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Notizie preliminari dall’Ucraina

Una lettera aperta e un articolo di Jurij Andruchovych

Kiev, 24 gennaio 2014
Cari amici e soprattutto giornalisti e cronisti stranieri,
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Negli ultimi giorni molti di voi mi hanno chiesto di descrivere la situazione attuale a Kiev e nell’Ucraina più in generale, fornire una valutazione di quello che sta accadendo e presentare la mia visione sui prossimi sviluppi. Non avendo la possibilità di rispondervi singolarmente o per ciascuna delle vostre testate, ho deciso di preparare questo breve appello affinché ognuno di voi possa utilizzarlo a seconda delle proprie necessità.

Le cose più importanti che voglio dirvi sono le seguenti:

Meno di 4 anni dopo aver assunto l’incarico, il signor Yanukovich ha portato il paese e la popolazione ai limiti della sopportazione. Quel che è peggio, ha portato a una situazione senza via d’uscita, nella quale deve mantenere il potere a tutti i costi. Nel caso contrario lo attende una dura condanna. L’ampiezza delle frodi e delle usurpazioni supera qualunque immaginazione sull’avidità umana.

In 3 mesi di manifestazioni pacifiche, l’unica risposta del regime è stata una brutale violenza: in piazza Maidan, gli attacchi dei reparti speciali delle Forze di polizia sono accompagnati dalla persecuzione contro gli attivisti dell’opposizione e i semplici partecipanti alle proteste (che vengono pedinati, picchiati, arrestati, sottoposti a svariati processi; le loro macchine e case sono bruciate, il domicilio violato). La parola chiave è suscitare la paura.

Ma dal momento che questa strategia non funziona e le proteste si intensificano, il governo ha deciso di inasprire le rappresaglie. La base legale è stata fornita dal voto del 16 gennaio, quando i parlamentari totalmente sottomessi al presidente, violando il regolamento, l‘ordine dei lavori, le procedure di votazione e infine la stessa Costituzione, per alzata di mano (!) e in pochi minuti (!), hanno approvato una serie di decreti che introducono la dittatura e le leggi speciali, senza che ciò venisse in alcun modo annunciato. Ad esempio, scrivendo e diffondendo queste parole sto già infrangendo le disposizioni in materia di “calunnie”, “incitamento” e così via.

Continua su “Limes”

Kiev, 29 gennaio 2014

È stato terribilmente freddo qui, ultimamente, con temperature scese sotto lo zero notte dopo notte. Ciò che sostiene i manifestanti nella Piazza dell’Indipendenza in un clima così tetro può giungere solo dall’interno: una mistura eccezionalmente calda di disperazione, speranza, sacrificio e odio.

Sì, odio. La moralità non proibisce di odiare gli assassini. Specialmente se gli assassini sono al potere o al servizio diretto di coloro al potere – con manganelli, gas lacrimogeni, cannoni ad acqua, proiettili di gomma, e , a partire da 22 gennaio , munizioni cariche.

Quel giorno, arrivò la notizia dei primi due manifestanti ad essere stati colpiti e uccisi dalla polizia da quando la proteste sono cominciate a novembre. Uno di loro, Serhiy Nihoyan, un ucraino ventenne di discendenza armena, sognava di diventare un attore. L’altro, Mikhail Zhiznevsky, un cittadino della Bielorussia, era altrettanto giovane, solo 25 anni. Un armeno e un bielorusso, che danno la loro vita per la libertà degli ucraini – questo smentisce i timori nutriti da alcuni nell’Ovest, che qui il movimento democratico sia stato dirottato dai nazionalisti ucraini.

Se qualcuno sta promuovendo l’odio questo è il governo. Il mio amico Josef Zissels, presidente dell’Associazione delle Organizzazioni e Comunità Ebraiche dell’Ucraina, e vice-presidente del Congresso Mondiale Ebraico, ha scritto qualche giorno fa che il website di Berkut, la forza di polizia speciale (a una linea di difesa finale per i poteri forti) è stata “sommersa con materiali antisemitici, secondo i quali gli ebrei sono da biasimare per l’organizzazione di Maidan” la piazza centrale, divenuta sinonimo delle proteste.

Zissels ha scritto: “Questo è completamente assurdo, ma coloro che armati di manganelli e scudi, stanno ora affrontando i manifestanti, lo credono. Hanno subito un lavaggio del cervello fino a credere che Maidan sia un progetto ebraico, e quindi non c’è bisogno di mostrare pietà per nessuno – potete picchiarli tutti.”

Picchiarli tutti. La polizia ha picchiato donne e bambini, e anche preti che tentavano di intervenire per fermare il massacro. Berkut non picchia e basta: mutila, tortura e uccide. Ai suoi appartenenti piace saltare sopra individui che hanno separato dalla folla dei manifestanti. Alcuni hanno addirittura posato per le telecamere, i loro stivali sulle teste delle vittime che giacciono al suolo. Caricano orgogliosamente queste foto e video sulle loro pagine personali nei social network.
L’articolo 21 della nostra Costituzione afferma che: “i diritti e le libertà umane sono inalienabili e inviolabili”.

Gli abusi dalle autorità al governo, il loro crescente uso della violenza, minacciano di rendere la Costituzione uno scherzo.

Il 16 gennaio il governo del Presidente Viktor F. Yanukovych ha costretto il Parlamento ad accettare un pacchetto di leggi che riducono drasticamente la libertà di parola e d’assemblea. Questa settimana il primo ministro ha dato le dimissioni, e la maggioranza delle leggi repressive sono state revocate, in parte a causa dell’ondata internazionale di condanna.

È precisamente per i loro diritti e libertà – a lungo e sfacciatamente violati dal regime di Yanukovych — che il popolo ucraino ora combatte. A loro non è stata data scelta. Il nostro inno nazionale dice, “Ci sacrificheremo anima e corpo per la nostra libertà.” Il 19 gennaio le proteste si sono fatte violente. Ma se nessuno oppone resistenza alla polizia antisommossa, prosegue il filo del pensiero, l’Ucraina diverrà una grande prigione entro qualche settimana.

Ecco perché una mia conoscenza, una traduttrice di Kierkegaard e Ibsen, trascorre ora il suo tempo preparando bombe Molotov, ed i suoi giovani figli, studenti di materie classiche, di 17 e 19 anni, gettano i manufatti materni contro il muro di fumo nella via Hrushevsky , che prosegue oltre i principali edifici governativi. Ecco perché una nonna ottantenne di Kiev ha portato i suoi ferri da maglia al quartier generale della protesta e li ha dati al primo manifestante che ha visto con queste parole: “Prendili, figliolo. Se non uccidi il mostro, forse almeno lo fermi.” Ecco perché perfino gli Hare Krishna di Kiev ora portano mazze da baseball.

Stiamo difendendo noi stessi, il nostro paese, il nostro futuro, il futuro dell’Europa – alcuni con bombe Molotov, altri con ferri da maglia, altri ancora con pietre del marciapiede, con mazze da baseball, con testi pubblicati su internet, con fotografie che documentano le atrocità.

La polizia ha preso di mira i giornalisti con la stessa rabbia con cui ha preso di mira i medici che si prendono cura dei feriti che provengono dalla scena degli scontri. Berkut tratta i giornalisti con telecamere e taccuini come il nemico. I giornalisti sono stati feriti a dozzine, colpiti da granate stordenti, gas lacrimogeni e proiettili di gomma.

Di recente i ordinatori della protesta hanno lanciato un appello attraverso i social network chiedendo medicine e pannolini – che sono eccellenti per assorbire il sangue. La gente di Kiev ha iniziato a portare farmaci e pannolini al quartier generale della protesta a un tale ritmo che solo in poche ore è apparso un nuovo messaggio online: “ Basta con le medicine per ora! Non abbiamo abbastanza spazio! Ma abbiamo urgentemente bisogno di vestiti pesanti, pane, tè e caffè!” E di nuovo, la gente da tutta Kiev ha portato tutto ciò che poteva per essere d’aiuto.

Le autorità non riescono a capirlo. Di recente, qualche ignoto teppista in abiti civili ha rapito un attivista ed ha trascorso la notte torturandolo, chiedendo: Chi sta finanziando il Maidan? Quale fonte occidentale? È il Dipartimento di Stato o qualcun altro?

Il sistema mentale delle coordinate del regime non può accettare un fatto semplice: il Maidan si finanzia da solo, attraverso il suo proprio amore e il suo proprio odio.

Non ho mai amato la mia terra natia come l’amo ora. Prima sono sempre stato scettico e restio al suo riguardo. Ho 53 anni, e da tempo ho lasciato alle spalle il sentimentalismo. Ma in questi giorni vedo le nostre donne, giovani e vecchie, smistare con sorprendente efficacia le medicine dalle riserve di cibo donate, vedo studenti hipster con maschere da hockey e pantaloni mimetici che vanno senza alcuna paura verso le barricate in prima linea, vedo i nostri operai e contadini provvedere alla sicurezza per i manifestanti di Maidan, le nostre nonne e nonni che continuano a portare sempre più cibo caldo alla Piazza dell’Indipendenza, e mi sento un groppo in gola.

Jurij Andruchovych l’ho conosciuto leggendo i suoi romanzi e provando – invano alla fine- di proporli per la pubblicazione in Italia. Li ho letti nella versione tedesca pubblicata dall’edizione Suhrkamp, dopo che un coro di recensioni spesso entusiaste, a volta lievemente sconcertate, avevano attratto la mia attenzione. Sono narrazioni debordanti, grottesche, carnevalesche, innervate di elementi fantastici, detriti di miti e leggende, forse con qualche affinità con le escursioni consapevoli nel kitsch di Roberto Bolaño. Non lo dico per il gusto di compiere un piccolo esercizio di critica letteraria ma per presentare meglio il mittente di questa lettera: uno scrittore non solo “importante” (il più riconosciuto fuori dai confini del suo paese) ma soprattutto spericolato, violento, dissacrante. Non certo un nostalgico nazionalista, neppure un compassato notabile della cultura compreso del suo nobile, polveroso ruolo.
Da quando Andruchovych scrisse questa lettera, i fatti in Ucraina sono precipitati. Non sappiamo come andrà a finire quella che da ieri sembrava prendere la piega oscurissima di una guerra civile. In ogni modo, l’Ucraina che può apparire un paese assai lontano, non si trova solo geograficamente sulla mappa di questo continente e non si interseca con la nostra vita semplicemente attraverso la presenza di moltissime badanti, e poi braccianti, operai e muratori. Quel che oggi succede da quelle parti avrà modo di ripercuotersi sulla geopolitica, sull’economia, persino sugli assetti sociali dell’Europa – “unita” o a brandelli – di cui l’Italia continua a fare parte. hj

ps. Segnalo Moscoviade, l’unico romanzo di Andruchovych meritoriamente pubblicato in Italia dalla piccola casa editrice “Besa”.
Grazie a Francesca Matteoni per la traduzione dell’articolo del “New York Times”
.

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19 Commenti

  1. Incollo qui l’ultimo paragrafo dell’appello di Andruchovych:
    “E ancora: compatiteci. Pensate a noi. Noi vinceremo lo stesso anche se loro si infurieranno. Il popolo ucraino, senza esagerazione, sta versando il proprio sangue in nome dei valori europei per una società libera e giusta. Spero che lo apprezziate.”

    Se consideriamo in modo particolare queste parole: “Il popolo ucraino sta versando il proprio sangue in nome dei valori europei per una società libera e giusta.” ci troviamo di fronte a un paradosso che già conosciamo.

    Come leggere questa frase, e il contesto di reazione e lotta popolare dal quale sorge?

    Per un numero importante di europei, non per forza di sinistra, la frase “i valori europei per una società libera e giusta” è una frase vuota. Nel migliori dei casi una frase “retorica”, che esprime una realtà storica sotto il suo volto migliore e più presentabile.

    Se guardiamo alla sinistra, a coloro che difendono i valori dell’uguaglianza e della libertà in modo “non retorico”, questa frase è decisamente “vuota”. L’Europa oggi nella sua espressione concreta in termini di istituzioni e di orientamenti politici non riflette questi valori, ma quelli di un’oligarghia interessata alla libertà di un certo numero di persone a dispetto delle ineguglianze crescenti all’interno della popolazione.

    Nel caso poi della sinsitra radicale, la parola “democrazia” è diventata tabù, perché troppo inquinata dall’era Bush e dalla guerre “umanitarie” statunitense e occidentali in Medio Oriente. Per questo motivo, le rivoluzioni arabe sono state guardate con così grande diffidenza.

    Eppure il paradosso è tangibile. Qui di fronte a noi: ci sono persone che si battono mettendo a rischio la loro vita per parole che noi riteniamo “vuote”.
    Il loro sangue, di certo, non basterà a riempirle “per noi”.
    Dovremo pensare noi a trovare un modo per riempirle.

  2. Qui di fronte a noi: ci sono persone che si battono mettendo a rischio la loro vita per parole che noi riteniamo “vuote”.

    magari informarsi sul fatto che gli “europeisti” (e specialmente i più violenti) sono gli eredi dichiarati dei collaborazionisti locali delle SS aiuterebbe a inquadrare meglio qual è la loro idea di Europa.

  3. Scusa, Giovanni, a mio avviso la fai troppo facile. Sì, a quanto pare, oggi, tra i meglio organizzati e armati ecc in Ucraina si annoverano le formazioni ultranazionaliste e i filo-nazi. Non ho idea se – politicamente o militarmente – saranno quelli che più ci guadagneranno da questa situazione. Può darsi. Ma non sono soltanto loro e la voce di Andruchovych sta lì a testimoniarlo. Così come nelle insurrezioni o rivoluzioni del mondo arabo non c’erano soltanto i Fratelli Musulmani, gli altri islamisti più o meno radicali, i jihadisti veri e propri, foraggiati dall’Arabia Saudita e quant’altro.
    Sono contenta che sopra ci sia un commento di Andrea Inglese perché credo di riprendere una cosa che anche lui ha scritto diverse volte. I moti popolari di insurrezione possono sempre condurre in una direzione che ci sembra profondamente sbagliata. Ma non per questo – così la penso io – è giusto screditarli in partenza. Peggio: considerarli dietrologicamente, quasi meccanicamente come esito di scontri tra il “vero potere”, ossia di interessi economici e politici esterni che, senza dubbio, ci sono sempre.
    Negare insomma che nei singoli e nei popoli (o in una parte quanto meno consistente di essi) possa insorgere un moto di rivolta contro l’opacità, la corruzione, l’oppressione e l’ingiustizia che sperimentano.
    Qui non c’è lo spazio per ragionare sul perché la tradizione socialista (intesa nel senso più ampio – uso questo termine anzicché “di sinistra” perché la sua vocazione universalistica mi sembra emergere più chiaramente) sia andata a farsi benedire nel corso dello scorso secolo, e quali sono le forze che hanno agito per farci giungere a questo risultato.
    Ma è così: e persino in Italia la coagulazione più forte contro lo stato delle cose è avvenuta attorno a un movimento che avverte un bisogno fondamentale di dichiararsi “né di destra né di sinistra”…
    E se un movimento come quello dei “Forconi” si rivela pieno di militanti di Casa Pound e Forza Nuova, che facciamo? Facciamo finta di non vedere che accanto a questi – non ovunque, ma in certi luoghi sì – c’è gente realmente esasperata dal proprio inatteso impauperimento? Oppure, visto che qualche “vero compagno” in mezzo ce lo troviamo, ci convinciamo che si tratta del seme giusto della rivolta?
    Io credo che prima di tutto bisogna guardare beme, comprendere,distinguere il più possibile: né fare di ogni erba (protesta) un fascio…
    E chiederci piuttosto perché sia così facile che le forze non-reazionarie risultino più deboli e se ci sia un modo per evitarlo. Non basta, ma mi pare che il primo passo consista nel non ignorarle.

  4. Sì, certo, le contraddizioni di una spinta popolare, sì, le motivazioni e le cause, così come la sacrosanta ragione di chi si mobilita contro un governo a dir poco vergognoso … tutto giusto; però non si può sottovalutare il fatto che le forze che stanno dirigendo la rivolta sono naziste, per altro dicendolo apertamente … Così come non si può tacere il fatto che le piccole formazioni di sinistra che hanno partecipato alle barricate sono state represse, prima di tutto, dagli altri manifestanti, appunto apertamente fascisti e nazisti … e non andrebbe taciuto il fatto che l’escalation militarista del movimento è stata dovuta, prima di tutto, a una lotta interna tra i diversi partiti di destra, in lotta per l’egemonia … e neanche le spinte anti-russe degli Usa dovrebbero essere taciute, ingerenza già provata da diversi osservatori … troppo facile metterla solo sulla ricerca di una “società più libera e giusta” … l’esasperazione sociale esiste e nessuno la nasconde, anzi va sempre sostenuta … ma il “sempre” non può tacere la presenza delle forze che non possono che condurre detta protesta verso una società che di libero ha solo l’accesso alla barbarie …. HAIL UCRAINA! è lo slogan più gettonato dai manifestanti a Kiev … non vi preoccupa? avete già dimenticato che anche il nazismo hitleriano è nato da tensioni sociali regolate in senso reazionario?

    PS: il movimento dei forconi si è rivelato un grande bluff, sgonfiandosi subito

  5. Sono ovviamente d’accordo con Helena, Aggiungo una riflessione:

    Sarebbe bene chiedersi di fronte a tali manifestazioni di massa, che mettono a repentaglio la vita delle persone che vi partecipano, “perchè accade tutto questo?”. Perché mai tutte queste persone, invece di stare a casa con i loro figli, di guardarsi un bel telefilm, di ubriacarsi con gli amici, perché tutte queste persone sono lì a fare tutto quel casino di fronte a poliziotti bardati e armati fino ai denti? Non si tratta mica di rituali da hooligans della domenica. O di sfilate di gruppi minoritari, che rivendicano bizzarre visioni del mondo.
    Sono eventi questi rari, oltre che violenti e dolorosi. Rari perché la loro radicalità poggia su un vasto consenso popolare, che non si esprime di solito in forme così violente e antagoniste.
    Certo i concetti politicamente corretti come moltitudine funzionerebbero molto meglio di quello di popolo. La moltitudine è culturalmente neutra e politicamente comunista. Il popolo è sempre legato a una cultura, e una cultura è sempre legata anche alla storia nazionale. Non solo. Ma quando il popolo scende in piazza, scende in tutte le sue espressioni culturali e politiche. Che ciò sollevi molti problemi è evidente, ma è un fatto storico-sociale indiscutibile. Nei momenti rivoluzionari, emerge di tutto: i più savi e i più pazzi, quelli che sognano al passato e quelli che sognano al futuro, quelli che cercano il proprio tornaconto e i più generosi. Anche la resistenza italiana ha avuto la sua proporzione di monarchici.
    Con questo non ritengo che le analisi delle correnti e dei caratteri politici di una sollevazione popolare sia inutile o secondaria. Però bisognerebbe cominciare col prendere atto che esistono dei momenti popolari istituenti, e che purtroppo questi momenti possono manifestarsi in forme violente e contesti sanguinari. E che inoltre l’esito di questi momenti istituenti dipende molto dalla cultura, dai valori, della immagini che orientano l’agire collettivo. D’altra parte, se non esistessero momenti simili, l’umanità sarebbe impossibilita a criticare e a trasformare le proprie istituzioni.

  6. Le repubblica di oggi titola “La rivolta si allarga a tutto il paese” e mette una bella cartina dell’Ucraina con gli asterischi rossi che segnano i luoghi: il problema è con non c’è nessun asterisco a est di Kiev, sono tutte località vicino alla Polonia. Andruchovych spiega nel suo pezzo che Yanukovich è un postdidttatore postcomunista: immagino che abbia ragione, anche se il suo linguaggio, tristemente trito, produce in me lo stesso tipo di dubbi di Andrea. Quello che però Andruchovych non spiega e dovrebbe farlo è come mai la madre di due figli di Kharkiv o di Odessa se ne resta tranquillamente a casa: forse non ama il suo paese? O forse ci stiamo avviando in una china di tipo jugolsavo? Non lo so, non ho sicurezze, se non quella che la UE non sia in grado di risolvere le difficoltà economiche del popolo ucraino.

  7. @ st….potresti incollare qualche link? Dei nazisti e/o fascisti abbiamo preso atto, ma sarebbe interessante vedere meglio – stando a quel che riassumi – come hanno assunto la guida della protesta.

    Poi – domani – spero di trovare il tempo per rispondere con calma.

  8. Il grido dello scrittore non mi lascia mai indifferente.

    E’antipicipazione.

    Scrivere è lottare per sapere della libertà.
    Non ho visto immagini dei corpi massacrati.
    Ma immagino la lotta nel freddo, nel cuore della città, la notte, il fuoco nell’anima con il corpo vinto.

    Forse segono un sogno già morto in Europa.
    Ma la libertà di un popolo da sognare non si deve massacrare.
    Lo so la situazione è più complicata.
    Abbiamo una vista parziale.

    Bambina pensavo l’unione sovietica come un mondo silenzio,quasi fantasma, sparito dietro un muro
    Un paese dove la mia immaginazione vedeva neve e fiumi con nomi d’amore.
    Poi si sentiva il rumore metallico du”rideau de fer.”
    Poi la litteratura magnifica.

    Nessuno ha collegata la rivolta con Tchernobyl.
    Forse con i gridi c’è il silenzio dei tre giorni durante la populazione non è stata informata.

    Che abbiamo da offrire all’Ukraine? Come vediamo l’Ukraine?

    Ho un pensiero per Viktor, un dei miei alunni due anni fa.
    Mi ricordo questi occhi blu e vasti. Grandi di nostalgia per il suo paese.
    Come vedono ora?

  9. Le mie fonti sono la rete e i giornali, altre non ne ho. Il mio “riassunto” è il risultato di tante letture, e non è difficile verificarlo. Mi limito a segnalare questa intervista
    a Zakhar Popovych dell’Opposizione di Sinistra (ma davvero ce ne sono molte altre). Troppo spesso, qui da noi, gli intellettuali si fanno abbacinare dalle rivolte che avvengono in posti lontani, senza riuscire a leggerle nel modo adeguato. E spesso cedono alla tentazione di fare il tifo per i rivoltosi senza porsi il problema di quale è il “senso” che portano avanti. L’aspetto geopolitico della rivolta è chiaro: staccarsi dall’abbraccio stritolante della Russia; la “simpatia” per l’Europa è contestuale a questa intenzione, ed è del tutto pretestuale (lo prova la composizione delle forze di opposizione al governo). Poi ci sono motivazioni prettamente territoriali (corruzione, restringimento libertà, etc.); mi sembra ovvio che, a fronte di una situazione di grave crisi, alla rivolta partecipi una parte sostanziosa della società, come sempre accade. Ma questo non è immediatamente positivo. L’escalation di violenza di piazza non è dovuta principalmente alla repressione, che c’è certamente stata, bensì alla volontà dell’estrema destra di radicalizzare la situazione per ottenere l’intervento internazionale (di Europa e Usa). Le testimonianze dei giornalisti sono chiare: due giorni fa la tregua è stata rotta dalle squadre paramilitari di Svoboda e dei gruppi neofascisti di ‘Pravi sektor’ (“Settore di destra”). Gruppi che, per altro, sono presenti in Parlamento (sul 10%) e controllano importanti regioni … Non è certo un caso che molti osservatori parlano di “pericolo Jugoslavia”, intendendo la divisione dell’Ucraina in tanti piccoli stati, ognuno con differenti partner internazionali … Insomma, avendone le possibilità gli intellettuali dovrebbero fare uno sforzo interpretativo e non proporre un inutile “sentimentalismo della rivolta” (mi riferisco esplicitamente al post, inutile per capire la situazione) … Il “sentimentalismo” può andare bene per chi è presente in loco; qui ci serve altro. Il “popolo”, la “massa”, le “moltitudini” non vanno in automatico verso una direzione più “giusta” … Sono le forze in campo che determinano la direzione che prende una rivolta. Ci piaccia o meno, le forze in campo in Ucraina sono in maggioranza naziste … Se, in generale, una rivolta mi dà speranza, in questo caso mi preoccupa; non foss’altro perché, se risultasse vincente, contribuirebbe a ritardare di anni l’affermarsi di un’altra direzione (diciamo “di sinistra”, per sintetizzare) …

  10. Guardate, in questi giorni, alla fine, (e non per “sentimentalismo”, voglia di fare il tifo ecc.) ho trovato anche moltissime fonti che affermano che la storia del lento predominio dei neonazi non sarebbe esatta e che anzi corrisponderrebbe (anche) a delle manovre russe per screditare la protesta e sommossa.
    Qui te ne linko uno tra i più credibili, ripreso anche dalla fondazione Heinrich Boell.https://www.change.org/ru/петиции/to-journalists-commentators-and-analysts-writing-on-the-ukrainian-protest-movement-euromaidan-kyiv-s-euromaidan-is-a-liberationist-and-not-extremist-mass-action-of-civic-disobedience

    Ho visto che per esempio uno scrittore e militante di sinistra-sinistra come Serge Quadruppani, seguendo l’informazione che arriva in Francia, si è fatto la stessa idea. Ho persino trovato degli appelli di solidarietà con la protesta di ebrei ucraini scritti in polacco.

    Insomma quello a me pare davvero un movimento popolare che – come tutti – trova sacche di indifferenza o rigetto in molti altri cittadini (a Odessa, Kharkiv o anche a Kiev stesso) che, come ovunque, preferiscono la stabilità del potere (pur corrotto) ai pericoli delle insurrezioni.

    Non voglio liquidare la questione dell’estrema destra e – ripeto – non mi stupirebbe se in un paese sottomesso a un sistema oligarchico-affaristico-mafioso che fa, in confronto, sembrare robetta il nostro, l’estrema destra non se ne potrà avvantaggiare politicamente, visto che l’opposizione già esistente (Timoshenko ecc.) sono parecchio compromessi (dovremmo capirla, sta cosa, no?)

    Ripeto che – per me – non si tratta di fare le anime belle né tantomeno i rivoluzionari con le barricate e i morti degli altri.

    • Certo la tua può essere una spiegazione: i benpensanti che abitano nell’est del paese sostengono il governo corrotto, mentre all’ovest c’è il popolo che lotta contro il regime. Un’altra spiegazione può essere che le masse di lingua ucraina e di religione uniate attaccano un governo sentito come espressione della parte russofona e ortodossa del paese. Il che tra l’altro non impedisce che questo sia un movimento autentico di massa, in cui ci sono anche bisogni sociali e democratici: spesso i nazionalismi hanno avuto dimensioni di massa in particolare quando volevano incarnare tutti i bisogni del popolo.

      • Certo, ci sono regioni e abitanti delle medesime più vicine alla Russia. Non so davvero, però, (a parte la questione della russofonia che non mi pare così dirimente, visto che dalle nostre parti sento gli ucraini comunicare tra di loro prevalentemente in russo) fino a che punto, come temono diversi osservatori (p.e. Lucio Caracciolo) possa far presagire una potenziale disgregazione “balcanica”.
        Dei nazionalismi etnico-religiosi di quell’area conosciamo (tra l’altro anche attraverso la letteratura) un’antica storia di terribili conflitti. Dell’Ucraina, invece, (parlo per me) sappiamo troppo poco.

  11. Insomma, Helena, è ovvio (e mi pare anche stupido stare a sottolinearlo) che è un movimento di popolo, ed è altrettanto ovvio che dentro un movimento del genere sono rappresentate tutte le “tendenze” politiche, chi ha mai detto il contrario? Ma la direzione presa da un movimento non viene determinata dalla “massa” in azione, bensì dalle anime politiche che la dirigono. E allora ci si chieda: chi ha puntato a radicalizzare lo scontro? Chi ha usato i cecchini contro la polizia? Chi ha rotto la tregua? Perché lo hanno fatto? Chi si gioverà di tale radicalizzazione? L’economista di sinistra da me linkato in precedenza dice che «lo scenario più probabile è l’istituzione di un regime di destra, autoritaria e nazionalista. Anche se il partito Svoboda riuscirà a pacificare o a schiacciare le bande nazionaliste più radicali, l’ingresso del partito al governo porterà l’oppressione sistematica della sinistra radicale e progressista». Perché lo dice? Magari perché, essendo lì sul campo, ha davanti il quadro preciso delle forze; ed ha presente che le forze della destra, nelle sue varie anime, sono preponderanti … Non ti pare credibile? Bene, aspettiamo solo qualche giorno e vediamo chi avrà avuto ragione.

  12. Nello scacchiere geopolitico ci sono: l’Ucraina, la Russia, l’UE, gli USA con la NATO. I primi tre possono mettersi d’accordo pragmaticamente, ma se entra in gioco USA/NATO salta tutto. La Russia non tollera l’intromissione NATO, peraltro frutto di una politica estera USA disatrosa e rozza, vedi il famoso “f**k the EU” di Nuland
    http://euobserver.com/foreign/123036

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Helena Janeczek è nata na Monaco di Baviera in una famiglia ebreo-polacca, vive in Italia da trentacinque anni. Dopo aver esordito con un libro di poesie edito da Suhrkamp, ha scelto l’italiano come lingua letteraria per opere di narrativa che spesso indagano il rapporto con la memoria storica del secolo passato. È autrice di Lezioni di tenebra (Mondadori, 1997, Guanda, 2011), Cibo (Mondadori, 2002), Le rondini di Montecassino (Guanda, 2010), che hanno vinto numerosi premi come il Premio Bagutta Opera Prima e il Premio Napoli. Co-organizza il festival letterario “SI-Scrittrici Insieme” a Somma Lombardo (VA). Il suo ultimo romanzo, La ragazza con la Leica (2017, Guanda) è stato finalista al Premio Campiello e ha vinto il Premio Bagutta e il Premio Strega 2018. Sin dalla nascita del blog, fa parte di Nazione Indiana.
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