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Ach, Italien!

di Helena Janeczek

Perché i contribuenti tedeschi dovrebbero sovvenzionare le ingiustizie e i privilegi del sistema Italia? Pagare anche loro per i comodacci di Berlusconi (le Minetti e i Minzolini, per esempio)? Mostrarsi solidali con chi pensa che gli evasori fanno bene e i fessi sono gli altri?Buttare soldi in un paese marcio di corruzione, clientelismo, mafia, così come l’Italia stessa ha foraggiato invano la Cassa del Mezzogiorno? Così scrive, sul liberal-democratico Süddeutsche Zeitung, lo storico e critico Gustav Seibt, profondo conoscitore dell’Italia. Dargli torto non è facile, considerando pure che tagli drastici ai costi della politica non sono in vista e ai concittadini più ricchi verrà chiesta al massimo una mini-patrimoniale. Ma il problema è che il rigore imposto dalla linea Merkel, non fa che aggravare l’ingiustizia. L’austerità colpirà massimamente non solo i più deboli, ma anche i più “virtuosi”. Le imprese sane e i lavoratori che, a partire dagli anni ’90, hanno accettato rinunce perché l’Italia potesse accedere ai benefici promessi dall’entrata nell’Europa monetaria, ora stanno aspettando di trovarsi definitivamente cornuti e mazziati. I discorsi paternalistici con cui nazioni intere finiscono paragonate al cugino spendaccione da rieducare stringendo i cordoni della borsa, sono mistificatori di una realtà assai più complicata. Il loro fondo razzista oggi scandalizza chi ha detto cose simili o peggiori sulla Terronia, ma occultano anche un’altra faccia della medaglia. Persino la virtuossima Germania ha ricchi sempre più ricchi e pensionati che faticano a arrivare a fine mese. Nessuno vive sull’isola felice o in una Fort Apache capace di asserragliarsi contro la crisi mondiale. Chi se la prende con gli italiani o viceversa con i tedeschi, non fa altro che ingannare o ingannarsi.

Friedrich Overbeck, Germania und Italia, 1828, Neue Pinakothek, Monaco di Baviera. L’articolo è uscito su L’Unità, 29/11/2011.

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12 Commenti

  1. Il discorso di Seibt è più o meno quello che fa la Lega. Qui a Berlino per altro i poveri si vedono, di vecchi e giovani che chiedono l’elemosina io ne incontro tre o quattro ogni giorno nel mezzo chilometro che faccio per andare a far la spesa, e se crolla l’euro scenderanno anche le spese sociali e ce ne saranno molti di più. La crisi fa dimenticare l’idea di Europa anche a quelli che un tempo la sostenevano. La vedo da ogni punto di vista assai brutta.

  2. per esempio,per evitare che i nostri connazionali residenti da quelle parti che hanno raggiunto una certa autonomia economica si sgancino dal debito pubblico tedesco,sulla cui appetibilità si è fatta fin troppa pubblicità questi giorni,per investire in un paese in cui al di fuori dei redazionali telepilotati il mercato immobiliare è morto,e i prezzi delle aziende molto,molto trattabili.Auf Wiedersehen

    http://home.uninet.ee/~ronin/stuhv/triinile/guns_n_roses_-_november_rain.mp3

  3. I commenti alla Seibt, così argomentati e informati, privi all’apparenza di razzismo (anzi scritti dal frequentatore-amico di Bell’Italia), mi fanno quasi più impressione dei titolacci populisti della Bild. Qualcosa di analogo si è visto attorno al libro di Thilo Sarrazin (che era un politico Spd finché non venne espulso) e nella “Islamismusdebatte” da esso scatenata, ossia le discussioni sulla compatibilità dell’Islam con la Germania democratica e i suoi valori. Se gli servisse (ma non gli serve), i nostri leghisti potrebbero andare oltre le Alpi a imparare un linguaggio più ambiguo e “presentabile”.
    Quel che non viene mai messo in discussione sono i “noi” e “voi” imperniati su base etnica o “etnico-culturale” che però in fondo fa lo stesso. E non bisogna essere marxisti ortodossi per pensare invece che tali letture occultano la natura sociale dei conflitti.
    Ora che è più che evidente che la linea oltranzista del risparmio, crea recessione (depressione) ossia miseria e conflitto, senza risolvere minimamente il problema del debito, io davvero stento a capire per quale ragione i politici tedeschi continuano a arrocarsi sulle loro posizioni. Comprensibile calcolo elettorale, innanzi tutto? Se così fosse, non sarebbe anche questo un punto su cui riflettere in tema di limiti della democrazia? Ottusità culturale in cui agisce anche il terrore dei tempi di Weimar – più in superficie e, secondo molti economisti di nuovo in maniera errata, quella dell’iperinflazione; più a fondo, forse, proprio la paura dei conflitti sociali e di quel che possono generare? E’ questo che li spinge ad oltranza a difendere non solo o non tanto l’economia tedesca e i contribuenti, ma anche una narrazione dominante della Germania come migliore dei mondi possibili, isola in cui funziona un patto tra stato e cittadini che garantisce la massima equità possibile?
    Poi non c’è dubbio che tutto questo sia anche vero, così come è evidente che lo stile di vita dei tedeschi è assai più sobrio e risparmiatore (per esempio, avere qualcuno che ti viene per qualche ora a fare le pulizie in casa, è ancora considerato una cosa piuttosto disdicevole anche per persone di ceto medio che lavorano e potrebbere permetterselo).
    Eppure della Germania reale sappiamo troppo poco. Per esempio, quanto i salari siano stati ricontrattati verso il basso. Come si presenta la situazione nei territori più complicati (ex-DDR, Ruhr, magari anche Berlino).Insomma quanto l’equilibrio che ora è ancora sostenbile, possa essere in realtà più fragile di come appaia. E si da il sospetto che a non saperlo non siamo solo noi, a corto cronico di informazioni dal resto del mondo, ma anche loro stessi. Ma per il momento la minaccia è fuori e preme alle porte.

  4. Ciò che i tedeschi non dicono è che in caso di euro a due velocità la loro ipermoneta quoterebbe a 2 nei confronti del dollaro, mentre la nostra, poco più della vecchia liretta, prezzerebbe sugli 0,8.
    Fu questa la grande intuizione della Germania di Khol, il supermarco l’avrebbe spinta fuori mercato rispetto ai paesacci che svalutavano in continuazione. Con la moneta unica, invece, si intendeva applicare una camicia di forza agli stati allegri e nello stesso tempo usufruire di una valuta forte che tuttavia non mandasse a ramengo le esportazioni tedesche.
    Questo sistema, direi perfetto, è stato messo in crisi da ambienti politico finanziari che maldigeriscono lo statu quo europeo determinato dalla Germania. Ma il piano si scontrerà col bisogno di protezione di francesi, italiani e spagnoli i quali, chi più, chi meno, sono disposti a cedere quote sostanziose di sovranità pur di sopravvivere agli eventi (vedi la trilaterale franco- italo- tedesca che entro il vertice Ue del 10 prossimo dovrebbe dare vita a un superorganismo che controlli le politiche fiscali comuni) .

    Io non ci vedo nulla di strano in questo direttorio sempre più a guida renana. Solo chi non segue la politica e la finanza continentali dimentica, o non ha mai saputo, che l’Euro nacque su impellenza della Francia, preoccupata di arginare il vitalismo tedesco di fine 900. Ce li siamo scordati i niet a occhi bassi di Roma e Parigi all’unificazione tedesca?

  5. > Ora che è più che evidente che la linea oltranzista del risparmio, crea recessione (depressione) ossia miseria e conflitto, senza risolvere minimamente il problema del debito, io davvero stento a capire per quale ragione i politici tedeschi continuano a arrocarsi sulle loro posizioni.

    Forse, Helena, il sistema del dollaro quale valuta di riserva mondiale garantita soltanto dalla potenza militare USA, sta giungendo ad un capolinea matematico e questo impone un percorso di adattamenti, al sistema imperialistico vigente, non inquadrabile nella ritrita storiella keynesiana sulla depressione, ampiamente contestabile. Chi può dire quale sia il vero ruolo del Germania e dell’Euro nel sistema USA-IMF, se vi sia un’autentica rivalità oppure un gioco delle parti orchestrato, magari in vista di una moneta mondiale? L’unica cosa che appare certa è che le “democrazie” sono gualdrappe in gran parte nominali, quando trilla il fischietto giusto hai visto come si son messi in riga? A “lavorare” anche di sabato e domenica!

  6. I tedeschi, e non solo i tedeschi, hanno ragione quando denunciano l’arretratezza dell’italia, l’iniquita e l’inefficenza, il gardo elavato di corruzione e di evasione fiscale, la presenza di sottosviluppo e della criminalita organizzata, un sistema di relazioni sociali ed economiche medievale.
    Cos’è se lo diciamo noi va bene e se ce lo dicono i tedeschi ci offendiamo?

    Hanno torto quando dimenticano di dire che la loro crscita e ricchezza con l’euro ha tratto profitto da questa nostra condizione di arretratezza.

    E nemmeno tutti, molti studiosi tedeschi sono coscienti di questo fatto e lo hanno denunciato.
    C’e’ un latra cosa che secondo me non hanno ancora ben capito.
    Quandoo irrompe una crisi sistemica (e questa ha tutta l’aria di esserlo) i pprimi ad esserne colpiti e a pagarne le conseguenze sono i paesi piu’ deboli. Ma se la crisi è sistemica allora coinvolge anche i paesi piu’ ricchi e potenti.
    la crisi ha messo a nudo lenostre debolezze strutturali ormai insostenibili (ne dico due: la criminalita organizzata e l’evasione fiscale). Ma la crisi ha messo anche a nudo l’insostenibilta di un sistema fondato
    sulla sovranità degi singoli stati e sulla loro capacità di mettere in atto politiche redistributive
    sulla supremazia economica politica e militare delle nazioni occidentali che prosperavano a spese del sangue e del sudore dei paesi “sottosviluppati” (quanti paesi dagli anni 80 hanno dovuto subire le politiche di rapina neoliberiste imposte dal FMI? mentre noi sguazzavamo nell’orgia consumistica?)
    Sull’idea, anzi sul dogma che grazie a una cerscita senza limiti le economie avrebbero superato quaslaisi congiuntura sfavorevole ……

  7. @helena
    Vorrei solo ricordare un dettaglio che trovo non corretto nel tuo commento: Thilo Sarrazin non è affatto stato espulso dalla SPD, ma continua a farne parte, dopo due tentativi di espellerlo con un procedimento interno. Evidentemente c’é un’ala destra dei socialdemocratici che continua a proteggerlo e a considerarlo presentabile. Magari sostenuta dal “padre nobile” Helmut Schmidt che continua a pontificare sui turchi dalle colonne della “Zeit”, come se avessa mai vissuto in mezzo a loro.

    Proprio il fatto che questo Paese si sia abituato a considerarsi normale lo sta accecando nel suo sguardo rivolto a sé stesso e agli altri. In tutto questo l’Europa che abbiamo creduto di vivere ci viene sfilata da sotto i piedi come un tappeto volante.

  8. Un aspetto curioso della questione è che sulla stampa tedesca non proprio di destra, ma certo non di sinistra-sinistra – penso a “Die Zeit” – si trovano articoli che dicono “toh, guarda Marx aveva ragione”, e soprattutto molta critica al modello di sviluppo fondato sulla crescita. Uno se li legge e pensa: però, come sono avanti questi. Perché, in effetti, il famoso stringere tutti la cinghia a cui Merkel ha invitato i suoi connazionali per affrontare la crisi del 2008 (quando qui Berlusconi diceva che tutto andava benissimo) ha avuto anche l’aspetto del consumare meno e in modo più consapevole, e questo in un paese dove la coscienza verde è diventata da tempo molto mainstream. Riciclare, andare in bici in qualunque condizione meteo lo permetta, stare attenti allo spreco di acqua o corrente – sono comportamenti talmente diffusi come togliersi le scarpe quando si entra in casa.
    Però c’è l’inghippo. Tutto questo ha funzionato perché l’economia tedesca è riuscita a essere l’unica in tutta Europa a essere in crescita. Niente a che vedere con la Cina, ma pur sempre qualcosa al di sopra del 3%. Una crescita non drogata, fatta di merci prodotte. Che però venivano in massima parte esportate – per oltre il 40% in altri paesi europei, per il 15% nelle nazioni denominate PIIGS.
    Il mercato comune basato sulla moneta unica serviva dunque a riuscire a piazzare il surplus all’estero, mentre in patria ci si dedicava alle virtù del risparmio (che – per dirla tutta – comprendeva anche accordi per abbassare i salari).
    Chiaramente la competitività delle merci tedesche ha svantaggiato la produzione nei paesi importatori.
    Qui non mi interessa tanto che economisti tipo Brancaccio pensano che ventilare una qualche forma di restrizione del mercato unico, possa essere un argomento forte da usare nelle trattative UE.
    E’ la questione del modello di sviluppo che voglia superare il diktat (insostenibile) della crescita che mi interessa. Perché mi sembra che volerlo realizzare senza che si traduca in miseria diffusa, sia assai difficile, finché restano in molti a stare dentro la sua logica (e se non è la Germania, è la Cina, l’India o altri ancora).

  9. @ Luca….grazie della rettifica. Ero convinta che al secondo tentativo l’espulsione fosse avvenuta – ma evidentemente mi sono persa il finale.

  10. @Helena
    Io penso che un modello di economia a PIL sostanzialmente stabile, a basso impatto ambientale, che è, senza obiezioni significative mi pare, l’unica economia sostenibile, richieda molte condizioni a contorno.

    Prima di tutto, poichè è irrealistico pensare di capovolgere di colpo la logica di globalizzazione dominante, che va ovviamente in tutt’altra direzione, l’area geopolitica dove si volesse attuare, deve uscire dal mercato globale, e proteggersene attaverso adeguate misure di funzionamento dei propri mercati finanziari (della cui funzione non credo che per lungo tempo ne potremo fare a meno), e misure di protezionismo doganale per sottrarsi alla concorrenza globale.

    Inoltre, un tale sistema richiede molta più politica in economia, cioè un maggior grado di discrezionalità. Per esemplificare, stabilire ad esempio di fare più autobus e meno autovetture non su un criterio di massimizzazione del profitto. Naturalmente, sarebbe coinvolta l’organizzazione sociale, e come parte determiannte l’organizzazione dle lavoro, incluso l’orario del lavoro, che tendenzialmente dovrebbe diminuire.

    La terza condizione sarebbe quella a livello dis trutture statali istituzionali, ma qui si apre un capitolo enorme su cui non ho riflettuto abbatsanza ( e comunque, sono richiesta competenze più specificamente giuridiche).

    Mi fermerei qui, anche se la discussione è complessa e non può certo essere esaurita in un breve commento.

  11. Azz, Deutschland!

    Non c’è niente da fare. Le stesse parole – tirare la cinghia, risparmiare – hanno significati diversi a seconda del reddito che si ha o del paese in cui si vive. Non c’è nulla di più ingiusto che fare parti uguali fra disuguali.

    Io ho percepito in Germania una disoccupazione per un anno al 60% del mio stipendio da lavoratore a tempo determinato che ammontava a 1260 € al mese. In Italia lo stesso trattamento economico si chiama stipendio.

    Nel 2008-2009, in Germania, il grande dibattito – strumentale, polemico – era l’Hartz IV, ovvero quella serie di protezioni sociali che permettevano a un padre di famiglia con 4 figli di percepire vita natural durante fino a 2800 € di aiuti a patto di aver lavorato almeno 2 anni, cosa che faceva sbottare il liberale Westerwelle – Ach! -sul fatto che “Arbeiten muss sich wieder lohnen”, cioè che lavorare deve essere conveniente.

    E’ vero che i tedeschi hanno uno stile enormemente più frugale di chiunque, e verissimo è il calo del potere d’acquisto dei salari reali che i tedeschi hanno deglutito senza quasi batter ciglio (a parte qualche commento della Linke), ma basta vivere un po’ nella Germania profonda per capire che testa dura abbiano.
    La padania, al confronto, è un gioco per bambini.

    Comunque, non c’è nulla da fare. Beati coloro che hanno conti correnti tedeschi, perchè loro è il regno dei bond e degli spread. Speriamo solo che l’europeismo rappresenti la versione moderna dell’internazionalismo rivisto in salsa socialdemocratica in tempo di crisi, e incrociamo le dita.

    Buona fortuna a tutti!

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Helena Janeczek è nata na Monaco di Baviera in una famiglia ebreo-polacca, vive in Italia da trentacinque anni. Dopo aver esordito con un libro di poesie edito da Suhrkamp, ha scelto l’italiano come lingua letteraria per opere di narrativa che spesso indagano il rapporto con la memoria storica del secolo passato. È autrice di Lezioni di tenebra (Mondadori, 1997, Guanda, 2011), Cibo (Mondadori, 2002), Le rondini di Montecassino (Guanda, 2010), che hanno vinto numerosi premi come il Premio Bagutta Opera Prima e il Premio Napoli. Co-organizza il festival letterario “SI-Scrittrici Insieme” a Somma Lombardo (VA). Il suo ultimo romanzo, La ragazza con la Leica (2017, Guanda) è stato finalista al Premio Campiello e ha vinto il Premio Bagutta e il Premio Strega 2018. Sin dalla nascita del blog, fa parte di Nazione Indiana.
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