Paterson – La deriva del continente (Transeuropa 2014)

Elisa Davoglio /
Viola Amarelli*

jelly

…A Paterson è consentito accendere per l’ultima volta un computer, per togliere il suo salvaschermo.

Gli concedono di raccogliere semi, travasare terra dai grossi vasi che ornano ancora l’ingresso, monumentali.

La cura del verde, la predisposizione all’ordine, alla santità.

La purezza di ogni peccato. Piangendo una sola volta.

Paterson cerca istruzioni utili per la crescita di legumi, e di altre piante da fiori.

Si è convinto che non vuole morire.

198 casi nell’ultimo anno con una crescita del 32% rispetto ai 150 casi dell’anno prima e del 67,8% rispetto ai casi dell’anno precedente.

Perché i legumi i fiori e altre cose che nascono dalla terra sono infinitamente più vecchi delle monete.

Il bene. Il valore. Un tanto al chilo. Scommessa sul costo.

Moneta, dal verbo latino monere che sta per avvertire, ammonire.

Paterson legge, conosce, approva: “Una volta all’anno i banchieri regolavano i rapporti fra di loro, trasferendo solo la quantità d’oro corrispondente al saldo fra tutte le operazioni intercorse. Questa prima forma di stanza di compensazione era rappresentata dalle fiere di Champagne nel Trecento, dalle fiere di Besanzone nel Quattrocento, dalle fiere di Piacenza nel Cinquecento.”

Nelle scatole di cartone si depositano pupazzi matite i residui di un universo imploso e in espansione.

Hanno stabilito una diaria giornaliera di quel tanto con cui si può vivere. Non moriranno di fame né di malattia.L’assicurazione coprirà il fabbisogno calorico di un maschio adulto nelle giuste percentuali di elementi nutritivi. Rassicurano di questo mentre vengono spazzate vie le favole, le massime di successo proiettate sul largo muro dietro la scrivanie.

Quando Paterson ha visto la fine, ha ascoltato il rumore del crollo. Proveniva dai piani più alti ma anche dalle fondamenta tanto fissate a terra.

Il mondo era lì ed era altrove, nello splendore dei meccanismi automatici, nella precisione dei sistemi di collegamento.

Paterson sa che non c’è luogo a questo mondo dove non possano arrivare informazioni. Quindi è inutile fuggire.

Quando il cancello si è chiuso e la fila di è dispersa, era soddisfato di avere i semi, di poterli mettere al riparo.

Ma non erano con lui.

Chiusi in nylon con poca terra, senza nessuna voglia di germogliare.Eppure assicurano sul potere di poche unità di luce per vivere. L’orario è concepito per destinare le giuste ore alla ricarica, al lavoro, al desiderio.

Si coltivano germi di pazienza, mentre l’orologio batte a distanza la stessa successione die minuti. Lo smacco, il crollo, la perdita sono arrivate nello stesso momento, in luoghi diversissimi, con differenti percezioni del calore dei mesi e della durata del giorno.

Allo stesso modo si sono confezionati pacchi di cartone, si sono abbandonate case e passwords, e sempre più si è avvertito il bisogno di scambiare salumi con pacchi di biscotti, auto dirigenziali con affitti a lungo termine.

Eppure Paterson sa che non sarà più possibile.

Assicurano sulla individualità dei giardini, sulla capacità di autogenerarsi, infinita come la vita della materia che non può distruggersi.

Non riescono a distruggersi certi ecosistemi; e ancora la biologia rimane inconcepibile per chi si intende di trasformazioni di consumo.

Paterson pensa: da qualche parte deve pur esserci il riciclo delle nostre vite. Più in là di un pentimento, deve esistere un luogo dove ricompaiono le cose e i loro valori divorati su carta.

Le margherite gialle sono resistenti proteggono il tappeto erboso anche quando gli idranti hanno cessato di innaffiare e nutrire la caccia del giorno dopo.

Hanno detto di ricominciare dalla terra, dal sostentamento minimo di animali e piante commestibili.

Paterson vorrebbe un giardino, ma non ha semi che vogliano appartenergli.

 

 

 

***

 

 

– uscirà nudo una mattina a fendere
la folla alla fermata di una qualunque metropolitana

 

 

– in fila le formiche invadono il terreno,
la zappa si conficca, le scompiglia
avanzano i più forti
tutto un presidio – io rimpiangevo i deboli

 

 

– ho occluso i circuiti, bruciati i ponti
strappati i by-pass, intorno c’è il deserto
nessun nemico – mi chino

 

 

– sta per i fatti suoi, quasi ringhioso,
il gatto nato bianco, quasi albino,
le zampe dietro sbilenche
si rifugia tra i pini, i peli irrigiditi
di resina la crosta, non sorride
rifugge – mio fratello ha paura

 

 

– bere di notte acqua alle pozze
incontrare allegri porcospini
spedire i minatori nel ventre delle madri,
le sciocche, povere talpe – un rospo deciduo
verde squillante tra i ciclamini la mattina
l’involucro, di suo, già corpo vivo

 

 

– l’istante che gli frullano
le ali, d’un colpo la tortora che
plana e la farfalla enorme
candeggia questa luce, squaglia
crema, intanto che si scollano
etichette, si arrestano i pensieri
frullano insieme tutti – senti
i respiri

 

 

– ora che il giglio più non segna i giorni
e l’ombra dello sguardo dentro il buio
è come quel portone chiuso alle spalle,
ora frantuma la linea del crinale,
la piazza vuota, la notte dei cristalli.

 

 

***

 

 

* Il primo estratto è da “A Londra, quarant’anni e un mese (Over the Counter)”, di Elisa Davoglio (pp. 23-6).

* Il secondo estratto è “La folla con un Paterson a quota 35”, di Viola Amarelli (pp. 27-8).

Entrambi in: Viola Amarelli, Simone Consorti, Elisa Davoglio, Gabriel Del Sarto, Francesca Genti, Marco Mantello, Albert Samson, La deriva del continente. A cura di Marco Mantello, Transeuropa, Massa, 2014.

 

> Dalla postfazione di Marco Mantello:

 

“Paterson viaggia in un’Europa che non fa altro che commemorare se stessa, le sue radici illuministe, le sue tragedie e le sue guerre otto-novecentesche, la sua civiltà esportata nel mondo. Sul piano lavorativo é stato per tutta la vita un funzionario del Regno dei Mezzi. Ha trascorso il suo tempo in uffici e vacanze a Corfù, e targhe della Lehmann Brothers vendute all’asta. Ha avuto un uomo a Tolosa, ha scopato con un’olandese a Corfú, e ha trascorso un’infanzia serena a ciocorì e latte in polvere in qualche anfratto di Italia. Oggi Paterson è un ultracentenario che ama viaggiare per un continente alla deriva. […]”

 

Una presentazione del volume insieme agli autori avverrà nell’ambito di Pordenonelegge venerdì 19 settembre alle ore 15,30 presso La Libreria della Poesia, via Torricella, Pordenone. 

 

 

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3 Commenti

  1. estensione del racconto oltre la terra battuta dai più, l’oltre esclude i confini tra frase in prosa e verso, ecco cosa mi pare poter essere letteratura

  2. Brave!
    Inoltre, è emblematica una certa eco comune fra:
    “La cura del verde, la predisposizione all’ordine, alla santità.
    La purezza di ogni peccato. Piangendo una sola volta.”
    di Elisa e:
    “ora che il giglio più non segna i giorni
    e l’ombra dello sguardo dentro il buio
    è come quel portone chiuso alle spalle,
    ora frantuma la linea del crinale,
    la piazza vuota, la notte dei cristalli.”
    di Viola.
    Come a voler evidenziare una presa d’atto, un arresto, appunto, una cristallizzazione – però – naturale, di questa “Deriva di continenti”.
    Bene!

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Renata Morresi scrive poesia e saggistica, e traduce. In poesia ha pubblicato le raccolte Terzo paesaggio (Aragno, 2019), Bagnanti (Perrone 2013), La signora W. (Camera verde 2013), Cuore comune (peQuod 2010); altri testi sono apparsi su antologie e riviste, anche in traduzione inglese, francese e spagnola. Nel 2014 ha vinto il premio Marazza per la prima traduzione italiana di Rachel Blau DuPlessis (Dieci bozze, Vydia 2012) e nel 2015 il premio del Ministero dei Beni Culturali per la traduzione di poeti americani moderni e post-moderni. Cura la collana di poesia “Lacustrine” per Arcipelago Itaca Edizioni. E' ricercatrice di letteratura anglo-americana all'università di Padova.
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