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Schiava bianca

di Daniel Galera

8879662988.jpgHo comprato un breve libro di racconti di un nuovo scrittore brasiliano (è nato nel 1979 a Porto Alegre). Si intitola Manuale per investire i cani, è stato pubblicato di recente dalla casa editrice Arcana, tradotto in un italiano smagliante da Patrizia Di Malta. Mi è piaciuto tantissimo, così ho chiamato la redazione di Arcana per chiedere il permesso di riprodurre qui uno dei racconti più belli. Ringrazio Martina Donati per la collaborazione. E’ piuttosto buffo mettere in rete una storia simile proprio oggi, ma a ben guardare si tratta di una resa incondizionata alle donne… Buona lettura, e auguri a tutte. (T. S.)
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Avevo deciso che quello di cui avevo bisogno era una schiava bianca. Misi un annuncio sul giornale:

SCHIAVA BIANCA CERCASI

Giovane donna, bella presenza, interessata a ottenere vitto, alloggio, e ogni altro genere di comfort in cambio di presenza permanente in casa e favori sessuali illimitati. Preferibilmente snella, moderatamente formosa e perfetta. Livello culturale medio-alto. Capacità culinarie e musicali saranno altamente gradite. Periodo di prova di 6 mesi, con possibilità di estensione del contratto a tempo indeterminato. Le interessate possono inviare un’e-mail con foto e curriculum personale a…

Passarono tre giorni e cominciai a temere che mi toccasse pagare un altro annuncio la settimana dopo. Ma il quarto giorno ricevetti un’e-mail. Elise, vent’anni. Aveva mandato una foto a figura intera. Aveva i capelli lunghi, castani, lievemente ondulati. Un naso espressivo e occhi profondi, azzurro-verdi. Labbra non troppo carnose, ben disegnate. A prima vista ha un bel seno, un bel sedere, e una bella schiena. Ma le foto sono subdole, possono trarre in inganno.
Diploma di scuola superiore, un semestre di Giornalismo. Mmmm.
La contattai e fissai un appuntamento per il giorno dopo. Arrivò con dieci minuti di anticipo. Era alta come me e aveva modi molto cordiali. Cominciai a istruirla.

“Le cose stanno così, Elise: tu abiterai qui con me. Avrai una stanza tutta per te, benché sia prevedibile che passerai la maggior parte del tempo nella mia stanza. Avrai un letto, vestiti, cibo, televisione e internet con moderazione, oltre a una vasta biblioteca con la quale occupare il tuo tempo libero. In cambio, desidero essere servito. Se voglio un pompino, tu mi fai un pompino. Se voglio una tazza di caffè, tu mi porti un caffè. Se voglio un massaggio alle palle, tu mi fai un massaggio alle palle. Insomma, quel tipo di cose che fanno le schiave bianche. Non ho intenzione di abusare. Sarò presente più spesso la sera e nei fine settimana. Non avrai l’obbligo di prestare i tuoi servizi ai miei amici, o cose del genere. Sarò il tuo unico padrone. Quando non ci sono, la casa è tua. Provvederò a ogni bene di conforto, per me e anche per te. Rispettando, sia chiaro, la dovuta gerarchia. Io comando, tu obbedisci”.

Lei fece soltanto un cenno affermativo con la testa. Da vicino era molto più bella che nella foto allegata all’e-mail. Le chiesi di togliersi i vestiti per dare una controllata. Lei se li tolse, apparentemente senza nessun pudore. Era splendida. Magra ma arrotondata nei punti giusti, scapole vigorose, spalle alte, tronco e arti ben proporzionati. E non avevo mai visto una lombare così ben articolata, con una curvatura e una composizione muscolare impeccabili.

Affare fatto. Lei accennò un sorriso e iniziò a fare qualche domanda di ordine pratico, tipo quando poteva trasferirsi, dove avrebbe alloggiato ecc. Le spiegai tutto.

Era nata per essere una schiava bianca. Aveva la giusta dose di iniziativa, in pochi giorni aveva già familiarizzato con le mie abitudini e faceva un ottimo caffè. Feci installare una vasca da bagno in casa. Le chiesi di aspettarmi sempre nella vasca da bagno piena di acqua calda, la sera quando tornavo a casa dal lavoro. Mi ci buttavo dentro e restavo una buona mezz’ora a scaricare le tensioni della giornata. Elise mi insaponava e si lasciava abbracciare dentro l’acqua. Era l’unica cosa di cui avevo bisogno dopo otto ore seduto davanti a un computer, con la schiena piantata su una sedia da quattro soldi e a respirare l’aria stantia dell’impianto centrale di condizionamento dell’ufficio. Cenavo e leggevo a letto, con lei al mio fianco, che mi copriva d’ogni sorta di piccole attenzioni, come cambiare la videocassetta o imboccarmi con il cucchiaio. Mi piaceva mettermi sotto le lenzuola con lei, sentire la sua pelle così morbida e il suo respiro sul mio collo. Quanto al sesso, mi piaceva soprattutto prenderla da dietro, da dove potevo guardare la sua splendida schiena e la televisione allo stesso tempo. Sembrava che la televisione durante il sesso piacesse anche a lei. A me piace, ma non per i programmi o per il suono, ma per la luce. Il mio ambiente preferito per fornicare è sempre stata una stanza illuminata dalla luce di un apparecchio televisivo. Lei lo aveva capito da sola senza che io avessi mai avuto il bisogno di dirglielo. E aveva anche capito che niente mi rendeva più felice di una bella succhiata. In questo aveva imparato a prendere l’iniziativa. Certi giorni mi svegliavo con lei che scivolava in fondo al letto, per un’inattesa fellatio mattutina.

Ma anche lei, a volte, aveva i suoi momenti no. Si chiudeva in se stessa e svolgeva le sue mansioni di malavoglia. Non l’ho mai rimproverata in quei suoi periodi. Di solito era così attenta, consenziente e sollecita che sentivo il dovere di concederle pause di solitudine e di indipendenza. In quelle occasioni, restava chiusa nella sua stanza, ad ascoltare musica e, soprattutto, a leggere. Come da accordi, potevo esigere che uscisse dalla stanza e mi venisse a maneggiare o altro del genere, ma non abusai mai dei miei diritti per interferire nei suoi momenti privati. Sembrava accorgersene, me ne era grata, e questo si traduceva in una devozione sempre più spontanea.

Tre mesi con Elise furono sufficienti a rianimarmi e rinvigorirmi a tal punto che i miei colleghi di lavoro, familiari e amici cominciarono a stupirsi del mio benessere. Quando dicevo loro che era merito della schiava, si rifiutavano di crederci. Cosa del resto comprensibile. Di solito, i rapporti con le schiave bianche iniziano bene ma diventano presto problematici. Alcune sono troppo sottomesse, o incompetenti, o abusano dei loro privilegi. Le schiave bianche sono screditate di questi tempi. Ma posso dire ai miei amici di avere avuto fortuna. Elise è una schiava bianca perfetta. E come se non bastasse tutto il talento che ha nel dispensarmi piacere, è una persona silenziosa e discreta per natura, e adora leggere.

Entrai spesso nella mia stanza trovandola a leggere uno dei miei libri. Non ama la poesia. Preferisce i romanzi e i racconti. Le è piaciuta moltissimo la raccolta completa dei racconti di Sergio Faraco e una piccola antologia di Cechov. Un pomeriggio entrò perplessa in cucina mentre stavo leggendo un giornale. Aveva Cechov in mano.
“Hai letto quel racconto del soldato che viene baciato in una sala buia della villa?”.
“Sì, l’ho letto”.
“Perché non cerca la donna che aveva baciato, quando passa di nuovo davanti alla casa?”.
“Buona domanda. Tu cosa pensi?”.
“Non so. Da un lato è un atteggiamento comprensibile, dopo tutte quelle riflessioni che fa sul campo di battaglia… ma dall’altro… non mi sembra giusto. Sarebbe dovuto entrare. Io al suo posto sarei andata a cercarla”.
“È una bella questione”, replicai. La sua perplessità era una cosa bella da vedersi. Essere testimoni dell’effetto provocato da un racconto di Cechov su una schiava bianca deve essere una cosa che succede raramente. Stava capendo il racconto. “La risposta non è nel testo, Elise, è in ogni singolo lettore”.
“Mmm”, mugugnò, e tornò nella stanza.

I sei mesi erano passati, e volli parlare con Elise per valutare insieme la nostra esperienza. Eravamo entrambi molto soddisfatti, e decidemmo che il nostro rapporto continuasse a tempo indeterminato. Lei non aveva obiezioni da fare. Le chiesi se non le mancasse il potere uscire per la strada, andare al cinema, vedere delle persone o cose del genere. Con mia grande sorpresa, rispose di no. Il cinema non le interessava. La televisione, i video e i libri erano più che sufficienti. E ce n’erano di libri, su quello scaffale!

Per quanto possa sembrare strano, la sua risposta negativa mi deluse. In qualche modo desideravo che nutrisse delle ambizioni al di fuori della schiavitù. Avevo voglia di portarla al cinema, presentarla agli amici, portarla in un motel, che ne so. Non riuscivo più a vederla come una schiava. Gli schiavi sono oggetti. Lei era molto più di un oggetto. Io la stimavo. Al di là del sesso e del caffè e dei bagni, volevo sapere che cosa sentiva, a che cosa pensava quando decideva di rinchiudersi da sola nella stanza, che cosa faceva quando io ero in ufficio.
Ma lei non voleva saperne in nessun modo. Quel modello di servitù le andava a genio. Quello che voleva veramente era restare in casa, soddisfarmi, avere una vita tranquilla, leggere gli innumerevoli libri sul mio scaffale.

Arrivarono le vacanze invernali. Tutto quello riuscii a fare con i miei pochi soldi fu affittare uno chalet in un paese di montagna, per noi due. Elise rimase un po’ confusa con questa storia del viaggio. Questo andava un po’ al di là del suo concetto di regime di schiavitù. Venne con me senza fare domande, ma il suo comportamento per tutto il tempo fu lo stesso. Adorabile sottomissione. E questo mi scoraggiava ogni giorno di più. Ma cosa pretendevo? Che andassimo a fare shopping insieme? Che mi aiutasse ad arredare la casa? Che prendesse la patente e andasse al supermercato ogni sabato? Fare dei figli insieme? Lei non voleva niente di tutto ciò: macchina, motel, feste, vestiti, acquisti, lavoro, bambini. Voleva solo una casa, un letto, cibo e libri da leggere in cambio della sua presenza, della sua attenzione, del suo corpo. A lei andava benissimo così. Essere parte della casa, una donna addomesticata. Ma io non riuscivo più a vederla come un oggetto di mia proprietà, un accessorio della casa. Volevo che lei facesse parte della mia vita. Piansi una notte intera dopo averlo pensato. Amavo.

Non era una buona idea. Ma è quello che era successo. Avevo bisogno di parlarne con lei. Potevamo rivoltare le vecchie regole e tentare una relazione nuova, paritaria. Solo che non riuscivo ad affrontare l’argomento, per paura di essere rifiutato. La mia convivenza con lei divenne una successione infernale di tentativi repressi di dichiararmi. E le nostre relazioni sessuali unilaterali, basate unicamente sulla soddisfazione dei miei soli desideri, oramai mi disgustavano.

Una mattina, trovai Elise che dormiva sul divano del salotto, con la tivù accesa a un volume praticamente inesistente. Probabilmente si era addormentata all’alba. Era in maglietta e mutande, arrotolata in qualche modo in una coperta di lana rossa che avevo rubato su un volo della Varig. Mi venne un desiderio irresistibile di avvicinarmi e svegliarla con tenere carezze. Grattai delicatamente una delle sue cosce, e lei miagolò. Andai avanti, lentamente. Mezz’ora dopo lei ebbe un orgasmo. Restammo abbracciati sul divano, ascoltando il nostro respiro e i rumori di fondo di un cartone di Tom e Jerry. Elise era imbronciata per qualche motivo ed evitava il mio sguardo. Si alzò e uscì dal salotto con il pretesto di fare il caffè. La ragione del suo muso era evidente: avevamo rotto il protocollo. Quella mattina, avevo smesso di giocare. Ero innamorato della mia schiava e a lei la cosa non piaceva per niente.

Decisi di reprimermi. Ora lei era cosciente dei miei sentimenti e pensai che era meglio lasciar maturare da sole le cose, nel bene o nel male. Cercare di imporle una relazione affettiva sarebbe stato un errore. Si sarebbe spaventata e mi avrebbe lasciato subito. Continuai a pretendere favori sessuali e domestici, benché trattare quella donna come un oggetto fosse per me un compito piuttosto penoso. Il nostro coinvolgimento personale si limitò ai libri, ai consigli, agli scambi di impressioni, ai piccoli dibattiti che mi stimolavano molto e mi aiutavano a distogliere la mia attenzione da Elise in sé, la donna, la creatura della quale ero innamorato.

Fino al giorno in cui arrivai in casa e lei mi disse: “Avevi ragione. Hilda Hilst è veramente forte. Hai qualcos’altro di suo?”.
Mi dichiarai. Le proposi il fidanzamento e poi il matrimonio. Le feci ridicole promesse di felicità, fedeltà e ancora …tà …tà …tà. Lei mi guardò dall’alto in basso, delusa, scuotendo la testa.
“Stai dando alle cose un verso che non mi piace”, brontolò.
Cosa potevo rispondere? Era la verità. Aggrottai le sopracciglia, con la faccia del cane bastonato. Ero patetico.
“Le relazioni sentimentali non facevano parte dell’accordo. Giusto?”.
“Giustissimo. Però… È solo che…”.
“Così non funziona. Non voglio. È meglio smettere prima che la situazioni peggiori”.
Si licenziò il pomeriggio seguente, dandomi un bacio in fronte. Prima di uscire portò via dallo scaffale il libro di Cechov. Feci finta di non accorgermene.

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Daniel Galera, Manuale per investire i cani e altri racconti, traduzione di Patrizia Di Malta, Arcana editrice, 103 pagine, 9 euro.

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36 Commenti

  1. carino. ma niente di che. però carino. però per dire bellissimo, insomma, ci vorrebbe altro. però piacevole. tipo sorseggiare una fanta o una sprite. tutto molto light. tutto piacevolmente cheap. pensiero debole. ma piacevole. preferivo bataille. ma se questo ci passa il convento. ok, sto a minestrina per un po’. non farà benissimo. ma non fa neanche male. come un bicchiere d’aranciata. enjoj…

  2. Personalmente lo trovo piacevole.
    Non dimentichiamoci che l’ha scritto un ragazzo giovane (ha solo 25 anni se non sbaglio. Scrivere qualcosa di così interessante alla sua età non è da poco. Insomma: per il grande capolavoro diamogli tempo!)
    Trovo anche che sia simpatico riceverlo in regalo proprio il giorno della festa della donna.
    grazie a Tiziano per il pensiero.
    Non se ne può più della solita mimosa. Puzza!!!!

  3. Accidenti, Pasi, che ingratitudine! Che c’entra Bataille? E allora perché non paragonare il povero Galera a Omero o Dante, per minimizzarlo ancora di più? A me sembra che qui i referenti semmai siano Cechov, Maupassant, alcune cose di Cortazar… Perché è così difficile accogliere un dono? Perché sempre queste polemiche? Che c’entra il convento? Bisogna sempre stare a sentenziare sulla decadenza dei tempi? Un minuto di grazia non arriva mai per voi? (A parte che questo racconto è tutt’altro che “grazioso” o “carino”, semmai è terribile. Dà per SCONTATA la disponibilità delle donne di oggi a fare le schiave! A me ha fatto rabbrividire la naturalezza e l’agio con cui la ragazza accetta il contratto schiavista). Comunque, leggo questo sito da mesi, mi sembra che ci siano cose anche molto toste, più che bataillane. Bah. Grazie a Tiziano Scarpa e soprattutto al giovane autore brasiliano. Lo leggerò.

  4. la questione non so se sia scontata o meno (a me pare non lo sia); il punto mi sembra, più che la disponibilità delle donne ad essere schivizzate la scelta spontanea del ruolo, e la deteminazione a viverlo fino in fondo: con una naturalezza (come è stato scritto) incredibile e paradossale. qui la schiavitù è oggetto di un “libero contratto” in cui le due parti hanno pari dignità. si direbbe un buon esempio di lavoro a progetto(o cattivo? a seconda se l’aggettivo sia riferito all’esemplarità “tecnica” delle condizioni contrattuali, piuttosto che alla discutibile prestazione in gioco). ci sono delle prestazioni da garantire, c’è una scadenza, ci sono un committente e una “libera professionista” che svolge il suo compito in maniera im-peccabile. è lui a vivere un equivoco, è lui che in fondo viola, e sprofessionalizza il rapporto. dal momento in cui rimane deluso per le mancate ambizioni di lei, per la sua schiavitù assoluta, la sua posizione di indebolisce. si rivela vittima delle sue stesse proiezioni da schiavista. e lei quella che ha il potere (non solo in termini di accordi quanto in termini di in-dipendenza) di recedere. la sua libertà di scelta rovescia ogni pre-giudizio. e lascia un uomo schiavo di sé.
    del resto però se fosse finita con lui che da pezzo di merda diventa principe azzurro e lei che s’innamora e da schiava (pure se per volontà)diventa signora, la storia non sarebbe stata tanto carina e avremmo pensato a una semifiction da record auditel su canale 5. no?

  5. Carino? Carino? Ma nemmeno questo! E’ una roba banale al cubo. Una vera e propria cazzata. Questo è il tipico maschio idiota e irresponsabile che vuole l’impossibile, se non nel terzissimo mondo: fare sesso con una donna tutto sommato aggratis senza pagare il solito dazio:l’impegno o un similacro dell’impegno.E lei è una donna credo inesistente in natura. Ma dove sta scritto?… (beh, sta scritto qui). Mi domando e mi dico: ma con tutta la roba scritta nel mondo, con tutti gli scrittori che ci sono nel mondo Brasile compreso, ma perchè questi di Arcana traducono e pubblicano queste castronate senza capo nè coda e oltretutto scritte in maniera sciatta? Io sono un lettore e queste cose, lasciatemelo dire, mi fanno grandemente incazzare. Cioè, ho capito che c’è tutto il pubblico che ama dire carino di qui e carino di là, proprio il pubblico supericiale che ama (no, non ama, a loro al massimo una cosa piaciucchia) queste sbrodalatine light. Gente che anche quando evacua lo fa in maniera light. Gente, evidentemente, che vive in camera iperbarica. Questa non è letteratura, è un’Invernizzina Light oltretutto scaduta e, cosa peggiore di tutte, assolutamente immangiabile.

  6. Caro Ciriaco, è evidente che si tratta di una situazione paradossale, non realistica. La mia impressione (mi scusi se sbaglio) è che lei prenda il protagonista come un esempio etico, mentre l’autore stesso lo presenta come una specie di disincantato totale, cinico ma alla fine alienato (credeva di avere superato e risolto la questione sentimentale, e invece…). Non mi sembra affatto scritto in modo sciatto: è diretto e agile e secco, che è tutt’altra cosa dall’essere sciatti. Non mi sembra nemmeno una cosa molto light, perche immagina un mondo (occidentale, ormai globale, non solo brasiliano) dove se uno mette un annuncio schiavista trova senza fatica una cliente. Sotto l’apparenza “carina” è un racconto spaventoso. Naturalmente è la mia opinione.

  7. Cara Lisa, è carino in modo spaventoso. E’speventosamente carino. E questo carinismo fa veramente orrore, come fa orrore la sciatteria dello stile. Mi scusi ma anche questa è un’opinione, come la sua, personale. La ringrazio comunque.

  8. Con una differenza. La Sua più che un’opinione è uno sfogo, uno stracciarsi le vesti da moralista (“castronate senza capo né coda”). Lei ritiene lo stile sciatto, ma qui c’è un dichiarato riferimento alla concisione di Cechov. Il racconto non le è piaciuto, e basta. Non ha argomenti se non dare un brutto voto. Padronissimo. Legga pure altre cose. Ce ne sono tanti, di libri! Vada in Brasile, o dove crede Lei, a stanare altri scrittori, e ci porti qui quel che avrà trovato. Io ringrazio Arcana di aver pubblicato questo bel racconto.

  9. sono perfida, lo ammetto. si’, la mia definizione di “carino” e’ molto vicina a quella che ne da’ l’incazzoso claudio ciriaco, solo un po’ piu’ laconica. il fatto che sia carino pero’ non significa che sia da buttare, o che non dia spunti di riflessione, alcuni dei quali ben estrapolati dai commenti che precedono questo mio. in realta’ la mia uscita sul “carino” andava al di la’ di questo racconto, voleva significare una certa qual stanchezza verso un modo sempre piu’ diffuso di raccontare (non solo sulla pagina), che mi sta un po’ stancando. ecco, solo questo. c’e’ in giro un sacco di roba carina, il che non credo sia un male assoluto, ne’ tantomeno un impedimento per chi ne cercasse o volesse produrne anche di bella.

  10. Bianca lei è proprio perfida… E io sono incazzoso, ha ragione.
    Lisa, a me va bene sia la definizione di sfogo che di opnione, alle mie parole. Sarò anche un moralista. Embè? Che c’è di male? Lo stracciarsi le vesti l’ho capito poco. Gli argomenti non è vero che li ho dati, legga bene. Io in Brasile non ci vado, ne a stanare gli scrittori ne a guardare il Botafogo. Ci vada lei a stanarli, e me li saluti caramente.
    Io preferisco andare a giocare a basket. Se vuole le stano un pallone e glielo porto.

  11. … se avessi saputo che mi avrebbe dato del lei, non mi sarei mai permessa di darle dell’incazzoso. tutt’al piu’ del “lievemente irascibile”.

  12. Bianca, lei è una donna molto ammodo. E questo, per un lievemente irascibile come me, è una buona scoperta. Deve sapere che le persone irascibili non le sopporto. Preferisco lievemente irritarmi solo io, basto e avanzo. Resta il fatto che quel racconto è l’epitome della stronzaggine. Scusi il termine.

  13. Cari amici, sono sorpreso del tono un po’ sopra le righe della discussione. Io volevo solo regalarvi (non di tasca mia, per la verità, ma dell’Arcana e dell’autore…) un racconto che mi sembrava niente male. La coincidenza con l’8 marzo poi mi pareva che lo rendesse ancora più significativo. A me sembra che un incipit come “Avevo deciso che quello di cui avevo bisogno era una schiava bianca” indichi una catastrofe umana assai poco “light”. Ad alcuni sarà parso “carino”, ma per me indica un deserto sentimentale senza speranza. Sono d’accordo con alcuni di voi: il riferimento a Cechov è essenziale: ci sono storie che sembrano leggere ma che toccano corde intime e dolorose senza enfasi melodrammatica, apocalittica o furente (come l’invocato Bataille, per esempio). In fin dei conti le cose dell’esistenza spesso procedono con questo “tocco” sobrio (o, se vi pare, sciatto): sotto il loro tono sommesso, si decide in realtà della nostra vita e della nostra morte, dell’essere felici o disperati. Ma non mi metto a fare l’analisi del resto del racconto, perché annoierei tutti. Grazie dei commenti

  14. Mi scusi Scarpa, lei se la cava un pò troppo facilmente: il riferimento a Cechov? E’ un pò tirato per il capello, secondo me. E’ un pò come facevano alcuni critici anni fa, che paragonavano Stephen King a Dostoijevski. Sono d’accordo con lei che le cose della vita vanno avanti con tocco sobrio: prova ne è il minimalismo di Carver, ad esempio. Ma la domanda è questa: vogliamo parlare della realtà o fare della fantascienza dell’anima? Vogliamo fare della pop art o della narrativa? Sa perchè glielo chiedo? Perchè la situazione prospettata nel racconto, scritto con stile veramente sciatto, non con il tocco sobrio che lei cita, (ma sono ovviamente pareri personali),è abbastanza per non dire totalmente irreale. Almeno a me sembra così. Parere di uno che, lo dico senza falsa modestia, qualcosa di certe relazioni tra le persone se ne intende.

  15. Caro Ciriaco, la definizione “fantascienza dell’anima” è molto suggestiva. Complimenti. (Tolstoj diceva che in una storia si può inventare tutto, tranne la psicologia). Io però non direi che questo racconto sia “fantascienza dell’anima”. Forse, ecco, è un racconto di fantascienza, o meglio un’utopia negativa: Galera immagina un mondo (un po’ peggiore del nostro) dove è normale mettere annunci di quel tipo sui giornali e trovare pure gente che risponde e ci sta. Per accettare questo, per procedere nella storia, il lettore deve presumere, insieme al narratore, che si dia la possibilità legale, sociale, economica di prendersi in casa delle schiave, e che questo sistema sociale sia diventato un’abitudine, tanto che gli animi non si stupiscono più, le persone la considerano un modo di relazione qualsiasi fra le tante possibili. E’ d’accordo, su questo? Esistono racconti che immaginano mondi lievemente o molto diversi, ma non per questo smettono di parlare della realtà. Ma è davvero così diversa dal nostro mondo, poi, quest’utopia negativa inventata da Daniel Galera? La prostituzione, sebbene dura solo pochi minuti o qualche ora, non è un frammento della stessa cosa? E gli uomini che vanno nei Caraibi o nei paesi dell’Est a cercare la mogliettina dolce e sottomessa, non fanno una cosa simile? (cfr. “Puerto Plata Market” di Aldo Nove). E in altri contesti storici (anche in Italia, pochi decenni fa; ma mi viene in mente anche la moglie del principe di Salina, nel “Gattopardo”) e altre culture (gli harem), non ne abbiamo forse viste di schiave, bianche o abbronzate che fossero? La situazione è così irreale come pensa lei? E’ plausibile il Don Chisciotte che vede cavalieri e giganti dappertutto perché ha letto troppe storie di cavalleria? (per giustificarlo – per non fare “fantascienza dell’anima” – Cervantes deve continuamente ripetere, ogni volta che lo nomina, per tutte le mille pagine del romanzo, che Don Chisciotte è “matto”). Secondo me questo racconto vuole presentare una situazione piuttosto estrema, polarizzata al massimo (lui completamente padrone, lei completamente schiava, per contratto chiarissimo) proprio per verificare in un contesto simile (piuttosto bizzarro, glielo concedo) la reazione delle psicologie. Una legge, un contratto li lega, e chi lo trasgredisce perde tutto. Secondo me è un bellissimo apologo che mostra proprio come la norma, nelle relazioni umane, sia un problema per chi l’ha “imposta” o comunque “stabilita”, e non per chi l’ha “subita” o “accettata”… Che ne pensa? Un caro saluto.

  16. Sono d’accordo con Scarpa. E a Bataille sarebbe piaciuto, si vede che chi lo preferisce (che sarà mai una preferenza tra due nutrimenti appartenenti a categorie differenti del gusto , come ad esempio l’amaro e l’agrodolce? Un vizio genetico del palato!) non ricorda o non ha letto alcune cose essenziali scritte nel suo L’esperienza interiore

  17. Esatto: Tolstoj diceva proprio questo e aveva ragione, Lo sa Scarpa cosa mi da fastidio, al di là dello stile? Proprio questo “mondo peggiore del nostro”. Perchè siamo già nel peggiore dei mondi possibili. E allora perchè mai inventarne altri? Questo racconto, a mio parere, è consolatorio. Ergo, trattasi di letteratura “light” non solo nello stile rilassato da dopo doccia.
    La ringrazio comunque per le spiegazioni che mi da sul senso del racconto, anche se avevo intuito.
    Le concedo senz’altro la definizione di apologo, ci mancherebbe. Per il mio modo di intendere un apologi, questo è comunque malriuscito. Nelle relazioni umane, per concludere, la norma è un grosso problema per tutti, secondo me. Sia per chi la stabilisce che per chi la subisce.
    Un caro saluto anche a lei.

  18. Caro Ciriaco, mi conceda di esprimerLe un po’ sentimentalmente gratitudine per avermi spronato a mettere in chiaro, esplicitamente, anche a me stesso i motivi per cui questo racconto mi ha colpito. Cari saluti

  19. C’è un passaggio di PETROLIO dove un personaggio decide di prendersi una bambina come schiava del sesso. Non sto a farvela lunga. Sta di fatto che ad un certo punto lei “viene liberata”. E continua la sua infanzai indifferente al suo padrone che l’ha umilata. E’ tutt’altro modo di scrivere rispetto questo racconto ma anche qui valgono le parole di Scarpa: mostrare come “la norma, nelle relazioni umane, sia un problema per chi l’ha “imposta” o comunque “stabilita”, e non per chi l’ha “subita” o “accettata”…”
    Da da pensare.

    gianni

  20. Per capire il racconto, forse è il caso di tenere presente anche hilda hilst : “Avevi ragione. Hilda Hilst è veramente forte. Hai qualcos’altro di suo ? Dice elise alla fine.
    Hilda hilst, poetessa e scrittrice brasiliana è morta nel febbraio di quest’anno. Poco o nulla tradotta in italiano, ha un sito ufficiale qui http://www.angelfire.com/ri/casadosol/hhilst.html.

  21. Caro Scarpa, non riesco a capire se – con grande sottigliezza – lei mi stia prendendo un pò in giro. Se così fosse non c’è nulla di male, figuriamoci. Se così non fosse va benissimo uguale, ovviamente.Anzi va ancora meglio.
    La saluto in ogni caso con molta cordialità e stima per la passione che mette nello svolgersi delle sue argomentazioni, giuste o sbagliate che siano ai miei occhi.

  22. Caro Ciriaco, nessuna presa in giro, nessuna sottigliezza, anzi, “grossolana” e sincera gratitudine per avere suscitato quella che per me è stata una bella discussione. Grazie!

  23. Scarpa, sei un ingrato verso chi ha DAVVERO scatenato la discussione! (ok, niente faccine, ma si capisce che sorrido, vero?)

  24. Bianca, se accetta un complimento da me, ebbene si, il vero motore di ricerca di questa discussione è stata lei, gliene dobbiamo dare atto, io e Scarpa.
    Se non altro per galanteria.

  25. no, non “se non altro”. proprio per altro, invece! oh! (biondillo, tu sei carino, vero?) (scarpa, giuro che non ti chattizzo più il sito. la prossima volta solo termini aulici ed esegesi testuali con mille cfr.)

  26. Bianca, me ne dispiaccio, ma io non sono proprio il mio tipo. Non mi bacerei mai! (non ostante mia moglie lo faccia da anni, e con piacere! Bah.)

    ;-) G.

  27. E’ giusto, un grazie e un bacione anche a Bianca, e a tutti quanti. Comunque, che ne dite?, la prossima volta che mi piace un racconto ci devo pensare due volte prima di esporlo al plotone? :-)

  28. Ma scherzi? Vuoi toglierci il piacere di schizzare fango? ;-)

    Ciao, Ascolto fahrenheit (gulp… Luperini…)

    G.

  29. Scherza, Scarpa?… Plotone (e Plotino) si, ma no di esecuzione! Scusi Biondillo, lei ascolta un… profumo?;-))
    Volevo anche chiedere a Bianca se di cognome fa… Schiava…;-))
    Ciao.

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