “Da quando non si forma più un governo politico sulla base di un progetto di società?”
    I diversi movimenti dovrebbero fornire alle sinistre istituzionali sufficiente materiale in termini di sofferenze, insofferenze, sogni, per elaborare un progetto di società alternativo e riproporlo come catalizzatore ma in una forma pienamente politica: con programma legislativo allegato. Ma se quelli cominciano col dire, appena si riempiono le piazze, che i movimenti sono un pericolo, non si andrà molto lontano.
    Comunque, caro Giorgio: una notizia dalla Francia: primarie del PS, terzo classificato a sorpresa, con il 17% delle preferenza il candidato Montebourg, che parla di demondializzazione e di protezionismo a livello europeo. Sfottuto da giornali come “Libération” e considerato un “pazzo” dalla destra istituzionale.
    Ovviamente, i seri militanti che lo hanno seriamente votato sono ora considerati, da molti, un’ennesima manifestazioni dell’antipolitica.

  6. Sono d’accordo anzi quello che sottolineavo anche l’altro giorno nel commento al tuo pezzo è che categorie come populismo sono sintomi din un condizionamento tecnocratico della cultura politica. Forse un lavoro da fare collettivamente sarebbe quello di iniziare a chiedersi come certe categorie quali populismo, competenza, standard democratici diventino centrali nel nostro dibattito politico e che significato assumano nell’attuale contesto

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