Come vena d’acqua

di Sachiyo Kamada, Federico Madaro, Massimo Soumaré

autunno0023.JPG [Presso l’editore Empiria è in uscita l’antologia di liriche giapponesi moderne di Tachihara Michizô Nakahara Chûya. Ringraziamo i traduttori e l’editore per aver dato in anteprima a Nazione Indiana queste quattro liriche. D.V.]

Tachihara Michizô

Tachihara Michizô nacque il 30 luglio del 1914 nel distretto di Nihonbashi della città di Tôkyô. Secondo figlio maschio di una famiglia dedita alla fabbricazione d’imballaggi per la spedizione di merci, in gioventù frequentò la stessa scuola media inferiore dove erano andati anche i celeberrimi Akutagawa Ryûnosuke (1892-1927, romanziere. Eccellente autore di racconti brevi ricchi d’elementi fantastici) e Hori Tatsuo. Fu proprio in quel periodo che divenne intimo amico di Hori.

Nakahara Chûya

Nakahara Chûya, nato nella prefettura di Yamaguchi il 29 aprile del 1907, visse e compose versi nei primi decenni dell’era Shôwa (1926-1989).
Due sono le sue più importanti raccolte. L’opera prima Yagi no uta (I poemi della capra, 1934) e poi Arishi hi no uta (I poemi dei giorni che furono, 1938) pubblicata postuma. Quest’ultima si compone di cinquantotto poesie suddivise in due sezioni chiamate Arishi hi no uta (I poemi dei giorni che furono) e Eiketsu no aki (L’autunno della separazione eterna) dove, con mente lucida e distaccata, Nakahara analizza la sua intera esistenza.

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Tachihara Michizô
(trad. Massimo Soumaré)

Avvicinandosi ad un certo vento

Ero ricolmo di te, vento dell’Ovest
nel meriggio di pioggia in cui la fievole canzone non cessa d’essere cantata
nella debole luce delle finestre serrate
mordendo melanconici pensieri

i brividi ed i tremori che ricordavo
mi sono stranieri…
ogni sera soffiando giungi dalla luminosa direzione
e quelli ormai ripiegati s’appoggiano all’animo mio

la tua lontana melodia ―
chi la trae, chi
la dimenticherà…poi

ogni volta che la sera muta in notte le nuvole muoiono
dentro la lieve oscurità che arriva ad inondarci
tu, vento dell’Ovest, metti fine a tutto

Nella notte in cui ti ho perduta

L’ardente pupilla era ardente
non era né cerulea né nocciola
luccicante
trafiggeva il mio cuore

sembrava dire fammi lacrimare
eppure non la feci piangere
luminosa m’accarezzava
lambiva il mio animo viziato

l’ardente pupilla non si muoveva
come fosse cerulea pupilla, come fosse nocciola pupilla
eternamente

l’ardente pupilla era silente!
dimenticando il sole e la bella erba dal buon odore
solo tristemente ardeva scintillante sfavillante

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Nakahara Chuya
(trad. Sachiyo Kamada, Federico Madaro)

Circo

Quante generazioni sono passate
Sono passate brune guerre

Quante generazioni sono passate
nell’inverno passato è l’uragano

Quante generazioni sono passate
stasera qui un’allegra animazione
stasera qui un’allegra animazione

Alla più alta trave del tendone,
appeso sta, lassù, il trapezio,
si vede appena quel trapezio

a testa in giù, braccia penzolanti,
sotto il tetto di cotone sporco
iuaan iuioon iuiaiuon

Una luce bianca lì vicino
respira un fiocco da quattro soldi
i signori spettatori come branco di sardine
deglutiscono con rumore di nicchi d’ostrica
iuaan iuioon iuiaiuon

Fuori è buio pesto, pesto d’un pesto
avanza imperterrita la notte
nostalgia del paracadute
iuaan iuioon iuiaiuon

L’ora estrema

Cupo è il colore del cielo d’autunno
luce delle pupille di un cavallo nero
L’acqua si secca, i gigli cadono
ah, quale vuoto nel cuore

Non un dio c’è, non un segnale
alla finestra una donna è morta
Cieco era il cielo bianco
freddo era il vento bianco

Quando lavavi i capelli alla finestra
il tuo braccio era soave
Filtrava la luce del mattino
al suono dell’acqua gocciolante

Nel mormorio che si levava dai villaggi
si confondeva il vociare dei bambini
Se è così, che succederà a quest’anima?
Fino al nulla si diraderà nel cielo?

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da:
Come vena d’acqua, Raccolte liriche di Nakahara Chûya e Tachihara Michizô. A cura di Massimo Soumaré. Traduzioni di Sachiyo Kamada, Federico Madaro, Massimo Soumaré, Empiria, Roma 2004

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