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Il massacro nella Parigi che cambia

di Giacomo Sartori

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Solo qualche pensiero personale a caldissimo sulla “geografia”, ma forse sarebbe meglio di parlare sulla sociologia, di questi massacri, prima ancora che siano rivendicati e che se ne conoscano i dettagli (per ora se ne sa pochissimo), prima che sia digerita l’emozione, prima che parta la grande macchina delle interpretazioni. Perché questa che è stata colpita non è la Parigi della politica, del potere (e delle decisioni che sono state prese di recente sui bombardamenti in Siria), delle imprese internazionali, della finanza, o anche solo delle grandi ricchezze. E’ la Parigi dove da una ventina d’anni chi può permetterselo, e nella maniera in cui può permetterselo (i prezzi sono alle stelle, e tagliano fuori di fatto una gran fetta della popolazione), fa la “fête”, e in particolare appunto il venerdì e il sabato.

I terroristi avrebbero potuto colpire un grande teatro (sono sempre stupito, quando mi capita di andare per esempio all’Odéon, dal pubblico, rigorosamente bianco e spocchiamente danaroso), “l’Opéra”, alcuni ristoranti supercostosi dei “beaux quartiers”. Perché in realtà da un paio di secoli tutta la capitale il fine settimana, ma non solo, “fait la fête”, la pittura e la letteratura se ne sono ampiamente occupate. Ma qui appunto negli ultimi vent’anni sono nati (per contaminazione a partire dalla rue Oberkampf) centinaia di ristoranti e ristorantini e baretti di tutti i tipi (non pochi tenuti da italiani espatriati, o dove lavorano degli italiani, detto tra parentesi), molti con le loro “terrasses”, e la gente viene anche dagli altri quartieri e dalle periferie, riempie i marciapiedi e nelle ore di punta anche le strade. Si dice questa mattina che è stata scelta quest’area per la vicinanza con la sede di Charlie Hebdo, per marcare il legame con quella prima e simbolicissima carneficina. Non credo che la ragione che sia questa. Come non credo che c’entrino molto le questioni logistiche, anche se colpire le zone ricche, molto più sorvegliate, e più facili da controllare, sarebbe stato molto più difficile.

Il ristorante d’angolo Petit Cambodge della rue Bichat, per esempio, dove i morti pare siano stati quattordici, non ha una clientela danarosa, ma piuttosto di studenti e giovani che appunto possono pur sempre permettersi un ristorante (relativamente) non caro. Di faccia, giusto dall’altra parte della strada, a dieci metri, c’è, e esisteva ben prima, uno “storico” caffè arabo, con una clientela più popolare, o insomma anche popolare (soprattutto a certe ore), e molto più legato al quartiere. E di faccia al locale della Fontaine au Roi c’è un Mc Donald, dove per due euro si può pur sempre buttar giù qualcosina (la stessa cifra in un qualsiasi altro locale non basta per un caffè). Mi sembrano molto indicative queste prossimità, che aiutano a capire meglio come e in quale contesto sono stati scelti gli “obiettivi”.

Come anche non mi sembra anodino che risalendo la rue du Faubourg du Temple, a poche centinaia di metri dal ristorante Casa nostra dove ci sono stati dei morti, si entra nel cuore popolare di Belleville, dove predominano persone di origine asiatica e magrebina (e anche qui ci sono ora moltissimi giovani italiani). Perché a Parigi esistono ancora alcune zone davvero popolari, anche se se si stanno riducendo sempre di più, mano a mano che gli abitanti sono catapultati nelle periferie con il solito meccanismo dei prezzi degli appartamenti e degli affitti. Qui sì c’è la vera povertà, e per la strada si incontrano molti reietti. Duecento metri nella direzione opposta, invece, oltre piazza della République comincia invece l’ormai danarosissimo Marais, dove vivono tantissimi facoltosi italiani che possono permetterselo.

Mi domando se nella testa di chi ha organizzato queste stragi, Parigi, e la Francia, e insomma il Nemico, sia questa realtà della “fête” del fine settimana. Perché appunto qui, o non lontano da qui, vivono, o bazzicano loro e i loro amici, parte delle loro famiglie. Molti giovani “di famiglie svantaggiate” non possono certo permettersi i caffè e i ristoranti, ma ci passano davanti, li conoscono, stanno lì a parlare o a farsi spinelli in gruppetti nelle entrate dei palazzi (personalmente mi ha sempre colpito questa segregazione dal sapore di apartheid, e che fa parte del paesaggio di queste zone, è l’altra faccia della fête”). Mi domando se questi ragazzi, tra cui qualcuno viene purtroppo indottrinato e si radicalizza, l’altra Parigi, quella vera, quella dove si decide e circolano i grandi capitali, la conoscano. Confesso che io stesso, con la mia pelle e i miei capelli chiari, sono sempre stupito, e non mi sento a mio agio, quando ci vado. E’ davvero un altro mondo, fatto di inarrivabili beni immobili e mobili, di pulizia (anche etnica), di distanza abissale da chi è escluso dalla scuola e dal lavoro, e ha difficoltà a sopravvivere.

Questi invece sono i quartieri della “mixité”, belli e vivi proprio per la gran mescola di culture e abitudini, e per la tolleranza che è dipinta su tante facce e si respira nell’aria. Direi che il Bataclan, con le svariatissime forme di musica e gli spettacoli molto diversi che propone, può essere considerato un tempio della “mixité”. E paradossalmente è proprio questa Francia più aperta e mista che è forse, o comunque lo sarebbe, più propensa a capire le ragioni e i problemi dei giovani che si sono radicalizzati, che viene presa come bersaglio. Una Francia che certo non vuole sentire parlare di Front National e di derive populiste. Il terrorismo finisce sempre per prendersela con chi gli è “strutturalmente” più vicino (pensiamo al Partito comunista nei nostri anni di piombo, pensiamo proprio a Charlie Hebdo).

In realtà queste zone stanno cambiando a vista d’occhio. Proprio nella rue Bichat e nelle vie limitrofe stanno apparendo eleganti studi di architetti, luccicanti negozi di vino o “traiteurs” dai prezzi imbarazzanti, negozi di giocattoli o di sontuosetti vestiti per bambini, ristorantini con certe pretese. E nei paraggi dell’uscita delle scuole si vedono un sacco di giovani mamme spigliate ma danarose con bambini che di popolare non hanno proprio nulla. In altre parole è in atto una galoppante gentrificazione, e la corrispondente evacuazione delle frange più povere. Per abitudine questi giovani che si stanno insediando e stanno prendendo possesso delle case e delle vie vengono chiamati “bobo” (bourgois – bohémiens), termine apparso nei primi anni 2000, e che per un breve periodo ha indicato in modo efficace una fetta di popolazione con afflati artistici ma non sprovvista di mezzi. Personalmente questi nuovi protagonisti vincenti mi sembrano ora sempre più bourgois che bohémiens, pur sprovvisti di molte rigidità borghesi e pur pareccchio disinibiti, a cominciare proprio dalla maniera di parlare e di vestire. Ma sarebbe un lungo discorso, e qui mi interessa solo sottolineare il carattere di transizione, sia geografica che forse anche storica, di questa Francia che è stata scelta come simbolo da colpire.

Tutto ciò lasciando per ora prevalere l’emozione per i morti e i feriti, come è giusto.

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43 Commenti

  1. Dio c’è —Dio non c’è\\\si sceglie di credere che c’è per creare appartenenza ,con la fede militanza e fare sistema con i militari all’interno della cultura.La morale\etica\estetica sottratta al pensiero scientifico da come risultato finora il mondo così com’è : per i più : scemo e faticoso. Però bene o male ha funzionato anche se è il paradiso di pochi. ma questo per i soddisfatti è un dettaglio. Amen

  2. Caro Giacomo,
    la tua è un analisi molto utile dal punto di vista sociologico, che ci aiuta veramente a capire la Geografia dove è stato pensato questo atto feroce e vigliacco.

    Io penso, che nella decisione del luogo, si debba ragionare, con il concetto “del maggior danno possibile”, che è il vero obiettivo principale di questi carnefici.
    Questa “Mixité”, questo affollamento, del Venerdì sera, sono dal punto di vista “logistico Militare, di un gruppo di assassini” assolutamente ideali , e funzionali al concetto ” del maggior danno”.

    Gruppi Militari, votati alla morte, come quelli che sono entrati in azione, hanno solo quello come obiettivo, – raggiungere il maggior numero di morti ammazzati-, prima di perire.
    Operare in un contesto come quello che hai cosi bene descritto, è funzionale a colpire ammazzare. spostarsi, colpire ammazzare. spostarsi, fino a che si è in grado di farlo, fino a che non si viene fermati.
    Il meccanismo delle Bombe e poi degli spari, mi sembra conduca , anche lui verso la logica “Del maggior danno”, per cui si fa esplodere la bomba e poi si imbraccia il mitragliatore, l’unico obiettivo, ammazzarne più che posso – se possibile fuggire nella confusione , per ammazzarne ancora.

    Penso che questi siano stati i ragionamenti, che probabilmente sono alla base della scelta, dei luoghi, e dell’intera preparazione logistica di questo atto di Guerra.

    Ciao Flavio Fassio.

  3. Perché non hanno colpito l’Opera, ti chiedi Giacomo. Ossia le zone di Parigi frequentate dalla borghesia bianca e danarosa. Domanda importante, che ha implicita una logica nata a confronto con un terrorismo precedente. Il terrorismo variamente anti-imperialista, che manteneva un suo legame storico con il pensiero marxista. E’ ben chiaro che non vi è traccia di questo anti-imperialismo e anti-capitalismo in questo nuovo terrorismo. Per questo sono davvero impressionistiche le teorie che spesso circolano in Europa, sul fatto che lo Stato Islamico o al-Qaeda siano l’unica vera espressione anti-sistema oggi esistente. Ma questo è un altro discorso.
    Vorrei solo integrare il tuo discorso con questa osservazione. Stavolta hanno colpito: “gente comune che va nei ristorantini o nelle terrazze dei caffè”,
    “gente che va ad ascoltare concerti di musica”
    “gente che va a guardare lo sport”.
    Hai tralasciato lo stadio che si trova in prossimità della cittadina di Saint-Denis, che è una cittadina in gran parte proletaria e in gran parte abitata da francesi d’origine africana.
    Lo stadio di calcio di Saint-Denis non è nemmeno un esempio di luogo “parigino”, di mescolanza sociale. E’ un luogo schiettamente popolare, situato a ridosso di una cittadina popolare.
    Mi ricordava Mylène, che in una scena di Timbuktu https://it.wikipedia.org/wiki/Timbuktu_(film_2014), film molto bello del 2014, i membri della nuova polizia islamica impediscono ai ragazzini di giocare al pallone.

    Insomma, c’è qualcosa che sfida davvero la nostra comprensione. Ma è giusto anche rilevare la logica specifica di questi massacri. La mia prima impressione, rispetto agli attacchi del gennaio 2015, è che stavolta si trattava di stragi molto più indiscriminate. In realtà no: il “divertimento serale”, “la musica”, “lo sport” sono obiettivi precisi. E che tra le persone da uccidere ci fosse una probabile quantità di francesi musulmani questo non conta nulla. Qualcuno me lo ha fatto giustamente notare. Noi la percepiamo come una guerra soprattutto contro l’Occidente, ma lo Stato Islamico non è al-Quaeda. Esso muove guerra innanzitutto all’interno del grande ed eterogeneo mondo musulmano, arabo e non solo.

    • Allora blinderemo i luoghi del divertimento, nessuno più si divertirà!
      Questo mi viene da pensare dopo aver letto molti articoli.
      Solo tragitti sicuri, annullando il paesaggio( troppo frivolo)sotto terra.
      Immagino un rancore senza patria che si alimenta di mentine gusto frutta.
      Immediata reazione contraria, più convinti e non ci serve altro, questo davvero non lo vogliamo!
      Valeria

    • d’accordo su tutto, mi sembrano correzioni di tiro e precisazioni fondamentali! (compreso, per inciso, anche l’apprezzamento per il bellissimo Timbuktu)
      g.

  4. Portano un’ideologia di morte. Parigi rappresenta la festa, la letteratura, les cafés.
    La filosofia des Lumières è nata in questi luoghi.
    Dobbiamo resistere con ancora più di letteratura, di musica, di teatro.

  5. Buonasera sto leggendo gli scritti degli articoli raccolti in pdf su dopo attentati nel febbraio 2015.
    Consiglio a tutti di leggerli: personalmente ritengo che solo la geopolitica estera dei paesi europei e degli americani spiega quanto avvenuto.

  6. Però, mica male. Due parole in francese e due errori marchiani. L’analisi sociologica avrebbe dovuto aspettare una preliminare ed elementare ricerca lessicale.
    Saluti da Parigi.

  7. Un approccio socio/geografico parrebbe freddo nel momento del dolore che prende profondamente tutti, per molti motivi, eppure leggendo la rivendicazione degli attentati, appare chiarissimo quanto invece di questo si sia tenuto conto, laddove dice

    Otto fratelli con cinture esplosive e fucili d’assalto hanno preso come obbiettivi dei luoghi scelti minuziosamente per l’avanzata nel cuore della capitale francese.

    Una minuziosa crudeltà rivolta allo stadio dove una normale amichevole è una partita fra i crociati alla presenza de l’imbecille di Francia François Hollande, al teatro dove un normale concerto di musica rock è centinaia di idolatri in una festa di perversione, ai ristoranti… dieci le nazionalità delle vittime. Un attacco a quella concezione di mondo, di Europa, che vede nella libera circolazione delle persone e delle idee un valore forte e ancora non completamente raggiunto, un attacco contro le migliaia di ragazzi profughi che arrivano qui e intervistati dicono di voler studiare, di voler vivere liberi da ogni fondamentalismo. Un attacco che distrugge quanto di buono e di positivo si sta facendo strada faticosamente nell’opinione pubblica in materia di accoglienza e di integrazione, virando nelle opinioni confuse, emotive, generiche di una destra agressiva e fascitoide che si sta sempre di più facendo strada.

  8. – Una zona piena di gente dove poi ci si può spostare in auto colpendo più obbiettivi. Girando in auto a Place Vendome sarebbero andati poco lontano.

    – Il Bataclan era un noto obbiettivo almeno dal 2011.

    – Allo stadio, oltre alla partita Francia Germania trasmessa in diretta da tutte le televisioni del mondo, c’era un signore di nome Hollande.

    Che questi ragazzi abbiano fatto analisi sociologiche di stampo marxista mentre studiavano il piano è poco probabile. Se si vuole parlare di sociologia una cosa da chiedersi potrebbe essere, come mai dei ragazzi di 20 anni escono di casa per fare quello che hanno fatto, e come mai, ce ne siano così tanti altri disposti a farle, quelle cose. Ma è retorica perchè chi vive a Parigi, sopratutto a Parigi, dovrebbe averlo capito, il perchè. Chi ha vissuto invece nel paese della “strategia della tensione” potrebbe farsene altre di domande. Per esempio chiedersi come mai, appunto, il noto Bataclan, indicato dagli integralisti almeno dal 2011 come prossimo obbiettivo, non venga protetto. Oppure notando che alle indagini sulla strage di “Charlie” è stato messo il “secret defense” perchè le indagini indicavano che le armi del giovane Coulibaly provenivano, guarda un po’, da uomini legati ai servizi francesi.

    • Grazie mille per questo intervento. Ci sapresti dire dove hai reperito queste informazioni? Mi piacerebbe documentarmi Katia
      Chi ha vissuto invece nel paese della “strategia della tensione” potrebbe farsene altre di domande. Per esempio chiedersi come mai, appunto, il noto Bataclan, indicato dagli integralisti almeno dal 2011 come prossimo obbiettivo, non venga protetto. Oppure notando che alle indagini sulla strage di “Charlie” è stato messo il “secret defense” perchè le indagini indicavano che le armi del giovane Coulibaly provenivano, guarda un po’, da uomini legati ai servizi francesi.

  9. qui nel 2011
    Bataclan, storia di un teatro già nel mirino degli estremisti
    Il Bataclan, che appartiene a proprietari ebrei e ospita conferenze e manifestazioni di organizzazioni ebraiche, è da tempo nel mirino di terroristi. “Avevamo un progetto di attentato contro il Bataclan perché i proprietari sono ebrei” avevano spiegato alla polizia, nel febbraio 2011, alcuni membri di “Jaish al-Islam”, l’Esercito dell’Islam, sospettati dell’attentato costato la vita a una studentessa francese al Cairo nel febbraio 2009.
    http://www.ilsole24ore.com/art/mondo/2015-11-14/quel-rapporto-servizi-che-aveva-previsto-tutto-065747.shtml?uuid=ACjLn2ZB&p=2&refresh_ce=1

  10. Segnalatomi da Fabio Moliterni, questo articolo di Alessandro Leogrande, che conferma rafforza la riflessione di Giacomo Sartori: http://lostraniero.net/i-teorici-dello-stato-islamico-e-primo-levi/

    In questo articolo si tocca anche una questione fondamentale: come giustifica lo Stato Islamico l’uccisione di musulmani sunniti, ossia della loro stessa corrente? Non è una questione di poco conto, perché nel Corano l’uccisione di musulmani è un atto particolarmente grave. Lawrence Wright nel libro inchiesta “Le altissime torri” si sofferma su questo che è uno snodo importante dell’ideologia fondamentalista. Mostra, insomma, come si faccia strada nei movimenti fondamentalisti egiziani e algerini e poi anche in al-Qaeda la nozione di “apostata”. Questo nozione si è rafforzata e banalizzata con lo Stato Islamico: apostati sono tutti i musulmani che sono in qualche modo contaminati dalla cultura del nemico, ossia l’Occidente, i Crociati. Sono la zona grigia di cui parla Leogrande, e la zona grigia che si trovava mescolata a francesi miscredenti o cristiani nell’undicesimo, al Bataclan e a Saint-Denis.

    A Guignol, che è informatissimo sui retroscena dei servizi segreti, puoi spiegarci meglio il nesso tra Coulibaly e i servizi segreti francesi.

  11. mi scuso per le grandi inesattezze presenti nel pezzo (scritto appunto con le informazioni che circolavano al momento), che fuorviano in parte anche il ragionamento;
    in realtà nella rue Bichat anche il bar “Le Carillon” è stato colpito, e anzi la maggior parte delle vittime sembra essere stata lì, non al Petit Cambodge; ma non ho trovato ricostruzioni dettagliate, come incredibilmente non si trovano anche per gli altri spezzoni di questo disastro;
    e a proposito di McDonald, uno dei tre terroristi dello Stade de France si è fatto saltare proprio davanti a un locale della catena (ma anche qui non si sa se la cosa è intenzionale o meno);

  12. Un link l’avevo messo sopra. Ne approfitto per aggiungere qualcosa per chi fosse interessato e dal link sopra riestraggo il documento che chiede al Ministro dell’Interno Cazeneuve, di poter indagare sulle armi, ma questi con parere negativo rifiuta di togliere il “secret defense” sull’indagine delle armi di Coulibaly
    http://www.legifrance.gouv.fr/affichTexte.do?cidTexte=JORFTEXT000030830869

    Sono tutte informazioni reperibili in rete e alcune cose sono state indagate dai reporter di Le Monde.. sempre sul tema, chi volesse, può fare delle ricerche su uno dei legami di Coulibaly, partendo da un certo Claude Hermant, uomo legato ai servizi, informatore della Gendarmeria, trafficante d’armi, ex paracommando legato al Fronte Nazionale, coinvolto in un tentativo di golpe in Congo. E’ accertato che le armi di Coulibaly vengono da lui e da uomini della Gendarmeria di Lille. L’uomo era attenzionato anche dai servizi slovacchi che, sulla questione armi, erano in contatto con quelli francesi. Quando alcuni giudici francesi hanno voluto indagare oltre, Cazeneuve ha bloccato l’indagine con il “secret defense”. L’attività di Coulibaly era monitorata in quanto “segnalata” dai servizi francesi col codice “terrorismo”, Coulibaly è stato fermato e rilasciato, dalla Gendarmeria pochi giorni prima dell’attentato. La scorta alla sede di Charlie Ebdo tolta pochi mesi prima.

  13. a Guignol,

    il nesso Hermant e Coulibaly è attestato, cosi come la classificazione di aspetti dell’inchiesta che lo riguarda; a partire da questo fatto, si possono formulare diverse ipotesi. Le ipotesi che vanno nella direzioni più apertamente complottistica, ancora una volta, sono quelle alimentate dal “Reseau Voltaire”, sito prossimo all’estrema destra e in prima linea nel complottismo francese: http://www.politis.fr/Les-impostures-du-Reseau-Voltaire,29938.html
    e
    http://www.humanite.fr/les-impostures-du-reseau-voltaire-et-des-theories-du-complot-565618
    E’ in quest’ottica che anche tu leggi questi avvenimenti? Ossia che conclusioni tiri dai diversi fatti che citi più sopra.

  14. Letti, Helena. Importanti.

    Segnalo anche questo.
    https://www.alfabeta2.it/2015/06/07/unislamizzazione-della-rivolta-radicale/

    E questo passaggio che riguarda soprattutto quella gioventù che non conosce la mescolanza sociale dei quartieri parigini colpiti venerdì, ma che rimane confinata in zone esclusivamente popolari, periferiche, stigmatizzate socialmente e con tassi altissimi di disoccupazione.

    “Non bisogna sottostimare gli effetti devastanti di questa esperienza popolare: l’esperienza della menzogna permanente dei discorsi politici e giornalistici che ha per oggetto i territori da loro abitati. Questa esperienza distrugge il senso della nozione stessa di verità e alimenta tutte le voci e tutti i complottismi diffusi da Alain Soral e dai suoi amici. Da questo punto di vista, l’influenza di Dieudonné come eroe «anti-sistema» doveva essere precedentemente considerata come un sintomo più globale e non una deriva morale solitaria. Dall’altra parte, non si sottovaluti che l’indifferenza generale nei confronti dell’islamofobia ha anche aperto la strada a un rinnovo dell’antisemitismo. Oggi, il risultato è che se l’islamofobia progredisce, l’antisemitismo anche. In concorrenza alla destra ufficialmente islamofobica del FN, oggi trova terreno fertile una nuova destra estrema, «rivoluzionaria» , popolare e antisemita.”

  15. Mi sembra lontana questa discussione, quando tutta la mattino ho ascolto ragazzi che avevano il cuore pieno di tristezza e di angoscia. Sovente hanno espresso cose intelligente.
    La mia scuola accoglie ragazzi di tutte le religioni. Viviamo insieme. Siamo insieme davanti quello che è accaduto. Una ragazza ha spiegato che l’Islam non è religione dell’odio.
    Che non centra l’Islam in questi attentati.
    I ragazzi hanno sentito tutto l’orrore per un giovane: ascoltare musica, andare a vedere una partita e morire senza più conoscere l’amore.
    E io penso alla madre che non verrà più il figlio.
    Questo è importante. A volte l’emzione supera tutta discussione intelletuale.

    • non mi sembra che il mio approccio sia intellettuale, Véronique,credo anzi di essere incapace di un approccio solo intellettuale, e proprio per questo lo evito sempre; parlo – con gli errori di ortografia che tu e un altro severo censore vituperate, ma complice anche la fretta – dei quartieri che conosco molto bene, dei locali che frequento (compresi il Carillon, e qualche volta, per un caffè, anche il Casa Nostra); e mi fa piacere che il mio pezzo generi una discussione pacata, che non mi sembra per niente in contrasto con l’emozione di cui parli, che capisco benissimo e mi pare molto bella e importante; sai anche tu che entrambe le cose sono necessarie …
      g.

  16. @ Inglese

    Che la rivista Charlie Ebdo è una rivista razzista, di estrema destra e sopratutto di propaganda, messasi al servizio del potere e della guerra, solo che, essendo composta da un gruppo di deficenti con a capo un idiota, non hanno calcolato che venivano usati e che quando sarebbe venuto il momento, finiva male per tutti. Questa è l’unica conclusione certa che ho tratto dalla vicenda. Sul resto invece mi faccio domande, ci sono gli eventi in superficie, quelli visibili e gli asini che volano, ma la cosa è multistrato ci sono interessi, politici, economici, geostrategici, sociali, e come sempre la partita è sporca, si gioca tra più giocatori. Il terrorismo è uno strumento, una tecnica di guerra, per noi occidentali la guerra è simmetrica per altri è asimmetrica. C’è lo sparo ma c’è anche il rinculo.

  17. […] Io non me la sento di giudicare, né di schierarmi da una parte o dall’altra, o di fare approfondite indagini socio politiche del perché i terroristi hanno scelto una zona come l’Undicesimo per compiere gli atti terroristici, anziché centri del potere come la ricca e semivuota Parigi ovest. Forse perché sparare nel mucchio della fete del venerdì sera è più facile che andare a casa di ricchi e influenti politici, semplicemente. Forse perché, invece, era chiaro a chi i terroristi volevano mirare: ai bobo, alla nuova classe dirigente, cittadini sì normali, ma di un ceto medio che cerca di farsi avanti, studiando, impegnandosi, andando a vivere altrove, come ha scritto di recente Giacomo Sartori su Nazione Indiana. […]

  18. a Guignol,
    mi rispondi su Charlie Hebdo, ma non era di questo che si stava parlando. Ti chiedevo se avevi un’ipotesi precisa sugli attentati, visto che suggerivi una versione “alternativa” dei fatti, di cui la massa era all’oscuro. Le domande sui giochi sporchi quelle ce le facciamo in tanti.

    Un’osservazione importante ancora sulla questione dell’apostasia, che avevo sottolineato in un commento precedente. E’ espressa da Laura Guazzone (storia contemporanea dei paesi arabi) oggi sul manifesto:

    “La distinzione si fa su molte questioni fondamentali, la più importante è relativa alla concezione di quali siano le punizioni legittime dei diversi crimini individuati dalla legge islamica. Ad esempio c’è una differenza enorme sul comportamento contro gli apostati, chi da musulmano abiura l’Islam. Secondo i radicali, Isis e anche al Qaeda, tutti gli apostati sono passibili di morte, anzi devono essere messi a morte. L’Islam moderato invece dà una interpretazione radicalmente opposta nelle sue conseguenze, perché con sfumature differenti predica la necessità di contenere e al massimo prevede un allontanamento dall’apostata dalla comunità. Anche in senso puramente culturale e religioso senza nessuna conseguenza di pena, tanto meno capitale.”

  19. Come ti ho detto, l’unica mia certezza e la demenza della redazione di Charlie. La mia ipotesi è che il modo in cui è stata utilizzata la vicenda creando un’isteria collettiva e portando in piazza migliaia di beoti a farsi prendere per il culo, indica una strategia precisa. Di chi? Difficile dire, potrebbe essere il Reseau Voltaire? L’Humanite tutta? Qualsiasi cosa sia, deve essere un complotto. Prendi il Manifesto per esempio, a te sembra normale che davanti a una situazione del genere ci si metta a sfarfugliare delle punizioni dei crimini della legge islamica? È demenziale, no? Eppure succede, quindi? Complotto.

    Dì la verità Monsieur l’Anglais, non aspettavi altro vero?

  20. Giacomo non hai capito. Sono i miei errori di lingua con il smartphone. Parlevo degli miei errori. Non avrei scritto qualcosa di scortese.

    • allora scusa, ci siamo capiti male, Véro!
      (è che un altro commentatore se l’era presa con un po’ d’astio, non vorrei sbagliarmi, con i miei errori di ortografia, e quindi cominciavano a risvegliarsi i miei complessi (già faccio errori in italiano, da bravo cultore di cose agricole …)
      :)

  21. Non era per te, Giacomo, la critica. Leggo qui commenti che non capisco e non ho sentito in Francia dalla parte di Guignol.
    Leggo cose che non capisco. Charlie Hebdo critica tutto. Charlie Hebdo estrema destra? Première nouvelle.
    Mi sembra delirante.
    Che c’entrano servizi segreti francesi?
    Si mi sembra allontanato dalla mia giornata con i ragazzi.
    Hanno colpito giovani che ascoltavano musica, guardavano una partita,
    erano con amici.
    Hanno colpito la vita semplice, felice, spensierata.

  22. Pour Andrea,

    je suis désolée mais je ne comprends rien aux commentaires de Guignol. Peut-être ai-je mal compris? Je n’ai pas une connaissance maîtrisée de l’italien. Cela me semble obscur.
    Tout bonnement en classe j’ai fait écrire et parler les élèves. Ils en avaient besoin pour être un peu rassurés et entendus. Des petits de dix ont vu des choses terribles sur les vidéos.
    C’est pour cette raison que cette discussion me semble lointaine.
    Mais en italien j’ai di mal à exprimer tout cela.

  23. Je comprends Véronique le sens de tes mots et de ton point de vue. Je pense que ici, suite à l’article de Giacomo, on a essayé de comprendre la signification du choix des terroristes. Il y a bien aussi une question de compréhension des actions terroristes. Tout cela ne nie pas l’importance de se confronter avec des élèves comme tu le fais.

  24. Caro Giacomo, non ho letto gli altri commenti, ma a me quello che stupisce sembra ovvio: i “terroristi” in questione non hanno nulla a che fare con le logiche e le categorie politiche sulle quali o con le quali ci siamo formati noi europei, e non tengono in nessun conto la differenza tra la borghesia e i suoi valori e un a non borghesia con presunti altri valori. Ci vuole un grande sforzo, e un preventivo repulisti, per cogliere le logiche assolutamente altre che li muove. Non ho tempo adesso di sviluppare un’analisi, ma un ricordo te/ve lo lascio: quando abitavo a Parigi (ci sono stato come ai molti anni) al sabati poteva capitarmi, in qualsiasi quartiere della città (che è tutta città, tutta centro) di incrociare sui marciapiedi gruppi di ragazzi di fuori-città (della banlieue), i quali spesso e volentieri davano spallate ai passanti (è successo anche a me) capace di fare stramazzare per terra, per puro odio e avversione, perché indiscriminatamente lo studente, il banchiere il broker o il disoccupato erano ed eravamo quelli che stanno a Parigi, gli altri, i privilegiati, quelli da odiare, i nemici. L’odio, anche al di fuori del bel film omonimo, lo si toccava con mano, ma era ancora anarchico, disorganizzato, senza orizzonti. Veniva dall’emarginazione e dalla povertà, da una noia cupa. E questi ragazzi che abbandonano le scuole, che sono abbandonati dalle scuole, che sono abbandonati in realtà da tutto, la cui rivolta a 360 gradi è, come ogni ribellione, una ricerca (disperata) di un’autorità da riconoscere, la trovano (disperatamente ma limpidamente) alla fine nella disciplina di un esercito mortifero e votato alla morte, ma quanto chiarificatore. Colpiscono quel poco che sanno riconoscere come simile, anche se irraggiungibile. i posti cioè dove anche loro, in un’altra vita e con altra chance, potrebbero naturalmente trovarsi, non certo l’Odéon o l’Opera Bastille. Un abbraccio, beppe s. (Non rileggo, mi scuso degli errori che saranno tantissimi).

    • sì, certo; quello che invece non cambia, e che secondo me inchioda questi “terroristi” per certi versi così alieni a una griglia a noi molto famigliare, è la Storia; la storia per esempio del Bataclan (che certo i ragazzi che si sono divertire a sparare a bruciapelo e si sono fatti esplodere non conoscevano), che esiste da 150 anni e ne ha viste di tutti i colori (https://it.wikipedia.org/wiki/Bataclan), la storia dei rapporti tra spazio pubblico/divertimento/violenza (pensiamo che importanza hanno avuto le bombe nei caffè del centro frequentati dai Francesi nella guerra di Algeria), la storia delle vie (pensiamo all’importanza della rue du Faubourg du Temple, all’inizio della quale c’è stata un’altra falcidia, in tutti i sollevamenti popolari della capitale, o alla sua importanza “enologica”, sempre per il popolo, visto che le vigne adiacenti fornivano vinaccio a prezzi imbattibili)…;
      è lì che si ritorna forse, appunto a dispetto dei protagonisti, ai conflitti di sempre …; e per certi versi non sono forse risibili le “motivazioni” dei protagonisti rispetto alla zavorra del passato, che mano a mano che i giorni passano riprende il sopravvento?;
      un abbraccio a te, caro B.!
      g.

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giacomo sartori
giacomo sartori
Sono agronomo, specializzato in scienza del suolo, e vivo a Parigi. Ho lavorato in vari paesi nell’ambito della cooperazione internazionale, e mi occupo da molti anni di suoli e paesaggi alpini, a cavallo tra ricerca e cartografie/inventari. Ho pubblicato alcune raccolte di racconti, tra le quali Autismi (Miraggi, 2018) e Altri animali (Exorma, 2019), la raccolta di poesie Mater amena (Arcipelago Itaca, 2019), e i romanzi Tritolo (il Saggiatore, 1999), Anatomia della battaglia (Sironi, 2005), Sacrificio (Pequod, 2008; Italic, 2013), Cielo nero (Gaffi, 2011), Rogo (CartaCanta, 2015), Sono Dio (NN, 2016), Baco (Exorma, 2019) e Fisica delle separazioni (Exorma, 2022). Alcuni miei romanzi e testi brevi sono tradotti in francese, inglese, tedesco e olandese. Di recente è uscito Coltivare la natura (Kellermann, 2023), una raccolta di scritti sui rapporti tra agricoltura e ambiente, con prefazione di Carlo Petrini.
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