Scienza e letteratura

quella che segue è l’ultima parte di un’intervista che George Steiner concesse il 28/12/2000 a Dominique Simonnet, del giornale francese l’Express. Esempio di uno dei pericoli in cui incorrono gli umanisti, anche grandissimi come Steiner, che non conoscono davvero la scienza: la sopravvalutano. La ipersopravvalutano arrivando a spregiare il terreno proprio.

La culture ne rend pas plus humain’
propos recueillis par Dominique Simonnet
L’Express du 28/12/2000

-Une nouvelle morale athée, qui serait éclairée par les infamies du XXe siècle?-

Malraux avait dit: “Le XXIe siècle sera religieux ou ne sera pas.” J’ose le contredire: je crains que, si ce siècle est religieux, il ne sera pas. J’ai l’espoir qu’il y ait des hommes pour penser notre condition humaine, et non plus transcendantale. Que le fanatisme idéologique devienne le péché originel! Nous sommes avant le langage humain, affirme Heidegger, nous n’avons pas encore commencé à apprendre à penser et à parler.

-Où puiser cette nouvelle morale?-

J’ai eu la chance de vivre à l’université de Princeton et à Cambridge, entouré des princes de la haute science. En lettres, nous bluffons du matin au soir. En sciences, pas de bluff: si on triche, on est fini. Comparée à l’anathème du monde scientifique, l’excommunication médiévale n’était rien. Je crois que l’on peut trouver, dans les sciences, une morale de la vérité, une poétique de demain, un sens de l’avenir qui pourraient être le germe de certains critères d’excellence humaine.

-Tout ce que peut faire la science, elle finit toujours par le faire. On peut craindre que, pas plus que la musique, elle ne sache dire non.-

Vous êtes encore plus pessimiste que moi! Certes, certains chercheurs pensent que le Nobel vaut bien une messe. Mais ceux que je connais montrent un haut niveau d’inquiétude et de rigueur. Et comment peut-on parler de culture, aujourd’hui, sans scientifiques? Quand on est sur le point de savoir remplacer des parties du cortex humain, alors que deviennent le “moi”, le “je”? Finalement, revient dans toute sa gloire M. Rimbaud: “Je est un autre.” Lorsque, en 1993, le mathématicien Andrew Wiles a résolu le grand théorème de Fermat, mes collègues, ivres d’excitation, m’ont dit: “It is so beautiful! Il a choisi la plus belle approche.” Pour les mathématiciens, ce mot, “beauté”, avait un sens concret que je ne pouvais même pas comprendre.

-Vous voilà bien loin de vos chères humanités…-

Quand on a 71 ans, on essaie de se poser les questions essentielles. Tel est d’ailleurs le but de la pratique juive: s’interroger, souvent se juger coupable et essayer d’être un pèlerin de la vie. Nous avons, je crois, cette fonction dure et triste de nous demander: “Où est-ce que cela a raté?”, un peu comme on pratique une autopsie à la suite d’un mauvais traitement à l’hôpital. Là où les systèmes philosophiques nous ont fait défaut, la science reste active. Nous sommes face à trois grands défis: la création de la vie in vitro, qui va bouleverser le droit, la politique, la philosophie; l’analyse de la conscience humaine, du Bewusstsein en tant que mécanismes neurochimiques; et enfin la théorie de l’Univers de Stephen Hawking et de ses collègues. Comparé à cela, qu’est-ce qu’un Goncourt? Qu’est-ce que le poststructuralisme ou le postmodernisme? On en revient à cette grande et terrible phrase française: “Tout le reste est littérature.”

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3 Commenti

  1. Senz’altro molti umanisti “non conoscono davvero la scienza”.
    Probabilmente è più raro il caso di scienziati che “ipersopravvalutano” la cultura umanista o “spregiano il terreno proprio”.
    Ma forse non è questo il punto, e comunque le generalizzazioni restano generalizzazioni.
    Mi sono chiesta quanto conta la data dell’intervista a Steiner (28/12/2000).
    Sono andata a vedere l’intervista completa. Steiner parla del XX secolo e dell’incapacità della cultura umanistica di prevenire e di combattere gli orrori della storia, sempre ricorrenti e mai completamente archiviati. Benché fondamentalmente pessimista, Steiner non si sottrae a una specie di ottimismo “dovuto”, l’ottimismo che si richiede – soprattutto nel caso “intervista” – a un intellettuale di grande nome (anzi a un “maestro”) in occasione di un evento “solenne” e irripetibile (all’interno di una stessa esistenza) quale è l’inizio di un secolo.
    Tuttavia il 28/12/2000 (adesso – qui) potrebbe sembrarci (o essere) qualche decennio fa.
    Penso proprio che Steiner oggi non direbbe le stesse cose.

    E comunque mi pare il caso di riportare un’altra domanda/risposta dell’intervista, che ci fa vedere uno Steiner non esattamente “ingenuo” e acritico nei confronti della scienza.

    Avec le siècle, il nous faut donc enterrer les Lumières et l’idée du progrès salvateur?

    N’est-ce pas notre dette pour ce que nous venons de faire à l’homme? Pouvons-nous vraiment continuer comme si de rien n’était? LE BOND EN AVANT DE LA SCIENCE, DE LA TECHNOLOGIE, DE LA MEDECINE EST CONSIDERABLE. MAIS L’HISTOIRE N’EST PLUS POUR NOUS UNE PROGRESSION. NOUS SOMMES DESORMAIS PLUS MENACES QUE NE L’ONT JAMAIS ETE LES HOMMES ET LES FEMMES DE L’OCCIDENT CIVILISE DEPUIS LA FIN DU XVIE SIECLE. Il nous faut donc reprendre les assises fondamentales de la tradition occidentale, reconstruire notre système de valeurs. Rien n’est plus difficile que de lutter contre la sauvagerie humaine révélée par Freud, Nietzsche, Kant. «Toutes les civilisations sont mortelles», a dit Valéry. J’ajouterais: toutes les éthiques le sont aussi.

    Mi scuso per la lunghezza.

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Antonio Sparzani, vicentino di nascita, nato durante la guerra, dopo un ottimo liceo classico, una laurea in fisica a Pavia e successivo diploma di perfezionamento in fisica teorica, ha insegnato fisica per decenni all’Università di Milano. Negli ultimi anni il suo corso si chiamava Fondamenti della fisica e gli piaceva molto propinarlo agli studenti. Convintosi definitivamente che i saperi dell’uomo non vadano divisi, cerca da anni di riunire alcuni dei numerosi pezzetti nei quali tali saperi sono stati negli ultimi secoli orribilmente divisi. Soprattutto fisica e letteratura. Con questo fine in testa ha scritto Relatività, quante storie – un percorso scientifico-letterario tra relativo e assoluto (Bollati Boringhieri 2003) e ha poi curato, raggiunta l’età della pensione, con Giuliano Boccali, il volume Le virtù dell’inerzia (Bollati Boringhieri 2006). Ha curato due volumi del fisico Wolfgang Pauli, sempre per Bollati Boringhieri e ha poi tradotto e curato un saggio di Paul K. Feyerabend, Contro l’autonomia (Mimesis 2012). Ha quindi curato il voluminoso carteggio tra Wolfgang Pauli e Carl Gustav Jung (Moretti & Vitali 2016). È anche redattore del blog La poesia e lo spirito. Scrive poesie e raccontini quando non ne può fare a meno.
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