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Sentenza del Tribunale di Torino

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
TRIBUNALE DI TORINO
SEZIONE IV CIVILE

II giudice istruttore Antonio Carbone, in funzione di giudice unico, ha pronunciato la seguente sentenza nella causa civile iniziata con atto di citazione notificato in data 26.8.02, promossa da:

PEDULLÀ Walter (parte attrice)
contro
BENEDETTI Carla e BOLLATI BORINGHIERI EDITORE s.r.l. (convenuti)

Oggetto: diffamazione a mezzo stampa.

Richiesta della parte attrice: risarcimento dei danni morali cagionati al Prof. Pedullà dal contenuto del capitolo intitolato “II potere che ognuno conosce e nessuno racconta. Il Caso Martone”, contenuto nel saggio II tradimento dei critici, da liquidarsi in somma di euro 1.000.000, e pubblicazione della sentenza, a spese dei convenuti, su tre quotidiani e sui settimanali Panorama e l’Espresso.

SENTENZA

Il giudice istruttore in funzione di giudice unico, definitivamente pronunciando,
disattesa ogni diversa istanza, eccezione e deduzione,

respinge la domanda proposta da PEDULLÀ Walter nei confronti di BENEDETTI Carla e della CASA EDITRICE BOLLATI BORINGHIERI;

dispone l’integrale compensazione delle spese di causa.

Cosi deciso in Torino il 4.6.04.

Sentenza depositata ai sensi dell’art. 133 c.p.c. in data 22 giugno 2004

MOTIVI DELLA DECISIONE
[…]
Nella fattispecie per cui è causa non appare revocabile in dubbio che lo scritto della Prof. Benedetti, così come il più ampio lavoro in cui si inserisce, costituisca esercizio del diritto di critica, come desumibile sia dall’intrinseco contenuto del capitolo, sia dal tenore dell’intero saggio.

Non è, inoltre, dubitabile l’esistenza di un interesse sociale secondo l’accezione accolta dalla richiamata giurisprudenza, vertendo lo scritto su un personaggio – il Presidente del Teatro Stabile – e su una materia – la gestione di uno dei più importanti teatri italiani e le sottostanti logiche di potere – di indubbio interesse pubblico (Cass. 465/96) […]

Risulta, parimenti, soddisfatto il requisito della continenza formale poiché il capitolo risulta espresso con modalità espressive sufficientemente contenute e non gratuitamente offensive ancorché incisive od enfatiche, ma pur sempre entro i canoni letterari inevitabilmente connaturati ad un saggio inteso quale libera espressione del pensiero critico.

La valutazione della continenza sostanziale impone, invece, una più approfondita disamina del capitolo.

Esso si apre con una doverosa precisazione dell’autrice, la quale non ha preteso di esporre circostanze oggettive da lei direttamente appurate ma ha fatto espresso riferimento alla lettera di dimissioni di Mario Martone dalla carica di Direttore Artistico del Teatro Stabile di Roma, pubblicata sul quotidiano La Repubblica, e alle polemiche che hanno avuto eco giornalistica nei mesi successivi. Nella premessa la Prof. Benedetti ha aggiunto di aver conservato copia dei relativi ritagli di giornale osservando che “forse non sono completi, però ce n’è abbastanza per dar forma a una storia”.

Risulta dunque chiaro dalla premessa che le informazioni e le circostanze fattuali assunte a fondamento delle argomentazioni critiche e delle considerazioni personali dell’autrice […] derivano esclusivamente dalle notizie riportate dalla stampa, cioè da scritti dai quali la stessa autrice, al pari di qualunque lettore di quotidiani e periodici, poteva legittimamente trarre le proprie valutazioni soggettive.

In questa prospettiva, esplicitata dalla stessa autrice, la veridicità Intrinseca delle circostanze riportate negli articoli di stampa citati nel saggio appare priva del rilievo indicato dall’attore: la Prof. Benedetti, proprio perché si limitava ad assumere tali scritti come spunto di riflessione menzionandoli compiutamente, non era infatti tenuta ad una verifica del loro contenuto vale a dire dell’esattezza delle dichiarazioni verbali e scritte rilasciate dai protagonisti dello scontro in seno all’Istituzione (il Direttore Artistico Martone, il Presidente Pedullà e tutti i personaggi politici e dello spettacolo dì contorno) ma, al più, ad una delibazione sull’autenticità delle interviste e degli scritti dei medesimi, peraltro mai contestata.

Rientrava, per contro, nell’esercizio del diritto di critica la facoltà della Prof. Benedetti di aderire ad una delle due contrapposte tesi e di assumere, del tutto legittimamente, una posizione favorevole all’ex direttore Martone basandola su una lettura fortemente soggettiva – ma non manifestamente irragionevole – delle interviste e delle notizie divulgate dalla stampa e, in particolare, delle informazioni sulle sorti economiche del Teatro Stabile durante la Direzione artistica di Mario Martone.

Tali notizie, per come riportate e presentate, potevano effettivamente trarre in equivoco il lettore sia per l’imprecisione della terminologia usata, sia per il “contesto” (essendo assunte a motivo o pretesto di conflitto personale tra i personaggi interessati), sia per l’inesigibilità dal lettore medio di quelle conoscenze contabili necessarie per cogliere con maggior accuratezza la reale situazione economica dello Stabile di Roma prospettata dal Prof. Pedullà.

Si può dunque comprendere perché la Prof. Benedetti, leggendo l’articolo comparso sul Corriere della Sera del 4.11.2000 sormontato dal sottotitolo “II bilancio è in rosso”, abbia colto nelle dichiarazioni del Prof. Pedullà riportate dal giornalista il convincimento che il Prof. Pedullà lamentasse una situazione economica compromessa addebitandola proprio a Mario Martone, tale essendo il senso delle frasi “La verità è che Martone se ne va perché gli abbiamo più volte chiesto di correre ai ripari in una situazione che stava precipitando sul piano del bilancio. Negli ultimi mesi è stato un disastro: siamo sotto le previsioni di ricavi di più di 300 milioni”.

Analoghe deduzioni si potevano ragionevolmente e legittimamente trarre dall’Intervista pubblicata sul Messaggero del 4.11. 2000, laddove II Prof. Pedullà ha parlato reiteratamente di “pesante, preoccupante flessione delle presenze e degli incassi” denunciando di essere già “a circa 350 milioni in meno rispetto alle pur non ottimistiche previsioni di introito annotate in bilancio” e portando alcuni esempi di assoluta sproporzione tra costi e introiti di programmazione.

La Prof. Benedetti, che non era tenuta ad effettuare ricerche analitiche attraverso la disamina dei bilanci né quale lettrice né quale autrice di un testo ove tali articoli venivano fedelmente riportati per estratto, può dunque essersi comprensibilmente sorpresa leggendo, su La Repubblica del 21.4.01, che il bilancio del Teatro Stabile di Roma relativo al periodo della gestione Martone era stato approvato in pareggio e che non sussisteva il “paventato deficit” che aveva scatenato le polemiche all’epoca delle dimissioni del Direttore Artistico.

Ancorché il quotidiano abbia assunto una posizione trasparentemente vicina a quella di Mario Martone – come evincibile dalla rassegna stampa prodotta delle parti – la notizia era vera ed i bilanci in atti lo confermano. Appare legittimo, per questo motivo, lo stupore manifestato dalla Prof. Benedetti che, nella prospettiva del comune lettore, ha colto la discrepanza tra iI pareggio di bilancio e quella situazione di dissesto desumibile dalle dichiarazioni del Prof. Pedullà così come divulgate dalla stampa e interpretabili secondo il senso comune.

E appare, conseguentemente, legittimo il giudizio critico formulato dalla Prof. Benedetti la quale, dopo aver premesso la possibile incompletezza delle proprie fonti giornalistiche e averle menzionate analiticamente, ha elaborato proprie considerazioni […]

In questa chiave interpretativa – corrispondente ai canoni letterari del pamphlet e presumibilmente ben avvertibile dai lettori del saggio, che per la materia trattata deve presumersi destinato ad un pubblico assai selezionato e preparato – si può giustificare il sospetto dell’autrice secondo la quale il Prof. Pedullà avrebbe lasciato credere il falso quando aveva dichiarato ai giornali un deficit di bilancio di 350 milioni al precipuo fine di contrastare la Direziono Artistica di Mario Martene inducendolo alle dimissioni. Il carattere manifestamente critico del saggio legittima, parimenti, le ulteriori considerazioni della convenuta, da leggersi non nella prospettiva dell’ingiusta accusa ma in quella dello sfogo polemico e dell’Iperbole letteraria volta ad enfatizzare una deduzione legittimamente ricavabile dal materiale informativo al quale la Prof. Benedetti – saggista e non giornalista -aveva attinto senza essere tenuta, per la propria veste e per la natura del saggio, ad ulteriori e più approfondite verifiche che le avrebbero permesso di risolvere nei termini spiegati dall’attore l’apparente contraddizione tra quanto da lui precedentemente dichiarato alla stampa e le risultanze del bilancio.

Il resto del capitolo costituisce, ancor più manifestamente, esercizio di critica: in base ai richiamati presupposti la Prof. Benedetti seguendo una chiave di lettura assolutamente e chiaramente personale ha ripercorso le vicende dello scontro allora in atto tra le due più alte cariche del Teatro Stabile prendendo le difese – con legittima faziosità – dell’ex Direttore artistico: proprio la manifesta partigianeria dell’autrice rappresenta, anzi, la miglior garanzia avverso il paventato carattere diffamatorio dello scritto in quanto la sua palese adesione alle tesi di una delle parti contrapposte costituisce, per il lettore medio e non prevenuto, motivo di estrema prudenza nel vaglio del capitolo e nella ponderazione delle tesi formulate dalla Prof. Benedetti, peraltro con alcuni incisi che rammentano il carattere soggettivo e non apodittico delle considerazioni esposte (“(…) si può immaginare che (…)”; “(..) questa storia in effetti parrebbe spiegare un po’ più delle altre (…)”; “(…) il Presidente RAI (…) stava conducendo una battaglia probabilmente personalistica per salvare la propria poltrona (…)” ecc.).

Analoghe considerazioni possono essere svolte con riferimento alle considerazioni sull’appello del 105 “intellettuali” in favore del Prof. Pedullà, laddove le osservazioni critiche, ancorché espresse in modo assai incisivo, non sembrano degenerare in mera diffamazione soprattutto ove si considerino le premesse della stessa autrice circa la legittimità degli Interventi con i quali il Prof. Pedullà avrebbe acquisito nei confronti dei predetti “Intellettuali” quel potere – da intendersi come ascendente o forza di condizionamento – del quale, secondo la ricostruzione chiaramente personale dell’autrice, si sarebbe avvalso per raccogliere le adesioni all’appello: adesioni la cui effettiva natura risulta, del resto, parzialmente esplicitata dalle successive precisazioni di alcuni firmatari riportate dall’autrice e non espressamente contestate dalla controparte.

Per le ragioni che precedono si deve ritenere che il capitolo in esame, letto e valutato nella sua interezza (Cass. 9743/97), risulti effettivamente distinto da una notevole asprezza di toni, da un’innegabile faziosità e da contenuti impliciti, ma rientri comunque – per sua natura, per la trasparente parzialità e per la chiara esplicitazione dei presupposti informativi – nel legittimo esercizio della libertà di critica in una materia che, per quanto deducibile dalle difese di tutte le parti, riguarda non tanto e non solo la gestione del Teatro quanto, piuttosto, la “politica dello spettacolo in un conflitto tutto intestino ad un medesimo schieramento che, forse, avrebbe potuto trovare un più pertinente ambito di sfogo In una sfera diversa da quella giudiziaria.

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