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La campagna elettorale di un poeta-paesologo (in due punti)

di Franco Arminio

1.Attenti alla roba!

Ogni tanto mi chiedo chissà cosa direbbe Giovanni Verga se potesse ascoltare le dichiarazioni dei politici in questi giorni. Per la verità le dichiarazioni le fa uno solo, Berlusconi, tutte le altre dichiarazioni sono commenti, postille, precisazioni a quanto dice l’uomo di cui tutti parliamo.


E cosa ci sta dicendo in questi giorni se non una miserabile, infinita raccomandazione: Attenti, attenti alla roba! Se mi cacciano i vostri soldi non sono più sicuri! Pare che non si rivolga a un popolo, ma al club degli avidi. Il messaggio tuttavia è destinato a fallire. La maggioranza degli italiani ancora non somigliano a Mastro Don Gesualdo anche se gli studi televisivi ormai si sono trasformati in uffici di ragioneria. Tutti i politici fanno a gara per dire che non toglieranno niente a nessuno. Tutta la campagna elettorale pare una corsa ad accaparrarsi le simpatie dei tirchi. Alla fine la propaganda del centrodestra è molto semplice: il mondo può andare benissimo a farsi fottere, l’importante è che ognuno conservi i suoi soldi o li accresca. Questo ragionamento è inficiato dal fatto che in tutto l’occidente la crescita del benessere economico non corrisponde a un aumento di felicità. Anzi, più si ha e più la vita è guasta. La depressione dilaga nelle città e nei paesi. La ferocia e l’insostenibilità del sistema capitalistico è eclatante, eppure si continua a parlare come se non si potesse immaginare nessun altro tipo di società. Perfino Bertinotti in un recente confronto televisivo con Berlusconi non ha trovato il tempo per dire che un altro mondo è possibile.
Ovviamente io voterò per l’Unione, ma è disperante pensare che secondo i suoi leaders il problema dell’Italia si risolve riducendo il cuneo fiscale. Insomma, tutto deve risolversi aumentando la produzione di merce e il suo consumo. Ma come si fa a non vedere che siamo in una spaventosa crisi di civiltà e che il predominio dell’economia ha prodotto questa crisi e l’acuisce? Speriamo che fra una settimana qualcuno cominci a pensarci. Speriamo che allo scrupolo si abbini un po’ di utopia.
 

2.Fantasmi della politica

I partiti hanno fatto le liste. Hanno deciso chi deve andare in Parlamento, ma dove sono questi partiti? In quale luogo operano, cosa fanno? Si ha l’impressione che i partiti siano dei fantasmi impegnati a conservare il proprio stato di fantasmi. Nella società della simulazione in fondo la via della realtà è vietata ai singoli, figuriamoci ai gruppi. I partiti parlano, fanno parlare di sé, ma dentro questi involucri di parole non c’è assolutamente niente. Non solo non
c’è un’idea di mondo, ma non ci sono corpi, non c’è biologia, non ci sono emozioni vere. State sicuri che nessuno di quelli che perderà le elezioni si suiciderà. È chiaro che Berlusconi ha portato al culmine questa derealizzazione della politica e come tale va combattuto senza reticenze. Bisogna tenere ben chiara però questa inesistenza dei partiti e il fatto che nella società dell’autismo di massa un partito non può che essere un congegno fantasmatico. Prima che un ritorno alla politica bisogna costruire un ritorno alla realtà. E per far questo servirebbero scelte radicali. Altro che par condicio. Bisognava oscurare completamente la campagna elettorale in televisione. Chi vuole i voti della gente vada a parlare direttamente con la gente. Una legge del genere sarebbe stata rivoluzionaria. Ma oggi la rivoluzione non la prende in considerazione nessuno. Oggi bisogna essere sgarbati con la società dei fantasmi. Se ci limitiamo a osservare lo spettacolo accade semplicemente che diventiamo fantasmi anche noi.

 

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18 Commenti

  1. Stasera ci sarà il secondo confronto. Ormai la televisione ci ha viziati. Non sono molti i comizi che si tenevano in piazza.
    Anch’io stasera lascerò il mio solito film serale su Sky classic e mi sintonizzerò sul confronto. Saranno in molti a farlo, ho l’impressione che assisteremo ad un audience da finale dei mondiali di calcio.

    Ma mi dài l’occasione di fare un ragionamento su due punti che Prodi si sfinisce di voler chiarire ai cittadini sulle tasse (Attenti alla roba!): quelle relative alle successioni e quelle sui Bot e CCT. Ogni volta che vuol chiarire aumenta i sospetti, secondo me.

    Ecco il mio ragionamento:

    1- Prodi sostiene che tasserà le grandi successioni, quelle a partire da almeno un milione di euro. Va chiarito ai telespettatori che questa precisazione (che contrasta con quella resa in tv da Bertinotti nel confronto, mi pare, con Tremonti) non può che raggranellare pochi spiccioli, perché si possa risanare il Paese, come lui sostiene. Quindi, appare più credibile la precisazione di Bertinotti.

    2 – Sulla tassazione dei Bot e CCT, Prodi ogni volta precisa che non riguarderà quelli “in corso”. Poiché la massa dei titoli di Stato acquistata dai piccoli risparmiatori non supera l’anno di scadenza, ciò significa che a breve *tutti* i titoli di Stato saranno soggetti alla nuova tassazione. Da ciò discende che, affinché il risparmiatore sia invogliato a continuare l’investimento in titoli di Stato, occorrerà aumentare il tasso di remunerazione fino a tornare alla stessa rendita netta precedente. Altrimenti l’investitore dirotta il risparmio altrove. Di conseguenza, lo Stato con una mano toglie e con l’altra è costretto a immediatamente restituire.
    Ma l’aumento della rendita dei titoli di Stato ha un’altra grave conseguenza, che è quella di costringere le banche (concorrenti dello Stato) ad alzare i tassi sui risparmi di ogni specie depositati presso di sé. Questo maggior costo per le banche non può essere sopportato, ovviamente, e perciò le banche lo recupereranno alzando il tasso del denaro dato in prestito. Ossia graverà questo maggior costo sui piccoli prestiti, sui prestiti artigiani, sui fidi ai professionisti, sulle aziende di piccole, medie e grandi dimensioni, e così via, ossia sull’intero sistema produttivo, generando un maggior costo dei prodotti e dei servizi. Chi pagherà tutto questo? I cittadini.

    Bart

  2. il tuo ragionamento mi pare ineccepibile e dimostra che bisognarebbe spostare l’asse del ragionamento.
    ne approfitto anche per precisare che io questi pezzi prima che su nazione indiana li pubblico su alcuni dei giornali locali con cui collaboro. nei miei giri nei paesi parlo con molte persone. insomma svolgo una mia personale campagna elettorale pur non essendo candidato. ho la sensazione molti scrittori stiano vivendo un pò passivamente queste elezioni.

  3. caro francesco, hai fatto un’ottima precisazione. ma non pensi che oltre alle elezioni si viva passivamente anche la politica? è difficile sapere ognuno cosa fa nel suo ambiente, ma dalle pagine che leggo traspare poca passione politica.

  4. Il mio sogno caro Arminio è quello di una sinistra popolare. L’handicap tutto italiano di non aver mai avuto un grande partito socialista, da una parte, dall’altra l’aver convertito il giusto mito della tradizione in quello di un progresso simil liberal, l’aver abiurato il concetto di populismo (nel senso americano) per quello devastante della massa, ecco tante cose che costituiscono il vero problema della sinistra ovvero l’oceano che la separa dalla gente. L’arte popolare, gli aggregatori sociali (volontariato, lo sport, le associazioni) che costituiscono il vero campo della passione (su questo trovi in me un sicuro alleato) sono stati sacrificati sull’altare di una strana ideologia centrocentro sinistra, tutto sommato piccolo borghese e soprattutto autoreferenziale e snob. Si diceva con Biondillo di come ogni volta che si vedono bambini allestire un cortile come un campo di calcio e tirare calci al pallone, si crea un mondo. Per fortuna l’astrattezza dei programmi proposti a sinistra non riflette la qualità delle prove date sul campo , nelle amministrazioni delle città, dalle varie giunte di sinistra. Insomma, forse bisognerebbe ricominciare a pensare. Per il momento voto Rifondazione sempre che non sia stato radiato dalle liste degli elettori (lungo esilio in Francia)
    effeffe

  5. pane al pane e salame ai salami!
    fa più un capannello in strada che 100 seghe in rete.
    correggerei arminio solo in una consonante (o folse ha l’elle moscia?): *ho la sensazione molti scrittori stiano vivendo un pò passivamente queste erezioni.*

  6. Purtroppo sono con te, Arminio, condivido, la politica ce la siamo fatta sfilare tra le mani, ognuno cerca di farla come può, anche facendo cose piccole che con la politica sembrano aver poco a che fare, e così cerca almeno di salvarsi l’anima, ma è poco poco poco. Lo so.

  7. vedi cara temperanza, vedi come anche qui su nazione indiana si sente che la politica, cioè il costruire cornici, interessa assai poco. a quelli che propugnano il prodotto interno lordo noi dovremmo opporre il prodotto interiore lordo mi diceva ieri sera un amico, un amico che non vuole saperne più di letteratura e si è messo a fare il commerciante.

  8. Ciao, a proposito di Berlusconi e ‘la roba’, due anni fa mi era venuto da scrivere il pezzo che qui riporto e che era stato pubblicato sul blog “Em Bycicleta. Presidio di fabulazione sportiva” (www.bloggers.it/embycicleta). Preciso che sono un ‘milanista nonostante’ e vivo in modo abbastanza di traverso la mia malsana passione per il calcio e per il milan berlusconico. Se fino a un po’ di tempo fa ero disposto a non farmi incastrare da chi mi diceva: “Ma come fai ancora ad appassionarti per il calcio e perdipiù per la squadra del presidente del consiglio”, ora davvero faccio fatica. Anche abusando la passione popolare dei tifosi il Cavaliere ha fatto breccia nelle loro menti e nelle loro anime. Forse è proprio vero quel che dice Moretti: “Berlusconi ha vinto comunque, ha vinto 30 anni fa”.

    Pavia, martedì 16 marzo 2004 – “Questa mattina mi hanno passato le cronache sportive: si parla del Milan di Sacchi, di Zaccheroni e di Ancelotti e non si parla mai del Milan di Berlusconi. Eppure sono io che da 18 anni faccio le formazioni, detto le regole e compero i giocatori”. Lo ha detto, sorridendo, Silvio Berlusconi nel corso del suo intervento alla cerimonia per la posa della prima pietra di un nuovo padiglione del Policlinico San Matteo di Pavia. “Sembra che io non esista – ha detto il presidente del Consiglio e del Milan -. Dalla lettura dei giornali non c’è mai il Milan di Berlusconi”.

    Insomma, ancora una volta quei comunisti dei giornalisti si dimenticano che il Milan ammette un solo genitivo: “di Berlusconi”. Proprio come la roba di Mazzarò (Giovanni Verga, Novelle rusticane), che andava immensa dal Biviere di Lentini (no, non è quello pagato in nero) alla Piana di Catania, dagli aranci sempreverdi di Francofonte ai sugheri grigi di Resecone, fino ai pascoli deserti di Passaneto e Passanitello. “La pelata e i RayBan di Sacchi? Di Berluscò!”, “I dreadlock di Gullit? Di Berluscò!”, “La veronica di Van Basten? Prestata da Berluscò!”, “La basletta di Capello” “Di Berluscò!”, “La Mitropa Cup?” “Regalo anticipato di Berluscò!”, “Il naso di Tassotti?” “Di Berluscò!”, “Il sopracciglio indipendente di Carletto Ancelotti?” “Magnanima concessione Berluscò!”, “La simpatia di Inzaghi?” “Tutta farina di Berluscò!”, “Il figlio della Colombari?” vabbè, avete capito… E sì, proprio come nella novella del Verga, qualche volta pareva proprio di Berluscò anche il sole che tramontava dietro le torri di San Siro e anche l’eco dei cori della Curva del Gelo.

    Ma di una cosa sola doleva al Cavaliere, che cominciasse a farsi vecchio, e il Milan doveva lasciarlo là dov’era. Questa è una ingiustizia di Dio, che dopo di essersi logorata la vita ad acquistare campioni e campioni d’urina, quando arrivate ad averli, che ne vorreste ancora, dovete lasciarli! E stava delle ore seduto sulla Champions, col mento nelle mani, a guardare i prati di Milanello che gli verdeggiavano sotto gli occhi, e i ragazzi in allenamento che ondeggiavano come spighe nei campi maturi, e le bacheche scintillanti di trofei – Mitropa compresa – , e se per caso, improvvidamente, gli passava dinanzi Gattuso, palleggiando sulla fronte elegante e spensierato come una foca calabrese, per invidia gli sguinzagliava fra le gambe i suoi mastini e borbottava: – Guardate chi ha i giorni lunghi! costui che non ha niente! –
    Sicché quando gli dissero che era tempo di lasciare il suo Milan, per pensare all’anima, uscì sul prato di Milanello come un pazzo, barcollando, e andava ammazzando a colpi di bastone tutti i milanisti che gli venivano a tiro, da Brocchi a Ramaccioni, da Gerry Scotti a Bertinotti, e strillava: – Roba mia, vientene con me! –

    http://www.bloggers.it/embycicleta/index.cfm?blogaction=archive&file=blog_3_2004.xml

  9. berlusconi ha insistito sulla roba anche nell’ultimo confronto con prodi. fra qualche giorno non ci saranno le elezioni, ci sarà il censimento degli avidi.

  10. scrivo da l’argentina. molto interesante il vostro sito di leteratura. a proposito de berlusconi, io amo il futbol e seguo da tanti anni (sono nato nel 1946) anche il vostro campionato. il milan de berlusconi è una squadra de managers, non de futbol.
    per me tifoso del boca juniors è stato belissimo vedere perdere il milan ai rigori nella finale de la coppa intercontinentale, gol decisivo del notro cascini.
    complimenti a nazione indiana.

  11. caro arminio, complimenti per la tua poetica. sono arrivato qui con google, tempo fa, per caso.
    sono nato a buenos aires nel 1946 da genitori de prato, vicino a firenze. lavoro in una software house e sono appassionato de leteratura, molto quella italiana. mi piace luzi, bilenchi, mario soldati, moltissimi scrittori italiani ma anche thomas mann e in sudamerica prediligo particolarmente octavio paz e naturalmente il grandissimo borges, complimenti a sergio garufi a proposito de sternstunden, il suo pezzo su borges.
    buona giornata a tutti gli *indios* italiani e a te arminio che scrivi delle cose molto belle e sentite.

  12. caro santalmassi
    se mi mandi la tua mail
    magari posso mandarti qualcosa di mio.
    mi fa piacere avere uno scambio con chi vive tanto lontano e magari crede alla letteratura più di quelli che stanno qui.

  13. Caro Arminio, te escrivo da Caboverde. Sono nato nel Maroco espanol nel 1928 con padre italiano, putaniere ma hombre de corazon. Dunque sono muy viejo. El resto non te lo dico.
    Però me complimento mucho por el tuo escriber così sentito, che fa fremer de vergogna per la nostra bela patria lontana, me e mio hermano Crispino.
    Anche se veramente non l’abiamo mai vista, ma aqui da Caboverde, dove todos parlano portugues, l’Italia sembra paradiso rovinato da un nano e da hombre avidi (ma noi habliamo el castellano).
    In Caboverde siamo todos negros e lì il signor berlusconi è razzista?
    Un hombre negro puede venir en Italia?
    Dimmi por favor, porque da così lontano non sapiamo nada.
    Yo e my hermano abiamo leto pinochio

  14. Ciao Franco. Premettendo che sono un soggetto politico trasversale rispetto allo schema assiale destra-sinistra, ti dico che la tua intelligente riflessione apre il compasso ad un sintetico giudizio. “La ferocia e l’insostenibilità del distema capitalistico” di cui parli , mi induce a ritenere, pur con tutte le bieche, stridenti contraddizioni e modalità sperequative di radicamento, che molti non hanno compreso la portata dell’importante rivoluzione democratica messa in moto dal capitalismo. Ci siamo liberati dal potere dello Stato che schiaccia l’individuo sperimentando un’apologia libertaria in virtù della quale l’umanità ha conosciuto un progresso svincolato-esponenziale innegabile, maggiore che sotto qualsiasi forma di economia politica attuata nel passato. Purtroppo questo sviluppo non sarà mai uguale per tutti e il mondo fenomenico della politica (v. Machiavelli), è sempre sporco: un destino pressochè inevitabile. Ci saranno altri partiti, sorgeranno nuove consorterie. Alzeremo il volume alle proteste senza trovare antidoti all’ingiusto. Perchè in fondo l’uomo non ama l’uguaglianza, ma vuole abraderla dal manoscritto dei suoi giorni come una data errata. Sdipana le matasse del lamento solo se il suo orticello non fruttifica. Perchè è da parecchio che l’uomo ha smesso di essere uomo. I partiti siamo noi e se proseguirà questa massmediatica predicazione apostolica di bene universale in stile televendita, disgiunta dall’etica, avremo ancora vetri appannati di migliore, paesi privi di storia, menti senza un pensiero.

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