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La restaurazione #2

Filippo La Porta risponde a Antonio Moresco

laporta.jpgCaro Antonio,
condivido totalmente la tua diagnosi sulla situazione italiana. Parli, in modo appropriato, di “intossicazione”, che attraversa l’organizzazione sociale, l’economia, la vita stessa, e , fatalmente, anche l’arte e la cultura (che non costituiscono affatto un’oasi protetta). Mi piace poi il tono personale, sinceramente coinvolto – che è della nostra migliore tradizione saggistica – come quando scrivi di vedere “con sofferenza le persone cambiare giorno dopo giorno, trasformarsi, piegarsi a certe logiche, dietro la maschera del buon senso e dell’arroganza…”. Ma proprio per questo ti chiedo uno sforzo ulteriore. Ti chiedo di farci sapere da cosa, soprattutto, ti senti intossicato, nella tua esistenza privata, nella tua attività pubblica, nel tuo mestiere di scrittore. Ci provo io, anche dicendoti quello che meno mi convince delle posizioni che hai espresso negli ultimi anni.

Da cosa mi sento “intossicato”? Mi viene da dire, in ordine sparso:

Dalla politica, che ci illude di essere l’unica cosa reale e così ci consegna all’irrealtà,. La politica, che, come sapeva Parise, è la vera malattia italiana, il veleno sottile che inquina le relazioni tra le persone, il pensiero, la morale, che crea schieramenti del tutto immaginari solo per confermare appartenenze e piccoli poteri.

Dalla cultura-spettacolo. Una volta un nostro scrittore di successo auspicò “intensità e spettacolarità”. Se ci pensi è la formula della corruzione: cioè l’intensità si ritrova con l’obbligo di essere a tutti i costi spettacolare. Non basta a se stessa: deve sedurre, eccitare, intrattenere, scandalizzare (un’obiezione antipatica: certe operazioni fatte sul tuo nome – il tentativo di creare intorno a te un caso Dreyfus della letteratura! – non si propongono, assai pericolosamente, di combattere omeopaticamente la societa-spettacolo con i suoi stessi mezzi?)

Dall’ironia e dalla leggerezza coatta. Se non esibisci continuamente ironia non sei up to date. Tutti condannati a essere extralight, fluidi, illimitatamente sperimentali, flessibili ad oltranza, inclini a considerare qualsiasi esperienza (sentimentale, morale, lavorativa…) comodamente reversibile, e dunque manipolabile (come cerco di dimostrare nel mio ultimo libro: lo hai letto?). (L’ultimo libro di Filippo La Porta si intitola Autoreverse dell’esperienza. Gli inganni della vita flessibile, cfr. qui nella sezione “Novità”. Nota di T. S.)

Da una falsa idea di grandezza (che ha contagiato ahinoi la sinistra). Una grandezza legata alla Storia, al potere, alla fama, ai dirigenti politici, alla capacità di incidere sui grandi eventi, all’attitudine di guidare gli altri…. Chi ammiri? Chi ammiriamo oggi? Bisognerebbe ridirlo ogni tanto per capire chi siamo, a cosa veramente aspiriamo.

Dall’enfasi e dall’estremismo verbale, dall’immaginarsi su scenari epici, grandiosi, mitologici, dove spariscono gli individui concreti. E anche qui credo che tu a volte corra qualche rischio. Parli con insistenza di “non arrendersi”, di quelli che non si arrendono, etc. Evochi guerre, trincee, resistenze, gesti eroici, situazioni estreme. Alcune guerre (non metaforiche), è vero, si stanno combattendo nel mondo. Però noi ne siamo finora abbastanza al riparo e perfino ne godiamo inconsapevolmente alcuni frutti (forse ci aumenteranno le pensioni…). Dove stiamo noi? Intanto contempliamo l’apocalisse sulle sdraio, come scriveva Enzensberger…Occorrerebbe sempre averne onesta consapevolezza.

Dal narcisismo diffuso, dall’autoreferenzialità. Questo è l’ultimo punto. Più che di intossicazione parlerei di asfissia. Mi limito alla sfera della cultura. Intere comunità intellettuali in Italia non dialogano tra di loro. Restano sigillate in una autarchia diffidente, pur muovendo da premesse (conoscitive ed etiche) piuttosto simili, da una idea comune di emancipazione. Ad esempio: non mi è mai capitato di recensire un saggio di Paolo Virno (e viceversa), anche se a entrambi sta a cuore, che so, l’unicità irripetibile dell’individuo, la sua libertà dal potere, la possibilità di comunicare e di fare ancora esperienza. E ancora: possibile che quando Carla Benedetti parla di letteratura italiana fa quasi solo i nomi di Moresco e di Scarpa e su di loro edifica una specie di “manifesto”? Cerchiamo anche altrove, in altri generi e in altri territori, ciò che si oppone a conformismo e corruzione! Tempo fa mi capitò di scrivere che i saggi di La Capria, Garboli e Berardinelli erano i più belli di quella stagione letteraria: scritti meglio di qualsiasi romanzo, con più energia e immaginazione, e tutti e tre “felicemente” lontani dal potere e dalle sue logiche derealizzanti. Oggi esistono molti scrittori (elenco alla rinfusa narratori e saggisti: Pascale, Lagioia, Capati, Di Consoli, Marchesini, Febbraro…) che uniscono nelle loro opere lucidità di sguardo antropologico e qualità dello stile. E dei quali si parla pochissimo benché loro non se ne lamentino in alcun modo.

Hanno molte idee (che mettono costantemente alla prova), sono curiosi verso il mondo, inventano una lingua per rappresentarlo (romanzesca, pamphlettistica, diaristica, lirica.), intendono conservare qualcosa del passato (che gli sta a cuore), e, soprattutto, sono impegnati a ridefinire ogni volta cosa è “reale” e cosa non lo è nelle nostre esistenze.

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57 Commenti

  1. Uhm. Da una parte La Porta rimprovera alla Benedetti di aver fondato il suo manifesto su Scarpa e Moresco trascurando altri autori secondo lui significativi; dall’altra scrive un libro contro l’ironia e la leggerezza coatta, che è esattamente il manifesto della Benedetti, Scarpa e Moresco (se proprio a loro si vuole attribuire un manifesto). Poi chiede se Moresco ha letto il suo libro. Uhm uhm, pensare qualcosa di nuovo no eh?

  2. Caro Filippo,
    apprezzo il tuo sforzo di contribuire alla discussione sulla restaurazione culturale. Però lasciami dire che osservazioni come quella che hai scritto su di me (“quando Carla Benedetti parla di letteratura italiana fa quasi solo i nomi di Moresco e di Scarpa e su di loro edifica una specie di “manifesto”) , fanno andar via la voglia di discutere. Non sto a farti l’elenco degli scrittori italiani a cui ho dedicato attenzione e di cui ho scritto. Non sto a ricordarti che da un anno tengo una rubrica sull’Espresso, ogni 15 giorni, in cui parlo anche di scrittori italiani! Non ti faccio i nomi di tutti gli scrittori italiani che ho recensito con entusiasmo. Non sto a parlarti di quanto apprezzi Paolo Virno e abbia letto e meditato tutti i suoi libri, oltreché discusso spesso con lui in occasione di seminari (il dialogo non si fa solo con le recensioni!). Non lo faccio. Tanto non è questo il punto. Il punto è che per te la restaurazione consiste nell’essere intossicati dal narcisismo e dall’autoreferenzialità, e porti me come esempio. Il punto è che per te le forze della restaurazione sono tutte dentro di noi, che ne siamo tutti complici senza saperlo, compresi coloro che la denunciano, anzi soprattutto quelli. Grazie davvero del contributo!

  3. Come in Spartacus, una frase si è ribellata ed è scappata mordendo un tendine della parentesi :-)

  4. protesto.
    sognavo da tempo un confronto tra la porta, moresco e benedetti su questi (e altri) temi, e ora che finalmente l’occasione si presenta (a me), subito il confronto rischia di scadere in scaramuccia.
    chiedo a tutti e tre uno sforzo ulteriore: fatelo per me!
    grazie
    luigi ramenghi

  5. La presenza di La Porta in un dibattito letterario è di una insostenibile tautologia. Siccome La Porta scrive sui giornali è interessante quello che dice e quindi un suo scritto contribuisce a un dibattito. Invece La Porta non ha scritto mai altro che non fosse fumo in faccia ai suoi lettori e a chi lo pubblica, gratificato forse dal fatto che la medietà e la mediocrità non hanno limiti definiti e quindi è buona cosa stipendiare un sedicente critico completamente innocuo e conservatore. Sostanzialmente, inutile. La Porta, è evidente, è inutile, ma se lo tenga caro, in un paese di leccaculi come il nostro, chi ha bisogno di un confronto di un intellettuale inesistente ma di relativo potere.

  6. Ecco, col mio post sopra, il primo insomma, volevo dire esattamente quello che ha detto sopra Aldo Nove. Per essere precisi, la mia impressione era venuta leggendo il pezzo di La Porta pubblicato da Scarpa e non altro, però coincide proprio col giudizio di Nove. Ehm, naturalmente scritta peggio.

  7. Ah, scusate, la mia frase criptata sopra era riferita al fatto che la Benedetti aveva scritto inizialmente “la frase chiosata da a.b.” poi sostituito con la citazione diretta della frase di La porta, per rendere il discorso più chiaro. Be’ insomma era la prima volta che chiamavano un mio commento “chiosa” e la cosa mi aveva dato un po’ alla testa. Per due ore mi sono sentito Contini :-)

  8. credo che bisognerebbe apprezzare Filippo per il coraggio… o a questo punto, quanto meno, denigrarlo per lo scivolone… sarà che è in buona fede… ma in questo mondo letterario di merda non c’è mai da fidarsi troppo… neanche dei fessi…

  9. Ma… veramente nel discorso di Aldo Nove non si capisce niente. Non riesco neanche a capire se sono d’accordo con lui o meno. Dire “mediocre critico” e finirla lì è roba da ragazzini, non da scrittori o intellettuali. Si vede solo l’astio (dovuto più che altro a qualche recensione negativa di Laporta) e non l’intelligenza della stroncatura di Laporta. Quella latita. Nove, insomma, devi argomentare le cose che dici, non fermarti agli insulti. Oppure, prima le argomentazioni quindi gli insulti. Altrimenti ci fai una brutta figura. Ci si lamenta tanto della superficialità dei critici quando recensiscono senza prima aver letto e poi li si stronca senza dire perché. Achtung, babies

  10. E poi… dimenticavo… la Benedetti!
    Ma possibile che – intelligente e brava com’è – si mette a frignare e a dire che le passa la voglia di discutere solo perché qualcuno le ha mosso una critica? Eccheccazzo. O uno è aperto e veramente democratico (e allora risponde alle critiche e entra nel confronto, ché il gioco democratico è fondato proprio sulla cittadinanza che siamo capaci di dare a chi la pensa in modo diverso dal nostro). Oppure non si è democratici, per niente, e si strilla e si frigna e ci si indigna e ci si fa passare la voglia di parlare quando uno ci muove una critica. Una forma mentis da “uomini di potere” che però il potere non ce l’hanno. Si rischia di diventare un po’ tristi, no?

  11. Ma Dario non era una critica quella di La Porta. Se qualcuno ti attribuisce un comportamento che non è tuo, scientemente, non si chiama “critica”, diciamo che è una specie di calunnia. Il problema, dal mio punto di vista di semplice lettore anche di pagine culturali, è che spesso non c’è rigore in quello che trovo scritto. Sembra veramente che certi critici, raggiunta la poltrona, possono dire qualunque cosa senza sentirsi responsabili, e specialmente per lanciare libri. E non sto parlando solo di giudizi di valore (su quelli ormai ho messo una pietra sopra), dico proprio che vengono scritte informazioni false. Guarda che c’è un sacco di gente che la pensa come me, e che si rivolge al web per avere recensioni oneste e sensate di libri. Forse questo è sempre accaduto, non so, ma io mi arrabbio perché continuo a pensare che le cose si possono sempre migliorare.

    Una critica invece la voglio fare io a tutti: perché tra i tanti dibattiti che si sono sviluppati sul web non ne ho mai trovato uno in cui ci si chiedesse come fare arrivare i libri ai lettori. Questa sì che è autoreferenzialità.

  12. Forse Dario Fiore ignora quella fondamentale figura della brachilogia (ovvero dell’arte del parlar breve) che è la preterizione: lungi dal frignare/strillare/indignare, Carla Benedetti FINGE, retoricamente, di non voler parlare, ma in realtà entra ECCOME nel merito (“Non sto a farti l’elenco degli scrittori italiani a cui ho dedicato attenzione e di cui ho scritto. Non sto a ricordarti che da un anno tengo una rubrica sull’Espresso, ogni 15 giorni, in cui parlo anche di scrittori italiani! Non ti faccio i nomi di tutti gli scrittori italiani che ho recensito con entusiasmo. Non sto a parlarti di quanto apprezzi Paolo Virno e abbia letto e meditato tutti i suoi libri, oltreché discusso spesso con lui in occasione di seminari (il dialogo non si fa solo con le recensioni!). Non lo faccio.”)

    Quanto alla replica di Filippo La Porta (del quale ho nella pila dei libri da leggere l’ultimo saggio, accanto alla stampata de “L’uomo che ride” di Carla Benedetti, che a suo tempo aveva parlato proprio di ironia e leggerezza coatta – come vedi, caro Dario, i dialoghi si fanno anche andando a leggersi reciprocamente le cose che si scrivono, magari stando attenti ad avere un po’ di buon gusto non sollecitandone la lettura ai propri interlocutori-), quanto a La Porta, dicevo, condivido buona parte del suo elenco; ma l’ultimo punto (il più importante mi sembra, classicamente last but not least) proprio non lo capisco.

    Apprezzo e sostengo il richiamo a cercare anche in altri generi letterari (Alfonso Berardinelli non fa altro, e meritoriamente, da almeno 15 anni) “ciò che si oppone a conformismo e corruzione”, ma ho il sospetto che, ribaltando la questione, approdiamo a una scorrettissima conclusione: e cioè che Moresco e Scarpa (e assieme a loro TUTI gli scrittori non saggisti e NON citati da La Porta) NON si oppongono a conformismo e corruzione, e che nelle loro opere NO “uniscono lucidità di sguardo antropologico e qualità dello stile”, che NON “hanno molte idee (che mettono costantemente alla prova”, che NO “sono curiosi verso il mondo”, che NON “inventano una lingua per rappresentarlo (romanzesca, pamphlettistica, diaristica, lirica.), intendono conservare qualcosa del passato (che gli sta a cuore)” e, soprattutto,che NON “sono impegnati a ridefinire ogni volta cosa è “reale” e cosa non lo è nelle nostre esistenze”.
    Mi spiace constatare che un critico che in passato ha pubblicato un libro di ampio sguardo come “La nuova narrativa italiana” ora passi all’elencazione settoriale, compartimentale, da spazio isolato e riservato che fa dell’indicazione dei propri confini un mezzo per distinguersi e isolarsi.

  13. penso che aldo nove sia un tipo in gamba quindi gli chiedo di motivare: perché definisce la porta un critico conservatore, innocuo, inutile? in che modo la porta scriverebbe fumo in faccia ai suoi lettori?
    luigi ramenghi

  14. Da alcuni segnali mi convinco che in Italia il patto sociale non preveda il dialogo(non siamo ancora un paese normale?). O il silenzio indifferente o la rissa sbracata, o la guerra civile o il consociativismo(una parte almeno di “Nazione Indiana”, forse minoritaria, mi sembra in ciò rispecchiare conformisticamente il clima dominante)Quando sono intervenuto sul “pezzo”stimolante di Moresco non pensavo di dover sfilare masochisticamente sulla passerella dell’avaspettacolo ad espormi ai lanci proditori di uova…
    Prendiamo Aldo Nove. E’ ovvio che non mi apprezza. Va bene, neanche io lo stimo particolarmente come scrittore. Né finora – ricorderò male – ho incontrato qualcuno che lo stimi davvero, neanche tra i suoi sodali(messi alle strette ti dicono che però conosce bene il Cinquecento…). Il suo nome in un qualsiasi dibattito letterario mi appare un ossimoro. Ma proprio per questo non mi costringo a leggerlo né mi ingegno poi a insultarlo. A che pro?
    Quanto a Carla: d’accordo, non sono un lettore regolare della tua rubrica. E probabilmente ho sbagliato ad appiattirti su battaglie di poetica che rischiavano secondo me certa retorica avanguardistica e una fissazione monomaniacale su pochi nomi. Ma in fondo dialoghiamo tra noi da tempo, almeno a partire da una tua bella recensione al mio libro sulla narrativa italiana. Le condizioni di un civile dialogo non sono ancora irreparabilmente perdute! E soprattutto se ne hai voglia prova anche tu a dirmi da cosa ti ritieni “intossicata” e a confrontarti con la mia esperienza.

    Infine: non penso affatto, come qualcuno ha osservato, che Scarpa e Moresco, esclusi dalla mia lista, non si oppongano al conformismo, etc. Su di loro ho scritto in varie occasioni, esprimendo stima e formulando riserve.

  15. Nessuno lancia uova né tenta la rissa sbracata (sennò Tiziano Scarpa stesso – chiamato criticamente in causa proprio nel pezzo stesso – non avrebbe pubblicato il pezzo, credo): siamo nella colonna dei commenti PROPRIO per dialogare (prova ne sia che finora nessuno ha firmato un commento con nickname o con pseudonimi, tutti si sono esposti in prima persona, come è giusto che sia).
    Per quel che mi riguarda, voglio solo precisare che non ho detto che La Porta afferma perentoriamente che Scarpa e Moresco non si oppongono al conformismo; ho detto che, messa così la questione, ci sia un RISCHIO di leggere in quel modo le affermazioni di La Porta.

  16. Caro Filippo La Porta, io stimo molto Aldo Nove come scrittore, quindi almeno uno lo hai incontrato.

  17. Cesare Segre, Vittorio Spinazzola, Angelo Guglielmi, Edoardo Sanguineti tra gli altri, hanno scritto pagine, su di me, che un COGLIONE come Filippo La Porta non è probabilmente in grado di interpretare. Anni fa, sono stato “intervistato”, per Repubblica, da Filippo La Porta. Le sue domande erano così imbecilli da crearmi un imbarazzo assoluto. La sua intervista, una volta uscita, era di una tale insulsaggine e di una tale mancanza di tatto sul piano umano (Filippo La Porta, in quell’intervista, scriveva che io “andavo al supermercato con i miei genitori”, cosa che non avevo mai detto, visto che i miei genitori erano morti da vent’anni) da farmi vergognare. Ho poi letto per anni articoli di Filippo La Porta in cui mi sono chiesto quale fosse il senso. E dopo anni ho finalmente accettato la più semplice delle verità. Ossia che Filippo la Porta è un poveraccio. Ma in grado di scrivere cose mediocri per committenti mediocri, la qual cosa gli permette di soprevvivere e di rompere i coglioni occupando spazio che spetterebbe ad altri molto più legittimabili di lui. Forse, Filippo La Porta è uno scrittore fallito. Sicuramente, è uno del giro letterario di cui sarebbe meglio farsi amico. Uno da tenersi buono. Che vergogna. Che schifo.

  18. che vergnogna, che schifo l’ultimo post di Aldo Nove.
    Mi è crollato uno scrittore – che non mi faceva impazzire (ma ce ne sono, poi..? – ma che sapevo apprezzare.
    Ma dopo questa serie di insulti… a un critico che, per buono o pessimo che sia, ha la statura sufficiente (dai, ammettiamolo..!) per definirsi tale e per esprimere giudizi (anche di valore: sono i miei preferiti!) e per scrivere quello che ha scritto.
    Rilancio: le riserve su Moresco ci stanno tutte, e l’invito alla Benedetti di confrontarsi con le “intossicazioni” di La Porta mi pare valido, e sincero.
    Dopo 17 post, qualcuno ha voglia (lo ha fatto bene Sorrentino) di usare il cervello e adoperare questo bel mezzo per imparare gli uni dagli altri?

  19. … va bene. Ho capito.
    Per carità: sempre meglio dirla tutta che girarci attorno. E poi, i peccati si fanno per intero, non a metà.
    Ovviamente, sempre peccati restano.

  20. calambour, figure retoriche e insulti a parte, non capisco il senso dell’intervento di aldo nove: è fuori tema, o meglio non parla dell’argomento ma di chi ha proposto di parlarne. nove nel merito della questione “la restaurazione” non entra mai, coi suoi interventi.
    è vero, ha circostanziato le sue accuse, che però restano fuori luogo.
    in conclusione mi pare di intuire questo: anche se non si pronuncia, nove non ritiene l’argomento “restaurazione” lanciato da moresco indegno di discussione, ma esclude l’utilità di qualsiasi contributo da parte di la porta.
    quasi a metterci tutti in guardia.
    be’, da aldo nove io mi aspetto qualcosa di più di un allarme anti-virus.
    lugi ramenghi

  21. Ma perché “Laureata, 40 anni, 250 euro al mese” postato da Nove in homepage non è un contributo? Il contributo deve essere per forza “letteratura”?

  22. Rispondo e chiudo. Poi basta. Davvero. Partiamo dall’inizio. Sono rimasto inorridito di fronte al fatto che all’urgenza delle argomentazioni di Moresco, alla loro drammaticità, qualcuno (La Porta) abbia replicato usando la questione per esibirsi in tutt’altro. Mi spiego. E’ come se Moresco avesse scritto “Attenzione, sta bruciando tutto” e La Porta gli avesse replicato dicendogli “Sì, hai ragione, sta bruciando tutto, ma non ti sei espresso adeguatamente, in questa e altre circostanze, sulla divisa dei pompieri! A me sembra più elegante quella delle guardie forestali”. Queesto è quello che ho letto, nell’intervento di La Porta. Non so se mi sono spiegato. Rileggeteli, l’intervento di Moresco e la replica di La Porta. E quindi. La mia reazione (i miei post) ha di conseguenza confuso (fuso assieme) lo sgomento per la replica insulsa di La Porta e il fatto che questo personaggio altre volte (troppe volte) si era già comportato in modo simile, anche nei miei confronti. Questo mi ha portato a trasformarmi in una specie di Cossiga (quando si toglieva i sassolini dalle scarpe, apparendo alla tele con la psoriasi in faccia, ogni giorno più Mister Hide, in un curioso incrocio con Peter Pan) uscendo dal merito reale della questione, facendomi tirare in ballo ad esempio il fatto dell’intervista fattami da La Porta in cui il sedicente critico aveva alterato tutte le mie risposte, arrivando a toccare e distorcere cose mie personali molto delicate. E poi, ancora su questo piano: uno che scrive che anche “i miei sodali” (?) alla fine “non mi stimano” (aggiungendo un demente “ma forse mi sbaglio”: che senso ha? Forse La Porta, oltre a non sapere quello che dice, non sa neppure quello che sente?) è veramente irritante e squallido. E qua chiudo. Consapevole del fatto che abbiamo (ho), ancora una volta, perso tempo. E che il senso reale di una replica a Moresco non sta nel riempire questi post ma nel trovare, ciascuno a suo modo, la maniera per opporsi alla restaurazione che è sotto gli occhi di tutti, senza perdere tempo con sterili (per quanto soggettivamente motivati, motivabili) attacchi (controattacchi) a chi, come La Porta, esprime già nei suoi testi il livello dei suoi argomenti e delle sue posizioni.

  23. nove, con ‘Amore mio infinito’ ha fatto un ottimo lavoro – degno di critica è colui che non ci si confronta adeguatamente, pur essendo istituzionalmente deputato a farlo. per dire di un lettore (io) che non ha bestemmiato per aver strasato i propri dindi, a lettura ultimata

    (non ho nulla di personale nei confronti di la porta, ma quando nel pezzo qui pubblicato sfiora l’argomento politico, è di una banalità oltraggiosa – come sempre quando in un articolo sul gusto si affrontano temi assai complessi)

  24. Aldo Nove, mi dispiace, ma la restaurazione credo ce l’abbia nel sangue per ciò che riguarda i metodi, andando purtroppo a detrimento dei contenuti. Il suo, in definitiva, in questa occasione (ripeto, in questa occasione) è stato un comportamento da FASCISTA (o da stalinista, il che non cambia molto le carte in tavola: il metodo, ripeto, si mangia i contenuti).
    Tra l’altro proprio lui che si è prestato in passato a folkloristici passaggi sui giornali (tipo il servizio in cui cucinava i dixies o cosa erano con Ammaniti… non credo l’abbiano costretto a farsi fotografare in quelle condizioni)non dovrebbe poi lamentarsi se qualcuno l’ha trattato un po’ da clown.
    Bisognerebbe avere le palle di fare anche autocritica, certe volte. Ma questa ai fascismi e agli stalinismi di ogni tempo è una pratica che rimane interdetta.

  25. Cari Antonio, Carla, Tiziano, cos’è successo? Io volevo discutere con voi alcuni temi che mi stanno a cuore, dentro uno spazio bello, utopicamente arioso, ampio, pieno di gente che vuole dialogare, che intende mettere a confronto le proprie esperienze, senza voler prevaricare, senza attribuirsi nessuna speciale autorità. Poi ad un tratto si è spalancata la porta ed è entrato una specie di energumeno, che sbraita, abbaia, si agita a vuoto, che per convincersi di esistere si ingorga – poveretto – la bocca di insulti. Capisco che non si può censurare nessuno. Ma solleverei una questione di metodo: forse occorrerebbe capire se si è capitati in un luogo dove si discute, dove si ha interesse a discutere(e dove un minimo di decenza andrebbe pur garantito) o in un luogo dove soprattutto ci si sfoga(il che va benissimo e può avere per qualcuno utile funzione terapeutica: basta però saperlo prima). Comunque, speriamo almeno di continuare a dialogare tra noi, in questa o in altre occasioni.

  26. Tenetevi La Porta.
    Bravi, democratici.
    Io sono un clown.
    Un assoluto pagliaccio.
    Un fascista.
    Un energumeno.
    Uno stalinista.
    Mi va bene.
    Tenetevi La Porta.
    Buon dibattito.

    P.s.: “Piano piano ti sfilerai anche tu dalla stretta cruna della rivolta, per diventare un vecchietto che sgrana massime ottuse, la stolta avena dell’ottuso buon senso” (Angelo Maria RIpellino).

  27. Io mi sento intossicato da un ambiente (anche e forse soprattutto quello naturale, cioè l’ecosistema) che io stesso secondo le mie possibilità contribuisco a intossicare. In questo non c’è niente di letterario. Non è l’ambiente culturale, tantomeno quello italiano in particolare, che mi preoccupa come ambiente. Certo, vorrei che fosse diverso, vorrei che fosse il luogo in cui tutto ciò che i media controllano trovasse un bastione di resistenza. Così non è. Ma il dramma nostro è infinitamente più grande. Non riesco a capre come possiamo tutti noi trovare un senso nelle diatribe personali. Quello che trovo sempre impeccabilmente presente nelle posizioni di Moresco – non lo dico come amico, anche se questo è un punto che me lo fa sentire sempre più amico – è lo sguardo al di là della congiuntura presente, sebbene sia sempre da lì che lui parte. La questione della restaurazione non è – non mi pare che sia – una questione di posizioni personali più o meno raffinate, più o meno aggiornate, più o meno illuminate, ma proprio una delle questioni ambientali in cui viviamo. Tocca la sfera culturale, perché tutto è toccato da lei. Dalle banche alla scuola, dalla gestione delle risorse delle regioni ai diritti televisivi delle olimpiadi, dai brevetti tecnologici a quelli farmaceutici, tutto. Il punto è se si riesce ad esserne fuori, o almeno in partre esterni, o no. E se questa sia una possibilità strutturale, e non solo una grazia che tocca a qualcuno e ad altri no. Su questo io non so, semplicemente, cosa dire. Spero di chiarirmi le idee prima che sia troppo tardi.

  28. Siamo alle solite. C’è qualcuno- La Porta- che s’indigna per essere stato insultato su un blog o rivista online o chiamatela come volete. La cosa interessante è che a insultarlo è uno scrittore di fama e lo fa in termini- e con termini- decisamente accessibili. Che bello! E non perché ho qualcosa contro La Porta- non mi pongo il problema- ma perché vedo ancora una volta chiarito il senso dei luoghi che ospitano dibattiti come questo.
    Per anni noi lettori abbiamo sbattuto contro certa prestampata labilità di pagine e pagine di critici da/di carta, percependone spesso pigrizia e mancanza di curiosità, senza poter fare veramente niente se non non-leggere, lasciar perdere. Urtiamo tuttora contro la dura necessità di farsi leggere- non è il caso di Nove- di alcuni scrittori.
    Forse è difficile da accettarsi per critici come La Porta ma questo è un posto- come qualsiasi blog o rivista online priva della dannosa presenza di un moderatore- dove finalmente può avverarsi l’incanto: una discussione vera, coerente o incoerente che possa sembrare, a chi non ci è abituato, non importa. Qui non c’è uno cha parla sull’altro- come nei dibattiti televisivi- dove i più feroci gracchiano sulla voce dell’altro fino a impedirgli di esprimersi. Qui c’è la possibilità di rispondere, anche per esteso.
    Laporta ha detto di Nove “Il suo nome in un qualsiasi dibattito letterario mi appare un ossimoro” : mi sembra già di suo un approccio pigro. Sarebbe stato più interessante leggerlo nell’andare più a fondo all’argomento che aveva tracciato, sentire che ne sviluppava aspetti ulteriori, magari anche evitando di contrattacare Nove, cosa che poteva essere ascrivibile alla prassi- allo stile?- di un critico “cartaceo” e che magari gli avrebbe fatto fatto una figura diversa anche qui.
    Su Nove non dico nulla se non che io- che sono suo lettore, ma questo, è ovvio, non significa necessariamente “sodale”- lo trovo una della menti più lucide e concrete che si leggono in Italia in questa epoca di tristezze e paure.

  29. sono da sempre un grande ammiratore di Aldo Nove. Dai tempi di “Woobinda”. Un magistrale colpo allo stomaco all’idiozia italiana. Mi è sempre sembrato una specie di maradona della letteratura italiana. Imprevedibile e geniale. O un carmelo bene meno mistico ma altrettanto provocatorio e coraggioso. Mi sembra che anche in questa vicenda abbia dimostrato di avere coraggio da vendere attaccando un critico che si parla addosso e rischiando di farsi un nemico a vita. Bravo Nove sei grande!

  30. Caro La Porta, evidentemente Aldo Nove ti disprezza. Questa non è cosa al di fuori del dialogo, significa semplicemente che egli ritiene le Tue considerazioni estranee al dialogo originato dal pezzo di Moresco, non solo, ti considera parte del problema e nega perciò una tua esistenza dialogante in questo contesto indirizzando il suo disprezzo direttamente alla persona (come sintesi delle tue attività) e non alle sole argomentazioni, per sottolineare la posizione che tu, ai suoi occhi, occupi in tutto questo. Vuole farti fuori dal dialogo perchè già, secondo lui, non ne fai parte, il che significa che, insultandoti, egli compie un’azione a tema, producente senso all’interno delle questioni sollevate da Moresco.

    Quello che non è a tema, mi sembra, è che tu risponda a questo disprezzo allegorico ricambiandolo frettolosamente e come fosse ovvio -in pieno spirito “restauratore”, dando per scontato che chi è disprezzato necessariamente disprezza e chi è apprezzato apprezza – berciando pettegolezzi da retrobottega sulla scarsa stima di cui gode Aldo Nove addirittura presso i suoi “sodali” (sono sodali ma non lo stimano, quindi non so cosa siano, persone in qualche modo interessate a figurare sodali con Nove e il cui interesse è sufficientemente meschino da simulare stima ma i loro ingegni non abbastanza vivi da resistere al tuo smascheramento) da te frequentati durante i dialoghi tra intere comunità di intellettuali che forse in lavanderia promuovi.

    Nel tuo pezzo elenchi disturbi unicamente tuoi e problemi marginali, rispetto a quanto scritto da Moresco, introdotti da un fuorviante “condivido totalmente la tua diagnosi”, come se Moresco avesse detto “Sono nervoso” e tu, concordando, avessi elencato i tuoi malanni. Hai trasformato – entro il Tuo dialogare – il pezzo di Moresco in una vignetta, il tutto denigrando come uno “stalinista”, alludendo come un codardo, ammiccando come una puttana e proclamando un candido lai del salottiero dibattito mancato, come se l’importanza di uno scritto stesse tutto nella sua potenzialità di attirarne altri.

  31. 1. Moresco non è intossicato da un bel niente.

    2. A La Porta, fra le altre cose, “viene da dire” (che razza di espressione falsamente lieve e in punta di piedi!) che sono intossicanti “l’ironia e la leggerezza coatta. Se non esibisci continuamente ironia non sei up to date. Tutti condannati a essere extralight, fluidi, illimitatamente sperimentali, flessibili ad oltranza, inclini a considerare qualsiasi esperienza (sentimentale, morale, lavorativa…) comodamente reversibile, e dunque manipolabile”: trattasi del merdoso concetto di “‘postmoderno”, giusto? Ma allora perché rifiutare l’idea di grandezza, di non arrendersi ecc., che sono proprio in antitesi con la pappa postmoderna dove tutto è uguale e un po’ divertente?

    3. La Porta dice, sempre a proposito di intossicazione: “Dall’enfasi e dall’estremismo verbale, dall’immaginarsi su scenari epici, grandiosi, mitologici, dove spariscono gli individui concreti”. Anna dice: Gli individui concreti sono vivi, si mettono in gioco e possono dire o fare qualcosa di autentico proprio e soltanto su scenari epici e grandiosi, dove ardono l’amore e la morte – e che non mancano nei nostri tempi né mai sono mancati, perché si tratta della legge dell’esistenza –
    altrimenti si ritorna alle minchiatine postmoderne, popolate di figurine intercambiabili e sostanzialmente impotenti, dove una cosa vale l’altra.

  32. Scusi madame, ma lei parla di sè in terza persona… Anna dice:”…”.
    Com’è andata con Limiti? La pizza l’avete mangiata con le posate, immagino…:-)

  33. Sono davvero indignato per l’inurbanità e la teppistica violenza dello scrittore Aldo Nove verso Filippo La Porta, uno dei critici più bravi e meno corrotti che ci siano in circolazione.

  34. Ma cos’è diventato questo thread ? Gli amici di Tizio danno man forte a Tizio e quelli di Caio a Caio ? Un bell’esempio di discussione fra intellettuali, non c’è che dire.

  35. Caro Filippo,
    ti rispondo in ritardo, perché ero via da casa. Ma cercherò di farlo con la stessa franchezza e confidenza che tu hai usato con me. Come spesso mi succede leggendo le tue cose, ho trovato nella tua risposta al mio pezzo sulla restaurazione una compresenza di preoccupazioni reali, serie e condivisibili e di argomentazioni generiche e moralistiche che rendono difficile un confronto reale e profondo. L’uso che fai, astratto e disincarnato, delle parole “narcisismo”, “autoreferenzialità”, “spettacolarizzazione” ecc. sono come antibiotici a largo spettro che consentono (a te) atteggiamenti e posture di presunta superiorità morale e comportamentale ma che non vanno mai, umilmente e radicalmente, a un incontro e a un confronto con le opere reali e con le loro specifiche e diversificate e urgenti tensioni e forme. E questo mi sembra grave per chi si sia proposto anche come critico letterario e non -per dire- come direttore spirituale o confessore degli scrittori e delle loro debolezze umane (e forse non alieno da quel “narcisismo” che tu vedi invece profuso in altri e solo in altri). Sembra che tu abbia ormai assunto una postura preconcetta ossificata (scrittura saggistica -non a caso quella che pratichi tu- superiore a quella narrativa, ecc…) e che sulla base di questo e simili assiomi che mi paiono incredibilmente miopi, separatistici e lobotomizzanti, fondi gran parte del tuo discorso, delle tue elaborazioni psicologiche ed esistenziali e delle tue idiosincrasie. Io non disistimo e non considero affatto secondaria la scrittura cosiddetta saggistica. Ma bisogna vedere caso per caso. E forse in questi anni stanno succedendo molte cose che la tua postura ti impedisce di vedere e incontrare. Non è la prima volta che la critica del nostro paese non riesce, non può o non vuole incontrare ciò che vive sotto il suo naso e anzi lo allontana da sé attraverso posture moralistiche o culturalistiche o storicistiche o sociologiche o di altro tipo. Persino Croce non andava più in là di Carducci, neppure Pascoli gli andava bene, per non parlare di Rimbaud e compagnia bella.

    Mi piacerebbe confrontarmi con te, ma come fare se tu agiti genericamente criminalizzazioni moralistiche e insiemistiche buone per tutti gli usi invece che confrontarti veramente e radicalmente con quanto sta succedendo in questi anni e con le opere e le vite di chi le mette al mondo? Come se questo ti esentasse dallo sforzo di incontrare, di penetrare, di comprendere ciò che si muove a dispetto di tutto in una situazione così difficile e intossicata. Pensa a cosa sarebbe successo se tu fossi stato contemporaneo di tanti scrittori e poeti del passato -anche grandissimi e che magari oggi non hai difficoltà ad apprezzare- e ti fossi accostato ad essi con questa annichilente postura e con quest’unico metro. Io non sottovaluto affatto la radicalità etica e anche spirituale in un artista (chissà quanti damerini del pennello sapevano dipingere meglio di Van Gogh, eppure è anche e indissolubilmente per la sua intransigenza spirituale e la sua libertà che Van Gogh è riuscito a fare quello che ha fatto), ma non puoi esaurire tutto in questo né puoi ignorare che ci sono stati anche artisti e pensatori grandissimi e fecondativi che erano però umanamente più deboli o addirittura dei figli di puttana. Di cosa si può discutere se tu vedi gli scrittori di questi anni come una banda di piccoli vanesi unicamente vittime dei meccanismi spettacolarizzanti descritti come invincibili e totalizzanti? Se riduci l’amicizia e la comune passione che si può stabilire -oggi come nel passato- tra persone che condividono nella loro breve vita comuni aspirazioni e passioni a mero consociativismo e spirito di bassa congrega? Se banalizzi e ridicolizzi esperienze personali di dolore e di resistenza con battute estemporanee e cabarettistiche? Se di fronte al bisogno di “aprire” la realtà di questi anni (che non si presenta più come negli anni Cinquanta) per renderla ancora leggibile ed eloquente e abrasiva mediante un contromovimento artistico, spirituale e di conoscenza ci vedi solo ipertrofia linguistica? Ecc, ecc…

    Provo simpatia personale nei tuoi confronti, ma mi pare, a torto o a ragione, che in questi anni tu e altre persone intelligenti e sensibili non abbiate retto -anche umanamente- lo scontro, abbiate indossato la maschera della terminalità e del rancore e dell’identificazione moralistica con l’aggressore piuttosto che assumervi lo sforzo di esplorare, incontrare, inventare, salvare. Vi siate resi ciechi, vi siate messi in un vicolo cieco e che -stando così le cose- l’unica vostra “speranza” è che sia così per tutti e che il gioco sia chiuso. E questo è un vero peccato, uno spreco di intelligenza e di umanità che addolora. Pare che una parte consistente di ciò che una volta veniva chiamato “critica” abbia paura di incontrare la cosa in sé, a meno che non sia immediatamente riconoscibile rispetto alle proprie configurazioni e tipizzazioni. E che anche questo atteggiamento (narcisistico e autoreferenziale non meno di quello di cui si vorrebbe vittima il resto del mondo) abbia a che vedere con la pesante restaurazione -anche culturale- che stiamo vivendo.

  36. Mi sembra importante che Moresco abbia riportato la discussione sulla linea di confronto, che era iniziata con il suo pezzo sulla restaurazione, era proseguita con la risposta di La Porta (legittima e postata da Tiziano Scarpa con attenzione e rispetto, come testimonia un dettaglio non secondario: il fatto che Tiziano ha sentito il bisogno di mettere in nota il titolo del libro di La Porta alluso nel pezzo), con la replica di Carla, ecc.
    Mi dispiace che Antonello abbia personalizzato il dialogo, diciamo così, nel modo che abbiamo tutti sotto gli occhi. La cosa mi ha dato un grandissimo senso di imbarazzo. Sono l’ultima persona a poterlo rimproverare, d’altronde, perché ho fatto assai di peggio per motivi molto meno seri dei suoi, aggredendo volgarmente in passato persone ospitate in NI. Quindi non ho nessun diritto di giudicare Antonello da questo punto di vista: mi limito a esprimere disagio.
    Essendo un “sodale” di Antonello, visto che ho pure scritto un libro con lui e con Tiziano, dico a La Porta una cosa che lui sa benissimo, cioè che le persone che possono avere avuto il cattivo gusto di parlargli male di Antonello sotto il profilo della dignità intellettuale non sono certo dei sodali, per quanto possano essersi fatti passare per tali. Probabilmente sono dei cretini, o altrettanto probabilmente sono persone che non conoscono né lo scrittore Aldo Nove né l’uomo Antonio Centanin.
    Te lo dico, Filippo, rendendoti merito di essere stato, guarda caso, uno dei pochissimi critici letterari che hanno recensito il libro di cui ho appena parlato, intorno al quale si era creata come ricorderai una ridicola congiura del silenzio, perché troppi poeti l’avevano preso come un’invasione di campo.
    Quella tua recensione è una curiosa sintesi di tutto il bene e di tutto il male che si può pensare del La Porta critico: probabilmente conteneva anche valutazioni non condivisibili da chi è portatore di una visione artistica più radicale; però sta di fatto che La Porta c’era, non se ne stava in Atlantide a pensare ad altro: c’era, ha preso in mano un libro che apparteneva interamente alla “nuova” letteratura italiana, lo letto e ha reagito secondo il suo gusto.
    Può sembrare che questo sia semplicemente il minimo che si deve chiedere a un critico (un po’ come certi discorsi sul “governo degli onesti”: l’onestà per un uomo politico dovrebbe essere un prerequisito, e non il punto fondamentale su cui va giudicato!), ma in tempi di vacche peggio che magre a me sembra un titolo di merito notevole.
    Sarei contento, ora, di leggere una tua risposta a Moresco, e ancora di più se Antonello rientrasse nel dibattito, che è troppo cruciale per definire l’attuale situazione del mondo letterario italiano perché lo si lasci annegare. Il tutto ringraziando, per quanto riguarda me personalmente, tutti quelli che sono intervenuti in questo thread pieno di tensione.

    Cari saluti a tutti

    PS Non spaventarti, Carraro; non siamo ancora il… branco!

  37. Ci sono stati 2 articoli fondamentali su critica e letteratura, fuori dalle righe…, nell’ultimo mese, che nessuno ha fino ad ora nominato… Molto in linea con Moresco e Benedetti. Entusiasmanti e coraggiosi. Uno di Alfonso Berardinelli sul Foglio. Un altro di M. Parente sul Domenicale.

  38. Scrive Moresco: “Pensa a cosa sarebbe successo se tu fossi stato contemporaneo di tanti scrittori e poeti del passato -anche grandissimi e che magari oggi non hai difficoltà ad apprezzare- e ti fossi accostato ad essi con questa annichilente postura e con quest’unico metro”. Ora, il problema è che il Moresco crede di essere quello scrittore “anche grandissimo” incompreso dai contemporanei (La Porta). Ciò è indice di un sentimento di gradiosità narcisistica intollerabile. Caro Moresco, seppure fosse vero quello che dici, non saresti comunque tu quello scrittore anche gradissimo che scrive capolavori. Chiaro?

  39. Meno male che è intervenuto in questo dibattito Filippo La Porta che ha elegantemente esortato i partecipanti a questo foro a “non farsi i pompini a vicenda”! La battuta è di Tarantino, ma va bene anche per questi grandi scrittori (nove, scarpa, moresco…) che si fanno i complimenti a vicenda e che si sentono così geniali, incompresi, moderni ecc.

  40. Volendo distinguere Aldo Nove è stato recensito almeno due volte sul Corriere della Sera per un libro trascurabile, Canti del Caos credo non sia neppure mai passato sul Corriere, e neppure Kamikaze di Scarpa. Qualcosa vorrà dire. Rosalux Parente l’ho letto in rete e era ottimo, mi sai dire Berardinelli che giorno è uscito? Si trova in rete?

  41. Fire, le parole di Moresco che hai citato si possono interpretare non solo come una difesa della sua letteratura, ma della forza della letteratura, del senso che ha scrivere e leggere. Potremmo condividerla tutti questa battaglia.

  42. Personalmente non stimo nè Aldo Nove né Filippo La Porta: a loro modo, sono due tromboni. Un mio amico mesi fa mi ha raccontato di aver incontrato Aldo Nove in Giappone, a una festa. Be’, questo mio amico, persona riservata e un po’ timida, mi ha detto che l’unico che si pavoneggiava a quella festa era proprio Aldo Nove, malgrado i giapponesi non sapessero chi cazzo fosse…

  43. Interessante il punto di vista di Bloom: il parametro per giudicare un autore è se e quanto venga recensito dal Corriere. Parametro accessorio: se l’autore viene recensito, sì, ma per un libro “trascurabile” (chi lo stabilisce? Bloom o la redazione del Corriere o il nuovo pontefice?), allora non vale.
    Stando così le cose, perché discutere tanto? Perché La Porta si affanna a fare il critico, perché Moresco e Carla contestano certi suoi giudizi? Basta guardare il Corriere e si capisce subito tutto! Per esempio, che le più grandi scrittrici italiane sono Isabella Bossi Fedrigotti e Rosa Alberoni.

  44. Non si venga per favore qui a piagnucolare che Tiziano Scarpa o Aldo Nove (e sodali) sarebbero penalizzati dall’attuale sistema… Ma scherziamo??? Tiziano scarpa pubblica con einaudi e rizzoli, prende cospicui anticipi su ogni libro, è finanche consulente della einaudi e decide chi si deve pubblicare… Aldo Nove pubblica einaudi da cui ottiene cospicui anticipi e viene recensito da tutti i giornali (perfino repubblica che non recensisce mai nessuno)… Ma che cazzo hanno da lamentarsi questi scrittori, che sono ultraintegrati nel sistema (altro che marginali!), e ai quali è andata assai meglio di tanti altri magari + bravi di loro. Quanto a Moresco, con i libri che scrive è riuscito a pubblicare con feltrinelli-rizzoli-bollati, quindi non certo in modi marginali e clandestini! E allora finiamola con questa farsa!

  45. Ernestino,
    ti consiglio un libro di Moresco: “Lettere a nessuno”, forse Boringhieri ne ha ancora alcun copie in deposito… Non solo è il miglior libro di Moresco (per chi scrive, naturalmente), ma è anche un libro che rende evidente – direi visibile sulla punta di una forchetta – quanto la solitudine sia qui una macchina di scrittura. La forma epistolare, il diario: “Lettere a nessuno” avanza per frammenti, per bagliori (alcuni davvero folgoranti, alcuni intrisi di un’ironia che rima con il disincanto)… è un libro che rende “visibile” il corpo di chi lo ha scritto (seduto ad una scrivania? seduto su un autobus? dentro un bar? in una camera d’albergo? in un giardino?… è possibile percepire una variazione di postura, di posizione, a partire dalla lettura del testo stesso?). Di certo è il corpo di qualcuno che ha il coraggio di esporsi, anche brutalmente (… e se Moresco si avvicinasse qui a Michel Leiris? penso a L’age d’homme, soprattutto… come se Moresco abitasse qui quella “casa di vetro” descritta da Breton).
    In più, leggendo il libro, puoi renderti conto che non è poi così semplice vedere i propri libri pubblicati da Feltrinelli, Rizzoli…

    rinaldo

  46. Caro Raul, da “trombone stalinista” mantenuto a suon di contratti miliardari dall’Einaudi e sponsorizzato da Repubblica e dal Corriere è con un po’ di insoìfferenza che ti rispondo, passando notoriamente il mio tempo sui fuoribordo di Piperno con Melissa P. e il figlio di Fazi, pavoneggiandomi al largo delle isole del Giappone. Pure, per arrichire il volume delle mie Opere Complete, già pagatemi benissimo da Mondadori, ti rispondo. Anche se non so bene cosa risponderti. Credo di avere espresso tutto l’esprimibile nel mio post del 31.03. Quello che posso ancora dire, a parte le stronzate, è che è comunque molto bello che esista un posto caotico e anarchico in cui chiunque possa esprimere la propria opinione direttamente e sinceramente. Un luogo di dibattito anche duro è appunto un luogo di dibattito, e quindi esce dall’omologazione che preordina l’espressione. Un luogo in cui anche i puri risentimenti, le invidie, le meschinerie, le piccolinerie, comprese le mie (le nostre, quelle di tutti, che si firmino o no) hanno spazio. Spesso, i commenti più “cattivi”, brevi e anonimi, quelli dei troll, per intenderci, sono piccoli esercizi di stile. Insomma, comunque sia, ci sono dei margini di realtà che rendono davvero interessante qusto luogo. certo, visto le evidenti dosi di cattiveria che circolano, nessuno sta qui a farsi i pompini a vicenda, e questo mi sembra molto salubre. Tornando su La Porta, ancora, di nuovo, sono tutto sommato d’accordo con te. L’ho attaccato con violenza perché è comunque, per me (e almeno qui tutti hanno il diritto di esprimere la propria opinione) una residua parvenza di interlocutore. Non lo stimo affatto (e ho spiegato perché…) ma esiste. E’ il sostenitore di un’idea di letteratura che trovo da sinistra salottiera e falsamente impegnata, con la quale non riesco a immaginarmi se non scrontrandomici per tutta la vita. Ed è qualcosa, degna di attenzione (anche ostile, molto ostile) di fronte a un’infinita inesistenza della “critica” che è letteralmente sparita (tranni rarissimi casi, che si contano sulle dita di una mano, e che non hanno posto sulle grandi testate cartacee, se non alcuni anziani mostri sacri, come quelli che ho citato, e pochissimi altri, ad esempio Carla, e non è un caso che ogni volta che parla si crei uno “scandalo”). Insomma. Non c’è più nessun parametro che definisca in alcun modo l’autorrevolezza di un “intellettuale” perché il circo mediatico lo ha sostituito, come ha giustamente rilevato Sanguineti, con puri, evanescenti intrattenitori culturali. Dall’altra parte, chi cerca il dibattito è, come minimo, un trombone. Chi lo accende, e vi riversa toni duri, uno stalinista. Detto questo, mi piacerebbe, un giorno, fare un seminario “serio”, vissuto ai limiti dell’autolesionismo ma veramente sincero, sull’INVIDIA. Ecco, l’invidia, così come si presenta in un mondo in cui l’assenza di parametri qualitativi leggittima ognuno a sentirsi usurpato di tutto da chiunque, è forse il motore principale dell’attuale “dibattito” letterario italiano e innanzitutto della “critica” (e non mi sto riferendo, in questo caso, a La Porta), in tempo appunto di vacche così scheletriche da diventare invisibili. Io, ad esempio, non ho problemi ad ammettere di essere “invidioso” dei contratti, quelli sì miliardari (non certo i miei, che non riesco a pagare l’affitto di un bilocale con il lavoro che mi deriva dall’editoria e dal giornalismo) di Melissa P. Come sono “invidioso” di Baricco, che in tempi di vacche magre è comunque uno scrittore reale, che piaccia o meno (a me non piace). Pure, il fatto stesso che io pubblichi per Einaudi (e non per contratti “miliardari”) fa sì che sia invidiato da chi per Einaudi non pubblica (e magari, e ci credo, perché no) ha più talento di me. Che magari, a sua volta, pubblica comunque gratis per un piccolo editore ed è a sua volta invidiato da chi non pubblica affatto etc. Ecco, Raul, un po’ confusamente (ma io sono confuso) la mia risposta. Un abbraccio

  47. Dio, carissimo aldo nove, come mi dispiace che non riesci a mantenerti con i lavori editoriali! E allora, se posso permettermi, perché non vai a fare l’insegnante, o meglio, l’operaio, o il commesso di un grande magazzino, visto che ti piacciono tanto le merci? Non esiste mica solo la scrittura. Vai a faticare, mi spiego, ne gioverà anche la tua letteratura manieristica e ornamentale.

  48. Infinitamente caro, onesto, corretto Celestino, mi sono mantenuto all’università lavando il culo ai vecchi per sei anni. Grazie comunque per gli apprezzamenti alla mia scrittura. Un saluto manieristico e ornamentale

  49. Stai vivendo un periodo difficile, aldo nove, si capisce. quereli tutti, te la prendi con tutti. provo un profondo rispetto per chi vive un periodo difficile. eviterò di coglionarti ulerioramente.

  50. Sto vivendo un ottimo periodo, invece. E se ho disagi, e ne parlo, li firmo con il mio nome e la mia mail, tesoro mio

  51. Insomma, per concludere, questi scrittori – aldo nove, tiziano scarpa e moresco – ma soprattutto i primi due, ex pulp, anzi soprattutto il primo – sono integratissimi nel sistema editoriale e mediatico, anche troppo, adorati da editor e burocrati e operatori culturali e giornalisti e critici tromboni nostagici avanguardisti con dentiere digrignanti, sono mantenuti da case editrici e giornali, eppure si lamentano, si atteggiano ad anticonformisti, credono (o fingono di credere) di essere intellettuali in trincea contro l’omologazione culturale e il potere, se la prendono con i critici che si rifiutano di “vedere” il loro genio, se del caso li insultano senza pietà, come è capitato qui. Questo foro ha smascherato in parte questa situazione. Ora, non si discute il loro talento, sia chiaro, Scarpa è bravo, Nove pure (con qualche vizio sperimentalistico), ma si discute la loro integrità morale. Se siete integrati e conformisti (anche e soprattutto nelle vostre scelte letterarie), comportatevi di conseguenza e piantatela di piagnucolare e di farvi i pompini a vicenda!

  52. Dopo questa lucida conclusione di Ernestino mi pare non ci sia più niente da aggiungere.
    Ricambio l’abbraccio ad Antonello, con un po’ d’invidia per la sua capacità di integrarsi nel sistema editoriale e mediatico e farsi adorare dagli editor e da un sacco di altra gente (perfino da me)… e il tutto a onta dei suoi vizi sperimentalistici! Figuriamoci se fosse un prosatore mainstream, allora.

  53. Ho uno strano rapporto, da lettore, con Antonio Moresco. Apprezzo il suo coraggio e il tentativo di volare alto. Forse amiamo anche gli stessi autori. Non condivido il suo pessimismo viscerale, carico di rabbia e di barriere antropologiche. Credo che Faulkner e Kafka troverebbero, con fatica, un buon editore anche oggi. Moresco parla di resturazione, io credo che il periodo che stiamo vivendo assomigli più a una fuga dal Novecento. Il Novecento ha bruciato molti sogni, lasciando un odore di nichilismo e un disorientamento in cui non è facile navigare. Credo sia necessario ritrovare una mappa, coordinate culturali disegnate sulle macerie del passato. Filippo La Porta cita Pascale e Lagioia. Conosco bene Nicola, ho letto molto di Pascale. Sono due scrittori che stimo e credo stiano lavorando in una direzione che condivido. Nei loro romanzi c’è un abbozzo di quella mappa che anch’io sto cercando, C’è ancora molto da lavorare. Sono convinto, da tempo, che la guerra civile di parole, i piccoli muri costruiti intorno alle parrocchie servano a poco. Ogni volta che leggo o sento discorsi sulla narrativa italiana di questi tempi, purtroppo, vedo linee di confine segnate da rancori e frustrazioni. Forse dovremmo sottolineare i passaggi e i varchi. Aprirli. Magari dall’altra parte c’è qualcosa che né Moresco né io possiamo immaginare.

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