Dialogo sull’entropia (#5). Una tazza di tè verde.

di Antonio Sparzani e Dario Voltolini

tea_tranq.jpgSiamo così giunti al termine in questione: entropia.

Grazie alle fiaccole possiamo avere un’idea più visiva e meno astratta della questione. Non posso fare altro che domandarti, a questo punto e per mera funzione retorica: che cosa è l’entropia?

Quando si arriva a un punto così, si scopre in verità di arrivare a una grande tautologia. Di tautologie è costellata la scienza e c’è chi dice ovviamente che la matematica è una grande tautologia; il che in un certo senso è vero, ma bisogna sapere quale tautologia dire perché sia utile. Forse.

Per dare definizioni ostensive di entropia, bisogna esibire molti esempi.

La nostra tautologia suona più o meno così: si verifica più spesso lo stato più probabile, dove naturalmente probabile significa che ha più probabilità di verificarsi. L’entropia è una misura di questa probabilità. Un sistema è più spesso nello stato con alta entropia, per forza, perché si trova più spesso nello stato più probabile. Viene un po’ da ridere.

Niente delusione, l’entropia è una nuova categoria, dunque un grimaldello per capire delle altre cose.

Perché i sistemi evolvono nel tempo, si modificano: se nel nostro paesino interveniamo dall’esterno e chiediamo a tutti gli abitanti di chiudersi in casa nello stesso momento, otteniamo uno stato di entropia minima; è uno stato molto particolare, cui corrisponde solo un microstato, pertanto ha probabilità 1 (nel senso abusato del termine di cui si diceva), la più bassa possibile.

Adesso cessiamo il nostro intervento esterno e lasciamo gli abitanti fare tutto quello che loro pare, con la loro totale assenza di regole: molto rapidamente succederà che — in qualsiasi momento — molti abitanti saranno fuori e molti dentro e non accadrà mai più, o molto difficilmente, che tutti si trovino in casa nello stesso istante, cioè che si ri-produca lo stato di partenza che abbiamo artificialmente creato. O per lo meno, per 100 abitanti potrebbe ancora accadere aspettando abbastanza tempo, ma quando il numero di abitanti diventa grande come sappiamo che diventa quando il nostro ragionamento viene applicato ai gas, quella probabilità è così spaventosamente piccola che non ci si può più realisticamente attendere che si realizzi, se non forse aspettando un tempo così lungo da superare di molti ordini di grandezza l’età dell’universo.

Abitanti tutti in casa, ordine.

Abitanti un po’ fuori un po’ in casa, disordine.

Almeno per come queste parole possono venire usate; attenzione ai molteplici inganni del linguaggio.

I sistemi tendono verso il disordine, solo perché è più probabile: quando tu vedi la stanza di tuo figlio dopo dieci giorni (basta meno, ma esageriamo) che nessun adulto ci mette mano trovi tutto in giro e dici che c’è tanto disordine; quando invece ogni cosa è al suo posto, dici che è in ordine. E infatti: la stanza può essere in ordine in un solo modo, un solo microstato corrisponde all’ordine, entropia bassissima, mentre il disordine corrisponde a una quantità di microstati possibili: le cose possono stare fuori posto in chissà quanti modi diversi.

Dunque è assai più probabile, in assenza di interventi esterni, che stiano in disordine, alta entropia.

Questa della stanza non è male, eh?

Adesso è sabato pomeriggio, andiamo a bere un buon tè (o si scrive the, o thé, o senza accenti, la lingua è una struttura ordinata perbacco, o no?). Dimmi una parola buona al riguardo.

La parola buona è questa: in italiano io direi “tè”. Apprezzo questa pausa. Ti ricordi? La nostra prima chiacchierata l’abbiamo fatta bevendo un tè verde. Ora, uno potrebbe pensare che i tipi di tè sono tantissimi, uno di questi è il tè verde. Così sarebbe spiegato come mai se ordini semplicemente un tè non te lo postano mai verde, o quasissimo mai. Ma a parziale contestazione di questo assunto ti segnalo un libriccino interessante: Hu Hsiang-Fan, Marion Zerbst, Il tè verde, Tecniche nuove. Vi si dice che esistono più di 130 tipi di tè verde.

Buon pomeriggio.

E’ evidente che la pausa fa bene alla digestione. Grazie della parola buona e della buona applicazione della statistica ai tè. Penso che guarderò senz’altro il libriccino sui tè verdi. Finora credo di aver capito solo che il tè verde (e dicendo così non si distingue tra 130 tipi esistenti naturalmente) non ha subito un certo trattamento e che fa bene a qualcosa di interessante, forse il cuore.

Faccio solo un passettino termodinamico, per non perdere l’aire: quando guardiamo la temperatura di un gas racchiuso in una scatola, in realtà noi osserviamo l’energia cinetica media delle sue molecole, la temperatura è il nome esterno, fenomenologico, rozzo, che diamo a questa energia cinetica, cioè al fatto che le molecole si muovano molto velocemente o no, visto che tale energia dipende da v al quadrato, dove v è il valore della velocità. Ma ogni molecola si può muovere in chissamai quante direzioni, sempre con la stessa velocità e tutti i fantastiliardi di molecole del gas pensa tu in quanti diversi modi possono avere la stessa velocità media, e quindi la stessa temperatura.

Mi fermo qui, è solo per dare un’idea di qualche aggancio del paesino con un gas.

Buona notte.

———

[5 – continua alla parte 6]

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