Il pianeta dei fantablog

di Tiziano Scarpa

space.gifNel racconto di fantascienza intitolato Scrittori e bloggers pubblicato qualche giorno fa su Nazione Indiana, Enrico De Vivo e Gianluca Virgilio immaginano un universo parallelo dove gli “Scrittori” gestiscono tirannici siti informatici. In questi siti, una casta inferiore denominata “blogger” è confinata a intervenire nelle finestre dei commenti. Chi pensava che oggi in Italia esistessero decine di migliaia di blog, chi credeva che chiunque potesse aprire un blog per scriverci dentro (in home page, non solo nelle finestrelle) ciò che vuole come gli pare e piace, leggendo la fiction di De Vivo e Virgilio prova una buffa sensazione di stupore e straniamento.

1. ETIMOLOGIA E SIGNIFICATO

Il racconto di De Vivo e Virgilio inizia con una definizione definitiva di ciò che è comunità. È la prima invenzione totalitaria della loro fiction. Non perché l’etimologia di munus sia errata. No. Il grave errore concettuale consiste nel fatto che l’etimologia viene confusa con il significato. Ciò che la parola significava un tempo, in tutt’altro ambiente, in una società infinitamente diversa dalla nostra, nella finzione di De Vivo e Virgilio diventa ciò che dovrebbe essere per forza, oggi e in futuro, la “comunità”, il nostro modo di stare insieme ora e per sempre.

Che succederebbe se le cose stessero come De Vivo e Virgilio vogliono farci credere? Che cosa significherebbero le parole, se coincidessero con i loro etimi? Di cosa parleremmo se le lingue avessero bloccato una volta per tutte l’evoluzione dei significati? La parola testa significherebbe ancora “guscio di tartaruga”; il divano sarebbe un “consiglio di stato”; e il matrimonio indicherebbe una faccenda che riguarda innanzitutto la “madre” e non già la coppia di sposi. Giocare con gli etimi (per spacciare ideologia) fa molto chic, innesca la possibilità di ricamare tutta una serie di paralogismi pseudofilosofici: la “comunità”, gli “immuni”… Deduzioni e ragionamenti che potrebbero risultare anche spiritosi, se non fossero terrificanti, perché totalitari. A differenza di De Vivo e Virgilio, io so che le parole sono vive: le parole tendono a oltrepassare se stesse, si sporgono lentamente ma inesorabilmente verso significati ancora inediti, e non accetterò mai che un giochetto etimologico le congeli in un dover-significare dato una volta per tutte.

2. LA CERTEZZA DELLA VERITÀ

Un’altra invenzione che ho trovato divertente è questa: “La VERITÀ, non esiste, certo”. Mi ha divertito la disinvoltura con cui questa asserzione viene data per scontata. Quel “certo” così sicuro di sé, messo giù appena dopo aver detto che la verità non esiste… Le abbiamo già viste mille volte queste goffaggini: il fondamentalismo degli anti-fondamentalisti… l’autocontraddizione di chi incappa nel solito paradosso: ‘la verità è che non esiste la verità’… Eppure è una gag che funziona sempre! Fa sempre ridere veder scivolare sulle bucce di banana.

3. LA MACCHINA DEL TEMPO DISTRUTTRICE

L’ascolto dell’altro, in chiunque scrive, consiste innanzitutto nell’ascoltare il linguaggio. Il linguaggio contiene già l’altro: chiunque abbia appena un po’ di consapevolezza della scrittura ne ha fatto esperienza, e queste prediche saputelle sulla disposizione ad ascoltare gli altri mi fanno ribrezzo. Soprattutto da chi ha appena sancito che qualsiasi blog, per la sua stessa struttura, non può portare a niente di buono, e che dunque non vale la pena ascoltarlo. Capito? Vorrei sottolineare questo punto. De Vivo e Virgilio ci vengono a dire che si sono “fatti l’idea” che qualsiasi blog non potrà mai portare niente di buono. Quindi smettiamola tutti con queste inutili perdite di tempo. Chiudiamo tutti i blog. Non abbiamo nulla da dire, né da dare, a De Vivo e Virgilio. Fermiamo tutto, e ripresentiamoci soltanto quando avremo realizzato la “comunità a venire”. Vietiamo il presente. Saliamo nella macchina del tempo, traslochiamo tutti nel futuro. Adesso, in home page o nella finestra dei commenti, stiamo scrivendo irrimediabilmente un blog, quindi loro due non ci ascolteranno. Non siamo niente per loro. Ci hanno aboliti in partenza. Tutte le decine di migliaia di blog esistenti in Italia non possono offrire niente che a loro interessi.

4. LA MOSCA BIANCA

Uno dei protagonisti della fiction di De Vivo e Virgilio è il blog Nazione Indiana. In esso, secondo i nostri due autori, “sono possibili finzioni, travestimenti, anonimato”. Nel resto della rete, o web, o internet che dir si voglia, come tutti sanno, invece, ciò non è possibile…

5. GLI PSEUDONIMI SFIATATI

In Nazione Indiana, soprattutto Carla Benedetti ha già riflettuto a fondo sul fatto che gli pseudonimi indeboliscono la forza del discorso, lo deresponsabilizzano. De Vivo e Virgilio evidentemente non hanno seguito quel dibattito. E hanno fatto bene, perché in Nazione Indiana, in quanto blog, secondo il loro ragionamento non può esserci niente che preluda alla loro “comunità a venire”, quindi a loro non interessa quello che c’è scritto qui dentro…

6. ARGOMENTI E NO

Secondo De Vivo e Virgilio, se in un blog “intervenisse un Grande Scrittore, la sua voce avrebbe lo stesso tono rispetto a quella di Pincopallino e così gli argomenti che il Grande Scrittore porterebbe, ove fossero discussi, avrebbero la stessa mancanza di autorità di quelli della signora Vattelapesca. In un blog tutte le vacche sono grigie. ” Ma che fesseria è mai questa? Se sono buoni argomenti, gli argomenti del grande scrittore o della signora Vattelapesca o di Pinco Pallino sono buoni argomenti e basta. Se poi De Vivo e Virgilio non sanno distinguere un argomento autorevole da uno mediocre solo perché tutti e due sono pubblicati democraticamente nello stesso posto, peggio per loro. La volontà appiattente, totalitaria (tutti i blog sono sbagliati… tutti gli argomenti discussi nei blog sono senza autorità… tutte le vacche sono grigie…) di De Vivo e Virgilio fa virare le loro spiritosaggini nella classica utopia negativa da incubo, dove i dittatori dettano i significati ultimi delle parole, ci tagliano via in partenza ogni possibilità che loro ritengono “sbagliata” avendo già compreso per tutti noi ciò che è bene e ciò che male: naturalmente i dittatori lo fanno per il nostro meglio…

7. ERROR 404

De Vivo e Virgilio rimproverano agli scrittori di difendere il loro interesse corporativo. Che sito hanno visitato? In Nazione Indiana scrivono registi di teatro e di cinema, scienziati, romanzieri, poeti, critici, studiosi, editori, gente che pubblica libri e gente che non ne ha mai pubblicato uno. Che cos’è uno “Scrittore”, nella fiction di De Vivo e Virgilio? Un romanziere? Un intellettuale? Un critico? Uno studioso? Un poeta? Chi pubblica i suoi testi in home page?

8. ENTIA NON SUNT MULTIPLICANDA

Ma la vera finzione fondamentale di De Vivo e Virgilio, è quella di separare scrittori e blogger. Come se oggi non fosse possibile a tutti aprire un blog. Che separazione artificiale è mai questa?

Nazione Indiana è uno delle migliaia di blog esistenti. È anche uno dei non molti blog collettivi che ci sono in giro. Se dentro vengono pubblicate cose buone o no, lo giudicherà chi ha voglia di leggerle. Noi non abbiamo un counter, che sarebbe quell’aggeggino che conta quanti visitatori entrano nel sito: non lo vogliamo, perché quelle sì sono logiche da società dell’immagine. Non ci interessa contare la nostra audience.

9. CREDERE IN CIÒ CHE SI FA

Secondo De Vivo e Virgilio, in Nazione Indiana gli scrittori decidono di intervenire per “difendere la propria immagine”. De Vivo e Virgilio si dimenticano che gli interventi di Nazione Indiana sono innanzitutto i pezzi che pubblichiamo in home page. Dico innanzitutto non perché li ritenga migliori delle riflessioni che appaiono nelle finestre di commento. Ma semplicemente perché gli interventi in home page sono quelli che generalmente ci costano più tempo: tempo di studio, riflessione e scrittura. Se poi qualcuno a volte sostiene una falsità o un’inesattezza nella finestra dei commenti, ribattere alle falsità e alle inesattezze è un atto d’amore per la verità. Ma De Vivo e Virgilio leggono tutto in termine di immagine. Evidentemente non riescono a pensare che al mondo ci sia qualcuno che crede in ciò che fa, e che quindi ci tenga a difendere ciò che fa: per loro è tutto “immagine”.

10. MARGARITAS AD PORCOS

La fiction di De Vivo e Virgilio abolisce, di Nazione Indiana, tutti gli interventi in home page. Non ne tiene conto. Come se questo sito fosse fatto solo dalle finestre dei commenti, e non, anche, dagli interventi nostri e altrui che ci sforziamo di scrivere e pubblicare. I personaggi che De Vivo e Virgilio si sono inventati, e che loro chiamano “Scrittori”, impiegherebbero il loro tempo solo a difendere la propria immagine nella finestra dei commenti. Le decine e decine di interventi in home page (saggi, recensioni, articoli, racconti, poesie, appelli…) che abbiamo pubblicato in questi mesi, per un totale di parecchie centinaia di pagine, per De Vivo e Virgilio sono nulla.

11. PREDICARE MALE E RAZZOLARE PEGGIO

Poi c’è la solita scenetta populista, l’ammicco alla moltitudine, lo sparare benevolenza nel mucchio (tanto qualcuno lo si becca sempre): “Con questo non vogliamo demonizzare i bloggers. Tutt’altro. I loro interventi, nelle migliori occasioni, scorrono come un torrente impetuoso e guai a chi, anziché creare degli invasi per raccoglierne le acque, pensa di colmarne l’alveo, credendo con ciò di essersi sbarazzato del torrente.” Peccato che De Vivo e Virgilio abbiano trovato come risolvere la questione proprio rimuovendo dal loro sito qualsiasi finestra di commento libero e non censurato. In Nazione Indiana, come in qualsiasi blog, chiunque può venire qui a scrivere ciò che vuole.

12. OH COME SIAMO BRAVI

Nei brani più spassosi del loro racconto, De Vivo e Virgilio riescono anche a sbrodolarsi lodi addosso, elogiando il termine zibaldone che si sono scelti come nome del loro sito. Peccato che qualunque blog (e naturalmente anche Nazione Indiana) sia uno zibaldone: gli interventi pubblicati in home page, se letti uno dopo l’altro nel loro ordine cronologico, darebbero il senso di una libera sequenza di pensieri, riflessioni non consequenziali una rispetto all’altra, eppure complessivamente coese in un ambito di interessi comuni: uno zibaldone, appunto.

Semmai, a essere assai poco “zibaldone” è proprio il sito zibaldoni.it, che per la sua stessa formula editoriale non permette lo stratificarsi cronologico gioioso, eruttivo, anche anarchico dei temi. Zibaldoni.it è una rivista vecchio stile pubblicata in rete, con un filtro redazionale chiuso, che esce periodicamente, proprio come le riviste su carta: ripropone su un mezzo infinitamente più duttile, come il web, modalità tecnologiche e comunicative vecchie (ma non per questo sorpassate o da buttare, sia chiaro, lo dico senza la minima ironia). Zibaldoni.it perpetua in rete le vecchie gerarchie tradizionali tra autore e lettore; gerarchie che la rete ha superato. Zibaloni.it conserva alcune caratteristiche delle riviste su carta: per esempio, quella di impedire ai suoi lettori di dire la loro senza filtri, come invece accade in qualunque blog (compreso questo).

13. FARE LA MORALE CON I TAPPI NELLE ORECCHIE

Sono d’accordo con De Vivo e Virgilio: “Rimuovere una modalità di scrittura significa non fare i conti con le idee che in quella modalità di scrittura hanno trovato espressione, significa fare come gli struzzi, avere paura di quello che può essere detto (in un blog) e mettere la testa sotto la sabbia.” Giusto. Peccato per la frase successiva: “E noi non vogliamo tutto questo.” Ma sì che De Vivo e Virgilio lo vogliono, dài! In zibaldioni.it nessuno può lasciare scritto alcunché, nulla che possa venire immediatamente condiviso dalla comunità, presente o a venire che sia. Siccome De Vivo e Virgilio hanno deciso che tutti quanti noi, centinaia di migliaia di persone che scrivono in rete, siamo una non-comunità, non ci permettono di dire liberamente la nostra nel loro sito. In zibaldoni.it sì che ci sono “Scrittori”, gli Scrittori di fantascienza De Vivo e Virgilio, che hanno “paura di ciò che può essere detto”. E i lettori di zibaldoni.it? Zitti! Silenzio!

14. IL PERSONAGGIO SOTTO LO SCHIACCIASASSI DEI CARTOON

Il ritratto dello scrittore che fanno De Vivo e Virgilio è esilarante. È uno di quei personaggi che Edward M. Forster definiva piatti, bidimensionali. Poco o per nulla verosimili, non vengono mai rappresentati a tutto tondo. Sono personaggi caricaturali: eppure risultano necessari, servono a far andare avanti la trama. Senza questo personaggio bidimensionale, il racconto di De Vivo e Virgilio non starebbe in piedi. Vediamo come lo ritraggono: “Egli deve scrivere per tutti noi i suoi Libri, in cambio dei quali la società lo ripaga considerandolo appunto uno Scrittore, con uno status più o meno riconosciuto, circondandolo di onori e fama, successo e denaro”. Una specie di casta aristocratica, insomma.

Lo “Scrittore” di De Vivo e Virgilio non è una persona che ha una vocazione, una passione, non è uno che scrive fin dall’infanzia, dall’adolescenza, ogni giorno, appassionatamente. Non è uno che ha fatto una scelta di vita e ne ha affrontate tutte le conseguenze, coltivando la sua passione per decenni, fino a conquistare con enorme fatica la possibilità di pubblicare. Non è nemmeno un cittadino qualunque, lo “Scrittore” di De Vivo e Virgilio, non è uno che tutti possiamo diventare scrivendo per la prima volta qualcosa di bello e vero, a quindici o a novantacinque anni. Macché. Lo “Scrittore” di De Vivo e Virgilio è una caricatura, con tanto di sarcastica lettera maiuscola. È un alieno piovuto dal cielo, è un arciduca che è stato investito dal re…

Gli scrittori, tutti gli scrittori che conosco io, sono persone che vivono in appartamenti modesti, talvolta in catapecchie: eppure sono le persone più felici del mondo, sì, anche quando sono le più disperate, perché stanno tenendo fede alla loro vocazione. Gli scrittori, tutti gli scrittori che conosco io, sono persone che leggono gratis decine di manoscritti di sconosciuti, ai quali non debbono nulla, offrendo continuamente il “munus” (dono/incarico) di leggere la parola altrui, di ascoltarla, aiutando gli autori inediti a pubblicare, ossia a rendere pubblica e comunitaria una cosa bella, e vera…

Macché. Lo “Scrittore” di De Vivo e Virgilio è una macchietta circondata di onori e fama, successo e denaro…

15. I CASI DELLA VITA

Onori e fama, successo e denaro… “(in qualche caso)”, precisano sommessamente, fra parentesi.

In qualche caso?

Ma che razza di precisazione è? E in tutti gli altri casi? La frase di De Vivo e Virgilio si sgonfia catastroficamente da sola, con un effetto comico irresistibile. Se è solo “in qualche caso” che ciò accade, allora com’è che in tutti gli altri casi gli scrittori continuano a scrivere senza fama, senza onori, senza successo né denaro? Vuoi vedere che si tratta anche di passione, vocazione, ispirazione, gioia? Vuoi vedere che è anche una questione di arte? Forse a De Vivo e Virgilio sfugge l’esistenza di questa cosa che si chiama arte. Nel loro universo parallelo tutto è onori, fama, successo, denaro.

Sto esagerando? Allora leggete questa. È una notizia del 27 dicembre 2000:

Tiziano Sclavi, il padre di Dylan Dog, ha pubblicamente affermato, durante un’intervista rilasciata a Daniele Bertusi, di non voler più scrivere romanzi: “troppa fatica, niente soldi e niente fama”. (da www.alice.it/news/news/n20001227.htm)

Faccio notare che Tiziano Sclavi, forte del successo di Dylan Dog e della popolarità di cui gode (e quindi di un pubblico potenziale di lettori molto numeroso), avrà ricevuto dall’editore dei suoi romanzi una cifra (il cosiddetto “anticipo sui diritti d’autore”) altissima rispetto a ciò che viene dato a un normale autore di narrativa. E nonostante ciò, Sclavi ha sintetizzato queste cifre con l’espressione “niente soldi”. Checché ne pensino i due autori di fantascienza caricaturale De Vivo e Virgilio, ci sono centinaia, migliaia di scrittori che continuano a scrivere in assenza di soldi e fama, e con parecchia fatica (e tanta gioia, aggiungo io).

16. GNORRI

Tutto il pasticcio della confusione di ruoli fra “autore” e “blogger” che De Vivo e Virgilio credono di individuare, deriva da un madornale travisamento: ai due sfugge che al giorno d’oggi chiunque può aprire un blog, chiunque può essere contemporaneamente commentatore e autore: discutere con gli altri nelle finestre dei commenti dei siti altrui, o proporre un suo intervento, in home page, dentro il blog registrato a suo nome (o a suo pseudonimo, come meglio desidera…). La cosa è sfuggita a tal punto, a De Vivo e Virgilio, che lo stesso sito zibaldoni.it non tiene conto di questa importantissima democratizzazione della scrittura, e continua a proporre la formula aristocratica del “noi Scrittori De Vivo e Virgilio facciamo la rivista, voi leggete e zitti”.

17. MANDANTI CORAGGIOSI

La frase seguente mi fa ridere di meno: “Ma se neppure lo Scrittore crede in tutto questo o non ha fiducia nel futuro, allora ben vengano i bloggers terroristi, i travestiti e gli anonimi maldicenti.” È una frase farabutta. Dice: se gli scrittori non fanno quello che diciamo noi De Vivo e Virgilio, ovvero se non fondano la nuova comunità (intendendola come la intendiamo noi due), allora sputategli in faccia, fate bene! È una frase vigliacca. Da mandante codardo: il peggio che ci sia. Incita alla cattiveria e alla violenza. La giustifica. Dunque tutte le offese che vengono scritte in rete nei blog, dentro le finestre dei commenti, hanno l’approvazione di De Vivo e Virgilio. I quali non hanno il nerbo di offendere a chiare lettere, ma mandano avanti gli altri e si compiacciono che ciò accada.

Io credo talmente nel futuro da devolvere al futuro il mio presente. Tanto per dirne una, scrivo gratis su questo sito, sebbene le mie parole, sul mercato, verrebbero ricompensate con una decorosa quantità di denaro. Non sono certo l’unico. Siamo centinaia di migliaia a farlo. Ciò che offrono i blogger (tutti i blogger) alla comunità è informazione, riflessione, racconto: scrittura. Offrono lavoro gratis. Doni, incarichi. Munus, munera…

18. IL PRESENTE

Ma, alla fine, dopo aver squalificato tutti i blog della rete e aver messo in dubbio il valore di “forum, alcune mailing list, le chat, etc.”, che cosa vogliono De Vivo e Virgilio? “Quello che noi auspichiamo, pertanto, è ben altro, e consiste in un severo esame di coscienza dello scrittore moderno, che, a partire da queste considerazioni sul suo ruolo, riesca a scoprire nel blog e nelle sue modalità di scrittura, un mezzo di comunicazione letteraria aperto a tutti e nuovo, che, scavalcando ogni mediazione, raggiunga chiunque voglia parteciparvi in tutta libertà.” Forse, nel loro auspicare ossessivamente il futuro, De Vivo e Virgilio hanno tenuto gli occhi ben chiusi davanti al presente. Grazie al mezzo tecnico del blog, tutti oggi possono scrivere in rete, sia come autori di interventi in home page, sia come autori di commenti nelle finestre dei blog altrui: vale a dire, tutti possono essere scrittori e commentatori. Ciò che auspicano i due utopisti del futuro, nella realtà è presente in atto.

19. “BLOGGER”

Nell’universo parallelo di De Vivo e Virgilio, viene chiamato “blogger” solo chi posta commenti nelle finestre. I nostri due Scrittori De Vivo e Virgilio non hanno ancora capito che il blogger è, invece, chiunque tiene un blog, chiunque ha registrato un sito a sistema editoriale aperto (scusate le parafrasi petulanti, ma bisogna spiegarglielo bene), ossia tutti coloro (in Italia sono decine di migliaia) che hanno aperto un sito grazie a uno di quei sistemi editoriali offerti gratis in rete da Splinder, Clarence, Virgilio, Tiscali, ecc.

20. È LA RETE, BABY

“Finché esisterà un testo principale e in subordine una finestra di commento…” è una battuta surreale. Mi ha fatto veramente molto ridere la tecnica umoristica con cui i due autori fingono, fantascientificamente, che nei blog esista un’aristocrazia di autori che possiede il testo principale, e una casta di autori-paria che scrive nella finestra dei commenti. De Vivo e Virgilio dimenticano o fanno finta di dimenticare che, essendo possibile per tutti aprire gratis un blog in pochi minuti, senza saperne nulla di programmazione informatica, pubblicando ciò che si vuole nelle finestre principali, la discriminazione fra home page e finestra dei commenti non esiste. Chiunque può segnalare nella finestra dei commenti un intervento (suo o altrui) pubblicato nella home page di un altro blog, mettendo un link per arrivarci in un baleno e leggerlo con agio. È la rete, ragazzi: nodi, connessioni, passaggi, finestre che si aprono, gente che dialoga e che non è soltanto capace di offendere e denigrare… Succede da anni, e negli ultimi tempi è alla portata di moltissimi.

Lo so, sono cose risapute, e quel che è più grave è che mi sto ripetendo troppo.

Ma vorrei farglielo entrare bene in zucca.

Che almeno questo intervento porti un piccolo contributo alla “comunità a venire”: che almeno, in futuro, De Vivo e Virgilio sappiano di cosa stanno parlando.

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Per inserire commenti vai a “Archivi per mese – Novembre 2003”

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187 Commenti

  1. Grazie per l’analisi lucida e precisa che ha fatto chiarezza sulla debolezza delle argomentazioni di zibaldoni.it. E’ grazie a scrittori/bloggers/ecc.ecc. come te e tanti altri di NI oltre che di altri blog, che ci si rende conto che i vivi in mezzo ai morti viventi sono più di quanto sembri: decisamente rincuorante nel panorama di fiction attuale. Non c’è altro da aggiungere.

  2. Caro Scarpa,
    ci vorrebbe un amico… E, sulla “strana coppia”, ci voleva una sintesi. Non parole definitive, ma perlomeno chiarezza. Anche perchè sull’altro colonnino (dove personalmente ho “dato” fin troppo nel tentativo di chiarirmi e chiarire)la discussione, alla fine, è “scemata” nell’assurdo.
    Dunque grazie.
    con stima,
    Franz

  3. Bravo.
    (ah, per chi dice che sono leccaculo/paruculo vorrei chiarire che le cose che posto le penso veramente, quindi passate pure a nuovi insulti, non so: incapace/cretino)

  4. scusate, ma tutte queste menate sul blog lo voglio così, no io lo voglio cosà, mi sono profondamente venute a noia. A voi no ?

  5. Credo che dietro l’articolo di Scarpa ci sia un’idea molto civile dello scrittore, che prende posizione e perde tempo per spiegare le sue ragioni. In fondo (letteralmente) lo dice anche lui che si ripete, che la cosa è un po’ noiosa, però risponde, perché è il suo modo di sentirsi impegnato.

  6. Grazie a tutti. Sono d’accordo con Riccardo Ferrazzi. Ma quando qualcuno domanda, è cortesia rispondere. Mi pare che Nazione Indiana, con tutte le sue imperfezioni, negli ultimi mesi dedichi le sue energie soprattutto a reportage, interviste, recensioni, inchieste, racconti… e assai meno alle questioni di metablog. A volte mi chiedo se chi insiste ossessivamente su queste cose (il ruolo dello “Scrittore”…! Come beve il caffè l’intellettuale…! L’esame di coscienza dello scribacchino…! La penitenza del paroliere…! Tre avemarie e sette nelbludipintodiblù…!) non miri in realtà distoglierci da altri lavori, quelli sostanziosi d’inchiesta e di scrittura inventiva, che evidentemente non sono graditi o danno fastidio. Comunque ha ragione in pieno Ferrazzi. Per quanto mi riguarda, mi occuperò sempre di più di ciò che si può FARE con le parole scritte, e sempre meno di questioni meta-blogghistiche. Ma, ripeto, qualche giorno fa qui era stata posta una questione, e mi sembrava educato raccogliere lo spunto e rispondere. Grazie ancora

  7. Non c’è che dire. Una bella risposta quella di Tiziano Scarpa. L’ho letto velocemente la rileggerò attentamente per cercare le mie differenze, ma la sensazione che ne ho ricavato è decisamente positiva, retoricamente efficace (nel senso più nobile della parola retorica). La mia impressione è che Enrico de Vivo e Virgilio hanno le idee confuse. O forse volevano spostare l’attenzione sul loro sito.
    Ma per fare questo basta indicare l’esistenza del sito. La risposta di Scarpa oltre che ricca di riflessioni, mi sembra anche esilarante.

  8. E adesso speriamo che si passi avanti.
    Dopo un intervento come quello di Scarpa (non a caso invocavo arridatece ecc…) non so come i due e i loro scarsi (in tutti i sensi) reggipalle possano avere qualcosa da obiettare.
    Esistono anche i fatti, per fortuna. Grazie, Scarpa.

  9. SCARPA L’IMMUNE, OVVERO DELLA COMUNITA’ AVVENIRE
    di Enrico De Vivo e Gianluca Virgilio
    http://www.zibaldoni.it

    1. PREMESSA
    Non è facile accettare di entrare in dibattito con chi tende a fare ironia sui tuoi discorsi, con chi prima ha accolto e pubblicato le tue idee e poi le ha derise, quindi le ha accolte e pubblicate per deriderle. La categoria dell’”ironia” – lo abbiamo imparato da Carla Benedetti – è oggi l’arma preferita da chi deve ‘depotenziare’ l’interlocutore quando lo vede come un avversario. Tiziano Scarpa nel suo pezzo Il pianeta dei fantablog fa appunto dell’ironia gratuita, tentando di sminuire le nostre idee attraverso l’invenzione del discorso sui fantablog e altre “cose divertenti”. E questo non facilita chi, come noi, è convinto e certo della ‘potenza’ delle proprie idee, e perciò non accetta che esse vengano messe alla berlina da chicchessia. Cosa fare, allora? Rispondere, già lo sappiamo, servirà soltanto a innescare in NI interventi se possibile ancor più aggressivi; ma è certo che non possiamo tacere, ora che uno dei redattori di NI sembra aver rotto quella che sembrava essere una vera e propria congiura del silenzio. In effetti, il lettore deve sapere che questa discussione ha avuto origine nel luglio scorso, quando noi abbiamo sollevato sulle colonne di NI il problema del ruolo dello scrittore (anche registi, pittori e musicisti quando scrivono sono scrittori) in questa società e quello della ‘comunità avvenire’, ricevendo un’attenzione distratta e superficiale da parte di qualche redattore (Antonio Moresco, per esempio, in quell’occasione, sottovalutò e distorse le nostre tesi), ma moltissime attenzioni da parte dei lettori. Tiziano Scarpa, allora, aveva taciuto, ed anzi aveva provveduto ad oscurare le finestre di commento ai suoi pezzi per non dare adito ad alcuna discussione.

    2. LEOPARDI, PENSACI TU!
    L’articolo di Scarpa ha il merito, ora, di fare chiarezza sulla sua posizione relativa alle tante questioni che da alcuni mesi in qua sono state oggetto di dibattito. La nostra prima impressione è stata che Scarpa si sia deciso, non potendone più, a mettere da parte la regola del silenzio che si era imposto e a gettare le carte in tavola, quelle che ha in mano. Che delusione! Ci aspettavamo chissà quale argomentazione critica, un ragionamento fondato, un’idea che contribuisse al dibattito in corso, e invece, niente, solo un soprassalto di mal contenuto risentimento, che gli impedisce di articolare un discorso in forma compiuta, ma è sufficiente a fargli esprimere la sua acrimonia in forma smozzicata, spastica, ripetitiva, con poche parvenze di idee che si vanno spegnendo verso la fine del lungo e noioso pezzo, un vero e proprio sproloquio contro il nostro scritto dal titolo Scrittori e bloggers, apparso recentemente su NI per iniziativa di Dario Voltolini. E che cosa dice Scarpa, per cominciare? Che noi, coi nostri richiami etimologici, abbiamo perso di vista l’attualità della lingua, il significato che oggi le parole hanno, ben diverso da quello del passato. Ora, che uno scrittore di qualche grido, qual è Scarpa, non sappia che “le parole sono vive” perché hanno una lunga storia e che l’etimo non è affatto la loro parte morta, ma è ciò che le tiene in vita e costituisce il loro fascino antico (Leopardi, pensaci tu!), beh, questo ci dà molto da pensare sulla stoffa del nostro interlocutore, sulla sua, come dire, mancanza di riflessione linguistica. Ma passi. Sennonché, un’altra questione subito è posta da Scarpa, quella riguardante la comunità e il modo in cui noi la consideriamo. L’uso di aggettivi come “terrificanti” e “totalitari” riferiti ai nostri ragionamenti, ci induce a credere che Scarpa ci attribuisca l’idea di una comunità avvenire sul modello di quella staliniana, in cui la verità è quella stabilita in alto loco e tutti debbono adeguarsi. Possibile che in NI circoli ancora questo comodo equivoco? Quale idea si è fatto di noi Scarpa? È bene forse chiarire (per l’ennesima volta…) la questione. La nostra idea di comunità è talmente aperta e priva di ogni connotazione “totalitaria” e, quindi, “terrificante”, che noi, proiettando nel futuro la costruzione di essa, siamo aperti a qualsiasi contributo provenga dall’esterno, purché sia un contributo attivo e positivo, che si collochi già da ora in una dimensione comunitaria. Escludiamo dal nostro sito, per esempio, tutti coloro che vogliono farsi pubblicità, o coloro che prendono la penna in mano per ricamare intorno alla propria persona con esercizi solipsistici, che ci disgustano; escludiamo gli incapaci e i vanesi, gli arroganti e i violenti, coloro che ammiccano al “pubblico” e in genere tutti quelli che scrivono per avere un tornaconto immediato. Questo è il nostro lavoro e questa è la nostra idea di ‘comunità avvenire’, così come già da ora noi stiamo contribuendo ad edificare. Cosa c’è in tutto questo di “totalitario”? Il fatto che siamo noi a decidere? Ma certo! E se non noi, soggetti attivi della pratica letteraria, chi dovrebbe farlo? Un editore, un giornalista, un “mediatore culturale”? Noi ci assumiamo la responsabilità delle nostre scelte, mettendo nel conto la possibilità di sbagliare, ma ben sapendo che questa è la nostra sola possibilità, perduta la quale si apre la prospettiva di adeguarsi al presente, all’attuale sistema letterario che ti compra e ti vende come gli pare e piace, che, invece, noi combattiamo. Ecco, questa idea di comunità è per Scarpa un’idea totalitaria, mentre per noi è vero l’opposto, essendo le nostre scelte letterarie indirizzate contro il moderno totalitarismo, presente e operante in modo subdolo, più o meno nascosto, nelle case editrici e nelle cricche letterarie.

    3. IL NOSTRO LAVORO
    Quando abbiamo cominciato ad allestire la nostra rivista, abbiamo cominciato proprio col mettere insieme i cocci di una comunità bistrattata, dispersa e confusa nella comunità data dal mercato e dai mediatori. Ci scambiavamo tra amici idee, libri, testi di ogni tipo, e trovavamo che libri bellissimi non riuscivano a vedere la luce perché il mercato editoriale opponeva una ferrea resistenza a tutto quanto non concorda con i suoi fini meramente utilitaristici. Abbiamo pensato che tutto questo non era giusto, che avevamo il dovere di provare a fare qualcosa che ripristinasse la giustizia, ossia le condizioni per cui una comunità seria e responsabile di lettori e scrittori giudica i libri che legge in assoluta autonomia e decide, perciò, di conseguenza. Per fare questo, tutti capiscono che la prima cosa da fare è stata deporre la S maiuscola di Scrittore o aspirante tale, ossia quella S che ancora lega al mercato, e quindi mettere in comune con gli altri non solo il proprio lavoro, ma anche la propria capacità di dibattito, propositiva, ideale. Tutte le persone che ci contattano non hanno con noi alcun rapporto “professionale”, ma solo un rapporto amichevole ed eticamente ineccepibile. Ad ognuno, noi proponiamo di collaborare attivamente al nostro progetto, non solo con scritti, ma anche con idee. Discutiamo ogni cosa, anche le minime scelte di correzione o emendamento. Cerchiamo una solidarietà che vada al di là della letteratura, pur mantenendola come orizzonte fisso e ideale. Se proprio dobbiamo dirla tutta, non ci interessa tanto “l’aspetto letterario” di ciò che scrivono gli scrittori, ci interessa piuttosto stare a pensare e immaginare insieme ad essi un mondo diverso da questo, in cui si parla e si argomenta, e la verità, anche se a piccoli passi, è sempre raggiungibile. La forma letteraria, il genere, i discorsi teorici e, peggio ancora, tecnici, ci ammorbano e ci distaccano dalla felicità, che rincorriamo ogni momento, di poter capire qualcosa di quello che ci accade intorno grazie a ciò che scrivono gli uomini e le donne che si accompagnano a noi sul nostro stesso cammino.
    Di chi “sa” scrivere, pertanto, noi ci facciamo un baffo. Per noi chi “sa” scrivere, chi “sa” qualsiasi cosa è un uomo finito, morto. Noi cerchiamo chi, come noi, “non sa” niente di quello che fa, ma ricerca incessantemente una via e il modo giusto per farlo. Abbiamo pubblicato nel primo numero un testo straordinario di Domenico Chiummiento, un semianalfabeta di Potenza, dal titolo “Il terremoto e la scienza”. Per noi in quel libro c’è più verità che in migliaia di volumi di esperti perché c’è lo sforzo di capire qualcosa scrivendo da parte di un uomo che sente la necessità, come un santo sente le stimmate, di scrivere. La “necessità di capire” non è la “necessità di esibirsi” dei bloggers e nemmeno la necessità di difendere il proprio status da parte degli Scrittori.
    Ma Scarpa non può capire queste cose, perché le nostre parole egli le accoglie con “ribrezzo”, quel “ribrezzo” che un tempo si riservava agli appestati e ai lebbrosi. Per Scarpa vi è solo il presente della comunità data, dove egli sa di giocare in casa e che ora deve difendere a spada tratta.

    4. IL BLOGGER, EMBLEMA POSTMODERNO
    Abbiamo letto con molto interesse gli articoli (e non solo) di Carla Benedetti, che troviamo sempre molto lucidi e penetranti, e ci dispiace molto che essi non abbiano insegnato nulla a Scarpa. Eppure lui li invoca contro di noi, come se noi non avessimo affermato, sulla scorta di Benedetti, che i bloggers (tutti i bloggers di tutti i blog, non solo quello di NI) sono deresponsabilizzati in quanto possono travestirsi, presentarsi in modo anonimo eccetera. Ma abbiamo anche aggiunto che, se ciò accade, la responsabilità è anche del moderno Scrittore, il cui ruolo arcaico motiva la nascita dei bloggers, che ne sono l’altra faccia della medaglia.
    Per noi, come per tutti, il “blogger” è colui che fa e che scrive in un blog, suo o di altri, individuale o collettivo. Sostanzialmente, il “blogger” è un individuo che di solito fa ricorso all’anonimato e scrive in pubblico, utilizzando una maschera o un bel vestitino autorevole da vip (sono la medesima cosa!). Esempio: il blog di un famoso giornalista tv è lo stesso di un impiegato di Agrigento, solo che, mentre il primo utilizza la sua fama come maschera, il secondo la maschera deve crearsela e, così facendo, si illude di somigliare al famoso giornalista tv – “di avere gli stessi diritti”, direbbero i fautori della moderna democrazia catodico-internettiana. Quando diciamo “maschera” non diciamo necessariamente qualcosa di “falso”, perché anche il semplice fatto di “stare in rete” è una maschera. Anche soltanto l’atto del “mostrarsi” implica l’adesione al teatro dell’apparire moderno o postmoderno. Chi scrive in un blog, chi ha un blog, chi ama il blog, chi lo gestisce è, in poche parole, un perfetto cittadino del nostro mondo moderno: una persona che accetta di mettere in mostra la sua scrittura e, prima ancora, se stesso, al fine effimero di apparire. In questo consiste tutta la superficialità dei bloggers, tutta l’inutilità dei loro flussi scrittorii, tutta la noia di quello che dicono e propongono. Perciò a noi sembra esemplare questa figura che emerge con nettezza dalla rete per indicarci in quale direzione avviare, e contrario, le nostre riflessioni. Dalla figura del blogger abbiamo imparato a distinguerci, e anche per questo motivo l’abbiamo resa iperbolica nel nostro scritto, identificandola con quella di qualsiasi “scrittore di commenti” (anche chi si firma Tiziano Scarpa o Gustavo Paradiso può non essere il vero Tiziano Scarpa o il vero Gustavo Paradiso).
    Per prima cosa, dai bloggers ci distingue il fatto che abbiamo imparato a non trattare le cose che scriviamo come pasto ludico per il “pubblico”: per noi la scrittura nasce dalla meditazione e dal lavoro individuale e non può avere mai un approdo spettacolare, cosa che invece i bloggers cercano sempre a tutti i costi; in secondo luogo, abbiamo imparato che quello che scriviamo non è solo un insieme di parole e spazi bianchi, ma innanzitutto è frutto di un rapporto con gli altri che ci stanno intorno: i bloggers scrivono spesso, invece, per iniziativa e per uno scopo individuali, nessuno può mettere in discussione quello che dicono, anzi, quello che dicono può essere solo “commentato” (in subordine, ovviamente, e nel modo che sappiamo). Infine abbiamo imparato a non trattare con superficialità le cose che scriviamo, a soppesare quello che scriviamo e a pensarci e ripensarci anche per settimane, mesi, cosa che i bloggers non fanno mai.
    Accomunando lo Scrittore al blogger, abbiamo fatto tutt’altro che una forzatura. Se è vero che il blogger è per antonomasia lo ‘scrittore immunizzato’, che dice ‘io’ non sapendo né potendo dire ‘noi’, è in tutto e per tutto simile allo Scrittore che ora andiamo a descrivere, incapace di scrivere e argomentare se non del “proprio”. Anzi, non c’è alcuna differenza tra uno e l’altro.

    5. LO SCRITTORE CON LA “S” MAIUSCOLA
    Tutto ciò, a chi avesse voluto leggere con intento dialogante il nostro scritto, sarebbe stato ben chiaro. Invece è evidente che Scarpa andava di fretta ed era animato solo da risentimento nei nostri confronti, e allora noi abbiamo dovuto chiarire. Va bene anche questo. Ma veniamo ora allo Scrittore.
    Lo Scrittore è… lo Scrittore. Scarpa, a questo proposito, è di una ingenuità disarmante. Noi crediamo sia chiarissimo che quando parliamo di “Scrittore” (con la maiuscola) non ci riferiamo a una figura che ci siamo inventati, ma al vero e proprio tipo standard di scrittore che oggi è facilmente disponibile sul mercato. Tale Scrittore è lo stesso Scrittore che abbiamo visto in azione in NI in diverse occasioni: lo Scrittore che parla quasi solo per difendere il proprio territorio, che parla quasi sempre solo dall’alto e solo degli affari intellettuali suoi, che usa effetti speciali per corrompere il pubblico. Questo è il tipo di Scrittore con il quale noi ce l’abbiamo, e che, infine, possiamo rinvenire anche nel medesimo Scarpa, il cui ultimo intervento è una chicca per gli estimatori del genere standard di Scrittore mercantile, ossia di Scrittore con la maiuscola che si esibisce con la maschera che gli viene fornita dal sistema editoriale che lo definisce e autorizza a dirsi tale.
    Come si fa, infatti, a dire che uno è Scrittore? Chi lo stabilisce? Ve lo siete mai chiesto? Scarpa, ad esempio, chi lo ha detto che è uno Scrittore? E noi due, qui, siamo Scrittori? Una volta ci è stato risposto da uno Scrittore-mezzo-famoso che lo Scrittore lo stabilisce il mercato. Noi ci mettemmo a ridere, e gli replicammo che secondo noi lo Scrittore lo stabiliscono i lettori, che non sono il mercato. I lettori, come dicevamo sopra, sono una comunità (“avvenire”, per dirla con Nietzsche) seria e responsabile di persone legate da passioni e interessi e competenze, che possono in qualsiasi momento e occasione capire se hanno a che fare con una persona che spara cazzate o dice delle verità. Una tale comunità di lettori è difficile pensarla oggi in maniera piuttosto ampia, anzi a noi sembra piuttosto ristretta, per il semplice fatto che lettori di tal fatta sono sistematicamente castigati dal mercato. Secondo lo Scrittore-mezzo-famoso di cui sopra, infatti, ma, probabilmente, anche secondo la maggioranza delle persone, è il numero delle copie vendute a fare uno Scrittore; quindi Totti, ad esempio, o Faletti sarebbero i massimi scrittori italiani contemporanei. Scarpa che cosa ne pensa? Come mai oggi la comunità seria e responsabile dei lettori non conta un fico secco nel cosiddetto mercato dei libri? I motivi li conosciamo, anche in NI sono stati analizzati, ma non sviscerati fino in fondo. Non è che in questo bailamme qualche colpa ce l’hanno anche gli Scrittori, ci siamo chiesti, ovvero quelle persone che vantano una dignità intellettuale superiore a quella di Totti e Faletti, ma nella pratica si comportano esattamente come loro, cioè come dei venditori, contribuendo in pratica ad annientare anche le ultime vestigia di una comunità di lettori e scrittori seria e responsabile?
    Per questo abbiamo chiesto allo scrittore moderno di fare un esame di coscienza, per fargli comprendere meglio il suo ruolo nella società contemporanea e indurlo a prendere atto, almeno, delle sue non poche responsabilità. E Scarpa, invece, che cosa fa? Nega la differenza tra scrittori e bloggers (facendo lui sì del populismo gratuito) tra scrittore e commentatore e dice che ce la siamo inventata noi. “Chiunque può aprire un blog, chiunque può essere contemporaneamente commentatore e scrittore”, afferma con una superficialità sorprendente. Fratello caro, credi ancora alle favole? Davvero credi che basti aprire un blog per diventare scrittore? E che sia così facile commentare un testo? È così che intendi il tuo ruolo di scrittore? Come sono ridotte in basso le nostre lettere!
    E difatti, dov’è che Scarpa pubblica il suo pezzo di commento al nostro intervento Scrittori e bloggers? Nella finestra riservata ai commenti dove infuriano i bloggers? Ma no, che cosa credete, lettori, che lo Scrittore voglia confondersi con i commentatori improvvisati? Semmai andrà (come ha fatto: cfr. commenti al suo articolo) tra il pubblico acclamante con un breve scritto, per distribuire autografi e farsi toccare le vesti. Lo Scrittore pubblica in Home page (padrone di farlo, naturalmente!), e in Home page dice che lui è come un commentatore qualsiasi. Nessuna differenza, signori; perché lui, Scarpa, è democratico, mentre noi siamo aristocratici, noi di ‘zibaldoni.it’. Ebbene, Scarpa si sbaglia, noi non siamo né democratici né aristocratici, siamo leopardiani, se proprio vuole saperlo. Grande Iddio, uno Scrittore almeno dovrebbe aver sentito dire che in letteratura non ci possono essere democratici e aristocratici, perché queste definizioni valgono per la politica, ma non per le lettere. Dobbiamo fare degli esempi? Ma no, per carità, il nostro lettore è sufficientemente colto e non ha bisogno del nostro suggerimento. Però, giacché è saltata fuori la questione, è bene fare qualche precisazione. Tutti devono sapere che la rivista trimestrale “Zibaldoni e altre meraviglie” è, appunto, una rivista e non un blog. La differenza è che in un blog ci scrive chiunque, in una rivista ci scrive chi ha cura di pubblicare quella rivista e tutti coloro che vogliono partecipate a questa impresa collettiva. Ripetiamo, così gli entra nella capa, allo Scarpa: siamo una rivista, non un blog. Lui sa che cosa è un blog? Ebbene, noi non siamo un blog, ma una rivista. Perché vuole acquistare da noi ceci, se noi vendiamo fave?

    6. LEGGETE LO ZIBALDONE LEOPARDIANO…
    E converso, apprendiamo con grande stupore letterario che NI non è, come si definisce, un blog collettivo, bensì uno zibaldone, almeno nella parte riservata agli Scrittori (l’Home page). Scarpa, naturalmente, tiene ben distinti i commentatori, che non c’entrano per nulla con uno zibaldone, mentre prima aveva detto che non c’è alcuna differenza tra scrittori e commentatori: misteri del populismo! Ma ci pensate, cari lettori, Scarpa senza volerlo ha firmato una sorta di “resa al nemico”, dichiarando che NI è uno zibaldone! Forse non lo sa, ma vorrebbe somigliare a noi. Saremmo tutti molto contenti e appagati, se non ci cogliesse il dubbio che Scarpa non sappia cos’è uno zibaldone. La definizione di zibaldone, di cui diremo più avanti, infatti, non si attaglia molto a NI, dove ognuno pubblica quello che gli pare e, quando succede che qualcuno pubblichi delle cose non condivise (vedi Montanari, quest’estate), ecco che uno prende le distanze (Benedetti), l’altro tace (Scarpa e tutti gli altri), l’altro ancora interviene tirato per i capelli e dice cose non meditate a dovere (Moresco), mentre Montanari deve cavarsela da solo, e ci riesce solo dopo molte mazzate sulla testa ricevute da bloggers e commentatori vari, che non perdonano, e fanno bene. Ognuno, insomma, in NI, dalla propria finestra, e per i fatti suoi, mette in mostra spavaldamente la sua opera o quello che gli pare e piace, senza che si sviluppi mai un discorso comune con chi sta fuori e al di là dei propri gusti e steccati, diminuendo anzi sempre più i margini di qualsiasi dialogo e accrescendo la sindrome da autoaccerchiamento tipica dei gruppi e delle bande. Ora, diteci voi, può questo essere uno zibaldone? Il povero Leopardi, se fosse nella sua tomba, si starebbe rivoltando, e non una volta. Almeno due volte. E sapete perché? Perché Scarpa parla a sproposito anche delle gerarchie tra scrittore e lettore, che da noi, in “Zibaldoni e altre meraviglie”, sarebbero quanto di più vecchio si possa immaginare. Scarpa non sa – e come può saperlo uno che scrive per il mercato – che lo zibaldone non è mai scritto per un lettore immediato, come un romanzo di duecento o quattrocento pagine, ma è scritto nella solitudine comunitaria per il lettore avvenire. La vicenda postuma dello Zibaldone leopardiano dovrebbe insegnare qualcosa a Scarpa, al quale potremmo parlare altresì della nostra esperienza zibaldoniana, che ci ha rivelato la vera natura del mercato editoriale. Solo la rete ci ha consentito di dar vita alla forma zibaldoniana, ad una forma antica, che nella rete, scavalcando l’intero mondo dell’editoria, trova la sua realizzazione. Ebbene sì, siamo “una rivista vecchio stile”, “tradizionale”, ma solo perché ora, con noi e grazie a tutti coloro che contribuiscono alla nostra opera, cioè alla comunità che si viene formando, una rivista zibaldoniana è possibile, è possibile realizzare il sogno di Giacomo Leopardi. Noi siamo vecchi, vecchi quanto lo è Leopardi!
    In realtà, lo “zibaldone” è uno strumento potentissimo, che si presta ottimamente, per la sua intima natura mnemonica e misteriosa, a mostrare la via – intrecciata a quella degli altri – che ciascuno di noi percorre vivendo. Lo “zibaldone” non è il blog, Scarpa. Forse non lo hai mai neanche sfogliato uno zibaldone, meno che mai quello di Leopardi, altrimenti ti saresti accorto che uno zibaldone non è un’eruzione gratuita di scrittura come quella del blog, ma il frutto meditato di una vita che si fa scrivendo, di chi “pensa scrivendo”. Lo “zibaldone”, Scarpa, ha un ‘ordine dissipatorio’ che tu nemmeno immagini: è l’ordine delle menti che cercano scrivendo la propria ragion d’essere, non, come ingenuamente tu credi, l’ordine fatto dai pezzi messi a caso dentro un contenitore, ‘consumati’ per puro sfizio postmoderno o per il piacere di trasgredire e di fare spettacolo. Tutti potrebbero scrivere uno “zibaldone”, è vero, ma a patto di consacrarsi alla scrittura: non a quella cosa noiosa che alligna nei “blog” e nei “racconti” tecnicistici, nei “romanzi” elucubranti e nelle “poesie belle”, che di solito si apprende anche nelle “scuole di scrittura”, ma proprio alla scrittura intesa come strumento di conoscenza per la scoperta della verità. Quale verità? Quella che ognuno di noi custodisce, ma che pochi riescono a mettere per iscritto perché pochi si consacrano veramente alla scrittura.

    7. SCRITTORI SERVI E INFELICI
    Cosa c’entra, ora, l’audience con tutto questo? Cosa credi, Scarpa, che ci guadagniamo qualcosa con questa nostra opera? Che qualcuno ci paghi? Tu lo sai che questo non avviene. E quindi non venirti a lamentare delle miseria dello scrittore moderno. Tu lo descrivi come un poveraccio in una catapecchia. Ma non ti chiedi, non se lo chiede il tuo spirito critico, perché questo poveraccio d’uno scrittore è ridotto in questa condizione, chi lo ha ridotto così. Capiresti che lo scrittore ingenuo che crede di lavorare per la comunità, a cui vorrebbe fare del bene regalandole un bel libro di un esordiente da lui scoperto, in realtà altri non è che un povero cristo sfruttato dagli editori che gli fanno tirare la cinghia; capiresti che il modello di scrittore che ti sei figurato è un servo più o meno cosciente della sua condizione nelle mani dei grandi e piccoli gruppi editoriali; capiresti, infine, che questo modello di scrittore è l’autoritratto della tua condizione infelice nella quale incoscientemente vai alla deriva, pensando di tenere la rotta. In realtà, i grandi e piccoli gruppi editoriali sfruttatori non esisterebbero nemmeno, se non ci fosse la caterva di scrittori prezzolati al loro servizio. Scarpa fa un nome: Tiziano Scalvi, e potrebbe aggiungere il suo. La passione, poi, la vocazione, l’ispirazione, la gioia, l’arte, tutte queste belle cose, non ti accorgi, Scarpa, che sono solo la sublimazione della tua condizione di prezzolato dell’industria editoriale?

    8. SCRIVERE PER ‘PASSIONE’, COME UNA P…
    Abbiamo letto, qualche giorno fa, le dure parole di Giuliano Ferrara contro Antonio Tabucchi, il mandante annunciato di un eventuale omicidio di Ferrara. Ed ecco che anche noi, nel nostro piccolo, per aver scritto Scrittori e bloggers, siamo diventati pericolosi, poiché d’ora in avanti saremo considerati i mandanti dei bloggers in quanto avremmo giustificato il loro operato. Scarpa, sei inquietante ed esilarante insieme! Non ti accorgi di emulare i comportamenti di Ferrara che sono quanto di più lontano possa esserci dal nostro sentire. Non avendo idee, lanci strali, fino a denigrare i tuoi interlocutori. Ma non c’è nessuno in NI che possa darti dei consigli, o vige sempre la regola dell’ “ognuno per sé e Dio per tutti”? A noi non interessa offendere l’altro con “frasi farabutte, vigliacche, da mandanti codardi”, e invece ci divertiamo moltissimo quando la penna tradisce un risentimento, un astio più radicato nella bile del nostro interlocutore. E ancor di più quando la stanchezza gli impedisce ogni forma di autocontrollo e lo scritto porge il fianco all’infilzata finale; così noi, in conclusione, vogliamo infilzarti col tuo stesso stiletto, o Scarpa, e raccontandoti una storiella, giusto per renderti meno grave il trapasso. A Napoli, qualche tempo fa, c’era una prostituta, la quale diceva sempre che durante il giorno incontrava a pagamento cento uomini, che ricompensava con finti gemiti di piacere, ma godeva davvero solo la sera, col suo uomo (che, in realtà era il suo magnaccia), e nel raccontare ciò usava un tono passionale, come rivendicando un diritto che per lei era anche un piacere. A lei abbiamo pensato quando abbiamo letto quello che dicevi; che, cioè, tu scrivi su NI gratis, per realizzare la tua passione, quando, invece, aggiungi, “le mie parole, sul mercato, verrebbero ricompensate con una decorosa quantità di denaro”. Non avertela a male, Scarpa, ma il tono delle tue parole è il medesimo di quello della prostituta napoletana e il medesimo è anche il loro significato.

    9. BATTERI E ANTICORPI
    Questo, dunque, è il modello di Scrittore presente e già passato, che vogliono imporci gli altri e che a noi non interessa. Noi su tutto quello che dice Scarpa stendiamo un velo pietoso e compassionevole, e tuttavia sappiamo che l’ ”immunizzazione da Scrittore”, vera e propria sindrome da cui sono affetti gli Scrittori come Scarpa, è l’altra faccia della nostra sana passione comunitaria, necessaria almeno quanto l’immunità di Scarpa, nella determinazione della “communitas”. Come qualsiasi organismo vivente ha bisogno di batteri e di “nemici” in genere, anche noi abbiamo bisogno di chi ci ‘attacca’ per rendere più chiare e vere le nostre idee. Che stanno ancora qui insieme a noi, ancora più forti e potenti di ieri.
    Pertanto noi, che apparteniamo al futuro, lasciamo volentieri a Scarpa questo tempo nel quale sguazza a meraviglia, tra una esibizione e l’altra di muscoli ed effetti speciali, questo tempo fatto di mercato (per gli Scrittori e non solo) e di consenso, di audience, di spettacolini imbecilli e trovate scrittorie, oltre che di servitù più o meno velate. Il futuro al quale apparteniamo, però, non è quello ironico nel quale Scarpa vorrebbe confinarci, ma quello in cui lettori e scrittori costituiranno finalmente una comunità non condizionata dal mercato e dai suoi lenoni o mediatori, e non più ossessionata dalla “scrittura”, come in un blog infinito.
    Cosa ce ne facciamo noi di tutta questa gente che si mette in mostra? Di questi milioni di persone che scrivono da sé di sé e per sé? Queste domande, coinvolgendo gli scrittori, coinvolgono a nostro avviso anche la letteratura. Che roba è quella che leggiamo nei blog individuali o collettivi? Può essere considerata letteratura? Chi dovrebbe aiutarci a capire se è letteratura o meno? La risposta è semplice: gli scrittori sono tra quelli che dovrebbero aiutarci a capire. Ma… dove avevamo lasciato gli scrittori? Se non sbagliamo, li avevamo lasciati a pavoneggiarsi in una vetrina di un blog, autorizzati dal Mangiafuoco di turno del sistema mercantile delle lettere, che prima li ha trasformati in Scrittori e poi li ha mandati in avanscoperta ad accalappiare nuovi pinocchi attraverso la lettura di manoscritti e chissà quali promesse. E un tale Scrittore può aiutarci a capire che cos’è o dov’è oggi la letteratura? Noi non crediamo proprio. Un tale Scrittore può aiutare solo se stesso, se ancora ci riesce, offrendo lavoro salariato al Mangiafuoco di turno. Un tale Scrittore è anzi la negazione di qualsiasi possibilità di capire alcunché in quello che ci succede intorno perché un tale Scrittore ha come orizzonte soltanto il proprio interesse e, genericamente, il “proprio”.
    Noi siamo convinti che, se davvero necessarie, le parole devono essere pudiche, residuali, affettuose, piene di echi. Le parole devono rimembrare, risuonare nell’animo di chi ci sta accanto e ci ascolta. Non si può dissipare la propria vita scrivendola in un blog immunizzato, annullandola in uno racconto spudorato del proprio tempo reale, dei propri fallimenti o delle proprie fisime, più o meno elevate. Se proprio bisogna scrivere, bisogna scrivere per aiutare noi stessi e gli altri a ricordare, non per confonderli, accumulando roba scritta come ferri vecchi e inutilizzabili. La letteratura, se ancora potrà servire a qualcosa, è a questo che dovrà rivolgersi, alla sua radice che coincide con una sapientissima arte della memoria.

    *

    Questo intervento verrà ripreso, insieme agli altri che lo hanno preceduto, su http://www.zibaldoni.it, nella pagina speciale ‘COL COLTELLO’. Chi vorrà seguire le mosse e la vita della “comunità avvenire”, saprà quindi dove rivolgersi.

  10. esibizionista, vanesio, inutile, noioso, insignificante, mascherato, postmoderno, superficiale… ehi, c’è rimasto un centimetro di pelle libera qui, non avrete mica finito le pallottole proprio adesso? Che giornatina… Ovunque vada mi voglion fare secco. Strano che per vivere nel futuro si voglia uccidermi adesso. Da morto non vi leggerò più, sapete? E nemmeno voi potrete leggermi. E chissà che non vi perdiate qualcosa. Ma forse le sette fanno così. C’hanno il monopolio (ma no, sono aperte, basta che ti converti). Meno male che sono ateo. Au revoire nel futuro, cari.

  11. “Come ogni organismo vivente ha bisogno di batteri e di “nemici” in genere, anche a noi abbiamo bisogno di chi ci “attacca” per rendere più chiare e vere le nostre idee. Che stanno ancora qui insieme a noi, ancora più forti e potenti di ieri”. La comunità avvenire potrebbe chiamarsi “Lebensgemeinschaft” – comunità vivente – e il suo organismo (vivente) provvederà a eliminare i batteri in sovvrabondanza.

  12. Finalmente l’intervento che tutti aspettavamo. De Vivo e Virgilio sanno dire la verità, e questo farà male a molti ma a me fa capire molte cose. Le loro parole resteranno scolpite a lungo nella mia memoria. Meditate, gente, meditate.

  13. Virgilio e De Vivo, ho letto il vostro articolo, un po’ lungo, per la verità, ma devo dire che ne valeva la pena, perché le vostre ragioni sono inoppugnabili. Complimenti! Sono proprio curioso di sapere quali argomenti Scarpa vi opporrà, ma dubito che ne trovi. Visiterò il vostro sito e, se mi piacerà come mi è piaciuto il vostro articolo, vi scriverò. A Scarpa chiedo: ma perché li hai attaccati in questo modo?
    Giuseppe Ardenna

  14. Bene, così i naviganti in sequenza possono leggere l’articolo di Scarpa e la risposta di Zibaldoni.it, e hanno tutto per decidere – i due pezzi sono chiarissimi – se fondare una comunità con l’autore di Cos’è questo fracasso? o con De Vivo e Virgilio. Io la leggo così, Zibaldoni.it hanno un pensiero fortissimo su chi sia scrittore: è chi sta bene a loro. Per esempio passa Leopardi e li critica per la mancanza di apertura, loro dicono che Leopardi è un perfetto immune, cioè un lazzarone, che sarebbe meglio tornasse a casa da Monaldo. Il loro pensiero è talmente forte che Scarpa è la prostituta che hanno incontrato la settimana scorsa. Va be’ che Scarpa li ha aiutati scrivendo un libro diciamo sulla prostituzione di uno scrittore, ma allora Piero Manzoni cosa sarebbe? Hanno in testa gli stessi occhialini speciali di Graziano Romani, quelli che gli fanno vedere uno stadio esaurito in un pub di Rimini, solo che Graziano ci mette una passione che alla fine hai una gratitudine immensa, a De Vivo e Virgilio rimangono solo le anamorfosi, si guardano con gli occhialini, si dicono, Ciao Virgilio, Ciao Giacomo, Giacomo hai letto quel file che ci è arrivato da quel blogger? Ah sì Moresco, l’ho letto ma alla terza riga non aveva ancora parlato del dono, poi niente etimologie interessanti, ho tirato il floppy nel camino, Ma sei matto Giacomo tieni acceso il camino insieme al termosifone? No grazie, mille volte meglio una comunità con sede sociale su un pesce.

    “Graziano che differenza c’è nel suonare di fronte a tanta gente o ad un pubblico ristretto ?
    Nessuna. Il rispetto per la gente deve esserci sempre. La mia band, per me, è importantissima ed ogni volta cerchiamo di dare il massimo. Certo, davanti a poche persone si riesce meglio a capire cosa stia succedendo e a trasportare tutti verso la tua musica. In occasioni come il I maggio 1994, quando suonammo a Roma, tra migliaia di spettatori, sembra quasi di essere su di un altro pianeta.”
    http://www.landscape.it/viceversa/interviste/grazianoromani_int.htm

  15. Ma possibile che davanti a argomentazioni e discorsi seri come quelli di ZIBALDONI l’unica possibile risposta sia quella di mettersi a fare delle battute? Ma tanto vi ha rimbecillito la televisione?
    S.

  16. Ringrazio Enrico De Vivo e Gianluca Virgilio per la loro replica. Ritengo di avere abusato già troppo dell’attenzione dei lettori con il mio intervento precedente. Non me ne vogliano i due autori, ma non replicherò un’altra volta. Ho già espresso il mio pensiero. Pace e bene a tutti

  17. Su una cosa hanno ragione De Vivo e Virgilio: Leggete lo Zibaldone di Leopardi. Effettivamente è meglio Leopardi del loro articolo. Apprezzo parecchie cose della loro rivista web, ma vedo in questo lungo commento tanta fantasia. Comunità a venire, scrittori standard, mercato editoriale fasullo. Mi sembra che facciano di ogni erba un unico grande fascio. Intanto ognuno di noi è o potrebbe essere una comunità a venire.
    Il grande e amato – anche da me – Leopardi è stato uno dei più grandi pensatori dell’Occidente, ma in un senso che deve bene essere inteso. Leopardi apre la strada all’alienazione dalla e della verità, conduce e determina in maniera rigorosa l’ultimo tratto della storia del nichilismo, lo spinge insieme a Nietzsche e Gentile verso il suo esito, il suo compimento, apre la strada alla filosofia contemporanea, il centro del suo pensiero è che non ci si può salvare dall’annientamento, è il più coerente con la fede fondamentale dell’occidente. Allora se come dicono De Vivo e Virgilio: “siamo leopardiani”! mi chiedo a che serve lamentarsi tanto? Dovrebbero allora seguire il solco tracciato dal Leopardi, coerentemente. Devo dedurre conseguentemente che loro non sono leopardiani nel senso da me delineato. Allora ho dei dubbi che abbiano capito Leopardi. Se invece amassero Leopardi (e non Leopardiani), cioè lo conoscessero davvero, il loro discorso sarebbe stato molto differente, e la loro critica invece che soffermarsi sulle bazzecole dei bloggers, scrittori, editoria si sarebbe soffermato su una critica del pensiero del gran maestro del nichilismo che è il grandissimo Leopardi.

  18. Stefano, tu non mi conosci, la tv la accendo ogni due mesi, l’ultima volta era per uno spettacolo di Paolini sul Vajont. Questa sera volevo parlare di Mario Merz ma ho visto la risposta di Zibaldoni.it, talmente a corto di argomenti, e prendendosela con una persona che lo ammettano o no ha scritto ottimi libri (anzi, a rileggere tutti i loro commenti se la prendono solo con autori di ottimi libri), e allora ho messo da parte Merz, i suoi numeri di fibonacci, i tavoli, gli igloo per rispondere agli Zibaldoni, con una parodia che in fondo è gentile, e poi raccontando a te che esiste Graziano Romani. Di’ la verità, non sapevi chi fosse.

  19. Cald, temo tu abbia frainteso. Io non parlo male (quasi) di nessuno. Quella serie di epiteti sono quelli che gli zibaldoni rivolgono a me, in quanto blogger appestato, non io a loro. Che poi, Gesù, ma quanto triste è che uno debba difendersi in quanto categoria? Ma che razza di idea della vita avete? Ma poi, fate un po’ quello che vi pare… Tenetevela la letteratura. Se produce queste miserie, non dev’essere poi ‘sta gran cosa.

  20. velocemente a luminamenti. la sua interpretazione da manuale scolastico di leopardi fa ridere chi ha letto veramente leopardi (e non i bignami). il tanto sbandierato nichilismo suo, da parte di più o meno tutti gli interpreti ufficiali e noiosi di Leopardi, è una di quelle assurdità del pensiero davvero inspiegabili, e che è possibile che allignino soltanto in italia, grande paese d’ignoranti e lettori di manuali. il cosiddetto nichilismo leopardiano ha approdi che vanno bel al di là (“avvenire”, appunto) del nulla e blablabla, agganciandosi a nietzsche per le vie del futuro e della visonarietà, della grazia che può accompagnare soltanto chi sente la propria vita come una ricerca perenne. queste e altre cose, tra l’altro, sono ben dette e ben spiegate da antonio prete proprio sul sito di zibaldoni.it, e molti che qui dentro parlano a vanvera farebbero bene ad andarlo a leggere. se vi serve il curriculum di prete, vi basti sapere che è forse il più grande studioso di leopardi che oggi esista in giro, non solo in italia. in pratica il “nulla”, come il MU, il “vuoto”, è solo preludio di un pieno che qui non c’è e va perennemente cercato. il merito di de vivo e virgilio è quello di cercare, quello di tanti altri mi sembra sinceramente quello di mostrare quel poco che hanno trovato. anche scarpa, sinceramente, con quest’altra rispostina da impiegatuiccio impegnato, mi sembra davvero stupefacente, insopportabile.
    anna d’antonio

  21. Ma Anna il problema sono i giudizi di Zibaldoni.it su Moresco, Scarpa, Montanari, e ultimamente anche Voltolini. In quei giudizi non c’è nessuna apertura, nessuna voglia di cercare. I loro interventi nello spazio dei commenti sono spesso fuori dalla discussione, autoreferenziali o di sputtanamento. E sempre con la verità in tasca. Che cosa c’entrano con Leopardi? e soprattutto può nascere una comunità secondo le loro regole?

  22. C’è una battuta di Arbasino illuminante: “La leggerezza di Calvino è alquanto pesante”. Mi viene in mente leggendo la stitica risposta di Scarpa all’ultimo pezzo di De Vivo e Virgilio ma anche pensando alla tanto conclamata, da scrittori di blog e commentatori di blog, “brevità” o “sintesi”. La battuta di Arbasino fa capire che non basta teorizzare la leggerezza per essere leggeri (quante cose “non dette” ci sono su Calvino!); la stitica risposta di Scarpa mi fa capire che non basta essere brevi per essere convincenti. Ed è una lezione, questa, per molti “scrittori” “posta e fuggi” che impazzano ormai dappertutto, non solo in rete. “Brevità, sintesi!”, è l’ordine. Ma brevi bisogna saper esserlo, così come “leggeri”. Allora, se così stanno le cose, preferisco sinceramente la lunghezza illuminata di De Vivo e Virgilio, in cui si sente e si vede la calma e la fatica della riflessione, alle contorsioni rabbiose e stitiche di tanta gente che parla solo per apparire o, come forse nel caso di Scarpa, non ha nessuna voglia di capire e di discutere, ma solo di far caciara a suon di battutine – anche il pezzo sui fantablog son tutte battutine, costruite prendendo frasi a caso e deformandole e falsificandole, senza lampi di pensiero, piene di vuoto e menzogne. Pesantemente brevi.
    Ferdinando Capozzoli

  23. Scusa, Barbieri, ma dove cazzo lo hai letto che Virgilio e De Vivo parlano di regole? Ma possibile – e ripeto – che la televisione vi rincoglionisca al punto da non riuscire a leggere più di due righe di un testo con l’attenzione giusta? E che diamine! Mica tutti scrivono con iritmi del fumetto, del cinema e delle televendite! C’è ancora gente – per fortuna – che medita giorni prima di parlare, e ti pare poco? E poi le “regole”: ma dove le vedi, dove le hai lette? Ma vi siete rimbambiti?

  24. Stefano prova a leggere tutti gli interventi di Zibaldoni, tutte le risposte che hanno dato, verranno fuori parecchie regole, una abbastanza curiosa è che quello che ha scritto Moresco non è importante, è importante quello che scriverà (vale per tutti gli scrittori naturalmente). Per me è esattamente l’opposto. E poi tante altre cose. Ci vuole un po’ di pazienza per leggersele. Guarda Stefano che all’inizio anch’io ero un loro sostenitore, mi parevano in buona fede, poi semplicemente ho capito che la pensiamo diversamente. La comunità la vorrei fare con chi mi va a genio.
    A proposito dei ritmi del fumetto, hai mai letto “Cronaca del grande male” di David B. oppure “Berlin, la città delle pietre” di J. Lutes? Hanno un ritmo che a me piace molto.

  25. D’accordo Barbieri, i fumetti e tutto quello che vuoi, li leggerò. Ma secondo me tu ti sei bevuto il cervello. Io ti chiedo dove hai visto le “regole” in questo pezzo e tu tiri in ballo altre cose, dove comunque nemmeno ci sono queste cazzo di regole. Ma cosa vai cianciando? E poi: dire che quello che ha scritto Moresco non è importante è una “regola”? Ma cosa diavolo ti salta in mente? Perché non vai a ripassare il vocabolario invece di delirare?

  26. Sono un’ammiratrice di Scarpa, ho letto tutti i suoi libri che custodisco in uno scaffale separato della mia libreria, e continuerò a leggerlo con la stessa passione di sempre (ma non sono una ragazzina…). Però non condivido la sua decisione di darla vinta a quei due. Io al posto di Scarpa farei vedere loro chi sono, e non mi lascerei certo dire che sono una p…. Caro Scarpa, lo sai che questa notte mi sono svegliata due volte pensando a questa storia. Ma come – mi sono detta – come può Scarpa tollerare che i primi venuti gli dicano certe cose. Non dico che deve denunciarli alla magistratura, perché forse questo sarebbe troppo, ma almeno dovrebbe rispondere per le rime. Altrimenti, perché cimentarsi con loro, se poi gli si lascia l’ultima parola? Ma io so che gliene dirai quattro, a questi giovanottini, e che anche questa volta non mi deluderai.
    Antonella

  27. Stefano, ripasso il vocabolario e continuo a chiamarla regola: quella di De Vivo e Virgilio è una comunità con delle regole, un dover-essere, non so, chiamalo come ti pare, ma è così. Riprendo l’esempio di prima, se io dico che un autore mi interessa per quello che ha scritto, non per quello che farà/scriverà, io per loro sono fuori dalla comunità. Evidentemente non esiste come documento uno “statuto di Zibaldoni.it” o “La regola dei leopardiani” o lo “Stufenbau di Virgilio e De Vivo”, ma di fatto, o la pensi come loro o ciccia. Su Nazione indiana ho potuto scrivere commenti critici su Carla Benedetti (fraintendimenti miei vabe’, ma non è facile capirsi sul web), se vado su Zibaldoni.it, colla beata mazza che posso scrivere qualcosa di critico su De Vivo.
    Per Antonella, non è che sei Aldo Nove travestito eh :-)

  28. Ad Antonio D’Anna. Per chi vuole leggere qualcosa di veramente persuasivo su Leopardi rimando alla lettura dei due volumi di Emanuele Severino. 1) Il Nulla e la poesia; Cosa Arcana e Stupenda; niente a che fare con le vuote chiacchiere del sig. D’Anna e con le sue presupposte conoscenze sulla mia conoscenza del Leopardi. Basta oltretutto leggere i passi dello Zibaldone e le poesie del Leopardi. Ma basterebbe leggere come termina Il Cantico del gallo silvestre. Quanta ignoranza e presunzione. La peggiore miscela!

  29. Gentile Antonella,
    la esorto a dormire sonni pacifici, e a svegliarsi durante la notte, semmai, per motivi più seri. La ringrazio comunque dell’empatia.

    Vede, io sono abituato alle polemiche, non mi impressionano le offese. Non siamo macchine, qualche volta ci si accalora. Che “l’avversario” (avversario nella polemica) si scaldi o anche si arrabbi, non lo considero un segno di debolezza da irridere: è un essere umano che ci tiene alle sue idee e le difende con la passione, non solo con il raziocinio. Se De Vivo e Virgilio hanno prima incitato a offendere e poi hanno offeso direttamente, non c’è problema. Sono esseri umani, e questo me li rende più simpatici. Lo dico sul serio, con affetto vero.

    Le polemiche, però, mi interessano finché vale la pena farle. Ora, questa è una polemica che mi interessa molto, ma secondo me d’ora in poi, dopo l’intervento apertamente offensivo di De Vivo e Virgilio, rischia di avvitarsi su rinfacci poco interessanti (chi ha cominciato veramente…; puntualizzazioni petulanti… ecc.).

    Mi sembra che, per quello che è stato scritto, ci sono tutti gli elementi per farsi un’idea chiarissima delle rispettive posizioni. Lasciare l’ultima parola non significa darla vinta. Non voglio annoiare i lettori di Nazione Indiana con troppe puntualizzazioni, ecco tutto. Chi è stato corretto o scorretto, offensivo o rispettoso, divertente o noioso, convincente o debole, i lettori lo possono già giudicare fin d’ora.

    Vi saluto con una considerazione: per le posizioni stesse di De Vivo e Virgilio, chiunque li sostiene intervenendo IN UN BLOG sta di fatto dando loro torto. Gli stessi De Vivo e Virgilio, se fossero veramente coerenti, non avrebbero dovuto partecipare alla discussione dentro un blog, che giudicano la negazione stessa della loro “comunità avvenire” e il contrario di uno “zibaldone”.

    Sul loro sito, una discussione come questa non si potrebbe fare, né si potrebbe dare ascolto a cosa ne pensano tutti gli altri. È lo strumento del blog che rende possibile queste interessanti botte e risposte, a cui De Vivo e Virgilio stanno partecipando con tanta passione. Loro stessi ammettono di essere usciti, proprio da QUESTA discussione, che si è svolta SU UN BLOG, con le idee “più chiare e vere” e “ancora più forti e potenti di ieri”. Senza rendersene conto hanno riconosciuto che discutere su un blog rende le idee più chiare e vere, più forti e più potenti persino a loro, che credono soltanto negli zibaldoni. Per me, mi basta questo. Sono più che soddisfatto, e mi congratulo con De Vivo e Virgilio.

    Già questa loro partecipazione (assidua, ostinata e convinta) alla discussione su Nazione Indiana, basta a farli cadere in contraddizione sostanziale, non soltanto formale, e a svuotare di senso tutto ciò che affermano. Non aggiungo altro.

    Senza addentrarmi nei dettagli del loro intervento, che non condivido in gran parte, auguro a De Vivo e Virgilio buon lavoro, di cuore, e mi permetto di esortarli ad apprezzare, ogni tanto, anche il lavoro degli altri.

  30. Dato che loro, De Vivo e Virgilio si dichiarano leopardiani (io mi limito ad amare e ammirare il pensiero del Leopardi, come espressione compiuta della fedeltà estrema all’essenza malata dell’Occidente, quindi a criticarlo rigorosamente) dovrebbero ricordarsi di questo pensiero del Leopardi:
    Tutto è nulla al mondo, anche la mia disperazione, della quale ogni uomo anche savio, ma più tranquillo, e io stesso certamente in un’ora più quieta conoscerò la vanità e l’irragionevolezza e l’immaginario. Misero me, è vano, è un nulla anche questo mio dolore, che in un certo tempo passerà e s’annullerà, lasciandomi in un vòto universale e in un’indolenza terribile che mi farà incapace di dolermi.
    Non condivido questo pensiero profondissimo del Leopardi, la cui grandezza linguistica mi commuove (anche sullo stile e la lingua il Leopardi si è espresso chiaramente, con lucidità filosofica dichiarando che è ciò che può rimanere come consolazione, e con che grandezza ha detto anche ciò, anche se continuo a non condividerlo!).
    Ma loro che sono dichiaratamente Leopardiani che si lamentano a fare con questa polemica? Ma quando leggono Leopardi perchè non lo rivolgono verso loro stessi?
    Rimango sempre stupefatto dell’assimilazione che molto spesso le persone che fanno cultura realizzano. Ne parlò Simmel nel celebre e e fondamentale saggio Der Bergriff und die Tragodie der Kultur del 1911, con tanto di distinguo tra cultura e pseudocultura.

  31. Scusa ancora, Barbieri, davvero, pensa un po’ di più al tuo lessico, è per il tuo bene che lo dico. Ma qualsiasi comunità si basa su un “dover essere”, cosa divolo ancora mi vai cianciando? NAche questa Nazione qui ha un suo “dover essere” e quindi, come dici tu, delle regole. Tu forse vuoi dire qualche altra cosa. Ma pensaci bene, porca puttana, prima di aprir bocca. E poi: scrivere i commenti. Ma che cazzo c’entra se “zibaldoni” non è un blog, ma una rivista? Ma come te lo devono spiegare? Ma siete così ottusi? E’ una rivista, e scrivetegli le lettere, ma di che vi lamentate? Non ti piace De Vivo, scrivigli una lettera. Ma non mi ti lamentare che non puoi “commentare”… “consumare”… “commentare”… “consumare”… “commentare”… “consumare”… “commentare”… “consumare”… “commentare”… “consumare”…

  32. Stefano, a questo punto mi pare che sia tu a leggere di fretta: sopra ho detto che Zibaldoni.it ha le sue regole, ti ho fatto qualche esempio aggiungendo che non le condivido, non ho detto che NI non ha le sue 8diverse) regole. Il fatto è che quelle di NI le condivido, anche perché, dal mio punto di vista, NI è immensamente più aperta di Zibaldoni.it.

  33. No, scusa, Barbieri, citami per favore il passo dove dici che NI ha le sue regole che tu preferisci a quelle di zibaldoni. Io ho letto solo un tuo passo “contro le regole” in generale, e basta. Poi dici che ti piace NI, ma non le regole di NI. Per favore, Barbieri, sii preciso. Non fosse altro perché altrimenti costringi la gente a leggere dieci tuoi interventi per arrivare a dire una cose semplicissima.

  34. caro luminamenti io mi chiamo anna, non antonio. quello che dici di severino era perfettamente prevedibile. la bibbia della noia passa per la bocca di severino, della noia leopardista in particolare. ma qui, come dicono de vivo e virgilio, si discute di essere leopardiani che è ben altra cosa della fumosità nichilista e postmoderna di cui vai blaterando tu con sufficienza da manuale scolastico. dubito molto che tu capisca cosa voglia dire leopardiano (e non leopardista). ti appendi a troppi libri a troppa altra gente e la tua voce è puro risentimento vuoto. ciao. anna

  35. Stefano, citami tu il mio supposto passo “contro le regole in generale”, così magari mi convinco che a chiedermi di essere preciso è una persona precisa.
    Per Anna, un manuale scolastico con le cose che dice luminamenti non l’ho mai visto, tu sì? qual’è?

  36. Tra tutti i commenti al nostro pezzo in risposta a Scarpa, ci ha colpito una definizione che Andrea Barbieri dà di se stesso: “all’inizio ero anch’io loro sostenitore”, riferendosi al fatto che all’inizio anche lui “tifava” per “Zibaldoni”. Se ancora dovesse servire qualche prova del fatto che qui dentro, comunque la si metta, va a finire come allo stadio… Non c’è niente da fare: nel blog si prende partito, si diventa “sostenitore”, non si discute affatto, se non occasionalmente e marginalmente, ovvero di passaggio o in casi eccezionali (come questo), e spesso si segue il dettato della “brevità”, come diceva qualcuno. Basta guardare la sostanza delle finestre dei “Commenti” in NI per rendersene conto: un quasi nulla deprimente che avvilisce qualsiasi discorso, lo “depotenzia” ignorandolo. La causa di questo sta un po’ nel mezzo e nei “tempi di tempo reale” e di “posta e fuggi” che corrono, ma soprattutto, come abbiamo tentato di argomentare, nell’USO che del mezzo fa chi lo gestisce. Quindi, caro Scarpa, non essere (fare l’) ingenuo: le scritture a “favore” o “contrarie” a noi, sono la conferma non al fatto che in NI ci sia la “libertà”, perché altrimenti avrebbero ragione anche Vespa o Fede a dire che nelle loro trasmissioni c’è “libertà” di espressione perché ci vanno tutti e tutti sono “liberi” di parlare; le scritture a “favore” o “contrarie” a noi, entrambe quasi sempre vuote di argomentazioni, confermano la logica superficiale ed esibizionista, surrettizia ed eccepibile del blog così come anche tu stesso lo usi, anzi lo manipoli molto abilmente per afferrare consensi (non avendo argomenti, ad esempio, anche in quest’ultimo tuo post tu fai solo riferimento al “tifo”). Ma cosa credi che la “gente” sta a sentire noi che scriviamo lettere chilometriche? La “gente” sta a sentire te, che in quattro e quattr’otto, con un po’ di ironia e un pizzico di superbia, scribacchi in giro le tue frasi a effetto; mica crede a noi due sbandati, che stiamo lì a rimuginare per cercare di capire! Al limite qualcuno è nostro “sostenitore”, ma mica capisce un cazzo di quello che vogliamo dire, mica si addentra nel nostro pensiero, mica ci fa domande. Non ha tempo, Scarpa! La “gente” non ha tempo per ascoltare le ragioni degli altri, perché va di fretta! Perciò crede a Berlusconi, cioè alla cosa più semplice, svelta e populista che ci sia, mica a Cacciari (per esempio e senza fare paragoni con noi, s’intende). Non sei d’accordo?
    Insomma, caro Scarpa: quando la smetterai di fare il blogger e comincerai finalmente a discutere e a mettere in campo i tuoi argomenti? Quando la smetterai di aderire alla realtà così com’è e ai suoi meccanismi perversi di discorso? Noi aspettiamo sempre con fiducia, nonostante, come tu giustamente dici, la polemica anche forte e decisa. C’è sempre tempo per USARE BENE, in senso comunitario, in senso dialogante, lo strumento blog e qualsiasi strumento in generale. Per questo siamo ancora qui a sopportare le tue querele e i tuoi insulsi “però siete simpatici”. La tua “immunità” a noi non fa ribrezzo – te lo avevamo già detto – ma ci è utilissima! Così come a te è utile la nostra “passione comunitaria”. Non ragionare sempre in termini di contrapposizione o di dialettica, impara ad andare oltre. “Odi et amo…”…
    Ciao.
    Edv – Gv

    PS: Per la cronaca. Quando abbiamo capito il meccanismo di funzionamento del blog NI, abbiamo smesso di scrivere “commenti”. Ora siamo qui solo per difenderci dalle aggressioni innescate da Voltolini con la pubblicazione di un nostro pezzo inviato oltre due mesi fa. Altrimenti staremmo a fare ben altro.

    POSTILLA PER I LETTORI
    Gentili lettori di Nazione Indiana,
    noi abbiamo condotto su NI, da qualche mese in qua, una pubblica discussione su questioni che ci appaiono di vitale importanza per la nostra vita comunitaria. Abbiamo accettato la critica ad personam che ci è stata rivolta recentemente da Tiziano Scarpa, a cui abbiamo risposto a tono, cercando sempre di spiegare le nostre ragioni; ma non possiamo accettare che ci venga recapitata in forma privata una e-mail di questo tenore:

    “Cari Zibaldoni,
    non mi pare che voi stiate lavorando per una comunità futura. Non vedo un pensiero in ciò che scrivete su NI, neanche uno. L’impressione che date è solo di avercela con qualcuno, di essere mossi solamente dal risentimento o dal bisogno verboso di attestare la vostra esistenza.
    Saluti
    Carla Benedetti”

    Ciò che non ha fatto Benedetti (per viltà, per ignavia, per mancanza di riflessione?), lo facciamo allora noi, pubblicando la sua missiva, perché la nostra discussione è cominciata in pubblico ed è bene che finisca, se deve finire (ma noi la continueremo in “Zibaldoni e altre meraviglie”) in pubblico. Questo passaggio a noi sembra decisivo, per capire il modo di fare del gruppo di “Nazione Indiana”. Poiché la critica non è più tollerabile, ma non si hanno valide ragioni da opporre in pubblico, si scrive un biglietto in privato col quale ci si affretta a chiudere i rapporti (ma noi non abbiamo mai avuto rapporti privati con Benedetti). Questo per noi è un comportamento sfacciatamente immorale, e per questo motivo è bene che la comunità possa conoscerlo e giudicarlo. Noi cerchiamo la responsabilità, alla quale soprattutto chi fa qualcosa di pubblico non dovrebbe mai abdicare. A noi interessa il PUBBLICO, la POLITICA, non il PRIVATO. Anche chi scrive un blog fa POLITICA, in una maniera che si illude di esser libera, ma in realtà è prigioniera dei propri stessi appetiti – e infine non è più POLITICA, ma interesse personale.
    Quanto al merito delle questioni (se “merito” c’è), tutta la discussione fin qui condotta è la migliore confutazione del pensierino della signora Indiana. Gli archivi servono per chi vuol leggere e capire. Se noi stiamo lavorando per la comunità avvenire questo lo dirà il futuro. Quanto al risentimento, alla nostra verbosità e al resto, beh, francamente crediamo che non interessino più di tanto al lettore.
    Adieu.
    Enrico de Vivo – Gianluca Virgilio

  37. Per Anna. Con gli slogan non si fa conversazione. Quando vuoi, come con i signori de vivo e virgilio, vi invito, insieme a chiunque voglia, a vederci in pubblico e parlare del Leopardi senza testi alla mano del Leopardi e senza appunti. Inoltre ci sono anche buoni manuali scolastici. Non mi hai detto niente, leggi il Leopardi e poi esprimiti. Ma l’hai letto quello che ha scritto il Leopardi alla fine della pagina 72 (per dirne solo una)dei Pensieri? Invece di dire cosa è manualistica, cosa è leopardiano, leggi il Leopardi.

  38. Intanto agli anti-leopardiani De Vivo e Virgilio dico: per il Leopardi non c’è nessuna comunità a venire. Trovo la vostra rivista interessante, meritevole, ma tutto questo discorso che avete qui proposto mi sembra privo di ragioni e fondamenta. Invece di pensare chissà quali trasformazioni della comunità, mi accontenterei del modello di Adorno: la bottiglia in mezzo al mare, o il modello di Nietzsche: la freccia scagliata da un pensatore e raccolta da un altro. Per la comunità a venire c’è tempo! prima l’occidente deve diventare un perfectum! poi ci sarà un nuovo inizio di una nuova civiltà. La letteratura è un granello di sabbia in questo ingranaggio. Un gran bel granello per conto mio, il più bello, ma ci vuole tanto tanto tempo perchè un libro incida su un essere umano come auspicava giustamente kafka. Meglio fare senza pensare di essere scrittori.Ancora meglio fare senza contorcimenti sociologici su cosa fanno gli altri. Fate!

  39. L’idealismo che, volgarizzato e sminuzzato in piccinerie, insuffla e gonfia De Vivo, Virgilio e la loro prosa prolissa sarebbe stato irriso e scorticato da Leopardi per primo, giacchè l’ironia, che essi tanto temono e deprecano, non era certo l’ultima delle sue doti. Nè, ovviamente, gli era estranea la cura formale del verso e della prosa che, invece, i nostri sembrano considerare un orpello degli Scrittori maiuscoli. Campioni delle opere-ancora-tutte-da-scrivere-e-che sarebbe-bene-non-scrivere-mai (chè, sennò, si diventa Scrittori ma, non preoccupatevi, ragazzi, non correte questo rischio) cercano di costruire un hortus clausus di anime belle, non sporcate dal fatto di vivere nel presente, tempo che, evidentemente condizionati dalla mediocrazia, essi percepiscono proprio come se fossero dei dipendenti teleutenti ancorchè annoiati, anzi, persino indignati (ohè, pagano il canone, loro!): piatto, superficiale,velocemente temporizzato, disanimato dagli sfottò dei guitti e dalla corsa facile e digitale (basta un click)al monte-premi. Meglio il futuro, vero? Volate alto, voi, verso l’isola-che-non-c’è. E di ciò che c’è disprezzate il più possibile. Mai sfiorati dall’idea che la comunità sia fatta di persone vive, “normali”, imperfette, presenti e, soprattutto, che lavorano? Il che significa, prima di tutto, che percepiscono del denaro. Voi,invece,eroi melodrammatici come siete con le vostre spadine di cartone nel vostro teatrino della parola, vivete d’arte e d’amore? Mai pensato che i morti siano quelli rinchiusi in un mondo che non c’è? Loro sì, immuni, se non, appunto, dai batteri.
    Erica Monesi
    P.S. Naturalmente, la penso così solo perchè, ogni tanto, scrivo su un blog. Ma voi siete vaccinati e ben immunizzati contro le parole infette e virali di una della mia specie, no?

  40. Scarpa è Vieri e io sono il tifoso interista. Continua lo sforzo forsennato di Zibaldoni.it per delegittimare le persone.

  41. Quello che De Vivo e Virgilio dicono di Barbieri mi sembra azzeccatissimo, e a questo punto credo proprio che non valga più la pena di rivolgermi a lui, che è un azzeccagarbugli ingarbugliato. Sulle “regole” non se ne è saputo uscire, mi chiede il passo suo citato (eccolo: “Stefano prova a leggere tutti gli interventi di Zibaldoni, tutte le risposte che hanno dato, verranno fuori parecchie regole, una abbastanza curiosa…”), ma poi dici tutte assurdità, la più grande di tutte è proprio questa: lui qui dentro cerca qualcuno per cui fare il tifo, non importa quello che ha da dire.
    Invece, qui, resta lo scandalo vergognoso di chi fa il gioco tra pubblico e privato solo per il proprio tornaconto. A me non sembra un tentativo di delegittimare le persone, quello di ZIB, anzi, mi sembra un atteggiamento assolutamente serio, come pochi altri, purtroppo. Barbieri, come al solito, fa l’avvocaticchio, ma potrebbe anche pensare alle cose da dire, qualche volta, invece di esibirsi, come quest’altra, adesso, questa cacacaterina, che ha la prosa sottile… con la sintassi curata… il lessico con la parolina doc… ma mi faccia il piacere… continui a scrivere nei blog e non dia fastidio con la sua supponenza…

  42. invece di sparare sentenze sull’ontologia occidentale e di sfidare a singolar tenzone, luminamenti farebbe bene a leggere qualcosa di meglio dei manuali e dei libri di severino, altrimenti che dovremmo fare, ascoltare le sue citazioni a memoria? “senza libri e senza appunti”? va bene, hai studiato, 3oelode, sei contento? ma questo non c’entra un tubo con la discussione qui presente, non te ne accorgi? perché non provi a leggere l’ultimo post di zibaldoni e a riflettere che loro in realtà già fanno molto, moltissimo, con la loro rivista, mentre sono gli altri che fanno solo chiacchiere grazie alla posizione che occupano, per cui viene il sospetto che sia tutta una questione di posizioni di potere, alla fin fine, anche in nazioneindiana, e allora è triste, davvero molto triste.
    e infine per barbieri, che vede cose personali dove in realtà ci son solo cose politiche e pubbliche che qualcun altro, invece, vorrebbe far diventare private. zibaldoni hanno fatto bene a pubblicare la missiva privata della benedetti e proprio questo loro gesto è la conferma della loro tensione verso il confronto pubblico e aperto, non verso gli affari privati.

  43. Stefano, quello non è un passo “contro le regole in generale” come dicevi tu nel penultimo post, è una frasettina per dire che non sono d’accordo con le regole di Zibaldoni.it.
    Sulla pensiero degli Zibaldoni.it, che io sono un tifoso, incapace di pensiero, non so, mi viene da pensare (se riesco) che almeno è un passo avanti, prima mi davano (non loro) del leccaculo, ora sono soltanto e senza colpa un incapace. Certo che la galleria degli stronzi o incapaci o servi si sta allargando a vista d’occhio (Voltolini, Scarpa, Montanari, Benedetti, Moresco, ogni tanto NI tutta insieme). La situazione è sempre più curiosa.

  44. Cari De Vivo e Virgilio,
    grazie di aver partecipato e di continuare a partecipare alla discussione. Come bloggers siete niente male: sapete offendere, insultare, dare delle puttane, dei servi, degli ingenui, dei vili, degli ignavi…

    Sapete fare mosse molto scorrette (pubblicare lettere private è reato), per poi rivestire i panni degli equilibrati imperturbabili, come e quando vi fa comodo.

    Chiedete spazio e vi lamentate quando vi viene dato; criticate lo spazio del blog e poi vi lagnate perché non vi viene dato spazio nei modi e tempi che vorreste voi; lodate i tempi riflessivi, ponderanti, TRImestrali della vostra rivista e poi protestate perché il vostro intervento è stato pubblicato su Nazione Indiana DUE mesi dopo che l’avete inviato. Volete il conflitto, vi contrapponete frontalmente agli “Scrittori” servi del mercato, innescate la polemica e poi fate le vittime perché vi si risponde; date il benvenuto al terrorismo verbale e poi mettete in mostra le ferite mugolando ‘ci hanno fatto la bua, ci hanno irrisi, ci hanno sbeffeggiati, cattivi, cattivi!’.

    Con terrificante superbia totalitaristica pontificate che lo “Scrittore” debba “sforzarsi di togliersi di dosso la sua S maiuscola” (maiuscola che gli avete messo voi…) “deponendo ai piedi della comunità avvenire quella che credeva essere la sua Verità”. Ma io non depongo un bel niente, cari i miei dittatori! E’ esattamente il potere totalitario che chiede agli scrittori di deporre la loro verità in nome della comunità a venire. E’ esattamente il discorso fascista, nazista, stalinista e di tutte le ideologie totalitarie, quello che ha chiesto ciò agli scrittori. Rimproverando agli scrittori PROPRIO di FAR PARTE di una società corrotta, borghese, reazionaria, sopraffatrice, ingiusta, e di non essere i purissimi alfieri dell’utopia realizzata, E QUINDI di essere ambivalenti, contraddittori, E QUINDI non autorevoli, E QUINDI di non essere veri autori, E QUINDI di non avere diritto a scrivere. Rimproverando agli scrittori PROPRIO di proporre la loro verità individuale invece della fulgida verità collettiva (leggi: della classe politica al potere, dei funzionari di partito, dei professionisti della rivoluzione). Gli esempi storici non si contano. Delegittimazione, emarginazione, censura, confino, prigionia, tortura, eliminazione fisica. Ma dove dovremmo vivere, secondo voi, noi scrittori o nonscrittori? Dove dovremmo esprimerci e dare il nostro contributo, la nostra povera verità individualissima, se non nel tempo che ci è dato? Avete l’indirizzo di Atlantide? Ce lo spedite? Sfoglieremo il vostro dépliant turistico, e NON partiremo.

    Non me ne importa nulla se voi affermate di essere aperti e mi proclamate a parole di non essere totalitari: il vostro ragionamento COINCIDE con il totalitarismo! Grazie a dio non siete al potere. Confermo e ribadisco che questo vostro ragionamento è terrificante. Mi terrorizza l’idea che possiate avere il potere di metterlo in pratica. Spero che il giorno in cui avrete il potere di farlo, nel frattempo abbiate cambiato idea. Sto lavorando per questo. Partecipo alla polemica per questo. Per farvi cambiare questa idea terrificante.

    Siccome quello che scrivono gli scrittori, e le condizioni in cui si trovano a scriverlo, non corrisponde all’utopia “avvenire”, alla società perfetta futura irrealizzata (ma oh, quanto meravigliosa, giusta e paradisiaca!), che gli scrittori smettano (qui, oggi, nella nostra epoca) di scrivere. Stiano a casa in silenzio e si ripresentino solo quando avranno trovato la formula magica della “comunità avvenire”.

    Deporre la verità individuale in nome di quella collettiva non ancora realizzata! Dite quello che avete da dire, col coltello o senza: vi staremo comunque ad ascoltare; ma non venite qui a chiedermi di deporre quello che ho da dire in nome della vostra utopia. È pazzesco che non ve ne rendiate conto. Siccome c’è il mercato e gli scrittori si trovano a doversi esprimere dentro di esso, la vostra soluzione è: “tacete, inventatevi qualcos’altro nel frattempo: intanto zitti”. E il bello è che attaccate un blog (proponendo di gettare a mare questo mezzo di discussione), che è proprio una zona fuori dal mercato!

    Enrico, Gianluca, dài: ammettetelo. Vi piace moltissimo il mezzo del blog. Vi siete presi una cotta per il meccanismo delle botte e risposte. Ribattete colpo su colpo (se lo fate bene o male, lo giudicano da sé i lettori). Continuate a dire che il mezzo del blog è la negazione della discussione, e non smettete di affermarlo DENTRO un blog. Continuate a dire che Nazione Indiana è un ricettacolo di nefandezze, di mortificazioni, di censure, di assenza di libertà comunicativa, dicendolo DENTRO Nazione Indiana… Siete quelli che hanno avuto più spazio di chiunque altro, qui dentro (vabbe’, la gratitudine non è di questo mondo).

    Ora, grazie un pochino anche a Nazione Indiana, il vostro sito è un po’ più conosciuto (ho detto solo UN PO’, eh! Non pensiate che io adesso voglia accaparrarmi un potere informativo che Nazione Indiana non ha. Ma, diciamo, almeno una trentina di persone in più sa che offrite in rete una rivista trimestrale). Bene. Lo visiteremo volentieri.

    Io però continuo a pensare che distribuire gli articoli nel corso del tempo (in un blog o in un sito impostato con rinnovi più frequenti) gioverebbe di più alla riflessione e alla discussione (se voi desiderate chiamare ciò formare la “comunità avvenire”, va bene).

    Avete fatto una scelta: pubblicare trimestralmente una cospicua mole di articoli. Se foste un blog, o un sito di altra natura, li sgranereste nel corso del tempo, permettendo ai lettori di leggerli uno alla volta, meditandoli, e, se è il caso, commentandoli per mettere in comune con gli altri lettori, SENZA LA VOSTRA ILLUMINATA MEDIAZIONE REDAZIONALE, le riflessioni che quegli articoli hanno suscitato (esattamente come avete fatto voi qui in questa finestra dei commenti e, ancor prima, durante l’estate, e poi inviandoci il vostro contributo “Scrittori e bloggers”, e altri contributi prima di esso, che sono stati puntualmente ripresi e pubblicati in home page, non fate finta di dimenticarlo).

    Non mi sempra che il blog consumi in fretta ed espella gli argomenti senza digerirli a dovere. Questa discussione ne è la prova. Continua da settimane (molti infatti si sono stufati), ci incita a meditare, a modificare le nostre idee, a metterle nero su bianco per verificare la loro tenuta argomentativa, oltre che per comunicarle agli altri. Che cosa c’è che non vi convince in tutto questo?

    Secondo me la formula che avete scelto (la rivista trimestrale) è proba nelle intenzioni, discutibile negli effetti: forse inefficace, o comunque debole (e questo, credo, non giova alla “comunità a venire”). Scusate se mi permetto di dirvelo. È la mia opinione. La mia analisi personale. Il “munus” che vi faccio. Usatelo come meglio credete. Non vi sto dicendo di deporre la Zeta maiuscola dei vostri Zibaldoni in nome di una meravigliosa e perfetta “pubblicazione avvenire”.

    Può anche darsi che per tre mesi di seguito, fedelmente, uno venga a visitare il vostro sito pur sapendo che non viene rinnovato, e si legga uno alla volta tutti i contributi. Oppure può darsi che scarichi e stampi tutto in una volta, per trasformare zibaldoni.it in rivista “privata” (detto senza doppi sensi: intendo “personale”, pratica, maneggevole) su carta. Può darsi. Io penso che sia poco probabile, ma magari sbaglio.

    Ma avendo scelto la forma del trimestrale, vi private di alcune possibilità. Intervenire sull’attualità, per esempio. Perché l’attualità dev’essere proprietà del giornalismo? Perché la descrizione e il commento del tempo, della cronaca, di ciò che è “attuale” (urgente, presente e vivo) deve essere deciso dal “giornalismo” (che significa gruppi di interesse, proprietà editoriale, filtro redazionale, mediazione, logica pubblicitaria, ecc.)? Perché il giorno deve essere in mano al “giornismo” di chi possiede l’oggi e la sua descrizione?

    Noi di Nazione Indiana abbiamo avviato questo sito ANCHE per questi motivi. Ci siamo stufati di mendicare spazi sui giornali, che non ci vengono dati, o ci vengono dati male (interventi pubblicati dopo settimane, titoli redazionali e occhielli – scritti dalle redazioni – che non rispecchiano il nostro pensiero, ecc.). Piuttosto di stare nel (fintamente o parzialmente libero) mercato del giornalismo, abbiamo deciso di lavorare gratis nella liberissima rete (curioso che chi lavora gratis vi faccia venire in mente le puttane). È un passo (solo UN passo) VERSO la comunità a venire, questo? È tentare di essere intellettuali impegnati? O è narcisismo, presunzione, vanità da “Scrittori”?

    Forse il blog e in generale la rete non è la Grande Soluzione, avete ragione (forse). Non siamo in una nicchia di paradiso, qui. Ma perché soffocare un “bene” in nome del “meglio”?

    Un’ultima cosa: pubblicate TUTTA questa discussione su zibaldoni.it. L’aveve suscitata voi: che gli diate spazio riprendendola integralmente mi pare il minimo. Ve lo chiedo pubblicamente.

  45. Gentile Anna, lei non ha letto ciò che il Leopardi ha scritto. Lei non ha letto la fine della pagina 72 dei Pensieri del Leopardi.
    E’ sufficiente questo per confutarla. E’ sufficiente questo per confutare tutto questo discorso di De Vivo e Virgilio.
    Ho già detto che apprezzo molte cose della loro rivista (evidentemente lei, Anna, non ha letto i miei post, evidentemente lei ha difficoltà ad accettare la la fine della pagina 72 dei Pensieri, ed. Le Monnier, che ho tra l’altro riportato,e che smentisce drasticamente tutto questo discorso di De Vivo e Virgilio. Discorso che cmq sarebbe smentibile senza ricorrere alla contraddizione palese che hanno manifestato.In quanto al resto delle sue affermazioni, alle sue lodi o meno alle mie conoscenze o supposte, non sono argomenti proficui al discorso che non verte su me e quindi non credo opportuno risponderle ritenendomi persona educata e non maleducata come lei)

  46. Piena solidarietà a Tiziano Scarpa, col quale sarebbe più interessante discutere della sua letteratura “del cazzo”, francamente modaiola e opportunista. Ma forse è l’ultima evoluzione occidentale, l'”uomo scenico”, come già si legge da qualche parte…

    Agli zibaldoni mi permetto di dire che li trovo ideologici, passatisti e preteschi; ma non so quanto vogliano fare letteratura invece che politica. Di certo farò volentieri a meno della comunità a venire che prospettano: da buon radicale, mi auguro ben altro.

  47. Ringrazio Giuseppe Cornacchia. E’ talmente opportunista, la mia letteratura, che per poter pubblicare “Kamikaze d’Occidente” ho dovuto cercarmi un altro editore. E’ talmente modaiola che non mi risulta che questo romanzo (a cui ho lavorato per due anni) abbia fatto capolino nemmeno nelle ultime posizioni delle classifiche dei libri, nemmeno in quella sfigatissima della narrativa italiana… Ma tutto questo lo dico con il sorriso e l’animo affettuoso, ringraziandola di cuore per l’attenzione che lei dedica ai miei libri. Davvero, senza ironia: grazie. L’eventuale discussione sui miei libri, però, per favore non facciamola su Nazione Indiana. Non mi sembra corretto né di buon gusto. Un caro saluto

  48. Risposta: perchè con questi slogan non ci si può illuminare. Per evitare di cazzeggiare bisogna faticare e studiare e pensare…

  49. Non c’entra, ma c’entra. Se in un programma come porta a porta, il sig. teorizzatore del colpo di stato, di cui non faccio il nome perchè mi irrita da morire, chiede di oscurare siti/blogs come nuovimondimedia, informationguerilla (e altri potrbbero aggiungersene…) vuol dire che i blogs danno molto fastidio e così pure tutti gli scrittori che li tengono in piedi. Questa, egregi signori di zibaldoni, è la comunità in cui viviamo. Non me ne frega niente della comunità avvenire, è nel qui ed ora che bisogna costruire, pensare, esserci.

  50. Cara Gabriella, vivi nel solito equivoco della lettura superficiale. Comunità avvenire non significa ritirarsi da qui, ma è esattamente il contrario: a partire da qui preVEDERE il futuro, o meglio ancora: mettere il futuro nel presente, fare del proprio presente il futuro. Senza aver più bisogno di “lottare” o di “lavorare” per csotruirsi l’avvenire, perché l’avvenire è già qui, e allora è solo da qui che possiamo partire e agire. Zibaldoni mi pare che è esattamente questo quello che fanno. Mica si perdono in chiacchiere, loro. O almeno non solo in quelle. Tu, invece, che cosa fai di “comunitario” per l’avvenire che è già qui?
    Carlo

  51. Caro Scarpa,
    finalmente notiamo un cambiamento, se non di argomenti, almeno di tono nella tua ultima lettera; un tono non più ironico, beffardo, bensì serio, come crediamo si addica a questi discorsi, nei quali c’è in gioco molto di più dei nostri casi personali. E di questo ti ringraziamo vivamente, anche perché ci sembra che, così facendo, si riesce a dare aria alla discussione e a utilizzare in maniera seria e impensata lo strumento blog. A queste condizioni, il dialogo ci sta bene – e anche il blog.
    Ma, dicevamo, non sono cambiati gli argomenti. Le cose che ci rimproveri, le nostre lamentele, i nostri insulti, i nostri comportamenti eccessivi noi non vogliamo negarli, ma li consideriamo come lo scotto che siamo costretti a pagare, e a far pagare anche ai nostri interlocutori, per la mancanza di attenzione verso certi temi, per l’acquiescenza e la mancanza di senso critico con cui chi scrive spesso esercita la sua attività. Devi riconoscere che almeno con i nostri interventi lo stagno di Nazione Indiana si è mosso. Siamo intervenuti per il gusto di fare polemiche? Noi non lo pensiamo. Pensiamo, invece, che sia giusto fare in modo che i nodi, tutti i nodi vengano al pettine, se vogliamo che la pettinatura riesca bene. Noi non vogliamo il conflitto, noi siamo una delle forze che agitano il conflitto. L’altra siete voi, indubbiamente. Ma voi tendete ad addormentarvi e noi siamo allora il vostro pungolo: questa è l’autentica vasocomunicazione, come la intendiamo noi, nella quale non può esistere nessun tipo di gerarchia moralistica (noi siamo i “buoni” e voi i “cattivi”, ad esempio). Siamo stati iperbolici perché nella polemica bisogna esserlo, quasi per necessità di genere. E non abbiamo esitato a colpire in basso quando da parte di qualcuno (leggi Carla Benedetti ultimamente) si è tentato di ridurci al silenzio in modo subdolo. Ma questo, come dicevamo, è il prezzo da pagare. Come epigrafe alla sezione della nostra rivista dedicata alla polemica intellettuale, abbiamo messo la seguente frase di Dante: “rispondere si vorrebbe non con le parole ma col coltello a tanta bestialitade”, frase che, se fosse stata letta come mostri di leggere i nostri discorsi, caro Scarpa, avrebbe procurato al nostro grande poeta come minimo l’accusa di essere un assassino. Così fai tu con noi: prendi le nostri iperboli e le discuti alla lettera. Non è corretto, sia dal punto di vista intellettuale che da quello letterario (confondi i “sensi” della scrittura). Non puoi dire che siamo staliniani. Ti rendi conto di coprirti di ridicolo? È come se un professorino ignorante venisse a spiegarci che Nietzsche con il superuomo ha anticipato il nazismo e perciò noi siamo immorali a citarlo. Così fai tu con noi, ci accusi delle nostre idee per quello che possono far intendere di male, addirittura nel futuro, sicché tutti sono avvertiti: siamo pericolosi e guai a votarci, se dovessimo scendere in campo anche noi! Tutto ciò, ripetiamo, ci sembra quanto meno ridicolo. Ma noi sappiamo che tu a queste cose non ci credi veramente, perché altrimenti non saresti così perdigiorno da scrivere a due ex o post-staliniani. Dovresti aver capito, invece, che la nostra idea di comunità nasce non da un’ “utopia realizzata”, cioè dalla nostra presunzione di averla già bell’e creata, con noi a capo come dei novelli dittatori chapliniani, ma da una seria mancanza di comunicazione con gli altri, relativa al passato e in parte anche al presente, da una condizione di profonda solitudine dalla quale ci siamo a poco a poco tirati fuori (ma ci si può mai tirar fuori dall’esser soli?), anche parlando con voi di Naz. Ind., pur tra mille equivoci e fraintendimenti, pur tra continue aggressioni e violenze verbali. Altro che “alfieri di una utopia realizzata”! Abbiamo noi mai detto di aver realizzato un’utopia? Il nostro progetto zibaldoniano è tutto proiettato nel futuro e si realizzerà solo col contributo di tutti, non certo per nostro merito esclusivo. E a noi sta bene così, perché è appunto questa l’idea di comunità che ci anima, che ci tiene in vita, che ci fa sentire meno soli, pur nel nostro solitario lavoro individuale. Il resto è solitudine nera, individualismo, conformismo, ma della peggiore specie. No, non vogliamo convincerti. Te lo abbiamo già detto: guai se tu non fossi Scarpa l’immune e noi non fossimo i tuoi anticorpi: non potresti vivere senza di noi e neppure noi senza di te. Ma almeno riconosciamoci per quello che siamo e traiamone le giuste conclusioni. Non è, per esempio, una conclusione giusta quella secondo la quale noi intimeremmo il silenzio agli scrittori di oggi. Ma come potremmo farlo proprio noi, avendo deciso di dar vita a una rivista letteraria? Saremmo dunque noi degli aspiranti suicidi? No, caro Scarpa, noi non vogliamo il silenzio degli scrittori, come chi ci scrive lettere private liquidatorie; al contrario, siamo sempre noi a chiedere il loro contributo, non solo quando li invitiamo a scrivere per la nostra rivista (e abbiamo invitato anche te), ma anche quando, altrove, per esempio in Naz. Ind., suscitiamo la discussione, la animiamo con tutte le nostre forze ed energie, costi quel che costi. Ci hai fatto caso a tutto questo? Le persone si giudicano dai comportamenti, non dai semplici enunciati teorici. E i nostri comportamenti sono energie pure messe in gioco per favorire la discussione e la comunità, non per esibirci o per fare della pubblicità gratuita alla nostra rivista (ma se ci hai portato trenta lettori ti ringraziamo).
    Quanto al blog, potresti avere ragione tu: ci siamo presi una cotta per questo mezzo, e lo usiamo sistematicamente perché ci piace moltissimo. Ma la nostra cotta non è quella di un ragazzino per una sua coetanea, bensì è la cotta di chi, con un certo disincanto, sa bene che ogni amore svanisce e lascia solo rovine. La nostra riflessione ci induce a utilizzare il blog come mezzo di discussione, ma ad utilizzarlo con coscienza e distacco critici, come dovrebbe esserti apparso chiaro dal nostro intervento “Scrittori e bloggers”. Noi siamo dentro il blog, ma contro il blog: quale contraddizione vedi in tutto questo? Scriviamo in Naz. Ind. e siamo contro Naz. Ind.: ti meravigli? Fa parte del nostro modo di vedere le cose, del nostro istinto a mettere il muso fuori da casa per vedere che aria tira fuori, perché fuori da casa nostra corre la vita, non dentro; e se questo ci porta a contraddirci, pazienza. Non siamo giustificati, ma neppure ci giustifichiamo, perché non siamo anime belle e non ci spacciamo per tali. E poi, non siamo affatto d’accordo che il blog sia fuori dal mercato. Anche in questo caso una riflessione critica un po’ più approfondita ci porterebbe a concludere che un blog è DENTRO questo mercato, poiché la virtualità è tale solo fino a un certo punto, e può sussistere solo al prezzo di un dispiegamento di mezzi economici enormi. In realtà il blog è quanto di più sottile e precipuo il mercato ha inventato per frantumare la comunità in una miriade di bloggers, ognuno dei quali sopravvive alla mancanza dei rapporti reali attraverso l’illusione di esistere in rete. Questo riguarda anche noi, s’intende, e anche voi. E allora, dove sta la differenza? La differenza è nel fatto che noi queste cose le riconosciamo e le diciamo, adoperandoci per superarle come meglio è possibile con l’instaurare una serie di rapporti con gli altri fondati sull’amicizia, come abbiamo avuto modo di scrivere su queste pagine nel dibattito dell’estate scorsa. Questo è stato ed è il cardine del nostro discorso sulla comunità avvenire, non altro. E invece ci siamo spesso trovati a dover rintuzzare fraintendimenti, malintesi, e anche non poche scorrettezze.
    Quanto alla rivista trimestrale adattata a internet, le tue critiche e i tuoi consigli sono giusti e accettabili, anche se dobbiamo farti notare che la scansione trimestrale e altre quisquilie ci sembrano davvero inconsistenti per la sostanza di un discorso inerente alla letteratura. Noi non ci facciamo usare dal mezzo, noi usiamo il mezzo, e ce ne frega di tutte le questioni inerenti al dinamismo di internet, alla interattività, e blablabla. Noi internet lo usiamo con lentezza, sobrietà, quasi con disattenzione per l’aspetto tecnico. Insomma, anche da come si usa un mezzo, secondo noi, si può dedurre un’etica per opporsi alle forme e ai ritmi dominanti che vorrebbero imporci, non ti pare? Comunque, seppur con ben altre motivazioni, già da qualche tempo abbiamo provveduto a vivacizzare il sito con la creazione di una pagina (COL COLTELLO), ancora in fase sperimentale, da aggiornare con maggior frequenza. Per il resto la nostra rivista rimane trimestrale, una scansione che si adatta bene ai nostri tempi artigianali e che vogliamo mantenere, poiché siamo convinti che, a prescindere da questa scansione, la rivista-zibaldone potrà acquistare la sua vera forma solo in avvenire, quando cioè i contributi degli scrittori saranno tali da delineare la variegata e infinita forma di uno zibaldone. Noi, con tutto questo, c’entriamo ben poco, quel poco a cui si ridurrà il nostro contributo.
    Quanto alla tua proposta di pubblicare sul nostro sito TUTTO il dibattito degli ultimi mesi, ti diciamo subito che riteniamo che NON TUTTO il dibattito riveste la stessa importanza. Pertanto, stiamo vagliando il materiale, che pubblicheremo nei prossimi tempi. Sarà una selezione solo di quegli interventi nei quali sia più apprezzabile il contributo alla discussione sulla comunità avvenire. Sarà una scelta nostra, certo, assolutamente parziale e facilmente criticabile, ma ce ne prenderemo tutta la responsabilità ed è certo che sapremo difenderla.
    Per chiudere, ti facciamo notare soltanto che la discussione in NI sulla “collettività che manca” non l’abbiamo affatto suscitata noi, ma Benedetti, Janeczeck e altri. Noi siamo venuti dopo.
    Ciao.
    Enrico De Vivo e Gianluca Virgilio
    http://www.zibaldoni.it

  52. Non ho capito due cose: Voltolini vi ha pubblicato sulla home page tutta quanta la vostra lettera, con le vostre accuse velate, NI tiene tra i commenti, dove tutti possono leggere, un brano dove dite che Scarpa è una prostituta, e voi avete il coraggio di fare una scelta del materiale da pubblicare sul vostro sito?!?
    La seconda cosa è questa, la Benedetti vi scrive una lettera privata in cui esprime tutto il suo dissenso sulle vostre idee (assenti), e voi la prendete e la postate su un sito web, e poi la riempiete di accuse infamanti?!?
    Se questo è lavorare per la comunità a venire (che però c’è già), voi avete bisogno di uno psicoterapeuta.

  53. Rispondo a Stefano: può darsi che io sia superficiale di mio, ma mi irrita che mi si dica che le righe scritte denotano una lettura superficiale. Generalmente leggo più volte un testo e per quanto riguarda i testi di zibaldoni, li stampo pure: sono testi lunghi ed essendo un po’ scema li rileggo con attenzione. Ho visitato anche il sito, letto cose interessanti e altre meno, come succede in tutte le riviste letterarie.
    Il mio commento seguiva uno spunto che mi ha dato Scarpa, quando parla del fatto che la scelta della trimestralitè lascia necessariamente fuori dalla porta l’attualità, l’urgente, la cronaca della comunità. Tutto ciò in seguito agli accadimenti delle ultime ore con riferimento alle discussioni sulla libertà d’espressione e di pensiero seguite in altri siti, con conseguenti appelli di scrittori/intellettuali, ecc. Riflessioni che seguono il tema del ruolo degli scrittori come è successo dopo l’11 settembre: uscì un libro allora dal titolo Scrivere sul fronte occidentale. Grazie per la lezione sulle modalità di fare del proprio presente il futuro…non ritengo di dover giustificare qui cosa faccio per la comunità, chi mi conosce sa e tanto basta.

  54. Ma noi non la conosciamo, signora Gabriella, e se ancora non l’ha capito, siamo qui per conoscerci, prima che per vantarci di quello che pensiamo.
    Carlo (penso ti rivolgessi a me, che non mi chiamo Stefano… Vedi che non mi conosci nemmeno?)

  55. Ho seguito il dibattito in Nazioneindiana sulla comunità da questa estate. Non sono mai intervenuto anche perché mi è sempre sembrato di capire bene le posizioni in campo, articolate e dissonanti, ma anche consonanti a volte. C’è una cosa, però, che adesso mi irrita in modo particolare, ed è l’argomentare del signor Barbieri, grazie al quale riesco forse a capire meglio quello che intendevano De Vivo e Virgilio parlando dei bloggers.
    Barbieri è il commentatore più presente, quello che ha sempre qualcosa da dire. E fin qui niente di male. Ma guardate COME lo dice. Estrapola da un intervento articolato due o tre frasette oppure le cose più adatte a invelenire il dibattito, e le butta lì, io mi immagino tra uno spuntino e l’altro, mentre passa la vita attaccato a un pc (ma questa è solo una mia fantasia, lasciamola perdere). Cosa c’è di male in tutto ciò? C’è proprio il senso dello scrivere in un blog, che è scrivere senza aver nulla da dire, ma dirlo lo stesso. Scrivere senza meditare, scrivere solo per apparire, ancora meglio se per dare addosso al “nemico” o per lusingare gli amici. Mi domando: ma è così che si discute? Mentre Scarpa tenta di riportare il dibattito entro i termini del rispetto reciproco, mentre De Vivo e Virgilio accolgono tale invito, ecco che arriva Barbieri a fare il teppista, riproponendo cose che sono state già spiegate e rispiegate, ma riproponendole proprio con lo scopo di spostare su tali cose (invelenite) la discussione, distraendola dal suo fulcro interessantissimo. Ed ecco allora l’essenza del BLOG usato come un manganello!!! Ecco il modo di scrivere che manda all’aria tutti i migliori tentativi di dialogo! E poi Barbieri si meraviglia che Virgilio e De Vivo ripropongano sul loro sito questa discussione “parzialmente”. Meno male, dico io, invece, che c’è ancora qualcuno capace di assumersi la responsabilità di mostrare dove ancora sopravvive qualche germe di dibattito in questo mondaccio di sproloquiatori fasulli! Io mi auguro che De Vivo e Virgilio facciano un buon lavoro sugli interventi in NI sulla comunità e riescano a dar forma a qualcosa di leggibile sul loro sito, che espunga tutta la porcheria tipo i veleni di Barbieri.
    Altro esempio: la questione di Carla Benedetti. De Vivo e Virgilio hanno chiarito e spiegato perché hanno pubblicato quella lettera privata (secondo me hanno ragione in toto), e si sono anche assunti la responsabilità del loro gesto. Arriva Barbieri e fa: avete bisogno di uno psicoterapeuta. Non discute le ragioni, il merito, il perché del gesto, ma accusa e diffama, nel più puro stile del bloggers perditempo. Ma allora lui sì che avrebbe bisogno di una bella denuncia, altro che De Vivo e Virgilio!
    Alberto Sigismondi

  56. Caro Alberto Sigismondi, che ci posso fare se leggendo l’ultima risposta di De Vivo e Virgilio ci sono rimasto male. Riprendo solo uno dei motivi della mia indignazione, Carla Benedetti.
    De Vivo e Virgilio hanno:
    – pubblicato una sua lettera privata;
    – hanno fatto commenti di questo tenore:

    “Poiché la critica non è più tollerabile, ma non si hanno valide ragioni da opporre in pubblico, si scrive un biglietto in privato col quale ci si affretta a chiudere i rapporti (ma noi non abbiamo mai avuto rapporti privati con Benedetti). Questo per noi è un comportamento sfacciatamente immorale, e per questo motivo è bene che la comunità possa conoscerlo e giudicarlo.”

    poi ribadite nell’ultima loro lettera

    “E non abbiamo esitato a colpire in basso quando da parte di qualcuno (leggi Carla Benedetti ultimamente) si è tentato di ridurci al silenzio in modo subdolo.”

    però autoscagionandosi, da veri immuni, dicendo:

    “Siamo stati iperbolici perché nella polemica bisogna esserlo, quasi per necessità di genere”

    Considerando che la Benedetti si fa un mazzo così per scrivere Il tradimento dei critici e finisce citata in giudizio da Pedullà, mi dica Sigismondi, De Vivo e Virgilio, che queste cose le conoscono benissimo, possono in buona fede interpretare le parole della Benedetti in quel modo? Ed è giusto secondo lei pubblicare la sua lettera? Secondo me no, l’ho detto arrabbiandomi, proprio per l’ingiustizia di quel gesto. E secondo me De Vivo e Virgilio dovrebbero scusarsi pubblicamente.
    Sulla mia vita privata non sto nemmeno a risponderle, ci rimarrebbe male per quanto è lontana dalle sue proiezioni e da quelle di qualche altro commentatore di NI. Da parte mia, invece di proiettare, la invito mercoledì prossimo alle ore 21,30 alla presentazione del libro “Grand tour” di Michele Pellegrini (ed. fernandel) che organizziamo presso il Moquette Bar di Forlì, Via dall’Aste 17, e se poi le interessa c’è tutto un calendario di presentazioni.

  57. Perché, stavano facendo un dibattito De Vivo e Virgilio? e su cosa? Mi sembra che Carla Benedetti abbia loro risposto in merito. Si ci dilunga quando c’è l’argomento, il problema.

  58. Mi scuso con Carlo per aver confuso il suo nome, ero molto stanca e anche irritata per l’accusa di superficialità. Nelle mie righe ho cercato di spiegare a cosa si riferisse il mio commento precedente. Seguo il dibattito con attenzione perchè mi interessa, cosa c’entra il vantarsi per quello che si fa?

  59. Caro Barbieri, per prima cosa la ringrazio dell’invito a Forlì, farò il possibile per esserci. Il suo invito gentile, però, non cambia molto il mio giudizio sul suo modo di discorrere in questo “bluogo” (le piace questa definizione?). Lei parla sempre con molta superficialità e ripetendo cose che son già state comprese e dibattute, e in ogni caso non costituiscono certo l’aspetto più importante di questo dibattito, per il quale, lo si voglia o no, bisogna dar atto a De Vivo e Virgilio di essere stati due propulsori non piccoli né casuali, come del resto sia Scarpa sia altri prima di lui hanno riconosciuto. E tra questi altri, prima di Scarpa, signor Barbieri, non lo dimentichi, c’è stata anche la signora Benedetti, che non solo ha elogiato il contributo di De Vivo e Virgilio a NI, ma ne ha anche pubblicato i pezzi. Ora, è ovvio che il giudizio su persone e cose può cambiare (ma io dubito che possa cambiare drasticamente nell’arco di un mese o poco più), però provi lei, signor Barbieri, a mettersi nei panni di chi riceve una mail come quella privata della Benedetti. Provi a mettersi nei panni di De Vivo e Virgilio. Cosa penserebbe, lei, al posto loro? Io credo che De Vivo e Virgilio abbiano pensato questo: “La Benedetti vuol darci il benservito, ma senza sporcarsi le mani in pubblico. Perché?” La risposta non è facile, non è d’accordo? Lei, ad esempio, cosa si sarebbe risposto a una tale domanda? De Vivo e Virgilio si son risposti la stessa cosa che mi sono risposto io, e cioè questo: si tratta di un calcolo meschino, in assenza di ragioni e di argomenti, per farla finita in quattro e quattr’otto con chi è troppo scomodo. Calcolo basato, forse, anche sul credito rilasciato ai due fino a un mese fa. Come giustificare ora in pubblico quel credito? Come dire, insomma, adesso, che Virgilio e De Vivo sono due stupidi o peggio? Non dirlo, appunto. Ma farlo comunque sapere ai due (per quale scopo, non so). Questa, però, è solo una delle risposte, badi bene, Barbieri, e tante altre sono possibili. Ma poiché, tra le tante risposte possibili, c’è anche questa che le ho appena esposto, allora secondo me De Vivo e Virgilio hanno fatto bene a mettere alla berlina la Benedetti e i suoi calcoli di bassa lega. Hanno fatto bene a riportare tutto in pubblico, giacché in pubblico si è svolta la vicenda e i rapporti privati sono una forzatura di comodo per lavarsi le mani senza rischiare nulla. Tale ragionamento, mi segua Barbieri, vale a maggior ragione perché la Benedetti è autrice delle battaglie che sappiamo tutti, e per le quali ci inchiniamo e la riveriamo. Però da chi sventola il rigore morale e la serietà come vessilli non ci aspettiamo alcuna meschinità, nemmeno la più insignificante. Non è che uno fa un’opera buona (la Benedetti, ad esempio, ha scritto “Il tradimento dei critici”) e poi campa di rendita, addirittura permettendosi quel tipo di scorrettezze che certamente stigmatizzerebbe negli altri. Altrimenti son tutte chiacchiere anche le parole più serie, e noi di chiacchiere, mi perdoni Barbieri, ne abbiamo fin sopra i capelli. Ne abbiamo piene le tasche di gente che predica la “moralità” e si comporta da immorale. Se la Benedetti ritiene di aver subito un torto o disprezza così come dice in quella mail il lavoro di De Vivo e Virgilio, lo dica pubblicamente. Se ha argomenti da opporre alla supposta mancanza di argomenti di De Vivo e Virgilio, faccia pure. Ma lo faccia pubblicamente. Altrimenti smetta di infastidire in privato due persone che del pubblico hanno fatto il loro campo di azione, senza l’appoggio di nessun gruppo o editore, e già soltanto per questo andrebbero apprezzate e stimate.
    Per chiudere le dico solo che quando dicono di essere stati iperbolici, De Vivo e Virgilio credo si riferiscano alla caratteristica “di genere” della polemica intellettuale, citando non a caso quell’azzeccatissima affermazione di Dante Alighieri. Cioè l’iperbole con la Benedetti non c’entra. Lì è tutto fin troppo realistico, ahimé!
    Sigisalb

  60. Sig. Sigismondi, lei fornisce una spiegazione. Ma magari potrebbe essercene una di più elementare. Può darsi che Carla Benedetti abbia visto, dopo, altre intenzioni, nelle quali non si riconosce. Che c’è di strano? Tutta questa stranezza che alcuni di voi hanno trovato nel fatto che Carla Benedetti ha inviato loro una email privata. A me è sembrata una cosa correttissima! E l’utilizzo poi che De Vivo e Virgilio hanno fatto di questa email assolutamente inopportuno. Non si viola l’intenzione assolutamente privata del mittente.
    Non è con questi mezzi che ci si fa ragione!

  61. Caro lumina, a parte il fatto che qui non credo sia in ballo il “farsi ragione”, ma quello che lei dice conferma proprio il mio discorso. Lei utilizza le precise parole: “Ma magari potrebbe essercene una di più elementare”. Appunto, dico io: ma quale? Come facciamo noi a saperlo, e come fanno De Vivo a Virgilio a saperlo? E lei aggiunge: “Può darsi che Carla Benedetti abbia visto, dopo, altre intenzioni, nelle quali non si riconosce. Che c’è di strano?” APPUNTO: NULLA DI STRANO!!! Ma perché non dirlo chiaramente, in pubblico? Perché scrivere in privato a chi nemmeno si conosce personalmente? E’ qui che si incrina la moralità e compare, anche se come ipotesi, il calcolo meschino. Spero di essere stato chiaro. Sigisalb

  62. Caro Sigismondi, mi rendo conto che è buffo che io cerchi di scrivere l’interpretazione autentica delle intenzioni della Benedetti, dico solo che ho un pregiudizio verso di lei di moralità e correttezza che mi viene dal suo lavoro. Quella lettera d’altra parte non mi fa cambiare idea, ha preso una posizione e lo ha fatto sapere a chi lo doveva sapere, non ci trovo nessun calcolo meschino. Avesse scelto il silenzio, quello sì sarebbe stato meschino. Ho anche un pregiudizio di moralità e correttezza verso gli autori che trovo in NI, negli archivi dei primi mesi si trova una bella discussione (effettivamente una vera discussione, nel senso in cui la intende Luminamenti) sul tema ne “vale la pena” (lavorare tanti anni su un libro). Lì ci sono tutte le difficoltà che un autore incontra per fare trovare a lei e a me un volume di qualità in libreria. Per questo mi viene da difendere il loro lavoro, da riconoscerli in pieno come autori, dal dare valore a quello che hanno scritto. A me pare un fatto di buon senso, di realismo, mentre attaccarli, sostenendo le tesi di Zibaldoni.it mi pare possibile solo in un mondo fittizio, in una specie di nicchia ricavata nel web o da qualche altra parte. Spero di aver chiarito un po’ perché non riesco più ad andare d’accordo con De Vivo e Virgilio.

  63. Lei dice, Barbieri, giustamente, che in NI si raccontano anche “tutte le difficoltà che un autore incontra per fare trovare a lei e a me un volume di qualità in libreria. Per questo mi viene da difendere il loro lavoro, da riconoscerli in pieno come autori, dal dare valore a quello che hanno scritto”. Se lei legge ZIBALDONI, ci trova altrettanti libri bellissimi che, a differenza di altri, addirittura non trovano spazio in libreria. Prenda FATA MORGANA, un testo di Celati pubblicato nell’ultimo numero di ZIBALDONI: ma le sembra legittimo che un testo di una tale visionarietà e bellezza resti fuori dal circuito librario? Qualcosa non va, se è così. E crede, allora, che l’impegno che si assumono De Vivo e Virgilio e i loro amici nel pubblicare testi come quello, sia un impegno inferiore a quello di confeziona libri per la libreria? Dov’è la differenza? E, ancora, PERCHE’ c’è diferenza?
    Riguardo alla Benedetti, io la stimo quanto la stima lei, forse anche di più, e la mia stizza deriva proprio dalla mia stima. D’altronde, le cose che lei steso, Barbieri, scrive, confermano tutte le mie perplessità: “Mi rendo conto che è buffo che io cerchi di scrivere l’interpretazione autentica delle intenzioni della Benedetti… Avesse scelto il silenzio, quello sì sarebbe stato meschino”. E’ buffo che stiamo qui a interpretare le intenzioni di Benedetti, è esattissimo. Ma siamo qui, come lo erano nel chiuso delle loro stanze De Vivo e Virgilio quando hanno ricevuto la mail, proprio perché il confronto non è avvenuto in pubblico, ma dal privato è sfociato nel pubblico solo grazie a una scorrettezza. Che però, caro Barbieri, ha messo in cortocircuito il silenzio della Benedetti, perché se adesso lei ascolta la voce della Benedetti non la ascolta perché lei ha scelto di parlare (LEI HA SCELTO IL SILENZIO, faccia attenzione!) ma perché De Vivo e Virgilio l'”hanno fatta parlare”. Saluti da Alberto S.

  64. Gentili lettori,
    avendo partecipato in prima persona alla discussione che si è tenuta in queste pagine a partire dallo scorso mese di luglio, permetterete, spero, che anch’io dica una parola su questa vicenda. A Scarpa dico che ha fatto bene con questo suo articolo a rompere il silenzio sulle questioni che si sono dibattute quest’estate. Forse avrebbe potuto farlo prima, ma, come si dice, meglio tardi che mai. Da quello che dice Scarpa, io ho capito che lui all’idea di comunità non ci crede né punto né poco e, quindi, è inutile che i due zibaldoniani gli rompano ancora le scatole. Come poi possa avvenire quella che in Naz. Ind. si chiama la vasocomunicazione, non si capisce bene, ma nessuno può chiedere a uno di essere quello che non è.
    Per quanto riguarda Benedetti, penso che riportare il testo della sua lettera privata sia stata una scorrettezza, ma capisco anche lo stato d’animo di Virgilio e De Vivo che dall’oggi al domani si sono visti considerare come degli avventurieri e dei dilettanti da una persona nella quale credo riponessero molta fiducia. Ma perché Benedetti li ha improvvisamente rinnegati, mentre qualche mese fa andava pubblicando i loro testi e scriveva, se non ricordo male, di “aver aperto dei file” a seguito della lettura di alcuni pezzi degli zibaldoniani? Ora, se questi file sono rimasti vuoti una ragione c’è e, secondo me, va rintracciata nello scritto di De Vivo e Virgilio dal titolo Scrittori e bloggers, nel quale i due utilizzano alcune tesi della Benedetti per ritorcerle contro Naz. Ind.. Per esempio, parlano della deresponsabilizzazione dei bloggers o delle metamorfosi degli scrittori che diventano bloggers e viceversa, mettendo a frutto, ripeto, la lezione di Benedetti. Ora la cosa peggiore che a un maestro possa capitare è di vedersi crescere in casa due allievi che utilizzano quanto hanno appreso da lui per criticarlo, poiché questo significa commettere parricidio (matricidio, in questo caso), un reato gravissimo e da cui non ci si può emendare in nessun modo, se non abiurando. Non so se sono stato chiaro. Benedetti con quella lettera che tutti hanno potuto leggere rinnega i suoi allievi, dice loro che non meritano il suo insegnamento e chiude loro la porta in faccia. Fa bene, fa male? Ai posteri l’ardua sentenza. La scorrettezza dei due è indubitabile, così come anche rimane l’ingenuità della Benedetti, la quale non ha ben meditato che ogni idea, una volta partorita, non è più di nessuno ed è di tutti e che ogni parricidio avviene per una ragione vitale, che non si può reprimere con una e-mail.
    Ecco, io questa idea mi sono fatto dello stato della discussione, come di un susseguirsi di uccisioni tra letterati, che sono quelle più tragiche e più pietose. Che io mi sbagli? Può darsi, ma un senso la cosa deve pur avere, altrimenti mi pare che tutta questa faccenda sia destinata o a finire nel nulla oppure a volgersi in farsa. Invece credo che una morale della favola ci sia, ed è che in questa società non è possibile alcun discorso comunitario, poiché ognuno difende il recinto nel quale si è rinchiuso, e non ne vuole sapere di ciò che dicono gli altri. Si convincano, dunque, gli zibaldoniani, e si mettano il cuore in pace: facciano pure le discussioni in casa loro, nel loro recinto, ma lascino in pace quelli di Nazione Indiana.
    Per quanto mi riguarda io continuerò a leggere gli uni e gli altri e a fare le mie considerazioni quando mi piacerà farle; così, pur non facendo parte di una comunità, passerò di volta in volta da un recinto all’altro e questo mi darà almeno l’illusione di essere meno solo. Con molta cordialità
    Gustavo Paradiso

  65. Mio caro Paradiso, di cosa ti meravigli? Questi sono i ritmi del blog e della rete, e cioè del consumo, anche della scrittura. Scrittura da consumo, ecco cos’è un blog come questo qui. Chi vi scrive, vi scrive per consumare un po’ di energia scrittoria, non per discutere. Anche perché altri argomenti incombono, altri temi devono essere “consumati”: dall’iraq alla pubblicità alle più profonde questioni letterarie e poetiche. Guarda gli interventi accumulati qui sopra: i temi più disparati vengono aperti e abbandonati, con una noncuranza e supericialità spaventose. Dagli stessi contendenti, poi (tranne qualcuno, s’intende): Scarpa, Barbieri, Luminamenti dove sono finiti? Hanno lasciato appese le loro false questioni e sono spariti. Non hanno più argomenti da opporre e allora si mettono a masticare altri “temi”, si spostano in altre finstre a dare il loro contributo, ossia il loro morso al gran banchetto della scrittura da consumo. E anche la Benedetti è una delusione totale, non perché non risponde a quella mail privata, ma perché, come tanti altri, ha lanciato la pietra e ha nascosto la mano.
    Ti saluto, caro Paradiso, questo mondo non fa per noi, temo. AS

  66. Non potrò andare avanti all’infinito dicendo le stesse cose. Tutti e due abbiamo esposto le nostre ragioni. Ancora una volta mi devo prendere l’insultino quotidiano (questa volta è che le mie sono “false questioni”), ma oramai senza insultino non riesco più a dormire, mi ci vuole un “leccaculo”, un “tifoso”, un “teppista” altrimenti mi sento solo.
    Non concordo sul fatto che il blog è scrittura di consumo, queste generalizzazioni le lascio ai filosofi, tipo Esposito.
    Per la presentazione di domani invece, chi vorrà essere presente troverà l’editore Fernandel in carne e ossa, cioè Giorgio Pozzi. E me tra il pubblico questa volta a godermi lo spettacolo, dopo che, uscito dal lavoro, con mezzi ecocompatibili (leggi bicicletta), ho terminato la distribuzione dei volantini, ché l’ultima volta abbiamo fatto quasi un forno.
    E per finire ‘sta volta mi voglio autoinsultare: barbieri, nazista! :=) (sarebbe il baffetto di hitler).

  67. Ma io ero in attesa di una sua risposta alla mia ultima osservazione circa le sue posizioni, che saranno pur sempre le stesse, ma son sempre sbagliate, a mio avviso. Lei, invece, Barbieri, piuttosto che continuare a discutere, viene qui e fa pubblicità a qualcosa che non c’entra un’acca con quello che stiamo dicendo. Ma non è il solo, a fare così, non si preoccupi. Fanno tutti così, diciamo i distratti… Le sue questioni sono “false” perché lei le abbandona lì, inermi e solitarie, senza difesa. Vuol dire allora che, in fondo, son cose che non la riguardano, che non riguardano la sua “verità”, singor Barbieri. E non si offenda per una verità!
    ALSIG

  68. Caro Sigismodi, quando lei scrive che la Benedetti ha scelto il silenzio ma De Vivo e Virgilio l’hanno fatta parlare, mi rendo conto che non c’è possibilità di dialogo, che vuole che ci faccia. L’unica soluzione ormai è che lei mi spedisca a casa una katana per il seppuku rituale.

    ps ma quale pubblicità, lo dicevo a lei, ma chi vuole che ci sia della mia zona, che conosca questo sito, che legga questa finestra di commenti, che arrivi a leggere il settantesimo commento, che non abbia niente da fare, che abbia voglia di venire. Su, ma cosa pensa che io giri con i marchi pubblicitari ricamati sul maglione, e per guadagnarci cosa poi.

  69. Caro Sigismondi, ma perché uno dovrebbe continuare all’infinito a parlare della stessa cosa? Mi sembra si sia detto parecchio, tenendo conto anche del mezzo virtuale.
    Lei parla tutta la giornata sempre della stessa solfa? non credo.
    Argomenti ce ne sarebbero ancora ma non mi sembra vengano pensati, anzi si evita accuratamente di pronunziarsi con cognizione di causa su certi ragionamenti. Resta il fatto che si sia cmq detto abbastanza perché ognuno rifletta ed eventualmente approfondisca nel buio della sua ricerca in solitudine.
    Lasci decantare…
    e poi ci sono forse questioni più decisive, più vitali e urgenti, almeno questa è la mia scelta, e non esaurimento di argomenti

  70. Ehi, un momento!
    Sono all’estero a lavorare!
    Ho aperto solo oggi questo file di commenti e sono scoppiata a ridere.

    No, non ci posso credere! Tutta una pippa su Zibaldoni e me, sul fatto che ho mandato loro una LETTERA PRIVATA, sull’interpretazione da dare a questo gesto, se e’ stata scorrettezza o repressione, o addirittura ripudio degli allievi…!!!
    Ragazzi, ma vi da’ di volta il cervello?

    Volete sapere come e’ andata?

    Zibaldoni mi ha mandato una mail.
    E io ho risposto loro con una mail.
    Ecco com’e’ andata!

    Zibaldoni mi manda spesso delle mail, cioe’, nel loro linguaggio, delle lettere private. E io rispondo loro con una mail, cioe’ con una lettera privata.

    Comunque ringrazio molto Zibaldoni per aver pubblicato quella mia mail perche’ quel che c’e’ scritto in quelle tre righe e’ esattamente cio’ che penso delle cose che scrivono, dopo averle lette attentamente nel tempo.

    Ora lettori di N.I sapete come la penso davvero!
    E se volete vi dico anche di piu’. Penso che quei due si stiano facendo solo auto promozione, attaccando.

    E gia’ che ci sono li prego anche, pubblicamente, di non mandarmi piu’ le loro LETTERE PRIVATE SETTIMANALI!

    Un caro saluto a tutti e in particolare a Andrea

    Carla Benedetti

  71. Era facilmente immaginabile. L’ho scritto in data:Posted by luminamenti at 10.11.03 08:28
    L’articolo oltretutto era inconsistente, privo di argomenti, oltre che privo di sapere leopardiano. La loro Musa!

  72. Sono indignato. Come si permette, Benedetti, di definire “pippa” le discussioni che siamo andati facendo fino a oggi? Ma chi si crede di essere? Si vergogni! Se vuole smentire o diffamare Zibaldoni faccia pure, ma non definisca il dibattito pubblico una “pippa”, offendendo chi vi è intervenuto. Si vergogni due volte!
    Gustavo Paradiso

  73. Chi si crede di essere Carla Benedetti… ah ah! Carla Bendetti è una studiosa che insegna in Italia e negli Stati Uniti, ha pubblicato studi essenziali in Italia e all’estero (negli USA tra poco), è un’intellettuale militante contro cui è stata intentata una causa da due miliardi di vecchie lire per aver detto la verità sul potere dei mediatori culturali.

    Gustavo Paradiso è probabilmente (MOLTO probabilmente) il nomignolo di De Vivo e Virgilio, o di un loro zelante fiancheggiatore (MENO probabilmente) che gira per i siti d’Italia a fare pubblicità al sito degli zibaldoni: es.: “Visitate il sito leopardianamente più bello che si sia mai visto: http://www.zibaldoni.it. Saluti. Gustavo Paradiso”. Altri risultati sul suo nome, i motori di ricerca non ne danno, perché 1) se esiste, Gustavo Paradiso, che fa le lezioncine a Carla Bendetti, non ha dato ancora NULLA alla cultura italiana e internazionale, e quindi il suo ameno nomecognome non figura in rete; 2) i motori di ricerca non danno altri risultati perché Gustavo Paradiso non esiste.

    Carla Benedetti non ha affatto definito “una pippa ” TUTTO il dibattito sul pezzo degli Zibaldoni, bensì le illazioni gratuite sulla sua mail ai due intellettuali zibaldoniani e il suo conseguente silenzio dovuto alla concentrazione lavorativa (lo so che a qualcuno può sembrare strano, ma gli autori di libri, di narrativa o di critica, spesso si isolano a lavorare, a studiare, non stanno sempre dietro alle polemiche con i pupazzetti farlocchi e i nomignoli finti).

    Smettiamola di perdere tempo con questi cialtroni.

    Un’ultima cosa: chiedo scusa a tutti i lettori per aver dato spazio qui, a suo tempo, ai due intellettuali zibaldoniani, che d’ora in poi potrete seguire, se lo desiderate, nel loro ottimo sito. L’errore iniziale è stato mio. Mi sono sbagliato.

  74. Signora Benedetti, lei si dovrebbe vergognare di usare questi toni che
    diminuiscono la portata della discussione avvenuta nel vostro sito. Si
    dovrebbe vergognare di nascondere ai lettori di Naz. Ind. che, se una
    discussione seria è avvenuta, ciò deve essere riconosciuto anche come nostro
    merito. Si dovrebbe vergognare di dire menzogne, quando si ritrae come la
    donna più corteggiata del globo. Si dovrebbe vergognare quando dice di
    aprire le pagine di Naz. Ind. (della sua rivista) una volta al mese. Si
    dovrebbe vergognare quando sminuisce la nostra opera senza essere capace di
    articolare un solo pensiero critico. Si dovrebbe vergognare per i suoi
    lunghi silenzi, per la sua distrazione, per la sua incapacità di comprendere
    ciò che è profondamente diverso. Di molte altre cose lei dovrebbe
    vergognarsi, signora Benedetti, anche delle menzogne che ci attribuisce dicendo che le scriviamo una volta a settimana, etc. Ma tra tutte le cose, lei dovrebbe
    vergognarsi dinanzi agli occhi della comunità della sua malafede,
    poiché soltanto così può trovare spiegazione l’insignificante letterina che
    lei ha qui postato. Ora sì che lei è completamente delegittimata, e per
    opera sua, non certo nostra. E non può immaginare quanto ce ne dispiaccia; e
    non per la sua sorte, a cui la abbandoniamo volentieri, ma perché l’infelice
    conclusione di questa lunga discussione ci fa capire una cosa veramente
    sconsolante: l’impossibilità, oggi, di instaurare un vero dialogo
    comunitario. Non solo lo scrittore, ma anche il critico è un bloggers e come
    tale si comporta. Benedetti è l’altra faccia della medaglia rispetto a
    Scarpa. Noi farci pubblicità col suo nome? Avremmo preferito uccidere un
    uomo piuttosto che dover fare l’esperienza frustrante di rivolgere domande a
    chi non poteva darci una risposta. Anche di questo dovrebbe vergognarsi, signora Benedetti. Ma poiché il suo ruolo pubblico e il suo orgoglio privato le
    impediscono di avere ogni pudore, noi comprendiamo che ora l’unica cosa da
    fare è consegnare agli atti anche quest’ultima testimonianza di quanto sia
    difficile immaginare la comunità avvenire, perché altri possano trarne
    esempio e – se errori sono stati fatti – trarne giovamento.
    Esaudiremo il desiderio di cancellare la sua e-mail dalla mailing list di
    “Zibaldoni e altre meraviglie”.
    Addio
    Enrico De Vivo – Gianluca Virgilio
    http://www.zibaldoni.it

    PS: “Consegnare agli atti” = Registrare nella ricostruzione del dibattito sul nostro sito, nella pagina COL COLTELLO, anche quest’altro suo intervento.

  75. Provo veramente, veramente vergogna per De Vivo e Virgilio. Quel senso di pudore violato che si ha quando un commensale rutta a tavola, quando un cantante prende una stecca dietro l’altra, quando uno studente fa scena muta a un esame. Quando si sente nitida l’inopportunità; in questo caso, gioca anche la sproporzione tra gli interlocutori. Non avrei questo sentimento di vergogna per loro se non sapessi che Scarpa e Benedetti leggono quanto scrivono. Scarpa e Benedetti, forse non giganti, sicuramente grandi, De Vivo e Virgilio, non sulle spalle, di sicuro nani.

  76. Scarpa un gigante? Poggiato sulla spazzatura della sua letteratura, forse sì, è un gigante, ma perché il cumulo è davvero alto, caro passante troppo finto e partigiano per essere sincero. Qui invece siamo all’insulto puro: pippe, cialtroni e farlocchi volano a tutto spiano, con buona pace del self control e dell’educazione.
    E non voglio nemmeno annoverare l’IO NON SA CHI SONO IO!, o meglio: LEI NON SA CHI E’ LEI! Ma chi è lei? Ma chi siete voi? Che libri ‘essenziali’ avete scritto? Quanto vi ritenete fondamentali? Volete fare scandalo, ma fate solo ridere con la vostra boria da ignoranti e la vostra letteratura spazzatura. E questa sta in America, e quell’altro si isola, e questo qui si innalza… E quest’altra scrive addirittura libri anche in America “fra poco”: e che sarà mai, l’ottava meraviglia del mondo? Ma scendete un po’ giù, nel mondo, tra i mortali, a vedere cosa fa la gente normale, e soprattutto come si comporta. Esattamente all’opposto di come vi comportate voi: e cioè con dignità e rispetto degli altri, soprattutto di chi parla in pubblico e non è giusto che venga definito “pipparolo”. E la Bendetti si riferiva proprio a tutta la discussione, non solo a quelle che il suo avvocaticchio Scarpa chiama “le illazioni” tentando inutilmente di difendere una dichiarazione meschina. Mi associo quindi al VERGOGNATEVI per Scarpa e Benedetti.

  77. Beh, mi pare che la situazione ormai sia chiarissima. Sono contento che la cosa si sia risolta, non solo per la Benedetti (ricambio i saluti) ma anche per gli altri insultati di NI, e soprattutto il primo, Raul Montanari, che ha capito che aria tirava con gli Zibaldoni da subito. Va bene, ora si va avanti con le altre cose, che io con NI, come avevo già detto rubandola a Morozzi, godo come un maiale tra le ghiande. Poi chissà, questa piccola comunità che si è formata potrebbe ritrovarsi in carne e ossa magari a Milano o in un’aula dell’Università di Pisa…

    E detto sottovoce, per i passanti casuali, se andate in libreria comprate pure qualsiasi libro delle persone che NI ospita, da Scarpa a Krauspenhaar, con tutti quelli che ci stanno in mezzo (anche Piramidi di Elio Paoloni), sono libri belli. So che “bello” è una parola del cacchio, ma se poi li leggete trovate un sacco di significati da dargli, il primo è che sono libri “vivi”. Buone scoperte.

  78. Carissimo Passante, la vera sproporzione è tra la miseria e meschinità di chi si crede grande perché stampa libri e sta in America (Benedetti e compari) e la rettitudine incommensurabile di chi, come De Vivo e Virgilio, pur essendo piccolo e senza poteri alle spalle, sa di essere moralmente ineccepibile e di costituire un esempio per tutti.
    A.

  79. Ragazzi, prendeteVi una pausa e ascoltate questo brano musicale:
    Chet Baker – I Fall In Love Too Easily.
    Questa musica rilassa non poco.
    Un beso a tutti Voi, buoni, brutti, belli e cattivi.
    :) un sorriso non guasta.

  80. Accetto volentieri il caffè e Chet, lo metto su e mi rilasso, quindi penso meglio. Continuo a pensare, però, e quello che mi viene in mente è che tutta questa storia puzza di bruciato da mille miglia. Puzza la posiizione ambigua della Benedetti, puzza la difesa d’ufficio di Scarpa dell’infamia che la Benedetti lancia su tutti i lettori e commentatori del suo sito, puzza Barbieri che non perde occasione per parlare contro e seminare zizzania, puzza un po’ anche la posizione di Paradiso, che è una delle rare persone equilibrate intervenute fino a oggi e mi rammarica molto non poterlo ancora sentire. Io non so chi sia Paradiso: secondo me è vero che è proprio Scarpa a nascondersi dietro questo nome, e così ad avere facile gioco nel denigrare i suoi detrattori. Ma non mi interessa. Io fin qui ho apprezzato Paradiso per i suoi discorsi, non per la sua carta d’identità. Chiunque egli sia, quindi, si faccia vivo e ci dica come stanno realmente le cose, lui che sa e può, in questo deserto ormai troppo penoso. Il pezzo è finito. Ora metto su Miles Davis, Tutu, per riprendere carica. Un abbraccio a tutti.

  81. Adesso siamo all’agiografia, alla beatificazione, al delirio: “la Benedetti ha scritto questo e quell’altro, studia in America, è una martire della cultura…”. E io che vivo a Campobasso e scrivo racconti, isolata più di diecimila Scarpa nelle foreste di Nottingham, io che studio a Napoli, io che subisco le angherie dei baroni sulla mia nuda pelle, chi sono? Nessuno – solo perché non mi chiamo BENEDETTI? Ma perché non abbassate un po’ il livello della vostra presunzione, invece di blaterare uno in difesa dell’altro, in un cerchio che ormai vi sta strangolando? Carla Benedetti è venuta qui dentro a regolare i suoi affari personali e ha definito una “pippa” TUTTO quello che diciamo: i distinguo di Scarpa sono i distinguo di Scarpa, non della Benedetti, che se pensa davvero quello che ha detto Scarpa, e quindi vuol rettificare la sua dichiarazione rabbiosa, venga qui a dirlo di persona, non mandi avanti il suo segretario. Anna.

  82. Io vorrei capire dalle non-argomentazioni del signor Scarpa, perché mai chi interviene in NI non avrebbe il diritto di sollevare dubbi sul comportamento della signora Benedetti. Perché ha scritto libri e studia in America? Perché è una intellettuale militante? Forse che nella cultura – come in qualsiasi campo – vale la regola dell’Autorità Onorevole, secondo la quale, una volta acquisita una fama, si acquista automaticamente una immunità, e quindi ci si può permettere di tutto, anche di calpestare i più comuni principi di rispetto e convivenza civile? In pratica, perché ha un “nome”, perché ha dato (pomposamente) un contributo alla “cultura internazionale”, la Benedetti dovrebbe essere inattaccabile e potrebbe permettersi quello che gli pare e piace? Ma – dico – siete diventati tutti matti? Berlusconi vi ha forse dato alla testa? Non vi accorgete di commettere gli stessi errori etici di chi vi affrettate a denunciare spesso e volentieri, ossia di chi, come fa Scarpa, sono ormai anni che va in giro a dire che giudici, politici e uomini di cultura che lo criticano sono “persone da niente” in confronto alla sua Autorità Onorevole, al suo essere Presidente, Imprenditore e quant’altro?
    Salvatore De Riso

  83. ATTENZIONE: QUESTURINI IN AZIONE!

    A Scarpa vorrei dire che nemmeno io credo alla sua esistenza, pur avendola riscontrata nel Web e in diversi libercoli che girano a suo nome in libreria. Ma non ho fatto, per la verità, indagini approfondite, perché mi ripugnano gli atteggiamenti questurineschi e fascistoidi. A proposito, tutti coloro che intervengono e interverranno in Nazione Indiana sono avvertiti: il questurino Scarpa indaga e, se non gli vai bene, dice che non esisti o che ti spacci sotto falso nome. Mi verrebbe tanto la voglia di dargli il mio indirizzo perché mi venisse a trovare. Ma il fatto è che sono così indisposto nei suoi confronti, che non risponderei delle mie azioni. Perciò è meglio evitare. Del resto perché scendere al suo livello?
    In ogni caso, non mi nascondo dietro un dito: tutti i lettori di Nazione Indiana sanno che io simpatizzo molto con gli zibaldoni, a cui proprio di recente mi sono permesso anche di dare dei consigli. Quando posso, faccio loro pubblicità. Certo non la farò mai a questo scarpino che ora mi sta veramente troppo stretto e che d’ora in avanti ho tutta l’intenzione di non calzare più.
    Se permettete, a voi zibaldoni darei questa volta un suggerimento brevissimo: rispondete pure a Scarpa in questo modo: “Cialtrone sarà lei”, senza altro argomentare, perché la sua e-mail si commenta da sola.
    Distinti saluti a tutti, da
    Gustavo Paradiso

  84. Gustavo Paradiso, Mi siedo, tazza di caffe’, Verecondo. Bello, sembra il bar di Guerre stellari, quello pieno di strambi personaggi ognuno con la sua morfologia e la sua lingua così diverse, l’incontro di pianeti lontanissimi. Bello davvero. E poi la psicologia di ognuno, perfetta, giocata sull’assurdo: le rimostranze, le accuse, lo scarpino che non calzerò più, i vergognatevi, e la stoccata magistrale di Anna d’Antonio:

    “la Benedetti ha scritto questo e quell’altro, studia in America, è una martire della cultura…e io che vivo a Campobasso e scrivo racconti, isolata… io che studio a Napoli, io che subisco le angherie dei baroni sulla mia nuda pelle, chi sono? Nessuno – solo perché non mi chiamo BENEDETTI?”

    come se i libri non li scrivesse proprio per farla finita con i baroni e con le tue umiliazioni.
    Dai ragazzi tirate giù la maschera, siete un notevolissimo progetto situazionista, siete i Vu-ming mascherati, ora si è capito. E noi, stupidi, lì a criticare.

  85. Il barbiere afferma, scusami se ti do del tu:
    “il bar di Guerre stellari, quello pieno di strambi personaggi ognuno con la sua morfologia e la sua lingua così diverse, l’incontro di pianeti lontanissimi.”
    Caro barbiere non hai mica anche tu detto cose che potrebbero farti partecipe in questa setta da bar?

    Che musica metto? I PainKiller?

    Anna, Georg e il figlioletto Schorschi arrivano nella loro casa estiva, in riva al lago. Il piccolo idillio familiare viene interrotto da Paul e Peter, due “gentili” sconosciuti che riescono a introdursi in casa. Solo pochi minuti dopo Georg si sta già contorcendo dal dolore sul pavimento, Anna scoppia in una crisi di pianto e Schorschi si getta, sconvolto, fra le braccia della madre. Iniziata in modo improvviso e gratuito, la violenza viene portata inesorabilmente e sadicamente avanti dai due giovani, che arrivano a proporre alla famiglia una tragica scommessa: nessuno di loro sopravviverà alle successive dodici ore…

  86. Ah, il barbiere è esilarante: adesso la Benedetti addirittura scrive i suoi libri per liberare le masse oppresse degli studenti dai baroni: per “farla finita con le tue umiliazioni…” !!! Gente, questi di NI non sono questurini! Questi sono dei Messia!!!

  87. Gli ultimi post sono troppo divertenti…colpi di sciabola, fioretto, tiro con l’arco, fionda.
    Quando vi date una pausa, come ha detto Tiziano, tornare a SCRIVERE!

  88. Luminamenti, un altro portaborse del segretario, a me ben noto, purtroppo: al secolo, Emanuele Giordano, plurifallito del web e della letteratura, chiacchierone e guastatore, nonché megalomane. La pausa dovrebbe darla Scarpa alla sua mente bacata prima di mettersi a SCRIVERE. Siete di uno squallore unico. La “militanza” non si vede dai libri che si scrivono o dall’università prestigiosa che si frequenta, ma dalla capacità di ‘sporcarsi’ con il mondo, di ‘ferirsi’ per rinascere; non dalla tendenza a fare la ‘vittima’ piagnona, ma dal coraggio a mettere in gioco i propri comportamenti, la propria etica. Voi siete solo dei burattini scassati. A.

  89. m’inserisco nella gazzarra: tazzina di caffè, volevo sapere dove sono rimasti spaghetti, pollo e la simpaticissima insalatina. A detroit, per caso?
    ragazzi, lo volete un consiglio? fatevi un goccio e non pensateci troppo.
    e… fate l’amore e non la guerra!!!

  90. tutta questa patetica tenzone che è scaturita da una patetica provocazione di 2 intellettuali esterni a ni fa veramente pensare:e danno la stura all’intervento di un lettore recente ma attento:
    1 il web non è la soluzione per una comunicazione civile. nalle migliore delle ipotesi, è un mezzo per COMUNICARE IN MODO FALSATO. si cerca di comumicare, MA MANCA, ahimè, IL LINGUAGGIO DEL CORPO.

    2 da qui passo a ciò che il web non potrà mai essere, cioè un vero luogo d’incontro, una comunità avvenire, come dicono i due patetici. almeno non con queste modalità. il blog, emanazione spontanea (?) del web,è un agora di ciechi. nessuno vede l’altro. nessuno si sente. PERO’ CI SI IMMAGINA.

    3 da qui si arriva spesso a uno scontro “sottinteso”. non vissuto realmente, ma solo percepito come tale. le botte sono virtuali, le carezze idem. il mal di stomaco è reale.

    4 ni è un blog serio. proprio perchè è collettivo, ma ovviamente non solo per questo. certi blog di scrittori, invece, sono solo delle vetrine di autopromozione sfacciata, come quello di giuseppe genna: interessante ma sfacciatamente autopromozionale. Di sè e dei suoi amici, colleghi, sodali. il blog di genna è una specie di salotto telematico ikea, e questo valente scrittore è un esempio di giovane trombone telematico. enzino siciliano al computer. nulla cambia nonostante tutto.

    5 ni tenta qualcosa di molto più importante. mette insieme un gruppo di intellettuali e artisti che propongono pezzi a volte stimolanti, a volte oscenamente noiosi, a volte persino divertenti. c’è una ricerca, c’è un flusso d’idee. montanari e scarpa in questo attivismo si dimostrano i più brillanti. voltolini è un battitore libero di razza. e la benedetti? il suo atteggiamento è quello dell’intellettuale sprezzante. in questo i due degli zibaldoni hanno ragione: non si può guardare la propria rivista una volta al mese. la benedetti non si concede, se non, quasi sempre, per creare disordine. è forse un caso che il casino vero e proprio in questa finestra sia ricominciato dopo il suo intervento “chiarificatore” e, manco a dirlo, sprezzante? e moresco dove lo mettiamo? lui mi pare una specie di santone. manda messaggi da lontano. lisbona, la russia… “cari amici vicini e lontani”. ed è un vero peccato che un autore della sua portata faccia sparate come quella che fece su simenon. anzi, è imperdonabile. voi non discutete pasolini? avete ragione. ma non dicutete, allo stesso modo, simenon. non discutete un cazzo di ciò che sapete per modo di dire. prima di scrivere mezza riga su simenon, leggete TUTTO. io l’ho fatto, per esempio.ma non ne discuto lo stesso. per pudore.e per altro ancora che per pudore non rivelo.

    6 ni è fatta di personaggi di grande valore e di qualche leader carismatico. a volte i leader sembrano quelli che meno intervengono. niente di nuovo. ma i veri leader sono quelli CHE FANNO. i veri leader sono tutti quanti. è l’anarchia. va bene. ci sono bloggers che a volte sono più brillanti dei redattori che li inducono. ci sono bloggers che farebbero più figura a fare gli hooligans di una squadra di calcio scozzese di terza divisione ( e qui sopra abbiamo esempi a non finire).

    concludo questa semplice analisi senza alcuna proposta, anche perchè non ne ho proprio. sono un lettore, non sono un blogger (a parte ora), non sono un hooligan, sono uno psicologo.
    zibaldoni e altre meraviglie è una fregatura, dimenticavo di dire questo. o diventano un blog collettivo come ni e si espongono ai commenti dei bloggers, o trovino un pool editoriale pronto a farli uscire nelle migliori edicole della nostra nazione italiana.
    cordiali saluti,

  91. Gentile Anna D’Antonio,
    lei afferma di studiare a Napoli, e di subire le angherie dei baroni, quindi si riferisce a un’università. Ne deduco che lei è giovane. Quanto meno, è una studentessa, quindi è ragionevole pensare che lei abbia meno di trent’anni (a meno che Lei non sia una dottoranda fra i trenta e i quarant’anni). Carla Benedetti è una studiosa con un percorso pluridecennale alle spalle. Penso di poterlo dire pubblicamente senza violare il galateo, perché Carla Benedetti stessa ha messo la sua data di nascita nelle quarte di copertina dei suoi libri (è un’eccezione, qui in Italia, mentre per esempio è prassi normalissima per tutte le autrici tedesche).

    Lei, Anna D’Antonio, avrà sicuramente tempo e modo di dare alla comunità culturale italiana e internazionale bellissimi racconti e ottimi studi. Ma nel frattempo, mi piacerebbe che Lei apprezzasse anche gli studi e le acquisizioni culturali di chi, probabilmente, ha qualche anno più di Lei. Senza interpretare questo riconoscimento positivo come una squalifica della Sua persona.

    Non mi è chiaro perché mai riconoscere il valore di un contributo offerto da qualcuno dovrebbe essere, automaticamente, spregiativo nei confronti del resto del mondo. Se dico che Aldo Busi è un grande scrittore, sto forse dicendo che Antonio Tabucchi è meno bravo, o che Incognito Inedito è un analfabeta? Che modo di ragionare è?

    Se qualcuno ha fatto qualcosa di buono a Pisa e New York, perché mai ciò dovrebbe significare che chi sta a Campobasso e a Napoli non vale nulla? Chi ha mai detto questo? Ho soltanto risposto alla domanda del farlocco nomignolo GusPar, che chiedeva “chi è Carla Benedetti”?

    I baroni che si accaniscono sulla Sua “pelle nuda” hanno mai trascinato Lei, Anna D’Antonio, in tribunale chiedendole un risarcimento di un milione di euro per essersi presa la libertà di dire le cose come stanno? A Carla Benedetti è successo proprio questo.

    Lo chiama isolamento, presunzione, questo? Non è sufficiente come “ferita”, non è ancora lo “sporcarsi con il mondo” che Lei auspica?

    (Concedetemi una divagazione. Guardate, a me le offese non fanno nulla, sono abituato a ricevere stroncature e attacchi scorretti sin dai primissimi libri che ho pubblicato: è una disciplina spirituale che tempra, vedersi giudicato come un incapace totale varie volte l’anno, senza possibilità di replica. Non c’è problema. Grazie per la mente bacata, la spazzatura, le originalissime variazioni letterali e metaforiche sul mio cognome e tutto il resto. Non c’è problema, davvero.)

    Pace e bene
    Un caro saluto a tutti

  92. Gentile G. Carotenuto,
    la ringrazio delle Sue riflessioni. Mi permetta una precisazione: i reportage di viaggio di Antonio Moresco compaiono quasi tutti nella sezione del sito che si chiama “carte”.

    Certo, può sembrare una divisione debole (e poco evidenziata graficamente), quella delle sezioni, ma un senso ce l’ha.

    In “carte” noi pubblichiamo articoli o testi già usciti altrove, su carta, oppure interventi letti a convegni. Ci sembra bello mettere a disposizione dei lettori cose uscite in riviste magari difficilmente reperibili. E quando dico lettori, ci metto anche noi che Nazione Indiana la facciamo: voglio dire che, per esempio, io ho piacere di leggere qui le cose che Dario Voltolini scrive per i giornali, che magari mi perderei, perché non posso star sempre dietro a tutto quello che esce in edicola. Lo spirito della sezione “carte” è questo. Non mi sembra congruo interpretare ciò come un atteggiamento generale di un autore nei confronti della rete, del sito, ecc. Antonio Moresco pubblica ANCHE qui i suoi reportage usciti su “Fernandel”, rivista diffusa nelle librerie Feltrinelli italiane, e quindi difficilmente reperibile nei piccoli centri. Non vedo in che senso questo possa essere interpretato come fare il “santone” da lontano. Trattasi di reportage “rilanciati” qui, messi a disposizione (per coloro ai quali interessano) anche in rete oltre che su carta.

  93. Gentile Anna D’Antonio,
    ma ha problemi?
    mi dispiace. Il livore fa male solo a se stessi. Spero, sinceramente, guarisca. Nessuna ironia, mi spiace sempre il degrado della mente a quelle squallide frasi che ha scritto (su di me e su chiunque altro non è poi così importante, più importante per il suo benessere)che non necessitano di alcuna considerazione se non quella che ho poc’anzi detto qui.

  94. Il Signor Carotenuto, ulteriore elemento della schiera dei non-lettori, non si accorge, ahilui, di ribadire le stesse cose che sostengono De Vivo e Virgilio. O forse se ne accorge, ma gli interessa, anche a lui, semplicemente fare gazzarra. Il ‘corpo’ (anima/materia) che non funziona, caro Carotenuto, è innanzitutto il suo. Si rilegga gli interventi di ZIBALDONI, faccia qualche riflessione, e si accorgerà che la critica al web parte proprio da loro, non da Scarpa, che invece è un esaltatore, in puro stile postmodernista, del casino da bloggers. Ma ormai, sperare che la ragione illumini questo luogo è roba da folli.

  95. gentile scarpa, quando io l’ho idealmente messa sullo scaffale dei più brillanti assieme a montanari non ho scritto certamente così per gioco. ha ragione, caro scarpa, non è congruo ciò che ho scritto su moresco. ma è comunque, me lo conceda,una microanalisi di un atteggiamento. è il suo modo (di moresco) di rivolgersi al lettore che è antico, non accattivante,ecc. tutto questo porterebbe a un discorso sulla comunicazione troppo complesso per l’occasione. anche in ni, come in altri siti, blog, ecc. le carte, a volte sono confuse. nel vs caso non ad arte. però la vs è una scelta editoriale che diventa comunicazione di distacco. i termini sono elitari: vasocomunicanti, mosse, carte. questo fa a pugni con il vs sforzo (cioè suo e di pochi altri, devo ripeterlo) di dialogare con i lettori, ciascuno di voi a modo suo e per le sue motivazioni. c’è anche autopromozione, ma ANCHE, non SOLTANTO, come altrove, in altri blog. quella divisione in sezioni, gentile scarpa. E’ DEBOLE, E’poco evidenziata graficamente. avevo capito che in “carte” vi sono i vs reportages ecc. e quello che lei dice su questo io lo approvo e me ne compiaccio. ma vi manca un vero esperto di comunicazione. rendete DAVVERO chiara la homepage, non potrete che guadagnarci. il nome nazione indiana è splendido.
    con i miei saluti più cordiali.

    gentile sigismondi,
    non ho MAI scritto quello che lei dice. ho capito benissimo chi ha cominciato il duello rusticano a colpi di invettive telematiche. io NON VOGLIO fare gazzarra, caro amico. si rilegga l’intervento di scarpa a seguito del mio intervento e si rilegga ora quello che mi ha scritto lei: scarpa precisa una cosa abbastanza importante in salvataggio del collega moresco che evidentemente stima, e lei mi provoca alla gazzarra attestando una mia simpatia per de vivo e virgilio che io non ho MAI espresso. ho solo scritto che i due degli zibaldoni hanno ragione solo su un punto: sulla benedetti.
    notata la differenza, gentile amico?
    è anche chiaro che se zibaldoni critica il web da un sito web creato da loro, ciò può apparire, perlomeno a uno psicoterapeuta, perlomeno degno di “approfondimento” in specie sub clinica. se io gerardo carotenuto critico il web da osservatore esterno e studioso ( e anche da utente, ovviamente) questo, caro amico, è un altro bel paio di maniche.

    cordiali saluti

  96. Per quanto riguarda il mio essere ricercatrice (non studentessa), e il mio presunto complesso d’inferiorità, dico a Scarpa che io non ho complessi d’inferiorità ma solo di disgusto per le persone che mettono davanti agli argomenti i loro: “Lei non sa chi sono io” o “lei non sa chi è quella”. Perché la puoi girare e rigirare come vuoi, caro fratello Scarpa, ma è questo il senso delle tue parole: tu, per difendere la Benedetti, dici che noi non sappiamo che libri ha scritto etc. Ma che c’entra che libri ha scritto, se adesso si comporta male? Perché non riconoscere questo, punto e basta? Poi i suoi libri chi se li vuol leggere, se li legga e magari provi ad apprezzarli. Ma qui, che c’entrano? Perché, invece di affrontare gli argomenti, vi attaccate sempre alle questioni di autorità? Ci faccia caso, anche nel suo ultimo post, lei, Scarpa, si mette a parlare della donna che mette la sua data di nascita in copertina: ma come le salta in mente, che cosa c’entra con il tema in discussione? “Ma lei non sa chi è lei…!!!” – “Ma mi faccia il piacere…”.
    A Carotenuto io direi che non è tanto il tono sprezzante che mi stupisce della Benedetti, ma il suo improvviso cambiamento, il suo alterarsi senza argomentare, del tutto sorprendente per chi invece dovrebbe padroneggiare i discorsi con abilità e quindi non aver paura di esprimere le proprie idee.
    Su Lumina stenderei il pietoso velo della commiserazione, che forse al suo falso spirito chiesastico può far bene.
    ANNA

    POSTSCR: Poiché, caro Scarpa, dici anche che non hai problemi per le offese che ti vengono rivolte, ti pregherei di non dimenticare, quando ne fai il riepilogo, la più importante e grave, che ti è stata fatta qui dentro: “QUESTURINO”. Te lo ricordo, così, perché se ne fai la collezione può tornarti utile.

  97. Uno psicoterapeuta, secondo me, ce l’ha mandato qualcuno dell’ASL qui dentro, perché, come dicevo, il lume della ragione scarseggia ormai fortemente. Allora io ne vorrei approfittare, se permettete. Un po’ per farmi dare qualche spiegazione, ma un po’ anche per fare l’analisi ai suoi discorsi.
    Allora, mio carissimo Carotenuto. Lei dice che si stupisce che una rivista web critichi il web. Perché se ne stupisce, però, io non capisco proprio. Lei per caso si stupisce del fatto che tanti scrittori, anche qui dentro, criticano il sistema editoriale che essi stessi utilizzano per pubblicare libri? Se ne stupisce? Io credo di no, e così non me ne stupisco io. Giacché mi sembra normalissimo esercitare la critica su ciò che si usa, sulla tecnica cioè. Sa perché mi sembra normalissimo? Perché altrimenti si finisce per essere usati dalla tecnica (e dai suoi missionari economici), non la si usa. E non solo: se non si critica, non si migliora nemmeno il mezzo che si usa, non si danno apporti propositivi, ma si subisce solo lo status quo. Lei ci ha pensato a questo, caro Carotenuto? Perciò le consigliavo di leggere meglio gli scritti di De Vivo e Virgilio, che su tali punti sono chiarissimi e illuminanti. Lei dice di essere lettore attento, ma ho qualche dubbio.
    Passiamo ad altro. Lei dice, nel suo primo post, che il web non potrà mai essere un luogo di “vero” incontro. Questo è lapalissiano, mi permetta Carotenuto. Però a me pare che De Vivo e Virgilio non parlassero di incontri amorosi o corporali o di altra simile natura, ma alludessero a incontri di idee. E le idee, da che mondo è mondo, si incontrano “virtualmente”, lei lo sa, caro Carotenuto? “Virtualmente” nel senso che stanno scritte nei libri e non c’è bisogno del “corpo” per trasmetterle. Anzi, questa è la loro forza: le idee non si mangiano (ricorda Gaber?). Può, questa loro “virtualità”, essere anche la loro debolezza. Ma è la loro principale caratteristica. E allora, mi chiedo: cosa c’entrano tutti i pur giusti rilievi che lei fa a proposito della “comunicazione falsata” dall’assenza del CORPO. La “comunicazione” cui si riferivano De Vivo e compagni io credo si riferisca piuttosto a un campo concettuale inerente a Bataille e alla filosofia: ‘comunicare’ nel senso di andare oltre il mondo presente, oltre se stessi. Lei forse per deformazione professionale, non percepisce queste differenze, che invece sono fondamentali. Qui, caro Carotenuto, non si parla di “comunicazione virtuale” o di “comunicazione di corpi”; ma di “letteratura”. Non so se mi spiego. Anche per questo, il suo ultimo richiamo a http://www.zibaldoni.it a trasformarsi in un blog mi sembra davvero patetico, assolutamente sballato. Quella è una rivista letteraria, perché dovrebbe farsi blog? Perché tutti fanno così? Perché così si acchiappano più lettori? Ma io non credo che sia da porre in questi termini la faccenda. Carotenuto carissimo, il problema è riconoscere le diversità, anche perché, per fortuna, non siamo ancora diventati tutti dei bloggers.
    Lei definisce, infine, anche tutta questa tenzone “patetica”, ma a me pare che in tanto patetismo ci sia stata e ci sia molta gente – diversissima – che, nel bene e nel male, sta tentando di capirci qualcosa, e forse solo per questo andrebbe rispettata. Non mi faccia lo sprezzante anche lei (ma chi disprezza vuol comprare!), altrimenti finisce negli stessi errori della sdegnosetta Benedetti, che ha definito “pippa” quello che noi ci stiamo dicendo. Probabilmente, anzi quasi sicuramente son tutte “pippe” quelle che ci diciamo, noi e la Benedetti e tutti quanti, ma il fatto di stare qui, noi e le nostre idee, caro Carotenuto, non è poco. Non crede?
    Saluti da AS

  98. Gentile Anna D’Antonio,
    bene, allora chiunque fa una ricerca su “google” perché è curioso di conoscere l’interlocutore con cui sta dialogando da mesi è un “questurino”? Il desiderio umano di figurarsi il proprio interlocutore è poliziesco? Ho forse assoldato un investigatore?

    Ho digitato un nome e cognome su un motore di ricerca pubblico… Se questo è essere “questurini”, be’… E’ l’ennesima (e per me ULTIMA) dimostrazione che c’è cattiva fede, animi inveleniti, pregiudizio.

    Non perderò più tempo con gente che mi dà del “questurino” per una ricerca su “google”. E’ un gioco dialettico (pseudodialettico) truccato. Qualsiasi cosa si faccia, viene ritorta in peggio con un’iperbole manifestamente infondata.

    Aprire un blog non costa nulla, cari commentatori dall’offesa facile. Mettete in rete le vostre considerazioni, i vostri saqggi, le vostre idee sul mondo, le vostre poesie, i vostri racconti, i vostri aforismi. Li leggeremo con attenzione, come già facciamo, e forse li commenteremo a nostra volta (anche se non lasceremo offese neiu vostri siti).

    La mia impressione è che a volte qui venga ingigantito all’estremo peggiore senza carità umana qualsiasi gesto si faccia. E proprio dalle persone che si appellano al dolore, alla sofferenza, al rispetto umano…

    Le informazioni che ho dato su Carla Benedetti erano una risposta a una domanda. Rispondevo a una domanda che era stata fatta: “chi si crede di essere Carla Benedetti?”.

    Lei, Anna d’Antonio, che si appella al rispetto per le ferite umane, è la stessa che mi ha dato della mente bacata, e che tanto per dimostrarsi ancora più umana mi ricorda che sono anche un “questurino”. La sua violenza verbale, la sua mancanza di rispetto per gli interlocutori è inaudita.

    Se io L’avessi apostrofata con un aggettivo appena appena sardonico, non credo che Lei sarebbe qui a discutere tranquillamente con me. Griderebbe all’abominio e me lo rinfaccerebbe per mesi, nella finestra dei commenti…

    Ora, come Le ho già detto, nel mio caso non c’è problema. Ma La invito a riflettere su questa dissimmetria, sulla libertà che Lei si prende nel discutere con gli altri. A Lei è concessa qualsiasi offesa…

    Ieri ho finito di scrivere un libro e sono molto felice. Stappo una bottiglia con tutti voi lettori di Nazione Indiana in nome dell’arte e della gioia e del trauma di essere vivi

    Ciao!

  99. Sempre più divertente Anna D’Antonio! Che la scrittura possa anche essere travaso di bile?
    Un pieno di prove, verità, argomenti, fini ragionamenti, preveggenza sulla altrui natura umana, valori di giudizio, fine scrittura del niente, smorfia della scrittura. Mi copio tutto, per un personaggio da romanzo. Grazie.

  100. caro sigismondi, credo di averla indotta ad alzare il tono della ns “conversazione”, e questo suo ultimo intervento lo comprova. è un notevole passo avanti. naturalmente lei continua ad essere sarcastico con me fin dall’attacco del suo pezzo, ma almeno, ora, si impegna in un discorso articolato. le sia chiara una cosa: non sono qui per distruggere, ma per capire e dare un contributo.

    1 io non mi stupisco di nulla o quasi, sigismondi. io ho scritto, più o meno:”è degno di approfondimento clinico il comportamento di zibaldoni”. vale a dire: criticano loro stessi, se ci pensa bene, ma SENZA ACCORGERSENE. niente a che fare con la sana autocritica, le pare?

    2 la prego di non fare confusione tra sistema editoriale e web. non mi stupisco, anche, delle critiche al sistema. in questo la condivido e la approvo. sono però perplesso, me lo concederà, sulla possibilità che il sistema editoriale possa essere cambiato dai vs sforzi lodevoli sotto ogni punto di vista – con qualche a parte riguardo a certi comportamenti. parliamo, mi pare, di un sistema editoriale figlio legittimo di un sistema paese duro a morire. potrei andare avanti, ma non ho certezze (come le ha lei, o forse le sue sono belle speranze?)sull’argomento.

    3 de vivo e virgilio subiscono lo status quo A PRIORI, a mio modo di vedere, nel momento in cui rinunciano per statuto a un confronto con il pubblico, come è invece prerogativa di ni. questo non vuol dire che anche ni non subisca – lei me lo chiarisce- ma almeno tenta una reazione, e ciò è ottima cosa.

    4 sigismondi, so bene che le idee si incontrano virtualmente ma, soprattutto, tramite RELAZIONI UMANE COMPIUTE. l’obiettivo di un blog come questo dovrebbe essere a mio avviso l’incontro di idee che però dovrebbero sfociare nell’incontro tra persone. questo DOVREBBE ESSERE INEVITABILE.
    le idee sono scritte nei libri ma anche negli sguardi, negli atteggiamenti, nel corpo, al fondo nelle pulsioni. dietro a una scrittura esiste uno scrittore. in uno scrittore esiste un essere umano. le idee non si mangiano, caro sigismondi, le idee purtroppo tendono ad essere CONSUMATE. ci rifletta sopra anche lei, su questo. e si consumano anche qui, almeno in parte.

    5 è vero, io sono certamente “vittima” di deformazione professionale. vede, a parte che ciò è inevitabile, ma io ho a che fare, nella mia pratica medica, con persone tra le più diverse. non le rivelo nulla di strano, certo. ognuna di queste persone scrive una storia, la propria, per guarire dalla malattia dell’anima. io sono sommerso di letteratura orale, amico mio.
    ma cos’è la letteratura vera e propria? me lo spieghi lei, che è del ramo. io le dico cosa penso ora: è espressione umana in un contesto di artisticità. è il tentativo di andare oltre sè stessi scavando in sè stessi e nel dolore del mondo.

    6 lei mi accusa di essere patetico riguardo a zibaldoni. in questo caso lei è maschino nel rivoltare la questione. “perchè così si acchiappano più lettori ecc.” lei è intellettualmente disonesto con me, su questo punto, E LO SA. io so riconoscere le diversità. le riconosco TUTTI I GIORNI NELLA MIA PRATICA CLINICA. sto parlando, caro amico, di gente che soffre veramente. sto parlando di ciò che è anche la letteratura e l’arte in genere. anche espressione di sofferenza. superamento della stessa. l’arte si nutre della nevrosi,conoscerà certamente le storie concernenti freud e i suoi pazienti artisti, per fare un esempio.

    7 mi riferivo al patetismo della tenzone, caro amico, con un senso di compassione. lo sa lei cosa è la compassione? o ne conosce soltanto il significato etimologico? se io a parere suo faccio lo sprezzante, lei risponde con un carico da 11, se ne rende conto? non disprezzo nessuno qui, e sempre qui, non compro nulla, cerco di capire. vede, io non ho usato la definizione di “pippa” alla NOSTRA discussione e poi ho chiuso i battenti godendomi lo spettacolo o soltanto attendendo ai miei studi in attesa di ritornare tra un mese circa. io sto qui a risponderle dopo una giornata di duro lavoro per venirle incontro nonostante il suo tono non certo amichevole, e certe sue scorrettezze concettuali dietro alle quali, però, ne sono certo, si nasconde un intellettuale di vaglia. è proprio per questo, caro sigismondi, che non tollero il suo tono e certe sue affermazioni perlomeno azzardate. la nota la differenza sostanziale tra l’approccio di chi scrive “pippa” e passa e chiude e di chi si confronta? spero per lei di si.
    cordiali saluti

  101. Qualora a qualche distratto lettore sfugga, metto qui di seguito il post di Scarpa per il quale, sacrosantamente, Paradiso l’ha definito “questurino fascistoide”. Lo metto al fine di rendere chiare ancor di più le menzogne che Scarpa va seminando a piè sospinto:
    “Gustavo Paradiso è probabilmente (MOLTO probabilmente) il nomignolo di De Vivo e Virgilio, o di un loro zelante fiancheggiatore (MENO probabilmente) che gira per i siti d’Italia a fare pubblicità al sito degli zibaldoni: es.: “Visitate il sito leopardianamente più bello che si sia mai visto: http://www.zibaldoni.it. Saluti. Gustavo Paradiso”. Altri risultati sul suo nome, i motori di ricerca non ne danno, perché 1) se esiste, Gustavo Paradiso, che fa le lezioncine a Carla Bendetti, non ha dato ancora NULLA alla cultura italiana e internazionale, e quindi il suo ameno nomecognome non figura in rete; 2) i motori di ricerca non danno altri risultati perché Gustavo Paradiso non esiste”.
    Cari lettori, fate attenzione per un attimo. Scarpa non ha fatto una innocente ricerca su GOOGLE del nome del suo interlocutore, ma ha messo in dubbio la sua identità e fatto illazioni (cioè ipotesi in malafede) sulla sua persona: questa è la VERA AZIONE DA QUESTURINO, tendente a depotenziare e annullare il proprio interlocutore. Fattelo spiegare dalla tua amica Benedetti lettrice di Foucault come si definiscono questi comportamenti, Scarpa. Poi ne discutiamo insieme. Faccio notare al lettore anche il lessico, con cui viene definito da Scarpa il signor Paradiso (che è un gran signore, al cospetto di certi soggetti): “fiancheggiatore”. Tipico lessico da poliziotto che deve criminalizzare. Chi non gli sta a genio, a Scarpa, Scarpa lo annulla, dice che è un altro – e ovviamente, non un altro qualsiasi, ma i suoi “nemici”. Tuti quelli che non gli danno ragione, quindi, sono “nemici virtuali”, ovvero, nel lessico scarpiano: CIALTRONI (altra sua definizione).
    E poi vieni a dire a me che non mi devo arrabbiare e che faccio “iperboli infondate”? Tu menti, addirittura rimangiandoti quello che hai detto e hai fatto, e io “faccio le iperboli”? Ma Scarpa, senti: quando verrà, per te, il giorno in cui sarai capace di assuemrti una responsabilità seria per quello che fai? La pseudodialettica è la tua arte, arte smemorata per un pubblico smemorato come quello dei tuoi amici del tuo blog, che ti lasciano dire prima nero e poi bianco senza nemmeno darti del bugiardo. A questo punto non serve a nulla nemmeno più dire: “vergognati”; perciò taccio.
    A.

  102. Al contrario di Anna, vorrei portare una testimonianza d’affetto per Luminamenti, che una volta, su clarence, mi ringraziò per aver citato “Grammatica della fantasia”: gli era venuta voglia di rileggerlo. (E se fossi un uomo- libro del film Farhenheit 451 salverei proprio quel saggio di Rodari. Si potrebbe anche fare un gioco su quale libro salverebbero i frequentatori di N.I.)
    A Scarpa vorrei dire, è vero che rispondendo anche alle critiche e ingiurie più assurde con spiegazioni gentili, intelligenti, si fa una cosa formidabile, cioè si riscattano quelle parole, si restituisce una dignità a discorsi strampalati (questo lo disse Giorgio Vasta a proposito di Voltolini, io generalizzo solo), però c’è un limite a tutto, e le cannonate non si possono usare, allora tanto vale ricominciare a postare poesie e articoli per andare avanti.

  103. Gentile Anna D’Antonio,
    le auguro ogni bene. Ringrazio il nostro fiancheggiatore Andrea Barbieri, che non conosco e spero di incrociare prima o poi per ringraziarlo con una stretta di mano. Spero che non se la prenda per la parola “fiancheggiatore”, che non ha alcuna connotazione negativa.

    Le offese continueranno ad arrivare, è normale. Ma purtroppo per chi offende, nessuno potrà farci smettere di dire la nostra in questo sito e altrove.

    Buona serata a tutti, e arrivederci a presto con nuovi interventi, in prosa o in versi, brillanti o noiosi, secondo le nostre forze e la nostra passione.

  104. Caro Scarpa, tu tenti di dissolvere nel nulla o di riversare sugli altri i tuoi limiti e i tuoi comportamenti irresponsabili e offensivi. Ma il pubblico, stai (poco) tranquillo, è più saggio di quanto pensi, e prima o poi ti si rivolterà contro. Stammi bene. A.

  105. gentile anna d’antonio, mi voglia scusare se entro nel merito della sua discussione con scarpa. le parlo da psicologo, oltrechè da uomo, credo, di esperienza. un’esperienza ormai venticinquennale prima in un pronto soccorso psichiatrico della mia città, salerno, poi in un grande ospedale di roma, poi a perugia, dove tuttora risiedo e dove, ormai da quasi dieci anni, ricevo i miei pazienti privatamente. scrivo a lei perchè in tutta questa gazzarra che mi sono permesso di definire patetica (ma nello spirito che ho spiegato a sigismondi) lei mi appare, agli occhi della mente, come una delle poche persone che credono davvero in quello che scrivono. non voglio dirle con questo che sono d’accordo con quanto lei afferma, assolutamente no. i suoi scontri con scarpa e con luminamenti – del quale lei ha svelato l’identità o la parvenza dell’identità- le sue invettive rivolte alla benedetti sono cose sue, assolutamente sue. sue le motivazioni. io ho imparato a diffidare delle idee troppo radicali, e di conseguenza a diffidare degli scontri dialettici portati fino al parossismo e all’insulto. ma lei, cara d’antonio, qui si mette in gioco più di altri. qui lei rischia molto, da un punto di vista emozionale. questo mi pare di evincere dalla lettura di quelli che chiamerei semplicemente sfoghi. le consiglio di vero cuore di non accentrare il suo odio, o quello che è. qualcuno, qui sopra, ha scritto una cosa saggia, che io riprendo come consiglio: non cada nella spirale della studiosa barricadera. nel senso che tra vent’anni lei potrebbe ritrovarsi nelle condizioni della dottoressa benedetti, a combattere contro mulini a vento mandando le sue truppe d’assalto al massacro. non credo, gentile anna, che scarpa sia, come ha scritto qualcuno (forse lei?) il segretario della benedetti. scarpa io l’ho conosciuto leggendolo nei suoi libri: è uno scrittore di grande vitalità, dal linguaggio vibrante. scarpa, come moresco, come montanari, come voltolini, è un vero artista. badi bene: gli artisti spesso non sono sinceri con loro stessi. ma il punto è che nella odierna narrativa italiana questi signori hanno un grandissimo valore, hanno un loro posto. moresco mi aveva indisposto per un suo scritto nel quale attaccava simenon in maniera per me ingiustificabile, con argomenti che non erano argomenti. certe cose che scrive scarpa le trovo di pessimo gusto. montanari è un uomo alla ricerca dell’allievo ideale, forse. il suo è uno sforzo pedagogico encomiabile ma spesso senza troppo senso, poichè (come nel caso del suo pezzo sulla pubblicità) scrive cose abbastanza risapute. ma lo fa magnificamente. voltolini è forse il più complesso, il più segreto. i loro libri testimoniano il loro valore di artisti, molto più di certe cose che qui scrivono, a volte con grande brillantezza, a volte per il puro gusto di rappresentarsi in un proscenio seppur virtuale. dove voglio arrivare, gentile anna? al fatto che si tratta di persone. e lei è una persona. sono quasi certo che in un colloquio a tu per tu con scarpa, per esempio, lei potrebbe forse trovare lo stesso scarpa una persona gradevole, e naturalmente viceversa. io qui sopra mi sono scontrato con il sigismondi, che non ha più replicato (a proposito, caro amico, l’attendo) ma è possibile, e ribadisco possibile, che in un confronto umano DIRETTO, senza mediazioni VIRTUALI, io possa trovare sigismondi una persona più ragionevole e simpatica di come mi APPARE qui. lo stesso potrebbe succedere con la benedetti, la quale farebbe bene a partecipare di più alle discussioni, poichè è solo sporcandosi le mani che si arriva all’assoluto della verità parziale che ci è concessa giorno dopo giorno. io ne so qualcosa, gentile anna. la mia pratica psicanalitica è difficile. i miei soldi sono ben guadagnati, mi creda. tra l’altro ricevo una buona parte dei miei pazienti senza chiedere loro nulla in cambio, poichè si tratta di soggetti in difficoltà finanziaria. non mi ritengo un eroe per questo. ritengo quello che faccio un dovere. ho lasciato l’ospedale per guadagnare di più, ma l’approccio ai malati è rimasto lo stesso di prima, dominato da uno spirito di servizio che a volte mi impongo di sostenere. è difficile, ma è la mia vita.il mio lavoro non lo cambierei con nulla al mondo, anche se spesso tutto ciò va a scapito dell’equilibrio familiare. ho una moglie e due figli. non è facile sostenere i malati e poi l’educazione di due giovani di ventidue e ventitre anni che vanno all’università. e qualche recriminazione di mia moglie, una donna che mi ha atteso con la sua amorevole pazienza. non è facile nè per lei nè per me. ma l’amore (che è fatto di pazienza e di costruzione continua) può molto, forse può tutto. lei, cara anna, è l’esempio di una persona di sicuro valore che si lascia andare al risentimento. lei dimostra coraggio, lei non è una blogger con nickname. la questione dei nick è cruciale, è uno dei limiti del web. il web può stordire, può anche fare male. io lo studio in maniera sistematica. ecco perchè mi sono permesso di intervenire, qui sopra, dicendo cosa ne pensavo della comunicazione virtuale, delle comunità avvenire, di quant’altro. sigismondi non ha preso sul serio quanto andavo dicendo, mi ha portato sul piano dello scontro dialettico. non creda alla dialettica, gentile anna, è una trappola. vede, anch’io ci sono caduto. se sigismondi vorrà cortesemente replicare forse ci cadò ancora, anche se spero di arrivare a una specie di accordo con lui. forse mi sono dilungato troppo. la esorto, cara anna, a non covare rancore soprattutto perchè lei si sta scontrando contro NEMICI VIRTUALI. si, dietro a quel pc c’è effettivamente lo scrittore tiziano scarpa, ma lei non vede lui e lui non vede lei. un conto è se vi foste conosciuti prima di persona. ma voi, almeno mi pare, vi siete conosciuti attraverso una discussione virtuale. capisce la differenza, non è vero? ecco perchè sono contro le chatline, che sto studiando anch’esse. non per scriverne un libello (lascio ad altri il compito di pubblicare) ma perchè ho tre pazienti, al momento, che soffrono di disturbi depressivi gravi anche a causa di un uso sconsiderato della comunicazione via internet.
    la prego di riflettere su quanto le ho scritto e le auguro ottime cose.

  106. Stasera è successa una cosa… boh, non so definirla.
    Dopo aver riletto gli interventi di Anna D’Antonio, partendo dai primi che erano pungenti, precisi, spesso irridenti ma sempre con un che di aereo, e finivano di solito con un ciao molto simpatico (provate a riguardarli anche voi, se volete) ho pensato che c’era qualcosa che non andava, che il discorso aveva preso una piega personale sbagliata, come se ci si fosse ritrovati in molti (non dico tutti: molti) a tirarci le cannonate addosso, dai due schieramenti, senza renderci conto che in fondo la battaglia che facciamo è la stessa.
    Non so perché questa impressione me l’ha data in particolare Anna; forse un motivo non c’è. Insomma, sono andato sul suo indirizzo mail e le ho scritto. Non avevo argomenti o contenuti, perché le posizioni in campo mi sembrano molto chiare, a questo punto, e c’è poco da aggiungere. Volevo solo dirle delle cose, ecco.
    All’inizio della mail mi sono scusato per l’invadenza. Ho citato alcuni precedenti di conversazioni private a latere delle colonne di commenti: per esempio con Andrea Barbieri, che è partito da posizioni abbastanza critiche nei miei confronti e poi è diventato mio amico, un caro amico, e con Gustavo Paradiso, che nella mail ho definito “il mio terribile e simpaticissimo avversario nella tenzone estiva sull’etimologia di communitas”; anche Gustavo, per la cronaca, è partito quest’estate dandomi del servo e ha finito chiamandomi più di una volta amico, anche se non è mai passato a trovarmi a Milano come promesso (ma sono quelle promesse che si fanno, appunto, per esprimere simpatia).
    Ho ringraziato Anna dell’opportunità che mi dava di scriverle, avendo lasciato un vero indirizzo di posta elettronica e non cose tipo bohmahchissà@incappucciati.com.
    Ho spedito.
    Purtroppo mi è uscita la scritta “dantonio.anna@tin.it – user unknown”. Quando dico purtroppo non faccio dell’ironia: ci sono rimasto di merda.
    Anna, siccome la mail l’ho messa nelle Bozze, hai voglia di mettere un tuo indirizzo funzionante (magari quello della facoltà, se non il tuo privato) così te la posso spedire? Mi farebbe piacere.
    Grazie, ciao
    Raul

  107. Di stranezza in stranezza! La simultaneità del post di Carotenuto, che saluto, con il mio è veramente curiosa, ma perlomeno testimonia il fatto che tutti e due abbiamo sentito nelle parole di Anna un accento speciale. Peccato per l’indirizzo mail…

  108. Visto che Montanari mostra il piglio della persona onesta, io vorrei fargli una domanda in tutta sincerità: ma tu, lo daresti pubblicamente il tuo indirizzo a chi apostrofa la gente con epiteti come “cialtrone”, “fiancheggiatore”, etc, a chi si macchia del più infame dei delitti, riversando addosso ai suoi ospiti rancore e insulti? Io, sinceramente, in queste condizioni, HO PAURA. Mi fate PAURA. E’ lecito avere paura? Come dici, onestissimo Montanari? E anche tu, che intervieni nella discussione soltanto per parlare di questa falsa questione dell’indirizzo, senza affrontare gli argomenti (che se continuano a essere dibattutti, vuol dire che non sono affatto chiari), anche tu, cosa stai facendo adesso, se non una “indagine” su di me, se non insinuare dubbi sulla mia “identità”? Avete un piglio molto inquietante, esprimete una violenza con la vostra scrittura e le vostre ansie, davvero da far paura. Almeno a me. E quindi, tutto questo tuo tono conciliante, caro Montanari, mi fa ancora più convinta che voi questa cosa l’avete presa troppo male e sareste capaci di tutto, perciò invece di argomentare, preferite dare addosso, accanirvi. Tuttavia, nonostante la paura, io ho il coraggio di affrontare fino in fondo chi vuole impedire agli altri di esprimere il proprio dissenso, solo per questo sono ancora qui. Chi mi vuol “veramente” scrivere, non per fare il lezioso o il cincischiatore o il questurino falsoconciliante, può farlo a: dantonio.anna@libero.it. Chi invece vuol affrontare le questioni, che lo faccia in pubblico, perché in pubblico bisogna dimostrare quello che valgono le proprie idee. Anna.

  109. Scusi, Carotenuto, se ho risposto prima a Montanari, ma mi pareva più urgente. Il suo è un bell’intervento da psichiatra. Non lo dico per offenderla o per fare ironia, ma proprio per cercare una definizione al suo modo di discorrere. Un modo che non mi piace, come non mi piacerebbe un avvocato che mi venisse a paralre da avvocato o un falegname che mi parlasse da falegname. Qui – forse ancora non l’hanno capito in molti – si sta discutendo di letteratura, mica di “comunicazione virtuale”, di chatline e di blog! Lo scritto di De Vivo e Virgilio, secondo il mio modesto parere, è stato assolutamente travisato (grazie anche alle urla ciniche di Scarpa). In quel testo i due parlavano del blogger come di una figura metaforica o alter ego dellos crittore tipo che si è visto in azione nella discussione sulla comunità in NAZIONE INDIANA. Perché vi risulta tanto difficile capire questa cosa semplciissima? Poi, si può anche non essere d’accordo con le loro deduzioni, e anch’io, in piccola aprte, non lo sono. Ma il fulcro del loro ragionamente è serio, ponderato e stimolante, senza contare che mostra bene il modo di scrivere e intendere di due persone che si impegnano moltissimo, con grande passione intellettuale. Caro amico Carotenuto, qui le “persone”, come le chiama lei, non c’entrano nulla, assolutamente nulla, se parliamo di letteratura. So benissimo che potrei incontrare Scarpa e innamorarmi di lui, Montanari e gettargli le braccia al collo – ma qui stiamo discutendo d’altro. E questo ALTRO è lo scrivere e la letteratura contemporanea. A me non me ne importa nulla di chi è lei “veramente” e non metto in gioco qui i miei sentimenti, come i chattatori. Anch’io studio i meccanismi di comunicazione della rete, in rapporto alla letteratura però, non in rapporto alla “condizione umana” delle “persone”, e sono venuta qui perché qui ci sono (dovrebbero essere) degli scrittori. Ma chi vi trovo, alla fine? Dei bloggers, come direbbero i due di zibaldoni. E questo mi delude e fa pensare. Per concludere, e per non annoiarla troppo, le consiglio quindi di leggere con più attenzione gli assunti di De Vivo e Virgilio, anzi meglio: le suggerisco di andare a leggere l’interessantissima discussione che si è tenuta in NAZIONE INDIANA questa estate, e che nel sito di zibaldoni adesso è riassunta, secondo me, magistralmente. Insomma, per me ci possiamo anche incontrare a andare a cena insieme, ridere e scherzare, etc. Ma qui si dovrebbe parlare d’ALTRO, cioè di quella cosa virtualissima e virtuosissima che si chiama letteratura, che con l’identità reale, come lei giustamente dice parlando della poca “sincerità” degli artisti, non ha molto a che vedere. (Le ho dato un po’ il lei un po’ il tu, mi scusi ho scritto di getto) ANNA

  110. carissima anna, non mi offendo assolutamente per quello che mi dice. la capisco. capisco cioè che lei è una persona appassionata di quella cosa vitualissima e virtuosissima che è la letteratura, la cito volentieri. lasciamo stare, la prego, de vivo e virgilio, gli zibaldoni, leopardi, lasciamo stare la letteratura per un attimo. parliamo di persone. chi la fa la letteratura, gentile anna? e poi perchè mettere insieme avvocati e psichiatri? mi consenta, cara anna, di letteratura lei può darmi senz’altro lezioni e io sono qui, ma non parli, la prego, di psichiatria. non immagini ciò che può, appunto, solo immaginare. è ovvio che io, da psicoterapeuta, faccia dei discorsi sugli uomini che fanno letteratura, prima che di libri. posso parlare anche di libri da appassionato sincero, ma ciò che mi preme, me lo concederà, è ben altro. i libri e le persone, gentile amica, sono fittamente intrecciati. non ho parlato di poca sincerità degli artisti, ho scritto che talvolta gli artisti non sono sinceri con loro stessi. è molto diverso, la prego di rifletterci sopra. e infine la voglio esortare a prendere in seria considerazione ciò che le ha scritto montanari, il suo tono. è chiaro, chiarissimo che montanari le si rivolge con la pacatezza necessaria, è chiaro che le viene incontro, è chiaro, chiarissimo (allo psichiatra, si , me lo lasci dire) che montanari LE VUOLE ESSERE AMICO. sa cosa vuol dire questo, cara anna? che esistono, come sempre LE PERSONE.
    leggerò senz’altro e approfonditamente le tesi di de vivo e virgilio, cara anna. per quanto valide possano essere queste tesi, altresì, credo siano stati proprio loro a innescare questa spirale di violenza virtuale che fa poco bene all’anima e, me lo conceda, alla letteratura.
    stia bene.

    carissimo montanari, la ringrazio per essere intervenuto nella questione nel modo in cui l’ha fatto. evidentemente esiste l’empatia telematica, e questo è un altro aspetto di internet che potrebbe essere oggetto di seri studi. la ringrazio per quello che ha scritto alla gentile anna d’antonio e per il suo contributo nelle discussioni. il fatto di essere un artista di grande valore è un valore aggiunto al suo essere uomo di valore.vorrei che anna d’antonio riflettesse anche su questo.
    con i miei saluti più cordiali

  111. Anna, io non ho fatto nessuna indagine su di te. Se no avrei dovuto, che ne so, mandarti prima una mail di prova e poi scrivere quello che ti ho scritto, e che adesso ti manderò all’indirizzo che hai lasciato… anche se so già, a questo punto, che non ti interesserà e forse ti irriterà ancora di più. Invece è successo proprio il contrario: non avendo sospettato un bel niente, ho scritto la mail (a mezzanotte di ieri, mettendoci una mezz’oretta) e ho spedito, per poi ritrovarmi lì come un babbeo davanti al messaggio respinto. Spero proprio che i questurini, quelli veri, figure del genere non ne facciano… ma forse le fanno.
    E’ strano che tu mi rinfacci il mio tono “conciliante”, nella stessa mail in cui dici di avere paura di chi ti aggredisce. Cosa bisogna fare allora, aggredirti per confermare la tua idea che siamo un branco di coyotes, o si può provare a parlare con te in tono normale?
    Io non entro nel merito di questa discussione per il semplicissimo motivo che quest’estate, nel dibattito a cui tu stessa rimandi, ho scritto MIGLIAIA, dico migliaia di righe, per chiarire il mio pensiero e capire meglio quello degli altri. L’ho fatto incazzandomi, insultando e venendo insultato. Ho dato dei somari e dei mentecatti ai miei interlocutori, ho detto volgarità (nessuna però riguardava in toto la persona che parlava con me: tutte giravano intorno all’argomento specifico su cui si stava litigando, e questo, scusa, fa molta differenza) mi sono beccato del servo e del mafioso, dell’imbecille, uno ha scritto che gli altri di NI avrebbero dovuto farmi una sega per tenermi tranquillo. Benissimo. Alla fine ci siamo scusati, io e quelli con cui valeva la pena di parlare anche perché si firmavano con nome e cognome (ossia: Zibaldoni e Paradiso) e credo che quella discussione a qualcosa sia servita.
    Hai paura a lasciare qui il tuo indirizzo mail? Be’, non ti do torto.
    Io, un giorno di fine agosto, mi sono ritrovato la mail ingolfata di messaggi contenenti virus. Erano circa 50. So che mi sono arrivati da qualcuno a cui stavo antipatico qui, nello spazio di NI, per il semplice motivo che uno di questi messaggi era a nome di Tiziano Scarpa; ma Tiziano in quel periodo non era in Italia e non mi aveva scritto proprio niente. Quindi non si trattava di un attacco informatico a caso: l’aveva fatto uno che sapeva di chi sono amico, uno che ha colpito con precisione.
    Questo è quello che ti può capitare; se hai paura di questo ti do ragione, anche se finora non mi risulta che sia successo ad altri.
    Se invece dici che hai paura delle aggressioni verbali, del sarcasmo, io ti invito a guardare serenamente, con onestà intellettuale, QUESTA discussione. Dimmi sinceramente chi ha alzato i toni. Ti prego, guardala obiettivamente e dimmi come si è svolta.
    Un’ultima cosa, Anna: guarda che qui non c’è nessun “noi”.
    Non c’è un’azione concertata di distruzione dell’interlocutore; piuttosto il contrario, come dimostrano gli attacchi non (sol)tanto a Scarpa quanto ad Andrea Barbieri. Barbieri, che si firma come te con nome e cognome, si vede deridere e chiamare “il barbiere” da gente che si firma “Tazzina di Caffè” o “Stefano” (indirizzo mail: bla bla@stefanuccio). Siamo alla demenza: uno che non mette il suo nome prende per il culo PROPRIO IRONIZZANDO SUL NOME un altro che lo mette, senza rendersi conto di quanto è vigliacco e disonesto fare una cosa del genere!
    Qui, ti dicevo, non c’è nessun “noi”.
    Ne vuoi una prova? Io non sono affatto d’accordo con Tiziano sull’idea che Gustavo Paradiso sia un alias dei due di Zibaldoni. E’ forse l’unica cosa su cui non sono d’accordo con lui, per la verità; ma che Paradiso abbia un’altra personalità, un’altra scrittura rispetto a De Vivo e Virgilio, a me che ho dialogato molto a lungo con lui sembra evidente.
    Guarda che questo aggressivo “noi” è molto più pesante da sopportare quando uno, come è successo a me nella colonna dei commenti al pezzo sul sesso, a seguito di un post è attaccato simultaneamente da diverse parti e soprattutto da diverse teste, per cui trovi il coglione che ti prende in giro e basta, due persone intelligenti che ti fanno rimproveri opposti a cui è giusto rispondere ponderatamente, il vigliacco invido che ce l’ha con te perché ti attribuisce non si sa quali privilegi e atteggiamenti corporativi (ma stiamo scherzando??? Ma voi lo sapete cos’è il potere editoriale, avete idea di quello che può fare Baricco, di quello che può fare un nulla ambulante come Elkann? Di quello che può fare Lidia Ravera? La capite o no che noi non abbiamo nessun potere?), e il giorno dopo si ricomincia, ecc. ecc.
    A proposito del noi e di quell’articolo: Carla Benedetti, in risposta alle osservazioni di una tua omonima (o forse eri tu, non ho controllato) criticò pubblicamente l’articolo stesso, definendo “intollerabile” il mio “sguardo sul sesso”.
    Aveva torto, aveva ragione, non è questo il punto: il punto è che quel mitico “noi” si ruppe senza difficoltà, lasciando vedere la realtà, cioè che siamo un gruppo unito nell’avere un’origine comune (il convegno e poi il libro “Scrivere sul fronte occidentale”), nel portare avanti organizzativamente le cose (una gran menata, fra l’altro, con Voltolini che porta le patatine ma poi le mangia tutte lui) e nella condivisione di alcuni valori di fondo, ma con differenze anche enormi di opinioni specifiche su argomenti precisi, e perfettamente in grado di criticarci a vicenda in privato come in pubblico.
    Il risultato pratico di quella presa di posizione fu che venne sventolata come bandiera contro di me, e l’ultima volta che questo è successo è stato un mese e mezzo fa, quando sono stato preso di mira da una neurolabile (quella sì, francamente) che postava DAPPERTUTTO il copia e incolla delle parole della Benedetti, anche dove non c’entravano proprio niente.
    Vedi quindi, Anna, che i rischi che puoi correre, quando si parla di dialettica aggressiva o di eristica, rimangono comunque inferiori a quelli che corre uno di “noi”. Te lo assicuro.
    Quindi vieni qui e parla liberamente, come hai sempre fatto, con la tua passione, la tua intelligenza e la tua conoscenza delle cose, e non sentirti perseguitata o aggredita perché questo non è successo e non succede.
    Ciao a te e a tutti, grazie.
    PS Ehm, gentile Carotenuto, io la ringrazio moltissimo della sua stima “artistica” e ricambio davvero di cuore, ma lei per esempio quella storia della modificazione del tabù sulla pubblicità dei prodotti per la casa, la conosceva? Era “risaputa”? Era “risaputo” che la partizione temporale di Carosello fosse rigidamente prefissata dalla SIPRA? Lei conosceva le leve di marketing? Sa, glielo chiedo così, perché a me il pezzo sulla pubblicità sembrava poverissimo nella forma ma piuttosto concreto nei contenuti, e mi pare che come tale sia stato recepito in generale… Ma posso sbagliarmi anche su questo, come su tutto. Intanto la saluto davvero con molta stima, le cose che scrive sono interessanti e piene di calore.

  112. Il testo di De Vivo e company è stato travisato? siamo allora in diversi ad avere le trave nell’occhio. Non penso proprio, in ogni caso quando si parla, si scrive si corre anche questo rischio, succede, già prima dell’arrivo dell’ermeneutica, del decostruzionismo al centro dell’attenzione del primo neopositivismo, quello di Moritz Schlick, Otto Neurath, Rudolf Carnap ci fu la consapevolezza che il rapporto interlinguistico intersoggetivo ha un carattere radicalmente problematico. Neurath diceva: Noi non abbiamo alcuna proposizione scacrosanta. Nel linguaggio la possibilità dell’equivoco resta ineliminabile. Così tutto questo affannarsi fino all’insulto, l’offesa personale si commentano da soli! Tutti possiamo essere competenti nell’insultare.
    Per quello che ho capito del discorso dei zibaldoni il problema non esiste proprio.
    E il boomerang ahimé è tornato indietro.
    Fra qualche mese neanche esisteranno più i blog e ci sarà qualche altra cosa, che poi è la stessa di quella che c’era prima.
    Pace e bene ai buoni e ai cattivi

  113. Qui non esistono bloggers o Scrittori, qui esistono persone che reagiscono come possono all’aggressività da loro stessi scatenata in vari modi e misure: rispondendo a un cazzotto verbale con un altro cazzotto verbale, tirandosi indietro (è quello che avevo fatto io e non per ARROGANZA, ma perché non sapevo come rispondere in modo non saccente e/o non specularmente aggressivo. Anche perché ero frastornata, un po’ spaventata, ferita.
    Le parole feriscono. E hanno più peso, più forza d’offendere, se sono scritte. Quindi si fa finta che non sia successo niente, ci si tira in piedi e si riparte come se qui regnasse un etica da ring, da “Fight Club”. Ma perché?
    Perché si scivola in questa cosa che fa male a tutti e che nessuno desidera? Io almeno credo che chiunque visiti un sito di questo genere desideri la comunicazione, l’incontro.
    Aggiungo: sono Helena, scrivo da Gallarate, mio figlio è all’asilo, ha smesso di piovere. Scrivo prosa e poesie, fa parte delle cose in cui spero di spendermi come meglio posso, ma non me ne frega un cazzo dello status di scrittrice. Quindi consideratemi pure come vi pare. Anche serva di Berlusconi può andar bene.
    Con fratellanza

  114. carissimo montanari, le attesto non solo la mia stima artistica, ma anche la mia stima umana. le due cose, come avrà capito, per me sono un tutt’uno. il suo intervento fatto alla d’antonio è servito e servirà molto anche a me per capire il funzionamento delle relazioni interpersonali virtuali. uso una terminologia improvvisata, me ne rendo conto, ma qui non sono per fare discorsi scientifici che probabilmente non interessano che pochi specialisti. e mi scuso con lei pubblicamente, caro montanari, per aver definito risaputo il suo discorso sulla pubblicità. molte delle cose che lei ha citato in quell’articolo io le sapevo, devo dirle, ma certamente non avrei avuto mai e poi mai la capacità tutta sua di esporle al pubblico. anche questo è essere uno scrittore, caro montanari. a ciascuno il suo mestiere, anche se, forse, lei un pò il mestiere me lo sta rubando scrivendo alla d’antonio quelle cose così vere e interessanti e si, piene di calore autentico. lei è uno che in ultima analisi non mente, caro montanari, e la d’antonio dovrebbe ora come ora lasciar perdere per un secondo i ragionamenti giusti o sbagliati di de vivo e virgilio, dovrebbe lasciar perdere il rancore per scarpa e la benedetti – a proposito, io ho lasciato andare ogni pregiudizio anche riguardo alla dott.ssa benedetti, leggerò presto i suoi libri come quelli di altri studiosi e scrittori che qui scrivono – e concentrarsi su cio’ che lei dice, a quello che spiega in questo suo ultimo post. ora non ho tempo, ma il suo intervento, credo che abbia chiarito TUTTO.
    signorina d’antonio, legga e rilegga le parole di raul montanari e ne faccia tesoro.
    con i miei saluti più cordiali,

  115. Sono contento che finalmente la discussione ha preso una buona piega. Grazie a Montanari, a Carotenuto, a Helena. Faccio come il dottor Carotenuto, cara Anna: ti esorto a leggere con attenzione le cose che hanno scritto, sono cose che hanno il loro peso. Le parole sono pietre, certo, ma possono essere carezze e balsamo (oh come sono poetico oggi!). Anche a me non piace la gazzarra ingiustificata, la rissa idiota. O meglio, se la rissa c’è io non mi sono mai tirato indietro, ma devono esserci VALIDI MOTIVI. Zibaldoni e il blog e quant’altro sono validi motivi? La letteratura esiste ed esisterà nonostante tutto. E nonostante, sembra paradossale, gli uomini e anche, in alcuni casi, gli scrittori. Anna, rifletti bene, se vuoi.
    Ciao a tutti, vado a lavurà,

  116. faccio solo notare, in difesa della mia amica anna, che qui non è solo lei a difendersi usando sì e no il suo indirizzo di posta. lo stesso carotenuto, per rimanere ai recenti, ma anche scarpa, non hanno un recapito, quindi il signor montanari dovrebbe prendersela un po’ anche con loro, anche se capisco che forse lui ci è riamsto male solo per aver scritto una mail a vuoto. ma dico questa cosa giusto per equilibrare il discorso e per far capire che la virtualità è tale fino in fondo, e cioè conta fino a un certo punto dichiarare chi si è. qui siamo tutti nessuno. s.

  117. Quando avevo vent’anni mi incazzavo continuamente.
    Mi facevano incazzare i miei genitori, la mia condizione, le ingiustizie sociali, i baroni all’università, la politica, il mondo.
    Poi mi ricoverarono in chirurgia d’urgenza: ulcera sanguinante.
    Ci ho messo un po’ di anni a cambiare regime. L’ultima mia incazzatura assoluta fu una decina di anni fa. Discutevo in un locale, dove in teoria dovevo ascoltare degli amici che suonavano, con un tipo (che ci faceva nella tavolata? Mai visto prima e mai più visto dopo) delle elezioni. Era la prima volta che si presentava Berlusconi. La discussione era a questi livelli:
    “Voto Berlusconi perché gli altri sono tutti comunisti.”
    “Ma tu hai letto il programma di Berlusconi?”
    “No.”
    “E quello della sinistra?”
    “No.”
    “Ma scusa…” (io li avevo letti) “… la sinistra dice che…”
    “Non mi interessa. Io voto Berlusconi perché gli altri sono bolscevichi.”
    “Lascia perdere, parliamo dei programmi… c’è un punto dove…”
    “Sono tutti mangiabambini…”
    Da sotto il tavolo quella che poi sarebbe diventata mia moglie continuava a tirarmi calci sugli stinchi. Come dire: “Smettila, non ne vale la pena ti fai il sangue amaro.”
    Aveva ragione. Da allora ho smesso di incazzarmi su tutto. Non ne vale la pena, ti fai il sangue amaro.
    Tenete conto che sono un grafomane impenitente. Eppure, per quanto io vi legga continuamente, come foste una droga quotidiana, non ho vi mai scritto. Non riesco a scrivere a delle persone che non hanno una faccia. Credo ancora nei corpi.
    Eppure qui si sta “consumando un dramma” che mi coinvolge, che coinvolge tutti. Ecco perché mi permetto di disturbare (per quanto di disturbato per ora c’è solo il mio stomaco, dalla digestione post-focaccia).
    Io sono uno di quelli che ha “sempre ragione”. Si chiacchiera a cena e faccio sempre in modo che gli astanti la pensino come me. Ci fu una volta che discutemmo animatamente su chissà quale pippa terzomondista. Dissi cose intelligentissime. Poi mio cugino prese una posizione differente dalla mia. La discussione si accese. Io di qua, lui di là. Beh, sta di fatto che se ne uscì con una frase spiazzante, profonda, vera. Aveva ragione lui, cazzo! Non me ne resi subito conto, ci misi un po’ (ho sempre ragione io, dopotutto, giusto?). Insomma era inutile girarci attorno. Quello che diceva era vero, io sbagliavo. Avrei potuto distruggerlo dialetticamente (lo so fare), la platea tifava per me. E lì feci una delle poche cose di cui vado orgoglioso nella vita (l’altra è la mia splendida bambina, ma qui parla un padre un po’ coglione, non vale): gli ho detto, semplicemente. “Hai ragione.”
    Ho cambiato idea. Mio cugino mi ha fatto cambiare idea. Perché avevo torto.
    Ora io non so più chi ha ragione o chi ha torto. Dopo una discussione così snervante sembra quasi che si sia perduta l’origine del tutto. Non è più un problema di archetipi ma di evoluzione della forma nel contesto storico. Ora la discussione è, inevitabilmente, un’altra.
    So che alcuni qui difendono con passione (di qua e di là) le loro posizioni e altri invece fanno pura provocazione. Quest’ultimi neppure li considero (non ne vale la pena, ti fai il sangue amaro). Però è vero che forse che li fa con passione spesso viene sopraffatto dal proprio entusiasmo.
    Forse è vero che io dovevo essere un bel cagacazzi a vent’anni, che sicuramente avevo spesso ragione, ma che altre volte non è mica detto che l’avessi. Che quelle volte che ho dato dell’incompetente quel professore, o dello stronzo a quel compagno, quelle volte, in realtà, lo stronzo o l’incompetente ero io. Forse è vero che Scarpa ad un certo punto ha sbagliato il tono, magari era esasperato, magari quel giorno aveva la digestione difficile (focaccia?), oppure che la Benedetti era candida cone un giglio, che voleva fare una battuta parlando di pippe, che però era fuori luogo. Oppure, ancora, che Anna vede una trama occulta che non c’è. O che c’è e che io ancora non vedo.
    So però che qui si sta costruendola veramente una comunità, hic et nunc (lasciamo stare i provocatori al loro destino. Io l’ho lasciato in quel bar dieci anni fa). Io la sento così. Alcuni di voi sono illeggibili, altri sempliciotti. Ma percepisco, con tutte le varianti del caso, un comune sentire.
    Sembro un buonista? Dico che non bisogna incazzarsi? Io non mi incazzo più? Ovviamente no. Difendo le mie idee, eccome. Cerco di essere “esemplare”. Porto mia figlia al nido con la metropolitana, non uso la macchina (non ce l’ho, non ho neppure la patente).
    Litigo, se c’è da litigare, ma in buona fede. Non premetto, nel mio agire, che quello con cui sto discutendo è, sicuramente, in malafede. Se lo percepissi eviterei la discussione (non ne vale la pena, ti fai il sangue amaro).
    Una volta Bruno Zevi scrisse a Giovanni Michelucci (Chi sono? Per i non avezzi al mondo dell’architettura dico che stiamo parlando di uno dei più grandi critici e uno dei più grandi architetti del ‘900. Come se vi dicessi: “una volta Contini scrisse a Gadda”): “non sono d’accordo con te. Ma preferisco non essere d’accordo con un amico in buona fede che d’accordo con un nemico in malafede” (cito a memoria).
    Stiamo facendo tutti un ottimo lavoro. Chi scrive, chi “posta”, chi, soltanto, legge.
    Siamo “esemplari”.

    Scusate la lunghezza di tutto ciò. Non immaginavo neppure di essere così prolisso.

    Un abbraccio, Gianni

  118. Carotenuto, senta, se lei prima mi fa tutto un discorso pacifico e bendisposto, ma poi alla fine dice, con molta superficialità, ancora una volta, che andrà a leggere De Vivo e Virgilio, anche se “sono stati loro a innescare la violenza”, mi scusi, Carotenuto, ma fa capire che lei qui interviene senza discutere gli argomenti che realmente sono in discussione, ma solo per motivi professionali; be’, a queste condizioni, io non so di cosa possiamo ancora parlare. A me interessano le tesi che qui si stanno discutendo, non le “persone”, né i segnali di amicizia, che pure potrei apprezzare, se proprio le interessa saperlo. Se a lei non interessano queste tesi, ma solo buttare là un giudizietto superficiale da psichiatra (“sono stati loro”) senza spiegare il PERCHE’, credo proprio che non abbiamo più nulla da dirci, anche perché a me i suoi temi professionali non interessano granché.
    Vengo a Montanari e agli altri. Mi fa piacere che tutti voi vi preoccupiate della mia salute, che mi invitiate a leggere con attenzione, a stare calma. Bene, grazie, molto gentili. Però io non sono malata, nonostante i vostri sforzi per ospedalizzarmi e ridurmi a caso clinico. La discussione l’ho letta e seguita ben benino fin dal principio e ricordo chi ha parlato di bidet (Montanari) e chi di servitù (Zibaldoni) e forse ricordo anche qualche altro imbecille che insultava e basta. Quella discussione, che adesso è raccolta in Zibaldoni, a me, come a te, Montanari, è sembrata utilissima e importantissima. E sai di chi è “anche” il merito? Tuo. Di te ho apprezzato il coraggio nell’esporti e nel difenderti a spada tratta, solo contro tutti, mettendo in pubblico i tuoi dubbi e le tue debolezze. Questo ti fa onore, Montanari. Vedi, io sento lo stesso disagio di Helena J. e di Franz K., il disagio di chi si trova a dover sopportare qualcosa di insopportabile, come la polemica ad personam in un contesto intellettuale. È la cosa più vergognosa che esista, questa, a mio avviso, perché l’odio personale sublimato nello scrivere può trasformare in mostri gli individui più insospettabili (qui Carotenuto potrebbe insegnarci qualcosa). Perciò mi sono molto arrabbiata anche per Carla Benedetti e per le sue letterine acide che volevano privatizzare (ad personam appunto) qualcosa di pubblico.
    E poi provo un altro disagio, che avrei voluto già dirti prima, nell’altra mail, ma ero troppo arrabbiata per la questione dell’identità (che poi oggi sai bene che, per quello che serve, puoi mettere gli indirizzi di posta che vuoi, poi ti mandano anche mail false a nome dei tuoi amici). Ho letto queste tue parole che metterei scolpite in calce a questo colonnino di commenti: “ho pensato che c’era qualcosa che non andava, che il discorso aveva preso una piega personale sbagliata, come se ci si fosse ritrovati in molti (non dico tutti: molti) a tirarci le cannonate addosso, dai due schieramenti, senza renderci conto che in fondo la battaglia che facciamo è la stessa”. Ora io non so a chi tu ti riferisca in particolare, ma io, fin dall’inizio, ho avuto la sensazione della necessità di questo scontro, che, come tutti gli scontri dialettici, è uno scontro fraterno (o fratricida). È assurdo, secondo me, che voi e zibaldoni vi tiriate le cannonate addosso in questa maniera. Eppure, è successo. Ma come è possibile? Io vedo una convergenza di intenti, nelle vostre rispettive posizioni e nei vostri rispettivi lavori, che non mi avrebbero mai fatto pensare a un tale scontro irrimediabile. Eppure, è successo. Voglio dire che a me è sempre sembrato che sono più i punti in comune fra i vostri progetti, che le differenze, anche se siete poi rimasti tutti sepolti dalle macerie delle vostre “personalizazioni”. Tutto questo mi mette molto a disagio, a volte, anche nel considerare seriamente questa discussione. Mi vengono molti dubbi. Perché l’inconciliato, come disse una volta Moresco, è rimasto il vero punto cruciale della discussione che, paradossalmente, era partita dalla “collettività che manca”, e perciò dalla necessità di ‘essere uniti’. INCONCILIATO/ COMUNITA’ – un bel paradosso, non trovi? Anche piuttosto attuale, ahimé.
    Quanto a quest’ultima parte del dibattito, in questo colonnino, anche questa ho letto, Montanari, e ho visto bene chi ha alzato i toni e cominciato a menare cazzotti: Tiziano Scarpa, in primis, ironizzando (per usare un eufemismo…) su un pezzo teorico e discutibile quanto vuoi, ma educato e composto, di De Vivo e Virgilio. I quali avranno forse anche scritto delle cazzate, ma il fatto che siamo tutti qui ancora a parlare solo di questo, forse dovrebbe farci riflettere. Questo io ho visto e vedo. Hai forse tu visto qualcos’altro?
    Ciao a tutti. Anna.

    POST SCRIPTUM: La PAURA di cui parlavo è la PAURA che deriva da certi toni fatalmente contrappositivi. Chi ti viene incontro con le parole vuol sempre dirti una mezza bugia per azzannarti, diceva Kolber, un mio amico musicista. Quando sento uno che interviene per “partito (già) preso” mi vien sempre un po’ di paura perché so che potrei avere tutte le ragioni del mondo, tanto non mi ascolterebbe mai. Dimostrami di non aver “(già) preso il tuo partito”, dunque, e io ti ascolterò.
    ANCORA PS: Ho appena letto l’intervento qui sopra di Biondillo. Lo condivido in pieno e mi fa riflettere. Anche e soprattutto quando parla di comunità, giusto con qualche lieve distinguo mio soggettivo: in particolare, io considererei molto l’importanza anche del FALLIMENTO di questa discussione. Ma di questo parlerò magari in seguito. Ora non dico più nulla, ho parlato troppo. Saluti a Biondillo con affetto.

  119. cara anna, lasciamo perdere le polemiche personali, d’accordo? non le dirò nulla sul concetto di superficialità. so solo che probabilmente ho fatto male a dire pubblicamente che cosa faccio. sono contento però che nella discussione si siano inseriti scrittori e persone, così io intendo da ciò che scrivono, di grande sensibilità e bravura come helena janeczek e franz krauspenhaar. e anche l’intervento di gianni biondillo è di quelli che si fanno sentire. vede anche lei che il suo tono si è fatto più disteso ora? vede anche lei che ora lei si rivolge a montanari in modo diverso? vede anche lei che tutte queste persone di valore danno il loro contrbuto acchè questa discussione diventi un successo anzichè un fallimento? qualcuno ha acceso la miccia per innescare lo psicodramma, cara anna, e sinceramente non so chi. si, probabilmente, nella fretta, nell’impegno lavorativo, tra i problemi seri e talvolta urgenti di coloro i quali si rivolgono a me per guarire dai loro disturbi,io ho giudicato certi aspetti della querelle non con la necessaria attenzione, e me ne scuso anche con lei. non è importante però chi ha cominciato, anna, ma come andrà a finire. io spero vivamente per il meglio, per un incontro anche al di fuori di qui. con de vivo e virgilio, se vorranno esserci. comunque per rispondere delle nostre parole con un gesto di fratellanza.
    con i miei saluti più cordiali,

  120. Per g. carotenuto. E’ già finito, da un pezzo.
    Personalmente ho sempre letto De vivo e virgilio e continuerò a farlo, come quello che si scrive qui su N.I. come alcuni dei lori libri.
    Ma De vivo e Virgilio hanno un poco le idee confuse! La risposta di Scarpa mi è sembrata precisa, esatta.

  121. caro luminamenti, lei mi informa di un fatto. e la ringrazio. ma io credo che lei abbia torto, mi consenta di dirlo. non parlo delle idee confuse o meno di de vivo e virgilio, entrerò nel merito, se sarà il caso, SOLTANTO DOPO AVERLE ESAMINATE CON SCRUPOLOSA ATTENZIONE. questo per evitare polemiche con chiunque. io le dico che lei ha torto perchè il discorso non può finire qui, non dopo quello che anna d’antonio ha sviscerato, e uso proprio questo termine perchè credo che sia quello più consono. non dopo quello che montanari ha scritto a lei, ad anna. non dopo quello che ho scritto anch’io, me lo consenta. lei non può venire qui con un paio di frasi lapidarie e chiudere la questione. non può perchè ciò non è corretto da un punto di vista umano. so già che anna mi rimbrotterà in cuor suo per quest’ultima uscita, ma non fa niente. ascolti, caro amico, non voglio darle una lezioncina, ho capito che lei è persona preparatissima ma la lapidarietà la lascerei ora come ora appunto alle lapidi.
    in ogni essere umano ci sono cinque bisogni di base, caro amico:
    1bisogno di sicurezza
    2bisogno di approvazione
    3bisogno di amore
    4bisogno di avventura
    5bisogno di creatività. questi vengono anche chiamati impulsi vitali. sono questi che singolarmente o combinati fra loro controllano la ns vita. essi non sono ne buoni ne cattivi, soltanto ci inducono al paradiso della conoscenza e dell’amore oppure nell’inferno dell’appagamento egoistico. è questo che muove il mondo le cose le azioni. questi impulsi vitali ci direzionano. e io parto dalla creatività della letteratura perchè in essa ci sono gli altri 4 bisogni in combinazione. le è chiaro dove voglio arrivare? io desidero parlare di ciò che mi interessa per arrivare a riconoscere la via da seguire, non per chiudere le questioni in sospeso.
    cordiali saluti,

  122. Anna, continuo a leggere la sequenza degli interventi in modo diverso dal tuo, ma credo davvero che questo non abbia più molta importanza. So che suona formale, ma ti ringrazio dell’attenzione, sul serio, e sono molto contento che tu abbia interpretato nel modo giusto la mail che ti ho scritto, e che si possa continuare a parlare.
    Solo una cosa sul “bidet”, che citi: quella non era una volgarità, ma un richiamo alla concretezza; dicevo, più o meno, che prima di costruire i massimi sistemi bisognerebbe controllare il bidet. Avrei potuto dire, non so, spalare la neve davanti a casa o spegnere la caldaia.
    Non mi sto nascondendo dietro un dito: volgarità ne ho dette eccome, soprattutto a Paradiso quando ero esasperato dal tormentone del “servo”. Gli zibaldoni non mi hanno mai dato del servo, hanno detto altre cose; quello era copyright del primo Paradiso, prima appunto che litigassimo e che poi ci riconciliassimo.
    Solo per la precisione, perché nessuno si veda attribuite fra virgolette parole non pronunciate e magari nascano equivoci proprio adesso che abbiamo tutti abbassato la voce.
    Comunque, amici, non diamoci tante arie: come litiganti e contumelianti noialtri siamo nessuno rispetto a Genna e Lodoli (vedi colonna dei commenti a Il tassello mancante)! ;-)
    PS Caro Stefano, il signor Montanari se la prenderà con Scarpa e Carotenuto quando i suddetti useranno un nickname e lo chiameranno Montanaro, o chiameranno Barbieri barbiere, o la Benedetti Maledetti, o la Centovalli Centocazzi, o produrranno perle di umorismo come “Ho gettato l’amo e ho preso una Scarpa” (storica!), ecc.
    Non ho mai, dico mai espresso una posizione rigida sulla questione del nickname; dico solo che non può essere usato per un mordi e fuggi che sia solo al servizio dell’insulto. Troppo comodo: questa, più che immunità, è impunità.
    Se uno usa il nick perché è timido, o perché ha dei problemi di privacy, secondo me può farlo benissimo, e questo è un altro punto sul quale non sono completamente d’accordo con le tesi di Scarpa e Benedetti, quelle espresse quest’estate, anche se più che una riprovazione mi sembrava che la loro fosse un’esortazione ai blogger a dare e fare di più. Questo sempre per dimostrare ad Anna che davvero quel “noi” non ha niente di granitico, ma è pieno di dialettica interna, e per questo non deve spaventarla, nemmeno nel senso più complesso che al termine “paura” lei ha dato nell’ultimo post (la paura del preconcetto, del partito preso… e come non essere d’accordo con Anna?).
    Ripeto: chiunque può usare un nick e parlare con me o con altri, per quanto mi riguarda: dunque anche Stefano o Tazza di Caffè o Whisky liscio, o il Verecondo o il Passante; se però il nick diventa il passamontagna di quello che ti spara nelle gambe, o la maschera di carnevale di chi ti dileggia facendo giochi di parole idioti sul tuo vero nome, allora non andiamo più d’accordo. Spero di essermi spiegato.
    Un caro saluto a tutti.

  123. caro montanari, volevo solo dirle grazie per questo suo ultimo intervento. io spero che esso non rappresenti una chiusura. lo dico nei riguardi di anna,soprattutto, ma anche di altri. so che per lei non è così, lei è persona troppo intelligente e disposta al dialogo per chiudere una discussione come questa. lei, come me e penso come altri, attenderà, forse, una replica della signora o signorina d’antonio, a questo punto. perchè a questo punto ne va dell’onestà intellettuale della stessa signora o signorina d’antonio, che ora ha i mezzi per interpretare una disposizione d’animo al dialogo costruttivo. quella disposizione sua, mia e delle altre persone che si sono impegnate con noi sottraendo anche tempo prezioso alle loro più o meno importanti e decisive faccende. da parte mia, e questo è un discorso che faccio nuovamente al cortese luminamenti, passerò una parte di questo fine settimana nella lettura dei testi di zibaldoni e di tutta la querelle per poter dare un giudizio sul loro operato di intellettuali E DI PERSONE senza approssimazioni.
    con i miei migliori saluti a lei e a tutta la comunità di nazione indiana,

  124. Caro Carotenuto,
    mi permetto di dire la mia ad ora così tarda. Forse lei a quest’ora starà dormendo il sonno del giusto, mentre io, come sempre, vado a letto molto tardi. Volevo dirle che apprezzo moltissimo i suoi sforzi di capire e di confrontarsi con le persone. Capisco, in sintesi, il suo “linguaggio”. Un linguaggio, come direbbe Marzullo in tema di vita, “umano e professionale”. Marzullo: è l’ora, appunto…
    Ma insomma, apprezzo quello che ha scritto qui su questo colonnino – “della gazzarra”. Non sono d’accordo con lei su alcune cose, ma certo è che alcuni, nella tenzone, si firmano col loro nome e cognome e altri partecipano alla scazzottata muniti di passamontagna. In questo (e in molto altro) Raul Montanari ha detto quello che c’era da dire. Anch’io come lei ho delle perplessità sul web; ma credo che il tentativo vada fatto, e lei ne è la prova oserei dire provata. La questione dei nick è a mio parere un discorso di libertà: anche qui Montanari ha detto cose che ritengo corrette. Comunque, a parte questo, vorrei aiutarla, come posso (anch’io frequento questa comunità virtuale da non molto): ho seguito abbastanza bene la querelle ultima, sono andato a vedere il sito zibaldoni ecc. Vorrei risparmiarle la fatica, insomma. Immagino che lei farà il suo sforzo lo stesso, ma c’è che qualche dritta gliela voglio dare perchè lei mi è molto simpatico, oltretutto. Mi è simpatico a pelo di computer.
    Guardi, basterebbe solo il nome di una loro rubrica: COL COLTELLO. Non le fa accapponare un pò la pelle, Carotenuto? Loro “discutono” di NI e delle loro idee in una rubrica con questo nome.Cioè rubricano interventi selezionati della querelle. GIà, perchè selezionare quando si può mettere tutto? Loro fanno una selezione, come a Sanremo. Lei criticava i nomi delle rubriche di NI: vasocomunicanti, mosse ecc. Anche a me questi nomi non fanno impazzire, ma vuole paragonarli con COL COLTELLO? Si parte dal linguaggio, spesso. E col linguaggio ci si spezza le falangi armate. Si, appunto, il linguaggio: Scarpa, nel suo pezzo in cima a questo colonnino, parla di fantablog e usa l’ironia come lui sa fare. E’ il suo linguaggio; che può anche non piacere ( a me piace l’ironia, a volte anche il sarcasmo, per inciso, se usato nel verso giusto e non solo per far male); ma insomma, ciò che poi conta sono i contenuti. E lui dice le cose come stanno, diciamolo. Vada ora a leggersi il sermone della montagna di Zibaldoni: li dentro, sotto la voce colonnino dei commenti, io ho fatto la mia parte, mi son buttato nella mischia( a proposito, è ora che vada a rificcarmi in qualche mischia vera, è un sacco di tempo che non gioco a calcio, sa, fumo troppo)perchè ce ne era a mio avviso il motivo. Quel pezzo di De Vivo e Virgilio è semplicemente illeggibile. Almeno per me. Bisogna sforzarsi oltre il dovuto, oltre ogni ragionevolezza, oltre ogni ragionevole dubbio… Scrivono male, ecco. E a proposito di toni, loro si fanno forti di una pacatezza a mio avviso costruita. Il contrario di Scarpa che tira i calcioni all’aria aperta, con spontaneità scottish. Scarpa gioca nei Rangers, gli Zibaldoni (non me ne vogliano i sudamericani) nel Penarol di Montevideo. I due Zib sono appunto come due difensori uruguagi, come un certo Montero della Juventus (mi scusino gli odiatori del futbal e i tifosi della Juve): uno che picchia per far male scientificamente senza farsi vedere dall’arbitro. Ma qui, caro dottore, ci sono arbitri di grido e di fischio e anche buoni guardialinee. Legga comunque tutto, se vuole, vedrà che mi darà ragione. Su Anna vorrei dirle che fa bene a cercare di farla ragionare in modo sereno. Lei e Montanari avete fatto molto in questo senso. Io seguo spesso i post dell’Anna, non li condivido spesso, ma li apprezzo sempre. Sono d’accordo con lei (con Anna) che lo scontro fratricida è brutto. Ed è evitabile. Ma questo, Anna, non è uno scontro tra fratelli (colcoltelli???). Qui, anzi li, dall’altra parte del web barricadero, ci sono due provocatori, io credo, che fanno autopromozione attaccando, e sto usando le parole della Benedetti che, sono d’accordo con lei, Carotenuto, potrebbe intervenire di più; ma forse è anche vero che non può o forse non lo ritiene opportuno per ragioni sue che, in ogni caso, vanno rispettate. Non c’è da dare il massimo della pena a De Vivo e Virgilio tramite ovviamente sgozzamento COL COLTELLO… No, c’è da capire che qui si è arrivati al muro contro muro, e non c’è buon proposito che tenga. Mi dispiace, ma in questo Luminamenti l’ha illuminata. Non so per certo se gli Zibedei siano in malafede. Forse sono anche esacerbati, forse il loro è anche un problema di comunicazione. Ma mi creda, Carotenuto, io all’inizio non capivo bene, poi ho letto e compreso. Lei ha ragione da vendere quando scrive che loro si criticano da soli ma non se ne accorgono. E farebbero bene ad avere un pò più di umiltà, aggiungo io: “copiando” un pò da NI che non è la Cuccagna Telematica ma è un posto di confronto e di idee. Io sono un semplice lettore qui, ma posso intervenire come può lei, posso dire la mia a tutti, sempre mantenendo, questo è fondamentale, il rispetto per l’altro. Su Zibaldoni cosa si fa? Non nego che ci siano articoli fatti molto bene, a me era piaciuta in particolare la pubblicazione di alcuni inediti di Walser; insomma, non è che siano dei cialtroni, i due. Sono, più che altro, intellettuali seriosi, ecco. Io tendo sempre a sottolineare, quando posso, la notevole differenza tra serietà e seriosità.
    Bene, ne approfitto anche per ringraziarla per l’attestato di stima nei miei confronti di qualche suo post fa.
    Con altrettanta stima,
    Franz

  125. Ho letto g carotenuto la sua risposta. Comprendo ciò che la anima ma il discorso può finire qui, dopo quello che anna d’antonio ha sviscerato: di se stessa!
    Non c’è nessuna verità o ragione che si possa cercare insieme in chi offende gratuitamente, insulta, esprime valutazioni sui singolo individui e si agita scompostamente.
    La maleducazione è male dell’anima prima che civico! Non ha nulla a che fare con il voler capire ( a parte capire il male dell’anima di chi ce l’ha! ma questo non è compito che tocca a me sbrogliare dell’altrui difetto, non ho un contratto)
    In quanto alla questione dei Zibaldoni, su cui mi sono speso molto poco in Nazione Indiana, scriverò un lungo articolo che manderò ai Meravigliati, dove spiegherò per filo e per segno il loro mondo dell’approsimazione.
    Eppure sono intelligenti, ma capita che si sbaglia. Tutti.

  126. carissimo krauspenhaar, oltre che la stima, anche la simpatia è reciproca, e la ringrazio molto per il suo brillante intervento. si, quello che lei dice è una spia di un malessere. quel COL COLTELLO fa davvero pensare, è vero quel che lei dice con arguzia.e anch’io credo come lei che i signori degli zibaldoni non siano persone poco intelligenti ma che forse esista un problema in loro, questo per la verità lo ipotizzo io. un problema forse, me lo conceda, di tipo psicologico. lei mi ha messo forse sulla buona strada, caro krauspenhaar, e io farò tesoro di quanto lei mi dice. ma lo stesso continuerò la mia indagine. non per dir male di chicchessia, assolutamente no. anzi, è probabile che il risultato delle mie indagini (non poliziesche o da questurino, ma semplicemente psicologiche, sia chiaro)rimarrà conservato nella mia riservatezza di psicologo.grazie ancora per le sue parole piene di vigore e passione.
    con i miei saluti più cordiali,

    carissimo luminamenti,lei dice bene: capita che tutti si possa sbagliare. farò tesoro di quanto mi dice, e mi scuso con lei se ho acceso un pò i toni, ma io, glielo ripeto, non posso finire qui il discorso, l’argomento è serio.attenderò il suo articolo sugli zibaldoni con vivo interesse comunque.
    con i miei saluti più cordiali,

  127. caro carotenuto, con tutto il rispetto, ma le pare di essere credibile? fa tanto il saccente e poi ha come indirizzo e.mail fbriatore@lycos.it… quali assurde commistioni psicologiche ci sono dietro se non una enorme presa per il culo ai danni di tutti? ma mi faccia il piacere!

  128. caro signore, non voglio fare gazzarra con lei, oltretutto lei mi pare in malafede. pubblica un indirizzo email peraltro non più attivo – lo usai a suo tempo per qualche mio esperimento sulla comunicazione via internet,se vuol proprio saperlo. e ho usato qui questo indirizzo perchè era il primo che ho trovato. vede, non metto il mio vero email per ragioni che forse lei, se vorrà essere più attento alle cose e più onesto intellettualmente, certo comprenderà. la lascio alle sue assurde commistioni psicologiche, la cito volentieri. quell’ indirizzo lei lo pubblica ma essendo visibile a tutti nessuno prima di lei ha messo in dubbio la mia buonafede. poi è arrivato lei. si tenga pure la sua malafede di blogger col passamontagna.
    a non più rileggerla.

  129. Credo che l’intervento di Montanari sia molto serio e importante, ma voglio leggere anche quello che hanno scritto gli altri dopo, sto appena ricollegandomi, ieri sono stata via. Leggerò e dirò, perché ho diverse cose ancora da dire. Carotenuto, non si preoccupi, non c’è bisogno di mettermi alle strette con frasi tipo “ne va dell’onestà intellettuale sua” (cioè mia) per per parlare: io parlo quando ne ho voglia, ma me ne assumo sempre la responsabilità. Penso di averne data piena dimostrazione. A presto e saluti a tutti. A.

  130. Dicevo, dunque, che l’intervento di Montanari è importante. Lo è perché nelle sue parole si riesce finalmente a vedere un punto di distacco da cui osservare la faccenda. Tutte le cose umane andrebbero sempre guardate, quanto prima è possibile, con distacco – non fosse altro per scoprire il lato futile e ridicolo di tutto quello che diciamo e facciamo. Un tale, analogo distacco io ho notato nella presentazione della discussione sulla “comunità” a opera di ZIBALDONI (è chiaro, Franz, che hanno fatto una sintesi, anzi, per fortuna, giacché “tutto” il dibattito con “tutte” le sue sbavature sarebbe stato francamente insostenibile: De Vivo e Virgilio hanno fatto un vero lavoro “da scrittori”), e ora vedo che anche in NI c’è qualcuno che comincia a pensare a quello che è successo con spirito serio e critico, senza farsi travolgere dalle emozioni.
    Tutti dovrebbero assumere questo atteggiamento attento, prima di lanciarsi a capofitto nella rissa delle opinioni. Cosa che non fa, invece, il signor Franz, che parla di tutto un lavoro letterario di altissimo pregio, come quello di http://www.zibaldoni.it, soffermandosi soltanto su una rubrica, COL COLTELLO, che può essere indice di quello che si vuole e può anche non piacere, ma è una parte piccolissima di un sito che presenta testi inediti di alcuni grandi scrittori italiani e si fonda su un progetto (ZIBALDONI e MERAVIGLIA) che mi sembra originalissimo. Be’, questo, secondo me, avviene perché Franz va di fretta a esprimere la sua opinione e non medita a sufficienza su quello che dice. Ed è proprio tutto ciò – una tale mentalità da “blogger”, diciamo – che rovina spesso i migliori e più appassionanti dibattiti. È questo “voler dire” e “voler mostrarsi” che rende tutto superficiale e inutile, e anch’io sono tentata spesso di starmene per conto mio. Senza considerare, poi, il fatto che COL COLTELLO è una definizione del padre Dante e sarebbe come dire ETERNO DOLORE o PERDUTA GENTE – e cioè frasi così autorevoli e tradizionali da essere indiscutibili. Indiscutibili perché il loro valore di traslati è chiarissimo. Io non so quale dimestichezza il signor Franz abbia con il CONVIVIO dantesco, ma gli suggerirei di considerare più attentamente l’affermazione che usano i due zibaldoniani anche alla luce di una tradizione letteraria che non è detto che dobbiamo sempre calpestare e dimenticare. Altrimenti è chiaro che poi ha facile gioco il dottor Carotenuto (non me ne voglia) a intervenire e dire – alquanto comicamente – che chi usa una espressione come COL COLTELLO ha qualche “problema psicologico”, senza nemmeno immaginare la portata metaforica, tradizionale e autorevole di una tale affermazione, chiaramente utilizzata da De Vivo e Virgilio con fini encomiabili di critica allo status quo. Così facendo, invece, leggendo “letteralmente” (ma la scrittura ha più “sensi”…), si banalizza tutto e si riduce tutto a patologia o psicologia. Ma qui, lo ricordo ancora, si parla di letteratura, fratelli cari, e se non avete gli strumenti per comprenderla, perché vi accanite tanto a frequentarla?
    Torno a Montanari. Il suo distacco gli consente ora di vedere come stanno veramente le cose, e questo è un bene. Vorrei però che vedesse anche che se una tale discussione continua, vuol dire che non sono tutte “pippe” quelle che stiamo dicendo, e che di conseguenza certe prese di posizione sono assolutamente da stigmatizzare. Riguardo al “noi”, poi, avrei ancora da aggiungere che non è così semplice parlare di… pronomi. Stare insieme ma non essere un “noi” è difficile da sostenere come tesi, anche perché, volenti o nolenti, uno spirito di gruppo si crea sempre. Ma su queste cose voglio riflettere meglio. Per adesso, dico solo che sarebbe proprio bello vedere in azione in un incontro dal vivo tutti i protagonisti di questa tenzone, anche se mi auguro che non vada a finire a “tarallucci e vino”, come dicono a Napoli. Io spero che vada avanti il dibattito, non che diventiate amici. In questo caso (ma solo in questo…) per me l’amicizia è del tutto secondaria, davvero. “Secondaria” perché viene dopo la chiarezza e l’onestà intellettuale.
    Saluti.
    A.

  131. cara anna, lei ha letto montanari, la sua replica importantissima, la più importante per lei e in generale, ma ha letto perlomeno anche me. bè, non metto in dubbio che lei parlerà quando ne avrà voglia, e mi scusi se l’ho indotta- senza volerlo, mi creda- a pensare di aver io voluto forzarle per così dire la mano. rispetto troppo lei e le persone così come sono per permettermi simili atteggiamenti.
    riguardo al prendersi piena responsabilità delle sue scelte lei ha pienamente ragione parlando di sè stessa e questo le fa ovviamente onore.
    a presto, con i miei saluti più cordiali

    ps. ora torno a riposare. tornerò lunedì, sperando di trovare nuovi interventi tesi alla costruzione. grazie.

  132. Cara Anna, ti lascio molto volentieri alle tue considerazioni sulla letteratura, alla tua arroganza intellettuale (e immagino non solo). Grazie per la lezione. Le mie frequentazioni con Dante risalgono a quando tu, forse, avevi i calzoncini corti e non ancora gli shorts. Poi ho letto molto altro, ma non sto qui a far sfoggio di cultura e a parlare di quanto sono ( o non sono)bravo. Per te l’amicizia è secondaria all’onestà intellettuale? Dici cose che Carotenuto o chi per lui dovrebbe esaminare attentamente.
    Si, vado di fretta, scrivo di fretta, il tempo fugge, e io non ho più voglia di annoiarmi con te e con altri saccentelli del tuo “calibro”.

    Buone letture e buone discussioni, mia cara,

  133. Dimenticavo, Anna: la mentalità da blogger è una mentalità che appartiene “forse” anche a te, se vai a rileggerti certi tuoi commenti precedenti. E sulla frequentazione della Letteratura, beh, qualcuno qui la frequenta dall’interno, e, se mi concedi questa espressione, facendola: in piena libertà creativa. E senza compromessi. Faccio però una rettifica al mio mail precedente: hai detto che l’amicizia “solo in questo caso” è secondaria all’onestà intellettuale. C’è una differenza, è vero. E dunque non ti consiglio più di prestarti alle cure del simpatico Carotenuto. Ma l’arroganza resta; e dunque prendo a prestito ora un pò del tuo distacco da studente e torno a occuparmi “dall’interno” di quella cosa che tanto ci appassiona. Sperando di fare sempre meglio.
    Ancora buone letture, scritture e discussioni qui e altrove.

  134. Ecco, cari Carotenuto e Montanari, il tipico atteggiamento di stizza da blogger che non accetta di essere messo in discussione, e invece che argomenti, porta rabbia e aggressività: cosa ho mai detto di “arrogante” a F. K. io? Mi sembra solo di avergli fatto notare, con il mio tono accesso, va bene, ma gli ho solo fatto notare che tutta la sua analisi patologica si svolgeva su una frase di Dante, non sulle fisime di due malati di mente, come invece lui sembra continui ancora a consdierare i due di ZIBALDONI. Ma, mentre io posso far passare pure le sue considerazioni su De Vivo e Virgilio perché in fondo sono cose personali sue, non posso certo tacere l’ignoranza dell’origine della definizione COL COLTELLO. Non vi pare? E Franz che fa? Si arrabbia e mi dà addosso. In che modo? Mettendo avanti la sua AUTORITA’ – BLABLABLABLA… cioè dicendo io scrivo, io questo, io quello, io Dante lo conoscevo, eh, eccome se lo conoscevo!… E’ questo che mi demoralizza molto, a volte, questo parlare in posizione di corpo fallico (come direbbe Helena, che saluto), di ergersi per aver ragione a tutti i costi. La differenza (e qui saluto Montanari) tra i miei post pacati dell’inizio e gli ultimi, c’è perché all’inizio mi sembrava che stessimo entro certi limiti, limiti poi ampiamente superati in senso negativo dalla Benedetti. E’ da quell’occasione che mi sono arrabbiata, forse troppo, lo so, ma quella mi è sembrata una cosa gravissima. Ciao. A.

  135. Dai Anna, fà la brava, è sabato sera. Che fai stasera, a proposito?…
    Veramente, non ho niente contro di te; e lascia perdere il “corpo fallico”, “l’ergersi” e tutte queste cose che a me, sinceramente, fanno un pò ridere. Ma certo che De Vivo e Virgilio (che saluto, visto che tu saluti Helena-che non conosco-, io saluto gli zibaldoniani)non sono dei malati di mente! Fanno i provocatori, e va bene, avranno le loro ragioni, che ti devo dire.
    Sull’autorità, Aniuska, lascia perdere proprio, perchè non è il caso. Io qui sono per imparare, per essere stimolato, per riflettere. Sono un uomo (nel senso di Mensch) e dunque mi posso anche leggermente incazzare se trovo certe prese di posizione nei miei confronti non proprio confacenti alla realtà. E lo vedi, Anna, che il tuo sbandierato “distacco” va a farsi, mi perdonino i lettori, fottere? Bene, hai salutato anche Montanari, hai messo in ballo Carotenuto (che saluto anch’io assieme a Montanari-l’unico qui che ho conosciuto personalmente); insomma, ti dai da fare.
    Vogliamo però sotterrare l’ideale (si fa per dire) ascia di guerra e discutere in modo un pochino più disteso?
    Nella vita c’è anche la prosa, non solo la poesia…
    Un ciao,
    Franz

  136. Magari Dante l’avete letto tutti e due, che ve ne pare? Comunque: io continuo ad avere forti perplessità sull’opposizione speculare bloggers vs. scrittori proposta dagli Zibaldoni. A parte alcuni, qui colgo solo voci di persone (Menschen, Franz)colpite da qualche parola percepita come insultante – può essere, appunto “blogger”, può anche essere un “pippa” di Carla Benedetti cui avevo attribuito una connotazione in realtà piuttosto lieve. Per me Benedetti cercava un tono per sdramatizzare la facenda della lettera, per chiudere la querelle intorno a quella, non liquidare una discussione alla quale non credo sia disinteressata.
    Ma, anch’io, come tutti voi interpreto testi non corredati da voci, gesti, espressioni facciali ecc.(Di recente non ho avuto contatti con lei, vi assicuro).
    COL COLTELLO. Poteva anche chiamarsi “COL ASCIA”, alludendo all’ascia nel mare di ghiaccio di cui parla Franz Kafka, avrebbe fatto un effetto ancora più sinistro. Tanto per dire. Non ha senso, secondo me, aggrapparsi a questo, mentre anch’io qualche volta ho trovato parecchio problematiche certe espressioni di Zibaldoni. Scusate se ora non voglio entrare nel merito. Mi sembra più importante un’altra osservazione. Scrivere (molto più che parlare) nasce dal bisogno di affermare qualcosa di sé, di oggettivarlo, ma anche, al contrario, di trovare ascolto. Non esiste comunità presente passata o futura che possa sciogliere questa contradizione. E’ dentro di essa che comunichiamo. Forse è anche per questo (so di non aver detto una gran novità) che fraintendersi in questo mezzo risulta così maledettamente facile.

    Buona notte a tutti

  137. Io sono d’accordo con helena e anna, via i coltelli e via le asce, e via anche i fallocrati. Però non sono d’accordo che il mezzo di comunicazione ci fa fraintendere, altrimenti anche il telefono, anche il fax, anche la radio – non avendo “corpi” – dovrebbero provocare gran casini. Secondo me, allora, se sapessimo veramente scrivere, non ci fraintenderemmo perché la Scrittura, con la miauscola, non è mai frainteso, come si capisce da certe riflessioni di De Vivo e Virgilio su scrittura zibaldoniana vs scrittura bloggistica. O forse a noi interessa più azzannarci, digrignando canettianamente i denti in sorrisi minacciosi, che Scriverci. Siamo un po’ ignoranti, un po’ bestie. Siamo – cioè – uomini.

  138. Canetti sapeva benissimo che la possibilità del fraintendimento è inevitabile, insopprimibile. Non esiste una buona scrittura, in questo senso.
    Il linguaggio è intrinsecamente ambiguo.

  139. D’accordo, il fraintedimento è scontato, ma non nei termini in cui io intendo la Scrittura, con la maiuscola per distinguerla dai tanti imbrogli che ci sono in giro. Ultimo esempio, che ho rintracciato, sempre a proposito di questo dibattito, nel sito di Giulio Mozzi. Cosa fa Mozzi? Come fa, di solito? Isola un frammento, una frasetta, da un testo composito e (immagino per lui) incomprensibile, e vi costruisce su un teorema intricato tendente a far fraintendere tutto a chi ascolta, spesso ingenuamente. Nel caso del testo sui bloggers dei due zibaldoniani, ha isolato la frasetta sulla “verità” (citata anche da Scarpa) e vi ha costruito su addirittura un teroema sulla paranoia (!!!). Ma si può continuare a dare credito a chi scrive, con una minuscola troppo piccola, simili cose, in queste maniere fraudolente e depotenzianti? Mozzi è, a mio avviso, un tipico esempio di imbonitore informatico dell’epoca attuale. ANNA.

  140. Grazie a Helena per l’intervento. Qualcuno di a me molto caro ogni tanto mi diceva “sei Mensch!”, un bel pò di anni fa. Appunto, persona. Essere umano. Si, non ha senso aggrapparsi alla parola anche se rimango della mia opinione per quanto ne riguarda l’uso improprio. E, anche per questo, Il coltello io non lo nominerò più. E nemmeno l’ascia. Grazie anche a Luminamenti per la sua bella frase.

  141. Qualcuno, un artista, è grande se, completamente puro, perifrasa un modo di giocare delle possibilità umane; e nel farlo potrà ovviamente anche urtare particolarmente i nervi al prossimo (pensavo per esempio a Robert Walser).
    In questo senso è grande, Mozzi.
    Ma una volta che uno riesce a tenerli a freno i suoi nervi, ci si accorge del gioco e si rimane indifferenti (e si gioca). Cioè non resta molto da prendere sul serio. E’ segno del tempo! Tutt’al più il gioco può servire per mantenere la propria salute.L’esito di Walser è differente, simile solo il mezzo.

  142. cari amici di ni, accendo il pc dopo un pò di riposo e di studio e trovo una delusione: mi vorrà perdonare la gentile anna, ma è proprio lei che mi delude. credevo potesse -anzi fosse in grado, da un punto di vista morale-di capire. invece mette il carico da 11 cercando di svilire il discorso di fk, si appoggia al significato de COLCOLTELLO. ma gentile anna, è chiaro il richiamo a dante, certo però che quella parola può far pensare ANCHE AD ALTRO. e a me ha fatto pensare anche a questo ALTRO,che poi è il nudo e crudo COLTELLO, anche perchè come promesso ho letto zibaldoni con attenzione -naturalmente non del tutto, da leggere c’è tanto-ma insomma, come scrive la janeczek, ci sono anche altri problemi diciamo così espressivi in zibaldoni. sui problemi letterari, e le dispute inerenti, lascio volentieri il giudizio ai letterati qui presenti. certo è che il modo di procedere dei signori de vivo e virgilio, il loro argomentare, non è, consentitemi il giudizio, dei più limpidi. qui mi fermo, per ora. cercando nei prossimi giorni, compatibilmente con gli impegni, di fare in me sempre più chiarezza.
    con i miei saluti più cordiali

  143. Carotenuto, senta, se dobbiamo ricominciare a parlare delle “persone limpide” o dei “problemi”, io me ne sto da parte, mi dispiace e non me ne voglia. La mia replica a fk era pertinente a un discorcso letterario, di Scrittura, come ho detto parafrasando Giusy poco fa. Chi vuol intendere intenda. Ma anche chi vuol fare le analisi, le faccia pure, per carità, non voglio certo censurare nessuno. Però non cerchi di coinvolgermi. Grazie e scusa. Ciao. A.

  144. I conti continuano a non tornarmi molto, qui dopo 150 post Anna e i suoi amici hanno messo nell’angolino del disonesto/imbecille: la Benedetti, Helena Janeczek, Voltolini, Montanari, Mozzi, Scarpa…cioè alcune delle forze migliori per qualità del loro lavoro e impegno civile che possiamo trovare in Italia. Ma secondo voi se Anna (e i pochi amichetti tipo tazza di caffè) fosse in buona fede si comporterebbe così? Il tutto poi condito con insulti di una volgarità rivoltante a Luminamenti e a altri. Ragazzi: Anna ci pensa su tre ore a cosa può dire per farvi incazzare, questa è roba premeditata per farvi perdere tempo. E aveva ragione Benedetti questa discussione è veramente una “pippa”.

  145. Ed eco anche l’immarcescibile Barbieri, Carotenuto, lui sì, un vero provocatore. Mica discute gli argomenti utilizzati verso gli argomenti delle “forze migliori”? No, lui, in puro stile di provocatore navigato, mi mette in bocca parole che non ho mai detto (“imbecille”) e la sposta su un piano personale che non mi appartiene, che anzi io ho sempre tenuto lontano. E a proposito, Carotenuto, le faccio notare che il post di fk è quello a essere deludente, non le mie annotazioni su Dante. Legga bene, e poi mi dice. Ma se ritorniamo all’atmosfera da “pipparoli” alla Benedetti/Barbieri, va bene, me ne starò zitta una volta per tutte. A.

  146. Anna D’Antonio: “e la sposta su un piano personale che non mi appartiene, che anzi io ho sempre tenuto lontano”.
    Ci vuole una bella faccia tosta per dire tale cosa! Basta leggere ciò che ha scritto…
    La cosa più semplice e dignitosa sarebbe chiedere scusa per la volgarità, poi forse si può parlare serenamente (non con me necessariamente, non m’interessano le ministre riquariate!)

  147. cara anna, lei si è inequivocabilmente messa nel ruolo di protagonista di uno psicodramma che sta diventando, purtroppo, una vera e propria farsa da torte in faccia. è molto scorretto da parte sua, me lo lasci dire, questo continuo spostare il tiro. da krauspenhaar (il cui post non è affatto deludente, a mio avviso, lo rilegga bene anche lei) al sito di giulio mozzi. poi sposta di nuovo su barbieri. nel mentre, chiama in causa giusy parafrasandola. io credo che barbieri non abbia torto. forse i suoi toni sono accesi, diciamo animati da passione (io vi leggo questo, me lo concederà, anna)ma alla fin fine il suo breve discorso fila. naturalmente lei, anna, mette in ballo anche me, e naturalmente quando le fa comodo. perchè quando le fa comodo asserisce che io argomento “comicamente”, quando le fa comodo mi chiama in causa con montanari pr colpire fk, quando le fa comodo chiama in causa giusy parafrasandola, quando le fa comodo ecc.ecc.
    nessuno credo le vuol dire di stare zitta, cara anna, ma almeno, mi permetta, intervenga per costruire e non per svilire. è un discorso anche umano e, che le possa piacere o no, io mi muovo da simili discorsi. lei parli pure di letteratura ma lo faccia, la prego, con onestà intellettuale.
    saluti

  148. Sì esatto a questo punto con te Anna la metto sul piano personale, ad personam, perché sono sicuro che i tuoi argomenti (ma rileggendo sopra sembra una definizione ipergenerosa, vero?) sono artefatti, che tu “ci fai”, e con questo comportamento stai offendendo parecchia gente gratuitamente, e fai perdere tempo distogliendo l’attenzione da parecchi articoli di valore postati questo mese.

    Vorrei segnalare anche una bella recensione a “Antracite” di V. Evangelisti, apparsa sul blog di Genna, I Miserabili, che io immagino scritta da Luminamenti in sincronia con la scrittura di un post carico di insulti da parte di Anna. Appunto, c’è chi sceglie il coltello e chi la matita, magari tedesca.
    http://www.miserabili.com/archives/004549.html

  149. Buonanotte a tutti, comtinuate a farvi le “pippe” da soli. E visto che siamo sul personale, caro Barbieri, devo proprio dirti che una persona che si fa distogliere l’attenzione senza nemmeno accorgersene è quantomeno uno stupido. Anche tu stai accusando di stupidaggine tutti quelli che stanno parlando qui dentro, e te per primo, che adesso te ne vieni a parlare di Evangelisti che non c’entra nulla, e lo fai solo perché stanno “toccando” i tuoi assisititi e ti fa rabbia che non si parli di loro, ma di argomenti seri. Sei il tipico blogger, il tipico assalitore dei discorsi altrui, ora capisco perché la deludente Benedetti ti abbraccia e ti bacia di continuo. Ma non se ne può più, cari miei! Siete noiosi. Ci sono certe persone che non si possono “toccare” perché hanno un’autorità inspiegabile, anzi appena si “toccano”, cioè se ne mettono in discussioni gli argomenti, si fanno delle “offese”; invece sugli altri, chiunque essi siano, Berlusca o zibaldoni o altra gente, è lecito gettare qualsiasi tipo di fango. Siete messi male, e io vi saluto una volta per sempre. Tanto lo psichiatra ce l’avete, state tranquilli. A.

  150. si, lo psichiatra c’è. e ce ne sono di ottimi anche a campobasso, ottimi colleghi.
    la lascio, anna, alle loro cure.
    auguri di pronta guarigione,

  151. Che sta succedendo qui dentro? Siamo a 160 interventi e nessuno, che non fosse un addetto a (questi) lavori, capirebbe più il senso delle cose. Io ho considerato chiusa la discussione un po’ di tempo fa, e non intendevo più parteciparvi. Intervengo ora perché un commento mi sento di farlo ancora sulla vicenda. Forse questo gran numero di messaggi non mai raggiunto prima in Nazione Indiana qualche cosa vuol dire. La mia sensazione è che tutti temano di finire una discussione iniziata male, con uno Scarpa che mistifica le tesi di De Vivo e Virgilio, senza rendersi conto che così facendo diminuisce di molto se stesso dinnanzi ai suoi lettori, e una Benedetti ridotta all’afasia che non riesce ad articolare un serio pensiero critico sulle questioni poste sul tappeto. Io credo che i cortigiani dei due su menzionati intervengano in massa per questo motivo, perché non sopportano che qualcuno critichi la loro mancanza di idee. Anna D’Antonio ha ragione da vendere quando dice che qui nessuno riesce ad articolare un discorso letterario. E che nessuno riesca a parlare seriamente di letteratura, anche questo io credo abbia un fondamento. La ragione è che chi vuole occuparsi seriamente di letteratura deve lasciar perdere ogni altro interesse e discutere di idee, le quali naturalmente non vengono quando si deve difendere il proprio spazio vitale. Viene fuori solo l’arroganza e la violenza verbale. L’interesse che qui si sta difendendo è una concezione della letteratura molto distante da quella proposta dai due zibaldoniani, una concezione individualistica e spettacolare della letteratura, che prevede uno spazio virtuale dove di volta in volta si avvicendano, come nella vetrina di una libreria, i bei nomi del mercato letterario contemporaneo, magari “mercato alternativo”, ma con gli stessi, se non peggiori, difetti di quello ufficiale, dove gli argomenti variano come il variare dei menu in un ristorante à la page, ma, di fatto, tutti mirano altrove, alla ricaduta pubblicitaria che può derivarne. Forse in ciò anche gli zibaldoniani hanno peccato, poiché a tutti è evidente che essi hanno cercato di far valere le proprie idee fuori casa, su una ribalta più grande della loro. Scarpa forse in questo non si sbagliava. Ma sono stati degli ingenui, perché gli indiani hanno la loro riserva e non ammettono estranei.
    Come i due zibaldoniani, anche Anna è stata identificata come un corpo estraneo, ed ora deve essere espulsa, in omaggio ai principi democratici che vigono in Nazione Indiana. Si rassegni anche lei, lasci perdere, non ne vale la pena. Se proprio vuole, chieda ospitalità a “Zibaldoni e altre meraviglie”, come ho fatto io, che sono stato accolto con un pezzo che uscirà sul prossimo numero (lo so, mi sto facendo pubblicità, tanto è gratis), così Scarpa non potrà più dire che non ho pubblicato nulla (già sento che sarò famoso…). Scriva anche lei, cara Anna, per Virgilio e De Vivo e lasci perdere i Carotenuto, i Barbieri e tutti gli altri cortigiani. Smetta di rintuzzarli e di perdere tempo. Il lettore che ha seguito il dibattito sa bene a chi dare ragione e a chi torto, e quindi non vale la pena continuare.
    Ecco, queste cose volevo dire, e le ho dette. Adesso, continuate pure o non continuate.
    Saluti.
    Gustavo Paradiso

  152. Cara Anna, prima di andare, il viatico! questa antologia di tuoi interventi altamente analitici, coi quali dimostri di non essere proprio il tipo che liquida le persone:

    “velocemente a luminamenti. la sua interpretazione da manuale scolastico di leopardi fa ridere chi ha letto veramente leopardi (e non i bignami).”

    “ma qui, come dicono de vivo e virgilio, si discute di essere leopardiani che è ben altra cosa della fumosità nichilista e postmoderna di cui vai blaterando tu con sufficienza da manuale
    scolastico (rivolto a Luminamenti)”

    “Carla Benedetti è venuta qui dentro a regolare i suoi affari personali”

    “le urla ciniche di Scarpa”

    “Luminamenti, un altro portaborse del segretario, a me ben noto, purtroppo… chiacchierone e guastatore, nonché megalomane.” (Anna, ma chi è il “segretario”?)

    “Su Lumina stenderei il pietoso velo della commiserazione, che forse al suo falso spirito chiesastico può far bene.”

    “caro Scarpa, dici anche che non hai problemi per le offese che ti vengono rivolte, ti pregherei di non dimenticare, quando ne fai il riepilogo, la più importante e grave, che ti è stata fatta qui dentro: “QUESTURINO”. Te lo ricordo, così, perché se ne fai la collezione può tornarti utile.”

    “Scarpa per il quale, sacrosantamente, Paradiso l’ha definito “questurino fascistoide”.”

    “viene il sospetto che sia tutta una questione di posizioni di potere, alla fin fine, anche in nazioneindiana, e allora è triste, davvero molto triste.”

    “Caro Scarpa, tu tenti di dissolvere nel nulla o di riversare sugli altri i tuoi limiti e i tuoi comportamenti irresponsabili e offensivi. Ma il pubblico, stai (poco) tranquillo, è più saggio di quanto pensi, e prima o poi ti si rivolterà contro. Stammi bene.”

    “Mi fate PAURA”

    “la polemica ad personam in un contesto intellettuale. È la cosa più vergognosa che esista, …Perciò mi sono molto arrabbiata anche per Carla Benedetti e per le sue letterine acide che volevano privatizzare (ad personam appunto) qualcosa di pubblico.”

    “Be’, questo, secondo me, avviene perché Franz va di fretta a esprimere la sua opinione e non medita a sufficienza su quello che dice… questo rende tutto superficiale e inutile, e anch’io sono tentata spesso di starmene per conto mio.”

    “E’ questo che mi demoralizza molto, a volte, questo parlare in posizione di corpo fallico (come direbbe Helena, che saluto), di ergersi per aver ragione a tutti i costi.”

    “mi sembrava che stessimo entro certi limiti, limiti poi ampiamente superati in senso negativo dalla Benedetti.”

    “(rivolta a me) adesso te ne vieni a parlare di Evangelisti che non c’entra nulla, e lo fai solo perché stanno “toccando” i tuoi assisititi e ti fa rabbia che non si parli di loro, ma di argomenti seri”

    A quest’ultima cosa, rispondo che volevo far vedere bene la differenza tra Luminamenti e te, Anna, oltre che richiamare la recensione che magari qualcuno si è perso.
    Ora vai pure e stai bene.

  153. Sul valore delle parole, quando sono oneste…
    Le parole si rigirano nel fuoco e mantengono infiammato il cuore colosseo, riflettendo Soli sommersi arancioni nei petali segreti di archi di rovina, sì, le incadescenti spine d’amianto e i sibilanti fiori di fiamma riflettono le cellule del cuore scarlatto e il colosseo continua a bruciare, senza un eroe, sull’orlo del buio, così le parole hanno il potere di aprirti sesamo e di rivelare quantità generose di Soli di metallo dorato nel pozzo scuro che aspettano di venire fusi e sfusi nel fuoco della molle primavera che scatta per sciogliere zolle e grumi in vene di fulgore

  154. Caro Gustavo, ti ho sempre citato come avversario leale e intelligente nella querelle estiva sull’etimologia.
    Per questo, cioè per il fatto che non ho mai cercato di delegittimarti come interlocutore, posso forse permettermi di dirti che il nocciolo del discorso che fai è sostanzialmente sbagliato.
    Qui nessuno parla a vanvera per farsi pubblicità, per il banalissimo motivo che i volumi di vendita che hanno i libri degli scrittori presenti su NI sono sì inferiori a quelli di Baricco, Maraini e compagnia, ma sono tali per cui ottenere 30 o 50 o 100 o 200 lettori in più venendo in questo sito a blaterare e “mettersi in vetrina” non cambierebbe nulla. Ma proprio nulla. Fra l’altro noi non abbiamo la minima idea di quanti seguano il nostro blog, perché non abbiamo un counter; dubito comunque che si tratti di migliaia di persone!
    Stando su un piano micragnoso di puro utilitarismo, a me converrebbe 100.000 volte di più dedicare il mio tempo a scrivere un paio di articoli per i mensili, o a fare un paio di presentazioni in più dei miei libri nei luoghi deputati, o a inventarmi eventi, programmi radiofonici o televisivi in cui infilare la mia faccetta e il mio libretto, piuttosto che scrivere, come dicevo ad Anna, migliaia di righe per discutere un’etimologia o altro.
    La verità è che l’unica pubblicità qui dentro l’abbiamo fatta a Zibaldoni, occupandoci di loro anche in modo molto critico, sarcastico, quello che vuoi, ma dando loro uno spazio ENORME, come si vede benissimo anche dalla prima puntata della ricostruzione del dibattito che hanno pubblicato nella rubrica Col Coltello (ricostruzione a mio giudizio equilibrata). Una pubblicità meritata, per una rivista online che esce gratuitamente e che evidentemente, piaccia o no ad alcuni di noi, ha trovato un suo modo per farsi spazio in NI con le PAROLE. Nessuno ha pagato, o chiesto e dato favori: a parole De Vivo e Virgilio hanno provocato, proposto, ecc., a parole gli è stato risposto; da questo punto di vista tutto si è svolto nel modo più limpido che si possa immaginare, intanto che Bruno Vespa sta facendo il giro delle trsmissioni televisive per promuovere il suo cazzo di libro di merda.
    Tu sei un gentiluomo, Gustavo, o almeno con me lo sei sempre stato, passata la breve fase del “servo” ecc. Sono sicuro che potrai ragionevolmente acconsentire che qui la gente parla per passione, non per farsi pubblicità o per altri fini meschini.
    Che pubblicità si fanno Andrea e Anna, anche se dicono cose opposte? Che pubblicità si fa Scarpa? La passione a volte acceca, ma non c’è niente di “sporco” in quello che stiamo facendo, gli uni e gli altri, in questo dibattito come altrove.
    E questo vale sia per i residenti di NI (quelli che materialmente seguono il sito) sia per gli ospiti. C’è posto per tutti.
    Per questo non capisco l’irrigidimento di Anna, la sua delusione più volte affermata.
    Anna, una cosa è venire qui ed esprimersi in modo anche rabbioso, come fai tu e come fanno altri (io stesso l’ho fatto più volte); un’altra è pretendere che tutti ti si dia ragione, addirittura che ci si conformi al tuo linguaggio e ai tuoi contenuti. Infatti tu non solo critichi e ribatti (e fin qui tutto bene: è quello che facciamo tutti), ma hai pesantemente da ridire sui post che secondo te “spostano il discorso”, deviano, usano astuzie per non rispondere non si sa bene a che cosa. Hai provato a fare questo ragionamento con me, prendendo di un post molto lungo e complesso solo la parte che riguardava l’identità; poi ti sei ricreduta, penso. Barbieri cita Evangelisti e tu ti arrabbi; ma scherziamo? Uno non ha il diritto di entrare qui e citare (in PS) un libro, un sito interessante? Ti ricordi o no di quando, quest’estate, De Vivo e Virgilio e lo stesso Gustavo sono entrati in colonne di commenti dedicati ad altro e hanno “imposto” (dialetticamente, si capisce!) che continuasse lì una discussione iniziata altrove?
    Facciamo così, se ti va: vorresti riformulare la domanda di base del tuo argomentare, o di quello dei due Zibaldoni se coincide col tuo, così vediamo se abbiamo già risposto o se c’è ancora qualcosa da dire?
    Altrimenti passiamo ad altri argomenti, senza buttare via niente: voi con la vostra idea di comunità, noi con la nostra, confrontandoci su topici specifici senza continuare questo accapigliamento tutto sui preliminari.
    Saluto tutti cordialmente.

  155. caro paradiso, dopo questo davvero limpido intervento di montanari, non aggiungo null’altro sulla querelle.
    ma dato che mi tira personalmente in ballo dandomi ingenerosamente del “cortigiano”, le citerò una massima di un vero-ma grande- cortigiano, il duca Le Rochefoucauld:
    “l’umiltà è la vera prova delle virtù cristiane: in sua assenza conserviamo tutti i nostri difetti,camuffati soltanto dall’orgoglio che li nasconde agli altri, e spesso anche a noi stessi”.
    un caro saluto a tutti,

  156. Uhm, anch’io sono incluso tra i “cortigiani”. Mi pare che il post di Montanari sia chiaro, nel senso che parla di passione, quindi basta dire che lo condivido.

  157. Caro Montanari,
    sulla tua passione non nutro dubbi e non nutro dubbi neppure su quella di chiunque la dichiari. Sono un uomo in buona fede e come tale mi comporto. In più, per quanto ti riguarda, io non ho difficoltà ad ammettere che tu, almeno a partire dal nostro chiarimento estivo, sei sempre intervenuto in modo corretto nel dibattito in corso. Ma dimmi un po’, cercando anche tu di essere franco: puoi dire la stessa cosa di Scarpa e di Benedetti? Puoi cioè affermare senza tema di essere smentito che Scarpa e Benedetti abbiano dato un benché minimo contributo alla discussione? Vedi, caro Montanari, anch’io ho riletto la discussione estiva sul tema della comunità che i due miei amici De Vivo e Virgilio hanno selezionato in COL COLTELLO e devo dirti che dapprima mi sono stupito non poco notando che avevano eliminato tutte quegli interventi nei quali la polemica era più feroce e anche più risolutiva (es. i miei sull’etimologia di communitas nei quali –scusami se te lo rammento- ti davo il benservito). Poi però ho capito che la selezione non era stata fatta con l’intento animoso di mettere in cattiva luce qualcuno o per additare alla pubblica esecrazione qualche comportamento non proprio limpido di alcuni redattori di Nazione Indiana, ma semplicemente per offrire a tutti i materiali di una discussione, da cui partire per capire qualcosa in più del mondo nel quale ci tocca vivere. L’equilibrio che tu hai notato in quella ricostruzione non è casuale, ma il frutto – evidentemente – di scelte precise e – credo – risultato di questa motivazione.
    Ora, rileggendo la selezione del dibattito sulla comunità ho notato che a un certo punto, al termine della lunga querelle, Virgilio e De Vivo ti chiedono espressamente di esprimerti sull’idea di comunità, e tu lo fai con un tono interlocutorio molto apprezzabile. Mi sono chiesto: perché Scarpa, malgrado le numerosissime sollecitazioni, si è rifiutato di rispondere e, quando lo ha fatto, non ha fatto altro che svilire tutto il discorso, fino a dire, dopo accurata ricerca in rete, che addirittura io non esisto? Perché la Benedetti ha fatto altrettanto, dichiarando in privato e poi in pubblico (tirata per i capelli, evidentemente) che quanto era stato detto dai due amici zibaldoniani era il nulla assoluto?
    Vedi, sono queste cose che non possono essere accettate in una comunità (e noi, che lo vogliate o no, finché discutiamo insieme, siamo una comunità) ed anzi rappresentano un vulnus quasi irreparabile. Dico quasi, perché Scarpa e Benedetti fanno sempre in tempo a ricredersi e ad esprimere pacatamente la loro opinione. Io penso di poter garantire per i miei amici zibaldoniani, che sarebbe per loro motivo di soddisfazione, dopo tanta violenza verbale, ottenere una risposta alla stessa domanda che rivolsero a te qualche mese fa, e che ora io, facendomi mediatore, così ripropongo: “Che cosa è per te, Scarpa, e per te, Benedetti, la comunità? Che cosa possiamo noi fare per renderla migliore?”. Queste erano le domande iniziali, su queste i miei amici hanno sempre chiesto una risposta che non è mai venuta. A causa di questa reticenza l’aria è divenuta così asfittica in Naz. Ind., a tal punto che ora sta diventando difficile aprire questo colonnino di commenti (a proposito, perché non ci spostiamo da qualche altra parte?)
    Io non mi aspetto nulla, naturalmente, avendo già avuto prove di una spaventosa sordità. Ma forse, rispondendo a te, questo tentativo dovevo ancora farlo, come gesto di apertura di uno che si è visto improvvisamente negare l’esistenza e la cui anima vaga nella più pura virtualità, ripetendo le domande essenziali, che chiedono ancora una risposta. Con molta cordialità.
    Gustavo Paradiso

  158. Caro Gustavo, due risposte veloci. Fra parentesi, l’idea di spostarci altrove non sarebbe male, visto che questa colonna è diventata pesantissima; ma forse non dobbiamo spostarci per continuare questa discussione, bensì piuttosto ritrovarci altrove per proseguirla intervenendo, ciascuno con la propria ottica, dove ci sentiremo stimolati a farlo. Il mio è solo un suggerimento: se vogliamo continuare qui, continuiamo.

    1. Mi permetterai di lasciare a Scarpa e Benedetti, che in questo momento sono entrambi lontani, la responsabilità di rispondere personalmente a ciò che dici. Per quanto riguardo Scarpa, per motivi di banale contiguità, ti faccio solo osservare che il pezzo di cui questa colonna dovrebbe in teoria essere il commentario tratta in modo molto chiaro della sua idea di comunità sul web. Lo fa partendo da una polemica con De Vivo e Virgilio; ma che ci siano nel pezzo di Tiziano ripetute affermazioni molto chiare del modo come lui concepisce i temi di cui stiamo discutendo, a me sembra fuori di dubbio. Si può non essere d’accordo con lui, ci mancherebbe, e non essere d’accordo affatto con il tono di voce che adotta; ma molte risposte alle domande che fai mi pare che lì si trovino di sicuro.
    2. Ehm, sulla querelle estiva e sul “benservito”. Se permetti, caro amico, ricordo brevemente a te e a chi non l’avesse seguita come si è svolta quella interessante discussione:
    – De Vivo e Virgilio citano, d’après Esposito, una etimologia della parola communitas in questo modo: facendola risalire a cum+munus e attribuendo a munus il significato di “dono”, da loro esteso, in quel contesto, a “dono della propria solitudine” (che ciascun membro della comunità offre agli altri).
    – Io intervengo alquanto scompostamente criticando l’espressione “dono della solitudine”, e lo faccio attaccando l’etimo addotto e sostenendo che munus in quel caso vale nell’accezione di “carica” (communitas da communis: “che ha in comune una carica, una responsabilità”). Del tono inutilmente arrogante di quel post mi sono scusato ripetutamente, ammettendo quasi subito che era stato il ragionamento generale dei due zibaldoni a irritarmi, e che avevo fatto male a impuntarmi su quel passaggio del loro discorso.
    – In modo brillante e documentato, tu dimostri un errore di metodo in cui sono incorso; dimostri cioè che, a causa di un’anomalia etimologica che mi è sfuggita, la parola communitas si è formata proprio da cum+munus, e solo in seguito ha dato vita all’aggettivo communis, invertendo l’ordine classico della derivazione che si riscontra di solito in quel tipo di astratti. Complimenti a te, strameritati per il lavoro che hai fatto; una pernacchia, a cui credo ti assocerai, a un paio di spiriti liberi che in seguito hanno scritto amenità tipo “dite a Montanari di studiarsi un po’ di latino”, visto che evidentemente quella era una discussione fra due persone che il latino lo conoscevano bene. D’altronde anche la professoressa di cui non ricordo il nome, che era intervenuta a mio favore, aveva detto chiaramente che se Paradiso sbagliava il suo non era l’errore di una persona ignorante, ma di un conoscitore del latino che su quel punto specifico prendeva un abbaglio. Spero che anche a me possa essere riservato lo stesso trattamento. Chiamandomi Montanari e non con il nome di un noto scrittore degli anni ’80, non starò a citare titoli, traduzioni dal latino uscite presso autori prestigiosi, ecc.
    Ho sbagliato e basta.
    Il latino lo so, e basta; altrimenti, per paradosso, non avrei nemmeno potuto sbagliare.
    – Rimane un “piccolo” problema: assodato che l’etimologia di communitas fa perno su munus, che vuol dire munus?
    – A questo problema rispondono i tuoi amici De Vivo e Virgilio, nel modo più semplice. Nel loro testo qui sotto riportato in homepage, quello all’origine della risposta di Scarpa e di ciò che è seguito, scrivono:
    “ricordiamo una volta di più che ‘munus’ significa ‘dono’ e ‘incarico’”.
    Molto interessante! De Vivo e Virgilio scrivono “ricordiamo una volta di più”, ma per la verità la loro tesi era sempre stata che “munus” voleva dire solo “dono”. Come mai ora aggiungono “incarico”? Forse, dico forse, perché la discussione è servita ANCHE a chiarire che lasciare “munus” in compagnia del solo significato di “dono” (all’origine dell’espressione “dono della solitudine” e della mia reazione) significava muoversi su un terreno non del tutto sicuro.
    A me questa loro prudenza piace molto; sarei stato deliziato se avessero riconosciuto che in questo modo mi davano almeno in parte ragione, ma forse lo faranno nell’approfondimento sulla tenzone etimologica che, come avrai letto, mio caro amico, si ripropongono di fare forse nel prossimo numero.

    Conclusione: lode e gloria a te che hai dimostrato un errore metodologico fondamentale nel mio ragionamento; complimenti a De Vivo e Virgilio che hanno comunque accolto il nocciolo di quel ragionamento, ampliando intelligentemente il significato che accreditano a “munus”.
    E a me? Be, forse non proprio il benservito. Una lezione di modestia, di sicuro.
    I latini che amiamo tanto dicevano: in una discussione, vince chi è più sconfitto da ciò che impara.
    Ti saluto sempre con molta simpatia, e rimango dell’idea che quella nostra discussione, di cui un pochino ingenerosamente per te De Vivo e Virgilio, in Col Coltello, dicono che si era “impantanata”, resta una testimonianza limpida e anche molto divertente di una piccola, ostinata ricerca della verità.

  159. Vi dirò, per un attimo ho temuto che tutto finisse “not with a bang but a whimper”. È evidente che dopo oltre 160 messaggi di risposta tutto si incancrenisse, tutto scemasse in una lagna post sbornia. Ma vedo che non è ancora così. Siamo vivi. Crediamo in quello che scriviamo. Bene, molto bene.
    Ha ora veramente importanza da dove tutto è partito? Cosa stiamo facendo un ritorno al vangelo, alle sacre scritture, senza intermediazioni?
    Il fatto che per me Dio sia morto (o neppure mai esistito) non esclude di godere al meglio di tutta la storia dell’arte. Perché è la storia il nostro prodotto più autentico. Tutto può partire da un dato assolutamente vero, o da una bugia mal detta. Di certo su quello abbiamo costruito mondi, civiltà.
    So che è archetipico il demoniaco, il mostro, il drago… ma perché esce fuori in un dato momento storico e non in un altro? Perché il profondo si mostra in certi momenti e in altri sprofonda?
    Siamo tutti d’accordo. Qui si stanno facendo le prove generali di una comunità. Avvenire? Non lo sappiamo ancora. La storia del futuro non esiste.
    Esistiamo noi ora. Umani e fallaci.
    Credo che a questo punto la Benedetti (l’articolo prima del cognome fa molto milanese, lo so… che vi posso dire: è la mia storia) o Scarpa non possano, purtroppo per loro, dire più nulla. Qualunque cosa scrivessero ora sarebbe subito male interpretata.
    Io, per quello che può servire, non ho mai pensato fosse un atto di codardia quello di rispondere in privato ad una lettera privata. Anzi (illuso?) mi sembrava pure una cosa in sé elegante. Ma forse sbagliavo, non so… così come mi sembra evidente che Scarpa ha detto tutto e oltre, “migliaia di parole”. Cos’altro deve fare? Siete d’accordo con lui? Bene. Non lo siete? L’avete detto e ridetto. Insisto: è veramente importante da dove siamo partiti? Non è molto più interessante dove siamo arrivati?
    Non fraintendete: la partenza ci segna la distanza. Leggere tutto quello che è stato scritto ci dà la giusta dimensione. Ma non è tutto lì. È il percorso, il sentiero intrapreso, erroneo, giusto, cieco, è lui la cosa, in sé, più interessante.
    Magari qualcuno chiederà scusa a qualcun altro. E quel qualcun altro tornerà ad esistere non come realtà virtuale ma come persona. Bene. Ma qui, attenzione, se vogliamo che qualcuno perda a tutti i costi allora non vince nessuno. O vinciamo tutti, o tutti facciamo tesoro, o tutti prestiamo più attenzione e meno foga alle cose degli altri, o perdiamo tutti. Al limite mi vado a leggere una rivista. Fatta e finita. Se non sono d’accordo lo dico al mio vicino di casa. Ma qui abbiamo deciso che il mio “vicino di casa” può abitare a Palermo o a Bergamo. Siamo una comunità di senso, ognuno dalla sua postazione ci riconosciamo. Che significa continuare a graffiarci perdendo di vista chi veramente ci sovrasta?
    La purezza che viene richiesta a certi scrittori è lodevole ma inverosimile. Da quando “l’intellettuale” si è “affrancato” dal principe un modo come un altro per mangiare (perché anche gli intellettuali mangiano) doveva pur trovarlo, no? Non c’è carteggio di Montale, Pasolini, Gadda, etc. che non sia un continuo lamentarsi dei soldi che mancano, del cercare collaborazioni a riviste o quotidiani, traduzioni, e chi più ne ha più ne metta. Mangiano anche loro.
    Pubblicare, ad esempio, per Mondadori pare sia diventata un’onta da lavare col sangue. E permettersi di parlare male delle politiche editoriali di quel colosso un “sputare nel piatto in cui mangi”. Un momento: non è che una casa editrice è una congrega di carità. Se pubblica un autore ha di certo il suo guadagno. Nessuno sputa da nessuna parte. Ma perché allora non pubblicare “gratis”? Gratis per chi? Perché non accettare che esiste un lavoro “intellettuale”? (sovrapagato, sottopagato, vedete voi). Perché l’arte deve essere gratuita (per l’utente, e va bene, ma soprattutto per l’artista, e va meno bene) e invece il biglietto del tram no? Io la battaglia la farei per la metropolitana gratis per tutti, altro che!
    Cosa c’entra tutto questo? Niente. Parole in libertà. O forse sì, forse c’entra. Forse dovremmo apprezzare, o meno, il lavoro di chi scrive a prescindere dal loro successo editoriale, dalla loro visibilità. Spesso mi accorgo che ottimi scrittori (o registi, o artisti) vengono disprezzati proprio perché “di successo”. Avete idea di quanto legga un italiano medio? Persino un Baricco è uno semisconosciuto ai suoi occhi. Sa il nome di tutti i calciatori della nazionale e delle loro fidanzate, ma non ha la minima idea di chi sia tale o tal’altro scrittore. Con questa realtà dobbiamo combattere. Oppure restare nel nostro guscio di noce e crederci padroni del mondo.
    Seminiamo, coltiviamo. Con cura, senza violenza, senza sprechi di tempo e energie. Prima o poi dovremo pure raccogliere, no?

    Un abbraccio, Gianni

  160. sono molto contento di questo intervento di gianni biondillo. non c’è punto di non ritorno, dunque, e biondillo ce lo spiega con evidente passione. anch’io, come lui, penso che anche l’intellettuale deve mangiare. perchè lo penso? perchè è così, è semplice. le mie perplessità di fondo rimangono, ma è interessante rileggere tutti questi interventi, questa querelle, questo scambio – a volte d’insulti – ma insomma, signori, questa è la vita, e grazie a dio o chi per lui. prima o poi dovremo pure raccogliere, scrive biondillo alla fine del suo pezzo. eh si, lo dobbiamo fare, dico io, ormai dev’essere così. la letteratura, io penso, può mantenersi pura soltanto con lo stomaco pieno. e nello stomaco ci sta anche un pò di umanissima vanità, di sacrosanto orgoglio, di soddisfazione, oltre che sacrificio, impegno, dedizione, passione, amore per quello che si fa. dunque dalle teorie sulla comunità avvenire o già venuta (io sinceramente penso, mi pare come biondillo, che la comunità sia qui e ora, e anche dappertutto, basta raccoglierci)si può anche passare, è lecito a questo punto passare, alla pratica. per pratica io intendo all’incontro. qui ci sono artisti, professionisti, studenti, e studiosi (e tutte e due le cose raccolte nella stessa persona) insomma ci sono persone di valore che fanno il loro lavoro e scambiano esperienze. la comunità esiste dentro di loro, dentro ciascuno di noi, e non ha più senso contrapporsi duramente, ora, arrivati a questo punto. si, ognuno continui col suo metodo, questo suo metodo se possibile lo perfezioni. ognuno faccia il suo discorso, ma non più promulgando “manifesti”, non più mettendo in categorie: bloggers di qui, scrittori di là, artisti puri da una parte, pennivendoli dall’altra. si, è vero quanto dice biondillo, in italia la massa delle persone non legge, forse molti sanno chi sia baricco, cioè sanno che fa lo scrittore senza averlo peraltro letto, ma nella loro diciamo così scala di valori, baricco è un nome o poco più, nella loro scala di valori lo scrittore è uno che scrive e che magari si da arie. invece totti, anche lui in libreria col suo nome ma non con se stesso (perchè le barzellette sono state inventate da altri e si, parlano di lui, ma lui è il protagonista delle “storie”, non l’artefice)è un dio del calcio. e va bene, perchè sa far bene il suo lavoro. ora sarebbe bello che gli artisti, nel ns paese e anche nel mondo, fossero più considerati, sarebbe bello che fossero tutti puri e veri. e molti di loro effettivamente lo sono, prova ne è in fondo la passione che i partecipanti hanno speso in questa specifica tenzone. nell’intimità solitaria della propria scrittura. è assurdo tentare di buttar via le differenze, perchè le differenze, le diversità sono un patrimonio. totalizzare in uno o più manifesti, lo ripeto, non ha senso. non cerchiamo un lieto fine alla discussione, ma nemmeno riprendiamo lo scontro. piuttosto, riprendiamo a lavorare con la convinzione ancor più rafforzata, forse, che la strada da seguire è la strada dell’impegno serio e del confronto altrettanto serio, che la strada da seguire è l’onestà intellettuale e morale, che per poter seguire questa strada la cavillosità, gli scontri etimologici, le teorie a priori sono impedimenti. possono essere utili solo per imparare e chiarirci, certo, ma poi bisogna passare ad altro con giudizio. forse ho scritto delle cose ovvie per molti di voi, ma sentivo di farlo, e l’ho fatto.
    un caro saluto a tutti,

  161. Ma… che vi prende? Cos’è quest’aria di pacificazione? Siamo allo “scambiamoci un segno di pace?”. A parte gli scherzi, mi sembra stia spirando aria cavalleresca qui, da un pò. E’ davvero un bene. Stiamo scrivendoci delle lettere, più o meno (io la vedo così; e se non sono indirizzate a Questo o a Quello sono comunque, sempre, interventi indirizzati a tutti.) Usiamo la forma epistolare, magari senza rendercene conto. E queste lettere le scriviamo sapendo che esse saranno, pochi secondi dopo averle scritte, pubblicate. Rese pubbliche. Di pubblico dominio. Sappiamo che mentre scriviamo qui dovremo rendere conto delle nostre “malefatte” – comunque dei nostri “manufatti”- a un pubblico, per quanto ridotto. E magari, visto che non ci conosciamo tutti di persona (anzi!)è lecito pensarci, molti di noi, a pensare a come sarà “l’altro”. Come sarà A? E B? E Un passante?
    Ma insomma, mica ci si nasconde, qui. Anche quando si usa un nick. C’è sempre un’identità. Una persona, magari, insulta per chiedere un ascolto. (A volte insulta per il puro gusto d’insultare, anche questo ormai mi pare chiaro).Un blog è anche terapeutico? Può darsi. Insomma, qui si sviscera. Si butta fuori (non si espelle, mi pare, e come si potrebbe fare?); si argomenta, ciascuno come può e come sa. Si teorizza, si pratica, ci si accalora, ci s’inalbera. Ci si calma. (Ci) si ragiona. Già, la vanità, una cosa molto umana. E la passione, tanta. Le accuse? Spesso,io credo, dettate dall’emotività. Non ci si può distaccare da ciò che si ama, credo. Perlomeno per me è così. C’è un pò di vetrina, per alcuni. (Per molti? Per tutti?) C’è tigna, onestà, a volte c’è un filino di disonestà. Si passa facilmente per ignoranti (per me è facile.. però il riferimento al Convivio, ehm, era comunque leggibile in testa alla rubrica, ehm…). Si passa per governanti o governati, per servi, padroni, borghesi; per nobili…? E per arrivisti e scrittori con la esse maiuscola o minuscola o senza la esse. Si scrive. Si dice e (ci) si contraddice. E allora? E’ la vita. La comunità è nelle nostre menti e nei nostri cuori.
    (Magari una stretta di mano a qualcuno, di persona, non mi farebbe schifo darla…)

  162. Caro Raul,
    davvero non c’era bisogno che tu perdessi tempo a ricostruire tutta la discussione sulla questione etimologica di communitas; e scusami se ti ci ho indotto con la non ben controllata espressione “ben servito” che deve aver urtato la tua suscettibilità. Davvero non era nelle mie intenzioni rivangare il passato. E se vuoi conoscere il mio pensiero, sono stufo anch’io di tutta questa discussione, soprattutto degli ultimi 180 commenti, che mi sembrano sommamente improduttivi; tanto che non so davvero a chi gioverà raccoglierli o anche solo selezionarli come hanno promesso De Vivo e Virgilio. Ma una cosa devo aggiungerla, per chiosare il tuo scritto. E’ esilarante sentirti dire: “Scarpa e Benedetti… in questo momento sono entrambi lontani”, come se ti avessero dato l’incarico di apporre un cartello sulla colonnina di commento ad uso dei lettori, oppure come se la “lontananza” fosse davvero un impedimento in questo tipo di discussioni in internet, che mi pare, almeno a quanto si dice da parte degli esperti, sia proprio il mezzo che annulla ogni “lontananza”. E’ questo, comunque, il modo davvero molto eloquente con cui in Nazione Indiana vi date una mano l’un l’altro, coprendovi le spalle a vicenda, e rifiutandovi alla discussione nei momenti in cui si richiede una parola risolutiva. Anche per questo sono molto sfiduciato e sempre meno attratto da questa forma comunicativa. Permettimi di dirtelo, caro Raul, ma anche la tua difesa di Scarpa fa acqua da tutte le parti; perché, se rileggi il suo intervento, vi troverai tutto, fuorché una qualche idea di comunità. Anzi, mi sembra molto chiaro che alla questione Scarpa non abbia dedicato nemmeno un attimo del suo prezioso tempo, di quel tempo che ha invece dedicato a volgere in burla le tesi dei due zibaldoniani. Il suo individualismo, il suo anarchismo, praticato nella comunità in cui viviamo, non costituisce affatto una riflessione, nella quale qualche idea possa servirci come viatico per il futuro, bensì ha tutto il sapore della resa a questa realtà, che è una realtà di rapporti di potere ben determinati, dove la legge di un tale di nome Gasparri va a concentrare maggiore potere nelle mani del Berlusca (per fare solo l’esempio del giorno). Bada bene, non chiedo a Scarpa di esprimersi su questioni politiche, bensì di dire in che modo la sua pratica letteraria riesca a tradurre una concezione della comunità diversa da quella dominante, e non sia, invece, la mera, passiva, contigua espressione letteraria di essa. Tu dirai che nella domanda vi è già una critica; ed è vero, perché ogni domanda che mira al fondo delle questioni deve contenere una critica, e non semplicemente un applauso. Sta poi all’interlocutore ritornare dalla sua “lontananza” e rispondere. Ma io so bene che questo Scarpa non lo farà, sia perché sa che la critica coglie nel segno sia perché non crede alla mia esistenza e quindi riterrà che questo lo esime da ogni risposta. La Benedetti, poi, ha già detto quanto poteva dire, e più di lei non si ragiona.
    Un saluto
    Gustavo Paradiso

  163. Sì straconcordo con Franz Krauspenhaar su “La comunità è nelle nostre menti e nei nostri cuori”, nata un po’ come un carramba che sorpresa, nel senso che su NI si (ri)conosce gente in fondo un po’ legata a te da parentela di sensibilità (non so se questa generalizzazione vale anche per gli altri); e su “Magari una stretta di mano a qualcuno, di persona, non mi farebbe schifo darla”.

  164. Beh, si, la Raffa è sempre la Raffa… E poi, la comunità mi pare già “avvenuta”, così a spanne. Avremo modo e maniera (Bonolis dixit…)di stringerci la mano, spero!
    Un caro saluto,
    Franz

  165. Anche perché, caro Franz, (oltre che, ovviamente, agli altri comunitari) la mano, a uno che ha un cognome come il tuo, la stringerei fino a fargli slogare il braccio!
    E’ tutta la vita che sbagliano il mio nome (Giovanni per tutti, inutile dire che mi chiamo Gianni all’anagrafe) e cognome (mi hanno chiamato Biondino, Biondello, Biondolillo) mettendo in seri dubbi il mio stesso concetto di identità. E sì che non è così difficile. Chissà cosa deve essere chiamarsi Krauspenhaar e vivere in Italia!
    In quanto al resto: io fino al mese scorso la posta la potevo scaricare solo da studio. A casa non avevo il computer. Questo voleva dire che il fine settimana niente internet. E che il lunedì il mio socio si incazzava perché passavo la mattina a disbrigare la corrispondenza. Quando tornavo dalle vacanze avevo la casella sistematicamente zeppa. Quindi: perché non credere, semplicemente, che Scarpa o la Benedetti, dato che “sono lontani”, non possono intervenire? Perché questa malizia? Magari hanno altri cazzi per la testa, perché no? E anche se non volessero: è veramente così importante? Dobbiamo necessariamente fare a gara a chi ce l’ha più lungo?

    Una abbraccio, Gianni

  166. Si, Gianni, è stata dura (a scuola). Ecco perchè ho ripetuto 2 classi…
    Pensa che fino a 2 anni fa nemmeno avevo il computer! Però non è mica male. E ci sono anche dei blog proprio interessanti…
    Hai proprio ragione: l’abbiamo tutti funzionale e funzionante… La lunghezza conta solo nella durata dei rapporti…
    Ciao, ci sloghiamo la mano al più presto.
    Un abbraccio,
    Franz

  167. Era da un po’ che aspettavo che le polveri si diradassero e il dibattito languisse. Io sono uno a cui piace avere l’ultima parola: zuzzurelloni.

  168. Che fanno?
    Sondaggio:

    —mi alzo e me ne vado 14%
    —resto solo se c’è una bella canzone 31%
    —resto finchè non mi buttano fuori dal cinema 20%
    —resto solo se devo vedere il nome di un attore/regista/… che mi interessa 33%

    CIAO!

  169. Grande! Ho visto all’indirizzo: RAID (li ammazza stecchiti). (Ma io volevo indicare la dormita…) Comunque va bene uguale.
    Ah, non bere troppo, eh?
    Ciao,
    Il vero, inimitabile
    Raahnepsuark Znarf…

  170. non sarà facile, ma ci arriveremo, statene certi. occupare gli spazi non è esattamente una prenotazione, e le parole a vanvera restano quelle che sono. un vantaggio c’è, bisogna darne atto, l’ignoranza da più parti dilaga, e con quella l’audience.
    comunque non stiamo rincorrendo nessuno, lorsignori sono davvero indietro.

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