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La bugia perenne

Ricostruzione del rapimento di Simona Pari e Simona Torretta

di Roberto Saviano

simona.jpg [Questa mia inchiesta non è stata accettata da nessun giornale con cui collaboro né da altra testata giornalistica italiana. L’unico giornale che ha ricostruito lo scenario del rapimento PariTorretta attraverso informative e documentazioni ufficiali raccolte da Rita Pennarola è stato il mensile
La Voce della Campania (www.lavocedellacampania.it) che ormai da anni combatte assieme al suo direttore Andrea Cinquegrani la sua solitaria battaglia contro il potere della camorra e l’idiozia del giornalismo italiano, sopravvivendo con dignità nonostante le querele milionarie e le minacce continue.
]

Nessuno ha avuto decenza di dedicare del tempo allo studio, alla ricerca degli elementi sino ad ora raccolti dai Servizi Segreti e dai magistrati. Nessuno. Presi dal vortice cadenzato come un metronomo delle Ansa, dalle notizie battute dagli uffici stampa militari, nessuno ha voluto ricercare con calma e taglio scientifico cosa poteva esserci dietro il rapimento in Iraq delle due volontarie italiane di Un Ponte per…

Nessuno ha voluto indagare o forse nessuno ha preferito farlo visto che ciò che in ultima somma ne vien fuori è una situazione di incredibile connivenza di poteri che fanno del sequestro di Simona Pari e Simona Torretta un nodo gordiano insolvibile. Il sequestro delle due Simona che ieri un messaggio lanciato nel web vuole addirittura assassinate, è strettamente legato al sequestro dei quattro “impiegati” italiani sequestrati in Iraq: Fabrizio Quattrocchi, Salvatore Stefio, Maurizio Agliana e Umberto Cupertino. Questo sequestro invero rientra in una logica di conflitto le cui parti in causa nessuna inchiesta ha voluto svelare ed i cui motivi sono talmente chiari da avere il ben fondato dubbio che ci sia una generale e pervicace volontà di non lasciarli emergere compiendo una vera e propria scelta di censura. Cercherò di almanaccare i diversi elementi e congetturare con gli strumenti della ragione e della ricostruzione il reale motivo del sequestro. Iniziamo.

Le informative dei Servizi Segreti italiani dichiarano che la scelta di sequestrare le due volontarie italiane non è stata casuale, si dichiara che i testimoni sfuggiti al sequestro parlano di un commando che voleva proprio le due giovani donne e che non avendo le loro foto le cercava con agitazione e soprattutto come principali obiettivi dell’operazione. Per comprendere il motivo della scelta di due italiane legate all’organizzazione Un Ponte per…come obiettivo di un’azione di rapimento bisogna procedere a ritroso ed arrivare sino al 2003 quando la giovane Valeria Castellani arriva in Iraq. Questa intraprendente ragazza arriva a Bassora collaborando con i volontari dell’associazione Un Ponte per… e lavora ad un progetto particolarmente interessante ovvero permettere al dattero irakeno, in assoluto il migliore al mondo, di potersi nuovamente imporre sul mercato. La qualità del dattero di Bassora, il celebre Al Bakhri, è stato fortemente danneggiato dall’embargo poiché l’impossibilità di esportarlo ha costretto alla rovina la parte maggiore delle fattorie irakene che coltivavano i datteri. A valutare tale progetto sembrerebbe che la Castellani è una giovane piena di idee ed energia, proprio come i giornali cattolici (come Famiglia Cristiana) la considerano e descrivono. Nell’aprile 2004 però dopo l’uccisione di Quattrocchi notiamo che il nome di Valeria Castellani viene iscritto nel registro degli indagati dai pm della Procura di Genova, Francesca Nanni e Nicola Piacente all’interno delle indagini sul sequestro e la morte di Quattrocchi.

Come mai una impegnata volontaria viene inscritta nel registro degli indagati? Cosa mai potrà centrare una donna votata al progetto del rilancio dell’agricoltura irakena senza alcun scopo di profitto personale, con la melmosa vicenda di Quattrocchi?

A ben scavare nei dati e nelle carte giudiziarie viene fuori che Valeria Castellani risulta essere una rampante manager di Dts Itc. Security, l’azienda con sede nel Nevada (USA) che recluta gli addetti alla sicurezza privata in Iraq. Castellani ufficialmente risulta essere l’amministratrice dell’azienda Dts. Per comprendere come una giovane vicentina figlia della piccola borghesia possa arrivare ad essere amministratore di un’azienda americana capace di fatturare cifre altissime perché fornisce contratti per la protezione dei membri del Congresso americano in visita in Iraq, bisogna andare ad indagare sul suo compagno, Paolo Simeoni. Anche quest’ultimo, genovese di 32 anni, è entrato in Iraq attraverso le associazioni non governative. In quanto esperto di operazioni di sminamento e bonifica del territorio Simeoni ha collaborato con Un Ponte per… e soprattutto con Intersos organizzazione umanitaria nata con il finanziamento delle Confederazioni Sindacali.

Paolo Simeoni è un ex incursore del Battaglione San Marco, poi nella Legione Straniera a Gibuti e in Somalia, successivamente andato in missioni in Africa, Kosovo Afghanistan ed alla fine in Iraq. Diviene nel 2002 un volontario umanitario delle ong, approfittando delle sue qualità di sminatore riesce ad essere ben voluto ed anzi richiesto da molte ong. Ma ben altro ha in mente che bonificare terreni minati. Conosce perfettamente le logiche dei paesi in guerra e sa bene che non esiste cosa più redittizia che fornire servizi militari alle truppe in difficoltà.

La sicurezza privata è un business che tende progressivamente ad aumentare con l’impossibilità delle truppe militari regolari di monitorare le strutture che vengono ad edificarsi. Costruzione di aziende, il viaggio dei tir, spostamento di civili e politici, cantieri. La necessità di guardie private si è palesata dalle prime ore della guerra irakena. Ed un occhio esperto lo comprende nell’immediato.

Paolo Simeoni infatti fonda in un primo momento la Naf Security amministrata dalla Castellani con sede in Iraq, ma per la particolare situazione di paese invaso la Naf non riesce a vicere neanche un appalto. Le gare sono vinte solo da aziende degli USA. La coppia SimeoniCastellani non demorde, muta in brevissimo tempo tutto e riescono a fondare in America la Dts Security. L’azienda è la medesima, identico amministratore, stessi impiegati, cambia solo il nome e la sede che infatti sarà in Nevada negli USA. Ciò gli basta per vincere le gare d’appalto. Vengono così chiamati dall’Italia gli amici di Simeoni, tra cui Fabrizio Quattrocchi. Sfortuna però volle che gli USA decisero di non inviare più politici in Iraq, troppo pericoloso e così il motivo primo della Dts Security sembrò svanire.

La versatilità imprenditoriale però non ha limite e così tutti gli impiegati piuttosto che tornare indietro iniziarono ad essere “piazzati” dall’azienda a difesa del personale delle multinazionali americane ed in altre operazioni di tutela di cittadini e di aziende americane. Così la Dts Security in breve tempo diviene una sorta di azienda capace di fornire difese a tutti coloro, imprese ed uomini stranieri, che essendo esposti ne avevano bisogno. Diviene in molti territori dell’Iraq un esercito parallelo a tutela del flusso di capitali che giunge in iraq sottoforma di macchinari, politici, o trivelle.

La nostra coppia CastellaniSimeoni quindi si è recata in Iraq attraverso le ong ma giunta una volta sul luogo dopo pochissimo tempo ha portato avanti il suo progetto di edificare un azienda di scrota e servizio armato. Insomma Paolo Simeone e Valeria Castellani hanno utilizzato le associazioni non governative per inserirsi su un territorio con la massima agilità e copertura, poi lentamente hanno mutato la loro prassi hanno abbandonato il loro lavoro di volontariato iniziando ad impegnarsi sul piano imprenditoriale. Del resto quale migliore copertura che quella del volontariato quando si è in luoghi di guerra? Ogni sospetto sulla possibilità di fornire mercenari svanisce dinanzi al passepartout dell’impegno civile e sociale.

Valeria Castellani a Vicenza era nota per una sua spiccata simpatia per la estrema destra antisemita ma dopo la sua partecipazione alla missione di Intersos in Afghanistan e dopo aver collaborato con Un Ponte per…in Iraq, beh ha indossato una robusta panoplia di purezza.

A questo punto si comprende facilmente che le due Simona sono state rapite per una logica interna ai servizi di sicurezza privati. Del resto i primi a dare notizia di come era avvenuto il rapimento sono stati proprio Simeone e Castellani. Insomma erroneamente con grande probabilità viene attaccata Un Ponte per… e vengono sequestrate Simona Pari e Simona Torretta al fine di attaccare l’agenzia di protezione che ha avuto persone in qualche modo provenienti dall’associazione. Ora bisogna comprendere se le organizzazioni non governative, se le associazioni di volontariato che utilizzano i contatti con queste persone sapevano chi erano questi personaggi oppure hanno subito un operazione d’infiltrazione. E’ facile del resto poter entrare in un’operazione di volontariato. Volontà e serietà oltre che competenza sono gli elementi di scelta nessun’altra selezione è presente. Oltre che sommarie indagini sui propri volontari le ong non hanno spesso la forza di conoscere a fondo i personaggi che decidono di partire per i propri progetti spesso, tra l’altro, deficitari di individui. O seguendo invece una tesi opposta si potrebbe ipotizzare che le ong preferiscono avere dei rapporti come dire, strategici con questi personaggi capaci di avere le mani dappertutto e contatti in ognidove.

L’unico ambito su cui bisogna (e spero di non dover dire bisognava) è proprio quello delle agenzie che garantisco servizio privato e “soldati a pagamento”. Hanno mentito politici, media, giornalisti distratti o zittiti da direttori scrupolosi maestrini delle verità d’ufficio. Invece di inventare mediazioni, mediatori, e colpi di scena televisivi bisogna riflettere sul ruolo fondamentale di queste aziende di protezione che nella strategia dello scacchiere irakeno vengono considerate dalla guerriglia vere e proprie spine nel fianco perchè tappano i buchi aperti delle truppe d’invasione. I gruppi guerriglieri, i nuclei terroristi hanno ovviamente tutto l’interesse di a porre in crisi le organizzazioni private che garantiscono protezione a personaggi ed aziende che l’esercito USA non riuscirebbe a proteggere in misura adeguata.

Le due ragazze volontarie ora sono nelle mani di individui che per motivi radicalmente diversi dal loro ruolo in Iraq le usano come strumento di pressione vero il governo italiano che finge ovviamente di non sapere in qual senso il rapimento è stato messo in pratica. L’associazione Un Ponte per… che da anni cerca di organizzare in Iraq progetti che hanno l’esclusivo imperativo di concedere dignità e possibilità di vita ad una civiltà devastata da decenni di embargo prima ed ora da un’assurda guerra. Un Ponte per…ha iniziato a lavorare in Iraq molto prima che sulle sue città devastate si accendessero i riflettori delle tv di mezzo mondo. Un lavoro certosino, continuo, diuturno.

Era prioritario che il Ministro degli Esteri cercasse di smentire il frainteso dei gruppi terroristi ovvero di idenfiticare le due ragazze in relazione all’azienda di servizi di sicurezza. Era fondamentale che si facesse riferimento alla totale estranietà di queste ragazze al mondo “italiano” delle scorte e dei mercenari. Ma in questa vicenda sembra che più che a cuore del ritorno delle due donne ci sia la volontà non di far emergere la cancrena dei rapporti economici di imprenditori italiani che riescono ad entrare nel succulento mercato iracheno attraverso la mediazione militare dei servizi di scorta che ovviamente sapranno far pendere la bilancia dalla parte degli industriali italiani quando ve ne sarà bisogno. Godere di un esercito parallelo, non controllato dai media, che non conosce divise e morti dichiarate è forse in questa guerra l’elemento più delicatamente fondamentale ancor più perchè invisibile all’occhio ed all’orecchio dell’Occidente.

Queste due donne pagano sulla propria pelle le scelte imprenditoriali di alcuni italiani che ben hanno saputo dove affondare i canini della finanza ed ora spolpano l’osso dell’Iraq facendo finire tra le ferine ganasce due donne innocenti che in Iraq non erano per guadagnare stipendi lussuosi come militari ed imprenditori ma per portare avanti reali progetti di crescita sociale.

Indagare e riflettere sulle aziende italiane che in Irak speculano ed investono, capire che la gestione dei mercenari, in breve, è nelle mani di organizzazioni private italiane, questo è l’ambito unico su cui bisogna ragionare.

Mentre Rai e Mediaset continuano a mandare in onda i volti dolci e sorridenti delle due giovani ragazze non viene pronunciata su questa vicenda che una bugia perenne.

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51 Commenti

  1. Si, Grazie. Però Roberto Saviano questa sua force de frappe prima o poi dovrà metterla al servizio della vera letteratura. Vero, Roberto?

    p.s: dove c’è guerra c’è caos, dove c’è caos c’è di tutto. E’pieno di volontari, laggiù. E’ ovvio che non siano tutti mossi da intenti umanitari ma da sete di guadagno. La guerra è un grandissimo business. E il per ns governo “sinergico”, il vecchio adagio “Gli affari sono affari” è ancora più significante del solito “l’ingiustizia NON è uguale per tutti”.

  2. “Simona Pari e Simona Torretta erano molto amate dalla gente di Bagdad. E forse è stato proprio questo a trasformarle in un bersaglio. La possibilità che il vero obiettivo forse l’altra organizzazione umanitaria Intersos, non viene scartata a priori, ma non sembra essere predominante. Torna in mente il particolare che anche Paolo Simeone, il «reclutatore» di Fabrizio Quattrocchi e delle altre tre guardie del corpo rapite nell’aprile scorso, fosse di Intersos. Ma per poter stabilire un collegamento tra le due vicende c’è bisogno di elementi più solidi. E invece nulla si sa ancora sul gruppo che ha agito.”

    L’estratto è da un articolo di Fiorenza Sarzanini dell’8 settembre 2004. Non si può dire che non se ne sia parlato (ci sono anche dei pezzi di Giuseppe D’Avanzo facilmente rintracciabili in Rete).

    L’ipotesi che affiora dal pezzo di Roberto è inquietante. Ma forse ci sono ancora pochi elementi per dimostrarla, a partire soprattutto dall’identificazione del gruppo dei rapitori.

  3. è piuttosto disgustoso.
    così come l’ignoranza estrema di ogni tele/giornale italiano che sembra ignorare l’uso al plurale dei nomi propri. le due Simone non esistono, o almeno hanno il cazzo. Le due Simona rapite invece chiamandole così non risponderanno mai. l’articolo in questione sembra invece conoscere bene.

  4. L’errore sino ad ora è stato quello di non riflettere su ciò che “Un Ponte per…” può significare nella logica del terrorismo irakeno.
    L’articolo della Sarzanini tutto sommato parla di un equivoco, ovvero “Intersos” scambiato per “Un Ponte per…” invece credo non si tratti di un equivoco. E inoltre nessuno fa riferimento esplicito alla crucialità dell’Italia circa i “rifornimenti” di servizi di sicurezza. Oltre a ciò si è ignorato il ruolo della Castellani, transitata per “Un Ponte per…” e vera e propria figura chiave per comprendere questo rapimento.

    Giuseppe D’Avanzo credo abbia difficoltà (come già accaduto in passato) a poter elicitare quanto riesce a pescare nella sua rete d’inchiesta. Anche se non si conoscono i veri esecutori del rapimento, riflettere sulle ambiguità di questi personaggi transitati nelle ong e di come questi stessi abbiano esposto Simona Parri e Simona Torretta, credo invece sia prioritario. Ancor più perchè dimostrano i reali interessi delle logiche di rapimento e svelano “l’esercito silenzioso” che in Irak si compone giorno dopo giorno. Già questi elementi sono basdtanti per dimostrare mandanti ed esecutori anche se non si conoscono i loro dettagli.

  5. Caro Roberto,
    sai bene che seguo con attenzione e stima il tuo lavoro.Io stesso ho ravanato mica male nelle pieghe sporche di Genova. Dunque capisco bene ciò che ti muove e – in generale – condivido quanto dici. Ma non credo che le cose stiano esattamente come dici, né penso che questo episodio possa essere compreso a sè, senza collegarlo agli altri.
    Voglio dire: in tutti e tre i casi ‘italiani’ ci troviamo di fronte a sequestri ‘anomali’: anomalo il primo, perchè ha avuto modalità più ‘sarde’ che arabe – un ostaggio ucciso subito, per alzare la posta, gli altri, probabilmente, venduti dopo a buon prezzo, superiore a quello che si sarebbe estorto per 4 , tutti vivi – anomalo il secondo – chi ha ucciso Baldoini e perchè, che significa che gareeb venga indicato nell’elenco della croce rossa come «contatto con Al Sadr», Garebb era palistese, era uno ‘straniero’, dov’è l’interviosta al capo militare di Al Sadr che Baldoni aveva fatto, qualcuno ha letto i suoi appunti? dove sono? e le sue foto? ed è normale che se un’auto del convoglio viene attaccata il resto se ne vada per i casi suoi e non dica nienete a nessuno per circa 50-70 ore, ecc – anomalo il terzo… I nostri sequetsri sono sempre anomali, come le nostre stragi. Visto che si dice che le due ragazze sono state rapite per quanto fatto dagli italiani a Nassirya, qualcuno ricorda che a Nassyria i CC ci sono andati di ‘prepotenza’, non ce li voleva nessuno, l’ordine pubblico era stato affidato ai polacchi, ma poi… poi è arrivato il generale Leso, lo stesso dei CCIR di Genova, e ha fatto la voce grossa, perchè era essenziale che i CC fossero lì per giustificare la loro leadership nel costituendo, e oggi costituito, nucleo di Polizia Internazionale Europea (sede a Verona). Ecc.
    Certamente il ruolo dei personaggi che indichi va approfondito, ma in quadro generale. Certamente gli interessi economici italiani, dal petrolio Agip di Nassirya alla agenzie di fascisti a noleggio vanno chiarite. Ma, mi chiedo, e se invece che di un regolamento di conti tra resistenza araba e agenzie private si trattasse, in almeno 2 dei 3 casi, di faccende tutte ‘indigene’?
    baldoni muore mentre va a Falluja, le ragazze vengono rapite appena dopo aver detto di voler andare a falluja. Tutti e 2 gli episodi permettono alla Destra Italiana di azzannare al collo i pacifisti… ecc,,,
    E dovunque c’è sangue italiano e straniero versato, eccolì che spuntano, i Servizi quasi Segreti, i Corpi Speciali. Che sanno far tutto,anche prevenire, come dimostra il caso dell’ambasciata di Beirut, ma in certi casi non riecono nemmeno a curare un raffreddore…
    Ovviamente, non ho certezze, e so poco, come tutti, e certamente meno di te che stai seguendo la faccenda con attenzione, manon ho saputo esimermi dal comunicarti/vi queste mie osservazioni
    lello

  6. PS: Dimenticavo: e il caso del giornalista rapito perchè sosteneva che gli italiani avevano sparato contro un’ambulanza a Nassirya, lo dimentichiamo? Baldoni aveva fatto al proposito dichiarazioni chiare al TG3 qualche giorno prima di morire, le due ragazze, qualche giorno prima di sparire avevano preferito declinare l’invito all’intervista RAi e Mediaset, tenevano un ‘profilo basso’, avevano capito chi era la signora di cui parla Saviano? Per esempio, ovviamente. Si congettura..

  7. Non vorrei fare il filologo, ma l’articolo non parlo di “un equivoco”: dice che c’è la possibilità che il vero obiettivo fosse Intersos – e magari, aggiungo io, si è poi deciso di colpire UN’ALTRA organizzazione. Insomma, potrebbe trattarsi anche di una scelta voluta e non di un semplice scambio involontario di Ong da colpire.
    Dell’ambiguità di un personaggio come Valeria Castellani (più ancora di Paolo Simeone, che fa un gioco abbastanza scoperto), ripeto, ci sono diversi articoli – anche di Corriere e Repubblica – e siti web di controinformazione.

    A leggere il tuo pezzo e quello della Voce della Campania mi sento come doveva sentirsi Pasolini: “So, ma non ho le prove”.

    La tua idea è condivisibile, ragionevole e agghiacciante. Ma le prove?

  8. L’articolo è sicuramente prezioso per comprendere le intricate relazioni che possono esistere tra le ONG e le agenzie private in territorio di guerra. Io però andrei cauto nel formulare conclusioni sul reale motivo del rapimento: non possiamo essere sicuri che S. e S. siano state rapite “erroneamente”. I sequestratori sono realmete interessati a sapere che S. e S. non c’entrano nulla con Simeone e Castellani? O che Un ponte per…sia “vittima” di una astuta manovra si questi due loschi figuri? Forse i sequestratori non vanno così per il sottile e si accontentano di un pur minimo sosopetto di “complicità con”. E’ per questo che io non mi sento di dar giudizi, in questo caso (per quel che ne so o che posso capire), sull’operato del governo e dei media. Siamo sicuri infatti che se i media spiegassero questa tremenda storia il risultato non diverrebbe: “hai visto? anche i pacifisti collaborano con quelli che poi chiamano mercenari, che ipocriti!” nel pensiero di molte persone di destra? Mi stupisco anzi che giornali come Libero non l’abbiano ancora scritto.

  9. 1) Beh Lello, ciò che dici è sicuramente vero.Bisogna sicuramente comprendere la questione Falluja e comprendere i nessi che come tu stesso definisci “indigeni” possono aver innescato l’assassinio di Baldoni e il rapimento delle due ragazze. Credo sia elemento aggiuntivo però Lello, ovvero da corredare all’intrico che vede le ong all’interno di una dinamica di presenza collaterale alle aziende italiane. Credo per quanto riguarda “Un Ponte per…” che non sia responsabile del transito della Castellani attraverso le loro strutture.

    2) Pietro, beh, le prove di quanto si congettura non sono altro che gli elementi che si lasciano intelligere tra loro. Se si dovesse
    L’inchietsa insomma una congettura. La congettura non è la verità ma un florilegio di dati oggettivi, elementi scientifici, menzogne scoperte. Insomma una dialettica di verità.

    3) Si, Lorenzo credo tu abbia ragione ai sequestratori non interessa sapere se le due Simona non c’entrano nulla con i loschi figuri ma sicuramente nulla è stato fatto per mostrare

    Il fatto che LIBERO non abbia ancora speculato sulla vicenda lascia pensare che certi poteri preferiscono far calare silenzio su certe aziende e certi personcini….

    Nessuno sino ad ora ha dedicato tempo a compilare elenchi e dinteressi di aziende in Iraq….

  10. Quello che mi chiedo,a questo punto Roberto, è: perché un quotidiano come “Il manifesto” o un periodico come “Diario” non hanno voluto pubblicarti?
    Paura? Di cosa?
    Spiegamelo come se avessi quattro anni.

    Ti abbraccio, io il pulitzer te l’ho già dato tempo fa!

  11. No Ce” citare fonti significa svelare le fonti e quindi bruciarle, renderle nulle. Se verso ciò che si è scritto vi sono dubbi, elementi di contaddizione, nuovi livelli di verità beh questi si contrappongono alla ricostruzione e quindi è possibile contrastarla. Ma non sono le fonti elementi di certezza. Se ciò che si è scritto è valido per smentirlo bisgona avere elementi capaci di smontare. Tutto qui. Del resto ongi traccia nel nostro tempo è una fonte da cui è possibile far venir giù un intera liana di verità.

  12. certo roberto, ma una… come si chiama… “pezza d’appoggio” su un fatto così terribile e su una ricostruzione così “temeraria” forse sarebbe un contributo alla verità in tempi che, per definizione, ce ne offrono poca.

    “Nell’aprile 2004 però dopo l’uccisione di Quattrocchi notiamo che il nome di Valeria Castellani viene iscritto nel registro degli indagati dai pm della Procura di Genova”

    qui c’è un “registro degli indagati” che dovrebbe fare fede…

    ma poi?

    “Paolo Simeoni è un ex incursore del Battaglione San Marco, poi nella Legione Straniera a Gibuti e in Somalia, successivamente andato in missioni in Africa, Kosovo Afghanistan ed alla fine in Iraq. Diviene nel 2002 un volontario umanitario delle ong…ecc.”

    lo dicono ancora le carte giudiziarie?

    se sì, meglio specificarlo, se no chi è che lo dice? conoscenti? le ong stesse? tu?

    “Paolo Simeoni infatti fonda in un primo momento la Naf Security amministrata dalla Castellani con sede in Iraq, ma per la particolare situazione di paese invaso la Naf non riesce a vicere neanche un appalto. Le gare sono vinte solo da aziende degli USA. La coppia Simeoni-Castellani non demorde, muta in brevissimo tempo tutto e riescono a fondare in America la Dts Security”

    e qui? ci sono dei documenti?

    “Paolo Simeone e Valeria Castellani hanno utilizzato le associazioni non governative per inserirsi su un territorio con la massima agilità e copertura, poi lentamente hanno mutato la loro prassi hanno abbandonato il loro lavoro di volontariato iniziando ad impegnarsi sul piano imprenditoriale”.

    e qui?

    “Valeria Castellani a Vicenza era nota per una sua spiccata simpatia per la estrema destra antisemita”

    bel colpo allo stomaco (della valeria) ma tutto basato sul …”a Vicenza era nota”…
    non è un po’ poco… l’era nota

    carte, testimonianze, documenti…

    tutti vogliamo andare oltre le “verità d’ufficio” propinate dai maestrini e sicuramente il “vortice cadenzato come un metronomo delle Ansa, dalle notizie battute dagli uffici stampa militari” ci ha abituato malissimo

    ma una “pezza d’appoggio” forse aiuterà

  13. Ricostruzione interessante. A parer mio vale meno della più ovvia: occorre colpire il volto più buono e indifeso dell’Occidente (specie se il volto è femminile e scoperto). Ai nostri eroi non gliene frega niente dei marines (un militare straniero si qualifica da sé: puzza prima dei tre giorni) e neanche tanto delle forze di sicurezza. Quelli che gli iracheni non devono assolutamente poter frequentare sono i buoni: l’ONU, La Croce Rossa e via ingentilendo.

    Ma dando per buona la tesi Saviano, e precisando che (anche se la copertura umanitaria per operazioni diverse è inammissibile) non mi sognerei di criminalizzare l’onestissimo lavoro degli operatori di sicurezza, resta qualche punto poco chiaro:

    – Se si tratta di vendetta trasversale perché proprio le due Simone/a? Perché non altre, anzi altri? Loro avevano a che fare con l’imprenditrice?
    – Cosa dovrebbe fare Frattini, di preciso? In questa ricostruzione c’è qualcosa che può dargli leve più importanti? E se sì, non sarebbe suicida spiattellare tutto?
    – Riallacciandomi all’ultima domanda, può essere che i giornali preferiscano tacere (anche se non del tutto, a quanto leggo nei commenti) proprio per non mettere in pericolo fonti e trattative?

  14. In risposta alle domande di Ce”:

    Sono gli stessi Castellani e Simeone che a più riprese (e in più interviste -Corriere della Sera e Famiglia Cristiana tra giugno e luglio-) hanno raccontato pubblicamente la loro storia: il loro ingresso nell’ong, la destra da ragazzi, poi la società americana, anche i loro timori per Quattrocchi nei giorni del sequestro..al Corriere Castellani lasciava intendere che da subito lei e il compagno si erano preoccupati per il carattere fiero del loro amico.

    A Roberto il mio ringaziamento per il suo coraggio e l’esempio che ci regala.

  15. Capisco cosa dici, Ce” ma la famosa pezza d’appoggio v’è negli argomenti stessi e quando questi non bastano ecco che cito la fonte come il registro degli indagati. La storia di Simeoni è ricostruita attraverso lacerti di giornale, infomatori e inchieste. Non credo sia necessario svelare il metodo quando non necessario alla struttura. Capisco quanto vuoi dire ma forse il piano d’incertezza che intuisci è dato dal fatto che io in Iraq non ci sono stato e quindi i chiodi di forza oggettiva non ho potuto impiantarli nella spina dorsale del pezzo.

  16. Elio rispondo alle tue domande:

    1) Con grande probabilità prendono le due Simona perchè erano le persone in zona più note di “Un Ponte per…” ma ovviamente queste sono ipotesi. Per ora nessuna certezza.
    2)Frattini avrebbe dovuto immediatamente elicitare l’estraneirà della ong e delle due ragazze dalle logiche che il nucleo terrorista ha evidentemente seguito. Non sarebbe suicida spiattellare tutto ma anzi fondamentale perchè darebbe un’altro livello di soluzione ovvero non incentrare tutto sulla richiesta “totalitaria” del ritiro delle truppe ma sposterebbe la questione sul piano dei mercenari e delle ong.
    3) I giornali ne parlano pochissimo (nonostante le precisazioni nessuna inchiesta è stata fatta in merito) ed ancor più senza comporre l’intero piano della scena. Fonti e trattative non possono che ricevere protezione se vengono legittimate ad agire. Insomma è molto più vantaggioso svelare il motivo rale del sequestro (motivi di “mercenariato militare”) piuttosto che continuare a tergiversare sullo scontro: ritiro truppe, guerra all’occidente. E’ necessario ricorda del resto che la parte maggiore della questione si svolge per vie mediatiche indi si pretende che proprio su queste si agisca in maniera assennata.

  17. dunque anche in questo caso, qualcuno ha potuto dire: “ma saviano, già si sapeva tutto, già tutto scritto, tutto trasparente, su tutti i giornali”… Trovo la storia di Valeria Castellani e del suo compagno stomachevole. Ed essa illumina non questo caso specifico, ma probabilmente una strategia ormai più volte ultilizzata. Una zona grigia insidiossima, che permette di utilizzare le ong per fini di lucro, ai limiti di ogni legalità e controllo istituzionale. E sempre mi meraviglia la resistenza delle menti a tirare le conclusioni, partendo da fatti simili. Il voler dibattere sui dettagli, il dover smorzare il tono, normalizzare ogni notizia. Strana impressione: leggendo il pezzo di Saviano e alcuni commenti. I ruoli si sono invertiti. Non più il pezzo giornalistico che addolcisce, sfuoca, attenua i contrasti, i colori vivaci, insopportabili, ma le menti dei fruitori, che per meccanismo autonomo recalcitrano ad assumere il reale orrore, lo disinnescano, si distraggono da esso, si svagano.

  18. Grazie Andrea. Per un attimo mi son fatto prendere dallo sconforto. Com’è possibile non vedere che tutte le notizie in merito al sequestro che ci son state dette sino ad ora non vengono comprese come lacerti di un insieme oscuro? Certo qualcosa è emerso, ma in modo del tutto frammentario, non si voleva dar la reale dimensione del caso. Stuido Aperto educa….abitua a credere solo all’immago….

    p.s. puoi inviarmi tua email privata?

  19. Gente, nessuno nega la verosimiglianza della ricostruzione, ma per quanto accurata resta una ricostruzione, cioè fiction, fino a prove certe contrarie. Non è giornalismo ma avventurismo, condito da tanta dietrologia. Forse non si dovrebbe parlare di ciò di cui non si ha consistenza diretta, sul campo e fuori, non bastano le fonti e il taglia incolla abile per fare di un pezzo una verità. Questo si contesta, non che ci sia del marcio in Danimarca.

  20. Andrea, se non ho letto male i commenti, mi sembra che nessuno – non io, né Lello Voce,Elio Paoloni,non la persona che sta dietro il nick di Ce” – ha scritto che “tutto era trasparente e scritto su tutti i giornali”. Abbiamo letto il pezzo di Roberto; espresso una gamma piuttosto ampia di giudizi positiv, condensati in aggettivi che andavano da “interessante” a “agghiacciante”; avanzato – in modi da amichevole pars destruens – perplessità sulle modalità di raccolta delle informazioni (Ce”; sulla possibilità che il disegno sia ancora più ampio e pauroso (Voce); sulla idea che TUTTA la stampa sia formata da una manica di reticenti e vili embedded che non fa che nascondere sistematicamente la verità (io).

    Roberto aggiunge in coda al suo ultimo commento una riga che riassume molto bene quello che ho cercato di dire con i miei primi commenti: “Certo qualcosa è emerso, ma in modo del tutto frammentario, non si voleva dar la reale dimensione del caso”.
    Che è cosa diversa dal chiamare l’inchiesta “La bugia perenne”.

  21. Certo Piero, ciò che dici è inoppugnabile. Ma è bugia perenne far emergere lacerti di verità per coprire l’intero meccanismo del vero. Ciò accadde con l’assassinio di Falcone. Tutti fecero emergere questioni, appunti, elementi. Tutti dicevano il vero, ma non coinvolgendo le inchieste che quest’ultimo stava facendo sul piano politico, non congetturando ed almanaccando sulle ultime strade d’indagine che Falcone aveva intrapreso. Si disse anche in quel caso una perenne menzogna. La ricerca della verità pretende chiara espressione e non mezzi termini.

    Se la menzogna, come dice il sommo tedesco, è una parte del vero, beh che questa parte emerga in modo totale e non ranicchiato.

    Non credo che l’intera stampa censuri. Temo che persegua percorsi pericolosi inflenzati dall’immediatezza e dalla cronaca. Da qui la diffidenza verso inchieste che ricostruiscono scenari. Ovviamente io ho fatto un operazione di ricostruzione. Se fossi stato in Irak avrei fatto un operazione di indagine diretta e ricerca. Diffido comunque da coloro che parlano di “conoscenza diretta dei fatti”. Nel nostro tempo l’analisi dei documenti e l’asseblaggio è cosa fondamentale come andare sul campo, cosa tra l’altro che pratico da sempre. Ma questo non importa.

  22. Forse sono tardo, ma…
    a chi era rivolta la tua polemica, Andrea?
    Per quanto riguarda ciò che dice CE, continuo a ritenere ciò che dice Saviano assolutamente interessante, ma, per la poca esperienza che ho le pezze d’appoggio non sono mai inutili.
    E non solo per chi legge, ma anche per chi scrive. Ti costringono a rivedere, a ripensare, che non fa mai male. Ma è solo un’annotazione di metodo
    buona domenica
    lello

  23. PS: per Piero
    a proposito di stampa prima o poi dovrò scrivere dell’ambaradan grottesco della stampa (tutta e intendo tutta, Manifesto, Unità, Repubblica e Liberazione) a proposito delle nostre contro-inchieste [tutt’ora in attesa di smentite] su Genova: Ci sarebbe da ridere…
    ariciao
    lelo

  24. Per Roberto:
    ho tirato giù tutte le ansa sulla bella signora veronese
    se ti interessano e non le hai sono tue ;_)
    certo che è un bel salto dai datteri alle body guard, via Famiglia cristiana.
    Dopo sta storia sospetto che io posso essere l’infiltrato di me stesso, cazzo
    inquietante
    Pace
    lello

  25. Le ho le Ansa Lello, grazie, le ho…questo è il problema. Non ho bisogno di elicitare le pezze d’appoggio perchè gli elementi che io almanacco, sono raccolti nel gran mare delle informazioni e dei documenti. Ribadisco, la mia non è un inchiesta su qualcosa che ho scoperto ma su ualcosa che ho ricostruito. Amen.

  26. caro piero sorrentino, cito questa tua frase:”Non si può dire che non se ne sia parlato”, ed in effetti il mio posto è stato reazione anche ad essa; quanto a Lello, mi sembra evidente che il discorso non si rivolgeva a te, visto che semmai le tinte le hai esasperate (e non per questo mi sento di criticarti, anch’io ho pensato male… come non pensare male, su quell’inferno?). In realtà anche le tue osservazioni sorrentino, perfino quelle del ce, hanno un loro senso, un loro “buon senso”. Ma Saviano parla chiaro: non sono sufficienti i dati, finché sparsi, avulsi. E’ necessaria la voglia di capire oltre il puro dato, mettendo in prospettiva, e utilizzando quello che la storia delle guerre ci insegna. Dall’Algeria, al Vietnam, alla prima guerra del Golfo, alla Somalia, o alla semplice repressione poliziesca sottocasa (vedi Genova e Diaz). Ma, lo ripeto, questo significa rompere la falsa neutralità dell’informazione. Rischiare di capire oltre le narrazioni più rassicuranti. Invece io ho sentito nel tuo primo intervento, come l’esigenza di calmare subito i toni, stemperare… Laddove mi sembra evidente che in situazioni come questa (una guerra che sta diventando di giorno in giorno più sanguinosa, più indifendibile, più ingestibile), si voglia tacere molto, nascondere errori, ignorare le zone grige. Invece di dire, “se ne è già parlato molto”, a me viene da dire “non se ne è parlato abbastanza”, non ne sappiamo abbastanza. In particolar modo delle milizie private, delle ditte italiane e non che fanno affari in Iraq.

  27. Roberto, se metto insieme il tuo pezzo, e quello di giordana sul ruolo delle ong come “concorrenti” per la ricostruzione dell’iraq, il fatto che le ong ora se ne stiano andando, il fatto dell’unità nazionale contro il terrorismo, e il fatto che i direttori dei quotidiani siano stati invitati a ritirare i corrispondenti dall’iraq, il silenzio urla.
    Quanto alle imprese italiane in iraq, segnalo un sito interessante, http://www.ricostruzioneiraq.it. L’elenco degli “interessati” alla ricostruzione comprende circa un centinaio di aziende. Quelle che godono di appoggi politici, anche a sinistra, sono molte meno.
    L’elenco completo lo trovate qui http://www.ricostruzioneiraq.it/news.asp?IDDOC=001
    ciao e complimenti (il tuo pezzo sul web sta girando, ciò è bene)

  28. Non so, mi sembra che Roberto abbia capito quello che Andrea non vuole capire (o ha capito ma non giustifica, forse).
    Se stemperavo, lo facevo sulle generalizzazioni e gli assoluti. Se calmavo i toni, era per dire che era esagerato parlare di “perenne bugia”.

    “Non credo che l’intera stampa censuri”, ha scritto Roberto. Era questo che volevo dire. Che poi Roberto – da ottimo cronista qual è (e ne ho avuto una rapida conferma dal modo “clinico” in cui un paio di sere fa ha girato la testa, in strada, per osservare due persone fermate a un posto di blocco dei carabinieri) – abbia incatenato fatti bruti incastrandoli in um mosaico complesso e terribile, questo non l’ho mai contestato né messo in dubbio.
    Confermo (nonostante Andrea citi la frase come prova a carico): “Non si può dire che non se ne sia parlato”.
    Certo, non si è collegato, non si è letta con intelligenza la realtà, o forse lo si è fatto ma si è ritenuto – sbagliando – giornalisticamente non rilevante la congettura… ma è un altro discorso.

  29. Da articolo21.com
    il capo ufficio stampa del ministero degli Esteri, Michele Valensise, ha inviato una lettera ai direttori di tutte le testate giornalistiche italiane, invitandoli a non mandare i loro reporter in Iraq. Troppo rischioso. Articolo 21 ha aperto un forum tra i giornalisti italiani. Che ne pensano della situazione. E quale ruolo ha l’informazione in Iraq?

    Di Francesco Battistini, inviato del corriere della sera
    Fa piacere che il governo italiano s’accorga dell’ “importanza d’avere testimonianze dirette dall’Iraq”, adesso che dall’Iraq è quasi impossibile mandarne. E’ bello che ci si preoccupi del rimpatrio di tutti gli italiani “che non svolgano funzioni istituzionali”, visto che gli altri, quando viene l’ora di tornare a casa, sono spesso costretti a rimandare il viaggio perché da Roma non pagano il biglietto di rientro (è accaduto ai Carabinieri del Tuscania che scortano il nostro ambasciatore a Bagdad: quelli, per capirsi, che ci stavano rimettendo la pelle nell’esplosione di un’autobomba). Ho vissuto a Bagdad tutta l’angoscia del sequestro e dell’uccisione di Enzo Baldoni, ammazzato due volte dalle bugie e dalle strumentalizzazioni.
    Ho salutato Simona Pari e Simona Torretta pochi giorni prima che fossero sequestrate. In entrambi i casi i comunicati della Farnesina mi hanno fatto scoprire dopo, solo dopo, che esiste un “quotidiano contatto telefonico” delle nostre autorità con tutti gli italiani che si trovano in Iraq: chissà come mai, nell’ultimo mese, né io, né altri colleghi e nemmeno Baldoni e neppure le due Simone siamo mai stati chiamati. Un problema di “campo”, immagino. La guerra in Iraq non sarebbe diversa dalle altre, se non fosse che ci si ostina a definirla una missione di pace, che americani e alleati si sono dimostrati i più inaffidabili dei pacificatori, che i censori sono ancora più improvvisati dei loro comandanti.
    E’ un piacere che il governo italiano chieda ai testimoni di smammare, per lavarsene le mani con un congruo anticipo. Il “coraggioso impegno professionale degli inviati italiani” sarebbe di sicuro più proficuo, e aiuterebbe l’opinione pubblica a capire e a decidere meglio sul da farsi, se i giornalisti fossero messi in grado di lavorare meglio. Perché da Nassiriya, tanto per non restare nel generico, s’è costretti a scrivere solo di cresime dei soldati? Perché, chi tenta di capire che cosa davvero stiamo combinando laggiù, rischia addirittura l’arresto? Domande che lasceremo in Iraq, se con sollievo del nostro governo ce ne verremo via tutti.

  30. Mi viene da ridere. (Amaro).Per l’ingenuità dei giornalisti. Ma come, si chiede il bravissimo Battistini, proprio ora che potremmo dare il ns contributo, se cerchiamo di andare a fondo nei problemi, rischiamo addirittura l’arresto?
    Quella è una bolgia totale. Un Vietnam di sabbia.
    Comunque, se cerchiamo correttezza dell’informazione, chiarezza, pulizia in Iraq, beh, è come cercare una verginella in una casa chiusa.
    E comunque, sommessamente, lo dico: in Iraq non ci si doveva proprio andare. Potevamo mantenere una posizione neutrale. Ma ora è troppo tardi per tirare indietro la gamba.
    Chi hanno colpito i terroristi, nella fattispecie? Due donne che facevano del bene. Da anni. E loro le conoscevano bene, per forza. Dove hanno colpito i terroristi in Europa? In Spagna, un paese dove i musulmani sono molto più integrati che nel resto d’Europa.
    Chi erano Quattrocchi & Compagni? Guardie del corpo, spine nel fianco dei terroristi.
    Chi era Enzo Baldoni? Un idealista coraggioso che credeva in quel che scriveva.
    Quelli colpiscono ad “arte”. Ora dobbiamo “scegliere”: sono il primo che ce l’ha con il governo americano, ma dall’altra parte c’è qualcosa di molto, molto più brutto. L’integralismo islamico è, forse, il peggiore di tutti gli integralismi.

  31. Il pezzo di battistini mi conferma nella mia prima impressione: il rapimento delle ragazze (non so baldoni) sembra proprio un chiaro messaggio alle Ong: toglietevi dlle palle! Anche perchè molte ONG si sono date il compito di monitorare le violazioni dei diritti umani. O NO?
    Grazie della precisazione Andrea, il mio era un dubbio reale.
    a presto
    lello

  32. Trovo sul sito disinformazione.it questo articolo, che propone una spiegazione “alternativa” (e ancor più inquietante) di quanto sta avvenendo in Iraq. Credo che a molti possa interessare. Mi scuso per la lunghezza, ma non me la sentivo di apportare dei tagli.

    In Iraq un nuovo Saddam?
    di Prof. Patrick Boylan* – tratto da http://www.boylan.it

    Pesanti ombre si allungano sulla domanda di chi stia dietro e per conto di chi agisca il sedicente «esercito islamico», quello che ha ucciso Enzo Baldoni e che ha rapito prima i due giornalisti francesi ed ora (lo stile è identico) le due coraggiose operatrici di pace italiane.
    Molti elementi inducono a pensare, infatti, che non si tratti dei cosiddetti «fanatici islamici» bensì degli «squadroni della morte» che, secondo «The Guardian» (9.12.03), da mesi la CIA sta allenando in Israele.
    Questi ultimi tristi eventi potrebbero significare che ora i famigerati squadroni sono entrati in azione, secondo un copione più volte sperimentato dalla CIA in America Latina (e non solo), per aiutare il Primo Ministro iracheno Allawi a diventare il nuovo Saddam.
    Fantapolitica? Secondo il Chicago Sun-Times (25.7.04) l’ambasciatore americano in Iraq, Negroponte, ha creato e diretto gli squadroni della morte in Honduras ed altrove per spianare la strada al dittatore di turno. Il giornale americano aggiunge: «E Allawi sta seguendo il copione sudamericano in puro stile Negroponte». Allawi è del resto, secondo il Guardian Weekly (23.7.04) e la BBC Web News (25.5.04), da lungo tempo un collaboratore della CIA e prima ancora dei Servizi segreti britannici – proprio come Saddam. Ora sembra stia facendo esattamente quello che faceva l’ex dittatore iracheno quando prese il potere 40 anni fa con la sponsorizzazione di Washington.

    Allawi ha ripristinato la pena di morte, ha istituito il coprifuoco e ora potrebbe apprestarsi ad usare gli squadroni della morte per eliminare fisicamente l’opposizione in vista delle elezioni di gennaio prossimo (se non slitteranno). Solo che non ci devono essere testimoni oculari del regno di terrore che sta per iniziare. Non ci devono essere pacifisti ficcanaso, giornalisti non allineati, ONG incontrollate, gente che potrebbe scattare delle foto. Quindi occorre spaventarli, allontanarli, come ha fatto il primo Saddam e come hanno fatto i dittatori latinoamericani portati al potere dalla CIA. (Ricordate quei film sui giovani volontari americani in Honduras o in Cile, eliminati insieme a preti e a suore e allo stesso Mons. Romero da misteriosi squadroni di rapitori/assassini che volevano poter agire contro la popolazione con le mani libere?)
    Ora, dopo i recenti rapimenti, «la maggior parte del personale delle ONG internazionali si appresta a lasciare l’Iraq» scrive Televideo (8.9.04). E’ fantapolitica, dunque, pensare che questo è proprio ciò che si auguravano Allawi e, dietro le quinte, Negroponte?

    Alla luce di ciò si comprende perché i guerriglieri iracheni indipendentisti non vogliano deporre le armi: semplicemente perché non vogliono fare la fine di Enzo Baldoni. Sanno che senza armi per difendersi saranno arrestati dalla polizia (se il governo riesce a trovare accuse) oppure, nel caso contrario, rapiti dagli squadroni della morte. Proprio come avviene non solo in America Latina ma anche, in questi ultimi anni, in Algeria e altrove.
    Coprifuoco di sangue, dunque. Eliminazione dell’intera opposizione non allineata dietro gli USA.
    Poi il governo indice le “elezioni libere” e… indovinate chi vince.
    Perché sto parlando di tutto ciò in un momento così terribile come questo?
    Perché dobbiamo sì chiedere la restituzione delle due coraggiose italiane rapite, ma a chi di dovere, senza farci abbindolare.
    Non dobbiamo fare appelli a presunti «guerriglieri islamici» finché sussistono dubbi sulla loro reale identità. Non dobbiamo interrogarci sul perché i rapitori non abbiano pietà di due ragazze che tanto hanno fatto per aiutare gli iracheni a svilupparsi, per potersi gestire come popolo indipendente, perché è proprio QUESTO il loro torto (per chi le ha fatto rapire).

    Se invece, malauguratamente, dovessimo accettare di usare gli schemi razzisti proposti dai mass media («gli islamici non hanno pietà per nessuno, nemmeno i pacifisti, nemmeno le donne»), non faremmo altro che avvalorare il mito di una mente islamica deviata.
    E ciò è proprio quello che vogliono le menti davvero deviate che potrebbero aver commissionato questo rapimento, menti al 100% cristiane e che si trovano non a Saddam City ma nei palazzi del potere occidentale.
    Le manifestazioni di solidarietà vanno benissimo. E’ giusto che ci riuniamo davanti alla sede di “Un Ponte per…” E’ giusto che esprimiamo il nostro dolore ai familiari ed ai colleghi.
    Ma per dire “no!” ai sequestri e “si!” alla restituzione dei volontari rapiti, per dire che questi eventi non ci disorientano e non ci intimoriscono, per dire che, anzi, questa svolta non fa che avvalorare gli indizi appena elencati, organizziamoci per chiedere la liberazione degli ostaggi a chi di competenza: davanti a Palazzo Chigi e davanti all’ambasciata degli Stati Uniti credo che sarebbe una buona scelta.

    *Patrick Boylan, (titoli di studio: Università della California di Berkeley e Università di Parigi Sorbonne), insegna linguistica inglese all’Università di Roma III

  33. Mi sembrava, infatti, che in Iraq e nei paesi limitrofi non ci fossero sufficienti bande di terroristi e guerriglieri. Per far scorrere un po’ di sangue qualche gruppo terroristico bisognava assolutamente inventarselo. Come tutti sanno, del resto, nulla accade sul pianeta che non sia pilotato dalla cricca pluto-giudaico-massonica.

  34. Mi pare l’ipotesi ch viene segnalata qui, da Boylan è assai interessante…sopratutto nella connessione con ciò che accadde in sudamerica. Da seguire ed analizzare.

  35. Quello che mi ha preoccupato di più, è il “lavarsene le mani con congruo anticipo” detto da battistini. Cosa sta per succedere?
    Guardando agli effetti, visto che le cause sono complesse, molteplici e intersecanti, le ong stanno andando via. E pure i giornalisti. La principale rete privata francese Tf1 e la rete pubblica France 3 hanno deciso di mollare: troppo pericolosa la situazione. Sulla stessa linea la rete televisiva tedesca ARD e l’agenzia spagnola Efe. In entrambi i casi sono stati i governi a sollecitare gli editori perché non c’è più alcuna sicurezza a Baghdad.
    Lo scrive sul forum di articolo 21 Roberto Reale, coordinatore “Rapporto Media e Democrazia” per l’associazione “Informazione Senza Frontiere” che continua “Amara ironia della sorte, tutto questo avviene mentre negli Stati Uniti il Presidente Bush continua a garantire che le cose vanno in Iraq nella direzione giusta. Lo smentiscono gli stessi generali che fanno notare come nella Saigon degli anni 60 ci si potesse muovere mentre oggi gli insurgents, colpiscono dappertutto anche nelle zone protette di Baghdad. E i media americani che fanno? Sulle televisioni sono ricomparsi i servizi degli embedded dei giornalisti arruolati che si muovono al seguito delle truppe. Ma in linea di massima trovano molto più spazio sugli schermi i danni provocati dagli uragani che le cronache dei rapimenti.
    In realtà nel mondo in questo momento si raccontano tante guerre diverse. Se in Italia c’è uno stranissimo dibattito sull’opportunità di pubblicare le sanguinarie immagini prodotte dai terroristi, quasi non fosse questo ciò che i terroristi vogliono dal momento che sono loro a diffonderle, negli Stati Uniti il confronto è su tutt’altro. Nel clima sempre più caldo della viglia elettorale, si moltiplicano le voci di chi dice, senza peli sulla singua, che la libera informazione ha tradito la propria missione, continua a nascondere la verità ai cittadini. Il timore è che questa guerra stravolga defintivamente il volto della democrazia, imbarbarisca ogni cosa. Gli stessi giornalisti si sentono intimiditi da una destra sempre più aggressiva pronta a linciare, da canali come Foxnews, chiunque produce un’informazione critica nei confronti dell’amministrazione repubblicana. Non è un bel vedere: sono tempi cupi per la libertà. Non solo a Baghdad”.

  36. E pensare che ieri, dopo aver visto “Fahreneit 9/11”, mio padre ha avuto il coraggio di dirmi che Moore era un pò ESAGERATO!

  37. Riporto un altro intervento dal forum dell’articolo21 . Quelli che scrivono lavorano in generale per grandi testate, per questo trovo il loro parere interessante in ogni caso. Battistini resta comunque uno stronzo. Guardate qua che porcata http://www.ilcircolo.net/lia/, ovvero “come ti macello un post, firmato: corriere”. Chissà se la pubblica, il corriere, la lettera di lia:)
    Sul forum si è espresso anche Duilio Giammaria Inviato Speciale Rai Tg1, (“come interpretare la crisi irakena”). Tutta la storia (la sua storia di giornalista italiano in iraq) è interessante e da leggere, io attacco qui solo la parte
    che riguarda i media

    I Media Arabi
    In questa fase Al Jazeera e Al Arabya divennero sempre più fonti giornalistiche perché la loro rete di corrispondenti assicurava un minimo di informazioni anche dalle zone più pericolose. In realtà Al Jazeera non opera più in Iraq da molti mesi, da quando cioè il governo provvisorio irakeno gli ha intimato di cessare le corrispondenze accusandoli di incitare gli irakeni alla rivolta, ma ancora oggi la rete satellitare del Quatar costituisce una delle fonti principali sulla crisi irakena.
    Ritengo che questa sarebbe l’occasione giusta per aprire un filo diretto con il mondo arabo moderato degli Emirati Arabi e capire come essi percepiscano la crisi irakena. Le fonti e le analisi sono di primissimo livello e ciò consente di raccogliere gli umori di quella parte dell’opinione pubblica araba che oggi può essere l’alleata nell’esorcizzare l’idea che sia in corso una guerra tra civiltà. Di questa opinione sono anche molti diplomatici italiani nell’area, che ritengono gli Emirati un ottima base per la raccolta di informazione giornalistica e non.
    Il terrorismo mediatico e i rapimenti
    Bastava studiare quello che era successo in Libano durante la guerra durata 15 anni per capire che dopo le autobombe sarebbero iniziati i rapimenti. Da aprile di quest’anno ad oggi più di 120 occidentali sono stati stati presi in ostaggio tra cui molti giornalisti. Improvvisamente tutto divenne ancora più difficile e a Baghdad non si esce quasi più.Quale è il senso del lavoro giornalistico in queste circostanze? Come si fanno a verificare le fonti? La fessura attraverso osservare la realtà irakena è quasi del tutto chiusa.
    Alla domanda “Andare o non Andare?” ognuno risponde come sente e penso sia giusto lasciare agli inviati la responsabilità di decidere, anche se, personalmente, ritengo che rimanere rinchiuso in un albergo di Baghdad ci sia il concreto rischio di far diventare il lavoro giornalistico del tutto virtuale. E senza la possibilità di accesso diretto alle informazioni cresce il rischio di cadere vittima della strategia della disinformazione praticata da tutti gli attori politici sulla scena irakena. I rapimenti di giornalisti e operatori umanitari occidentali (il mio pensiero va alle care amiche Simona Pari e Simona Torretta) serve a dimostrare che non ci sono differenze tra gli occidentali. Che ciascuno di noi è un crociato al servizio di oscuri piani contro il mondo islamico. Questo è il principale obiettivo del “terrorismo mediatico” dei tagliagole. Chi oggi pensa che il dibattito sia “mostrare o non mostrare le immagini delle esecuzioni” è vittima di questo astuto tranello che spinge i media occidentali alla radicalizzazione.C’è il rischio concreto che l’agenda dell’informazione, ovvero decidere come e di cosa parlare, cada in mano alle efficienti macchine propagandistiche: da una parte i materiali video dei rapitori sembrano essere la pillola avvelenata con cui diffondere l’idea di uno “scontro tra civiltà”, dall’altra le notizie di fonte militare sono impossibili da verificare. Così davanti all’orrore e all’impotenza, le emozioni prevalgono sui ragionamenti. Diventa sempre più difficile anche per l’informazione, distinguere tra la parte moderata del mondo arabo e islamico e i gruppi di tagliatori di gole. I media occupati a “fare cronaca” sembrano incapaci di produrre analisi. La velocità, la nevrosi giornalistica del nostro tempo, impedisce l’approfondimento. La confusione e l’impotenza dominano la scena. A questa nuova sfida dell’informazione il servizio pubblico deve rispondere privilegiando gli spazi di approfondimento e di analisi. All’appello del Presidente della Repubblica per evitare lo scontro di civiltà si risponde fornendo all’opinione pubblica di strumenti critici e di analisi. Il rischio è che altrimenti prevalga la strategia di coloro che vogliono un Occidente pronto ad uno scontro frontale con il mondo islamico, in cui i moderati dall’una e dall’altra parte siano stati messi a tacere.
    Crociata contro jiad globale: il tragico programma di chi vuole un mondo spaccato da uno scontro frontale.

  38. ho scoperto l’esistenza di “nazione indiana” da pochi giorni e leggendo gli articoli di roberto ho provato la stessa sensazione che mi ha lasciato “fahrenheit 9/11”: un misto di sconcerto, angoscia, rabbia, voglia di fare qualcosa. e finalmente ho toccato con mano una verità più volte ripetuta nelle pagine di questo sito: ciò che davvero manca nel nostro elefantiaco sistema dell’informazione è un quadro di riferimento in cui inserire i milioni di dati, immagini, nomi, fatti, dichiarazioni.

    grazie per il coraggioso tentativo di costruirne almeno uno.

  39. visto che sulla natura della citata DTS si è già fatta confusione in passato tra DTS Dyncorp e DTS Security, consiglio vivamente di leggere qui: http://www.macchianera.net/archives/2004/04/tu_chiamali_se_vuoi_vigilantes.html

    Forse non cambia alcuni aspetti morali dell’azione dei personaggi citati, ma ridimensiona alquanto l’affermazione “un’azienda americana capace di fatturare cifre altissime perché fornisce contratti per la protezione dei membri del Congresso americano”.

  40. Allora, come ho scritto la Dts Security perde la sua funzione di “azienda privata del Congresso” a causa della decisione del Governo Bush di non inviare membri del congresso (almeno ufficialmente). La DTS Security quindi inizia a forninre contatti ad una serie di altre aziende. Tutto qua. La precisazione di b.georg non nega la capacità finanziaria della DTS Security. Tutto qui. Non per forza verità nuove negano elementi considerati certi. La verità è molteplice.

  41. Si, Gina, grazie per aver segnalato questo pezzo di Chiesa. Effettivamente Giulietto Chiesa sostiene la medesima analisi che ho fatto. Beh vedo con poacere che qualcosa inizia a muoversi.

  42. Saviano sei a controllare da tre giorni che nessuno ti rovesci addosso considerazioni politicamente corrette sulle ricostruzioni farneticanti da più parti arrivate, compresa la tua che tanto farneticante pur non era? Che ne dici della conclusione della faccenda? Era stato Donato Bilancia, in combutta con la Banda Bassotti e sotto lo sguardo accigliato ma beatamente misericordioso di Giuliettino Chiesa, no?

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