Le pagelle impazzite di Moratti

di Giuseppe Caliceti

LetMoratti.jpgFine gennaio. Tempo di consigli di classe e collegi docenti. Tempo di valutazione degli alunni e degli studenti. Tempo di caotiche riunioni di interclasse e accorati colloqui coi genitori. Un ottimo periodo anche per tirare qualche somma a proposito dell’applicazione della cosiddetta Riforma della Scuola. Soprattutto in base alle novità introdotte dall’applicazione della Moratti nella valutazione.

Un tempo la vecchia pagella (che oggi si chiama Scheda di valutazione), era l’incubo degli alunni e degli studenti. Oggi pare che a temerla siano più i dirigenti scolastici, gli insegnanti e i genitori. I primi, perché comporta un costo che, con la famosa autonomia scolastica, grava sui costi della scuola. Gli ultimi, perché devono imparare a leggerla.

Nel patinatissimo spot tv sulla Riforma che tutti abbiamo visto lo scorso anno, – in cui comparivano solo ragazzine e ragazzini italiani coi capelli biondi e un’abbigliamento impeccabile all’ultima moda, e non c’era traccia di bambini stranieri – non erano infatti contemplati i “suggerimenti” sulla valutazione. E tutti gli “adeguamenti” continuano ad arrivare alla spicciolata, come è costume in Italia, dal Ministero ai singoli Istituti comprensivi sparsi per la penisola, via fax o via internet, come veri e propri bollettini di guerra.

Nelle italiche scuole la parola d’ordine dai tempi dell’insediamento dell’ultimo governo Berlusconi è comunque sempre la stessa: non importa che fare, l’importante è fare qualcosa, l’importante è dire che si sta portando avanti la Riforma della Scuola Moratti e che tutto fila alla grande.

Così, per esempio, la Circolare ministeriale n.85/2004, affida all’autonomia scolastica il compito di progettare, stampare, fotocopiare e compilare la nuova Scheda di valutazione. E nelle scuola pubblica italiana si apre la fase del fai-da-te e della devolution delle certificazioni delle competenze.

In alcune scuole i collegi dei docenti hanno scelto di adottare la scheda del precedente anno scolastico, stampandola a proprie spese, invece di ricorrere al nuovo modello proposto e suggerito dal Ministero. Un segnale politico forte: perché spetterebbe al Ministero indicare criteri generali di valutazione, come pure definire nuovi strumenti di valutazione omogenei e validi su tutto il territorio nazionale.

Nella maggioranza delle scuole si è invece provveduto a stampare nuovi moduli di valutazione, sulla base di “esempi di abilità” desunti dagli Obiettivi Specifici di Apprendimento delle Indicazioni nazionali e “suggeriti” dal Ministero. Ma con grande, grandissima libertà per le scuole. Ci mancherebbe! E, in ogni caso, a loro spese. Perché la novità più chiara a tutti, per il momento, è soprattutto questa: le schede di valutazione non le fornisce più il Ministero della Pubblica Istruzione, ma ogni scuola se le deve pagare da sé. Il disagio organizzativo e di gestione del bilancio è immaginabile.

Risposte delle scuole diverse, dunque. E confusione, tanta confusione. Perché tutti si sforzano – chi più e chi meno, si capisce – di interpretare al meglio i vaghi criteri indicati dal Ministero. Ma il risultato è che le Schede di valutazione rischiano di essere tutte diverse. Senza uniformità né nazionale, né regionale. Ma spesso senza uniformità neppure nella stessa città. E, cosa ancora più grave, a volte neppure nello stesso polo scolastico.

Tre figli a scuola? Significano tre schede di valutazione diverse che i genitori devono saper interpretare. Non è facile, specie per chi è già costretto a districarsi tra nuovi termini della scuola pubblica italiana che dalla lingua italiana, ammettiamolo, proprio non derivano: come tutor, come portfolio. Di cui mi riprometto di parlare dettagliatamente in futuro.

A ogni modo, questa caotica disomogeneità non può che preoccupare e rappresenta il vero volto della Riforma della Scuola Moratti, che si configura sempre più come un tentativo di smantellamento della scuola pubblica in Italia.

Molto, fino a oggi, è stato fatto (o disfatto) tenendo all’oscuro gli studenti e i loro genitori: i veri utenti della scuola. Anzi, peggio. Imbottendoli di spot tv sulla riforma della scuola modello Mulino Bianco e distribuendo depliant informativi modello Valtur. Il tutto rigorosamente a spese dei contribuenti, si capisce. Alla faccia degli edifici scolastici pericolanti esistenti ancora in tanti paesi della penisola.

Modificando però la scheda di valutazione, si fa qualcosa in più. Non solo perché la valutazione è tema storicamente delicato e strettamente legato a che cosa si vuole veramente dalla scuola, dalle future generazioni, dalla società di domani. Ma perché rappresenta da sempre il momento di contatto più forte tra scuola e utenza. Un vero e proprio momento della verità, insomma. Di bilancio reale.

E’ perciò naturale che in questo periodo si moltiplichino gli inquietanti interrogativi legati a una situazione caotica che viene sempre più alla luce. E dello sfascio inizino ad accorgersene anche i genitori degli studenti.

Per esempio, con questo differenziatissimo sistema di valutazione fai-da-te, che succederà ai bambini, e anche agli insegnanti, quando gli alunni passeranno da una scuola all’altra? Che succederà ad un alunno che si trasferisce in un’altra scuola a fine o nel corso dell’anno scolastico? E se nella stessa scuola insegnanti di classi diverse in nome della autonomia e della libertà d’insegnamento intendono produrre schede diverse?

I dirigenti scolastici – che, come è risaputo, vengono valutati dai loro superiori anche in base a come si pronunciano a proposito della Riforma Moratti e ai vaghi cambiamenti proposti – corrono ai ripari consigliando di attenersi fedelmente ai programmi del 1979 (medie) e del 1985 (elementari), e di adottare la scheda personale di valutazione vigente a partire da quegli anni, senza alcuna modifica. Con tanti saluti alla modernissima e nuovissima scuola del futuro!

Se fossimo noi a dover dare la pagella al Ministro Moratti, non arriverebbe alla sufficienza…

Questo articolo è uscito come editoriale di Liberazione sabato 22 Gennaio 2005.

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8 Commenti

  1. Non è il mio campo, ma di istruzioni allucinanti per la “valutazione” sono al corrente: da molti anni un’amica prof. mi invita a leggere e commentare insieme certe indicazioni – o le enormi e insulse dispense di certi corsi d’aggiornamento. Il genio di Berlinguer non era estraneo a certi obbrobri. Il punto qual è, che le idiozie adesso le paga la cassa dell’Istituto? E’ questo che squalifica la scuola italiana?

  2. No, Elio, il punto è che le idiozie di Berlinguer erano il frutto di una strategia idiota e confusa, anche se sembravno nascere da un ambiente avveduto , quelle della Moratti sono la conseguenza di un piano preciso e pericolosamente orientato, anche se sembrano nascere da un ambiente ingenuo. Insomma, la Moratti conosce la natura dei suoi danni e gode per questi, Berlinguer era semplicemente confuso.

  3. Condivido completamente l’intervento di Caliceti.
    È in effetti legittimo chiedersi se abbiamo a che fare con un’insipienza al quadrato o con una nuova più sottile e perversa versione del binomio efficienza-efficacia, evidentemente tutto teso ad assestare il colpo di grazia alla scuola pubblica.
    Propendo per la seconda ipotesi. Peggio funziona la scuola di stato, meglio viene realizzata la mission dell’attuale governo nel campo dell’istruzione.

  4. I dubbi si riservano alle cose che non si conoscono. Non a quelle che si conoscono, dall’interno e fin troppo bene.
    Se certi toni possono sembrare esasperati, è perché davvero il clima nelle scuole è pesante, come è pesante dover minimizzare le assurdità quotidiane ed essere più o meno costretti a dire che tutto procede per il meglio, che la Riforma ha solo qualche difettuccio emendabile, che siamo nel migliore dei mondi possibili.

    Tornando alla questione specifica delle schede di valutazione: il problema non è solo il costo della carta e della stampa a carico delle singole istituzioni scolastiche, ormai senza fondi; il problema più serio è l’attacco al valore legale dei titoli di studio e la radicale messa in discussione di un sistema scolastico teso a perseguire, almeno nel settore di base, obiettivi di fondo comuni per tutti i cittadini. Un sistema che ha finora contribuito – pur tra tanti limiti – a unificare (anche linguisticamente) questo paese.

    La cosa più fastidiosa è in effetti il ricorso all’equivoco libertario, l’identificare la cosiddetta autonomia scolastica con l’invenzione su due piedi (e a comando) di un nuovo sproloquio pedagogico-valutativo.
    Che equivale più o meno al ritenere vitale – di fronte alla presenza sempre più rilevante degli alunni stranieri – lo studio a scuola di qualche oscuro dialetto padano.
    Dando evidentemente per scontato (della serie “Si sa, ma non si dice”) che la “vera” risposta ai problemi sarà la selezione a monte degli “utenti” del servizio scolastico: la scuola “paritaria” e privata per chi se la può permettere, la scuola pubblica per la platea dei diseredati e dei “colorati” (alla faccia degli spot con i bimbi tutti bianchi e biondi).

  5. A volte, non è male dubitare anche delle cose che si crede di conoscere bene. Ci avesse pensato Tolomeo !

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