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Intervista a Wu Ming 1

di Jacopo Guerriero

Dall’ultimo numero di “Letture” un’intervista su editoria e diritto d’autore con WM1.

Su wumingfoundation.com voi rendete disponibili (nei giorni stessi dell’approdo in libreria) i vostri romanzi in diversi formati elettronici. Come reagisce il vostro editore? E’ vera l’equazione copia scaricata = copia invenduta?

Il nostro editore reagisce piuttosto bene, anche perché è tutta pubblicità aggiuntiva, mantice che soffia sulle braci del passaparola. Che l’equazione scaricato = invenduto sia falsa lo dimostra la vicenda editoriale e commerciale dei nostri libri: Q è scaricabile gratis da cinque anni eppure continua a vendere e a essere ristampato. Idem per gli altri nostri romanzi e saggi. Addirittura, la raccolta di scritti e racconti intitolata Giap! (curata da Tommaso De Lorenzis) era pressoché interamente composta di materiale già presente in rete, eppure ha venduto molto bene. Più un’opera è libera di circolare, più conseguenze positive ne trarrà l’autore, in termini di celebrità, di interazione coi lettori, di affetto, e quindi anche di disponibilità a regalare i suoi libri. Di solito chi scarica i nostri libri, se arriva a capirli e amarli, dopo li regala, e chiaramente regala l’edizione presente in libreria. Ovviamente, è importante la qualità. Definisco “qualità” qualcosa che va oltre i gusti soggettivi (dei quali non est disputandum). La “qualità” è l’impegno che ci ha messo l’autore, un impegno che dev’essere riconoscibile in qualunque modo. Se l’opera è di qualità, se piace o interessa, se ne parlerà in giro, la si donerà, presterà etc. Se l’opera è sciatta, non si avvierà alcun circolo virtuoso.

Allarghiamo il campo del dibattito. Proviamo a delineare, nell’era dell’avvenuto accesso di massa alle potenzialità della rete, un nuovo diritto d’autore..

Si stanno già sperimentando nuove formule e licenze. Guardiamo con interesse al tentativo di Creative Commons di disciplinare le eccezioni al divieto di riproduzione e riutilizzo. Siamo soltanto all’inizio di una lunga fase di transizione. Il copyright è ormai lontanissimo dalle proprie origini, è un istituto nato in società storiche molto diverse dalle nostre, in cui l’accesso alle tecnologie di riproduzione era limitato a una minuscola percentuale della popolazione. Probabilmente, il nuovo diritto d’autore si affermerà in una società che sarà già abbastanza diversa da quella in cui viviamo noi. E’ un processo molto lungo.

Ridurre il dibattito copyright/anticopyright al mondo dell’editoria sarebbe semplicistico. L’utilizzo di tecnologie di compressione, il files sharing, permettono oggi a molte persone di violare le legislazioni sul diritto d’autore. Dato che il fenomeno avviene su scala mondiale è giusto dire che la pirateria informatica sta cambiando alla base il rapporto tra produttore e consumatore dell’industria culturale? Se così fosse mi sembra che sia necessaria una rivoluzione di pensiero in materia…

Esatto. Proprio l’altro giorno Marco Mueller, direttore del Festival di Venezia, ha parlato della pirateria audiovisiva come un dato positivo, che ha permesso a molto nostro cinema (snobbato e ritenuto “minore” in patria) di varcare le frontiere e, “rippato” e copiato e ricopiato e scaricato, arrivare in terre lontanissime, come la Cina. Mueller faceva l’esempio de “L’odore del sangue” di Martone. Stessa cosa per la musica: cosa è meglio, essere un signor nessuno ma incassare percentuali micragnose sui due-tre cd che riesci a vendere, o essere famoso perché la tua musica viaggia, viene conosciuta, i cd vengono masterizzati e quando fai i concerti viene più gente? L’industria dell’entertainment non ha ancora capito che è da qui che dobbiamo cominciare a ragionare. Non è più il supporto (il cd, il dvd) il perno di tutto. La cultura è un flusso continuo che percorre un reticolo policentrico, il supporto è qualcosa di incidentale. A meno che non ci si impegni a produrre supporti di alta qualità, ricchi di materiali aggiuntivi e che siano anche begli oggetti da collezionare. Ci sarà sempre bisogno di qualcosa di tangibile, ma solo se varrà la pena.

Cosa pensate del bookcrossing?

Ne abbiamo sempre parlato bene e ci fa piacere che l’Italia, con tutti i record negativi che di solito la contraddistinguono, in questo sia un po’ una reginetta. Assieme agli USA, è il Paese in cui si bookcrossa di più, anche per merito della trasmissione “Fahreneit” di Radio 3.

Il campo semantico che bisogna aver presente per affrontare il dibattito di cui parliamo rimanda indubbiamente ad alcune speculazioni filosofiche emozionanti. Tommaso Moro da una parte, Proudhon e Saint Simon dall’altra.. C’è un rapporto tra utopia -o socialismo utopista- e il nuovo movimento per il copyleft?

Esistono assonanze, certo, ma non si va molto più in là di questo. Tutti i grandi cambiamenti sociali hanno assonanze con certe teorie e riflessioni. Più che Proudhon e Saint-Simon, però, parlerei di certo utopismo americano dell’Ottocento, visionari come Josiah Warren che cercarono di fondare comunità basate sulla proprietà comune, sul dono etc. Poi, ovviamente, parlerei di Marx. Tant’è che in America la teoria sul copyleft e sulle licenze creative commons viene chiamata “Marxism-Lessigism” (Marx + il net-giurista Lawrence Lessig). Quando Marx scriveva che nel comunismo tutti possono essere artisti, mi viene in mente questa inebriante nuova cultura del DIY iniziato col punk e l’hip-hop, del cut’n’mix, del campionamento, della grande ricombinazione, la musica fatta anche da non-musicisti, l’idea che diede il nome alla “house music” etc. Tutti fenomeni che non avrebbero preso piede senza quella che l’industria dell’entertainment definisce “pirateria” e basta.

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25 Commenti

  1. muchtek ci hai impressionato, anzi fatto paura sai?
    il lavoro dei blisset-wu ming ha dato la possibilità a chi arrivava dopo (come noi) di avere una direzione intellegibile ed intelligente da seguire, un’alternativa reale.
    ovvio che non sia l’unica

  2. scusate, scusate, ma quando si parla di copyleft anche noi dello stern26, nel nostro piccolo, ci sentiamo chiamati in causa, visto che ci lavoriamo da un po’… tra l’altro informazioni di carattere non soltanto “ideologico”, ma anche giuridico (apologia della criminalità? muchtek, infòrmati prima di aprire boccuccia!) si possono trovare sul nostro sito http://stern26.piranho.com/

  3. Il mio (super)impegno è ben riconoscibile quando faccio yoga, ma non è qualità. Sono lontano dalla qualità.

  4. Tu che scrupolosamente
    insisti
    sulla proprietà
    dei tuoi pensieri, perché
    non tieni
    i tuoi pensieri
    per te?

    (Hans Arnfrid Astel)

  5. che è esattamente ciò che tu biondillo non mi pare faccia mai, per quanto il tuo pensiero si manifesti nella forma di una totale e puntuale accondiscendenza di quello degli altri indiani. sono contento che tu riesca a esprimere tutto questo brio frizbollicine yeah yeah, senza fare lo zerbino, anzi. ma il fatto che ti venga fuori solo con chi è altro da qui, ai miei stupidi e non stupiti occhi ti rende non più o non solo lo zerbino, ma anche il cagnolino che ci sta sopra, e gracchia davanti alla porta.
    certo che io potrei aver frainteso tutto, internet e la vita hanno un po’ questo problema qua.

  6. A Fra’, non capisco di che parli. Te lo dico sinceramente. Perché ti senti coinvolto? Non stavo parlando a te… fammi capire le ragioni della tua acrimonia, che, insisto, sto cadendo giù dal pero.
    Poi, zerbino, cagnolino… be’, su quello lasciamo stare, è un modo di discorrere che non ti riconosco, e me ne dispiaccio.

  7. c’è un po’ questo problema qua. che io non parlo quando mi sento coinvolto personalmente.
    ho trovato poco carino da parte tua, atteggiamento che non ti riconosco e me ne dispiaccio, liquidare con una battuta che altro… in effetti rileggendola. oh, mi sa che ho detto una cazzata. parlo per ideogrammi che voglio andare anch’io in giappone con melissa p.

  8. c’è un po’ questo problema qua. che io non parlo quando mi sento coinvolto personalmente.
    ho trovato poco carino da parte tua, atteggiamento che non ti riconosco e me ne dispiaccio, liquidare con una battuta che altro… in effetti rileggendola. oh, mi sa che ho detto una cazzata. parlo per ideogrammi che voglio andare anch’io in giappone con melissa p.

  9. Francesco, purtroppo con il web certi “errori di lettura” capitano. Basta capirsi.
    Citare Astel non era affatto per me fare una battuta, ma era riconoscere, con le parole di un grande poeta tedesco che ha messo in rete le sue poesie aggratiss, che il pensiero è libero e non ha proprietà.
    Insomma, mi pare che su questo siamo d’accordo, no?

  10. Francesco tu mi deludi. Adesso odio anche te. Biondillo deve morire, non lo capisci questo? Morire, morire e basta. Senza appello. I leccaculo devono finire così, nella melma. Perché è da lì che sono venuti.

  11. mio mai amato filippo,
    Artemide
    non ti iniziò al vivere civile, per questo vaghi belva tra le bestie a disturbare
    le divinità. Se Licofrone non è stato degno di lasciarti in silenzio al cospetto
    di me, tuo Dio, Padre e Madre allora sei la conferma dell’assenza di coscienza
    tragica. Ripeto senza concetto sono il sacro, non mi abbasserò più a parlare
    con chi non rappresenta nemmeno il sacrilego. Condoglianze per la tua morte.
    Condoglianze per i tuoi anni caduto. S’ancor m’indegno d’indignazione perderei
    il mio stato supremo di disinteresse.

  12. Ma vai a cagare. Morite tu e Giandillo. Ora che siete amici e vi sleccazzate gli sfinteri un po’ per uno, potete recarvi nell’aldilà senza la paura di esser soli. (Anche Voltolini è morto. A sleccazzargli le cose ci penseranno babbunini logorroici). Buona sera a tutti. Adesso vado a tormentare un po’ Giulio Mozzi (che, invece, uno sfintere vero e proprio non lo ha; ma solo culaceo oblio di parole che grommano il suo venerabile piccolo retto).

  13. filippo schiffer,
    chi vi ha interpellato per avere una sentenza di morte? Credete di spaventarmi con parole che il vostro labbro non comprende nella pronuncia? eppure poteva essere amore. Vi domanderete come continuerà la nostra corrispondenza,
    dopo la vostra decapitazione. Semplice, non continuerà. Saremo l’incompiuto di un
    atto che non testimonierà se stesso nell’accadere, ma che nell’inaccaduto
    troverà compimento. Quale compimento più sublime, dell’inaccaduto per eccellenza, ovvero la morte?
    ah, la vostra fine tragica, in un’epoca dominata
    dall’assenza del tragico. Quanto a me, impedervi di morire, non sarebbe un atto eroico, ma tupido. Voi avete scelto. Mi rammarica la vostra impresenza, eravate già assente nell’atto della nascita. Figuriamoci morendo,
    diventerete un vuoto.

  14. Scusate, ma l’argomento del copyleft era molto interessante, e mi pare anche di una notevole rilevanza per il nostro presente. Perché far deragliare il dibattito in queste assurdità? Lasciate pure blaterare nel suo vuoto di pensiero chi augura la morte alle persone solo perché non le trova simpatiche o sintoniche, e andiamo avanti… Per esempio, qualcuno ha letto le cose che ha sostenuto Antonio Pascale proprio a proposito di Nazione Indiana e dei suoi commenti? (la questione si trova riassunta nel blog di Loredana Lipperini “Lipperatura”). Secondo me là Pascale ha espresso una opinione miope, e datata, ma se facciamo così – come in questo caso, azzuffandoci senza senso, tra chi insulta rozzamente e chi risponde satireggiando – finiamo per dargli tangenzialmente, casualmente, involontariamente, una parte di ragione. Non è una ragione sostanziale, certo, ma non è sotto gli occhi di tutti quanto sia sufficiente, oggi, una parvenza di ragione per pronunciare condanne sommarie?

  15. filippo schipper tu non lo sai, ma sei morto! Ho tracciato l’ip della macchina da cui scrivi. Entro 20 minuti saprò il tuo nome, cognome e dove abiti.
    Fai sonni tranquilli

  16. Però il termine zerbino è bello, gradevole,
    evoca tappetini, stuoini o piote o zolle,
    se Biondillo si mostra qual zerbino,
    io, che di lui son minore,
    vorrei esser zerbinotto

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