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La puttana nella carrozza

di Antonio Moresco

bouledesuif.jpgLa discussione – anche aspra e inelegante – in corso in questi giorni su Nazione Indiana in seguito a uno scritto di Massimiliano Parente, è a mio parere utile e interessante e permette di riprendere e approfondire alcuni degli argomenti che sono già stati affrontati più volte nel nostro primo anno di vita. Per quanto mi riguarda, ho già detto come la penso a proposito di alcuni degli argomenti sollevati anche adesso in uno scritto intitolato Lettera da Leuca, già pubblicato qui e qui. Per cui non voglio annoiare nessuno ripetendo le stesse cose. Se a qualcuno interessa, può trovarlo nell’archivio del mese di agosto del 2003.

Senza entrare nei particolari e nelle personali tabelle – perché non mi va di mettermi a dare i voti agli altri scrittori – vorrei, prima ancora di cominciare, sgombrare il campo da alcune argomentazioni che possono apparire strumentali. Ad esempio dal rimprovero che viene mosso a me e a Carla Benedetti di non avere accettato una proposta – pubblicamente espressa – di scrivere sul “Domenicale”. Avevo già declinato l’offerta in privato, e motivato le ragioni di questo. Ma ora vorrei aggiungere che ci vorrebbe almeno libertà e rispetto reciproco. E allora – mi rivolgo d’ora in poi, direttamente, a Massimiliano Parente – perché dovrebbe essere solo per “snobismo” e non per altre e meno risibili ragioni che non abbiamo accettato la tua proposta? Io, personalmente, non ti discrimino e non chiedo conto a te del perché scrivi sul Domenicale. Tu non devi farlo con me perché non ci scrivo.

E adesso veniamo al nocciolo del problema sollevato. Tu ci accusi, in poche parole, di praticare il compromesso e l’indistinzione in letteratura. Scrivi: “Per cui è difficile solidarizzare con te, Scarpa, e con voi della lista, se in letteratura non conta più la lingua, e quindi neppure più la forma e le poetiche, e quindi nessuna distinzione gerarchica perché anything goes” E poi: “Per lo meno, nei vecchi dibattiti, si discuteva di letteratura contro non letteratura, ognuno con la propria idea e armato di estetica, vale a dire di etica artistica…”

E’ un modo di porre il problema di cui posso capire le motivazioni e gli intenti ma che mi sta stretto. Io apprezzo e condivido la tua passione per la letteratura e la tua intransigenza, molto meno questa visione ideologica e difensiva della stessa. Non per attitudine al compromesso né per “postmodernismo”, mi pare di avere il diritto di poter dire pubblicamente. Ma perché le cose, nella vita come anche la letteratura, non stanno così. Non ci sono compartimenti stagni. Non c’è una casella predisposta per cui basta collocarsi in essa (in questo caso quella dell’”alta letteratura”) e il gioco è fatto. Il gioco non è mai fatto, si fa continuamente. Le cose non stanno così, non sono mai state così. Anche se guardiamo a tutti gli sfondamenti artistici del passato che poi sono stati codificati come “grande letteratura”, vediamo che non è quasi mai stato così. Che ciò che era precedentemente considerato “basso”, “volgare” è stato spesso in realtà moltiplicatorio e generativo, è diventato poi un’altra cosa. Bisogna sempre sparigliare il gioco per poterne fare uno più grande. Le cose non sono così semplici e così compartimentate. Lo scrittore di questa epoca non può far finta di non vedere che, se esiste la valanga cartacea industriale ottundente e normalizzante dei “generi”, esiste anche, nel suo piccolo, decoroso e inoffensivo spazio, anche quella di una letteratura ridotta anch’essa a genere, a “genere letteratura”, né più né meno depotenziata dell’altra. Neanche dentro questo piccolo gioco si può stare. Dove neppure certe discriminanti estetiche e di gusto possono portarci lontano. Guarda che, ad esempio, nel suo tempo e nel suo paese (e non da qualche sciocchino ma persino da parte di scrittori grandissimi come Tolstoj), Dostoevskij era notoriamente considerato uno scrittore che “scriveva male”. E che lo stesso Shakespeare, prima di venire canonizzato e cooptato nel pantheon della “grande letteratura”, era considerato come uno che ci andava giù pesante per blandire i bassi istinti del pubblico. Ed è inutile che ti ricordi lo strappo che ha fatto Dante scrivendo in volgare il suo enorme e sconcertante poema. La distanza temporale, a volte, unita alle successive canonizzazioni e sistematizzazioni, deforma lo sguardo e non ci permette di vedere qual è stato e qual è il movimento reale sia della vita che della letteratura.

A me, personalmente, pare di avere sempre fatto, nel mio piccolo, quello che mi sembrava inevitabile, giusto e necessario fare e di non essere sceso a patti. Non per eroismo, probabilmente, ma solo per necessità o magari per stupidità, donchisciottismo, bisogno di continuare a camminare e a sognare. Che è l’unica cosa che so fare e che continuerò a fare fino alla fine. Ma una visione così elitaria della letteratura non mi appartiene. E non da adesso. Già in “Lettere a nessuno”, diario scritto sotto terra durante gli anni Ottanta e sotto la pressione di una prolungata esclusione, e quando ancora non conoscevo nessuno, parlavo con rispetto e considerazione anche di Salgari, per esempio. Perché non c’è solo il livello artistico della frase e della struttura. Io non disprezzo assolutamente questo, ho già parlato tante volte di queste cose e non mi pare ci sia bisogno di ripeterlo. Cerco il limite e credo anzi in un’unione esplosiva e configurante. Ma quando c’è solo la prima cosa non c’è ancora niente. E ci sono scrittori che aprono degli spazi e fanno sognare anche nella cosiddetta “bassa letteratura” e scrittori abatini frigidi e senza sogni anche in quella cosiddetta alta. A me non interessano i canoni, i codici, le mappe. Quelle le faranno comunque gli altri. A me interessa andare dentro, rischiare, sporcarmi le mani, separare, trasfigurare, salvare. E, anche adesso, non so cosa farci se alcuni libri di scrittori “di genere” – anche se a volte qua e là letterariamente raffazzonati e attraversati da zone di scrittura inerte, informativa e scollata – se scrittori come Philip Dick, per esempio, se un piccolo libro come “Cristalli sognanti” di Theodore Sturgeon, che mi ha passato mia figlia e che ho letto poche settimane fa a Buenos Aires, se gli incontri tra Giovanna D’Arco e Gilles de Rais che ho trovato in “Mater terribilis” di Valerio Evangelisti, mi hanno lasciato qualcosa di più di alcuni dei libri “letterari” che sommergono di questi tempi le librerie. Io il nutrimento lo vado a cercare dove c’è, non dove dovrebbe istituzionalmente esserci ma dove magari non c’è. E non è questione di presunte combriccole di amici o di presunte cordate perché, ad esempio, io non conosco e non ho mai visto, sentito o incontrato Valerio Evangelisti, per non parlare di Philip Dick o di Theodore Sturgeon. Non bisogna avere paura. I “matrimoni misti” e altre tensioni alla rottura delle caste consolidate e inerti non sono affatto da disprezzare, sono rinvigorenti. Guarda cos’è successo agli uomini e alle donne nelle monarchie e nelle corti e nelle nobiltà europee a forza di scopare solo tra di loro e di fare razza esclusivamente tra loro! Io –te lo dico sinceramente – tra i bravi cittadini delle lettere e le puttane, preferisco le puttane (anche se non credo di essere una puttana). Ma guarda che anche molti degli scrittori del passato, e dei musicisti, e dei pittori andavano a volte più d’accordo con le cosiddette puttane che con i bravi cittadini e i letterati e i pittori e i musicisti delle corti e delle accademie. E che si trovavano più a loro agio nei lupanari e nelle taverne che sul Parnaso dove li avrebbero poi collocati dopo. Ed è proprio da questo atteggiamento libero e non schematico che è sorta a volte tanta “grande arte” del passato. Tu non hai forse idea di cosa salta fuori ad andare a vedere cosa apprezzavano veramente, del loro tempo, gli scrittori, anche i più grandi, del passato! Non sto facendo della demagogia. A me piacciono anche le persone per bene e gli uomini e le donne “di buona volontà”. Ma tra una persona per bene che per bene non è e una puttana che non nasconde quello che è preferisco mille volte la puttana.

In un racconto esemplare ed elementare intitolato “Palla di sego”, Maupassant racconta la storia di un viaggio in carrozza di alcuni francesi nella Francia occupata dall’esercito prussiano. I compagni occasionali di viaggio sono alcuni commercianti di vino con le loro consorti, un cotoniere, due nobili, due monache, un rivoluzionario e… una puttana. Devono raggiungere una certa località ma durante il viaggio vengono fermati da una pattuglia di soldati tedeschi. L’ufficiale che li comanda fa capire chiaramente che, se vogliono ripartire, la puttana deve andare a letto con lui. La ragazza, piena di semplici ideali patriottici, non vorrebbe. Ma tutti gli altri viaggiatori, monache comprese, la spingono e quasi la costringono a farlo per il bene di tutti. Salvo poi, naturalmente, circondarla di esecrazione e disprezzo quando infine il viaggio riprende.

Bene, se i viaggiatori sono questi, io sto dalla parte di quella puttana, mi sento fratello solo di quella puttana.

Ancora una piccola precisazione. In Nazione indiana ci sono molte diversità e differenze di sensibilità che possono venire fuori pubblicamente e che d’altra parte non ci interessa occultare o normalizzare né richiamare all’ordine, visto che non siamo un gruppo ideologico e non esiste un politburo. Per cui io posso anche non essere d’accordo su una singola cosa scritta dall’uno o dall’altro, e lo stesso vale per gli altri con me. Ma è bene ricordare continuamente che siamo tutte persone che non si conoscevano prima e che si sono conosciute solo dopo aver pubblicato i loro libri ecc., e che sta assieme per un rapporto di stima reciproca che in alcuni casi è diventato anche di amicizia, cosa in cui non credo ci sia nulla di male e che ha sempre caratterizzato anche nel passato i rapporti tra uomini e donne che scrivevano, dipingevano o anche semplicemente respiravano, nel breve arco della loro vita, visto che anche la letteratura è fatta da persone corporee, viventi ed è rivolta a persone fatte della stessa sostanza. Tra di noi ci sono scrittori che hanno ciascuno la propria singolarità, individualità e libertà. Oltre a me, Carla, Tiziano – su cui, forse anche per colpa nostra, si sta concentrando anche troppo l’attenzione e il tiro incrociato – ci sono scrittori singolari come Andrea Bajani, Helena Janeczek, Raul Montanari, Giulio Mozzi, Aldo Nove, Piersandro Pallavicini, Christian Raimo, Michele Rossi, Dario Voltolini… editori e studiosi come Benedetta Centovalli, registi cinematografici e teatrali come Giovanni Davide Maderna e Renzo Martinelli, poeti come Andrea Inglese e diverse altre persone i cui nomi, per il momento, forse non ti diranno niente ma che a noi invece dicono molto. Io lo so che tu hai avuto il coraggio di parlare in un certo modo del mio lavoro e di andare controcorrente. Cosa che non credo sia stata facile e di cui ti ringrazio. Ma allora che senso ha attaccarci in blocco con quei sarcastici “voi della lista” e “buona scalata” o creare una divisione così profonda tra me e gli altri? Tanto più che, se a te Nazione Indiana nel suo complesso sembra una merda, e a me invece no, allora non ti resta che mettere anche me assieme agli altri nella stessa corroborante sostanza.

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66 Commenti

  1. Moresco, mi tolgo il cappello.

    G.

    P.S. Lo scrivevo proprio ieri in una email privata: io ho grande rispetto per le puttane. Molto meno per i moralistici bravi padri di famiglia che poi vanno a puttane, la sera.

  2. Caro Antonio,
    sulla questione del Domenicale ti do pienamente ragione, e mi scuso se ti è parso che ti mancassi di rispetto e che abbia in qualche modo frainteso il concetto di “invasione”, che io applico a me stesso proprio come una puttana, nel senso che se mi chiamano intervengo ovunque e anche gratuitamente, anche per dire cose controcorrente, o sparigliare i giochi, purché appunto, come una puttana, con il mio corpo e la mia voce. Sia nella reggia di Versailles che in un centro sociale sarò sempre io, disponibile al confronto. Ne ho fatto una questione etica, da anni, ma ho sbagliato a non prendere in considerazione, come dici tu, che vi possano essere altre ragioni. (Che non credo sarà la semplice questione che il Domenicale è di Marcello Dell’Utri, altrimenti gran parte di quelli della “lista della spesa” non pubblicherebbe per case editrici berlusconiane; Roberto Bui dice: sì, ma qui ci lasciano liberi, scegliamo anche le copertine; benissimo, ma avrà verificato, appunto, prima di dirlo, i propri margini di libertà rispetto, non so, a Feltrinelli o Rizzoli o, perché no, DeriveApprodi; idem per Valerio Evangelisti, per Ammaniti, per Genna, per Busi, per Aldo Nove, ecc, tutti mondadoriani e liberissimi). Per cui le ragioni le conosci tu, e le rispetto, ci mancherebbe.
    Figuriamoci quindi se io, tra i signori e in carrozza e la puttana, non scelgo la puttana. Solo che, certamente, dissento da ciò che tu identifichi come puttana. Eppure mi sembra che non ci si renda conto, oggi, del pericolo di un’omologazione industriale della letteratura (relativismo critico, eguaglianza di tutto con tutto), del pericolo che una forma eversiva sia reputata uguale, e subisca gli stessi effetti nel contesto sociale e culturale, della forma omologata, vendibile, già cinematografica. Il mio discorso “gerarchico”, caro Antonio, non è un discorso di distinzione tra alto e basso, troppo facile ingabbiarmi così. E’ casomai il regime dello supervenduto, del superecensito, del supertradotto mescolato a quella che invece è arte pura. E’, da una parte, un’altra rete di micropoteri che fa dire a taluni, per esempio, che sì, tu sei un grande scrittore, ma non fare discorsi sociologici, scrivi romanzi. E dall’altra continuo a vedere un regime della forma che tende all’omologazione, continuo a sentire come una bestemmia mettere insieme Io non ho paura e Canti del Caos, Aldo Busi e Wu Ming, e non perché io nutra un’idea istituzionale della letteratura, perché non è che a questo io contrapponga Cotroneo o la Mazzantini o la Mazzucco. Piuttosto vedo un fronte di banalizzazione trasversale, o meglio due fronti compatti (quello critico e della letteratura istituzionale, e quello che vorebbe spacciarsi per alternativo o escluso dal sistema) che spesso mi sembrano ideologizzati più che uniti da solidarietà artistica, perché è difficile trovare comunanze artistiche forti. L’erba che spaccherà il cemento non è Wu Ming o Ammaniti, ti assicuro, e sono pronto a scommetterci quello che vuoi, casomai sono, oggi, il prato sopra io cemento.
    Proprio per questo, Antonio, io non mi sento per niente “istituzionale”, perché il tuo discorso funziona su quello che dico solo se dall’altra parte rappresenti una “corte” cui oppone la puttana, ma la mia è invece una puttanesca e disperata battaglia contro le semplificazioni, che accomuna, in questo, la critica (che non c’è, o è un giro di potere) e gli scrittori (che ci sono ma reagiscono con semplificazioni). In questo, che devo dirti caro Antonio, e te lo dico con il rispetto che devo a un genio assoluto come te, sarò ancora più solo, o forse qualcuno, qui su Nazione Indiana, rifletterà con me o con te e ne trarrà le sue conseguenze. Mi lascia molto perplesso, infine, la tua ultima considerazione, di considerare Nazione Indiana una merda. A parte che la voce “merda” io non vado a cercarla nel cesso ma magari in “Document” in George Bataille, se avessi disprezzato Nazione Indiana non sarei venuto qui, a dire cosa pensavo, per farmi pure insultare, beccarmi un “fila via” e un “vaffanculo”, e come vedi, tornare a parlare, a dialogare, a dire il mio pensiero. Certo, mi si dirà, tu hai “provocato”, ma se uno provoca in casa altrui non provocherà certo presentandosi in smoking, o siete abituati solo a trattare con borghesissimi signori beneducati?
    Con grande stima e affetto,

    Massimiliano Parente.

  3. scusami, parente, ma non ho potuto fare a meno di notare il lapsus. hai messo un pronome al posto di un articolo.
    “…sono pronto a scommetterci quello che vuoi, casomai sono, oggi, il prato sopra io cemento.”
    invece che il prato sopra “il” cemento, hai scritto il prato sopra “io” cemento.
    non commento.

  4. Eddài, sardonico Don giovanni… la “i” e la “l” sono vicini di tastiera, poteva capitare… (ma sai, però, che l’ho notato anch’io?)
    ;-), G.

  5. Saluto Massimiliano Parente e sono contento che sia tornato a discutere qui.

    Lo pregherei, se possibile, se è d’accordo, se non gli chiedo troppo, di non speculare su quel “vaffanculo”. E’ stato un errore strategico mio. Se l’ho offeso come persona gli chiedo umilmente scusa, di cuore, gli allungo la mano affabilmente con la speranza che accetti di stringerla. Da un punto di vista tecnicamente “culturale” non ritiro affatto il mio vaffanculo: in questo senso: io l’ho gettato addosso non a lui, ma al suo ragionamento, ai suoi insulti rivolti al mio lavoro di scrittore e alla mia opera (povera e gracile, ma credo degna di un minimo di rispetto). Quella mia brutta parola era CHIARISSIMAMENTE inserita alla fine di un paragrafo dove menzionavo le etichette denigratorie con cui veniva definita la mia opera. Siccome io (e non “il”, ma proprio IO) alla mia opera ci tengo, non la scrivo per scherzo (proprio per la stessa concezione alta di opera letteraria che CONDIVIDO con Massimiliano Parente), quando la trattano male mi accaloro (a volte, solo a volte).

    Ora però spero che la cosa non mi venga ritorta per l’eternità. Chi frequenta volentieri, benché metaforicamente, spiritualmente, le puttane, non mi venga a dire che si spaventa per un motivatissimo “vaffanculo” espresso in un contesto retorico inequivocabile.

    Quanto al “fila via”, non è stato scritto da un componente di Nazione Indiana, ma da un visitatore libero e indipendente del sito, che non sappiamo nemmeno chi è, dato che sente l’esigenza di firmarsi con uno pseudonimo: non ci sentiamo certo di censurare i suoi commenti a seconda che dica cose sgradevoli o che ci fanno comodo o meno.

    Scusate queste mie cavillosità, ma sentivo il bisogno di dirvele.

    Comunque sono d’accordo con Gianni Biondillo: i tasti “elle” e “o” sono vicini. Savinio era molto più avanti di Freud: non parlava di “lapsus” ma di “refuso”. Non diceva “il mio inconscio ha scritto questo”, ma “la mia macchina da scrivere ha scritto questo”.

    Ricordo a “don giovanni” che noi scriviamo su tastiere in cui le lettere dell’alfabeto sono disposte secondo studi (vecchi di un secolo) di ricorrenza statistica delle lettere medesime nella lingua inglese, per far utilizzare TUTTE le dita dei dattilografi e distribuire equamente la grandinata di polpastrelli su tutta la macchina da scrivere. I nostri “lapsus” , o meglio, i nostri “refusi” sarebbero completamente diversi, farebbero scrivere tutt’altro alle nostre tastiere, se la lingua dominante nel mondo fosse per esempio lo spagnolo o il francese, o se i tasti fossero disposti secondo il tradizionale ordine a b c d e f g h i j ecc..

    Un saluto e un bentornato a Massimiliano Parente, e un augurio che la discussione riprenda, anzi, continui così come sta accadendo ora.

  6. Continuo con la statistica: Parente ha nominato i Wu Ming altre 3 volte + una volta Roberto Bui (che è un Wu Ming). Fanno 17 volte in tutto dall’inizio della discussione.

  7. ha ragione, scarpa: freud, neel suo famoso saggio, mise una notarella a pie’ pagina. gli scrittori possono tranquillamente fare lapsus battendo sui tasti della macchina da scrivere: non saranno analizzati.

  8. Caro Parente, in fondo tu non fai che contrapporre una lista della spesa a un’altra. Non ti piace la nouvelle cuisine e togli dal carrello di Scarpa i prodotti che non trovi adatti (no, i gamberi con i funghi non ce li voglio). Bene. Questo non vuol dire che gli altri non facciano differenze, non abbiano un’idea precisa di dove sta l’arte, di quale sia la puttana giusta, se debba avere zigomi da slava o glutei da nigeriana. Tutti sappiamo che ci sono opere che rimarranno, ognuno di noi le ha individuate, nessuna delle nostre liste collimerà mai e, soprattutto, tra quarant’anni ce ne sarà un’altra diversa da tutte le nostre. Non voglio dire che non si debba continuamente rimarcare i confini, mettere in evidenza limiti e pregi di questo o di quell’altro, però c’è una frase importante nell’intervento di Moresco:

    – se esiste la valanga cartacea industriale ottundente e normalizzante dei ?generi?, esiste anche, nel suo piccolo, decoroso e inoffensivo spazio, anche quella di una letteratura ridotta anch?essa a genere, a ?genere letteratura?, né più né meno depotenziata dell?altra.

    Mi sembra che questo insistere sul canone finisca per inscrivere alcuni autori in un sacro recinto, cioè in un limbo terrificante – non solo un genere come un altro, appunto, ma tra i più pericolosi: il genere per intellettuali spocchiosi, anime belle e docenti barbosi.

    Devo dire poi che non ho compreso un tuo passo:

    – Il mio discorso “gerarchico”, caro Antonio, non è un discorso di distinzione tra alto e basso, troppo facile ingabbiarmi così. E’ casomai il regime dello supervenduto, del superecensito, del supertradotto mescolato a quella che invece è arte pura.

    Quale sarebbe la distinzione?

    Non è vero, in ogni caso, che Scarpa omologhi tutto: dalla sua lista sono fuori centinaia di scrittori. E poi la lista non era una lista puramente “letteraria”: dietro non c’era un discorso critico bensì “politico”. Rispondeva a una considerazione sull’incisività sociale degli scrittori d’oggi. Scarpa ha messo insieme, probabilmente, anche scrittori che non ama ma che gli sembrava incidessero – o avessero intenzione di incidere – sulla realtà. Lo ha fatto alla disperata, e non perché abbia sbagliato la lista ma perché il padrista ha ragione: checché ne pensiamo noi, nulla ha avuto nei nostri anni – oggettivamente – la forza d’urto che alcuni scrittori del passato hanno avuto. E non perché gli scrittori d’oggi siano degli incapaci o non vogliano occuparsi del mondo. Non c’entrano i demeriti di questo o di quell’altro. I Wu Ming non spaccheranno il cemento, ma la gente non vuol saperne neanche di quelli che tu consideri trapani a percussione. Nessuno li ascolta, nessuno li legge, nessuno li eleggerà (come Sciascia). L’unico che potrebbe contare sarebbe Busi, ma non perché ha scritto il più grande romanzo italiano degli ultimi trent’anni (non gliene frega niente a nessuno dei venditori di collant): perché va in televisione col tutù. La letteratura non conta (non da sola). E quanto più alta e schiva si farà tanto meno conterà.
    Forse le cose migliori di Pasolini sono le poesie in friulano ma con quelle non sarebbe andato da nessuna parte. La tribuna sul Corriere gliel’ha data il cinema. E lo stesso Sciascia ha acquistata peso – autorità spendibile altrove – dalle riduzioni cinematografiche. Forse Petri non si è dovuto affannare per sceneggiare A ciascuno il suo, forse i capolavori di Sciascia erano “naturalmente” cinematografici, forse un gran libro può essere pronto per lo schermo (come Pinocchio).

    Ma ragazzi: la gente si è stufata anche del totosanremo, di come è stata combinata la vittoria del cantante di turno. Che gli potrà mai fregare di chi ha tramato per vincere il Poetry Slam. Siamo tutti patetici. Anche chi si ribella, anche chi trova fondamentale non comparire sul Domenicale. Il Gran Rifiuto che resterà sui libri di storia.

    PS: per Moresco (solo perché è stato l’ultimo a puntualizzare): continuo a leggere nomi di pellerossa scomparsi da tempo (o mai comparsi). Da un po’ è sparito pure Montanari. Sono a caccia di bisonti o hanno cambiato tribù?

  9. Caro Scarpa,
    figurati se mi formalizzo per un vaffanculo, ma vorrei a questo punto precisare un paio di cose:

    la battuta sull’editore tedesco era una battuta infelice, e di quella mi scuso.

    non mi sembra di aver mai offeso il tuo lavoro. ho attaccato, con veemenza, certo, un concetto da te espresso in un intervento sull’Unità. tutto qui. purtroppo spesso, mi pare, hai riportato tra virgolette un discorso generale, che mi premeva molto, a un discorso particolare su te stesso e il tuo lavoro, che non era in discussione. è pur vero che, scrivendo a te (“caro Scarpa”), posso aver ingenerato l’equivoco che fosse preso di mira il tuo lavoro (benché io abbia specificato l’idea di fondo che nella “lista” contestavo). tra l’altro, paradossalmente, il mio discorso, pensa un po’, è, dal mio punto di vista, per come lo vedo io, e proprio pensando ANCHE al tuo lavoro, ANCHE pro domo tua.

    A presto,

    Massimiliano Parente

  10. Franco, fai anche il conteggio dei “comunisti” detti a destra e di “Berlusconi” detto a sinistra e avrai, seguendo il tuo ragionamento, la storia di un meraviglioso amore.

    M.P.

  11. Caro Elio Paoloni, il problema è che tutto il tuo ragionamento è troppo berlusconiano per me. Però meglio, siete tutti d’accordo che viviamo in un mondo migliore di quello che vedo io, o perché è sempre stato così, o perché si fa un intervento sull’Unità mettendo insieme autori che per lo più sono molto venduti, molto tradotti, spesso anche molto recensiti e molto linguisticamente “appetibili”. A questo punto non c’è più di che lamentarsi. E’ il pubblico che sceglie, e la critica è illuminatissima. (Tranne me, povero imbecille). Per fortuna gran parte delle cose che dite qui sarebbero sottoscritte anche da Giovanni Pacchiano, da una parte, e Angelo Guglielmi, dall’altra. Contenti voi.

    M.P.

  12. Sempre per Paoloni (scusate se intervengo a rate, e idem anche per i refusi o lapsus digitali, ma ho 39 di febbre e le reazioni mi vengono così): se passi a Tiziano Scarpa una “lista” non estetica (l’estetica incide sempre sulla realtà) ma basata su un’idea politica e ideologica di incidere sulla realtà, una settimana dopo arriva Guglielmi e ti mette fa la sua lista di artisti: Furio Colombo, in testa, Giovanni Sartori (?), Tabucchi e Moretti. A proposito di Moretti, che da Io sono un autartico a Sogni d’oro a Bianca a Palombella Rossa era sì un artista, prima di berlusconizzarsi e ideologizzarsi anche lui: continuiamo così, facciamoci del male.

    Vostro odiatissimo,
    M.P.

  13. Tra l’altro questa metafora del supermercato, derivata dal mio aver usato l’espressione “lista della spesa” (ma in senso appunto denigratorio), non mi piace affatto. La letteratura è cosa più seria di un’ammucchiata generica, e tra l’altro, se ho la possibilità di un intervento pubblico, visto che, come dice Scarpa, gli amici “stimati” sono centinaia, sarebbe stato meglio citare quelli di cui si parla meno. Da qui il mio “piove sul bagnato”. E poi, tant’è, arriva Celati con Tabucchi (seconda recensione, dopo Cotroneo), e Guglielmi sempre con Tabucchi….
    M.

  14. Il tuo contro-esempio dimostra la mia teoria: Berlusconi è ossessionato dai comunisti, i comunisti da Berlusconi e tu (si parva licet componere magnis) dai Wu Ming.

  15. Ma cosa dici, Parente? Tutti d’accordo? Io litigo da mesi qua dentro.
    Il migliore dei mondi possibile? Io scrivo. Come può piacermi un mondo dove di quello che scrivo (o che scriverei se fossi uno che spacca il cemento) non gliene frega niente a nessuno?
    Tra il non amarlo, questo mondo, e inventarsene – come fa Scarpa (al quale non solo non lascio passare la lista, non “faccio passare” niente) – uno in cui quelli della lista provocano chissà quali sfracelli, c’è differenza.
    Essere bravi a scrivere in Italia (o fare arte pura) è come essere un eccelso lanciatore di giavellotto. Cioè nessuno. In altri tempi i libri – come i lanci di giavellotto – muovevano il mondo. Oggi no. Non i libri di narrativa italiana, almeno.
    Vogliano raccontarci un altro mondo? Se po’ ffà.

  16. Faccio sempre il semplice, ma se ho letto i nuovi scrittori italiani (Mozzi Voltolini Galiazzo Drago Moresco Cornia Nori ecc ecc), se ora sono qui e a parte questo ogni tanto faccio qualche cosa che ha un po’ di attinenza con i temi di NI lo devo a una splendida “lista della spesa” di Matteo Galiazzo (di forma semplicissima: Questi li conosci…). Con la lista sono andato al supermercato, cioè Feltrinelli, i primi libri sono stati Questo è il giardino e Forme d’onda, ed è stato uno shock perché non pensavo di trovare cose così nuove e vive. Da allora la letteratura mi è sempre piaciuta.

  17. Forse qualcuno dovrebbe dire a Paoloni di andarci piano con l’uso della prima persona plurale.
    Può anche darsi che i suoi libri scarsissimi di numero e assai poco letti non cambino il mondo (espressione così generica da non significare un bel niente), ma è abbastanza ridicolo sia lui a proclamarlo a nome di tutti. Mi fa pensare a un uomo molto basso di statura, che in mezzo a un gruppo di persone normali si mette a gridare: “Siamo tutti nani! E’ inutile che ci sforziamo, siamo tutti nani!”
    Parlando in termini di qualità letteraria e di “occupazione del campo”, insomma di presenza verificabile nell’ambito letterario, se Moresco o Scarpa o Nove o Montanari scrivono: “I nostri libri non contano un cazzo”, la cosa mi dà da riflettere. Ma non lo scrivono, e credo che non lo pensino per nulla.
    In termini di vendite, se Baricco o Ammaniti scrivono: “I nostri libri non contano un cazzo”, anche in questo caso mi fermo a pensarci sopra. Ma sono sicuro che non lo pensano.
    Finché è Paoloni a dirlo, mi suona proprio comico.
    Dire pomposamente “io scrivo”, come fa lui, è un po’ poco per essere uno scrittore, con annessi e connessi. E soprattutto per prendere la parola a nome di tutta la categoria.
    Scusate la precisazione, ma quando ci vuole ci vuole.
    Ciao a tutti.
    Francesco Pieruccini

  18. Andate un po’ tutti, da un punto di vista squisitam. culturale, a troncarvelo sonoramente in culo… Prima polemici inveleniti da travaso di bile (guai a toccarvi l’opera un kaiser…aho, gente, i vostri scritti sono cosa pubblca, pubblicamente attaccabile, discutibile, triturabile) poi splendidi italici, pacche sulle spalle, reciproche leccatine d’ano e via.
    Cagoni.

  19. Non lo dicono, Pieruccini? Ne sei sicuro? Leggiti gli scritti di Scarpa sulle SUE vendite o sulle tirature di A perdifiato.
    Io scrivo. Soggetto e verbo, al presente. Tu che sei un gigante mi insegnerai un modo meno pomposo di spiegare a Parente (che mi accusava di trovarmi bene in un mondo dove i libri non vengono comprati e soprattutto non vengono letti) perché NON può piacermi. Chiarivo che sarebbe stato lo stesso se avessi fatto parte della Top List. L'”espressione generica” cambiare il mondo non l’ho adottata io. E’ il criterio con cui molti dei maggiori, qui, vorrebbero misurare le loro opere o quelle di altri.
    Ho detto anche altre cose, nel precedente post, ma sembra che nessuno ci senta. Parente mi dà del berlusconiano perché dico quello che è sotto gli occhi di tutti (e che in fondo tutti lamentano). Ma Parente è scusato: ha la febbre. A te cosa brucia? Mi dai del nano e non dici una parola sulla questione che ho posto. Argomenta invece di guardare il dito, cioè il nano. Grazie comunque per il nome e cognome (sembrano veri) che ormai non usa più. Potevi sprecarti ancora un pò e rivolgerti direttamente a me invece di invocare interventi altrui.

    PS. con chi ti scusavi e di che?

    PPS. per curiosità: hai letto i miei libri o anche il tuo criterio di valore è fondato sulle tirature?

  20. Caro Paoloni, intanto la saluto. Come sta?
    Mi scusi se intervengo nel dibattito che ha in atto con Pieruccini.
    Lo faccio sia perché lei l’altro ieri ironizzava sulla “scomparsa” di molti indiani citati da Moresco, tirando in ballo espressamente il sottoscritto, sia perché l’interessante PPS del suo post mi stimola molto.
    E’ vero, Paoloni, quanto ha ragione!
    Bisognerebbe leggere i libri prima di criticare i libri stessi e i loro autori.
    Fa bene a farlo presente a Pieruccini, che dovrebbe prendere esempio da quanto lei fa in questa recensione, uscita su private.it nell’agosto dell’anno passato:

    AAVV, Onda Lunga. Nuovi narratori in arrivo, anzi già arrivati
    A cura di Raul Montanari. Archivi del 900, Milano, 2002, pp. 261, euro 14,00

    Forse questi esordienti sono davvero la crema delle lettere italiane. Forse tra loro c’è anche il nuovo Tolstoj. Io non lo saprò mai, perché ho lasciato cadere il libro appena lette le note di copertina. Mi permetto dunque di recensire un libro senza averne letto neanche una pagina? Beh, alcuni lo fanno senza avvisare, io dico chiaramente che non mi va di comprare una
    antologia di racconti scritti esclusivamente da allievi di un solo corso di scrittura creativa: i saggi annuali degli studenti di liceo si
    distribuiscono gratis, tutt’al più si cerca la sponsorizzazione del salumaio
    all’angolo. Questa raccolta grida al mondo: Entrate, siori, entrate, Raul Montanari è il miglior insegnante di scrittura creativa (e se anche non lo fosse, vi farà pubblicare comunque: ritenetevi “già arrivati”). Non sarebbe
    stato più decoroso contattare qualche collega e metter su qualcosa con una base più ampia? Un po’ di rappresentatività, perbacco: almeno tutto il liceo Parini, non solo la terza B. (Elio Paoloni)

    Si vergogni, Paoloni.
    Si vergogni di avere offeso un’iniziativa di cui non sa niente e ha capito ancora meno, una delle espressioni possibili di un movimentismo culturale che rientra perfettamente nel dibattito che si sta tenendo in questo periodo. La gratitudine che lei deve al più illustre docente di scrittura creativa che abbiamo in Italia, quel Giulio Mozzi che ha tentato invano di fare anche di lei come di altri autori Sironi un miracolato, dovrebbe renderla più prudente nel giudizio sulla scrittura creativa e sul rapporto che si crea fra docente e allievi (rapporto severo di filtro, non certo rapporto puttanesco da “venghino siori”), giudizio evidentissimo nella sua squallida stroncatura anche al di là del parere che chiunque può avere sul pubblicare o meno una raccolta simile. E’ stata proprio una delle autrici antologizzate a inviarmi la sua perla, ovviamente con molta amarezza. L’autrice in questione interviene a volte su Nazione Indiana, e mi era stata segnalata a suo tempo da Scarpa, che aveva letto due suoi bellissimi racconti presentati con succeso alla giuria del Premio Chiara (Scarpa, Nove, Ammaniti, Zocchi). Questo tanto per fare un esempio che chiarisca come si è formata la “Terza B”. In ogni caso Tiziano, Aldo Nove e Giuseppe Culicchia hanno letto altri autori dell’antologia e ne sono stati tanto colpiti da dare spontaneamente tutta la loro disponibilità a seguirli.
    Si vergogni, se ne è capace, di avere disprezzato a priori un libro che contiene racconti di gente che, a differenza da lei, sa scrivere eccome (potrei fare l’elenco degli autori e dei primi, importanti passi che stanno già facendo nel mondo editoriale, proprio a seguito della pubblicazione di questa antologia, ma non voglio annoiare nessuno).
    Si vergogni di avere offeso me con il tono generale del pezzo e soprattutto con quella schifosa parentesi, in cui ipotizza apertamente che io sia un imbroglione acchiappagrulli. Il mondo è fatto anche di persone serie, Paoloni, non solo di imbecilli spocchiosi.
    Lei è esattamente quello che Pieruccini ha detto in modo incompleto, carissimo Paoloni: un nano che grida “Siamo tutti patetici, facciamo tutti pena”, con il gusto repellente di giudicare gli altri dal punto di vista della sua bassezza.
    Continuiamo pure tutti e due a fare il lavoro che ci dà da vivere e ci qualifica professionalmente, io lo scrittore e lei, mi pare, il pubblicitario. Dopo l’ovvia stizzita replica che farà a questa mia, le sarò molto grato se vorrà lasciarmi in pace.

  21. Montanari, che saluto, ha dimenticato di dire a questo Paoloni di vergognarsi anche di avere trattato come esimie teste di cazzo gli autori dell’antologia, e in generale i corsisti, che lui evidentemente immagina come poveracci pronti a farsi prendere per il culo.
    Io ho frequentato brevemente il corso di Archivi900, due anni e mezzo fa, trovandolo eccellente, tanto che mi era spiaciuto di doverlo abbandonare per trasferirmi fuori Milano.
    Devo dire che ero rimasto un po’ male quando Montanari mi aveva escluso dall’antologia, che allora era in preparazione, ma quando l’ho letta ho dovuto ammettere che il livello dei racconti che il curatore aveva incluso era superiore (sigh…) ai miei.
    Credo non ci sia niente di male a dire che la ragazza che ha segnalato a Montanari la stronzissima “recensione” è, se non sbaglio, Valentina Maran, che in quell’antologia ha due racconti molto originali. I talenti a cui Montanari allude sono gente come Lorenzo Moretto, Aldo Selleri, Alessandro Gelso, Riccardo Ferrazzi, e mi scusino gli altri se li lascio in background. Tutti autori con le contropalle; Gelso credo stia ora proprio con uno di quei pezzi in un’antologia di MeridianoZero, una casa editrice molto dinamica in questo momento. Ferrazzi ha anche scritto un libro di racconti con Montanari.
    Insomma, Paoloni, non hai capito proprio una mazza. Peggio per te.
    Loris

    PS Amici di Nazind, non sarebbe più logico avere un forum a parte per risolvere questioni come quella trattata nell’ultima parte di questo thread? Cosa c’entrano le esternazioni di Paoloni e il successivo sacrosanto sputtanamento con il pezzo molto bello di Moresco? Cosa c’entra il mio post? Appunto, ci deve entrare perché non saprei dove metterlo altrimenti!

  22. Scusate se intervengo. Avevo deciso di lasciar perdere con questa discussione che, a mio parere, aveva subìto una degenerazione. Devo dire pubblicamente che a me il post di Pieruccini rivolto a Paoloni non era piaciuto per niente. Ma i gusti, come si sa, sono gusti. E la replica di Paoloni – nel suo stile – m’era invece sembrata conforme, a tono. Ora apprendo dal post di Raul alcuni particolari su di una certa stroncatura, ecc.ecc. Che dalle scuole di scrittura SERIE possano venir fuori scrittori con le contropalle io lo sapevo già. Ho conosciuto personalmente Moretto e presto andrò a farmi una Guinness (scusate per le mie solite fisse maltoluppiche)con Ferrazzi. Comunque questioni loro, tra Raul e Elio;non sono fatti miei.
    Io sono d’accordo con Loris in questo: ritorniamo ad occuparci della questione sollevata da Moresco, se ancora ci riusciamo. Con Parente, se ancora è collegato con la nostra bellissima Radio Apache.

  23. Scusa, Franz, una sola parola e poi raccolgo anch’io l’invito di Loris e non parlo più: come fai a dire che una pubblica stroncatura, fatta in quel modo da carogna, era “questioni fra Raul e Elio”? E l’accenno sarcastico agli indiani ormai assenti, a Montanari sparito, era una questione fra loro due? Cosa doveva fare Montanari, che fra l’altro mi pare sia un tuo grande estimatore? Stare zitto e abbozzare? E io, COME LETTORE, devo stare zitto quando Paoloni, che ho tutto il diritto un nano di giudicare proprio in quanto lettore, blatera che “loro” sono tutti patetici? Loro chi? Chi ha dato a Paoloni la delega sindacale? Chieda a Scarpa se considera inutile o patetica la propria opera letteraria. Ha ragione Loris: ci vorrebbe uno spazio a parte per non intasare i thread.
    Io e te finiamo sempre per litigare, Franz, e mi dispiace perché sono un tuo lettore e il tuo ultimo BCDalai mi è piaciuto molto.

  24. E perché, stizzita, caro Raul? Siete già stizziti in tanti qua dentro. Certo, potrebbe irritarmi sentirmi accusato dell’azione che TU compi nei miei confronti: giudicare senza aver letto. Io ho dichiarato di non aver letto, anzi di non aver comprato. E non ho comprato grazie alla tua onestà: chi segue questa disputa non conosce quarta e risvolti di quel volume, nei quali tu dichiari candidamente che quasi tutti i partecipanti ai tuoi corsi sono non solo in dirittura d’arrivo ma “già arrivati”.
    Io non mi vergogno di aver segnalato un “movimentismo culturale” statisticamente improbabile. Non capisco perché siano mortificati i tuoi alunni. Non mi sono sognato di dir male di loro. E come avrei potuto? Seguirò con piacere le loro scritture dopo questo saggio di fine corso. Criticavo la tua sponsorizzazione (solo quella, non la tua statura di scrittore né quella di docente). Lo farei mille altre volte. Sono arrivato a cinquant’anni senza leccare un solo culo e posso campare per altri cinquanta senza pubblicare o essere recensito o benvoluto. Me ne fotto della tua claque già in azione. A proposito, Gianni: tu conosci il libro? Che ne pensi di quella messa in piega?

    Parli a vanvera dichiarandomi allievo di Mozzi (ho avuto il piacere di goderne la stima senza aver frequentato né il suo né altri corsi). Mozzi non si è mai sognato, pur dirigendo collane, di fare un’antologia di soli suoi allievi. E’ vero che si fanno antologie d’ogni genere ma di questa fatta non se ne erano mai viste. Quando ho scritto quella ”non recensione” non ti conoscevo e non ti avevo letto. Forse sarei un po’ meno sarcastico ora che ti conosco e ti apprezzo ma il mio scetticismo su quella pubblicazione non cambia. Anzi, mi sembri sempre più somigliante a un professore di liceo: Si vergogni! Il più illustre docente! Tutta l’indignazione e gli esclamativi e la permalosità di chi sta rincoglionendo dietro a una cattedra.

  25. Dimenticavo: mi associo a Franz nello sperare che la discussione continui sulle questioni NON personali. Io, per esempio, avrei da correggere le mie considerazioni sul potere dei libri. Ci sono dei librio che lasciano il segno nella comunità. Quelli della Fallaci. Mi si dirà che non è una scrittrice, (io non so, non faccio il docente di scrittura creativa) ma il padrista parlava di intellettuali, quindi anche di giornalisti.

  26. La recensione segnalata da Montanari si commenta da sé.
    Una cosa però non la capisco: se su NI sono tutti stizziti e c’è la claque, perché Elio non fondi un tuo blog, non pubblichi lì le tue recensioni e i tuoi interventi?
    Per te che sei tanto filoamericano dovrebbe essere una scelta ovvia. Iniziare, fondare, mettersi alla prova non è così caratteristico del mito americano?

  27. Ti do il cambio io, Biondillo (a proposito: un grosso bravo!, per il tuo libro), per far notare che Paoloni ancora una volta mente e stravolge la realtà, come evidentemente è sua vocazione di fare. Un vecchio trucco stalinianberlusconiano, che ormai ci ha nauseati: attaccarsi a un argomento per non parlare del punto vero. Comunque:
    Montanari non ha affatto scritto che Paoloni è stato allievo di Mozzi. Ha scritto che Paoloni deve gratitudine a Mozzi, e che per estensione dovrebbe avere più rispetto per i docenti di scrittura creativa, per questo tipo di attività. Basta leggere le parole, santo dio!
    Inoltre Paoloni continua a parlare di saggio di fine corso, ma quell’antologia non è un saggio di fine corso, come lui saprebbe benissimo se l’avesse letta, o se avesse letto con attenzione le note di copertina che invece deve avere solo scorso.
    O Paoloni è un pessimo lettore, oppure è in malafede, sia nel primo che nel secondo degli esempi che ho fatto.
    Comunque adesso basta occuparci di questo signore, che non ha nemmeno la dignità di chiedere scusa, se non a Montanari, almeno a Ferrazzi e a tutti quelli che erano rappresentati nell’antologia, e che lui, ripeto, ha trattato da poveri deficienti. Non è capace di chiedere scusa dopo essere stato beccato in pieno con le brache calate. Anzi, scambia il chiedere scusa con “leccare il culo”.
    Bel modo di ragionare, Paoloni! Molto indicativo della tua mentalità servile.

    PS L’unico modo di chiedere scusa, piuttosto, a Moresco per essere usciti dal filo penso sia dirgli che, a guardare bene, forse non ne siamo usciti tanto. Siamo ancora qui a parlare di passione letteraria, di narrativa presa sul serio, di impegno, di senso delle proporzioni, di onestà. O no?

  28. L’altra sera a Milano si è tenuto un incontro tra Cacciari, Volpi, Sini e Canfora. Il tema del dibattito era L’intellettuale e il potere, l’occasione era data dalla pubblicazione del libro di Kojève Il silenzio della tirrannide ed. Adelphi. Ci sono andata sull’onda dei recenti dibattiti, mi sembrava molto attinente. Peccato poi che il tema sia stato sviluppato molto poco, l’unico che è entrato nel merito è stato Cacciari argomentando che l’intellettuale ha due possibilità: o entra in rapporto con il potere e quindi crea una sorta di alleanza cercando poi di portare il suo contributo oppure si ritira e contunua il suo lavoro da intellettuale in solitario percorso. Non c’è un giudizio su cosa sia meglio o peggio. Solo si opera una scelta: o dentro o fuori,e se si entra non si può fare a meno di fare politica. Detto questo,la Fallaci lascia il segno nella comunità? allora anche i libri di Bocca o di Vespa(par condicio)…
    ps
    per amor di polemica: siccome nessuno ha mai fatto un’antologia dei propri allievi, non si deve fare? e perchè uno non può tentare un’operazione completamente diversa? basta questo per far gridare allo scandalo? A me sembra che giudicare non leggibile un’antologia con queste motivazioni sia un abuso di potere… allo stesso modo di certi critici che stroncano libri senza averli letti. Sono sicura che una recente stroncatura che ho letto, sia stata fatta senza aver letto il libro. Io il libro l’avevo letto e mi sono accorta che il critico non lo aveva fatto. Io la chiamo disonestà intellettuale.

  29. Singolare invito, Andrea. Dovrei, insomma, ritirarmi nel mio cantuccio perchè non mi allineo?
    Ci si “mette alla prova” fuori di casa, no?
    E tu, che dici “la recensione si commenta da sè” perchè non la commenti, invece?
    Singolare anche che i “fila via” siano pronunciati da estranei alla Nazione.

    Cara Gabriella, mi sembra di sognare: finalmente qualcuno ritiene che si possa discutere del fatto, che l’operazione editoriale possa essere difesa senza dubitare della mia onorabilità, del mio stile, della mia serietà. Non ci posso credere.

    Fai benissimo, comunque a seguire i corsi di Montanari. E’ un maestro, lo dico senza ombra di ironia, nell’arte della retorica (così, col suo vero nome, Mozzi chiama spesso la scrittura creativa). Ci vuole un vero sofista per convincere uno come Biondillo (della cui intelligenza sono assolutamente certo) che a vergognarsi debba essere non chi compie un’operazione discutibile ma chi la addita.

  30. Francesco, meglio litigare prima che dopo… Grazie davvero per il tuo apprezzamento per il mio lavoro. Io, nel mio intervento, non criticavo assoluitamente la reazione di Raul. Ha fatto bene a dire certe cose a Paoloni, e anche con quel tono. Era la tua uscita precedente un pò a gamba tesa sullo stesso Paoloni che non m’era piaciuta manco per niente. Se avremo modo di conoscerci personalmente magari ne riparleremo.Io sono molto amico di Raul e sono un suo grande estimatore e da prima di diventare suo amico; e comunque, lasciamelo dire, personalmente apprezzo il contributo di Paoloni, che a me pare, a volte, un sano provocatore, perlomeno su queste colonne, anzi colonnini. Quello che scrive fuori di qui non l’ho ancora letto. Io ho le mie idee che spesso non collimano con quelle di nessuno, però qui le opinioni ce le scambiamo; poi se qualche volta ce le tiriamo in faccia, se insomma vola qualche sberla telematica non muore nessuno; l’importante, secondo me, è non trascinarsi- perlomeno non troppo, perchè non farlo in assoluto è impossibile- sul piano personale. Ora non voglio entrare a far baraonda ma: Paoloni è uno che, secondo me, ha il coraggio di andare controcorrente.
    Quando dice bene dell’opera della Fallaci per me dice una cosa che dire che non condivido è dire poco.
    E allora?

  31. Ah Elio: mi sono letto solo ora la tua replica a Raul. Lui non ha bisogno di avvocati difensori, ma Raul è uomo di estrema generosità. Altro che rincoglionire dietro a una cattedra!!! Non associarti a me parlando di “non mettersi sul piano personale” quando poi vai a parlare pubblicamente di Raul sul personale senza nemmeno conoscerlo.
    Passo e chiudo.

  32. Dai, Elio… Raul non ha convinto proprio nessuno, non ne ha bisogno. Che brutta cosa la malafede… Sei tu che hai letto quello che io non ho scritto. Vai a darti una scorsa alle mie parole e vedrai che io cercavo solo di stemperare l’aria pesante con una battuta. Ma che credi che se volessi mettermi a vomitare insulti non ne sarei capace? Ma ne varrebbe la pena?
    In ogni caso io qui ti voglio, non osare andartene! L’ho detto e lo ripeto: le discussioni dove tutti sono d’accordo sono le più noiose.
    Anche perché certe volte sono pure d’accordo con te. E la cosa mi inquieta!

    ciao, Gianni

    p.s. Grazie Loris. Caffè pagato.
    p.p.s. Rilancio: qualcuno sta facendo “la lista della spesa” proposta da Tiziano? Oppure, da buoni italiani, ci lamentiamo sempre ma non proponiamo mai?

  33. Sono parte in causa. Anch’io, come Franz, credo che Paoloni dica spesso cose vere in forma provocatoria (ma qualche volta, a mio parere, senza motivo). In questo caso sono forse obnubilato dal fatto di avere due miei racconti in quella antologia. Ma, per quel che vale, posso dichiarare pubblicamente che nessuno degli allievi di Raul si è mai sentito dire “uscirà un libro con dentro anche roba tua” finché il libro non era praticamente in stampa; nessuno si è mai iscritto ai corsi contando su una promessa esplicita o implicita di procurarsi un “padrino” editoriale; l’iniziativa della pubblicazione, per quanto ne so, è nata da Archivi del 900 che ha pubblicato a suo rischio e spese un’antologia di prosa e una di poesia. A me personalmente è capitato di pubblicare altri due racconti insieme a due di Montanari in una collana pensata dall’editore Literalia con racconti di un esordiente insieme a quelli di uno scrittore affermato. Ho saputo di questa iniziativa solo a cose fatte e quasi non ci volevo credere. L’ho interpretata nell’unico modo possibile: un segno di stima da parte di Montanari (il quale, tra l’altro, ha inserito in quel libro uno dei suoi migliori racconti: “Il prigioniero”). Non smetterò mai di essergliene grato e per questo, ripeto, tutto quanto dico è di parte. Ma sono fatti. Puri e semplici fatti.
    Montanari potrebbe avere il triplo degli allievi che accetta in ciascun corso. Non ne accetta più di quindici perché la qualità del corso scadrebbe. Non ha organizzato una scuola-business (anche se la richiesta lo consentirebbe) perché il suo mestiere (e il suo divertimento) è scrivere e non gliene frega niente di guadagnare qualcosa di più se per seguire la scuola deve rinunciare a un romanzo.
    Insomma, Paoloni: credo che questa volta hai proprio preso fischi per fiaschi.

  34. Ormai Paoloni è in caduta libera: come apre bocca offende. I suoi interlocutori, a sentire lui, sono tutti imbecilli tranne Biondillo, l’unico a cui concede, bontà sua, il beneficio dell’intelligenza. Con perfetta logica Paoloni non deduce dal fatto che lo stimato Biondillo gli dà torto la verità, cioè di essere in torto; ne deduce che Montanari, il sofista, ha abbindolato o ipnotizzato pure Biondilo.
    Oh, Montanari, ma che stai a fare lo scrittore? Col talento che hai mettiti a fare il mago, vedrai che pila di soldi fai su!

  35. “Anzi, mi sembri sempre più somigliante a un professore di liceo: Si vergogni! Il più illustre docente! Tutta l’indignazione e gli esclamativi e la permalosità di chi sta rincoglionendo dietro a una cattedra.”

    Chiedo scusa se mi intrometto.
    Sono una professoressa di liceo, parzialmente rincoglionita ma forse non ancora del tutto.
    Vorrei pregare il signor Paoloni di essere più rispettoso, quando sceglie gli esempi negativi che vuole impiegare nella sua discussione. Discussione in cui, se il mio parere conta qualcosa, ha torto marcio su tutta la linea, dall’inizio imbarazzante (quella recensione…) alla fine, e basta leggere con attenzione le sue argomentazioni per rilevarlo, come stanno già facendo in molti.
    Leggo che il signor Paoloni è un pubblicitario. Bene, davanti a un pubblicitario che sputa sugli insegnanti io mi sento orgogliosa di essere un’insegnante.
    Mi tengo il mio stipendio, che sarà forse la metà o il terzo di quello che il signor Paoloni si porta a casa, mi tengo i miei compiti da correggere, la campana, la noia, il grigiore (i pubblicitari colorano il mondo, gli insegnanti certamente no!), a volte per fortuna anche la passione e la gioia di riuscire a trasmettere qualcosa, e di imparare qualcosa sempre, sempre.
    Il pubblicitario si tenga la sua professione, basata su una brillante (non lo nego) falsificazione della realtà. Su procedimenti argomentativi surrettizi, molto ben remunerati. Forse della pubblicità potremo fare a meno, un giorno; dell’insegnamento, per fortuna, mai.
    Non so che insegnanti abbia avuto Paoloni al liceo, ma vista l’impressione che ne ha conservato non so se compiangere lui o loro.
    Non è un caso che l’esimio Berlusconi stia tirando mazzate contro la scuola, mentre a quanto mi risulta alla pubblicità e ai suoi professionisti fa ponti d’oro.
    Riflettete su questo, per cortesia.
    En passant, che il pubblicitario accusi il docente di scrittura creativa (materia che, informo Paoloni, comincia a fare capolino anche nella scuola grazie a valorose iniziative personali) di essere un retore e un sofista, dando a queste parole una evidente connotazione spregiativa, è sbalorditivo! Il pubblicitario è esattamente questo, un esperto di retorica: forse il signor Paoloni disprezza anche se stesso?
    In ogni caso, grazie per il dispiacere che mi ha dato; torno a corregere compiti allietata da questa piccola novità, di essere stata additata come paradigma del rincoglionimento e della permalosità.
    Mi sembra che lei abbia offeso davvero molte persone, in questa disputa, e forse è arrivato il momento che rifletta su quello che è andato dicendo finora. Lei è una persona colta e intelligente, ha tutti i mezzi per fare un passo indietro e riconoscerlo: sono sicuro che tutti l’accetterebbero. Anch’io, se questo la interessa.
    Ma purtroppo dubito, visto il suo tono, che lei vorrà accettare.

    Un cordiale saluto a tutti. Al di là di occasionali cadute di gusto, questo blog è il mio preferito, e ho esortato anche i più curiosi fra i miei studenti a seguirlo.

  36. Cara Giuliana, sono contento per il suo intervento per tutta una serie di ragioni. Io con la scuola ho avuto un cattivo rapporto. A vent’anni di distanza (credo con un certo ritardo) mi rendo conto di averci messo del mio e non poco. Un cattivo carattere, un ribelle nel vero senso della parola. Poi la vita ti cambia, per fortuna. Da qualche anno ho cambiato opinione sugli insegnanti. Ma, sarà d’accordo, ci sono anche gli insegnanti poco seri. Parliamo di scuole di scrittura: gente che assomiglia a un profumo: Dolce&Gabbana (scuola di scrittura creativa specializzata sui temi dell’omosessualità), Chanel (scuola di scrittura creativa che parte dal naturalismo francese -odore dei campi elisi- e finisce inevitabilmente con Colette). Ecc.ecc. Per dire che certa gente usa la “griffe” e basta. Poi cazzi vostri, detto in estrema sintesi. Poi c’è gente che tiene corsi di scrittura creativa senza sapere bene di cosa sta parlando (scrivendo… è un altro paio di maniche). Poi c’è la gente seria e generosa e di talento di cui abbiamo già fatto un esempio qua sopra, qualche post fa.
    Dunque, lei ha ragione. Paoloni diceva di essere ragioniere, giorni fa, ma è un pubblicitario. Ci ha fregati tutti. E’ uno scaramacai, proprio come me. E’ che a lui (come a me) piace l’ironia; e se necessario (nel senso che l’interlocutore se lo può anche meritare) il sarcasmo. Lo so, è brutto il sarcasmo. Ma brutto non sarà bello ma alle volte è giusto.
    Ora (sempre per la serie: non sono il Perry Mason della Zona Fiera)dopo il suo secondo me apprezzabile intervento smettiamola col tiro al piccione su Elio. Altrimenti va a finire che mi schiero dalla sua parte… A parte gli scherzi (ma fino ad un certo punto), quello che lei dice sul “passo indietro” mi sembra giusto. Ma lei poi aggiunge: “dubito, visto il suo tono, che lo faccia”. Ma ne è sicura? Lo conosce, Paoloni? Senza volerlo, mi pare, con la seconda parte della sua frase, lo rimette in discussione sulle sue eventuali intenzioni. Comunque, parlo a nome mio ma anche di Gianni (letto il suo post) io di Paoloni ne vorrei anche di più. Non si può andare tutti d’accordo, non è possibile. Bisogna dar pepe al culo (pardòn) della discussione. La ringrazio molto per il suo bell’intervento, venga a trovarci e intervenga anche su altri argomenti.
    Ora attendiamo Parente, più volte sollecitato con il megafono, come nelle spiagge.

  37. Non vi affollate, sono mica Uma Thurman. Uno alla volta, perbacco!

    Franz, mi vuoi mettere nei guai? NON ho parlato bene della Fallaci. Potrei anche, se vuoi, ma che c’entra? Ho solo individuato uno scrivente che, nel bene e nel male incide fortemente sull’opinione pubblica (e non paragonabile a Vespa come è stato scritto: Vespa fa pettegolezzi, i pamphlet della Oriana colpiscono alla pancia).

    (Io) non ho insultato (io) la persona Montanari (io). Io so distinguere. Ho denunciato il sussiego e l’ampollosità di questo suo post, come avevo denunciato, all’epoca, la sua operazione. Io non attacco l’intera persona per una cazzata

    Caro Ferrazzi, sento dire bene delle tue cose. Non ho ancora letto (spero di farlo presto). Cosa dirti? Forse sei tu il nuovo Tolstoi che io ritenevo possibile annidarsi in quel libro. Oppure semplicemente un ottimo scrittore. O solamente bravo. Posso arrivare a credere che in quel libro ce ne siano anche tre di buoni scrittori. Forse quattro. Vogliamo arrivare a cinque? Non so, io trovo che i bravi scrittori siano in fondo abbastanza pochi e soprattutto “sparpagliati”: dammi tu un limite verosimile, accettabile. Quanti eravate in quella collezione? Quindici, venti? Non ricordo più. I bravi scrittori italiani sono limatura di ferro attratta, in ogni punto dello stivale dalla potente elettrocalamita Montanari?
    Non ho detto che tutti gli autori della raccolta non valevano nulla. DOVEVA, sempre per motivi statistici, essercene qualcuno interessante.
    Non criticavo neppure l’operazione in sé. E se leggi attentamente quello che sono riuscito a infilare in mille battute (tante ne entrano, lì) vedrai che non ho insinuato neanche che fossero state fatte precedenti promesse a voi autori.
    Quello che ho trovato come dire, singolare, erano le candide dichiarazioni di Raul, OGGETTIVAMENTE un’irresistibile, esilarante, manchette pubblicitaria per i suoi corsi FUTURI.
    Hai sicuramente il volume. Potresti postare le note (c’era anche una fascetta, mi sembra, alla Fnac di Milano) così gli astanti avranno modo di considerare le frasi che
    da lettore, scrivente, e soprattutto da acquirente, mi hanno fatto cadere il libro di mano e spinto a riderne su quel sito.

    Gentilissima Professoressa, non faccio il pubblicitario, anche se ho avuto delle bellissime esperienze nel campo.
    Mi dispiace di averLa offesa. Lei del resto comprenderà che mi riferivo all’immagine deteriore, grottesca, felliniana, di una certa tipologia di professori, che si attaglia perfettamente al tono reboante del post di Montanari, ditino alzato, anzi ditone contro.
    I passi indietro li faccio quando commetto un errore o mi esprimo male. Non è stato così. Non c’era malafede né animosità nella mia critica. A chiedere scusa dovrebbe essere Raul che per difendere un venialissimo errore di “etichetta” ha ritenuto di dover assordare l’uditorio riempiendo di insulti fuori luogo (fuori tema) la mia (cara) persona. Lui sì, temo, Professoressa, non farà passi indietro. Peccato.

  38. Ho letto poco di Nazione Indiana causa impegni in queste ultime 2 settimane. Mi rifarò leggendo tutto nelle prossime settimane. Volevo fare gli auguri di Buona Pasqua a tutti quelli di Nazione Indiana e ai suoi frequentatori a cui auguro lunga vita. Mi scuso con chi mi ha inviato email e non ho ancora risposto, ma lo farò senz’altro nei prossimi giorni.

  39. Luminamenti, cadi a proposito. Auguri di buona Pasqua a te, a tutti e anche a Elio, che però adesso ci dovrebbe spiegare che cosa fa ora, a parte lo scrittore. (In Italia gli scrittori a tempo pieno si contano sulle dita di una mano monca, mi sembra di capire). Elio, non ti volevo mettere nei guai, e avevo capito il tuo discorso. La Fallaci incide sulle vendite della Rizzoli, si sveglia ogni tre anni alle 11.00 (11 settembre 2001, 11 marzo 2004)e poi spara a zero le sue mastodontiche cazzate. Che poi i suoi lettori ne possano venire influenzati questo può essere vero, ma i suoi pugni nello stomaco possono far male per poco, secondo me. Poi la gente dimentica: i prezzi, le cose della vita normale, i figli, l’amore…
    Ci mancherebbe che tu fossi Uma Thurman: se fosse così ti darei sempre ragione, a costo di rompere consolidate amicizie.

  40. Hai ragione Elio, Vespa fa pettogolezzi ad alta tiratura, ma ti assicuro che incide fortemente sull’opinione pubblica, basta parlare con le persone e si ottiene riscontro di questo. E’ triste ma è così. E la domanda rimane, secondo te come lascia il segno nella comunità la Fallaci? Franz dice bene, la gente dimentica, la vita prosegue.
    Per Lumina: mi chiedevo giusto dove fossi finito!

  41. D’accordo, Paoloni, hai ragione tu.
    D’ora in poi sarà perfettamente normale scrivere le scempiaggini che hai scritto tu su quel libro, e difendersi da critiche sacrosante nel modo evasivo, scomposto e insultante che hai usato tu. Non verso di me, beninteso: a me non hai mai risposto, forse perché, caritatevole come sei, non volevi schiacciarmi dialetticamente con la forza dei tuoi argomenti, la cui inoppugnabilità è sotto gli occhi di chiunque abbia la voglia e la forza di rileggersi il thread.
    Ammiro molto Montanari per non avere mai replicato, ma probabilmente anche lui ti venera in cuor suo, sente che hai ragione tu e si vergogna molto (lui) di tutti gli insulti e le infamie che (lui) ti ha rovesciato addosso (lui)senza nessuna causa né provocazione. Anche qui hai ragione: è lui che ti deve chiedere scusa, perbacco!
    Vai avanti così, giustamente ferreo nelle tue solidissime convinzioni, e congratulazioni. Hai fatto benissimo a denunciare l’indegna speculazione di Montanari: nella libreria ricolma di volumi tipo Totti, Vespa, Mazzantini & C., il tuo occhio di lince ha giustamente individuato un’autentica squallida operazione autopromozionale, perdipiù condotta sotto l’egida di una nota corazzata editoriale a nome Archivi del 900, contro la quale prima o poi dovrà pure intervenire l’antitrust. Sei un grande!
    Ti auguro, anche a nome di parecchie altre persone, che i tuoi libri presenti e futuri vengano recensiti con la stessa amorevole accuratezza e apertura mentale che tu hai riservato a quello.
    Buona Pasqua e ad meliorem Nationem Indianam per tutti quelli che la meritano, e per fortuna sono tanti.

  42. Elio e a me non dici nulla? Sono un pochino offeso!
    Comunque. Oggi parlavo con un libraio. Mi diceva:
    “Ho dovuto fare la vetrina alla Fallaci.”
    “Accidenti”, dico io. “L’hai riempita solo del suo libro.”
    “Sì, ma non dura. E’ sempre così. Li vendo tutti nei primi dieci giorni. Poi rifaccio la vetrina e della Fallaci si dimenticano tutti.”
    Mi ha dato da pensare.

    Buone feste a tutti. io sarò assente su questi schermi da domani per circa 10 giorni, fra Pasqua, famiglia, amici, cazzi e mazzi, sparisco per un po’. Potrete massacrarmi a vostro piacimento dimostrando, con dotte dissertazioni, che io sono un neonazista pedofilo ammiratore di Vespa. Non esagerate però. Vespa proprio no!

    baci collettivi, Gianni

    p.s. A proposito: ovviamente per me l’operazione di Montanari era più che lecita. Il bello dei libri è che nessuno ti obbliga a comprarli. Se uno vuole fare una antologia di studenti di un corso di scrittura creativa perché non farla? Nel nome di cosa è vietato se viene pubblicata robaccia del livello di Melissa P.? Questi racconti sarebbero stati peggio? Sono comunque un documento di una esperienza didattica, in sé la cosa anzi è interessante. Tanto, Elio mi insegna, è il mercato (e il passaparola) che decide, no? Anzi: anche solo parlarne male, anche solo fare una stroncatura degli “intenti” e non dei contenuti (dichiaratamente non letti) è un modo per pubblicizzare il prodotto. A suo tempo Elio avrebbe, “strategicamente”, fatto meglio a tacere, far passare nel silenzio l’operazione che lui reputava errata. Di certo sarebbe stato più elegante. Perché spesso questo incaponirsi viene scambiato non per la reazione indignata di uno scrittore, ma per la reazione frustrata di uno scrittore. Ma non si dica però che ho dato del frustrato a Elio. Non oserei mai.
    Insomma era meglio evitare. Ma ormai è fatta. E detto fra noi: ce ne frega (Elio compreso) veramente qualcosa?

    p.p.s. Al mio ritorno temo, fremente di gioia, i chilometrici commenti di Luminamenti redivivo! Lunga vita al Lumina!!!

  43. Gentile Franz, come volevasi dimostrare…
    Mi chiedeva su che base di conoscenza personale potevo ipotizzare che il signor Paoloni non avrebbe fatto un passo indietro. Le ha risposto lui stesso.
    Ora è la persona attaccata dal signor Paoloni quella che deve chiedere scusa! Il signor Paoloni può dire quello che vuole, tanto c’è sempre una buona giustificazione: nel caso degli insegnanti, il fatto che si è riferito all’immagine deteriore e felliniana del professore di scuola. Molto consolante. Di nuovo il modello Berlusconi: L’ho detto ma scherzavo. L’ho detto ma avevo in mente una cosa che sapevo solo io. L’ho detto ma avete travisato tutti.
    Sono francamente un po’ scoraggiata. Probabilmente sono un’ingenua, e forse sono stata un pochino ottimista, prima, nel fare i complimenti a questo blog.
    Comunque tolgo il disturbo.
    PS Caro Franz, che lei fosse uno studente anomalo non mi stupisce. Sono quelli che un vero insegnante preferisce, mi creda; quelli che poi finiscono per fare cose importanti, per esempio scrivere libri belli come devono essere, a quanto leggo qui, i suoi (me li procurerò, mi scusi se non l’ho ancora fatto). Auguri di cuore per tutto!

  44. Per informazione di chi è intervenuto in questa discussione e ha letto molte bugie.
    1. L’antologia Onda Lunga non ha mai avuto una “fascetta” (Paoloni)…
    2. …e non ha “note di copertina” (Paoloni, nell’invito a Ferrazzi perché “posti le note”, in modo da farci tutti insieme una bella risata leggendo “le candide dichiarazioni di Raul, OGGETTIVAMENTE un’irresistibile, esilarante, manchette pubblicitaria per i suoi corsi FUTURI.
    Hai sicuramente il volume. Potresti postare le note (c’era anche una fascetta, mi sembra, alla Fnac di Milano) così gli astanti avranno modo di considerare le frasi che da lettore, scrivente, e soprattutto da acquirente, mi hanno fatto cadere il libro di mano e spinto a riderne su quel sito.”
    3. La cosa più interessante, per chi non avesse ancora capito il soggetto, è che le inesistenti note di copertina sono citate da subito, nella pseudorecensione: “Forse questi esordienti sono davvero la crema delle lettere italiane. Forse tra loro c’è anche il nuovo Tolstoj. [Nota: è ovvio che un libro ha ragione di essere pubblicato solo se contiene pagine all’altezza di Tolstoj; infatti Paoloni, con molta concessiva gentilezza, dirà poii a Ferrazzi che magari lui è il nuovo Tolstoj.] Io non lo saprò mai, perché ho lasciato cadere il libro appena lette le note di copertina. Mi permetto dunque di recensire un libro senza averne letto neanche una pagina?”). Una straordinaria dimostrazione di serietà, o anche semplicemente di alfabetizzazione, da parte di una persona che sulla rivista Fernandel firmava una rubrica intitolata, se non ricordo male “Recensiamo i recensori”.
    4. Il libro è una brossura molto semplice, con una copertina che porta titolo e sottotitolo, una seconda, una terza e una quarta di copertina completamente nude.

    Buone feste a tutti, e grazie a quelli che hanno voluto capire. Si può capire con il cervello o con il cuore, ma bisogna avere almeno l’uno o l’altro.

  45. Ahi ahi ahi: chi di recensione ferisce…
    Mah, comunque, se non vi fa schifo, io volevo salutare Giuliana che mi ha espresso la sua simpatia. E’ vero, sono stato uno studente anomalo e sono (credo) uno scrittore anomalo. Insomma, sono un animale anomalo… Vedremo cosa ci riserverà il futuro. Per ora le auguro buona Pasqua e buon lavoro. (Chi l’avrebbe detto, più di 20 anni dopo…?)
    Biondillo è partito. Come Mignon. Spero che torni con un pò di pastiera o cannoli (dipende se va dalla parti di mammà o papà).
    Consiglio di NON lettura, se volete: NON leggete la pasionaria del mengele Oriana Fallaci. Nè nei primi 10 gg dalla fuoriuscita di bile nè dopo. Vada davvero affanculo, ‘sta stronza.
    Auguri vivissimi.

  46. Forse hai ragione, Gianni. Letta e scordata, la Fallaci. E se si scorda questo fulmine di guerra, che certamente viene letto, dopo l’acquisto, figuriamoci il resto. Il punto è sempre lo stesso: c’è un’impermeabilità tutta italiana, probabilmente in crescita e forse non del tutto negativa (quel sano scetticismo contadino – o trasteverino – che spesso riesce a smussare gli ideologismi più perniciosi), alle sollecitazioni intellettuali, perlomeno quelle scritte. E’ quello che mi sto sfiatando a ripetere da un po’. E figuriamoci se è stata presa come una constatazione oggettiva. Non si può neanche prendere in considerazione l’idea che dietro una considerazione sulla scarsa presa nella società (per “colpa” della società stessa) non ci sia un attacco velenoso a qualcuno, o una sottostima delle sue qualità.

    Inelegante, dici? Perché no? Più che al fioretto io ricorro alla molletta (nome gergale del coltello a serramanico). Accetto il tuo giudizio. Solo se concedi che è un’ineleganza opposta a un’altra ineleganza.

    E no, Raul. Va bene lo sbarramento di fuoco dell’OK corral, va bene sguinzagliare i mastini, ma questo no. Io non ho inventato le frasi virgolettate. Da qualche parte, in quel libro (sarà stata la prefazione, o l’introduzione? io ho il ricordo visivo di qualcosa sul retro e di una fascetta ma in questo potrei sbagliare) o addirittura nell’espositore, c’era scritto che gli autori provenivano da un solo corso di scrittura (il tuo) e si metteva in rilievo che “questi sono gli scrittori in arrivo, anzi già arrivati”. Io non virgoletto invenzioni.
    La mia impossibilità di esibire le prove è l’unica debolezza della mia critica: ho fatto altre scelte d’acquisto, quel giorno, non pensavo di occuparmi del libro, ma ciò che ho poi scritto corrisponde esattamente a quello che ho detto a un mio amico in libreria, leggendo ad alta voce QUELLE parole. Ho la certezza, e tu non puoi non saperlo, di averle lette. Sii onesto e ammetti che erano scritte, anche se a scriverle è stato, a tua insaputa, un addetto al marketing.

    PS. continui a travisare, e non credo in buona fede: il Tolstoi era una paradossale possibilità ulteriore, ma che il curatore di un’antologia scelga la crema delle lettere (era questa l’ipotesi presa in considerazione in prima battuta) è ovvio, non c’è neanche bisogno di dichiararlo.
    E non si continui a sostenere che ho “recensito” il libro: ho esposto i motivi di un mancato acquisto, ho stigmatizzato un operazione poco elegante (davvero in altri corsi – o fuori corso – non c’erano scrittori in arrivo?). E che non ci sia una sola parola sull’OPPORTUNITA’ dell’operazione (non voglio certo spingermi a scomodare l’Etica, bandiera srotolata in tante delle recenti discussioni) in un sito in cui TUTTI gridano alla purezza ustionante dei loro atti, mi dà da pensare.

  47. Mi piacerebbe concludere, se possibile, questa discussione riportandola un po’ allo spirito del pezzo di Moresco, se non ai contenuti.

    Al di là delle dimostrate bugie (chiamiamole traveggole, se volete), delle contorsioni dialettiche e della burbanza di chi ha criticato in quel modo l’antologia Onda Lunga, c’è un elemento che vorrei fosse preso in considerazione, perché è esattamente lo spirito con il quale quel libro è nato.
    L’elemento si chiama entusiasmo.

    Se permettete parto facendo l’esempio di un autore e docente di scrittura creativa di cui tutti, Paoloni incluso, abbiamo stima: Giulio Mozzi.
    Mozzi tiene corsi di scrittura creativa e pubblica autori in una collana, sostanzialmente da lui creata, dell’editore Sironi. Questa attività lo coinvolge a tal punto che, a suo stesso dire, ultimamente ha tolto moltissimo spazio e tempo alla sua scrittura.
    E’ vero, come nota Paoloni, che Mozzi non ha mai fatto un’antologia dei suoi allievi; ha fatto molto di più.
    Mozzi tiene una rubrica su Stilos, attualmente forse il più interessante e vivace fra gli inserti letterari dei quotidiani italiani.
    La rubrica si chiama Scriptorium, e si presenta come un corso di scrittura creativa a puntate.
    Uno potrebbe dire: “Eh, però! Furbo, il Mozzi! Che bella pubblicità per il suo corso!”
    In questa rubrica, Mozzi ha ripetutamente interrotto le “lezioni” (molto anomale, deliberatamente poco tecniche) per parlare di libri che aveva in preparazione o in uscita da Sironi. Lo ha fatto usando senza vergognarsi parole come “capolavoro”. Di più di un libro (curato da lui, pubblicato da lui) ha detto: per me è un capolavoro, e l’ha detto all’interno di una rubrica di scrittura creativa.
    Uno potrebbe pensare: “Ah, vedi il Mozzi! Caspita, che coraggio! Che faccia di bronzo! Che sfacciataggine autopromozionale!”
    Quando è uscito uno di questi libri da lui curati, L’elenco telefonico di Atlantide, di Tullio Avoledo, Mozzi ha scritto ad Antonio D’Orrico, il più potente critico letterario italiano, l’unico davvero in grado di cambiare radicalmente la vita di un libro e del suo autore (auguri, Gianni!), e lo ha pregato di leggere il libro e di recensirlo. D’Orrico lo ha fatto, e ora Avoledo è un autore stimato, conteso, ricercato, letto.
    Uno potrebbe esclamare: “Eh be’! Questo è troppo! Che furbone quel Mozzi! Che lenza! Adesso gli aspiranti autori di mezza Italia verranno ai suoi corsi di scrittura, per piazzargli la stampatona e tentare la fortuna! Chissà che afflusso, che lavoro per le segretarie! Quanti dindini nelle tasche di Mozzi!”
    Io spero che non ci sia in circolazione nessuno tanto imbecille da pensare davvero i virgolettati che mi sono immaginato.
    Perché è evidente che Mozzi fa queste cose spinto da entusiasmo per la scrittura, per i testi; un entusiasmo genuino, generoso, produttivo. Mozzi fa esattamente quello che cerco, con molti errori, di fare io: intercetta autori in crescita, interviene su testi embrionali, incanala nel modo che a lui pare più giusto energie che, senza di lui, potrebbero rimanere disperse nel semplice velleitarismo che tutti conosciamo.

    Questo spirito è stato alla base della pubblicazione di Onda Lunga.
    Avevo raccolto il meglio della produzione di oltre tre anni di corsi, nei quali ero venuto in contatto con più di cento allievi. Archivi del 900 aveva da poco iniziato un’attività di pubblicazione. Il patron di Archivi, l’amico Luigi Olivetti, mi ha chiesto se volevo pubblicare qualcosa: un testo mio, oppure una raccolta, insomma una proposta. Ho consultato il mio archivio e ho visto che c’era tutto il materiale necessario e più che sufficiente, come quantità e qualità, per fare un’antologia degli allievi dei corsi.

    Come mai questa mia iniziativa, modesta, passata quasi sotto silenzio, essenziale anche nella veste grafica (priva, lo ripeto, perfino di note di copertina che le dessero un po’ di glamour e strillassero ai quattro venti il famoso: “Venite, venite che pubblichiamo tutti, date un po’ di soldi a Montanari che poi avete il vostro librino e lo potete usare per sedurre le ragazze!”) viene interpretata “OGGETTIVAMENTE” (cioè? In base a cosa?) come “un’esilarante, irresistibile manchette pubblicitaria per i corsi futuri”? Forse perché Paoloni, come scrive in uno dei suoi post, all’epoca non mi conosceva ancora, mentre oggi che mi “apprezza” mitigherebbe il suo sarcasmo? Be’, è un bel criterio, giudicare un libro non solo senza leggerlo, ma basandosi sulla conoscenza o non conoscenza personale del suo curatore! Un bel modo di fare critica!

    C’è un’osservazione di Paoloni che ha un’apparenza di sensatezza e merita un approfondimento. Rivolgendosi a Ferrazzi, Paoloni argomenta:

    Cosa dirti? Forse sei tu il nuovo Tolstoi che io ritenevo possibile annidarsi in quel libro. Oppure semplicemente un ottimo scrittore. O solamente bravo. Posso arrivare a credere che in quel libro ce ne siano anche tre di buoni scrittori. Forse quattro. Vogliamo arrivare a cinque? Non so, io trovo che i bravi scrittori siano in fondo abbastanza pochi e soprattutto “sparpagliati”: dammi tu un limite verosimile, accettabile. Quanti eravate in quella collezione? Quindici, venti? Non ricordo più. I bravi scrittori italiani sono limatura di ferro attratta, in ogni punto dello stivale dalla potente elettrocalamita Montanari?
    Non ho detto che tutti gli autori della raccolta non valevano nulla. DOVEVA, sempre per motivi statistici, essercene qualcuno interessante.

    Potrei fare dell’ironia su questa fissazione per Tolstoj, o sul fatto che qui Paoloni rovescia l’obiezione “statistica” che prima aveva rivolto a me, giudicando “statisticamente improbabile” quella che io avevo definito “una delle possibili espressioni di un movimentismo culturale” (cioè, appunto, la pubblicazione di una bella antologia di autori esordienti), ma lasciamo stare. Il vero punto è un altro, anzi due:

    1. Se fosse anche vero che su 15 autori antologizzati (il numero esatto è questo) ce ne sono 3 o 4 o 5 che vale la pena di leggere, be’, secondo me varrebbe la pena di prendere l’antologia al volo! Oppure di lasciarla stare, concedendo il beneficio del dubbio senza scriverci intorno sciocchezze supponenti.

    2. Questa è un’antologia di racconti. Ora, chiunque abbia una minima esperienza di lettura di racconti, o perché frequenta le giurie dei premi letterari, o perché li legge per mestiere, ecc., sa benissimo che non è difficile imbattersi in un racconto ben fatto, compiuto, incisivo.
    Io ho letto recentemente un centinaio di racconti per il premio Subway, di autori vari under 35, e ne ho trovati due veramente splendidi, altri 4-5 molto interessanti. Lo stesso, a giudicare dai voti che sono stati assegnati dai miei colleghi giurati, è successo a scrittori come Luca Doninelli, Giuseppe Culicchia, lo stesso Franz Krauspenhaar, a editori come Oliviero Ponte di Pino (chief editor Garzanti), a una brava e intelligente critica e promotrice culturale come Alessandra Casella e ad altri.
    Questo significa, conti alla mano, che su un migliaio di racconti di gente sconosciuta noi di Subway potremmo mettere tranquillamente insieme un’antologia con 15 autori interessanti e meritevoli di essere letti. Forse anche con 30 autori.
    Ora, io in quei tre anni avevo letto PIU’ di mille racconti. E la maggior parte erano testi di persone che seguivano il corso, che discutevano con me pregi e difetti della propria scrittura, insomma che si miglioravano.
    Proprio da un punto di vista statistico, numerico, sarei stato incredibilmente sfortunato a non ritrovarmi in mano, da quella massa filtrata e rifiltrata, almeno il numero di autori e di racconti sufficiente per fare un’antologia. Non vi sembra?
    Certo, ora bisognerà vederli alla prova del libro a nome proprio. Ferrazzi questa prova l’ha già superata: ne ha pubblicati due, un romanzo e un libro di racconti. Altri stanno lavorando a progetti narrativi “lunghi”. Li ho incoraggiati a forzare i limiti del racconto, a misurarsi con la forma-romanzo. Lo stanno facendo. Più di uno (Moretto, Ferrazzi) ha già contatti editoriali avviati e solidi. Un altro (Selleri) è stato antologizzato proprio da Mozzi, e ha una bella raccolta terminata e un romanzo in preparazione. Altri ancora (Maran, Ceretta, lo stesso Moretto, Balossi Restelli) hanno vinto concorsi.
    Non c’è nemmeno uno dei racconti di quella antologia che non sia interessante e degno di starci; molti sono entusiasmanti, e questo non è un giudizio solo mio.

    Un’ultima osservazione.
    A riprova della mia onestà, e del fatto che l’antologia è nata da quell’entusiasmo di cui sto cercando di parlarvi, cito due episodi di segno opposto.

    Uno dei miei allievi del 2001-2002 un giorno è venuto da me e mi ha portato un romanzo, spiegandomi che una casa editrice l’aveva già letto e approvato, e che lui mi chiedeva semplicemente di aiutarlo a trovare la giusta, definitiva calibratura, oltre ovviamente a fargli una prefazione.
    Io ho letto il romanzo e non mi è piaciuto per niente. Mi sono rifiutato di prefarlo, e ho giustificato le mie critiche con lunghe discussioni telefoniche e con mail CHILOMETRICHE, di quelle che a scriverle ti partono ore (dico ore) di tempo che potresti dedicare ad altro. Ovviamente (visto il tipo) lui si è incazzato. Il romanzo è uscito. Non cito l’autore e il titolo, l’editore sì: Manni.
    Cosa mi sarebbe costato chiudere un occhio, dare quattro consigli, mettere giù una prefazione, visto che l’editore aveva praticamente già acquisito l’opera? Niente. Molto meno che discutere con questa persona, deluderla e sentirmi rigettare addosso la sua delusione, vederlo andare via dal corso e portarsi pure dietro un’amica che aveva sostenuto lui e il suo testo.
    Dal punto di vista dell’autopromozione, anzi della “pubblicità” che Paoloni individua come mio intento, un vero disastro! Ma sentivo che quel libro non era un libro, e ho rifiutato di sponsorizzarlo (continuo a usare il lessico di Paoloni).

    Altro episodio, molto più piacevole, e concludo davvero.
    Nell’antologia non è presente un’autrice di nome Tiziana Regine. Seguiva il corso da un anno, ed era evidente che si trattava (si tratta!) di una ragazza con molto talento, una bella scrittura e un’intensità rara. Si è avuta in seguito una riprova di questo, quando Tiziana ha vinto a redini basse, insieme a Moretto, il concorso Subway 2003.
    (Nota per i malpensanti, e mi scusino le persone oneste e belle se sento il bisogno di metterla: io ero in giuria in quel Subway, sono da sempre nella giuria del premio Subway. Ma:
    1. Non sapevo nemmeno che loro concorressero;
    2. Non sono stati preselezionati da me per il giudizio finale;
    3. Se anche io avessi dato zero, non dico cinque ma ZERO, ai racconti di Moretto e Regine, la somma dei voti che avevano raccolto dagli altri giurati era così alta che sarebbero ugualmente arrivati primo e secondo nella conta finale; sono pronto a dimostrarlo producendo la tabella delle votazioni.
    4. In altre occasioni ho incrociato racconti di miei allievi, come giurato di premi, e mi è capitato spesso di bocciarli. Sono un grande pubblicitario di me stesso, vero?).
    Purtroppo, quando ho messo insieme l’antologia, Tiziana non aveva ancora scritto un racconto veramente bello. Un racconto veramente antologizzabile. Le potenzialità si vedevano benissimo ed erano magnifiche, ma il testo davvero perfetto lei non l’aveva ancora scritto. Così, PROPRIO PERCHE’ STAVO FACENDO UN’ANTOLOGIA DI BEI RACCONTI, NON DI AUTORI IN ERBA CHE FORSE UN GIORNO AVREBBERO SCRITTO UN BEL RACCONTO, con molto dispiacere di tutti e due ho lasciato Tiziana fuori dall’antologia, come ho fatto anche con l’amico Loris, che saluto, e con altri.
    Lei ha capito e ha continuato a seguirmi.

    Ho finito, e spero di essermi spiegato, finalmente, al di là delle polemiche.
    Paoloni è una persona intelligente e capace, un ottimo scrittore, un intellettuale; su questo non ci piove. Siccome di sbagli ne ha fatti anche Dio, e di ben più gravi, sarebbe sublime che Paoloni riconoscesse di avere sbagliato moltissimo in tutta questa faccenda. Errori materiali come l’accenno reiterato alle note di copertina (non è un errore da poco, sapete? Una cosa è che un libro si presenti strillando fin dalla confezione, dal packaging, le proprie virtù; un’altra che invece DENTRO il testo, in forma di prefazione, il curatore di un’antologia esprima la propria gioia per poter mettere a disposizione dei lettori testi che lui – e fortunatamente non solo lui – giudica belli e degni. Paoloni ha evidentemente scorso la prefazione, non le inesistenti note di copertina, e ha fatto confusione). Errori di interpretazione delle mie intenzioni (non ho nessun bisogno di promuovere i corsi: il problema principale che ho è mandare via la gente. Da anni Olivetti mi propone di fare tre “moduli” alla settimana, al posto degli attuali due, ma non voglio trasformarmi in un routinier. Anche per questo, come ha spiegato Ferrazzi, ci sono limiti molto severi alla capienza delle classi, chiamiamole così.) Errori in fase difensiva, e basta rileggere un po’ indietro per vedere dove stanno.

    Quello che ho fatto, io l’ho fatto per entusiasmo e per amore, esattamente come il Mozzi che si danna per promuovere i suoi autori, lo Scarpa che legge TUTTO E TUTTI (scusami se lo dico, Tiz, adesso ti alluvioneranno!) e che anni fa ha condotto una battaglia incredibile in Feltrinelli per far pubblicare Gli Esordi di Moresco, esattamente come Aldo Nove e come tanti altri che conosco.
    Per fortuna, entusiasmo e amore ne vedo tanto, intorno a me, fra i miei colleghi.
    Vedere trattati con disprezzo il mio entusiasmo e il mio amore, oltre che veder trattate con sufficienza cose belle come quelle che si trovano in quel libro, mi ferisce.

    Buona Pasqua a tutti, una bella festa della rinascita, così diversa dal malmostoso Natale!

  48. Elio scusa tanto: dici “sguinzagliare i mastini”. Eh no, io posso essere un dobermann. E a me non mi sguinzaglia nessuno. Io sono un uomo libero, porca troia, e fino a prova contraria. Così libero che il mio peggior difetto è pensarla con la MIA testa.
    Spero di ritrovarti su post più miti di questo.

  49. Franz, come hai potuto pensare che mi riferissi a te? C’è davvero un’aria elettrica, qua dentro.

    Raul, sei riuscito a seppellire sotto una valanga di aneddoti sulla tua onestà – e soprattutto a notevole distanza dall’esordio sulle “bugie acclarate” (ma quali bugie?) – l’unico atto di onestà che ti era richiesto: confermare l’esistenza di quelle frasi (sotto, sopra, dentro o accanto, che fossero).

    Non hai caricato di sufficiente ironia, invece, la frase

    “Paoloni è una persona intelligente e capace, un ottimo scrittore, un intellettuale; su questo non ci piove”.

    Qualcuno potrebbe prenderla sul serio, specie se si è perso il “nano schifoso”.

    Sono sicuro del tuo entusiasmo. E’una qualità che apprezzo moltissimo e la riconosco in te. L’entusiasmo permette grandi imprese e anche molti errori di valutazione.
    Ho avuto modo di apprezzare anche l’entusiasmo con cui ti applichi all’annientamento tramite delegittimazione (più stalinianamente che machiavellicamente) di chiunque si permetta di criticare una tua azione.

    Finirò anch’io con un aneddoto: quando ci siamo incrociati avevo una mezza idea di chiederti, faccia a faccia, se conoscevi quel mio pezzo. Certo non per scusarmene. Ma amo la schiettezza, i rapporti nitidi, e che tu non conoscessi una mia critica falsava un’amicizia che sembrava iniziare. Non essendo quel sito molto frequentato, avvertivo una fastidiosa sensazione, come se avessi sparlato alle spalle di qualcuno, e io non amo bisbigliare le cose nei retrobottega. Non c’è stato tempo, ovviamente, e di questo solo mi dispiace.

  50. Scusate se m’intrometto ancora una volta. In effetti Elio e Raul si sono incrociati alla prima presentazione di Raul, alla Fnac di Milano. Poi è successo che Elio si è bevuto una birra con me Biondillo e la Fuschini. Ma Raul, sei astemio???…
    Quello che voglio dire è che questa elettrica discussione spero sia servita un pò a tutti. I toni si sono calmati, il “dobermann” è tornato a cuccia (Elio, avevo equivocato, capita anche a me, sai?…,però, dico per tutti, -me compreso, ovvio-piano con gli epiteti). Si sono chiariti alcuni punti importanti.
    Niente tarallucci e birra, ovvio. Ma la prossima volta facciamoci una bella chiacchierata. Cioè, fatevela. Auguri a tutti.

  51. A quanto pare, Montanari parla tedesco e Paoloni cinese, o viceversa. L’unica cosa evidente è che Paoloni morirà pur di avere l’ultima parola. Ormai non si discute per chiarire un fatto o un’intenzione, ma (come disse in un’altra occasione Biondillo) per vedere chi ce l’ha più lungo.

  52. Guarda, Paoloni, visto che non te la dice lui te la dico io: sei un cretino della peggior specie, di quelli che considerano cretini tutti gli altri.
    Ti è stato dimostrato in tutte le maniere che hai torto, e insisti ancora ad aspettarti concessioni da parte di Montanari, e a tenere quel tono di superiorità tipico del frustrato.
    Quanto a me, mi tiro fuori sia dal canile dei mastini sia dalla “clacque”: io ho cominciato a dirti quello che pensavo di te prima che Montanari ti sputtanasse alla grandissima tirando fuori quel pezzo, che puoi rigirarlo come vuoi ma è una bastardata solenne e goffissima, e l’hanno capito tutti: non c’è una sola persona che ha preso la tua parte al riguardo.
    Altro che “delegittimazione staliniana”: ma se tu sei partito con quella recensione (ah già, adesso dici che non bisogna chiamarla recensione: come la chiamiamo?) in cui la tesi di base, espressa chiarissimamente, è che il curatore dell’antologia è un venditore di fumo che usa il suo nome per turlupinare quattro poveracci! Questa non è delegittimazione? Ma ti guardi allo specchio, ogni tanto? E tutta la tiritera sulla note di copertina? Ma non hai detto alla prof che hai fatto il pubblicitario con grandissima soddisfazione? E fai finta di non sapere la differenza che c’è fra quello che sta fuori un libro e quello che ci sta dentro?
    E’ pazzesco!
    In conclusione: non mi ha sguinzagliato nessuno, me. Montanari non so neanche com’è fatto. Anzi, lo so perché l’ho visto in fotografia e in televisione, mia moglie lo trova carino, io non mi esprimo. Chiusa lì.
    Spero che Montanari non intervenga più e che tutti quelli di Nazione Indiana adesso giudichino, a partire dal leggendario “siamo tutti patetici” in giù.

  53. Francesco, tu fai bene -dal tuo punto di vista- a sparare a raffica; ma qui si sperava si fosse arrivati non dico a una pacificazione, ma almeno ad un accenno di comprensione reciproca. E’ chiaro che Paoloni ha preso una cantonata. Però cosa aspettiamo, che si prostri? Io al posto suo non lo farei. Lo dicevo prima: se ormai questa discussione è completamente sputtanata (ognuno ha le sue ragioni, certo), un incontro faccia a faccia è quello che ci vorrebbe. Non voglio dire che Montanari e Paoloni devono diventare amici per la pelle; non scrivo racconti di fantascienza, per intenderci, e non ho intenzione di scriverne uno nemmeno prendendo ispirazione da personaggi reali… Però, nonostante l’uscita di Elio sulla “deleggittimazione staliniana” che tu fai giustamente notare, a me pareva (ma forse sono un illuso) che Paoloni in qualche modo il suo “passo indietro” ( a modo suo, certo) l’avesse fatto. Tutto qui. Anche a me l’uscita “sguinzagliare i mastini” ha dato fastidio, chiaro. E ha dato fastidio anche alle vere parti in causa, perchè qui ognuno, è chiaro, ha scritto a suo nome e prendendosi le sue responsabilità. Con nome e cognome, e comunque con un indirizzo email raggiungibile. Niente Puffo Buffo o cazzate del genere, dunque.
    In conclusione (del mio discorso, lungi da me voler avere l’ultima parola, ho anche un certo appetito e ho finito le sigarette)penso che Riccardo Ferrazzi abbia individuato un problema di “lunghezza” che però, diciamocelo, coinvolge molte persone. Bossi ha fatto proseliti? Forse Elio è un leghista del sud… Dài, Francesco, seppelliamo l’ascia di guerra. Siamo indiani con le palle, noi!

  54. Chiedo scusa a Raul Montanari se mi permetto di farmi avanti al posto suo per quel che riguarda l’appello di Elio Paoloni all’ “unico atto di onestà” che andrebbe fatto, e cioè confermare o meno l’esistenza di alcune frasi citate da Paoloni nella sua recensione (e proposito: qui nessuno sottolinea una falsità subdolamente architettata: che la recensione su Private.it fosse proprio una recensione lo dichiara lo stesso Paoloni nel pezzo: “Mi permetto dunque di recensire un libro senza averne letto neanche una pagina? Beh, alcuni lo fanno senza avvisare, io dico chiaramente che non mi va di comprare una antologia di racconti scritti esclusivamente da allievi di un solo corso di scrittura creativa: i saggi annuali degli studenti di liceo si distribuiscono gratis, tutt’al più si cerca la sponsorizzazione del salumaio
    all’angolo”.

    Dunque.
    Dice Paoloni:
    “Da qualche parte, in quel libro (sarà stata la prefazione, o l’introduzione? io ho il ricordo visivo di qualcosa sul retro e di una fascetta ma in questo potrei sbagliare) o addirittura nell’espositore, c’era scritto che gli autori provenivano da un solo corso di scrittura (il tuo) e si metteva in rilievo che “questi sono gli scrittori in arrivo, anzi già arrivati”. Io non virgoletto invenzioni.”

    Falso. Paoloni virgoletta ECCOME invenzioni.

    Primo.
    In nessuna, dico NESSUNA, delle 5 pagine dell’introduzione di Raul Montanari al volume c’è scritto che “Questi sono narratori in arrivo, anzi già arrivati”.
    Questo è il SOTTOTITOLO dell’antologia, scritto in corsivo e in corpo più piccolo rispetto al titolo.
    Non è una differenza irrilevante, ma sostanziale.
    C’è un grossissimo squilibrio di peso critico tra lo scrivere una frase come quella nel paratesto del titolo rispetto al paratesto di una prefazione, e spero che a un “esperto di pubblicità” – non so in che altro modo riassumere le conoscenze in materia pubblicitaria di Elio Paloni – non si debba spiegare la differenza tra una copertina e un testo prefatorio o introduttivo.

    Secondo.
    E’ detto chiaramente, cristallinamente, già dalla 1a riga della prima pagina della prefazione, che “questo libro raccoglie in forma di antologia una serie di racconti degli allievi dei corsi di scrittura creativa che ho tenuto – DAL 1999 – presso Archivi del ‘900 (…)”.
    Quindi: non “un saggio di fine anno”, Paoloni, ma, come già spiegato dal pazientissimo Montanari, una selezione di pezzi scritti dagli allievi nel corso di ANNI (3, per la precisione.

    Quanto alla SCHIFOSA affermazione finale “sull’
    entusiasmo con cui ti applichi all’annientamento tramite delegittimazione (più stalinianamente che machiavellicamente) di chiunque si permetta di criticare una tua azione”, soltanto chi ha conosciuto Montanari (o ci ha parlato anche solo dieci minuti, ché tanti bastano) sa quanto sia una persona buonissima e SENSIBILE, e che non c’è nessuno più lontano da pratiche delegittimatorie verso che si permetta di criticarlo. Lo ha dimostrato in più di un’occasione, ma non è il caso di parlarne ora.

  55. Abbiate pazienza per qualche errore di battitura qui e là, non ho riletto prima di postare.

  56. Mah, non so! Ho riletto due volte l’introduzione di Onda lunga…nada de nada. Comunque non mi sento un mastino, mi irrita solo che uno scrittore, un amico, e anche, ebbene sì il mio insegnante al corso di scrittura, venga tacciato di pensieri e azioni che non gli appartengono. Punto. Sono disgustata da tutte queste porcherie. In ogni caso Elio, la prima volta che vieni a Milano fammi un fischio, ci beviamo una birra e ti porto la fotocopia dell’introduzione dell’antologia, così la leggi.
    Buona resurrezione a tutti.

  57. Se qualcuno aveva ancora dei dubbi sul fatto che Paoloni sia un bugiardo, e sull’uso che fa dei virgolettati, basta che vada a controllare nei miei interventi precedenti se ho mai usato l’espressione da lui citata in questo modo: “nano schifoso”.
    Sulla base di questo, si può immaginare quanto credito possiamo dare alla sua recensione.
    A proposito, bella la scena di Paoloni nella libreria che “legge ad alta voce” (il mio virgolettato è giusto: controllate pure) le mie parole a un amico. Che meraviglia, che sghignazzi saranno risuonati in quella libreria! Che voglia, una volta arrivato a casa, di fare giustizia dell’antologia!
    Per Paoloni le parole sono come birilli: le tira per aria, le scombina, ci fa quello che vuole.
    Si inventa note di copertina, fascette, espositori, affermazioni, autopromozioni, dichiarazioni, insulti: tutta roba INESISTENTE. Scrive una recensione e poi pretende che non la si chiami recensione. Dileggia gli insegnanti, poi dice che stava riferendosi a un’immagine felliniana. Massimo dell’autoindulgenza, massimo della severità verso chi gli sta sulle scatole, come persona o come categoria. Il pubblico fischia (non solo la clacque, che non esiste: quelli che leggono NI, e basta. Se volessi la clacque, mi basterebbe mandare una mail circolare a tutti gli antologizzati, per cominciare!), gli amici gli danno torto (Biondillo, Franz), ma lui rotola a valle nella botte di ferro delle proprie certezze. Io gli tendo la mano (non c’era nessuna ironia in quella frase: Paoloni potrebbe anche, ogni tanto, giudicare gli altri sulla base di come sono, non di come se li immagina lui; delle loro parole reali, non di quelle che si inventa lui) e lui risponde dicendo che mi applico con entusiasmo “all’annientamento tramite delegittimazione (più stalinianamente che machiavellicamente) di chiunque si permetta di criticare una tua azione.”
    Ah!

    E pretende anche di essere considerato uno scrittore, mentre per uno scrittore la parola è sacra, è precisa, è quella o non lo è, aut aut.

    Mi sembra davvero che basti.

  58. Un commentatore aveva notato come inizialmente, dai toni di accesa ed eccessiva polemica del precedente post sulla lista della spesa, qui si fosse bruscamente passati ad accenti di buona creanza letteraria, se non addirittura di aperto elogio. Mi sembra chiaro che l’improvviso materializzarsi e rivolgergli la parola del più volte citato Moresco ha reso tutto d’un colpo l’idrofobo Parente una personcina molto docile, accucciata, scodinzolante. Ha smorzato i toni, il Nostro, ha chiesto scusa a Scarpa per quella sua infelice battuta sulle traduzioni in tedesco ecc. Insomma di colpo, inavvertitamente, senza più scambiarsi ragionamenti e spiegazioni, pace è stata fatta (questo a riprova dell’arbitrarietà e inconsistenza dei toni, dello stile, di certe più che frivole argomentazioni) …

    Ma ora è deflagrata un’altra lite letteraria, quella tra Paoloni e Montanari, e i perbenisti della letteratura non hanno mancato di mormorare i loro “certe cose non si fanno”, “queste sono faccende da risolversi in privato”, “facciamo un forum a parte” ecc.

    Io – dico la mia – adoro questa litigiosità burrascosa e protratta. Non solo perché è anch’essa una forma di dialettica, ma perché ci fornisce un’immagine viva, non retorica, umana, degli scrittori. C’è chi ha un’immagine falsa e tardoromantica del letterato, attorniato dal suo fortino di libri, pensoso al chiaro di luna, epico e atarassico come un dio di Epicuro, tutto preso dal suo pensiero e dalla sua arte, estraneo alle umane passioni…

    Ma lo scrittore – ci dicono simili liti – è anche questo… E’ capace di offendere, di incazzarsi, di mandare affanculo un altro scrittore (e qui le educande culturali, i fautori del “letteraly correct” non sanno trattenere un gridolino di stupita indignazione, ohohoh!…)

    Dunque, ben vengano anche di queste liti, anche con la loro rissosa verbosità, coi loro monologhi paralleli e tutto il fiele che uno scrittore ha in corpo…

    Perché le risse dei futuristi col pubblico, Verlaine che litiga con Rimbaud e gli spara un colpo di pistola, Ungaretti che a tavola inveisce contro Montale e mima con la forchetta il gesto di infilzarlo… perché sono anche questo, la letteratura e gli scrittori…

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