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Risposta pacata

di Antonio Moresco

Vedo che in Nazione Indiana è salita la febbre, che c’è fermento e anche scontro, e questo -se non si è cultori del quieto vivere e del bon ton a tutti i costi- mi sembra una cosa buona. Partecipiamo a questa avventura collettiva da più di due anni ed è bene cominciare a domandarci -magari anche tumultuosamente- il senso e l’originalità di questo stare assieme in anni come questi e dei nostri desideri e delle nostre possibili proiezioni, che non si possono ridurre al fatto di avere messo in piedi una bella vetrinetta di scrittori in rete.

Nelle settimane scorse ho postato tre pezzi (“Piccola nota”, “La restaurazione” e “Omaggio a Bellow”), dove ho cercato di dire cose che mi sembrava andassero dette e ho cercato di farlo in modo tranquillo e argomentato. Ho poi postato una risposta a La Porta e una a Caliceti (che tra l’altro conosco di persona e che mi è parsa una persona simpatica e intelligente), in risposta a due loro interventi sulla Restaurazione, che a me sono sembrati in diverso modo banalizzanti e castranti. Queste due mie risposte, soprattutto la seconda, sono più emotive dei tre interventi precedenti. Ma non credo per maleducazione, inospitalità o violenza. Io sono piuttosto portato alla contemplazione e alla solitudine. Ma ci sono a volte cose che sono questione di vita o di morte e battaglie che non ci possiamo permettere di non combattere, ci sono epoche in cui non si tratta solo di respirare ma in cui bisogna nello stesso tempo creare le condizioni per cui ci sia ancora aria da poter respirare.

A questo punto è successo che diversi commentatori, e anche diversi indiani -i quali non avevano evidentemente trovato nulla da ridire sul resto- hanno sollevato questioni di forma, si sono inalberati e hanno stigmatizzato il tono della mia risposta (e di quella di Carla Benedetti). Questa indifferenza di fronte a certe argomentazioni e invece l’indignazione di fronte a toni -magari accesi e appassionati- mi stupisce e mi preoccupa. Ragazzi, non siamo la Camera dei lord! E vi ricordo che non è detto che sia necessariamente quello che usa toni più accesi a portare violenza. Se volete andarvela a cercare, questa riflessione la trovate persino nei “Promessi sposi”, nella scena di Renzo e di Azzeccagarbugli.

Ma se qualcuno si è sentito offeso, allora mi scuso volentieri, visto che non era mia intenzione offendere. Ma ribadisco punto per punto, in modo pacato, quello che avevo detto in quell’ultimo intervento. Se anche non fossi uno scrittore, e fossi magari un netturbino, e magari addirittura un filo d’erba, continuerei a portare in me questo rifiuto a vivere la mia vita in questa dimensione e in questa resa. Se guardiamo alla vita subatomica della materia, e poi all’immensità del cosmo, non solo gli scrittori ma l’intero nostro pianeta possiamo vederlo come infinitamente “marginale”. Eppure, al suo interno, ogni persona e animale e organismo vivente, ogni cellula e ogni fibra e ogni più piccolo palpito portano dentro di sé qualcosa che solo un occhio semplificante può vedere come marginale ed esterno e privo di un suo diritto a vivere dentro di sé o di tendere alla pienezza o al sogno della pienezza nell’immenso vuoto. Non è questione di avere nostalgia per un ruolo di maggiore potere per gli intellettuali e gli artisti. E’ che l’arte (come il pensiero, come altre attività umane) è fecondativa e tende all’invasione. Com’erano infinitamente “marginali” e inermi gli scrittori deportati o fatti morire nei gulag durante lo stalinismo! Eppure andiamo a rileggerci i libri di Shalamov o di Mandel’shtam e vediamo un po’ come vivevano il loro essere scrittori e poeti!

Il mese scorso abbiamo fatto un bel convegno su “Giornalismo e verità”, con tanti meravigliosi ospiti e amici che ci hanno fatto vedere qual è la situazione nel nostro paese e ai quali abbiamo chiesto (e che ci hanno dato) coraggio. Chiedere coraggio agli altri è facile. Gli scrittori invece non devono avere coraggio?

Ho scritto -e anche questo è stato criticato- che d’ora in poi cercherò di rispondere di meno a certi interventi che suscitano in me troppo dolore e disperazione. Tanto più che ha perfettamente ragione Caliceti a dire che il compito principale di uno scrittore è scrivere libri. Cosa che non ho mai smesso di fare.

Nelle prossime settimane, dopo una sosta di quasi due anni, comincerò a rimettere la testa sui Canti del caos e a fantasticare la sua terza parte. Per cui starò un po’ più lontano e incontrerete di meno in Nazione Indiana sia la mia pacatezza che la mia emotività.

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26 Commenti

  1. Rispondo per me. Io non ho stigmatizzato questioni di forma, ma di sostanza, cioè non ero d’accordo sull’interpretazione da dare alla parolina “marginale” usata da Caliceti. Che poi abbia fatto notare che a quella interpretazione sbagliata si accompagnavano toni un po’ alti questo non toglie nulla alla sostanza di quello che dicevo. Del resto girando sul web mi sono trovato migliaia di volte a difendere il tuo lavoro e quello della Benedetti che venivano attaccati proprio sulla base di incomprensioni (oltre ad avere linkato, copiato-incollato, segnalato tantissimi vostri interventi perché valeva la pena diffonderli). E tante volte ho usato argomenti “ad personam” su di voi e a vostro favore avendo molta stima del vostro lavoro. Stima che molto probabilmente provano tante delle persone che hanno criticato il vostri interventi non per togliere alle vostre argomentazioni ma per restituire qualcosa a Caliceti. Tutto qui.

  2. Off topic un’altra cosa. Ultimamente sono successi due fatti che per chi è affezionato a Nazione Indiana un po’ scocciano. Sul vomiturium di Biondillo si sentiva della tensione in parte della redazione. Vista da fuori (attraverso piccole tracce nei commenti) la cosa sembrava insofferenza repressa tra i denti. Ecco sarebbe bello per il futuro, visto che questo è un luogo dove ci si confronta, che l’insofferenza diventasse sempre critica pubblicata.
    E poi c’è la questione di Angelini rimasta in sospeso, del pezzo chiesto ma che per opportunità sarebbe meglio non pubblicare. Secondo me sarebbe meglio che qualcuno della redazione chiarisse.
    So che rompo le scatole, ma appunto, la forza di NI è che il bon ton si lascia fuori dalla porta.

  3. Scusa, moresco, io non sono un’indiana, o forse “non sono” proprio. Ed è in quanto non essente, che ti faccio una proposta. Sono d’accordo – assolutamente d’accordo con te – sul “marcio” – a parte l’epressione che mi pare un po’ da carie dentale, e come sconfiggerla -. Siccome ieri chiedevo proposte e non me ne è arrivata neanche una, e sono una che ha molte fiducia – esorbitante, inadeguata, falsa, per quanto grandi sono le mie aspettative nelle comunità – ti propongo di prendere nota di tutte le situzioni in cui si viene fatti oggetti di sopraffazioni, che ci sono! eccome – in quanto individui scriventi – e di

    1. “portare in tribunale”, chi ci sopraffà. Non è una battuta. Chi di noi non ha vissuto situazioni di sopraffazione? E con questo credo tu ce l’abbia soprattutto quando dici “marcio” no? Se no non capisco, non si può ragionevolemnte lanciare un’accusa tipo, “Si richiede un margine troppo alto di guadagno agli editori!”, e pretendere come autori di fare una battaglia politica su questo. (Che cazzo me ne frega di fare una battaglia su questo? Come faccio? si è mai visto un/a operaio/a dire, “la mia azienda produce troppo automobili!”, e rigirarsi per terra con la bava alla bocca?

    Poi 2. Scrivere pubblicizzare, “descrivere” tutti i comportamenti secondo noi “inadeguati”, delle “persone”, comprese noi.
    Questo perchè io in modo molto poco “cattolico” credo che il Male lo sappiano fare solo le persone “vive”, e come loro nessuno.

    (Non sono è chiaro escluse le “battaglie strettamente politiche” cortei, manifestazioni, appelli…)

    Vedi, credo che spesso dietro le urla in cui non si facciano nomi, non si indichino azioni precise, ci sia sì, una angoscia reale, ma che questa angoscia non si sia in grado di leggerla. Questo in generale. Ma compito dello/a scrittore/ice è proprio quello di “imparare a leggere” che cosa produca in noi – esseri umani gli stati di disagio, quali ambiguità, quali modi prepotenti, arroganti, forme di potere – per poter “comunicare”, con le parole, anche a chi magari è meno privo di “risorse” – diciamo così, va! – come “gestire” – a proposito di azienda – “l’esorbitante arroganza del potere” – che si presenta sempre con due gambe, due braccia una testa e due occhi – in Dickens a volte ha una gamba sola!. Poi lo/a scrittore/ice ha anche diritto a godersela, ma questo è un altro affare!

  4. Minaccia Moresco: “Nelle prossime settimane, dopo una sosta di quasi due anni, comincerò a rimettere la testa sui Canti del caos e a fantasticare la sua terza parte.”

    Perché non provare, invece, a compattare le due parti già uscire in un solo, più agile volumetto di 100 pagine intitolato: “Il meglio dei Canti del Caos”?.

    (Scherzo)

    Posso divertirmi a copia-incollare un memorabile intervento di Federico Platania su it.cultura.libri? Però promettete di non offendervi.

    Eccolo:

    Da:Federico Platania (federico.platania@virgilio.it)
    Oggetto:Canti del caos (seconda parte). Lo scherzo infinito.
    View: Complete Thread (11 articoli)
    Original Format
    Newsgroups:it.cultura.libri
    Data:2003-10-05 01:32:02 PST

    Ci troviamo chiaramente coinvolti in un complotto. Di cui noi siamo
    vittime e – parzialmente – complici.

    Ieri, come tutti i sabati, compro “La stampa” col mezzo chilo d’allegati.
    Sull’allegato “Specchio” Voltolini (rileggete: Voltolini, uno degli
    scrittori più misurati e attenti dell’attuale panorama italiano)
    recensisce la seconda parte di “Canti del Caos” di Antonio Moresco. Nella
    recensione compare questa frase: “Colmo di visioni straordinarie e pervaso
    da una tensione crescente, il libro – tra le creazioni più alte
    dell’attuale produzione letteraria – è assai leggibile”.

    Ci vuole uno scrittore capace come Voltolini per scrivere una frase così
    assurda come questa. Che attira e respinge al tempo stesso. Parafrasi
    gastronomica: “Colmo di spezie straordinarie e pervaso da una cottura
    crescente, il piatto – tra le creazioni più alte dell’attuale produzione
    gastronomica – è assai digeribile”. BURP!

    Io non posso credere che uno scrittore tranquillo e artisticamente onesto
    come Voltolini scriva una cosa del genere: “Tra le creazioni più alte
    dell’attuale produzione letteraria”. Faccio fatica, davvero. Vabbe’ che
    dopo che Mozzi, editor di Sironi, ha strombazzato ai quattro venti che “Il
    suicido di Angela B.” di Casadei edito da Sironi è un capolavoro, può
    succedere di tutto. Ma comunque faccio fatica.

    Poi nel pomeriggio capito in una libreria, in modo imprevisto. “Canti del
    Caos 2” è lì. Non resisto lo compro. Ma lo compro soprattutto perché ho
    fiutato il complotto e voglio cercare di vederci un po’ più chiaro.

    In quarta di copertina ci sono gli strilli. Sapete cosa sono gli strilli,
    no? “Il libro che dice la verità sul caso Ustica” (La Gazzetta di
    Casalecchio di Reno), “Dopo aver letto questo libro non riuscirete a
    chiudere occhi” (Frank O’Reilly, The Daily Planet). Questi sono gli
    strilli. Mi chiedo in quale altro caso per la narrativa italiana non
    commerciale sono stati usati gli strilli. E ancora sono lì che cerco di
    rispondermi.

    E gli strilli dicono: “I Canti del caos spalancano interi universi”
    (Tiziano Scarpa). “Un libro illeggibile” (Angelo Guglielmi). Finezza
    questa fatta apposta per attirare i gonzi come me che hanno comprato la
    copia di Canti del Caos proprio perché hanno letto *questo* strillo. E,
    alla fine, “E’ un libro incandescente, costruito su una struttura
    romanzesca possente” (Carla Benedetti).

    Ma fin qui potrebbe anche andare. Poi nel risvolto di seconda di copertina
    c’è una cosa che ancora io non riesco a crederci. C’è scritto… No,
    aspettate. Vi ricordo che stiamo parlando di Rizzoli. Un grande gruppo
    editoriale, e dunque marcio fino alle midolla come tutto il potere del
    mondo, però che non fa cazzate così plateali. Invece in seconda di
    copertina c’è scritta una cosa che non può essere definita in altro modo
    che una cazzata. In seconda di copertina c’è scritto: “Moresco è arrivato
    in un luogo che ancora nessuno conosce, che solo lui conosce, oltre i
    generi, oltre le storie, oltre i personaggi. Forse dopo questo libro,
    qualcosa, in letteratura, non sarà più come prima”.

    Io faccio fatica a credere a tutto questo.

    Io penso che ci sia una remota possibilità che Tiziano Scarpa, Carla
    Benedetti, Dario Voltolini e Antonio Moresco, quando fanno le riunioni di
    redazione per Nazione Indiana, eccedano, diciamo così, con il Lambrusco
    oppure con delle massicce dosi di pakistano tagliato male. Poi chiaramente
    escono fuori cose del genere. Ma mi incazzo, però, perché Scarpa e
    Moresco, almeno per quanto mi riguarda, sono tra quelli che hanno le idee
    più chiare su quello che sta avvenendo nel mondo della letteratura oggi. E
    poi tutto quello che leggo intorno a Canti del caos, testo, metatesto e
    paratesto, mi sembra nient’altro che una grossa candid camera ordita nei
    confronti dei lettori. “Scriviamo ‘sta roba, vediamo che dicono. Aspetta
    in quarta mettiamoci ‘sta frase. Versamene un altro bicchiere Tizia’”.
    Ecco io penso questo, sono triste anche un po’ smarrito.

    Il che, e lo dico, alla fine, non ha nulla a che vedere con il valore
    letterario del Moresco scrittore che – e lo ribadisco per l’ennesima volta
    qui attirandomi come al solito i digrigni di qualcheduno – esiste eccome.
    Moresco scrive bene (andatevi a rileggere l’introduzione al primo numero
    della rubrica “Le prove” su Fernandel. Cazzo se sa scrivere il Moresco.
    Poi magari spiegatemi come ci è finito a collaborare uno come Moresco con
    Fernandel. Ma questo è un altro discorso. Magari fa tutto parte del
    complotto, dell’infinite jest moreschiano).

    Moresco scrive bene, ragiona bene e, fino ad un certo punto, ha anche
    saputo costruirsi un personaggio-scrittore misuratamente snob,
    misuratamente eccentrico. Ma fino ad un certo punto. Ora il limite è
    passato.

    E chiudo con una nota per Lucio Angelini: Lucio, tu sostenevi che in
    realtà Antonio Moresco non esiste. E’ solo un attore che presta il volto
    mentre tutti i libri a firma Moresco sono in realtà scritti da Scarpa.
    Lucio, temo che la verità sia ancora più terribile.

    Adesso chiudo. Stanno bussando alla porta. Sento un forte odore di
    lambrusco e la voce roca di Voltolini che ringhia…

    Aitjklg…

    Federico

  5. Intanto Barbieri ha posto delle questioni serissime alle quali bisognerebbe rispondere. barbieri, faccio notare, è totalmente affidabile, nel senso che non è un ESTERNo né un INTERNo. Quindi, una persona credibile e sincera. ma perché mia nessun orisponde a quelle cose che lui dice?

  6. come molti “commentatori”, divento anch’io sempre più insofferente verso questa retorica della “grande letteratura” che pervade e spesso induce tutta la scrittura (di ottima qualità, peraltro) di moresco e cordata, e che denota nel caso migliore una forma di feticismo linguistico, un’incapacità di uscire realmente dall’oggetto letterario. io concordo in pieno con carla benedetti sulla necessità di una scrittura forte, e direi intensa, ma ritengo che vada perseguita puntando in alto e all’esterno, se non si vuole ridurre la lett. a un inerte esercizio di destrezza linguistica – a una forma alla fine di mikebongiornismo letterario. dunque superare l’autoreferenzialità, ma anche quel cascame linguistico che è il romanzo, e attestarsi nello spazio ben più ampio e degno della parola, essenza costitutiva dell’uomo. io credo che solo in questo modo la scrittura può uscire dalla sua indubbia, mortificante e “immiserita” condizione di insignificanza, e intercettare magari non più solo il desiderio irrancidito dei pennaroli, ma quello degli uomini, di coloro che ora non trovano altra direzione o sfogo alle loro tensioni che forme degradatissime di religiosità, o alienati miti televisivi, o il muro della nevrosi o delle tossicomanie ecc. ecc.
    spero di poter scrivere di ciò più approfonditamente

  7. Caro Andrea Barberi,
    ti ringrazio per quello che scrivi, e so bene che i tuoi commenti sono stati sempre costruttivi, e non lo dico solo perché mi hai difeso, ma perché sai vedere con acume dove sta la sostanza delle cose.
    Io credo che della discussione anche aspra che c’è stata su Nazione Indiana si possa essere solo contenti. E’ servita a far venir fuori certe divergenze tra le persone. E su questo sono daccordo con te: gli accordi di superficie, fatti più per senso di cortesia o per spirito di gruppo o di cordata, non portano a niente.
    Però ti faccio anche notare quanto fossero violenti nella sostanza, anche se sotto una forma pacata, le risposte di La Porta e di Caliceti a Moresco. In modo diverso, certo. Ma La Porta diceva più o meno: “Ma voi che parlate di restaurazione, confessate prima i vostri peccati di narcisismo e di autoreferenzialità”. Caliceti diceva più meno: “Parli di restaurazione ma in realtà sei mosso da uno spirito di rivalsa, da una richiesta di risarcimento”. Questa non è violenza? Se tu parli seriamente di una cosa e ti dicono che parli così perché hai qualche problema, non ti sentiresti aggredito? Questa non è violenza?
    Quanto alla questione Angelini, ti rispondo intanto io, sperando che prima o poi lo faccia anche la persona interessata.
    Io non so chi sia stato a chiedergli il pezzo, e nemmeno chi abbia protestato affinché non venisse pubblicato. Ne parleremo alla prossima riunione. Ma ti assicuro che anche per me questa è una cosa molto antipatica. Tra gli stili di comportamento di Nazione Indiana, che puoi leggere in homepage nel “Chi siamo”, c’è anche la regola che ognuno si prende la responsabilità di pubblicare ciò che ritiene interessante, valido ecc. Nessuno di noi può andare a dire per esempio a Roberto Saviano di non pubblicare il pezzo di XY perché perchè XY gli ha pestato i piedi. Nessuno può mettere divieti di questo genere. Quindi per me è molto grave. E vorrei che non si ripetesse mai più.

    Però ti posso anche fare un esempio contrario. Tu che frequesti spesso questo blog ricorderari che Nicola Lagioia attaccò pesantemente Tiziano Scarpa nei commenti. Un po’ di tempo dopo Tiziano Scarpa ha intervistato Lagioia su Nazione Indiana, gli ha dato la parola per parlare di un suo libro, anche se gli aveva “pestato i piedi”. Evidentemente perché gli premeva di più la qualità del libro di Lagioia, e il contributo che poteva dare a Nazione Idniana, che non il risentimento per l’attacco personale subito. Non ti sto facendo un esempio di nobiltà d’animo. Sì, certo, è anche nobiltà d’animo. Ma soprattutto è un esempio dello spirito di Nazione Indiana che Tiziano incarna con intelligenza e lungimiranza. Come anche moolti altri.

    Spero che la persona che non ha voluto che Angelini pubblicasse il suo pezzo solo perché gli ha pestato i piedi segua l’esempio di Tiziano in futuro. Se invece non ha voluto pubblicarlo perché quello di Angelini era un brutto pezzo, allora il discorso cambia. Le schifezze le evitiamo, è ovvio. Comunque è chi pubblica il pezzo a prendersi la responsabilità di accettare o rifiutare il contributo, e non deve chiedere il permesso a nessuno.

  8. Borrielo, se vuoi IO POSSO pubblicarti il pezzo su Nazione Indiana, appena ce l’hai pronto.
    Nei commenti, però:-)

  9. Carla Benedetti, ho già reso pubblico nei commenti di un altro thread il carteggio avuto con chi mi aveva invitato, pur senza farne il nome. La frase illuminatrice è la seguente:

    “Ho parlato con ***alcuni amici*** di Nazione Indiana: mi creerebbe seri problemi postare un tuo pezzo. Sono molto sincera e pure molto dispiaciuta, ma tu hai pestato ***troppi piedi*** coi tuoi commenti.”

    Come vedi, è un problema di gruppo, o quantomeno di “alcuni”, non di uno solo.

    La soluzione del pezzo rifiutato perché brutto mi va comunque benissimo. Non ho più NESSUNA VOGLIA che venga pubblicato. Me ne sto tranquillamente al posto che mi compete (quello dei commenti), però
    con il mio ***stile***, per squallido che possa apparire.

    Quanto alle mie battute, ho già spiegato a Tiziano che la mia intenzione non è MAI quella di OFFENDERE, ma di prendere bonariamente in giro chi mi paia vagamente affetto da trombonismo, magari solo momentaneo, come può accadere a tutti. Mi ha risposto:

    > E se il trombone fossi tu?

    Angelini: “Probabilissimo. E allora?”

    > Io non lo penso, ma se tu introduci questa categoria, anche il tuo interlocutore che ha litigato con te ha tutto il diritto di considerarti altrettanto trombone.

    Angelini: “Dov’è il problema? Sono stato tranquillamente trattato non dico da ultimo
    dei mohicani, ma addirittura dei cani”:-)

    Chiedo scusa a Tiziano se ho reso pubblico un frammento del nostro dialogo via email, ma non credo possa sentirsene danneggiato.

    E poi sa che gli voglio bene.
    Come anche a Nazione Indiana.
    Ciao ciao

  10. “Tu parli di restaurazione perchè sei narcisista!”. E’ evidente che non sono io a dover suggerire a Moresco cosa rispondere quando qualcuno dice una frase così, riferita alle sue accuse di trovarsi in fase di “restaurazione”. Però, a meno che non si tratti di uno psicanalista, ma di qualcuno/a che si occupi di letteratura, andrebbe quantomeno consigliato a quest’ultimo – anche a costo di perdere qualche recensione, e di non essere citati nelle storie della letteratura, di sfogliarsi – 1. che è un arogmento che c’entra come un cavolo a merenda – uovo di storione a colazione, si diceva ieri – e 2. di sfogliarsi – almeno sfogliarsi, più romanzi. E di leggere meno testi di psicanalisi, e più di storia, geografia, politica…be’, scusate. Fra le tanti doti che non ho, c’è quella di riuscire a stare zitta.

  11. chissà poi perchè continuo a pensare (e sbagliando so di sbagliare ma sbaglio comunque, sempre) che gli scrittori debbano svelare, guardare oltre, in qualche strano modo (penso ad esempio a Pasolini), profetizzare … qua invece ci perdiamo in un bicchiere d’aqua e non vediamo manco che fuori diluvia.

    Allora adesso lo dico
    anzi lo scrivo
    che bisogna – BISOGNA –
    stare nelle cose, dentro
    immergersi oltre il margine
    nel centro
    e nuotare a dorso per vedere il sole.

    con grande rispetto e amicizia

  12. Carla, grazie per la risposta. Sono d’accordo sul fatto che si può essere pacati nella forma e violentissimi nella sostanza. Non penso che Caliceti lo fosse. E forse La Porta più che un violento è solo un ignorante (si può dire pacificamente no?, ha dimostrato di non conoscere ciò di cui parlava cadendo dalle nuvole). Insomma per concludere, su questo non piove: Moresco è un grande scrittore e tu sei una grande critica. Capisco che a volte con gli ignoranti venga di fare a cornate, però le risposte migliori che potete dare sono il vostro lavoro. Ti faccio un esempio, il pezzo di Moresco su Bellow l’ho ripostato sul blog della Lipperini ed è piaciuto molto (e sicuramente ha una bella carica critica). Se facessi lo stesso con questa polemica, nessuno la leggerebbe. Nel pezzo su Bellow l’emotività di Moresco vola altissima, è tutta al servizio della letteratura, mentre qui si difende da un attacco personale (soprattutto penso a La Porta). Ecco lui quando vuole, riesce a difendere se stesso volando alto, basta che vada oltre la situazione, come cavolo la chiamava Voltolini?, mi pare “congiunturale” (il problema è che il vocabolario di Dario è perfetto, e uno tende a usare le parole come lui: a Forlì c’è ancora gente che un marrone scurissimo quasi nero lo chiama “cacao estremo”). Lo stesso discorso sull’altitudine secondo me vale anche per te Carla.
    Su Angelini mi è venuta in mente anche un’altra cosa. Lui ha posto una questione interessante: gli autori di libri per l’infanzia sono considerati autori “minori”. In effetti se ne parla poco e forse è proprio una cosa scellerata. Per esempio io ho imparato solo oggi da Repubblica che esisteva Roald Dhal. Sarebbe una bella sfida per Nazione Indiana.

  13. Restaurazione? Diamo un’occhiata in giro.

    Nichi Vendola, poeta, ha riservato per sé la nomina (svincolata da meriti elettorali) dell’Assessore alla Cultura della Regione Puglia. Ciliegina sulla torta. La torta non consiste nella conquista delle regioni (null’altro che brioche) ma nell’acquisita certezza che il prossimo governo sarà di centrosinistra. E non si tratta di una Sacher ma di torta ai mirtilli. Avrà infatti (più d’ogni altra compagine di governo precedente) il sapore dei rossi duri e puri, quelli che non si vergognano di rimpiangere la dittatura del proletariato.
    Tra i pasticcieri: Livio Romano (candidato pro Vendola) Piero Manni (un editore, con decenza parlando) e Giuseppe Caliceti (a meno che non mi sia diventato Restauratore l’altro ieri che mi sono distratto un attimo).
    Grappino finale: Montanari si è infiltrato nel secondo fortino delle giubbe azzurre, come auspicavo su questi scroll (auspicavo che ce ne fossero di più di infiltrati ma l’importante è cominciare).

    Tutto ciò premesso, appurato che il regime non c’era e che lo spettatore medio è meno coglione di quanto pensi l’intellettuale medio, di cosa andiamo cianciando?

    Se qualcuno disprezza il lavorio dall’interno, i piccoli passi, i compromessi (quelli alti della necessità politica e pure quelli un po’ meno nobili, che non si è tutti Santi o Don Chisciotte) ha solo due possibilità:

    1) restare ai margini (situazione di fatto auspicata ma stigmatizzata quando Caliceti le ha dato nome)

    2) abbandonare la sdraio e dichiarare la lotta armata

    Se la soluzione è la seconda lo si dica chiaramente, così sapremo con chi prendercela quando i lanciatori di treppiede si dedicheranno a qualcosa di meno improvvisato.

  14. Elio, capisco quanto ti rode tutto quanto, deve essere dura aver difeso in questi annetti l’indifendibile e ora vedere che se ne stanno accorgendo tutti che era indifendibile. E il tuo Giuliano Ferrara che tace sul governo e parla di Karol il Grande. Dura, durissima.

  15. rispondo in breve a andrea barbieri sulla questione angelini: angelini ha parlato molto di un pezzo che gli sarebbe stato censurato, in quanto secondo lui su nazioneindiana c’è il veto su angelini; io senza interpellare nessuno, ho chiesto nei commenti ad angelini di mandarmi, se voleva, una traduzione da Andersen (le poesie, ce sono per altro poco conosciute) e questo quando ancora non aveva lamentato l’amputazione del pezzo prezioso; angelini ha risposto che non accettava l’elemosina da un membro poco gallonato della “nazione”, che per uno come lui altro che “espatrio” (sic), ecc.; da quel giorno in poi, andrea, i post di angelini e dei suoi innumeri cloni non li leggo e li ignoro; alla mala fede c’è un limite, e al cattivo umorismo anche;
    ciao

  16. Tesoro, questa è solo la tua versione dei fatti. Il tuo invito equivaleva, grosso modo, a uno spocchioso: “Sottomettiti alla mia maestà e traduci SOLO quello che dico IO, se vuoi! Mangiare questa minestra o saltare da quella finestra.”). Risposi che la condiscendenza, per di più di un tromboncello spocchioso come lui, non mi interessava.

  17. Annullare uno dei due ‘spocchioso’, grazie. Anche se per Andrea ce ne vorrebbero ben più di due.

  18. P.S. Sia l’Invito a mandare un pezzo, sia il successivo Invito a riprendermelo ndietro (avendo io pestato ‘troppi piedi’)c’erano già stati.

  19. Caro Andrea, a me non rode niente, come avresti potuto appurare leggendo la mia “dichiarazione di voto” sui commenti di Uffenwanken, ma questo non ha alcuna importanza. Mi vuoi spiegare piuttosto che cosa rode te e altri? Quello che ci sta succedendo intorno anche tu lo chiami Restaurazione? Perchè ci si incupisce ora che le cose sembrano avere un segno opposto, profezie o no?

  20. Quello che penso alcuni già lo sanno. Quelli che non lo sanno possono leggerlo nell’archivio del blog di Giulio Mozzi a cominciare dal maggio 2004, in un pezzo sguaiato inviato a diverse persone da cui non ho ricevuto nemmeno mezza risposta se non velate minacce di querela, che sto ancora aspettando.
    Ora arriva Moresco. Bene, molte cose le condivido, altre no. Normale.
    Quello che chiedo a Moresco è semplice. Se è convinto di quello che dice faccia lui i secondi passi (i primi li ho fatti io e infatti sono molto amato), dica, ad esempio, cosa pensa della sua casa editrice Feltrinelli che dichiara apertamente AL MOMENTO NON PRENDIAMO IN ESAME MANOSCRITTI NON RICHIESTI.
    Spieghi: richiesti da chi? A chi? Attraverso quali contatti? E su che criterio di conoscenza?
    Per un attento osservatore come Moresco non dovrebbe essere difficile spiegare cosa significhi questo abominio di frase per chi vorrebbe far leggere i suoi scritti e magari pubblicare. Si concentri sulla parola RICHIESTI, o su ESAME, o su MOMENTO.
    Lo chiedo a Moresco perché chi meglio di lui ci può dimostrare ora che pubblicare con un editore non vuol dire abiurare ad un’idea pura di scrittura e lettura. Lo chiedo a lui anche perché gli altri con cui ho interagito sono bravi a non dire nulla, mai.
    Simone Battig

  21. Simone, ti copio-incollo da librialice.it:

    Gio 14 aprile 200518:00
    END: nuova opportunità per pubblicare?
    Riceviamo e “giriamo” ai nostri lettori questo comunicato che presenta una nuova casa editrice alla ricerca di testi inediti da pubblicare. La casa editrice si chiama END – Edizioni Non Deperibili, e sta lavorando a una iniziativa denominata “Sopra/luoghi”. “Per ora END è ancora allo stato embrionale. Si sta sviluppando in tandem con il sito di recensioni http://www.corpo12.it” scrive Simone Buttazzi “END non sarà mai un editore a pagamento. Attualmente sta cercando manoscritti da vagliare per l’avvio di due collane: ‘Ombre gialle’, una collana di gialli regionali; ‘Sopra/luoghi’, una serie di guide di città italiane scritte a più mani. I testi dovranno essere composti seguendo alcuni dogmi elencati sul sito”.
    Link:
    “Corpo 12” – END. Il sito
    Sezione: Economia del libro
    Argomenti: editoria
    Parole chiave: END
    Area Geografica: Italia

    Ma tu ce l’hai un giallo regionale già pronto?
    A me una certa Giubilea Giubilante, che lì per lì ho pensato fosse Gabriella Fuschini, qualche giorno fa ha scritto:
    “Vorrei sapere se siete interessati a visionare un mio scritto dal titolo ‘un giallo intestinale’ e in caso affermativo a quale indirizzo posso inviarlo.”

    Ho dovuto risponderle che, sorry, l’attività delle Edizioni Libri Molto Speciali era stata sospesa.

    Ma tu ce l’hai un giallo intestinale?

  22. Ma che ci frega dei Canti del caos!!! Che ci frega, caro moresco, che ti rituffi nei marosi dei Canti del caos, o come cazzo hai scritto! Moresco, piantala di farti i pompini da solo, piantala di piacerti così! Pnensa se un giorno ti svegli al mattino e scopri di essere un coglione e di aver scritto un sacco di cazzate!

  23. Ma perché, Feltrinelli è la casa editrice di Moresco? Mica mi risulta. Se proprio vogliamo, da un punto di vista logico l’editore di Moresco dovrebbe essere Bollati Boringhieri.
    (poi, certo, la domanda di Battig non perde un grammo del suo valore, intendiamoci. Solo, non so se è proprio a Moresco in quanto presunto responsabile feltrinelliano che bisogna chiedere…)

  24. Per Sorrentino. Canti del caos 1, Feltrinelli editore. Poi Rizzoli. Vedi la storia di Masaniello:-)

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