Libri che viaggiano in seconda

di Marco Candida

Il terzo intervento che risponde all’iniziativa di Davide Bregola Il Romanzo del XXI° Secolo, è firmato da Giuseppe Caliceti e comincia così:

Il romanzo è una macchina. Dentro al romanzo c’è un motore narrativo. Se non ci fosse questo motore non sarebbe una macchina, un romanzo. […] Le ruote, il volante, i sedili anteriori e posteriori. […]

Ecco, vorrei partire da queste righe però riscrivendole. Così:

Un libro è una macchina. Dentro a un libro c’è un qualche motore perché se non ci fosse un libro non sarebbe una macchina. […] Ci sono le ruote, il volante, i sedili anteriori e posteriori e soprattutto c’è… il cambio.

Quando si paragona un oggetto a una macchina, e anzi: a un’automobile, di solito si finisce per sottolineare un aspetto molto di superficie dell’oggetto che rappresenta il primo termine di paragone. Le belle donne questo lo sanno bene. E, magari con qualche eccezione, quando si tira di mezzo una macchina, e anzi: un’automobile, va a finire sempre così. Per questo di solito cerco di non paragonare i libri alle macchine, e soprattutto alle automobili, se non altro perché considero un libro uno dei pochi oggetti che mi parlano, e la parola è una delle caratteristiche che mi fanno considerare i libri cose che assomigliano molto alle persone. E tuttavia per questa volta lo farò anch’io. Paragonerò un libro a una macchina. Anzi: la paragonerò a un’automobile.

Quando siamo al volante di un’automobile nuova, a parte se ce la possiamo permettere o meno, a parte il colore della carrozzeria, a parte gli optional, i comfort, a parte quanto ci verrà a costare il bollo e l’assicurazione, a parte quanto ci costerà farla sgrassare, quello che più conta è che un’automobile… be’, che un’automobile ci porti da qualche parte. Ci importa che l’automobile, prima di tutto, si muova. Se l’accendiamo e cominciamo a spingere al massimo l’acceleratore per sentire il rombo del motore, possiamo anche sentire il più bel rombo del mondo, ma non ce ne importerà proprio niente se messa la prima, la macchina si inchioderà. Una volta che avremo fatto i primi cinque metri in prima, il nostro obiettivo sarà mettere la terza. Per farlo dovremo necessariamente passare dalla seconda. Se siamo in terza, allora vuol dire che qualche metro con la nostra automobile l’abbiamo già fatto, e se non ci sono sbuffi e scoppi, gas neri o chissà cos’altro, allora vuol dire che l’automobile funziona, o quantomeno che riteniamo la nostra automobile affidabile. Se mettiamo la quarta, lo facciamo per una sola ragione: per mettere la quinta il prima possibile. E quando la mettiamo la quinta, allora significa che non solo riteniamo la nostra automobile affidabile, ma che se potessimo saremmo pronti a decollare con lei. (Tutto questo succede invariabilmente almeno per il primo anno e mezzo; poi le cose cambiano). Ecco, per un libro è quasi la stessa cosa. Un libro contiene un qualche motore, ma perché questo motore serva a qualcosa, perché ci porti da qualche parte, è necessaria una prima, una seconda, una terza e una quarta di… copertina.

Nel mio paragone manca una quinta; ma penso che si possa considerare “quinta di copertina” l’estratto che la persona interessata all’acquisto di un certo libro si procura, per dir così, da solo, aprendo il libro e leggendo una pagina a caso (anche soltanto per controllare la dimensione dei caratteri).

La prima di copertina di un libro è la prima di un’automobile. Se la prima di copertina contiene un elemento interessante, il motore contenuto nelle pagine del libro non solo si è avviato, ma già ci sta portando da qualche parte. L’elemento interessante contenuto nella prima di copertina può essere il titolo o l’autore. Se l’autore è molto famoso, di solito il libro lo renderà ben evidente. Ecco che cosa dice a questo proposito Jessie Horsting il curatore del libro STEPHEN KING, Il suo cinema, i suoi miti, i suoi personaggi a cura di Jessie Horsting, edizioni Fanucci.

Come avrete potuto notare, sulla copertina di questo libro il nome di Stephen King è un bel po’ più grande del mio. Il motivo è proprio quello d’indurvi a prenderlo ed a guardarlo perché Stephen King ha circa cinquanta milioni di libri stampati più di me, e gli editori ritengono che ci sia un determinato valore nel mio nome ed un altro nel suo.

Opposta è, invece, la logica seguita dall’editore peQuod per comporre la prima di copertina di Gli ultimi giorni di Lucio Battisti di Igino Domanin, che grosso modo appare così:

GLI ULTIMI GIORNI DI LUCIO BATTISTI

igino domanin

Anche se nel libro manca, probabilmente Igino Domanin avrebbe potuto scrivere un’introduzione con le stesse identiche parole di Jessie Horsting solo con il nome Stephen King cambiato con Lucio Battisti. Va detto, però, che l’editore peQuod ha scelto di seguire questa logica (titolo grosso, autore piccolo) per tutti i suoi libri. Lo ha fatto per Lettera a Dio di Vincenzo Pardini, per Qui non ci sono perdenti di Andrea Bajani, per Dopo i lampi vengono gli abeti di PierFrancesco Majorino, per Essere pronto di Lorenzo Pavolini, per Fuor d’acqua di Stefano Bartolusso, per Ragazzo prodigio di Gilberto Severini, per Comandò il padre di Claudio Piersanti. Solo per il libro di Igino Domanin, però, i caratteri del titolo sono stati scritti tutti quanti maiuscoli (mentre tutti gli altri titoli sono minuscoli) e le iniziali del nome dell’autore sono minuscole (mentre per tutti gli altri autori sono maiuscole).

Se il libro è di un autore poco conosciuto, e non ne abbiamo sentito parlare prima, ma il titolo ci ha attirato, la seconda cosa che di solito facciamo è leggere la seconda di copertina. Questa, se non altro, è la cosa più logica da fare, perché nell’aletta di regola si parla del contenuto del libro. Se poi passiamo alla terza di copertina, e ci fermiamo a leggere chi è l’autore, e magari diamo un’occhiata al prezzo, allora il libro ci ha già fatto fare qualche metro, perché che cosa mai ce ne potrà importare di chi è l’autore, addirittura di quanto costa, se il libro non ci interessa nemmeno un po’, se non ci ha già fatto vedere (attraverso i finestrini? dal parabrezza? dal lunotto posteriore?) qualcosa? Se leggiamo la quarta lo facciamo per un solo motivo: vogliamo leggere la quinta ossia vogliamo aprire il libro e controllare noi di persona.

A proposito delle quarte di copertina, da osservatore esterno (e molto spesso esterrefatto) credo che esistano due politiche per scegliere un estratto da mostrare nel piatto inferiore della copertina. Una che sceglie un brano riuscito; l’altra che sceglie di mostrare un brano non riuscito con l’intenzione di spiazzare chi legge al punto da indurlo ad aprire il libro e controllare di persona di che diavolerie si parli.
Ecco l’esempio di una quarta che segue la seconda politica. Pausa Caffè di Giorgio Falco Edizioni Sironi.

“Siamo la nostra login, la nostra password, nella grande rete aziendale diventiamo unico cervello che succhia dati dalle tette poste chissà dove, fonte sconosciuta, periferia di Dio, donna di erba sintetica, tra le cosce icone da toccare aprire copiare salvare tagliare incollare annullare”

Insomma: questa parafrasi di Ippocrate non sembra alludere più a un testo scritto da qualche nuovo cyber-santone che a un testo che parla delle problematiche del Mondo Del Lavoro?

Ecco, invece, l’esempio di una quarta che segue la prima di politica. Qui non ci sono perdenti di Andrea Bajani Edizioni peQuod.

Gli atleti sono in corsia.
Eddie è uno di loro.
Enzo Braghi dice
che non c’è dubbio,
dice che Eddie è il più forte del mondo.
Da quando poi è anche
Il più negro del mondo non ci sono
Davvero cazzi per nessuno.

Qui, invece, mi sembra tutto chiaro. Se siamo interessati all’argomento apriamo il libro e troviamo conferma di quel che la quarta ci segnala; però non credo che siamo spinti ad aprire il libro pensando: “Ma questo cosa scrive?!”.

Ecco un altro esempio di una quarta che segue la seconda politica. Essere pronto di Lorenzo Pavolini Edizioni peQuod.

…essere nella media non è una malattia.

Insomma: mi sembra un po’ troppo poco.

Ecco un altro esempio di quarta che segue la prima politica. Porto di mare di Livio Romano Edizioni Sironi.

“La riunione prosegue a vele spiegate, io ormai sono già proiettato verso scene madri con incatenamento davanti alle ruspe, già mi immagino Timeo che si alza dal sit-in e, come Tien An Men, avanza contro i Cattivi Cementificatori e mette un fiore nelle betoniere che girano e non vedono l’ora di vomitare il loro liquido sui nostri amatissimi scogli calcarei”

Qui, invece, mi sembra chiaro di cosa il libro parlerà; e aprendolo ci si accorge subito che il libro parla proprio di quel che si allude nella quarta.

Da compratore non occasionale di libri di piccole case editrici posso testimoniare che la prima, la seconda, la terza e la quarta di copertina sono molto più importanti di quel che sembra. Il problema, però, è quando la prima, la seconda, la terza e la quarta di copertina diventano la cosa più importante del libro – più importante addirittura del testo che il libro contiene. A casa ho almeno un pacco di libri che, per dir così, viaggiano in seconda. Libri che ho acquistato perché sulle bandelle stavano scritte cose che mi hanno colpito così tanto che non ho potuto fare a meno di mettere mano al portafogli. Ci sono piccole case editrici che scrivono seconde di copertina più belle del testo contenuto nel libro. Gli otto libri della Casa Editrice peQuod che ho letto hanno delle seconde di copertina bellissime. Ecco uno stralcio preso da Gli ultimi giorni di Lucio Battisti di Igino Domanin.

Quando Emilio Salgari scriveva dell’oppio indonesiano senza avere mai messo piede in Oriente, o quando Vicotor Hugo descriveva il soggiorno di un uomo solo su uno scoglio in mezzo al mare, o quando Melville piazzava un angelo sull’albero maestro di una nave che solcava gli oceani – altro non facevano che compiere un gesto lisergico che oggi Domanin rinnova: infilavano sul naso dei propri simili un paio di occhiali caleidoscopici per fare vedere il mondo quale è: un’allucinazione.

Le seconde di peQuod sono addirittura firmate: da Giuseppe Genna (Dopo i lampi vengono gli abeti), da Piersandro Pallavicini (Qui non ci sono perdenti), da Gilberto Severini (Comandò il padre).

Con questo non voglio dire che i libri peQuod siano libri che viaggiano in seconda. Almeno sei tra gli otto libri che ho in casa li ho trovati interessanti e scritti bene – e uno eccellente: Ragazzo prodigio di Gilberto Severini. Però, sì, in generale, soprattutto nelle case editrici piccole penso che ci siano moltissimi libri – forse troppi – che viaggiano in seconda. (E per le case editrici grandi moltissimi libri, invece, viaggiano in prima. Qualche esempio? Per esempio la metà dei classici che se non si leggono in una “propettiva storica”, spesso sono soltanto robaccia indigesta). I motivi possono essere i più svariati; ma ce n’è uno in particolare che credo vada combattuto, e parlo della tendenza a promuovere non più libri d’invenzione, ma invenzioni di libri. Libri insomma che si pensa con una quarta e una seconda ben fatta (e con qualche recensione di qua e di là) si possano far viaggiare con successo dappertutto…
…inutile far notare però che uno di questi libri, un libro che viaggia in seconda più che tanto lontano non può andare…

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53 Commenti

  1. che bella questa metaforona automobilistica sul romanzo del ventunesimo sec. e grazie per non aver usato la solita metafora calcistica, che non se ne può più, ed aver finalmente affrontato di petto l’argomento del romanzo del ventunesimo eccetera, con un coraggio e una lucidità che Paoloni e Voce, qui sopra, coi loro micro-racconti (certamente leggibilissimi e satirici) se li scordano

  2. Grazie a te, snaporaz.

    Una precisazione: la “metaforona” non è sul romanzo del vetunesimo secolo. Il testo parla dell’importanza di una copertina ben fatta, con una piccola critica generalizzata alle copertine un po’ “troppo” ben fatte.

  3. Ciao snaporaz, no, guarda che “copertina un po’ troppo ben fatta” non vuol proprio dire per niente che è meglio una copertina mal fatta.

    Ciao Emma! Oh, grazie! Questo però è il terzo esordio per così dire. In piena estate nel 2004 Giulio Mozzi mi aveva messo una riflessione che si chiama “La lista di Natale” (Natale nel senso della Festa; non nel senso di uno che si chiama Natale). Poi Tiziano Scarpa mi aveva messo una recensione su Campo del Sangue, un libro di Eraldo Affinati, che poi è venuto a Tortona a parlare della Giornata della Memoria. Vorrei indicarti anche i link relativi a questi pezzi, ma ho notato che a questi indirizzi corrisponde un post che avvisa che l’articolo non è stato più aggiornato. Una cosa un poco curiosa.

  4. Marco, scrivi il tuo nome nella finestra “search”, scorri verso il basso, digita “previous entries”: troverai le prime righe dei tuoi pezzi precedenti. Per leggerli interamente (con relativi commenti) digita “comments”.

  5. Domanda ingenua ai redattori di NI: vi è mai capitato di postare un pezzo che non sia di un amico, di un conoscente, di qualcuno del giro?

    Altra domanda ancora più ingenua ai redattori di NI: è proprio necessario postare una cazzata (vedi microracconti e affini) anche se scritta da un amico, da un conoscente o da qualcuno del giro?

    Ultima domanda, sicuramente non ingenua, ai redattori di NI: vi rendete conto che su dieci post almeno la metà farebbero la loro bella figura sulle rivistine di cui abbondano le sale di attesa dei barbieri e delle acconciatrici?

    p.s.

    Accettate di tanto in tanto qualche critica o siete un circolo virtuoso, riservato, autoreferenziale che aspira a “qualcosa” che a me e a qualche amico che vi segue non è ancora chiaro?

    Con affetto. Alquanto freddino, per il momento, ma sempre di affetto si tratta. Cercate di ricambiarlo (anche freddamente) con un minimo di autocritica. E’ chiedere troppo?

  6. @palla
    è vero che qui (come ovunque) spesso si postano cose insipide et bruttine, ma non sono sempre degli amici e conoscenti.
    per esempio a me, che non sono del giro (quale giro?), NI ha pubblicato qui un paio di post, anche bruttini.
    per dire.

  7. “Palladineve” dice alcune cose: 1. che un rapporto di amicizia su N.I. è uguale a una cricca; 2. che la cricca esiste per autopromuoversi; 3. chi non fa parte della cricca è escluso. Non è che le mette in dubbio: le afferma, sono il presupposto del suo discorso.
    Come si è formato questo presupposto abbastanza pesante? Non certo empiricamente altrimenti avrebbe notato autori che non c’entrano, o amicizie sulla base della stima e non stima sulla base dell’amicizia. Quindi è su una base umorale che gli viene questa idea. Però lo stesso si sente di dire che il suo affetto è tiepido, cioè di collocarsi su un piano più alto, della persona che può giudicare.
    Allo stesso tempo impedisce con l’anonimato di poter decidere se davvero è una persona che si può collocare su un piano più alto.
    Mi chiedo, nella vita reale potrebbe accadere?

  8. non capisco perché attaccare nazione indiana, palladineve. è chiedere troppo chiederti di badare a te e alle tue cose, invece di volere imporre la tua parola? di nuovo con le lamentele, se no, eccheccazz…

  9. @ andrea barbieri e a 23112005

    “cricca”, “presupposto pesante”, “collocarsi su un piano più alto”, “persona che può giudicare”, “imporre la tua parola”, “attacchi a nazione indiana”:
    ditemi che state scherzando, vi prego! ma quale post avete mai letto?
    Vi stavo solo chiedendo, da “lettore” da sempre di NI di pubblicare meno testi che, presi per quello che appare, sono soltanto ridicoli e non danno il senso, magari, della ricerca in cui l’autore é impegnato.
    La dietrologia (rileggete le vostre risposte stizzite, per cortesia) è sintomo, questo sì, di un complesso di superiorità mai risolto, che si vede vagamente minacciato da chi muoveva soltanto una critica pacata
    (l’aggettivo “freddino” e l’avverbio “freddamente” erano ironicamente connessi a “palladineve” – e non ci voleva nemmeno molto a capirlo: chiedere a Tash, che ne ha colto il senso).

    Niente: come direbbero in un frangente del genere dalle mie parti, “ìt scagnàt’ ‘o cazz’ pa’ vutt’cèll ‘e l’uòglie”.

    Con affetto, ciao.

  10. Credo che Palladineve abbia ragione.
    Un po’ di autocritica non guasterebbe.
    Ad esempio, questo pezzo non ha molto da dire (secondo me).

  11. “La dietrologia (rileggete le vostre risposte stizzite, per cortesia) è sintomo, questo sì, di un complesso di superiorità mai risolto, che si vede vagamente minacciato da chi muoveva soltanto una critica pacata”

    Caro Palladineve, rileggi per favore il tuo primo “pacato “intervento”…

    Ti rispondo per quanto mi riguarda: ho pubblicato quasi sempre pezzi di gente che non conosco personalmente. (Questo vale in misura variabile per tutti i redattori, credo).Non esiste alcun giro, che io sappia. (Se però dovesse esistere fammelo sapere, lo dico senza alcuna ironia). A me piacerebbe tanto pubblicare sempre cose di altissimo livello estetico – dunque oltrepassando parrucchieri e manicure, saloni di bellezza, stabilimenti balneari e termali:-). E’ vero, secondo me, come tu dici, che a volte – o spesso- i pezzi che vengono postati non sono “contestualizzati”. Ma tieni presente che questo conglomerato virtuale è sprovvisto di una redazione, ognuno pubblica quel che vuole nel momento che vuole.
    Dal momento che qualcuno della “malefica cricca”ti sta rispondendo, l’ultima domanda contenuta nel tuo primo intervento ha già la sua risposta. Rimango senz’altro a disposizione per ulteriori chiarimenti con cordiali saluti ecc. ecc.

  12. palla esagera.
    una cosa è dire che alcune cose che si postano sono bruttazze e insignificanti e una cosa è dire che qui c’è la cricca mafiosa, eccetera.
    poi una traduzione di quella sua frase finale (nel caratteristico dialetto della val d’ossola) sarebbe gradita.

  13. tash, impudente: fatti un giro su http://www.trollclub.it e finalmente saprai chi è il troll pescatore con salmone…

    tra l’altro, c’è sempre qualcuno che maldestramente scambia il troll per un inveterato disturbatore, stupido e volgare.

    ( “E ‘ un troll chi disturba in modo deliberato, distraendo l’attenzione dal tema del gruppo, spesso scatenando degli interminabili, quanto inutili, litigi. Se gli altri partecipanti al gruppo cadranno nel suo tranello il gruppo non assolverà più al suo scopo originale: lo scambio di informazioni utili. Questi personaggi sono di solito innocui, possono però causare molto danno quando vengono a contatto con un pubblico non avvertito. In particolare quando entrano in contatto con i newbies (matricole), ovvero coloro che, poco esperti del luogo virtuale in cui si trovano e delle regole di buona educazione (netiquette), commettono errori di ingenuità” – Draco Roboter)

  14. Caro Franz,
    il termine “cricca” lo stai usando tu, così come l’ha usato Andrea precedentemente: anch’io, per fortuna ho un gruppo di amici, ma mi guardo bene dall’indicarli come cricca: quel termine, di solito, lo uso per qualificare (è un eufemismo!) lo stuolo di manigoldi, zerbini e malavitosi che regge le sorti dell’ex quinta potenza industriale del pianeta (sic!). Ad ogni modo, se avessi solo lontanamente sospettato che la mia critica, o chiamala come ti pare, scatenava queste reazioni, me ne sarei guardato bene e avrei gridato “tutto va bene, signora la marchesa, continuate pure così”. In ogni caso, al di là di qualsiavoglia considerazione sull’uso del lessico, rimane il fatto che chi scrive, e pubblica ciò che scrive, si espone inevitabilmente alla critica: ed è la critica, la dialettica che fa crescere, aiuta a costruire nuovi strumenti per leggere il reale, magari per riappropriarsene, non certo la goliardia (fine a se stessa, poi) di certi post.
    Per fare un esempio: non avevate niente di meglio a firma Lello Voce da postare? Eppure è un personaggio che si espone, che ha fatto e detto cose notevoli (almeno dal mio punto di vista), che ultimamente ha prodotto articoli e interventi di rilievo, suscettibili di ampie e costruttive discussioni: perché non inserirne uno e rifugiarsi, invece, in una boutade da bar che lascia il tempo che trova e non provoca nemmeno il sussulto di un pensiero? Quei testi, al massimo, possono provocare l’intelligente sarcasmo di snaporaz e batata: ben venga, sicuramente molto meglio del commento di chi, davanti a quelle due righe, se ne esce con uno sbalordito “grazie per averlo inserito, che bello!”. Non credo che NI abbia bisogno di tutto questo (ma è una mia idea, s’intende).

    p.s.

    @ tashtego

    La traduzione, che non rende comunque la pregnanza semantica dell’originale, può essere più o meno questa: ” Avete confuso il cazzo con il recipiente dell’olio”.

    Stàt’v’ bbuòn’, “f’t’ntùn'”.

  15. “Domanda ingenua ai redattori di NI: vi è mai capitato di postare un pezzo che non sia di un amico, di un conoscente, di qualcuno del giro?”

    Effettivamente ( dopo accurata rilettura) è stato Andrea Barbieri a usare per primo il termine cricca, non tu. Ma sei sicuro che la tua domanda copiaincollata qua sopra sia davvero ingenua? Io ho dei dubbi. Tu ingenuo non mi pari per niente.

  16. Grazie alla persona che si firma palladineve per la lettura e per i tentativi di commenti costruttivi.
    Due righe giusto per dire che Lello Voce, così come gli altri scrittori che si sono gentilmente prestati, ha scritto – dietro una precisa sollecitazione – un testo narrativo di non più di 300 battute (titolo compreso) che sto a poco a poco pubblicando rubricandoli come “microracconti”.
    Ne approfitto anche per dire che a Lello Voce mi lega la comune cittadinanza napoletana (ma questo non significa che sono pronto a postare i pezzi dei restanti 999mila napoletani…) e un fugacissimo incontro a uno slam poetry di qualche anno fa (con meritata vittoria di Tiziano Scarpa). Un po’ poco (ma magari mi sbaglio) per accusarci di “essere del giro”. Un saluto.

  17. Ma no cara Mag. Ben vengano le critiche, ingenue o maliziose che siano. Soltanto che i veri ingenui, io credo, non si dichiarano mai come tali: ingenuamente, appunto, credono di non esserlo; nè dichiarano le loro domande come ingenue, soprattutto quando vengono corredate, in seguito, da implicite dimostrazioni di indubbie capacità critiche, come in questo caso.
    E poi, Palla: se non ti piace il microracconto di Voce, perché non lo chiedi direttamente a lui il perché di tanto “ignominiosa” pubblicazione?

  18. Sinceramente non capisco, signor giudice, oh Palla di neve. Cioè. Se si pensa a Nazione Indiana come un corpo polifonico, e non poliponico piovresco, è un dato che Nazione Indiana pubblichi testi di autori non necessariamente legati – per affetto o effetti- ai postanti tutti. Quanto dice Franz è inoppugnabile in quanto a meccanismo di “passare” testi cui ognuno di noi attribuisce un valore letterario o politico ecc.
    La presenza inoltre dei commenti – e diciamocelo pure, per lo più ttenti, precisi, talvolta perfino troppo severi svolgono un’attività di filtro che non sottovaluterei. Fccio un esempio. Ho postato un testo di Riccardo Venturi, qualche tempo fa, contestualmente apparso su Sud, la rivista di cui mi occupo. e la mitragliata di commenti che vi sono stati vi assicuro mi ha quasi spinto a intervenire per dire che quell’artiglieria stava sbagliando misura. Lo si accusava di saccentismo, citazionismo, ecc, cosa che sapevo dall’origine non essere vero. Avevo scritto a Riccardo dicendogli che avevo meso su nazione Indiana il suo testo e mi ha risposto dopo qualche giorno così:
    caro Francesco,
    è bello avere dei lettori per quanto critici. Sono appena rientrato a Parigi
    dopo giorni concitati, dammi due giorni e rispondo a tutti;
    per il prossimo Sud credo di fare qualcosa attorno a “una solitudine troppo
    rumorosa” di Hrabal…
    se passi per parigi batti un colpo,
    riccardo

    ora, trattasi un’amicizia troppo rumorosa, o di una forza, quella della comunità degli scriventi, cui dare lo spazio che merita?
    Non ho risposte definitive a proposito
    Un bazio e un abrazio
    effeffe

  19. Ragazzi, vi voglio troppo bene e mi siete indispensabili, ma state commettendo un “errore”, se mi passate il termine: voi, in questo momento, non so per quali ragioni (qualche nervetto scoperto?) vi rifiutate di leggere, estrapolate una frasetta da un commento più ampio e ci girate attorno, con sarcasmo (Giudice palla!: a proposito, io l’ho conosciuto un giudice, dalle parti di Genova: e tu, Forlani?) fino a confondere, ancora, il cazzo col recipiente dell’olio. Lello voce, che era citato a mo’ di esempio, viene riproposto in un quadro discorsivo che finisce per capovolgere tutto il senso del ragionamento e lo svilisce. Dài, siete capaci di ben altre capacità di analisi e di critica: non vi va quello che ho scritto? bene, ma rispondete nel merito ed evitate confusioni di piani che fanno male solo a voi (io, in questo momento, ho purtroppo ben altri problemi).

    p.s.

    mag, non sono né un invidioso-rancoroso, né un genio ingenuo: io non devo pubblicare libri, non faccio lo scrittore, sono solo un lettore che vorrebbe continuare a leggere testi decenti, soprattutto in un posto che si chiama NI e che ha alle spalle la storia che ha (pregi e difetti compresi).

    Passo e chiudo. Vado a lavorare. Ammesso che il mio posto di lavoro sia ancora là: mi hanno detto che non è una cosa tanto certa.

  20. e grazie Kristian per la spiegazione.
    ora ho finalmente aperto gli occhi e posso unirmi a voi: maledetti trolls!!!
    @palla
    mi chiedo sinceramente come si possa confondere il cazzo (con rispetto parlando) con un recipiente dell’olio.
    delle due l’una: o nel tuo paese (nel senso di country) si fanno strani recipienti dell’olio, oppure avete cazzi davvero deformi.
    siete mutanti?
    qui da noi i cazzi somigliano a cetrioli, banane, eccetera: capito?
    ma, anche ammesso che cazzo e recipiente dell’olio siano oggetti paragonabili, dov’è la battuta, l’arguzia?
    io non capisco.
    (ma forse sei un troll: maledetti trolls, del pianeta troll)

  21. tashtego, ma ti diverti così tanto a fare e disfare tutto da solo? L’hanno capito tutti che snaporaz sei tu, che c’è di divertente a sputare in aria e a colpirsi da soli? Mi sembravi più intelligente…

  22. Nessun sarcasmo Palladineve, davvero.
    però la storia di Genova me la spieghi, eh. Durante il G8 ero a Parigi. Mi dispiace per quello cui hai accennato e comunque – te l’ho anche scritto- le critiche quando non sono assassine e gratuite fanno parte del gioco. Unanime è inanime, dunque in bocca al lupo per il lavoro. Anzi. Se ne trovi uno anche per me che tra qualche mese si ricomincia a cercare… Ma Palla di Neve sta per…
    effeffe

  23. caro palla, ma tu credi che i partecipanti a nazione indiana non si rendano conto di quello che pubblicano? l’ha scritto poco sopra franz, il quale dice che manca una redazione e che ognuno pubblica quello che gli pare; di conseguenza automaticamente vi rientra pure e soprattutto il vernissage. tu vuoi dialettica, a me pare lampante invece che quiddentro quella cosa che tu cerchi non possa esservi. il ventaglio è troppo a perto, sprigiona tsunami ormonali al massimo.vuoi l’agone, al massimo ti arriva una pacca sulla spalla, oppure “stai calmino, dove devi andare, devi passare da questo recinto”. ma tu puoi anche passare via, il complesso d’inferiorità allora è tutto tuo,palla. non ti piace quel che qui si fa, passa, nulla casca.

  24. “Palladineve” io penso che sia finito il tempo in cui uno entra anonimo e lancia una mattonata umorale. Se un pezzo non ti piace – mettendoci la faccia – spiega il perché. Se su nazione indiana molti pezzi non ti piacciono spiega il perché. Se tu reclami l’eccellenza, comincia a lasciare eccellenti commenti.

  25. Un momento. Quale mattonata umorale? Non sono d’accordo. “Sono finiti i tempi..” ecc. Dove siamo, a un “cambio di regime?” Palla ha tutto il diritto di criticare il livello degli articoli che vengono postati qui; e poi cosa vuol dire “metterci la faccia”? Se si fosse firmato Carlo Bianchini, per dire, l’avremmo preso per uno che ci mette la faccia? Magari si, e avremmo preso una cantonata. Più onesto firmarsi “palladineve”. L’importante è il contenuto, non la faccia. A lui il “nuovo corso” non piace, è evidente. Cioè, non gli piace NI 2.0, per la precisione.

    Sui vernissages e sulla mancanza di dialettica di cui parla 231105: ma cosa stiamo facendo, una “sfilata di pareri” o stiamo tentando di dialogare?

  26. Palladineve non ha criticato nulla, ha dato un giudizio liquidatorio, che a me viene da chiamare (anche considerando l’allusione alla cricca e l’anonimato) mattonata umorale.
    Nessun cambio di regime, solo che a me pare che pian piano in rete si formino delle comunità, mentre due anni fa questo era impensabile. E allora se hai di fronte qualcosa che almeno vagamente è una comunità, si può usare un po’ di garbo, no?
    Certo che il mio ultimo post sopra ha un presupposto, cioè penso che Palladineve sia una persona in fondo in buona fede. Ma se diciamo per esempio che il nome non conta nulla, diamo per scontato che lui sia qui per imbrogliare qualcuno. Se gli chiedo di metterci la faccia è perché in fondo quella faccia vorrei vederla e accettarlo come persona e sentire quello che ha da dire di un po’ meno liquidatorio. Poi è naturale che a lui può importare zero di farsi accettare da me.

  27. “Ma se diciamo per esempio che il nome non conta nulla, diamo per scontato che lui sia qui per imbrogliare qualcuno.”

    Non dare per scontato qualcosa che tu pensi sia io (o altri) a pensare, per favore.
    Per il resto, io non ho notato alcun giudizio liquidatorio (in precedenza da te chiamato “mattonata umorale”).
    Sul “garbo”, beh, che ti devo dire? Tu ne hai da vendere, è da un po’ che te lo volevo dire.

  28. @guess
    snaporaz non sono io.
    e comunque tu dicendo che ti sembravo più intelligente non fai che aprirmi un’altra ferita nel costato, e già sono molte.

  29. Franz, non do affatto per scontato che tu pensi che ecc. ecc. Però mi pare che in quello che hai scritto ci sia una specie sfiducia. Che poi “L’importante è il contenuto, non la faccia”, boh, io ricordo che quando sei arrivato qui come commentatore, in uno dei primi post, avevi proposto che ci firmassimo tutti con nome e cognome. Se ti ricordi ti avevo seguito subito, mi avevi convinto.
    La battuta che fai sul mio garbo è giustissima, sia nel senso che non ne ho sia nel senso che la parola che ho usato è sbagliata. La sostituisco con “rispetto” che non si confonde col galateo o con la mitezza. Non credo che ci sia rispetto nell’accusa umorale (mi ripeto ma non trovo parola migliore quando si parte sulla base di una semplice impressione) di pubblicare solo gli amici. Credo che ce ne possa essere nel cercare di portare delle idee anche attraverso una polemica, che però io vedo come costruttiva. Se non è costruttiva o se il rispetto non c’è dimmi in quali episodi, magari hai ragione tu.

  30. Ricordi male: proposi a te, in un commento, di firmarti Andrea Barbieri e non, semplicemente, Andrea. C’è una sostanziale differenza, perché mi riferivo a te personalmente, non facevo proclami al “popolo del blog”.

    Per il resto non mi va d’impuntarmi con te, che stimo, su una questione di termini rivoltabili ad libitum, volendo. “Palladineve”, chiunque sia, dovrebbe avere ormai capito come si svolge tutta la faccenda se è, come immagino, una persona intelligente e attenta. E potrebbe essere chiunque, nel senso che potrebbe anche essere un accademico di Francia che finge di essere un disoccupato; non m’interessa. O meglio: mi possono interessare le sue idee, i suoi “contenuti”. Se poi si firmasse con nome e cognome, io credo che sarebbe meglio per tutta la discussione, certo. Dunque devo dire che trovo legittimo il tuo desiderio acché qui ci si “mostri” col proprio nome e cognome, con la propria “faccia”. Ma se uno non ha voglia di mostrarla, questa “faccia”, avrà pure le sue ragioni. Questo col rispetto che tu pretendi non c’entra, penso, fintantochè di questo vagheggiato rispetto non si manchi. E non è questo, mi pare, il caso del succitato. E poi: il rispetto si puo’ solo sperare di conquistarselo; e se non ci si riesce, pazienza. Il mondo è grande, gli interlocutori svariati. Non vedo sfiducia in questo mio modo di vedere la faccenda: bensì, quasi quasi, il contrario.
    Ps: naturale che questa polemica vuole essere costruttiva. Chi ha orecchie per intendere, è in grado d’intendere.

  31. Mi sento comunque di fare una spremuta di tutti gli interventi miei e altrui sopra questo e cavarne il senso: se non sei un troll, benvenuto Palladineve, hai attraversato brillantemente il rito di passaggio :-)

  32. Mah.
    Possibili tracce di Tash:
    1) Quanto al capitalismo io sarei anche d’accordo con lui, ma lui non ne vuole sapere e mi ha messo tra gli sfruttati, anche se non tra gli ultimissimi.
    Dunque sii buono con me.
    2) Nazione Indiana Due Punto Zero
    3) impiccheremo l’ultimo prete con le budella dell’ultimo re
    4) &
    5) et
    6) satira (SATIRA)
    7) ficcante
    8) NUDO. capisci?
    9) eccetera

  33. Capisco che la discussione ormai è molto distante da “Libri che viaggiano in seconda”, ma a me il testo era piaciuto e mi aveva fatto pensare ad una cosa, forse anch’essa lontana dal tema del pezzo o forse no: alla differenza tra le vespe e gli scooter.
    Alla fine del mese sarò costretta a rottamare la mia vespa, Agata. Ha un nome ed un cuore e a me parla come una persona. Insieme abbiamo girato tutta Firenze negli
    ultimi dieci anni per oltre 24.000 chilometri.
    Ma non è catalizzata – catalizzata o catalitica, in realtà, a me
    suonano come una malattia, non come un pregio – né può diventarlo.
    La devo fare fuori ed acquistare uno scooter. Senza marce.
    Direttamente e subito in seconda.
    E’ qui che il paragone mi risuona.
    Libri d’invenzione e invenzione di libri.
    Vespa e scooter.
    Sono davvero due mondi diversi.
    La vespa è il Motociclo, lo scooter è una carrozzeria vuota che viaggia senza nessuna anima e va poco lontano solo fino a dove la conduce questa artificiale seconda, sostenuta da una scintillante pubblicità.

  34. @ Franz

    Ti devo un sincero “grazie” già da ieri, ma problemi vari mi hanno impedito, purtroppo, di collegarmi prima. Ogni occasione è buona, comunque, soprattutto quando c’è in gioco una questione come quella del “rispetto” (che non può mai prescindere dal riconoscimento dell’altro e della sua “diversità”, del suo essere un soggetto di diritti in ogni caso) – sul quale chi ti scrive ha sempre improntato la sua esistenza, il suo agire pubblico e privato, le sue scelte pagate spesso a caro prezzo proprio in nome di valori come questo. Non è una polemica a posteriori nei confronti di un paio di risposte sopra le righe, che pure sono venute, perché alla fine i tuoi interventi hanno spazzato ogni dubbio. Ho letto un paio di tuoi libri e ti stimavo: dopo quello che hai scritto nel tuo ultimo intervento, ti stimo ancora di più. Mi preme solo farti notare che se NI due non mi piacesse, non sarei spesso e volentieri tra queste pagine: non sono un masochista, so già farmi male da solo in tanti altri modi.
    Un grazie anche a quella squisita persona che è Piero Sorrentino.
    Detto questo, e andava detto, prendete nota del fatto che non cambio di una virgola il senso (che voleva essere costruttivo) della mia critica.

    Ciao e a presto.

    @ Andrea Barbieri

    :-) ? Perché no: :-)

  35. @Palla
    E’ stato (quasi sempre…) un piacere aver “incrociato i guantoni” con te. La stima è ricambiata. Alla prossima (dato che, fortunatamente, non sei un masochista…:-))
    Ciao.

  36. Caro Franz, ho letto solo ora tutti i commenti. Che dire? Che ci sono commenti che allo stesso tempo riescono a essere offensivi e innocui. A cominciare da palladineve (molto signorile da parte tua la chiusura della discussione con lui), per passare a tashtego, per finire con Giorgio.

    Ecco: in particolare, mi piacerebbe sapere chi è Giorgio; anche se, devo confessare, da quel che ha scritto nel diciannovesimo commento, chiunque sia, di sicuro si può escludere possa trattarsi dello spirito redivivo di Giorgio Caproni.

    Ciao.

  37. Caro Marco Candida, mi preme dirti che i miei interventi non avevano niente a che vedere col tuo articolo: l’unico riferimento “testuale” in essi contenuto era relativo ad un altro post, che veniva espressamente citato.
    Il mio errore, dettato dall’imperizia nell’uso del computer, è stato quello di non accorgermi che stavo inserendo il commento nel posto sbagliato. Se altri, poi, hanno fatto riferimenti a quanto da te scritto, sono problemi loro: io non ho fatto altro che dialogare con Franz e Forlani. Mi spiace solo di aver involontariamente sottratto spazio al commento del tuo intervento, e di questo ti chiedo scusa.
    Con stima

    p.s.
    Se ti interessa, a me il tuo scritto è piaciuto: mi sono procurato anche uno dei libri che hai citato. Alla prossima.

  38. Caro Marco, questa è la vita dello scrittore up-to-date and totally engaged. Cazzi acidi. A me diverte scambiare opinioni con i fantasmi. Mi sto allenando per il prossimo libro, la verità è questa. Intendo parlare di uno scrittore (io) che ha delle apparizioni fantasmatiche sul monitor, sotto le feste di Natale. D’improvviso viene colpito in piena faccia da una palla-di-neve proveniente dal monitor medesimo; a questo proposito sto facendo ricerche, proprio in questo momento, sia sull’hardware che sul software:-)
    Ciao, alla prossima.

    P.s: grazie per la signorilità che mi attribuisci.
    Signore io lo nacqui, ecc.

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