Articolo precedente
Articolo successivo

Allora ce ne andiamo prima noi

di Raul Montanari

O meglio, me ne vado io, e spero che non sarò il solo. Concordo con Biondillo: Nazione Indiana senza Antonio Moresco e Tiziano Scarpa non esiste più.

Mi sembra stravagante e involontariamente comico che i puri e i fondatori escano da quella che mi ostino a chiamare una casa, e che i conciliati, i mediocri, gli asserviti al potere, gli introiettivi delle logiche dominanti, o semplicemente quelli che hanno “altre aspirazioni” stiano qui dentro a consumare quello che c’è rimasto in frigorifero. Poi cosa succederà? I fondatori fonderanno qualcosa di diverso? E’ molto più logico che usciamo noi e lasciamo la casa Nazione Indiana a chi ha meritato, francamente, di assumerne l’identità. Usciamo noi, io per primo.

Ho dissentito dalla reazione di Antonio Moresco e Carla Benedetti alle parole dimesse, modeste, sommesse, che Giuseppe Caliceti aveva scritto qui un mese e mezzo fa, e continuo a dissentirne. E’ tutto cominciato lì: basta tornare indietro e controllare. Nelle discussioni seguite, ho fatto notare che in Nazione Indiana esistono palesemente indiani di serie A e indiani di serie B, indiani nucleari e indiani marginali. Eccone la prova: l’uscita di Tiziano e Antonio polverizza la Cosa, istantaneamente, chiunque abbia onestà intellettuale lo capisce. Fossimo usciti io e Gabriella Fuschini, sarebbe stato lo stesso? (Scusami, Gabriella!). Non parlo di aristocrazia di sangue, è ovvio! Parlo di meriti e centralità.

Essendo un po’ tonto, non ho capito che ci si giocava il culo, la faccia, l’anima e la vita sul convegno, e che tutto il resto, il lavoro a volte massacrante fatto per due anni e mezzo sul blog, un lavoro in cui si difendeva quotidianamente un’idea forte di letteratura e di ruolo dello scrittore, lavoro al quale pure Antonio riconosce un grande valore, veniva in secondo piano; sì, perché quando c’è stato da contare chi c’era e chi non c’era, a quanto sembra valeva solo lo scattare sull’attenti allo squillo di tromba che annunciava il congresso. In nome del congresso sull’editoria bisognava muoversi compatti e granitici, e fra l’altro unanimemente dire che “Giuseppe Caliceti è portatore di una visione rinunciataria e immiserita della letteratura”, cosa che a me, scusatemi tanto, continua a sembrare una bestialità. Io e altri ci siamo mossi troppo torpidamente, e la conseguenza è questa.

Per questi motivi, sinceramente e fuori da ogni polemica, trovo inconcepibile che Moresco esca da una casa che lui ha fondato e a cui ha dato nome, e che io ci resti dentro; trovo folle che ne esca Tiziano, l’animatore, l’uomo delle idee, dei post folgoranti, il più creativo e anche, se posso dirlo, il più caro fra tutti noi.

Non solo invito Antonio e Tiziano a ripensarci, ma faccio anche il nome di Piero Sorrentino e Andrea Barbieri per sostituire me e chi uscirà con me. Sono giovani, sono motivati, sono intelligenti e pieni di passione, cose che forse a me e ad altri ormai mancano; lo dico con tutto il cuore.

Un caro abbraccio a tutti. Questo è un bruttissimo giorno.
Raul

Print Friendly, PDF & Email

10 Commenti

  1. Molte cose ancora non capiamo, noi comuni lettori mortali: chi sarebbero i “conciliati”? Forse tu, Montanari? A me non pare. Allora, a chi ti riferivi?
    Scusa se ti do fastidio, ma anch’io sono dispiaciuta di quanto sta avvenendo.
    Ciao.
    e.

  2. Vi seguo da poco e non ci sto capendo molto.
    In pratica cosa è successo?
    Quali sono i veri motivi di questa diaspora?
    Montanari se n’è andato perché è andato via Scarpa che se n’è andato perché è andato via Moresco che se n’è andato, se ho ben capito, per inconciliabilità di vedute con altri che a questo punto non si capisce più bene che siano, visto che se ne sono andati quasi tutti.
    Chi sono i “mediocri e gli asserviti” di cui parla Montanari? Perché non fare i nomi a questo punto? Quantomeno per rendere la faccenda più comprensibile ai lettori outsider come me.

  3. mi permetto di dire che dopo tanto lavoro (e per la gente che vi leggeva quotidianamente) due o tre euro di telefonate potevate spenderle invece di questa fuga alla spicciolata.

    un saluto

    f.

  4. Dico la mia dopo essere stato abbagliato da questo – per me – fulmine a ciel sereno ( o quasi): io ho trovato in Nazione Indiana una forte motivazione, fin dall’inizio; quando mi è stato chiesto di farne parte, sotto lo scorso Natale, ho accettato con entusiasmo. Ho cercato di fare quello che potevo. Non mi sento appartente a nessuna classe; o meglio, soltanto a quella degli spiriti liberi. E penso che una realtà come questa non possa, non debba chiudersi da un giorno all’altro. Ci sono stati scazzi pesanti, come ha ricordato Raul, è vero. Pensavo che tutto si potesse ricomporre.
    E poi: proprio in un momento come questo, di confusa “restaurazione” (chiamiamo la situazione ognuno come vuole, la realtà è sotto gli occhi di tutti), i fondatori di questa realtà che non è certamente solo virtuale (anzi) cosa fanno? Chiudono? Io credo fermamente nel valore della “condivisione nelle diversità”; e questo valore fa parte, a mio modo di vedere, di ciò che di più importante NI ha saputo finora esprimere. E adesso, pover’uomini? Molliamo la presa? Proprio adesso? Perchè invece non ragionare sulla possibilità di ricomporre i cocci, guardando alla possibilità – reale, non solo teorica, perchè qui non si tratta di avere belle speranze, ma di tenere stretta in pugno una possibilità di miglioramento nel senso di un allargamento del campo “visivo”- di andare ancora avanti, con orgoglio? Se i fondatori se ne vanno tutti gli altri – a effetto domino – devono cadere uno in fila all’altro? A questo, Moresco, ci hai pensato? Io, per parte mia, se proprio non se ne andranno tutti o quasi, in questa “casa” vorrei rimanere. E poi, ancora, come ha fatto notare Raul, ci sono forze “fresche” di grande valore che potrebbero inserirsi. Per concludere, e lo dico con affetto: a me questa di oggi pare una specie di dichiarazione di resa, a guardarla con crudezza. Con tutto il rispetto, non mi pare coerente.

  5. Ripropongo:

    DICONO CHE POSI

    Alcuni
    dicono
    che posi
    solo perché
    qualche volta
    mi hanno visto
    trasfigurare
    il volto
    imporre
    alle narici
    travagli
    estenuanti
    roteare
    gli occhi
    digrignare
    i denti
    urlare
    e mandare
    la voce
    fuori registro
    aggrapparmi
    a cuscini
    e tendaggi
    scivolare
    fremente
    lungo
    i muri
    e
    infine
    arruffarmi
    i capelli
    con inorridite
    mani…

    >
    >

  6. “Perché ci piaceva l’idea di una nazione composta da molti popoli diversi, orgogliosamente diversi e orgogliosamente liberi di migrare attraverso le loro praterie intrecciando scambi e confronti, e a volte anche scontri”… anche se nella diversità si può decidere di andare via, a me queste prese di posizione e reazioni a catena mi sembrano un tradimento del “manifesto”. Lassù non siete gli unici a lottare o a credere che si possa continuare a farlo. Guardate che anche “noi qua sotto” abbiamo provato a dare, a sbatterci.
    Ho letto nel corso di questi mesi le parole di Montanari, di Moresco, di Scarpa, di Biondillo, con diversi sentimenti, ma ammirando spesso i loro spunti e le loro “diversità”…
    Se è una questione ideale e non personale ciò che muove tutto ciò, se non è un gioco a fare le prime donne (e nessuno si offenderà se appunto non è tutto ciò) si ritorni a parlare, anche ad urlarsi contro, si facciano convegni, tavole rotonde, si riprenda a litigare, cercando di vedere però che “i veri nemici” stanno altrove!
    Non si tratta di finirla sempre a tarallucci e vino, si tratta di guardare oltre le pur vaste quattro mura (pur sempre quattro) della casa indiana.

  7. in tutti i commenti che ho letto c’è una sola persona che sembra divertita dalla fine imminente di nazione indiana. angelini. complimenti, siete riusciti a farlo vincere.

  8. Diavolini (Barbieri?), tesoro, BEN ALTRE sono le catastrofi (vd. alla voce “benaltrismo”, n.d.r). Morta una rivista se ne fa un’altra. Mozzi semplicemente si sposta in Vibrisse. Tiziano Scarpa si concentrerà finalmente sul grande romanzo che tutti attendono da lui (non ha ancora dato il meglio di sé), Moresco non si chiuderà certo in convento, in ogni caso ha già dato il meglio di sé (credo)… insomma non è la fine del mondo, ma magari solo bizze di percorso. Guardiamo con fiducia al futuro:-/

  9. “Mi sembra stravagante e involontariamente comico che i puri e i fondatori escano da quella che mi ostino a chiamare una casa, e che i conciliati, i mediocri, gli asserviti al potere, gli introiettivi delle logiche dominanti, o semplicemente quelli che hanno “altre aspirazioni” stiano qui dentro a consumare quello che c’è rimasto in frigorifero.”
    Che senso ha tenere in piedi questo baraccone adesso, davvero! Io personalmente sono molto triste per l’accaduto. Ogni mattina leggevo NI dopo le e-mail prendendo il caffe’. E speravo sempre, tra gli altri, in un post di Calra o di Tiziano. Ora so che non posso aspettarmeli. Sono d’accordo con Montinari, senza queste personalita’ NI non ha senso di esistere. Il mio consiglio e’: chiudete prima e lasciate un buon ricordo, piuttosto che morire di stenti!

I commenti a questo post sono chiusi

articoli correlati

Da “Elogio della passione”

di Carlotta Clerici
Avanzavo tranquilla nell’acqua nera e spessa che ogni mio movimento trasformava in schiuma iridescente sotto i raggi della luna piena. Dieci, quindici minuti, mezz’ora… Le forze scemavano, ma ero fiduciosa, sapevo di poterne ancora attingere dentro di me.

Kwibuka. Ricordare il genocidio dei Tutsi.

di Andrea Inglese
Ieri, 7 aprile, si è tenuta a Kigali la trentesima commemorazione dell’ultimo genocidio del XX secolo, quello perpetrato tra il 7 aprile e il 4 giugno del 1994 da parte del governo di estremisti Hutu contro la popolazione Tutsi e gli oppositori politici Hutu.

Sulla singolarità. Da “La grammatica della letteratura”

di Florent Coste
Traduzione di Michele Zaffarano. I poeti, così drasticamente minoritari, così lontani e così persi nelle periferie di questo mondo, come si collocano, i poeti? Contribuiscono con forza raddoppiata al regime della singolarità o, al contrario, operano una sottrazione basata sulla riflessione e resistono?

Benway Series

Risposte di Mariangela Guatteri e Giulio Marzaioli
... ci concedemmo la possibilità di cercare altre scritture c.d. “di ricerca” consimili, soprattutto al di là della lingua italiana, e di pubblicarle in Italia in un contesto che non era così ricettivo rispetto a tali opere.

Da “I quindici”

di Chiara Serani
Allora le Barbie cominciarono a lacrimare sangue rosso pomodoro (Pantone Red HTK 57, It's Heinz!) come una Madonnina qualsiasi.

Collana Adamàs, La vita felice editore

Risposte di Vincenzo Frungillo
Continua la nostra inchiesta sull'editoria indipendente di poesia. Si parla della collana Adamàs.
andrea inglese
andrea inglese
Andrea Inglese (1967) originario di Milano, vive nei pressi di Parigi. È uno scrittore e traduttore. È stato docente di filosofia e storia al liceo e ha insegnato per alcuni anni letteratura e lingua italiana all’Università di Paris III. Ora insegna in scuole d’architettura a Parigi e Versailles. Poesia Prove d’inconsistenza, in VI Quaderno italiano, Marcos y Marcos, 1998. Inventari, Zona 2001; finalista Premio Delfini 2001. La distrazione, Luca Sossella, 2008; premio Montano 2009. Lettere alla Reinserzione Culturale del Disoccupato, Italic Pequod, 2013. La grande anitra, Oèdipus, 2013. Un’autoantologia Poesie e prose 1998-2016, collana Autoriale, Dot.Com Press, 2017. Il rumore è il messaggio, Diaforia, 2023. Prose Prati, in Prosa in prosa, volume collettivo, Le Lettere, 2009; Tic edizioni, 2020. Quando Kubrick inventò la fantascienza. 4 capricci su 2001, Camera Verde, 2011. Commiato da Andromeda, Valigie Rosse, 2011 (Premio Ciampi, 2011). I miei pezzi, in Ex.it Materiali fuori contesto, volume collettivo, La Colornese – Tielleci, 2013. Ollivud, Prufrock spa, 2018. Stralunati, Italo Svevo, 2022. Romanzi Parigi è un desiderio, Ponte Alle Grazie, 2016; finalista Premio Napoli 2017, Premio Bridge 2017. La vita adulta, Ponte Alle Grazie, 2021. Saggistica L’eroe segreto. Il personaggio nella modernità dalla confessione al solipsismo, Dipartimento di Linguistica e Letterature comparate, Università di Cassino, 2003. La confusione è ancella della menzogna, edizione digitale, Quintadicopertina, 2012. La civiltà idiota. Saggi militanti, Valigie Rosse, 2018. Con Paolo Giovannetti ha curato il volume collettivo Teoria & poesia, Biblion, 2018. Traduzioni Jean-Jacques Viton, Il commento definitivo. Poesie 1984-2008, Metauro, 2009. È stato redattore delle riviste “Manocometa”, “Allegoria”, del sito GAMMM, della rivista e del sito “Alfabeta2”. È uno dei membri fondatori del blog Nazione Indiana e il curatore del progetto Descrizione del mondo (www.descrizionedelmondo.it), per un’installazione collettiva di testi, suoni & immagini.
%d blogger hanno fatto clic su Mi Piace per questo: