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Cara Nazione Indiana

di Massimiliano Parente

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Caro Tiziano Scarpa, e cari amici di “Nazione Indiana”, ma davvero, secondo voi, il nocciolo della letteratura di questi anni, la brace sotto la cenere, il non potere contro il potere, è una lista della spesa, quella lista, che poi sembra il fronte letterario degli amici contro i nemici, svuotata di ogni presupposto critico, poetico?

Allora viene il sospetto che erano meglio i neoavanguardisti contro lo sperimentalismo pasoliniano, contro il realismo moraviano e cassoliano. Perché se la critica è morta è morta per le stesse ragioni, di spazi che si circoscrivono in se stessi, o nella loro specificità mortifera di addetti ai lavori (dove il lavoro, oggi, è il proprio gusto personale), o nel loro essere alternativi senza mai essere alternativi rispetto a se stessi, per carità, non sia mai. Si discute e si dibatte e ci si ama e ci si manda affanculo sempre dentro i soliti compartimenti stagni. La cultura dell’indifferenziato, che sia cultura o controcultura (ormai non c’è più nessuna differenza), peste di una favola chiamata “postmodernismo”, è ben rappresentata tanto da Scarpa quanto da Covacich, e più che chiedersi dove va la letteratura si è costretti o a interrogarsi sul palato del critico, gastronomicamente, o sul giro delle amicizie, o peggio, su un’idea comune di schieramento politico, nell’idea, magari, che ci sia un regime. Perché insomma, la lista della spesa va da Ammaniti a Covacich, da Busi a Wu Ming a Evangelisti. Per lo meno, nei vecchi dibattiti, si discuteva di letteratura contro non letteratura, ognuno con la propria idea e armato di estetica, vale a dire di etica artistica, ma come si fa a mettere insieme un capolavoro come “Canti del caos” di Antonio Moresco, eversione della forma e generazione di una nuova forma, dell’arte e del mondo, di una nuova idea di spazio e del corpo, con “Io non ho paura” di Ammaniti, e poi, a fianco, Evangelisti e Wu Ming e compagnia bella, frullando dentro “La camicia di Hanta” di Aldo Busi, libro minore di un grande scrittore (perché anche tra i minori e occasionali ve ne sono di maggiori)? Basterebbe andarsi a vedere quante belle recensioni ha avuto Ammaniti e quante Moresco. Per cui è difficile solidarizzare con te, Scarpa, e con voi della lista, se in letteratura non conta più la lingua, e quindi neppure più la forma e le poetiche, e quindi nessuna distizione gerarchica perché anything goes. La traducibilità, la vendibilità è il vostro valore. Più si è tradotti meglio è (magari in cinese, che bello), se poi ci fanno un film meglio ancora, spesso non c’è neanche bisogno di faticare per traslitterare un romanzo in chiave cinematografica, la chiave è già dentro, rilegata e copertinata. (Oh, ne facessero di più, di film tratti dai romanzi, perlomeno si saprebbe subito quali romanzi non leggere). Non c’è, nell’insalata mista e mistica della lista della spesa, neanche più chi sta nella letteratura di genere, seppure genericamente, e chi ha il coraggio di lottare contro la sedimentazione delle forme, contro gli orizzonti d’attesa, dando vita a forme controverse, esplosive, mettendo in gioco la sua fruibilità immediata. Non ci sono antipasti, né dessert, né contorni, né highbrow né middlebrow, ogni portata è servita in bianchi bianchi. Il senso di colpa ritorna sotto forma di autoanalisi critica con le relative autodefinizioni, “thriller metastorici”, “thriller metacontemporanei”, perché il sospetto di essere troppo mondadoriano deve venire anche a chi pubblica per Mondadori e non è Aldo Busi. Tutto sommato, solidarietà amicale per solidarietà amicale, a quel punto cosa rimproverare a Angelo Guglielmi, secondo il quale il primo grande artista che gli viene in mente è Furio Colombo, in un articolo sull’Unità (perché lo scrittore è chi si dà nella politica, e quindi è artista Nanni Moretti ma solo perché girotondista), mentre su Tuttolibri, lo stesso giorno, tesse gli elogi di Nico Orengo, proiettandolo addirittura nel 2150? Sarà più o meno la stessa solfa, la logica amicale è la stessa, si agisce per tornaconti e lobby, si aboliscono le distinzioni. Io vi ho invitato a intervenire sul “Domenicale”, dove più volte ho ripreso il dibattito, appello caduto nel vuoto, forse perché il “Domenicale” è identificato come un giornale di destra, e se anche fosse non capisco secondo quale criterio snobbistico non vi sia spazio che si possa invadere per la letteratura, per parlare arte, per discutere di valori estetici, perché di questo si tratta, se si è chiamati a farlo. O forse perché troppo underground per i vostri gusti, visto che Roberto “Wu Ming1” Bui, in seguito a un mio articolo contro di lui, diceva, con quell’aria di sufficienza tipica di tutti gli insufficenti, che “il Domenicale” non si trova in edicola, non in tutte le edicole, e certo che invece Wu Ming si trova eccome in libreria, solo che chissà che regime editoriale è, dove il giornale di regime è più introvabile della controcultura, distribuita e promozionata dal regime stesso. Dove, in ogni caso, persiste un’idea della letteratura basata sulle fratellanze politiche, come se Berlusconi fosse il problema, come se Tabucchi o Ammaniti non fossero un regime della forma, come se i compiacimenti e le ruffianerie della letteratura non fossero la rinuncia, anzitutto, alla forma, e alla fine alle opere stesse. Come se D’Annunzio o Malaparte fossero messi insieme a Guido da Verona e Pitigrilli, o si andasse a vedere chi era più o meno fascista, o perché Kafka scriveva vendendo duecento copie, e né nei diari né nelle opere si trova una presa di posizione sulla prima guerra mondiale che gli esplodeva intorno. Naturale, quindi, che uno come Giuseppe Genna si scagli contro Antonio Moresco e Carla Benedetti, il problema, secondo lui, sono i “macropoteri”, non i “micropoteri”, la cui trama è molto più complessa e trasversale, ma essendo lui un esperto di trame senza lingua, che non siano thriller pronti per un film, di trame non può capirne granché. Neppure scrivendo per Panorama o pubblicando thriller per Mondadori, che chissà perché, quando fa comodo, non sono di regime. Quando gli amici, ambendo al potere, saranno al potere, e quindi ancora più palatizzati per il proprio pubblico di bocca buona, non ci sarà nessun cambiamento. Delle lista della spesa, come sempre, ne farà le spese la letteratura. Che tuttavia, alla lunga, vince sempre, come il filo d’erba che spacca il cemento. Infine io sono qui perché, come vi ho invitato invano a discutere di arte sul giornale su cui scrivo, se invitato vengo qui, senza problemi, sentendomi a casa e estraneo, come in ogni luogo. I compartimenti stagni mi stanno sui coglioni. Una delle tante cose che mi stanno sui coglioni, a sinistra come a destra, perché anche i coglioni non sono questione di sinistra o destra, anche se ha sempre fatto molto comodo pensarlo. Non appartengo a nessuna consorteria, e ho scelto di non avere amici con cui fondare il club dei politicamente giusti. Gli amici sono gli amici, oppure compagni di strada su fronti diversi. Però non lamentatevi se poi sulla copertina di “Sette” finisce Giorgio Faletti, e non Antonio Moresco. Un domani, casomai, ci saranno Genna o Wu Ming o Melissa P. Ma appunto, viceversa, “a chi è solo, non resta che l’invasione”. Buona scalata. Con ogni cordialità,
Massimiliano Parente

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56 Commenti

  1. Ehm, mi scusi, Parente, ma io non ho ricevuto alcun invito a interventire sul “Domenicale”, quindi non mi attribuisca per favore snobismi o altre considerazioni. Non sono intervenuto aul “Domenicale”, né sull'”Espresso” (come la mettiamo lì: non ho risposto perché sono snob? Perché l'”Espresso” non è presente in tutte le edicole?…).

    Ho RISPOSTO a Luperini che diceva che in Italia non c’è nulla. Vorrei sottolineare: ho RISPOSTO. Non mi sono alzato una mattina con l’idea: “adesso faccio una lista della spesa per promuovere me e i miei amici”. Ho RISPOSTO. (E poi: ma cosa vuole promuovere! Ma Lei crede veramente che la gente corra come un solo automa nelle librerie perché io faccio una lista della spesa il lunedì sull’Unità?)

    E poi, non lo vede che appena uno osa in dicare cosa c’è di buono, si alzano le urla di indignazione come la Sua: “autopromozione” pubblicità! mancanza di critica seria!” Ma cosa vuole che faccia una critica seria e circostanziata su un articolo di 4000 battute…!

    Lì si trattata di una RISPOSTA a un intervento. Lì qualcuno diceva che c’era il deserto, e io ho nominato una serie di libri, di autori, di siti, di attività culturali, per negare questa descrizione… Tutto qui!

    Luperini (ultimo di una serie di annullatori dell’esistente) diceva che la generazione dei 50enni, 40enni, 30enni, 20enni non sta dando NIENTE, proprio così: NIENTE. Ho cercato di rispondergli ANCHE nominando una serie di cose belle che si fanno e si sono fatte in Italia negli ultimi anni. Alcune delle cose che ho nominato sono incompatibili o in contraddizione con le altre? Forse. Ma l’esistente non è una massa coerente.

    Se avessi voluto promuovere amici o simpatizzanti avrei fatto una “lista della spesa” coerente. In più, io non conosco TUTTO quel che di buono si fa in Italia, è ovvio, non è il mio mestiere e ho forze di lettura e studio limitate. Ad altri il compito di integrare quella lista. Ma se quella lista è più lunga e va integrata, allora tanto più ho ragione io e ha torto Luperini: non è vero che c’è il deserto, ma una lista (della spesa o no) ricca e variegata, e pure con elementi contraddittori dentro, che va vagliata criticamente, per chi ha voglia di farlo!

    Ma lì c’era uno che diceva: “non esiste NULLA! Gli intellettuali e gli scrittori fanno pena! Se l’Italia è ridotta così è colpa degli scrittori e degli intellettuali che non fanno niente di bello e di buono e non prendono mai posizione!” Che cosa vuoi rispondergli, se non , in prima battuta: “scusa, ma intanto perlomeno hai visto o no questo e quest’altro e quest’altro?”

    Caro Parente, se avrò tempo le risponderò con maggiore puntualità (ma già qui sto scrivendo troppo), ma intanto le dico:

    1) il “Domenicale” fu lanciato nel suo primo numero come allegato a “Panorama”, incellofanato dentro in centinaia di migliaia di copie. Vorrei sapere quali riviste culturali possono contare su una diffusione simile…

    2) La traduzione in cinese citata nel risvolto di copertina di “Kamikaze d’Occidente” C’ENTRA CON LA STORIA raccontata nel romanzo stesso, è stata nominata SOLO IN QUEL LIBRO come elemento paratestuale che rafforza l’effetto di realtà dell’opera… Per il resto alcune mie opere non sono state tradotte in tedesco proprio perché LO STESSO EDITORE (che pure ne ha tradotte altre, sempre mie) le ha ritenute troppo difficili linguisticamente… Non metta tutto dentro lo stesso calderone, per favore: questo valore della “traducibilità” che Lei ci imputa è proprio gratuito.

    3) Rispondendole a caldo, la mia prima impressione per l’appunto è proprio che Lei butti tutto quanto dentro un calderone. Non si può ragionare così, facendo casino.

    4) “Io non ho paura” è un romanzo bellissimo. Ha toccato una corda vera e cruciale dell’animo e della cultura contemporanea (la COLPA criminale della generazione al potere, la responsabilità dei padri). Può dare fastidio che abbia avuto successo, Si può anche ridurre la discussione su quel libro a una frivola faccenda di stilistica letterata, ma la sostanza della portata fantastica-ideologica-spirituale di quel libro resta.

    5) Sarà pure “minore” quel libro di Busi, ma proprio per questo io lì ho letto un Busi persino più libero da se stesso (il se stesso a volte un poco autocostretto a monumentalizzarsi, mi perdoni questo grande scrittore se mi permetto di esprimere questa frasetta un po’ irrelata), e in questo l’ho trovato bellissimo e incisivo.

    6) In quella lista che ho fatto sull’articolo dell’Unità (qui riportato con il titolo “La generazione dei padristi”) non ci sono mica solo i miei amici! Io non ragiono per amici o nemici. E poi che significa “amici”? Di TUTT gli scrittori che mi sono amici vengono prima i loro libri: intendo dire che ho desiderato conoscere e frequentare e diventare semmai amico degli autori di alcun i libri, DOPO aver letto i loro libri, IN SEGUITO alla lettura dei loro libri. Che idea povera e mafiosa dell’amicizia che esprime il Suo intervento, Parente! Io ho tanti amici, eppure in quella lista mancano parecchi libri dei miei “amici”, perché non me la sentirei onestamente di metterceli dentro. Come la mettiamo in quei casi, eh? Il Suo ragionamento crolla.

    7) Lei pensa VERAMENTE che si scriva un libro come “Kamikaze d’Occidente” inseguendo la “vendibilità” come “unico valore”? No, mi dica: lei pensa che la “vendibilità” sia il nostro unico valore? Ma ci saremmo già venduti da un pezzo! A colpi di tre, quattro, cinque, ottocento euro ad articolo! Scriveremmo tutti quanti dei noir, dei gialli, dei polizieschi!

    8) Ripeto, non si può fare di tutto un unico calderone. Bisogna giudicare caso per caso. Io non sono Covacich, non sono Guglielmi, non sono Orengo. Covacich non è Luperini, e viceversa: hanno detto cose diverse. Io in quelll’articolo ho detto MOLTO altro, BEN altro, non ho fatto SOLTANTO una lista della spesa. Quell’articolo era una RISPOSTA. Il mio (e quello di molti altri scrittori e intellettuali) NON SI RIDUCE a quell’articolo. Scrivo (scriviamo) gratis qui e altrove. Perché crocifiggerci a quella “lista della spesa” tenendo volutamente fuori dal discorso tutto il resto di quel che ho detto nel resto dell’articolo? Perché questa enorme falsificazione, quando è evidente che il mio (nostro) lavoro è MOLTO più ampio del compilare liste delle spese? In fin dei conti lei, Parente, interviene qui liberamente, a mia insaputa, a insaputa di tutti i componenti di Nazione Indiana, per libera iniziativa di UNO dei componenti di Nazione Indiana (Michele Rossi, che ha fatto BENISSIMO a pubblicare questo suo intervento). Il sito costa settantadue euro l’anno di ospitalità nel server. Non ci sono padroni o amicizie, qui. Come fa a parlare di <“scalate” ecc. ecc.?

    9) Perciò la Sua domanda, la domanda con cui apre il Suo intervento è una sciocchezza: o ci prende per il culo perché è il 1 aprile, oppure Lei ha ritagliato venti righe dalle centinaia di migliaia che andiamo scrivendo e liberamente pubblicando da anni. Per pigrizia? Per miopia? Perché in Italia, per quanto tu ti impegni e faccia e dica e scriva, alla fine quello che conta PEWR GLI ALTRI sono solo le “liste della spesa”? Non è che forse le “liste della spesa” sono un problema SUO, Parente? Glielo chiedo perché a quanto pare, nel Suo intervento, Lei sembra in grado di vedere e leggere e constatare l’esistenza solo di quelle.

    Un caro saluto

  2. Caro Scarpa,
    lei scatta sulla difensiva individualistica aggirando la questione di fondo, per cui mi riesce difficile risponderle nel merito. Le piace stare in superficie, e così sia. Però sa, la vendibilità non è un valore monetario, ma formale, estetico. Lei si chieda piuttosto quanto, nelle sue parole (la sua lista), faccia piovere sul bagnato. Io auspicherei temporali dove ci sono deserti, invece di cucinare un calderone informe, che rende la letteratura depotenziata, senza arte né parte. Su “Io non ho paura” non so che dirle, se le è piaciuto se lo legga e se lo studi e ne parli insieme a tutti gli altri, tutto va bene nella letteratura “ricca e variegata”. Ricca e variegata sì, ma che non si distingua una pagina dall’altra no. Il suo è un pensiero tipicamente postmoderno, letteratura senza grandezza, pensiero debole applicato alle parole. Non si può estirpare un cancro somministrando una medicina che ne genera altri. E poi intendiamoci, se non si offendeno Moresco o Busi nel trovarsi vicino a Ammaniti o Wu Ming mi offendo io per loro. Mi spiace, piuttosto, per il suo editore tedesco (com’è possibile? se hanno tradotto persino Gadda o la Divina Commedia… ma Scarpa, era troppo difficile la sua lingua per il tedesco o troppo difficile il tedesco per la sua lingua?). Tra l’altro Kamikaze d’Occidente non era oggetto del contendere e personalmente, lingua o non lingua, mi è anche piaciuto, sebbene non credo che gliene freghi granché. “Panorama” la invito a comprarlo questa settimana, c’è un bel pezzo di quattro pagine su di voi e c’è anche la sua foto. Anche il Domenicale uscì allegato con Panorama, ma come ricorda i giornalisti scioperarono, e da allora il Domenicale non viene mai nominato, e però nessuno (neppure il Domenicale) se ne lamenta. Grazie comunque per l’ospitalità. Se doveste non farcela a tenere su il sito, visto che tiene a sottolinearmi quanto costa, e nonostante io abbia un’idea “povera e mafiosa” dell’amicizia, come dice lei, me lo faccia sapere, e pur non essendo un suo amico, e pur non avendo una lira, le farò un bonifico di settantadue euro.

    Cordialmente,
    Massimiliano Parente

  3. Come al solito, quello che cade giù dal pero (io) si domanda: ma di che cosa stano parlando ? (E ha un po’ l’impressione di gridare: il re è nudo !).
    Non avranno un po’ ragione tutti e due ? Uno quando denuncia il sospetto di favoritismi reciproci, l’altro quando ribatte: non faccio che difendermi.
    Vabbe’, lo sappiamo: su un mercato come quello anglo-americano può capitare di pubblicare a spese proprie e vendere centomila copie (vedi Pirsig e la sua Motocicletta), su un mercato asfittico come quello italiano non si vendono libri se non sono avallati da uno o più numi tutelari. Non me ne scandalizzo: credo di aver comprato il novanta per cento dei libri che ho in casa perché vedendoli sul banco della libreria li ho riconosciuti come “raccomandati” da amici o da recensioni che mi avevano colpito. Immagino che capiti anche a voi.
    Se questa è la realtà, mi sembra normale che si formino gruppi di autori e critici che per qualche aspetto si riconoscono e si stimano. Che due o più di questi gruppi entrino in conflitto fra loro mi pare altrettanto normale. Ciò che mi stupisce è che il dibattito tocchi quasi marginalmente i punti specifici (la poetica di un autore o di un movimento) e si concentri invece sulla reciproca delegittimazione. Non è più un dibattito letterario: prende l’antipatico aspetto di un gioco di potere. E ai lettori (a me, perlomeno) questo importa poco, anzi, dà un po’ fastidio.

  4. Senta, Parente, che le devo dire? Lei mi attribuisce una superficialità in maniera irrelata, per partito preso. Mi vuole offendere? Ce l’ha con me? Mi sta sparando addosso un fracco di insulti e sarcasmo. Che vuole da me?

    Io ho scritto interventi, articoli e saggi, da tredici anni a questa parte, su riviste, giornali, libri e siti (e so già che questa precisazione mi costerà un’imputazione di autoincensamento narcisistico indulgente…).
    Se a Lei fa piacere darmi del postmoderno superficiale, faccia pure.

    “Il suo è un pensiero tipicamente postmoderno, letteratura senza grandezza, pensiero debole applicato alle parole.” Guardi, che posso dire su questa sentenziosità da Giudizio Universale? Si rende conto di quel che mi sta dicendo? Di come mi sta ANNULLANDO? Lei ha ricavato dai miei libri, dai miei racconti e romanzi e saggi e poesie e militanza culturale e polemiche e conferenze e interventi questa etichettina giornalistica. Il mio lavoro, per Lei, che pure dichiara di avermi letto, è stato inutile. Pazienza, che cosa vuole che Le dica.

    (Lei non sa o finge di non sapere che “Gli Esordi” di Moresco li ho fatti pubblicare io, sebbene non avesssi alcun potere editoriale di far pubblicare nessuno. Ho convinto io, con il mio ruolo minuscolo da redattore, Gabriella D’Ina e Carlo Feltrinelli a pubblicare Moresco. Se Lei oggi può leggere “Gli Esordi” e i “Canti del Caos” e gridare al capolavoro dandomi nel contempo del postmoderno depotenziato, lo deve al 99,9999999 per cento a Moresco che li ha scritti, ma anche allo 0,0000001 per cento a Tiziano Scarpa che si è battuto con tutto se stesso per farli pubblicare, dopo che erano stati rifiutati da tre quarti di editoria italiana, compresa quella che pure gli aveva dato alle stampe i primi libri.

    Lei si rivolge a me, io rispondo, ed ecco che la mia risposta diventa una “autodifesa individualistica”. Ma è LEI che mi ha indirizzato una lettera! Si è rivolto A ME! “Caro Tiziano Scarpa”… lo ha scritto Lei.

    Perché non chiede scusa a me e ai lettori di Nazione Indiana di aver fatto una confusione fumosa, di aver detto cose imprecise e di averne ricavato considerazioni (umane, culturali e politiche) insostenibili? Sì, perché Lei ha detto di avere invitato me e tutti quanti a intervenire sul “Domenicale”, mentre NON E’ VERO. Io non ho ricevuto nessun invito. E poi, Le ripeto, che significa interpretare un rifiuto in questo modo autovittimista? Ci sono occasioni in cui non si ha voglia o non si ritiiene opportuno o si ha altro da fare, una risposta PUBBLICA non è mai DOVUTA. Ma questo non autorizza a vederci per forza schieramenti, pregiudizi, ecc. Le ho già detto: non sono intervenuto nella polemica dell'”Espresso”. Come la mettiamo, lì? Perché non si mette a iper-interpretare alla stessa maniera anche QUEL non intervento? Gliel’ho già chiesto, ma Lei non risponde.

    A “Io non ho paura” ho dedicato conferenze in Usa e in Italia nel 2001 (ben prima che avesse il successo popolare strepitoso successivo), o per meglio dire alcune parti di conferenze, sulla cultura e la letteratura italiana degli ultimi anni, sulla rappresentazione dell’infanzia nella letteratura, eccetera, e ne ho scritto un poco anche su questo sito, a proposito del film di Crialese (e di Salvatores).

    Sciopero o non sciopero dei giornalisti, il primo numero del “Domenicale” uscì allegato a “Panorama” in edicola, incellofanato in centinaia di migliaia di copie. Che c’entra menzionare lo sciopero? Evidentemente (interpretazione mia di quello sciopero, del tutto personale) i giornalisti non erano d’accordo di lavorare di fatto per un’altra testata, per lanciare un’altra testata incellofanata lì dentro: una cosa alquanto insolita, in effetti. Ma in tutti i casi, che c’entra tirare in ballo lo sciopero, adesso, in questa nostra discussione? Che c’entra questo solito vittimismo (ricorrente soprattutto nella cosiddetta cultura di destra – dico “cosiddetta” perché anche a me queste categorie lasciano insoddisfatto) di sentirsi boicottati, sempre, da tutti, persino in casa propria, persino quando le cose vanno bene? Il “Domenicale” ebbe un lancio INAUDITO, ENORME, MADORNALE. Venne FISICAMENTE consegnato nelle mani di unn numero enorme di lettori altrimenti intangibili, persino da campagne pubblicitarie a tappeto. Fu MOLTO DI PIU’ di una campagna televisiva alle 20.30 per una settimana (chi si sarebbe preso la briga di comprare in edicola una RIVISTA CULTURALE, benché pubblicizzata? Invece così non c’è stato bisogno di nessuna briga, il “Domenicale” agli italiani gliel’ha recapitato in mano “panorama”). Basta. Questo è il dato VERO.

    Ripeto, nessuna rivista culturale italiana può giovarsi di un lancio simile. Questo è un dato oggettivo, Parente. Non c’è niente di male. Il “Domenicale” aveva la forza dalla sua parte, l’ha usata. Perfetto. Ma per piacere non facciamo del vittimismo, non presentiamoci come straccioni! Se Lei non ha una lira, mi spiace, se ha bisogno di una minestra e di un bicchiere di vino buono sarò il primo a offrirglieli di cuore, ma per favore basta con queste sciocche recriminazioni: “io sono più libero di te!”, “no, io!”, “io sono più povero!”, “no, io!”, “ma io ce l’ho più piccolo!”, “no, io! ce l’ho invisibile! io, io sì che sono piatto come un bambolotto!”

    In ogni caso, sono stufo di parlare di queste cose. Il mio compito e la mia gioia è dare pensiero e fantasia: scrittura. Le polemiche sugli schieramenti mi spossano. Mi sono spiegato a sufficienza nel commento precedente. Se ha voglia di leggerlo davvero, bene, altrimenti, pazienza.

    La Sua battuta sull’editore tedesco è di cattivo gusto, ma pazienza anche per quella, la finestrella dei commenti spesso sembra fatta per questo sport di sarcastico tiro al piccione, a volte anche divertente quando è arguto. Ma qui siamo alla battutaccia fine a se stessa. Lei si contraddice franosamente: se noi scrittori veniamo tradotti, ecco che puntiamo alla traducibilità, siamo afasici vacui, venditori di una letteraturina senza nerbo, in una la lingua light e disossata. Se però non veniamo tradotti, ah be’! E’ perché qualcosa non va in quel che abbiamo scritto: ed ecco che scatta la battutina sarcastica… Si metta d’accordo con se stesso, Parente! “Se sei bello ti tirano le pietre, se sei brutto, ti tirano le pietre”, cantava Antoine. Facile fare i paragoni con i grandi! Giusto chi si mette sul piedestallo sarcastico delle battute se li può permettere! Se lo faccio io, un paragone con i grandi, mi rinchiudono in manicomio, reparto megalomani. Gadda è un monumento, Dante è un colosso metafisico, e Scarpa non è nessuno: ma questo è OVVIO! In Germania Scarpa è ancora meno! E’ evidente che un editore tedesco traduce anche gli appunti sui polsini di Gadda, e di Scarpa valuta quel che è più o meno germanizzabile!

    Lo stesso discorso vale per Kafka che vende duecento copie… Tutte fregnacce, Parente. La storia è piena di esempi e controesempi, facilissimi da tirar fuori a giochi fatti, cento o duecento anni dopo. Manganelli diceva che quando sosteneva il valore della letteratura “disimpegnata” o non “letteralmente implicata” politicamente (semplifico il suo pensiero), gli citavano le carestie africane, diceva “mi prendono a bambini morti in faccia”. Altrettanto facile prendere gli autori contemporanei a “scrittori morti in faccia”, Parente!

    Ho nominato “Kamikaze d’Occidente” perché nella Sua citazione della traduzione in cinese ho riconosciuto una allusione chiarissima al risvolto di quel libro. Ho ritenuto non casuale il fatto che Lei abbia nominato proprio la lingua cinese come esempio di traduzione e di sfoggio di diffusione nel mondo (come il suo “che bello, che bello!” lasciava intendere. Evidentemente mi sono sbagliato, ho colto un’allusione di troppo.

    In che senso faccio “piovere” sul bagnato? Ma è esattamente il contrario! Ammaniti non ha bisogno che io gli aggiunga neanche una goccerella di pioggia! Il suo libro ha già avuto tutto quello che meritava, e senza il mio aiuto o quello dei suoi “amici”. In quale orticello o campo mediatico o mercato avrei fatto piovere? In quello dei lettori dell'”Unità”? Io volevo far piovere NELLA TESTA DESERTA D’INFORMAZIONI DI LUPERINI! Stavo RISPONDENDO a Luperini! Alla sua descrizione di deserto e di tabula rasa! E’ chiaro questo o glielo far tradurre in cinese? Io stavo rispondendo a LUPERINI! E a Luperini io ho detto molte altre cose! Ma Lei continua a voler vedere solo la lista della spesa.

  5. Eh no, caro Riccardo, anche tu fai un calderone.

    Le cose sono andate così: Luperini ha scritto sull’Unità: in Italia non c’è nulla, voi non esistete, la storia vi scavalcherà, questa generazione fa schifo. Io ho risposto: un attimo, guarda che ti sbagli, in Italia c’è qualcosa, anzi molto. Ho fatto una lista. Lacunosa: per forza! Non sono onnisciente. Ma anche variegata. Perché la letteratura non è monolitica, ma politeista. Tutto qui.

    Poi arriva Massimiliano Parente, autore di romanzi e collaboratore di una rivista letteraria, che spara insulti e accuse di schieramento e insomma cerca di confondere le acque facendo fare a TUTTI la figura dei pubblicitari di se stessi. Lo so, vi sto annoiando, ma non ci sto. NON CI STO! NON CI STO! NON E’ COSI! E’ troppo facile liquidare le cose così.

    E’ Parente che vuole depotenziare la discussione, proprio perché persino le persone equilibrate come te ne escano con questa impressione: “mah. alla fine sono tutti uguali, si autopromuovono tutti, e questo è il movente di un po’ tutte le azioni culturali o ritenute tali di tutti quanti…”

    Non ci sto!

  6. Ah, e poi, Parente, risparmi le energie, non si indigni per conto di Busi. Le ricordo che Aldo Busi scrisse una recensione superelogiativa di “Io non ho paura”. Busi ci si sente benissimo in una lista dove c’è Ammaniti. Lo stesso dicasi di Moresco. Non faccia il rappresentante di nessuno, La prego. Non rischi figuracce di ricusazione. E non si erga a Signore e Padrone delle Liste, o Moralizzatore Antilista. Qui le liste si fanno solo in casi disperati, o meglio solo in casi esasperati, per rispondere ai negatori dell’esistente come Luperini. Glielo ripeterò come Totò, ossessivamente: non dirò “votantonio votantonio votantonio!”, ma “eraunarisposta aLuperini era una rispostaaLuperini eraunarispostaaLuperini!”. Non si preoccupi: nella massima parte del tempo noi si scrive: libri, riflessioni, poesie (è INCREDIBILE che Lei non se ne accorga. Lo sta dicendo proprio QUI! Su Nazione Indiana! Che è PIENA dei nostri interventi di approfondimento, sulla letteratura e non solo. Proprio QUI è venuto a rimproverarci di astenerci dalla critica e dall’approfondimento! A pensarci bene non ci si crede, Parente! Ma sto sognando o sono vittima per la prima volta nella mia vita di un Primo di Aprile?). E ogni tanto si perde tempo (ma poco) pure con interventi infelici di persone (spero) leali come Lei.

  7. Io quando vado al supermarket faccio sempre la lista della spesa. Così evito di sperperare i miei soldi in troiate consumiste e indigeste. Mi sembra un ottimo approccio critico. Guardo il frigo, a casa, ci ragiono, vedo cosa mi manca, di cosa ho bisogno, quali sono i miei desideri. E faccio la lista. (poi, però, una troiata ci va sempre a finire nel carrello. E’ il piacere anarchico dell’esotico, della sperimentazione). Di certo se qualcuno si mettesse ad urlarmi dietro che la lista non la devo portare al supermarket, che non è elegante, che è mafiosa, un pochino mi imbarazzerebbe. E mi farebbe, un pochino, incazzare (un pochino, ovvio, ché le cose serie fanno incazzare, non queste).

    Saluti, Gianni

  8. Il discorso su movimenti, gruppi, lobby ecc. è giusto (e l’ho fatto anch’io e a Scarpa), ma il contesto in cui lo colloca Parente – cioè un’aggressione indiscrimanata a Scarpa e NI – è fuorviante. Anche Moresco ha fatto la sua “lista della spesa”, per dirla con Parente. Ma davanti ad accuse così pesanti non c’erano che due modi per difendersi: uno teorico e l’altro pratico. Quello teorico, che in parte è stato praticato, consisteva nell’esporre una critica di idee e concetti, visioni della letteratura, filosofie ecc. Quello pratico nel dire: ci sono questi libri, vatti un po’ a vedere se sono “niente”. Per questo ha ragione Scarpa a ripetere il ritornello di Antoine: se parli in generale e in linea teorica, ti ribattono “Astrazioni! ragionamenti! ma dove sono le prove?”; se elenchi le prove, che poi sono libri e autori, ti ribattono: “Ti fai pubblicità! autopromozione!” ecc. Che dovrebbero fare gli accusati? avvalersi della facoltà di non rispondere per poi, magari, sentirsi dire che “chi tace acconsente”?

    La vendibilità e traducibilità non mi sembrano i valori che muovono l’opera di uno Scarpa. Capisco che Tiziano è pubblicato da una casa editrice visibile e non è uno sconosciuto, ma non è neanche un Camilleri o un Faletti. Chi ha letto alcuni suoi interventi su letteratura e società (e Parente non li ha letti, o volutamente li ignora), sa che è uno che non guarda la tv, non ci tiene a comparire (nonostante gli inviti e nonostante sappia il ritorno, commerciale ed economico, che gliene deriverebbe), è attento e critico verso molte cose, finanche verso la Gazzetta dello Sport (l’altro giorno ho beccato un suo bellissimo intervento all’indomani dello scoppio della guerra in Iraq). Scarpa allora si difende (individualisticamente, sì, parla per sé, che altro potrebbe fare?) e porta l’esempio di NI che è una rivista mediatica da cui non solo non ricava un soldo, ma che addirittura ha un costo, un peso economico. Sottintende, Scarpa, che anzicché prostituirsi a riviste e giornali organici, cosa che economicamente gli renderebbe di più, preferisce essere libero e pagare di propria tasca questa scelta di libertà: un ulteriore ribattere alle accuse di intenti commerciali ed economici mossagli da Parente. Ma Parente che fa? Scrive: “Se doveste non farcela a tenere su il sito, visto che tiene a sottolinearmi quanto costa, e nonostante io abbia un’idea “povera e mafiosa” dell’amicizia, come dice lei, me lo faccia sapere, e pur non essendo un suo amico, e pur non avendo una lira, le farò un bonifico di settantadue euro.” Qui, naturalmente, siamo all’offesa gratuita, fatta per di più in piena malafede, e – secondo me la cosa più grave – senza aver compreso né sforzarsi di comprendere quello che l’interlocutore voleva dire.

    Non sarà che il nostro caro Parente è un po’ frustrato dalla mancata partecipazione e quindi riconoscimento alla sua rivista e persona da parte di Scarpa e degli altri autori di NI?

  9. P.S. Naturalmente, ci tengo a precisare che chi parla è uno che con Scarpa si è finora quasi sempre trovato in disaccordo, ha litigato e ancora adesso litiga – in senso culturale, ovviamente -, cioè non sono un fan sfegatato di Scarpa e di NI. Nessuna presa di posizione aprioristica, quindi, ma solo – credo – un po’ di buon senso.

  10. Grazie Malatesta!
    Più volte ho riconosciuto la tua disponibilità all’ascolto delle ragioni degli altri, perciò non lo farò ora che mi sostieni cavallerescamente con tanta generosità. Ma, ti prego, se non ti annoia, continua a “litigare” spietatamente con me e con tutti noi!
    Un caro saluto, e grazie!

  11. Caro Scarpa:
    mi perdoni se salto qualche punto. non riesco a starle dietro. faccio il possibile:

    a)l’invito a cui si riferisce era pubblico, uscito sull’unico settimanale di cultura che non sia inserto di un altro giornale. certamente non si è obbligati a farlo, ma non si può negare ci sia stato. già in quel pezzo dissentivo da lei, lei poteva rispondermi qui o lì, se voleva, io altrettanto, ma non per amore di polemica, che chissenefrega, quanto piuttosto perché la questione è decisamente importante.

    b) non ho mai detto che non le riconosco dei meriti. ma questo non implica che mi debba star bene tutto quello che dice, o che il fatto di aver fatto pubblicare Moresco e oggi di sponsorizzarlo vicino a “Io non ho paura” o Wu Ming o altro per me non sia una posizione inconciliabile, incomprensibile e “debole” dell’arte. in Italia si è fatto di tutto per far crollare ogni distinzione non solo tra letteratura di genere e letteratura, ma anche tra narratori e scrittori. ecco perché quando parla uno scrittore, in Italia, non si sa più chi parla. mi sembrava fosse chiaro, dal mio intervento qui su “nazione indiana”, gentilmente offertomi da Michele Rossi, che fosse proprio questo il punto. in questo, sì, sono un’anti-lista come dice lei, proprio perché, nel suo raggruppamento, vedo un sintomo di un modo di concepire la letteratura contraddittorio e depotenziato, non “ricco e variegato”. sa, Scarpa, a me interessano le opere, l’ambizione nelle opere, il puntare in alto, e per questo occorre distinguere chi ha puntato in alto da chi ha puntato in mezzo o in basso, chi ha scelto l’uovo oggi, chi la gallina domani. è una dura lotta, e il fronte è trasversale.

    c) io non faccio il rappresentate di nessuno, se non di un’idea forte di letteratura che difendo. busi o moresco o chiunque altro sono, anzitutto, le loro opere. busi, casomai, andrebbe difeso da se stesso, visto che ha sputato su chiunque, inclusi gadda, pasolini, e proust.

    d) mi sembra ridicola questa difesa biografica che scatta come un coltello a serramanico del tipo: ho fatto questo, ho fatto quello, lei non conosce i miei articoli, ecc. Negli ultimi due anni avrò pubblicato duecento articoli, e parlando solo di letteratura, ma non pretendo che lei li conosca, tantomeno i miei libri, tantomeno cosa ho fatto all’interno di case editrici dove ho lavorato, e neppure i compromessi che ho rifiutato per tener fede a dei principi o le persone di potere che ho mandato affanculo proprio quando potevano servirmi. se intervengo qui pretendo che lei conosca di me solo ciò che qui le dico.

    e) non c’era nessuna offesa nell’offerta dei settantatré euro, in parte era una battuta in parte parlavo sul serio e anzi, le traduco: bene che ci sia nazione indiana, e se dovesse non esserci pagherei io per farla essere. difficile, piuttosto, pensare di aggirare il mio ragionamento sulla letteratura, partita dai nomi che lei ha messo insieme, attribuendomi un’idea “politica e mafiosa dell’amicizia” (casomai poteva attribuirmi di avergliela attribuita) ma non mi sono offeso, non si preoccupi. non mi offendo quasi mai. forse però è un vezzo. chissà.

    Cordialmente,

    Massimiliano Parente

  12. Post Scriptum:

    Scarpa, dimenticavo. Non ho mai accusato nessuno di autopromozione, non l’ho mai scritto, e ci mancherebbe che uno scrittore non si autopromuovesse. Casomai l’ho accusata di “promozione” sbagliata, di mischiare capra e cavoli. Va bene rispondermi su questo, ma non sulla storia dell’autopromozione, che non è mia, non l’ho mai scritta né pensata e non mi appartiene.

  13. Tiziano, non ho niente da obiettare alla tua ricostruzione dei fatti. Ciò che ho cercato di dire è che mi dispiace vedere una polemica che mi dà l’impressione di prendere a pretesto la letteratura mentre riguarda tutt’altro. Insomma, non una discussione ma solo una provocazione che ha ottenuto il suo scopo: provocare.

  14. Guardi, Parente, io il “Domenicale” non lo leggo. Non gli ho perdonato proprio quell’atto di forza di incellofanarsi parassitariamente in una rivista in centinaia di migliaia di copie, per affermazione di puro potere politico ed editoriale. Non è MAI successo nella storia delle riviste culturali un lancio di simile arroganza e dispiegamento di potenza. Con me quella rivista ha chiuso sin dal primo numero. E potrei citarle altrettali rifiuti che ho fatto (come lettore o come collaboratore) a riviste di sinistra per cause molto meno gravi.

    Quindi non mi interessa che Lei mi abbia invitato pubblicamente: per me il “Domenicale” è faccenda privata del suo gruppo redazionale e dirigenziale, non faccio parte del suo pubblico. L’avverbio “pubblicamente” applicato agli inviti del “Domenicale” non mi comprende.

    Se Lei non mi contatta personalmente, che Lei scriva sul “Domenicale” o sulla sua agendina, per me non cambia nulla: non mi arriva niente, il mio telefono non squilla, la mia posta elettronica non riceve messaggi, il postino non consegna alcunché. Non pensi che, perché Lei scrive all’ombra dei potenti, tutti La debbano per forza sentire. Esiste anche la resistenza individuale, esistono anche le palpebre, che grazie a Dio si possono ancora chiudere liberamente (era un semplice e prezioso insegnamento di Giovanni XXIII per un uso saggio della televisione).

    Ultima cosa: Lei dice di non esserci offeso, e ci fa pure il signore sopra. Ma perché mai dovrebbe essersi offeso? E’ Lei che è venuto qui a insultare. Lei non si è offeso, ma io sì. Lei ha definito in termini insultanti, gravi e liquidatori, macchiettistici, e giornalistici nel peggior senso del termine, il mio lavoro e il mio impegno intellettuale e umano. Perciò Le dedico, dal profondo del mio “pensiero tipicamente postmoderno”, della mia “letteratura senza grandezza”, questo sentito “pensiero debole applicato alle parole”: vaffanculo.

  15. Complimenti: l’avete gettata in vacca. Guardate, mi fate veramente dispiacere. Io leggo Nazione Indiana. Poi mi leggo pure i commenti. Poi trovo cose anche interessanti nei commenti, una polemica tra persone intelligenti che (a parte qualche parola di troppo) sfiora argomenti interessanti. E infine, devo pensare che queste persone siano tanto intelligenti quanto deboli di nervi. Non sono mai intervenuto ma adesso lo faccio.
    Ragazzi, così non va. Io sono contento degli sforzi che fate per la letteratura – e impegno il mio tempo anche a leggere voi – però poi rimango deluso per certe conclusioni.
    Il “vaffanculo” finale di Scarpa, specie perché è uno dei “pardroni di casa” del sito, è veramente una cosa deplorevole, e mi fa temere che a leggervi io perda del tempo. Non è la prima volta che ci sono discussioni accese. Ma è la prima volta che un “padrone di casa”, di questa bella casa che è Nazione Indiana, si comporta in questo modo. Non mi sembra che ce ne fossero i presupposti. Non mi sembra che la discussione fosse trascesa a questo punto, per la miseria.
    Se è per questo anche uno come Genna interviene su questo sito e qualche tempo fa si diceva orgoglioso (tra l’altro senza argomentare molto e in modo spocchioso) di non far parte di Nazione Indiana offendendo quindi DAVVERO tutti noi che la leggiamo, eppure nessuno si è sognato di mandarlo violentemente a quel paese (per una questione deontologica che ho apprezzato, nonostante non abbia apprezzato l’uscita di Genna).
    Insomma, mi avete un po’ deluso. Vi prego di farmi ricredere o di scusarvi in qualche modo.
    un lettore affezionato

  16. Caro Massimilano Parente,

    ha avuto la sua ora di gloria, ora – per favore – fili via. Sappiamo la sua opnione e ci ha fatto molto piacere. Però adesso – non se ne dispiaccia – tolga il disturbo. Qui le critiche sono ben accette, a volte anche pesanti e ci si offende pure, ma in maniera intelligente e costruttiva.
    Lei, ovviamente, non conosce questa maniera…

    Un rimprovero a Michele Rossi: è un bene ospitare opinioni contrarie e critiche e ci auguriamo che ciò avvenga sempre più spesso su NI, ma la prossima volta selezioni e faccia opera di filtraggio. Le critiche e posizioni differenti devono esserci, però che siano intelligenti e ponderate.

    Un invito a Tiziano Scarpa: non intervenga più, non risponda più a Parente, davvero non ne vale la pena. Non vede com’è basso e meschino? Scrive: “Mi sembra ridicola questa difesa biografica che scatta come un coltello a serramanico del tipo: ho fatto questo, ho fatto quello, lei non conosce i miei articoli, ecc. Negli ultimi due anni avrò pubblicato duecento articoli, e parlando solo di letteratura, ma non pretendo che lei li conosca, tantomeno i miei libri, tantomeno cosa ho fatto all’interno di case editrici dove ho lavorato, e neppure i compromessi che ho rifiutato per tener fede a dei principi o le persone di potere che ho mandato affanculo proprio quando potevano servirmi. se intervengo qui pretendo che lei conosca di me solo ciò che qui le dico.” Sì, caro Parente, ma se lei accusa Scarpa di votare la propria opera ai principi di vendibilità e traducibilità, non le sembra onesto da parte di Scarpa pretendere che lei conosca qualcosa di più di lui oltre il contenuto di qualche romanzo?: che cosa ne pensa della vetrina televisiva, dell’industria culturale, del circuito chiuso della critica accademica ecc… Cioè lei ha mosso delle accuse su Scarpa intellettuale, sul comportamento di Scarpa al di fuori della sua scrittura: le sembra poca cosa chiederle di essere informato sull’attività giornalistica, critica e intellettuale della persona che sta accusando (e offendendo)?
    Dunque, riassumendo: se Scarpa è accusato non può difendersi parlando di sé perché altrimenti è una difesa “individualistica”, non può difendersi dicendo “ho detto questo e scritto questo” perché altrimenti è una difesa “biografica”, se sono accusati lui e la sua generazione non può difendersi e difenderla dicendo “questo autore e quest’altro sono interessanti” perché è una difesa “promozionale”, da “lista della spesa”. Faccia una cosa, caro Parente: spieghi lei a Scarpa quali sono le modalità per potersi difendere evitando che lei rubrichi le opinioni altrui come difesa “individualistica”, “biografica” ecc. (è facile, basta mettere un’aggettivo che riassuma il contenuto accanto alla parola “difesa”).
    Ma sua una cosa le do ragione: la cultura non è una questione politica. E lei – di destra o di sinistra – ha dimostrato a tutti il suo basso profilo culturale…

  17. Caro Marcello Signorini,

    non si formalizzi sulle parole. Secondo lei chi ha offeso di più, Massimiliano Parente rimproverando a Scarpa un “pensiero debole applicato alle parole” e parlando, in maniera doppia e ipocrita, dell’opera letteraria di Scarpa come di qualcosa di interessante (a proposito di kamikaze d’occidente ha detto “personalmente mi è piaciuto”) e poi rimproverandogli di fare “letteratura senza grandezza”? O Scarpa, con un semplice, iconoclastico, provocatorio e provocato “vaffanculo”?

    Il padrone di casa è tenuto all’ospitalità, ma se l’ospite entra in casa con le scarpe inzaccherate, apre maleducatamente gli scaffali, svuota il frigo e getta i quadri per terra, beh, allora l’ospitilità non è più un dovere…

    E poi, mi dica: basta una parolaccia scappata a un solo scrittore di NI dopo che ha personalmente subìto una grandinata di offese, immotivate e indiscriminate le più, a farle dubitare dell’ “intelligenza” di tutti gli autori e di tutto quello che si scrive su NI? Criticherebbe tutta l’opera e il pensiero di Cesare Zavattini perché una volta, in pubblico, gli scappò un “cazzo!”?

    Qui non siamo all’Olimpico, i tifosi (=lettori) non hanno potere intimidatorio su chi gioca la partita (=scrittori).
    E poi, anche Dante offendeva direttamente i suoi avversari(“e cortesia fu lui esser villano” dice in un punto della commedia, cioé “offendendolo sono stato anche troppo cortese per quello che si merita”). E ora che farà: crederà di “perdere tempo” leggendo la Divina Commedia?

  18. Gentile Malatesta, ho seguito da “lettrice” tutte le discussioni che lei ha avuto con Scarpa, non sempre sono d’accordo con lei, ma dai vostri confronti ho imparato alcune cose, ho ricevuto spunti di riflessione e soprattutto ho apprezzato gli scontri sui contenuti. Grazie al cielo non siamo sempre e tutti d’accordo: è così che nasce il confronto e si cresce culturalmente(vedi per es. lo scambio di idee sulla poesia di Aldo9). Come facente parte di questa riserva,perchè mi riconosco nelle idde e nella qualità degli articoli e dei commenti, mi trovo concorde in quanto lei afferma qui sopra. Non basta un insulto più che giustificato a farmi pensare che in questo sito si manchi d’intelligenza. D’altro canto non è la prima volta che qui vengono ospitati articoli che poi degenerano, si innesca uno strano meccanismo per cui qualcuno viene qui a sputare e poi si indigna perchè gli si dice che è maleducato sputare. Non so quali siano le motivazioni che spingono i denigratori di questo sito a volere comunque mettersi in campo proprio qui… o meglio è così semplice che chiunque può trarne le conclusioni. In attesa di leggerla di nuovo, la saluto cordialmente.
    ps
    non le do del lei per tenere distanza, ma dopo discussioni con vari nickname, ho preso la decisione di dare del tu solo a chi si firma con il proprio nome, anche se non sempre è garanzia di verità. Ma come ha detto una volta Tiziano: “è la rete baby!”.

  19. Caro Tiziano, va bene che siete accerchiati dalle giacche blu, ma perché non ricorrere all’ironia? Non mi scandalizza il vaffanculo, mi sgomenta il Non ci sto, di cui detiene i diritti un bacchettone che si sottrasse con arroganza al giudizio.

    Ma veniamo al dunque: non trovo molto attraente questa rissa anche se Parente ha detto cose interessanti, cose su cui si sarebbe potuto discutere:

    “Il senso di colpa ritorna sotto forma di autoanalisi critica con le relative autodefinizioni, ?thriller metastorici?, ?thriller metacontemporanei?”

    oppure

    “chissà che regime editoriale è, dove il giornale di regime è più introvabile della controcultura, distribuita e promozionata dal regime stesso. Dove, in ogni caso, persiste un?idea della letteratura basata sulle fratellanze politiche, come se Berlusconi fosse il problema, come se Tabucchi o Ammaniti non fossero un regime della forma, come se i compiacimenti e le ruffianerie della letteratura non fossero la rinuncia, anzitutto, alla forma, e alla fine alle opere stesse. Come se D?Annunzio o Malaparte fossero messi insieme a Guido da Verona e Pitigrilli, o si andasse a vedere chi era più o meno fascista, o perché Kafka scriveva vendendo duecento copie, e né nei diari né nelle opere si trova una presa di posizione sulla prima guerra mondiale che gli esplodeva intorno”.

    Ho una cosa da rimproverarti (è sempre la stessa in realtà, quel fondamentalismo “d’occidente” che davanti alla TV ti fa dire: non la voglio vedere neanche spenta): il Domenicale è del Nemico quindi io non lo leggo. Ma non sai neanche cosa c’è. E se su quella rivista si parlasse bene di Moresco (il condizionale dovremmo toglierlo, visti gli apprezzamenti di Parente)? Non è quello che tu dichiari di volere? Un settimanale di Cultura (cultura, Tiziano, quello di cui ti occupi, no?) diffuso in tutte le case degli italiani, più di Sorrisi e canzoni, che predica di leggere Moresco. Qual è il problema? Non si accettano i doni del Demonio?

    Tu dici: “Con me quella rivista ha chiuso sin dal primo numero. E potrei citarle altrettali rifiuti che ho fatto (come lettore o come collaboratore) a riviste di sinistra per cause molto meno gravi”.

    Ognuno va orgoglioso dei rifiuti che gli paiono ma sulla rubrica di poesia del Foglio, la scorsa settimana, Andrea Inglese veniva messo tra i pochissimi poeti importanti (in quella rubrica non si salva praticamente nessun italiano). Sul Giornale, che attualmente ha una delle migliori pagine culturali, viene lodato il racconto di Christian Raimo. I giornali “di destra”, insomma, non sottilizzano sulle appartenenze.

    Il primo numero del Domenicale mi deluse moltissimo: lo trovai scialbo e me ne dispiacque moltissimo. Mi sembrò un’occasione sprecata. Non l’ho più guardato per mesi (anche perché non si trova da nessuna parte) finché non mi è ricapitato sotto gli occhi e ho visto che era cresciuto (in tutti i sensi) e ne sono stato felice. Un settimanale di cultura, Tiziano, una cosa che non c’è. Se il nemico ce lo regala, allora ha ragione da vendere Parente:
    “non capisco secondo quale criterio snobbistico non vi sia spazio che si possa invadere per la letteratura, per parlare arte, per discutere di valori estetici, perché di questo si tratta”.

    O, anche lì, il mezzo è il messaggio? Ma un colophon sospetto non fa un mezzo diverso, ammesso che l’abusato paradosso del massmediologo più sopravvalutato del secolo abbia davvero senso.

  20. Vede Scarpa, ho tentato di porre delle questioni, che piacessero o meno, ma vedo che vengono strumentalizzate e addirittura reputate delle offese a te delle frasi che non ti riguardavano, ma riguardavano un discorso generale. Ma ora, a rettificare non si finisce più. Continuate quindi a darvi pacche sulle spalle fra di voi, e a discutere come avete stabilito sia giusto fare o dire. Senza grandi strumenti strumenti critici, che sanno cogliere il senso e non appigliarsi pretestuosamente alle marginalità, e senza grande disponibilità di dibattito con “l’altro da sé”, mi sembra. Ma se così deve essere, meglio il Maurizio Costanzo Show. Ringrazio Michele Rossi per l’ospitalità, e, dopo il “vaffanculo” e “fila via”, tolgo il disturbo, così perdiamo meno tempo tutti. Arrivederci.

    Massimiliano Parente

  21. Caro Marcello Signorini,
    qui non c’è nessuna ipocrisia. Diciamo quello che pensiamo. Non ce ne frega niente del galateo, ma del rispetto umano sì. Siamo esseri umani, e in questo sito ci esprimiamo col linguaggio. L’essere umano, e gli atti linguistici, comprendono anche gli insulti. Sono stato insultato, ho risposto con più di UNA DECINA DI PAGINE di commenti pazienti, controargomentazioni, spiegazioni, delucidazioni. Sono tutte documentate qui sopra. Alla fine, di fronte alla palese malafede argomentativa dell’interlocutore, l’ho mandato affanculo.
    Ribadisco quella reazione e me ne assumo la responsabilità, che ovviamente è mia e solo mia, e non coinvolge gli altri membri di Nazione Indiana. Sono un professionista adulto, ho un sogno, una vocazione e una competenza costruita in almeno venticinque anni di studio e scrittura, e non ci sto a farmi prendere in giro.
    Se Lei ritiene di perdere tempo venendo qui a leggere questo sito, me ne dispiaccio, ma non è certo in mio potere trattenerla.
    Interrompo il collegamento alla rete e torno a scrivere cose belle.
    Grazie del Suo intervento e buona giornata.

  22. Mi spiace che la discussione sia finita in questo modo. Leggo molti supplementi culturali, frequento Nazione Indiana, e qualche volta leggo anche il Domenicale. Non sempre ma spesso. Vorrei spendere una parola per Parente. Non condivido sempre quello che scrive. Però, vorrei dire, mi sono avvicinato ai libri di Moresco grazie a un suo articolo ampio e articolato su Moresco, uscito qualche tempo fa. Sarebbe stato interessante un confronto, un approfondimento. Qualche nervo scoperto è stato toccato. Se ci fosse stata prevenzione questo “provocatore” non sarebbe venuto qui, esponendosi per sentirsi “vaffanculo”. E ha iniziato parlando di un invito a intervenire sul suo giornale. Non mi sembra poco.
    Palomar.

  23. Caro Paoloni,

    non è che Parente non abbia detto qualcosa di giusto. Io, per parte mia, ho infatti esordito scrivendo: “Il discorso su movimenti, gruppi, lobby ecc. è giusto (e l’ho fatto anch’io e a Scarpa)” (lei dice di certo fondamentalismo di Scarpa, siamo lì), ma ho anche aggiunto che “il contesto in cui lo colloca Parente – cioè un’aggressione indiscrimanata a Scarpa e NI – è fuorviante.”
    Cioè qualche riga e osservazione di Parente, per carità, si salva, ma è tutto il resto che non va… Lei, caro Paoloni, cita otto righe su oltre cento tra post iniziale e commento di Parente: io, ora, potrei dilettarmi col copiaeincolla e citarle tutto il resto. Frasi del tipo:

    1)”Caro Tiziano Scarpa, e cari amici di “Nazione Indiana”, ma davvero, secondo voi, il nocciolo della letteratura di questi anni, la brace sotto la cenere, il non potere contro il potere, è una lista della spesa, quella lista, che poi sembra il fronte letterario degli amici contro i nemici, svuotata di ogni presupposto critico, poetico?” Cioè Parente esordisce non solo accusando Scarpa di aver redatto una “lista della spesa” e quindi di fare promozione degli “amici” contro i “nemici”, ma addirittura sostiene che, per Scarpa e tutta NI, questo dovrebbe essere “il nocciolo della letteratura”?
    In questo senso, poi, vanno frasi del tipo “è difficile solidarizzare con te, Scarpa, e con voi della lista”; “Non c’è, nell’insalata mista e mistica della lista della spesa”, “Buona scalata” ecc.

    2)”La traducibilità, la vendibilità è il vostro valore. Più si è tradotti meglio è (magari in cinese, che bello”; “Mi spiace, piuttosto, per il suo editore tedesco (com’è possibile? se hanno tradotto persino Gadda o la Divina Commedia… ma Scarpa, era troppo difficile la sua lingua per il tedesco o troppo difficile il tedesco per la sua lingua?)”…

    3) “Ma come si fa a mettere insieme un capolavoro come “Canti del caos” di Antonio Moresco, eversione della forma e generazione di una nuova forma, dell’arte e del mondo, di una nuova idea di spazio e del corpo, con “Io non ho paura” di Ammaniti, e poi, a fianco, Evangelisti e Wu Ming e compagnia bella, frullando dentro “La camicia di Hanta” di Aldo Busi, libro minore di un grande scrittore (perché anche tra i minori e occasionali ve ne sono di maggiori)?”; “Non implica che mi debba star bene tutto quello che dice, o che il fatto di aver fatto pubblicare Moresco e oggi di sponsorizzarlo vicino a “Io non ho paura” o Wu Ming o altro per me non sia una posizione inconciliabile, incomprensibile e “debole” dell’arte.”; “l’ho accusata di “promozione” sbagliata, di mischiare capra e cavoli” ecc. Cioè, in sostanza, il problema fondamentale sollevata da Parente è che Scarpa, nel rispondere a Luperini contro un’accusa di vuoto generazionale, abbia incluso qualche autore da Parente considerato “minore” con altri, come Busi e Moresco, “maggiori”. Tutta qui la polemica? Caro Scarpa, faccia allora una piramide e metta ogni scrittore al suo posto, per la pace di Parente, o faccia delle carte come quelle di Saddam Hussein, gli assi la faccia di Busi e Moresco, i re con la faccia di Ammanniti e Wu Ming, le donne con quella di Evangelisti ecc.

    4) A questo aggiungi le tale spiegazioni e rettificazioni, date all’inizio in perfetta educazione, di Scarpa, cui hanno fatto riscontro la refrattarietà a capire di Parente e certi atteggiamenti che paiono essere di piena malafede. Ad es. Parente travisa tutto il discorso di Scarpa sull’amicizia. Scarpa dice “In quella lista che ho fatto sull’articolo dell’Unità (qui riportato con il titolo “La generazione dei padristi”) non ci sono mica solo i miei amici! Io non ragiono per amici o nemici. E poi che significa “amici”? Di TUTT gli scrittori che mi sono amici vengono prima i loro libri: intendo dire che ho desiderato conoscere e frequentare e diventare semmai amico degli autori di alcun i libri, DOPO aver letto i loro libri, IN SEGUITO alla lettura dei loro libri. Che idea povera e mafiosa dell’amicizia che esprime il Suo intervento, Parente! Io ho tanti amici, eppure in quella lista mancano parecchi libri dei miei “amici”, perché non me la sentirei onestamente di metterceli dentro. Come la mettiamo in quei casi, eh? Il Suo ragionamento crolla.” Cioè in sostanza Scarpa dice che Parente ha una “idea povera e mafiosa” di quella che è l’amicizia per lui, per Scarpa, negandogli qualsiasi capacità di giudizio critico e imputando tutte le sue scelte di campo a “amicizia”, senza contare – come fa notare Scarpa – che ci sono amici scrittori di cui lui non promuove l’opera e che molti di questi “amici” lo sono diventati dopo egli ne aveva letto e apprezzato l’opera (è una situazione frequentissima). Ma Parente ribatte: “difficile, piuttosto, pensare di aggirare il mio ragionamento sulla letteratura, partita dai nomi che lei ha messo insieme, attribuendomi un’idea “politica e mafiosa dell’amicizia” (casomai poteva attribuirmi di avergliela attribuita)”. Ma è quello che ha fatto Scarpa! Tiziano non voleva certo dire che Parente ha degli amici (i suoi) solo per povertà etica e convenienza! Che ne sa degli amici di Parente e del suo concetto di amicizia?

    5) Infine, dopo aver offeso, anche gratuitamente, e dopo aver del tutto equivocato su una frase di Scarpa, Parente rassicura il caro Tiziano: “ma non mi sono offeso, non si preoccupi. non mi offendo quasi mai.” E perché doveva offendersi? Fino a quel punto (prima che esplodesse nel “vaffanculo”) Scarpa era stato corretto, aveva spiegato e rettificato più volte…

    Si rende conto, caro Paoloni, che anche a due concetti giusti, in un intervento simile, è difficile ribattere…

  24. E comunque, mi scuso con Parente e anche con Ni per il mio “fili via” ecc.
    Preso dalla foga, da certi atteggiamenti che mi sembravano inconcepibili, ho esagerato, non fatico ad ammetterlo.
    In primo luogo, chiedendo a Parente di andare via da un sito che non mi appartiene (considerando inoltre che un sito, su internet, non appartiene neanche a chi lo fa, ma è di tutti) ho mancato di rispetto innanzitutto agli autori di NI (semmai spettava a loro dirlo).
    Poi ho comunque esagerato con Parente. Quindi rettifico: “Se è disposto a un confronto più ponderato ed educato, caro Parente, non se ne vada, ma torni a discutere e far discutere”.

    Volevo far notare, inoltre, che anche Lello Voce, “amico” di alcuni di NI, ha promosso un continuamento del dibattito suscitato dall’intervento di Luperini sul suo sito, ma non ha avuto grande seguito. Si è forse lamentantato a tutti gli angoli? Ha forse gridato alla “mafia letteraria”, “mancanza di confronto”, “vigliaccheria intellettuale” ecc.? In fondo, Scarpa e altri di NI si sono spesi in prima fila, e più volte. Ho sentito Scarpa ripetere, a volte quasi con le stesse parole e frasi, le sue ragioni fino allo sfiancamento. Come biasimarli, lui e gli altri, se non un po’ stanchi della polemica…

    Infine, caro Paoloni, se ho capito un poco Scarpa, immagino che qualche volta, dopo questa discussione, il Domenicale se lo andrà a sbirciare (come , sappiammo, sbircia anche la tv). Dunque, non consideri Parente del tutto inutile il suo intervento, ma la prossima volta un po’ più di moderazione…

  25. Si, si, dopo tanto parlare di cultura ci voleva proprio questa scazzottata verbale.
    Caro Marcello Signorini, sono un tifoso anche io e, non sapendo scrivere, leggo. Mi trovo d’accordo con Malatesta, il vaffanculo di Scarpa non è nulla paragonato alle offese (gratuite?) di Massimiliano Parente. Se Nazione Indiana ha perso un lettore (tu), lo ha perso anche il Domenicale (io). E’ di destra fare un falò con gli arretrati?
    Saluti a tutti, e scusate l’intromissione.
    Massimo Salvoni

  26. malatesta, pigliati un cachet. “fila via” è veramente una frase orrenda che nemmeno per sbaglio deve scappare; un calcio in culo di quelli che danno certi padri ai figli per umiliare. uno che dice “fila via” non lo sto nemmeno a sentire. non merita nulla. quanto a parente, ringraziatelo, ha acceso una discussione. il suo post è una fiammata. che ha illuminato il buio che a volte cala in questo sito. il vaffanculo di scarpa invece ha di nuovo oscurato tutto…

  27. Mi fa piacere che Malatesta si sia scusato con Parente per quel suo infelice “fili via”. E’ un fatto importante. Io personalmente mando affanculo qualcuno, se è il caso, solo DOPO aver argomentato il mio “gran finale”, non PRIMA. A me personalmente i 10 contro 1 (ma anche i 4 o i 3 o i 2 contro 1), non piacciono per niente. Tanti anni fa uno mi prese per le braccia e l’altro cominciò a darmi pugni sulla testa. Stetti zitto e mosca per evitare che la situazione peggiorasse; ma anche perchè non volevo dare soddisfazione a quei due idioti. Più di mezzo secolo fa 10 imberbi figli di puttana della Hitlerjugend tentarono di affogare mio padre in una piscina solo perchè aveva i capelli neri e la pelle olivastra; segno di quei mala tempora: pensavano fosse ebreo. Dovette intervenire mia nonna urlando come una leonessa (e ti credo!) perchè non morisse affogato a 10 anni. (E poi ci lamentiamo delle malefatte dell’Occidente di oggi! A me pare che qualche passo avanti, in Germania come in Italia, da allora, in questo senso, si sia fatto…) Ora, io penso che questa è una “riserva” ma non è un “fortino”… Chiaro, no? Parente ha lanciato la sua provocazione. Una provocazione moderata, caro Malatesta, secondo me è una contraddizione in termini, ma comunque non è questo il nocciolo della questione. Per quel poco che riguarda il sottoscritto, lei Parente qui è il benvenuto. Mi piace pensare che Nazione Indiana (il nome, ne converrà, è geniale per molti motivi e il “titolo”, spesso, è tutto)non cacci via nessuno, per partito preso e anche per partito politico. Non per paraculismo da ospite, ma devo spendere anche due parole su Tiziano. Lo ammiro per la sua pervicace generosità dialettica. Non lo conosco personalmente, ma è dannatamente vero il fatto che lui ha RISPOSTO a Luperini sul fatto che qui in Italia non esisterebbe, in letteratura, niente. Un cazzo che non esiste niente! Per il resto l’analisi logica di Paoloni (d’altronde è uno scrittore, l’analisi logica è il suo pane…;.)grosso modo la condivido. Sulla traducibilità delle opere è chiaro che più la letteratura italiana sarà tradotta all’estero più ne saremo tutti felici e contenti. E vissero tutti felici e contenti, si…Siamo nell’era della globalizzazione, ma ancora (e per fortuna, dico io) le lingue (e i dialetti) rimangono. Una letteratura monolinguistica sarabbe una letteratura morta come, proprio, una lingua morta.
    Vado a farmi un caffè dolce e una sigaretta all’oppio… (Camel)

  28. Onestamente non mi aspettavo questa degenerazione. Parente ha i suoi modi, Parente ha le sue idee, Parente fa delle scelte. Ma un Malatesta qualsiasi che mi rimprovera per non aver edulcorato qualcuno che a lui non va a genio mi fa prima ridere, poi un’enorme tristezza. per il Malatesta stesso. io non censuro nulla per le animelle delicate. Come berlusconi che vietare le manifestazioni con i minori perché ha paura delle manifestazioni) Io stimo Parente, io ho letto i suoi libri e alcuni suoi articoli e per questo ho pubblicato il suo intervento su NI. Mi fa anche sorridere leggere che il Domenicale non è degno di essere letto. Io non difendo il Domenicale, non leggo il Giornale, la Padania, nemmeno l’Avvenire, ma mai mi sognerei di dire che queste riviste non esistono e con esse le persone che vi lavorano). Poi Parente diceva anche: sediamoci un attimo, abbiamo idee diverse sulla letteratura? ve bene, perfetto, parliamone. Questo si poteva cogliere. Volendo. Adesso una sigarettina con l’oppio me la farei anch’io.

  29. Putroppo le ho finite, le Camel. Ma vado or ora a comprarne un paio di pacchetti. Niente “light”, però. Se vuole, con 40 sigarette all’oppio ce la facciamo a combinare una fumata-calumet della pace?…
    Poi se dev’essere guerra guerra sia, ma io sono un indiano pacifico. Anche se personalmente “l’indiano” (proprio in quell’altro senso, non lo faccio – quasi – mai)…

  30. Malatesta, vista l’autorevolezza di cui ti ammanti, peraltro non supportata da nulla, abbi la dignità di firmarti.

  31. Secondo me le cose più belle su questa querelle noiosissima tra intellettualoni che si danno arie le ha dette Gianni Celati su L’UNITA’ di domenica scorsa. Ma quanti di voi l’hanno letto? A giudicare dai toni esacerbati, nessuno…
    GIO

  32. Ma davvero, Franz? E quei bei occhini azzuri da chi li hai presi allora? Dalla mamma calabrese?

    Comunque: Malatesta ha scritto una cazzata. Se ne è accorto da solo. Ha chiesto scusa. Lo crocefiggiamo?

    Io, per me, Parente, se lo rileggo su NI, non mi disturba affatto, anzi. Le discussioni dove tutti sono d’accordo, mediamente, sono le più noiose.

    G.

  33. Beh, adesso paragonare Parente alla Grazia alias Nicol Kidman mi sembra un po’… eccessivo?

  34. Mi pare sia sfuggito ai fini rètori che intervengono in questo quadrato il geniale uso della differenza di potenziale, nella stessa riga, fra l’espressione “pensiero debole” e l’espressione “vaffanculo”, una vera scintilla fatta magicamente scaturire dal cozzo fra una spugna loffia e una pietra focaia. Bravo Scarpa!

  35. Gianni, lo sai benissimo che porto le lenti a contatto colorate come Sterling Saint-Jacques, il nero (negro non si dice più)bianco!
    Però mammà ha pelle bianca come il latte. Chissà che cavolo succedeva, tanti anni fa, laggiù al sud, tra arabe e normanni!

  36. LETTERA APERTA A TIZIANO SCARPA, A GIUSEPPE GENNA, A MASSIMILANO PARENTE, E A TUTTI GLI AMICI DI NAZIONE INDIANA

    Ho sempre seguito con interesse il dibattito letterario italiano che da qualche anno (tra alti e bassi) si consuma in Rete – parlo della vecchia Società delle Menti, di Carmilla, di Nazione Indiana, del blog di Mozzi e di qualunque altro tipo di contenitore digitale nel quale, con toni spesso accesi – e certe volte con cadute vertiginose – è stata comunque restituita al discorso intorno alla letteratura una vitalità che raramente ho avuto modo di riscontrare sui maggiori quotidiani italiani.
    Non sono mai intervenuto pubblicamente in questo dibattito, nemmeno quando si è parlato di me. Adesso, però, alla luce di questa lunga discussione innescata da Massimiliano Parente – che in qualche modo si riccolega alla risposta di Scarpa a Luperini, ai precedenti interventi di Moresco e della Benedetti, persino alla polemica scoppiata dopo l’articolo di Covacich sull’Espresso – penso di poter dare un mio sereno e (spero) utile contributo, che vorrei fosse preso altrettanto serenamente dai destinatari e dai possibili interlocutori. Non sarò breve, e me ne scuso in anticipo.
    Getterei un temporaeo colpo di spugna sulle battute (inopportune) sulla lingua tedesca di Massimiliano Parente (un intellettuale e uno scrittore che stimo molto), sull’altrettanto inopportuno ‘vaffanculo’ di Tiziano Scarpa (che pure da parte mia è oggetto di una stima probabilmente non ricambiata) e sul raus di Malatesta (che bene ha fatto a scusarsi), per spendermi in considerazioni più generali.
    Condivido la reazione di Scarpa all’intervento di Luperini, ricollegandola a una reazione (giustamente indignata) nei confronti di un potere – critico e giornalistico – spesso miope, parassitario e per nulla professionale. Sono quasi dieci anni che lavoro nell’editoria, e soffro sempre davanti al pressapochismo di tante penne, note e meno note, quando recensiscono i libri senza averli letti, quando rielaborano e infiocchettano vergognosamente i comunicati spampa spacciandoli per recensioni e per farina del proprio sacco, quando parlano di libri utilizzando una lingua (e a volte anche una grammatica) che costerebbe il licenziamento immediato a un cronista sporivo alle prime armi. In un contesto simile, la mia stima va a persone come Massmiliano Parente, Tiziano Scarpa, Giuseppe Genna, per il semplice fatto (al di là della condivisione della loro idea di letteratura) che, papale papale, si fanno il culo, scrivono per atto di fede, leggono i libri di cui parlano, e ne parlano quasi sempre con cognizione di causa. È una stima, la mia, che invece non va alla maggior parte dei caposervizi cultura dei più importanti giornali italiani e ai loro luogotenenti, che non dimostrano nessun tipo di passione, scrivono articoli sciatti, non hanno idee da difendere e forse (tristemente) non hanno più idee in assoluto.
    E tuttavia, questa specie di middle-ground che sono molti (più o meno) giovani e attivissimi scrittori italiani (quelli che ho nominato…), i siti internet da cui si esprimono (e si espongono, spesso coraggiosamente), gli eventi che organizzano ecc. ecc., hanno mostrato in certi casi (pochi, per fortuna, ma significativi) delle dinamiche che pericolosamente li avvicinano a quelle di un potere che cercano sinceramente – ne sono arciconvinto – di contrastare. Parlerò di eventi che mi riguardano da vicino. So che potrà suonare come una recriminazione, ma quelli conosco bene, e quelli utilizzerò cercando di dare un contributo costruttivo.

    1) Qualche anno fa, nel ’98, quando ero una traccia appena percepibile sulla mappa degli addetti ai lavori, lavoravo come redattore alla Castelvecchi e (tra le mille cose che facevo là dentro, rigorosamente in nero, ma felice di esserci), diedi il mio contributo alla stesura di un romanzo che parodiava Aldo Nove e il mondo degli scrittori cannibali. Il romanzo era intitolato “Route 66” ed era firmato con lo pseudonimo di Aldo Dieci. Col fallimento della casa editrice, dovrebbe risultare ormai introvabile, ma, rileggendolo anche a distanza di tempo, mi sembra una presa in giro abbastanza intelligente e brillante – e anche parecchio cazzona, certo – per nulla offensiva nei confronti di Aldo Nove, di Niccolò Ammaniti di Tiziano Scarpa, di Alberto Castelvecchi (anche lui parodiato nel libro) visto che il bersaglio contro il quale si dirigeva era soprattutto il mondo mediatico legato alla letteratura. Mi è dispiaciuto ma soprattutto mi ha sorpreso, pertanto, che Aldo Nove l’abbia presa malissimo, che Niccolò Ammaniti se ne sia detto disgustato, e che insomma questo libro sia stato considerato, dagli ex-cannibali, nemmeno un avversario ma un nemico. Tanto più che una parodia è anche la consacrazione del successo. La mia perplessità, di conseguenza, si è trasformata in disappunto quando ho pensato (è un mio pensiero, posso sbagliarmi) che si possa avere urlato alla lesa maestà – come Baricco con “Setola” e come la Tamaro con “Va’ dove ti porta il clito” (libri che ci andavano giù, molto ma molto più pesante). Ma questo non è niente. Ognuno è libero di pensare dei libri ciò che vuole. E’ un episodio di qualche anno dopo, legato a questo, ad essere invece, secondo me, molto grave, e sul quale bisognerebbe riflettere almeno un poco.
    Il 22 marzo del 2002, su invito di Tommaso Ottonieri, partecipo all’edizione romana del Poetry Slam, condotta e co-gestita da Lello Voce. Capita che vinco, e, da regolamento, avrei dovuto partecipare, qualche mese dopo, all’edizione nazionale, che si sarebbe tenuta sempre a Roma. A questo slam nazionale partecipa anche Tiziano Scarpa, che è bravissimo in questo genere di cose, e infatti vince molto spesso strameritatamente. Che cosa succede? Che il comitato (chiamiamolo così) dello Slam, gestito soprattutto da Lello Voce, reputa “inopportuno” che un co-autore di Aldo Dieci (un nemico?) coesista in uno spazio in cui ci sia anche Tiziano Scarpa e quindi, abrogando nell’hic et nunc una regola dello Slam (un po’ come Berlusconi con la Costituzione, mi chiedo? forse peggio…) si decide che io non parteciperò a quella manifestazione. Ricevo telefonate scandalizzate e solidali di altri partecipanti allo slam e di persone che ci girano attorno (Sara Ventroni, Tommaso Ottonieri, Christian Raimo), e rimango veramente sbalordito della cosa. Ora, non ho mai saputo se ci sia stata una precisa direttiva di Tiziano Scarpa (e penso, e mi auguro di no, soprattutto avendo letto un suo pezzo su un vecchio Pulp in cui a sua volta si diceva sbalordito per la ritardata traduzione dei suoi libri in tedesco a causa di uno scrittore teutonico da lui stroncato in una recensione) o se si sia trattato piuttosto di un’autocensura del comitato dello slam, e quindi, presumo, di Lello Voce in primis. Ma questo, almeno io così l’ho reputato, è un fatto MOLTO MOLTO grave. Non mi interessa naturalmente lo slam in sé, lo considero un gioco, è il principio che mi allarma. E che mi fa pensare che intorno e dentro a gruppi e a dinamiche molto salutari per la lettaratura (gli slam, i siti internet, i vostri interventi…) ci possano essere i bacilli di dinamiche di potere che tutti (e lo ripeto, SINCERAMENTE) cerchiamo con le nostre vite e le nostre opere, di debellare.

    2) Giuseppe Genna. Sono uno dei tanti scrittori mandati letteralmente a quel paese, e senza molte argomentazioni, da Giuseppe Genna sulle pagine di Clarence. Ho seguito Genna sin dai suoi esordi di critico, e l’ho seguito perché mi sembrava (e mi sembra ancora) che ci fosse passione e una certa forza nelle cose che diceva e che dice. Soprattutto (anche lui) parlava e parla di libri che aveva/ha letto per davvero. Le sue recensioni, all’inizio, (per l’energia che ci metteva, e la mancanza di doppiezza) avevano lo stesso effetto liberatorio che aveva la fine del “politichese” in un contesto completamente diverso. Ma poi, così come i politici della Seconda Repubblica, dismessi i panni del politichese, si sono infilati in una dimensione linguistica in cui tutto era concesso (dire una cosa oggi, smentirla il giorno dopo, dichiarare che MAI in vita propria si sarebbe fatta un’alleanza con Tizio e invitarlo a fondare un partito insieme il giorno dopo…), Genna ha iniziato a denunciare una tale mancanza di coerenza da renderlo, ai miei occhi, molto meno autorevole. Wu Ming? (prima stroncati e poi improvvisamente incensati, pur facendo ammenda). Christian Raimo? (l’autore di “una sordida accozzaglia di stronzate in libertà” e poi “la speranza della letteratura italiana”, senza che tra un giudizio e l’altro il povero Christian abbia avuto il tempo di scrivere un nuovo libro). Andrea Cortellessa? (prima insultato pesantemente e poi considerato un critico bravissimo). Stile Libero? (stroncati a prescindere). I libri di Aldo Busi? (“Busi lo stronchiamo a prescindere! Ve lo diciamo subito, così vi mettete il cuore in pace. Lo stroncheremmo anche se avesse scritto un’opera d’arte”, firmato da Stefano Porro, sempre sul vecchio Clarence). Ora, tutto questo fa perdere di autorevolezza una voce (delle voci) che pure potrebbe(ro) dire cose molto importanti, e quindi me ne dispiace.

    Concludo. Non credo di aver lavato i panni sporchi in pubblico, perché non ho inserito il mio intervento in un articolo di giornale, né l’ho letto alla radio, ma ho pensato di condividerlo con voi nella piccola comunità di questo blog. Diciamo allora che ho lavato i panni sporchi nel contesto di una famiglia allargata. Ho cercato, cioè, di muovere, se mi è concesso, una critica dall’interno. Per evitare che alcune dinamiche (allo stato embrionale, ma, secondo me, pericolose) rischino di intaccare – malgrado tutti – una cosa molto bella e molto rara in questo paese: un gruppo di persone che amano la letteratura, che lavorano, per davvero, su se stessi e sui libri agendo da scrittori, lettori, recensori e quant’altro.
    Per cui, Tiziano Scarpa, e Giuseppe Genna, e Massimiliano parente (voi, che avete dato negli ultimi anni una spinta vitale alla situazione culturale di questo paese), vi chiedo di riflettere su quanto da me scritto e vi invito FORMALMENTE, e con tutta la gentilezza che posso, a questo tavolo (anche solo virtuale) di discussione.

    Un caro saluto, e attendo riscontri
    Nicola Lagioia

  37. Naturalmente, le mie pronte scuse valevano anche per lei, caro Rossi, e il mio – fatto a caldo ma comunque eticamente da censurare – “rimprovero”. Ha ragione: sono un “qualsiasi” e non dovevo permettermi. Ho chiesto scusa a Parente e – non solo a lei – a tutta NI. Faccio notare, poi, che ho scritto il mio orribile “fili via” in un commento delle 11:00 e mi sono autocriticato e autocensurato nel commento subito successivo, delle 11:15, senza che nessun altro me ne chiedesse ragione e, in pratica, subito dopo aver scritto la frase incriminata (effetti collaterali dell’estompareneità di internet). Cioé: me ne sono reso subito conto ma io, al contrario di Scarpa che lo fece qualche tempo fa a proposito di un suo commento sbagliato, non ho la possibilità di cancellare o correggere i miei commenti. L’ho fatto subito e nel solo modo possibile.

    Ma, detto questo, naturalmente non abiuro a un rigo del resto che ho scritto e non chiedo scusa per neanche una delle mie osservazioni, alcune delle quali mi sembrano più che condivisibili.

    Quando parlavo di “ponderatezza” e “moderazione” criticavo, naturalmente, certe prese di posizione di Parente che mi sono parse aprioristiche (vedi ogni volta il rifiuto delle varie “difese” di Scarpa), certa sua incapacità di sforzarsi a comprendere le ragioni dell’interlocutore (vedi il discorso sulla “idea povera e mafiosa dell’amicizia” e, in generale, l’indifferenza alle varie spiegazioni e ri-spiegazioni di Scarpa) ecc.

  38. Questo non è un blog.
    Questo è un manicomio telematico.
    Che ogni tanto si presta a fare da bordello.
    Attenti a non pigliarvi strani malanni…

  39. Caro Nicola Lagioia,
    tu attendi riscontri, io attendo le tue pubbliche scuse. Ma le voglio chiare, nette, e anche in atteggiamento umile. Tu mi devi chiedere umilmente SCUSA.

    Per quanto riguarda tutte le cose in cui mi menzioni, cado dalle nuvole. Niente di quello che dici sui fatti che – secondo le tue insinuazioni e ipotesi – mi riguardano ha qualche fondamento.

    1. ALDO DIECI

    Non ho letto quel libro, non sapevo nemmeno che io ci fossi nominato dentro. Avevo visto sì che era uscito, ma non l’ho letto.

    Non sapevo che l’avevi scritto tu. Pensa un po’: all’epoca a me qualcuno aveva detto che c’entravano in qualche misura i registi di quel film “La capagira” (che tra l’altro mi piacque moltissimo, e continua a piacermi nel ricordo, che siano o no, quei registi, anche autori di quella cosa di “Aldo Dieci”). “Boh”, fu la mia reazione, e ho archiviato l’effimero episodio immediatamente.

    Il caso Aldo Dieci per me NON ESISTE.

    2. POETRY SLAM

    Nella faccenda dello Slam non c’entro nulla di nulla. Io non organizzo gli Slam né mi sogno di mettere lo zampino nell’organizzazione. Ai concorrenti invitati non viene mai e poi mai sottoposta la lista dei concorrenti per chiedere se è di loro gradimento. Almeno, a me non è mai successo che mi chiedessero se gradivo o meno che partecipasse anche quello o quell’altro.

    Io ero un semplice concorrente, un autore a cui, tre o quattro volte nella vita, è arrivata una telefonata di Lello Voce: “ti va di fare uno slam?” Ne ho fatti un paio a Roma e uno a Napoli, più una partecipazione come ospite non concorrente a Bolzano. Tutto qui. Non sapevo nemmeno che esistessero quei regolamenti che danno diritto a partecipare a edizioni nazionali o internazionali ecc., a cui accenni tu.

    Non sapevo nulla di nulla: semplicemente, quando Lello mi ha invitato, tre o quattro volte nella vita, ho controllato sull’agenda e ho risposto sì o no. Fine del discorso.

    Tra l’altro, fatico anche a credere che Lello Voce o chi per lui ti abbia potuto escludere per un motivo simile (o per qualsiasi altro motivo). Lello Voce è una persona leale e pulita.

    (Se può consolarti, e per dimostrarti quanto io sia ammanicato negli Slam, nel primo in cui ho partecipato, autunno 2001, recitai una poesia nella prima manche eliminatoria. Bene: dalla giuria estratta a sorte fra il pubblico ottenni il punteggio più alto di tutti i dieci concorrenti, ma avevo sforato un po’ con il tempo: venne computata una penalità sbagliata, troppo grande, completamente sballata, a causa di un errore del notaio. Avrei potuto passare in finale, se la penalità fosse stata computata correttamente. Be’, quando me ne accorsi era tardi per rimediare: certo, me ne rammaricai un po’, ma non pensai affatto a complotti o malafedi, ma a cose che possono succedere nella foga degli eventi, sul palco. Temo che se una cosa simile fosse capitata a te saresti ancora lì a fantasticare che c’era sotto chissà cosa.)

    Io questa cosa della tua esclusione non la sapevo proprio: se l’avessi saputo, non mi sarei di certo limitato a telefonarti per esprimerti la mia solidarietà, come hanno fatto i tuoi amici: se avessi saputo che io Tiziano Scarpa ero invitato a partecipare a una gara dove veniva escluso ingiustamente un concorrente che ne aveva diritto, sarei andato fino in fondo a verificare se una cosa simile era vera, avrei fatto casino con gli organizzatori, protestando fino ad assordarli, li avrei sputtanati pubblicamente, e in ogni caso non avrei di certo partecipato a uno Slam organizzato con delle simili schifezze sottobanco.

    Mi sarebbe al contrario piaciuto moltissimo concorrere con te, sarebbe stata l’occasione anche per conoscerci un po’ meglio. Veramente sono sbalordito dalle ipotesi e dai retropensieri che ti sei fatto e che a distanza di tempo ti fai ancora.

    Scusami, ma queste tue ipotesi sono inquietanti. Rivelano un’attitudine dietrologica che non appartiene al mondo che frequento, o per lo meno al mondo che – selezionando le persone e gli ambienti per quanto è possibile – desidero e cerco di frequentare.

    Se posso aggiungere una notazione sul tuo stile di comportamento, è davvero scorretto insinuare queste cose FALSE in pubblico, quando avresti potuto raggiungermi facilmente (grazie agli amici di minimum fax, che possiedono i miei numeri di telefono) o allo stesso Christian, che fa parte di Nazione Indiana, e chiedermi un “riscontro”, come lo chiami tu, in maniera trasparente, franca e adulta.

    Ora attendo e pretendo le tue pubbliche e umili scuse.

    Mi rivolgo ora ai lettori e visitatori di Nazione Indiana: come vedete, certe volte covano negli animi delle cose inaudite, delle ipotesi malevole di cui chi ne è oggetto non ha nemmeno il più flebile sentore e, soprattutto, non è assolutamente responsabile. Senza aver fatto nulla si provocano diffidenze, sospetti, che vengono amplificati fino a diventare addirittura deduzioni etiche generali sul marciume di un certo ambiente in base a fantasticherie assolutamente infondate, senza che chi viene vituperato sia responsabile di nulla…!

    Addirittura, Nicola Lagioia si basa su queste chimere per presentare alla pubblica riprovazione alcune (cito le sue parole) “dinamiche che pericolosamente li avvicinano a quelle di un potere che cercano sinceramente – ne sono arciconvinto – di contrastare”. In questo modo vischioso, fra i mille complimenti che mi rivolge, Nicola Lagioia interviene nel bel mezzo di una polemica bella calda, butta là insinuazioni spaventose, giusto per darmi dello sgozzatore-dietro-le-quinte di concorrenti e di scassinatore di regolamenti e di Costituzioni… butta là qualche ameno sospetto, per screditare e picconare alle fondamenta la credibilità morale della persona che sta difendendo le sue ragioni. Che tristezza…

    Ragazzi, certo che ci vuole veramente la pazienza di Giobbe…

    Un caro saluto a tutti

  40. Caro Tiziano Scarpa,
    mi dispiace che tu chieda in modo così violento le mie “umili scuse” (quasi un invito, da tribuno, all’autoumiliazione altrui). Ti prego di rileggere quello che ho scritto.

    1) Non ho detto che TU, Tiziano Scarpa, ti sei incazzato per Aldo Dieci né che l’hai letto. Ho detto che Aldo Nove ci era rimasto male (è vero, e mi dispiace, e se si sente offeso da quel libro sono pronto a dirgli “mi dispiace” cento volte, ma non a fare ammenda perché, secondo me, non era un libro offensivo, tutt’altro).

    2) Ho detto che mi si era creato intorno un brutto clima per questa faccenda, e che questo clima ha determinato la mia esclusione dal divertente gioco dello slam. Un piccolissimo segnale di una cosa, ma un segnale. Ho scritto “non ho mai saputo se ci sia stata una precisa direttiva di Tiziano Scarpa, e penso e mi auguro di no… o se si sia trattato di una autocensura”. Ma che l’esclusione si sia verificata per quel motivo, mi dispiace, NE SONO CERTO. Sono a disposizione, pronto a qualunque tipo di confronto con Lello Voce, con gli altri organizzatori, con chi volete voi.
    Mi rendo conto, però, che così dicendo, almeno il sospetto che tu, direttamente, sia intervenuto, l’ho fatto sorgere tra chi frequenta questo blog. Di questo, ti chiedo scusa pubblicamente. Ma la cosa che volevo sottolineare, e che però rischi di ignorare, è che certe dinamiche di potere (lo ripeto) rischiano di infilarsi in contesti che io giudico importanti e salutari. Su questa cosa, nuovamente, e con le mie ri-scuse per la questione del sospetto (vedi sopra) ti invito a riflettere – messe da parte le pretese di umiliazione altrui – in modo serio.

    3)Il fatto di parlare in pubblico. Guarda che io (lo ripeto, l’avevo già detto…) non ho scritto questa cosa su un giornale e nemmeno l’ho diffusa su altri media a grande diffusione. L’ho fatto qui, nel blog, tra quattro gatti, anche perché tu hai sempre detto che qui si dicono le cose in faccia, ci si chiarisce, ci si confronta apertamente.

    Per il resto, per chiarire questa cosa, io resto disponibile a qualunque confronto privato – via mail, via telefono (non ho il tuo numero), e anche di persona, quando sarai a Roma. Anzi, questo è un invito. Così ci conosciamo meglio, e dopo potrai decidere tranquillamente se non rivolgermi più la parola o se ricrederti su – almeno – qualche porzione del tuo ragionamento.

    Nicola Lagioia

  41. non ho scritto io il terzultimo commento a firma don giovanni. don giovanni non ero io – ero il suo fumista.

  42. Yra il post iniziale e i commenti, Massimiliano parente ha nominato i Wu Ming 13 volte. Piu’ che un detrattore sembra un fan: non e’ che dietro Parente ci sono proprio i Wu Ming? :-)

  43. Lello Voce, Nicola Lagioia, ma sono pseudonimi?
    E lo slam cos’è, una poesia a fumetti su una porta che sbatte?

  44. Guardi Lello che io facevo una semplice battuta. Magari non è venuta bene; ci riproverò la
    prossima volta.

    P.s: De Mita è il cugino di mio zio, che è nipote di Marzullo.;-)

  45. Sproloquio per sproloquio, lo stato delle cose che emerge a leggervi è da taglio dei polsi. L’impegno umano estetico esistenziale logorroico, dunque: illeggibile – di voialtri, editi e inediti, porta a quanto segue: perché scrivere, ma soprattutto perché leggere, leggervi, leggere voi, se ciò si riduce a una circolarità da specchi egotici la cui frustrazione è frustrante, e vana, gente, davvero vana?

  46. Mi “consenta”, Siate Brevi: lei crede di essere PIU’ leggibile degli altri, quando scrive una frase come: “perchè scrivere, leggere, leggervi, leggere voi, se ciò si riduce a una circolarità da specchi egotici la cui frustrazione è frustrante, e vana, gente, davvero vana?” ???
    Ma nello “specchio egotico” lei non ci si specchia? Non è che l’artista, il creativo in genere, è EGOGENTRICO PER NATURA? L’egocentrismo è condizione necessaria per produrre qualcosa di artistico, a mio (non solo) parere. Poi, è vero, ci sono le chiacchiere, il chiacchiericcio, il “tu non mi hai riconosciuto alla Slam”, “IO lo Slam lo faccio perchè vivo in un bicamere”, la LETTERA APERTA A PARENTE E PARENTADO E SCARPA LAGIOIA MA NOIA NOIA NOIA MALEDETTA NOIA ecc. Ma anche questo, che ci piaccia o no, è essere artisti. Certo, le beghe tra addetti ai “lavori propri”, quelle, sarebbe più salutare per tutti che se le smazzassero tra loro gli “addetti ai lavori” stessi. Ma qui siamo in rete, e magari,anzi sono sicuro, che la prossima volta Voce, Lagioia e Scarpa si conosceranno un pò meglio. Magari ci sono gelosie, ripicche, cavoli loro. Chi se ne fotte, per quanto mi riguarda. Si era partiti da una provocazione di Parente e si è andati a parare alle beghe tra poeti e scrittori. Roba trita e ritrita, qui come in tutto il mondo dove c’è un pò di tempo per “perdere tempo” con l’Arte. Mi scusi, Siate Brevi, non volevo polemizzare in particolare con lei, ma lei mi ha dato la stura per dire qualcosa che credo salutare, magari può essere spunto di riflessione.
    Parente, Scarpa, Lagioia, Voce, conoscetevi meglio di persona.
    A noi poveri diavoli qui a leggere e scrivere fate vedere quanto siete bravi soprattutto FUORI DI QUI. Sui testi.
    Siamo in 4 gatti e la gente tende a fottersene dell’arte. Non sa che l’arte è VITA. Non scendiamo al livello degli squali. Restiamo coi piedi per terra e la testa alta, verso l’orizzonte lontano ma, anche, vicino.

  47. mi ero indisposto per l’esito del post con la “lista della spesa” di scarpa, con l’intervento di lagioia eccetera, ma devo dire che mi era sfuggito quest’altro dibattito.

    risollevate le sorti di questo sito per favore. qualcuno ci pensi su, anche solo due istanti. anche solo uno.

    grazie,

    fabio.

  48. (Riporto anche qui il post pubblicato nella finestrella dei commenti della “Lista della spesa”)

    Cari amici, sono un po’ avvilito.

    Ringrazio tutti quelli che hanno speso una parola leale, persone con le quali avevo anche polemizzato in passato (Gino Tasca, per esempio), ma che si sono fatti vivi inaspettatamente e generosamente qui a dire come la pensavano e a mandarmi un pensiero di simpatia umana.

    Dico due cose:

    1. è triste lanciare un’iniziativa (come questa “lista della spesa”) che cerca di essere trasparente, che cerca di inventarsi un modo per superare qualsiasi logica di schieramento, di “amicizia” sospetta, e venire trascinati in un polverone di insinuazioni su comportamenti mafiosetti PROPRIO MENTRE si sta cercando di far decollare questa iniziativa pulita. E’ una coincidenza che dà da pensare. Gianni Biondillo ha giustamente notato come le accuse di Nicola Lagioia e le reazioni e commenti che ne sono seguiti abbiano rubato la scena all’iniziativa della “lista della spesa”. Poco male, cercherò di rilanciarla.

    2. Probabilmente ho sbagliato a mandare affanculo Massimiliano Parente. Ho sbagliato dal punto di vista strategico, intendo, perché il suo modo di argomentare, e di insultare il mio lavoro, un vaffanculo se lo meritava tutto, e culturalmente lo sottoscrivo ancora. Ora Parente si riterrà autorizzato ad andare in giro a citare solo quella mia parola di tutto il mio discorso, fare la vittima, ripetere la litania che la cultura di destra non ha udienza, che anche quando cerca il dialogo non lo trova ma anzi è presa a male parole, ecc. E tutte le bravepersone che vengono qui a firmarsi con gli pseudonimi da Puffo si sentiranno autorizzate a continuare a moralizzare su toni, modi, urbanità, civiltà e darmi ipocrite lezioni di galateo al calduccio dei loro nickname. Mi assumo la responsabilità di questo errore strategico, ma lascio volentieri a chi ci trova gusto questo giochetto truccato, questo pungolare gli altri non per un vero confronto ma solo per cercare di ottenere passi “strategicamente” falsi.

    Vi saluto e torno a scrivere cose belle.

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