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Alla ricerca della perla nera (#4)

di Mariolina Bongiovanni Bertini

kobold2.jpg 3. Il Coboldo di Bergeggi.

Quando Yessèr arrivò in vista della costa di Varigotti, il sole era già sceso dietro la collina , che si stagliava tutta nera contro il cielo luminoso. Di tornare alla Baia dei Delfini, bisogna dire che non ne aveva troppa voglia. Già gli sembrava di sentire nonno Cutberto: ” Eh, ve l’avevo detto io… Ai miei tempi sì che eravamo prudenti… Ai miei tempi…”
– Ho bisogno di qualcuno che, invece di sgridarmi, mi dia una mano a trovare questa famosa perla nera – pensava Yessèr – Insomma, di qualcuno che mi aiuti senza farmi una testa così… Ma certo, la medusa Carlotta! E’ la migliore amica della mamma e sarà contentissima di fare qualcosa per noi. Questa sì che è una buona idea!
Voltando la coda alla Baia dei Delfini, Yessèr si diresse verso l’abitazione di Carlotta. Carlotta viveva nel minuscolo braccio di mare che separa tra loro quei due grandi scogli scuri chiamati “i paggèi” ( in lingua varigottese vorrebbe dire “i pagliai” , perché hanno la forma di quei mucchi di paglia che si vedono a volte in campagna). Era la medusa più discreta e gentile che si possa immaginare: per darvi un’idea del suo carattere, vi dirò soltanto che quando nuotava vicino alla spiaggia, si metteva certi guantini e una cuffietta di alghe, lavorati a maglia, per essere ben sicura di non pungere qualche nuotatore di passaggio. In una rientranza dello scoglio-pagliaio più grande si era arredata quello che chiamava con fierezza il suo salottino o, come si diceva allora, il suo buduàr: cuscinetti ricamati e centrini di pizzo di alghe da tutte le parti , candelabri di marmo verde , tazzine di corallo rosa con il bordo dorato , portaceneri di conchiglie, statuine di cristallo a forma di stella marina , di cavalluccio marino, di pesce spada, di gambero, di cozza gigante. Forse l’insieme era un po’ troppo affollato di cose inutili per essere davvero di buon gusto, un po’ come quei salotti delle nonne pieni di porcellane, bambole , vassoietti e bicchierini , ma lei ci stava benone e quando poteva invitare qualcuno ad ammirare i suoi tesori era la medusa più felice di tutta la costa.

All’arrivo di Yessèr, Carlotta stava per andarsene a letto; le bastò però guardare gli occhi cerchiati di nero del delfinotto, tutti gonfi di lacrime, per capire che era successo qualcosa di grave. Senza perdersi d’animo, gli mise davanti una bella fetta della sua famosa torta d’acciughe, in un piattino d’ambra con l’ immancabile centrino di pizzo , e si preparò ad ascoltare tutto quello che era successo. Mentre Yessèr raccontava, scuoteva il capo disperata, agitava i tentacoli e tremava per la paura: per poco non ruppe contro la roccia la tazzina di corallo in cui si era versata un po’ di camomilla per cercar di ritrovare la calma. Quando Yessèr, però, le ebbe spiegato la faccenda della perla nera, si illuminò tutta , convinta di poterlo aiutare; all’improvviso, si era messa a diffondere intorno a sé un meraviglioso chiarore rosato, e sembrava la lampada più bella del suo buduàr.
-Yessèr, ma io so chi può avere una perla nera! Se non ce l’ha lui, non ce l’ha nessuno!
Yessèr spalancò gli occhi, pieno di speranza.
– Il Coboldo dell’isola di Bergeggi! I miei coralli più rari me li ha regalati lui! E sai il medaglione con il ritratto della mia bisnonna, quello che metto la domenica? E’ sempre lui che mi ha sistemato le perle tutt’intorno… In genere comincia a lavorare la mattina alle sette; se partiremo di qui domani verso le cinque, lo troveremo certamente già alzato.
L’indomani mattina, prima dell’alba, il mare si era molto calmato e Carlotta era pronta, più rosea e luminosa che mai . Si attaccò alla pinna della coda di Yessèr, come quei ragazzini in skateboard che si attaccano dietro le macchine, e gli diede il segnale della partenza:
– Avanti tutta! A Bergeggi!-
L’isoletta di Bergeggi, Yessèr la conosceva bene: ci aveva nuotato intorno con Espiègle un sacco di volte, quando i loro vagabondaggi li portavano al di là di Noli, verso le zone sconosciute che facevano tanta paura a nonno Cutberto. Così prese senza esitare la direzione giusta; superò il molo, la spiaggetta, il porto dei Saraceni , capo Malpasso e puntò diritto verso le rive scoscese del minuscolo isolotto dall’aria selvaggia , ancora più piccolo del regno della Strega del mare. Carlotta gli faceva da pilota:
– Gira a destra, così.. adesso accosta… lo vedi l’ingresso dell’antro? Ora proviamo a chiamare il Coboldo; ma bisogna strillare molto forte, perché a furia di battere lamine di metallo e di spaccare pietre dure è diventato parecchio sordo. Coboldo! Coboldo!! CoboldoooooO!!! Al terzo richiamo, uno gnomo dalla lunga barba grigia e dagli occhi vivacissimi, in pigiama azzurro , sbucò dall’apertura dell’antro, con in mano una tazza di caffé. In piedi su uno spunzoncino di roccia che si affacciava sul mare, provò a guardare un po’ in tutte le direzioni, finché vide Carlotta e il piccolo delfino, che dall’acqua gli facevano grandi cenni di saluto; allora sul suo faccino rugoso comparve un sorriso straordinariamente simpatico e ospitale. – Benvenuta, Carlotta!- gridò alla medusa, che era una sua vecchia conoscenza – Vedo che mi hai portato un nuovo amico. Venite più vicini, o non riuscirò a sentire una parola di quel che avete da dirmi. Non abbiate paura, qui l’acqua è bella profonda e la costa è tutta scoglio, non correte certo il rischio di finire spiaggiati.
Quando furono vicinissimi al suo spunzone di roccia, il Coboldo si accucciò, sempre con la sua tazza di caffé in mano, e si preparò ad ascoltarli attentamente. La vocina di Carlotta gli arrivava dall’acqua ben distinta, perché la medusa si sforzava non solo di parlare forte, ma anche di scandire bene le sillabe:
– Coboldo, è successa una cosa terribile! La Strega del mare ha preso prigioniera la mamma di questo delfinotto e si rifiuta di liberarla.
– Eh, – sospirò il Coboldo- la Strega del mare… Un bel caratterino, la Strega del mare! Te lo ricordi, Carlotta, il suo fidanzamento con il principe dei Tritoni? Lui era innamoratissimo, e mi aveva ordinato per lei una lunga collana di piccole conchiglie di madreperla, una cosa di uno chic… Be’, sapete cos’ha fatto lei quando lui gliel’ha data? L’ha guardato disgustata, come se gli avesse offerto un calamaretto andato a male, e gli ha detto: ” Se volevo una collana di vongole, me l’andavo a cercare in pizzeria!” Povero principe! Tre settimane dopo era già sposato con la principessa delle sirene. E lo strano è che la Strega non ne è stata per niente, ma per niente contenta : non sanno mai quello che vogliono, queste ragazze!
-Coboldo – intervenne Yessèr per sveltire i tempi – Adesso purtroppo la Strega lo sa quello che vuole, me l’ha detto molto chiaramente: vuole una perla nera, e solo se io gliela porterò come riscatto lascerà libera la mia mamma!
– Una perla nera? – lo stupore del Coboldo sembrava senza limiti – Delfinotto , ma lo sai da quanti anni io non vedo una perla nera? Vieni più vicino, e guarda il palmo della mia mano destra.
Yessèr si avvicinò e sul palmo della mano del Coboldo, tutta fitta di rughe, vide una piccola cicatrice a forma di stella, proprio nel mezzo.
– Lo vedi questo segno, delfinotto? Sai da quando ce l’ho? Da quando ero poco più grande di te. Devi sapere che mio padre, il Grande Coboldo, era così bravo a lavorare le pietre e i metalli che venivano a trovarlo sin dalla Cina e dall’India pur di avere un cofanetto, una spada o un medaglione che uscisse dalle sue abilissime mani. Un giorno me ne stavo proprio su questo spunzoncino di roccia a pescare i gamberi, quando mi chiamò improvvisamente, con la voce alterata dall’emozione. Al centro del suo antro, accanto alla fornace accesa, c’era un principe indiano, con un gran turbante bianco, e teneva in mano, mostrandola a mio padre, una grossa perla nera. Mio padre mi disse di guardarla con molta attenzione; poi mi prese la mano destra e me l’appoggiò per un attimo sulla stufa accesa. – Così non potrai dimenticare quello che hai visto oggi!- mi spiegò, mentre strillavo a squarciagola per il male. Era un metodo un po’ brutale, ma infallibile: niente si incide nella memoria più del dolore, e la perla nera del principe indiano è ancora davanti ai miei occhi come quella mattina di settant’anni fa.
Yessèr fissava la cicatrice stellata sul palmo della mano del Coboldo e si sentiva stanco e disperato come non mai. Se in settant’anni quello gnomo esperto di tutte le pietre preziose del mondo aveva visto un’unica perla nera, com’era possibile che ne trovasse una lui, che aveva soltanto tre giorni di tempo a disposizione? Anche Carlotta, sconfortata, taceva, e la sua bella luce rosata era impallidita di molto. Il Coboldo, commosso, cercava di trovare una via d’uscita senza riuscirci. Alla fine si alzò, andò a frugare in un grande cofano in un angolo del suo antro e tornò da Yessèr e da Carlotta con una grossa perla e un sacchettino di seta bianca sul palmo della mano.
– Delfinotto, guarda qua. Purtroppo perle nere non ne ho, e credo tu abbia capito ormai quanto è difficile trovarne. Però ti metterò in questo sacchetto la perla più bella di tutta la mia collezione: forse se la porti alla Strega del mare lei si commuoverà, e lascerà libera la tua mamma. Vedi com’è grande? Sembra un uovo di piccione.
Sul palmo calloso e annerito del Coboldo, la perla brillava: era bianca, ma non come un dentino o come un pezzo di porcellana, piuttosto come una di quelle nuvole trasparenti dietro alle quali si intravede appena la forma del sole. Era così straordinariamente bella, che Yessèr ricominciò a sperare : magari la Strega non aveva mai visto una perla così luminosa, e l’avrebbe accettata anche se non era nera… Con la punta del rostro, Yessèr baciò gentilmente la mano rugosa del Coboldo per ringraziarlo ; poi prese in bocca il sacchettino con dentro la perla, fece un cenno di saluto a Carlotta e sfrecciò verso la Corsica, solcando a grandi balzi la superficie tranquilla del mare. Nel sole che si stava facendo sempre più caldo, le rocce di Bergeggi ormai scottavano, e i suoi magri cespugli profumavano di selvatico. Ma là dov’era diretto Yessèr non era mai cresciuto il più piccolo filo d’erba e non arrivava nemmeno la luce del sole: non c’erano che rocce nere, pallida nebbia e la capricciosa cattiveria della Strega del mare.

—–

4 – continua

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