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Fravecatore

di Lucio Lanzara

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Quando sono nato io i vecchi erano già vecchi. E lo sono stati per una decina d’anni. Fino a che ho preso chiarezza che la vecchiaia è un percorso, è strada fatta.
Enrico dice che non è una questione anagrafica, è un fatto di fatica, di lavoro di tutti i giorni. A volte pure della domenica.
Enrico è fravecatore, fa il muratore da cinquant’anni, da che le case erano equilibri di pietre. E pure ora che tiene i capelli bianchi e si muove lentamente, la mattina parte prima che venga luce, con la merenda, la bottiglietta di caffè e va sul cantiere. Enrico lavora ancora.
Meglio, dice, uno è vecchio quando finisce di lavorare.

Si diventa uomini quando si comincia e vecchi quando si finisce. Ancora nù poco e mi so fatto viecchio pure io. Gli mancano due anni alla pensione.
Gli ha fatto vedere le mani, quando il funzionario della previdenza sociale gli ha chiesto da quanto tempo lavorava Enrico ha aperto le mani grosse e dure. Ci volevano le carte che accertassero, però.
I cantieri sono posti rumorosi, fatti di gente che urla per pensare cose. Più rumorosi dell’ impastatrice, della tagliarola per il ferro.
Per Enrico il lavoro è sforzo di silenzio, è un filo a piombo giù dritto e pesante fino a terra. A riposarsi. In cinquant’anni non è stato mai muto, sul cantiere Enrico è diventato sordo e vecchio per conquista.
Io, per un fatto di fatica, non sono ancora nato.
Enrico guarda le mani della gente, dice che quelle di noi giovani sono morbide come cemento fresco e si vede che non conosciamo lo sforzo di lavorare, ma non è colpa nostra, è un fatto di governo, di quelli che ci comandano. Dice che c’è interesse pure a lasciarci per strada, che così tengono sempre qualcosa da prometterci.
Ci promettono lunga vita.
Quando sono nato io i vecchi erano già vecchi ma quando sarò vecchio io, i vecchi saranno ancora giovani, di fatica.

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