La narrazione delle mie relazioni tecniche

di Mauro Gorrino

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Quando non scrivo di cose varie, faccio il consulente informatico e scrivo. Scrivo relazioni tecniche, in italiano o in inglese, secche, schematiche, precise e prive di ambiguità, popolate da un dizionario di circa 300 parole, raramente di più. E anche se variano gli argomenti trattati, anche se sono diversi gli obiettivi, mi pare che le mie relazioni tecniche siano costruite attorno a un numero ristretto di schemi narrativi.

Può sembrare strano, ma anche le relazioni tecniche raccontano delle storie. Si tratta di storie dalla trama molto semplice e, anche quando toccano problemi tecnici molto complessi, sono costruite in modo ripetitivo attorno agli schemi più antichi e rassicuranti della narrazione.

Il primo schema è quello del cliente-eroe. Il racconto prende lo spunto da un problema serio e complesso che il cliente deve affrontare. Il cliente è personaggio privilegiato della vicenda, è sia il protagonista della storia e sia il suo unico lettore, visto che la relazione tecnica è indirizzata solamente a lui. A ripensarci è curioso, racconto una storia e solo il protagonista mi ascolta.

L’incidente drammatico che innesca la narrazione può essere di diversi tipi. Può andare dalla inadeguatezza tecnologica di una soluzione attualmente in uso, alla necessità di realizzare una nuova applicazione, al migliorarne una esistente e così via. Può nascere da riorganizzazioni aziendali, dalla ricerca di nuovi mercati, da richieste di maggior efficienza o di nuovi servizi. Come che sia, la relazione rende evidente al cliente che la sua felice condizione di equilibrio e di stabilità è venuta o sta venendo meno. Occorre agire, o reagire, o preagire, agire cioè prima che una inarrestabile deriva, di cui si colgono i primi sintomi, porti a una condizione di disequilibrio non più reversibile. Occorre agire ed è il cliente a intervenire in prima persona, rivestendo in pieno il ruolo di eroe e di protagonista della storia.

L’azione da intraprendere è però complessa, comporta molti rischi, richiede la scelta tra opzioni alternative, senza che sia chiaro quale scelta sia la migliore. In altre parole, il bosco da attraversare è intricato, pieno di insidie, ci si può perdere e non uscirne più.

Talvolta la relazione considera l’ipotesi di non agire, suggerisce che sia possibile rimanere nella situazione attuale, sperando che non si manifestino troppi effetti negativi. L’eroe quindi esita sul margine del bosco e si chiede se non sia possibile evitare l’incognito accontentandosi dello status quo, pur essendo conscio della sua precarietà e inadeguatezza.

Ma la relazione è implacabile. Dopo aver mostrato i dubbi vantaggi dell’inazione, immediatamente passa a dimostrare i terribili, fatali rischi cui questa scelta esporrebbe l’eroe. Qui la relazione è dura, senza speranza: dopo aver dimostrato che il bosco è pieno di insidie, dettaglia spietata la terribile sorte cui andrebbe incontro chi non avesse il coraggio di affrontarlo. Il bosco è la giungla del Bengala, pieno di Thug e di tigri, ma la prateria in cui l’eroe esita è in fiamme, orde di Unni lo incalzano, il clima umido peggiora i reumatismi e il cattivo cibo disponibile fa impennare il colesterolo. E, non si dimentichi, oltre il bosco c’è la terra del latte e del miele, il nirvana del vantaggio competitivo.

A questo punto si conclude il preambolo, avendo esaurito il suo ruolo di indicare con chiarezza:

· I rischi della situazione attuale
· I rischi del bosco
· La beatitudine e la felicità per chi osa attraversare il bosco

La situazione è difficile, serve una svolta decisa, ed è l’arrivo del consulente a determinare questa svolta. Il consulente arriva, quasi in punta di piedi, perché bada bene a presentarsi come un personaggio secondario, che non insidia il ruolo di protagonista assegnato al cliente-eroe. Il consulente si propone come suo aiutante e gregario. Soprattutto, il consulente porta con sé una tecnologia, un’esperienza, una metodologia che consentirà all’eroe-cliente di superare indenne e per la strada più vantaggiosa il bosco. Così compare l’arnese magico delle fiabe, il cappello che rende invisibile, la spada che canta e che manda in frantumi i ferri di tutti i nemici, l’anello che ti fa leggere i pensieri degli altri.

A intricare la trama, interviene talvolta un terzo personaggio, cioè il consigliere fallace, che propone all’eroe i suoi strumenti per affrontare le insidie del bosco. Il consigliere fallace è suadente, dotato di grande eloquenza, sa proporre ipotesi anche suggestive, ma drammaticamente infondate e pericolose. Per fortuna del cliente, il consulente aiutante facilmente individua i molti punti deboli della soluzione proposta dal consigliere fallace e il cliente-eroe, che è saggio oltre che coraggioso, sa dispensare la sua fiducia a chi la merita. Elegge il consulente a suo aiutante e ne adotta lo strumento magico. Ovviamente il ruolo del consigliere fallace è interpretato dalle aziende concorrenti le cui proposte sono analizzate e invalidate dal consulente, comunque tenuto a mantenersi nei limiti della correttezza anche nei loro confronti.

La decisione è finalmente presa, grazie allo strumento magico dell’aiutante, l’eroe trionferà sulle insidie del bosco e si guadagnerà la terra del latte e del miele, mentre gli Unni stazioneranno scornati e delusi sul limitare del bosco. Così dovrà accadere e così accade.

In virtù del suo talento, del suo coraggio e dello strumento magico del consulente, il cliente-eroe trionfa senza problemi, il riguardo a lui dovuto lo esime dallo schema ternario di molte narrazioni, per cui a una prima vittoria parziale segue una pesante, quasi fatale sconfitta cui l’eroe sa porre rimedio mettendo in campo tutte le sue risorse fino al trionfo finale. Lo schema della relazione prevede invece una semplice linea retta e senza inversioni di tendenza dall’inizio dell’azione fino al successo finale dell’eroe. Il sipario cala sulla scena del valoroso eroe felice e soddisfatto nella terra del latte e del miele.

Il secondo schema narrativo è quello del cliente-olimpico. In questo caso il cliente non agisce in prima persona, ma delega l’azione al consulente e, dalle siderali altezze degli dèi olimpici, osserva compiaciuto le battaglie che il consulente combatte nel suo nome e le vittorie che riporta. Il cliente è Carlo Magno, il consulente è il paladino che combatte in nome del sovrano, che affronta aspre battaglie e che pone ai piedi del sovrano le fatiche sostenute e le vittorie conseguite.

L’incidente drammatico, la necessità di agire, la prospettiva di beatitudine conseguente alla vittoria, l’arnese magico che garantirà la vittoria sono introdotti allo stesso modo che nello schema del cliente-eroe. Cambia radicalmente la descrizione dell’azione, perché ad agire ora non è il cliente, ma il consulente. Al consulente possono toccare in sorte tutte le vicende cui il cliente-eroe non è esposto in virtù del riguardo che a lui è dovuto, anzi tanto più saranno varie e improbe le prove che il consulente dovrà affrontare, tanto più sarà degno l’omaggio vittorioso per il cliente-olimpico. Quindi è lungo, esaustivo, dettagliato l’elenco delle prove cui il consulente-paladino va incontro, un elenco teso e variegato come le fatiche di Ercole o le gesta di Teseo. E dopo aver superato durissime prove per conto del suo signore e dopo avergli consegnato le chiavi del paese del latte e del miele, il consulente si confermerà umile e discreto, ritirandosi senza chiedere in sposa la figlia principessa.

Talvolta le relazioni si abbelliscono di un frequentato topos narrativo, cioè il catalogo delle navi. Capita nel secondo libro dell’Iliade, quando Omero scorre l’armata degli Achei ed elenca in dettaglio tutte le genti, tutti gli eroi di ogni gente, tutte le gesta di ogni eroe. Un altro esempio è nei Sette contro Tebe, dove si vede il coro delle fanciulle tebane percorrere le sette porte della città e raccontare per ognuna di esse le gesta del guerriero nemico che la sta assediando.

Il catalogo interviene nelle mie relazioni quando il consulente si allea ad altre aziende per affrontare un problema particolarmente complesso o di ampio respiro, e allora è richiesto un capitolo che elenchi tutti i protagonisti dell’alleanza, i rispettivi talenti, le imprese in cui hanno brillato. Ne risulta spesso una truppa ampia e variegata, che mette insieme ascari e ulani, highlander e mohicani, ed è compito della relazione il presentare la truppa come armonica, equilibrata, unita dal saldo proposito di conseguire il successo.

La prospettiva del successo una condizione obbligata perché le relazioni tecniche siano positivamente considerate, ma forse ancora più credo conti l’efficacia di una forma narrativa rassicurante. Rassicurante perché inconsciamente nota e profondamente radicata, rassicurante perché il mondo in preda all’agitazione dell’oggi non può fare a meno della consolazione plurimillenaria che viene dai ritmi della favola e del mito.

O forse si tratta di comunicazione. Se un problema tecnico o un qualsiasi altro messaggio, quale che sia il media su cui si muove, si organizza attorno a uno schema narrativo radicato, consolidato, forse addirittura archetipale come quello delle fiabe, allora si innesca una predisposizione all’ascolto estremamente favorevole alla comunicazione e alla reciproca comprensione. Così va a finire che non solo abbiamo bisogno delle fiabe e dei miti, ma probabilmente, basandoci sulle fiabe e sui miti, riusciamo addirittura a intenderci meglio tra di noi.

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