La scena della risposta #1

sbobinato da Tiziano Scarpa

citic.JPGIO: Ce l’ho con te.

IL MIO AMICO CRITICO: Sai che novità.

IO: Ma mica perché parli male di me.

IL MIO AMICO CRITICO: Certo. Ce l’hai con me perché di te non parlo!

IO: No.

IL MIO AMICO CRITICO: E allora perché?

IO: Perché non mi parli.

IL MIO AMICO CRITICO: Sono qui.

IO: Non mi parli.

IL MIO AMICO CRITICO: Hai la luna storta? Sono qua che ti ascolto e ti rispondo!

IO: Io intendo un’altra cosa.

IL MIO AMICO CRITICO: Dimmela.

IO: Vuoi sapere come fai, tu?

IL MIO AMICO CRITICO: Come faccio?

IO: Ti descrivo la scena. Tu stai al mio fianco. Su un palco.

IL MIO AMICO CRITICO: Ma quando mai?

IO: E’ una scena astratta, ideale, quella che ti sto descrivendo.

IL MIO AMICO CRITICO: Ah.

IO: Allora. Sei al mio fianco su un palco. Non ci guardiamo in faccia. Tu non mi guardi. Ti rivolgi al pubblico, e…

IL MIO AMICO CRITICO: In una sala deserta, di solito!

IO: Perché?

IL MIO AMICO CRITICO: Ma chi vuoi che mi ascolti, quando parlo io!

IO: Non si sa. Facciamo che la sala è buia. Il pubblico c’è, o forse no. Non si vede. Non ha importanza. Tu guardi in sala come se ci fosse il pubblico, è questo che conta. Ti rivolgi a loro, non a me. Parli a loro. Comunque la scena è questa. Tu parli, rivolto alla platea buia, e dici: “Questo autore qui ha scritto un libro: è bello, oppure è brutto, è stupido, oppure è geniale.”

IL MIO AMICO CRITICO: Stai semplificando.

IO: Certo. Ma questa è la tua scena. Quella che ti sei scelto tu. È la scena della critica.

IL MIO AMICO CRITICO: E tu che scena vorresti?

IO: Te la descrivo. Siamo io e te…

IL MIO AMICO CRITICO: Sempre in un teatro?

IO: Forse un teatro no, perché non si tratta di uno spettacolo. Piuttosto, non so… Comunque in un posto pubblico.

IL MIO AMICO CRITICO: E perché dev’essere pubblico?

IO: Perché così ci prendiamo la responsabilità delle nostre parole davanti alla comunità. Non è una faccenda “tra noi”.

IL MIO AMICO CRITICO: E’ una faccenda pubblica.

IO: Sì. Tu sei voltato verso di me, mi guardi negli occhi, e mi dici: “Senti, ho letto il tuo libro. Non sono tenuto ad affrontare tutte le questioni che tocca questa tua opera, perché niente mi obbliga a commentare per filo e per segno tutto quello che hai deciso di scrivere. Ma ti posso dire che alcune cose che hai scritto mi interessano, mi spingono a risponderti, perciò sono qui. E ti dico che per esempio questa cosa che hai scritto non mi trova d’accordo. Quest’altra invece, secondo me…”

IL MIO AMICO CRITICO: Ma non lo faccio già?

IO: No. Tu non ti rivolgi a me, ma a un pubblico, per parlare bene o male dell’assente, o della persona presente sordomuta, che sono io. O qualsiasi altro autore.

IL MIO AMICO CRITICO: Perché dici “assente”, o “persona presente sordomuta”?

IO: Perché io non posso risponderti.

IL MIO AMICO CRITICO: E chi l’ha detto?

IO: Per esempio quella regoletta non scritta del galateo letterario, che dice che gli scrittori non possono rispondere ai recensori.

IL MIO AMICO CRITICO: Oh, ma quelle sono stupidaggini!

IO: Ma sono indicative di una concezione della letteratura: un gioco sociale dove c’è chi si mette in posa da scrittore, e chi si mette in posa da critico, e non i due non si parlano, non discutono delle opere.

IL MIO AMICO CRITICO: Senti, non so come ti sei svegliato oggi, ma temo di non avere ben chiaro che cosa vuoi da me.

IO: E’ semplice. La prima situazione che ti ho descritto è quella della critica. È la scena della critica. Il critico dà i voti, confronta quest’opera con le opere precedenti dello stesso autore, con le opere del passato, con la letteratura nel suo insieme, aggiorna il canone delle opere che valgono… Valuta esteticamente. È una posizione nichilista, frivola, letteraria nel peggior senso del termine…

IL MIO AMICO CRITICO: Si comincia a offendere! Che bello.

IO: Io con la mia opera faccio un gesto esistenziale a tutto tondo, e tu lo riduci a cerimonia puramente artistica.

IL MIO AMICO CRITICO: Ma tu fai arte, caro mio! Vorresti essere valutato per quel che non fai? Vorresti star fuori da quel che tu stesso fai?

IO: Vorrei che uscissi un po’ fuori tu!

IL MIO AMICO CRITICO: Fuori di testa?

IO: Fuori dalla scuola… Fuori da questa gabbietta della valutazione di bravura, dei voti, del puro confronto con le altre opere d’arte… Vorrei che prendessi in considerazione ogni singolo gesto artistico per quel che vale in sé… ma soprattutto per quel che significa integralmente, dentro la vita della comunità umana, adesso, qui, e non solo dentro i raffronti piccini con la comunità delle opere letterarie, della storia della letteratura… la storielletta della letteraturina…

IL MIO AMICO CRITICO: Piano con la “letteraturina”! È ancora tutto da vedere, se sei degno, tu, anche solo di nominarla!

IO: Ecco, vedi? Inclusioni, esclusioni… Promosso, bocciato… “Sei degno, non sei degno”…!

(1 – continua)

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