Le parole non sono mai come i fiori

di Christian Raimo

Reagisco proprio a cazzo all’intervento di Zizzi. La sua idea di letteratura propagandata, propagandata esatto non esiste termine migliore, l’istituto luce di se stesso, è la violenza di chi cerca lo scontro da perseguitato, da minore, da non compromesso, da solo contro tutti. E’ un modo di parlare che non dice ma enuncia, come i Megariti secondo Aristotele, non si pone dialetticamente, ma ascrive alle parole una valenza extratemporale, fuori dai mille paradigmi del linguaggio condiviso, si butta in un deserto, per essere vox clamans. Nessuno gliel’ha chiesto.

Cosa vuol dire che la “macinatrice” non è una metafora ma è la scrittura nel suo momento acmeico? o che perceber prima aggrega la semiologia e poi la fa scoppiare? Li abbiamo letti Parenti e Colombati. Sono due romanzi illeggibili fino in fondo. Fieri oltre ogni limite del proprio compiacimento fonico e lessicale. Talmente refrattari a ogni forma di convivenza con codici narrativi di genere, di editabilità, di comprensibilità, di realismo, di articolazione, da cercare sempre il fuori, lo sfondamento, il disastro. Sono linguaggi privati. Se la letteratura è questo spazio, chissene. Che sia per iniziati, che credono nel genio, un genio genetico, dato per assodato alla nascita, una bella idea iniziatica di letteratura, citando ogni pie’ sospinto un canone irriducibile e incontestabile, gadda proust d’arrigo eccetera, alla ricerca di una violenza “ctonia” delle parole, tanto per citare zizzi (mi basta per essere nella controtradizione?). Basta, per favore con gli interventi violenti. Basta con le lettere maisucole che non evocano niente. Fondo, Vertigine, Deserto. Basta con i nessi psicosessuali oltre la biologia. Basta con gli oltre. Oltre, oltre, ho capito, ma dove? Ogni frase letteraria è un attentato ai limiti del linguaggio, si è letto Wittgenstein e lo si è capito. Bisogna trattenere il respiro e sputarlo ogni volta? Paul de Man faceva piazza pulita di questo romanticismo d’accatto. Prendeva un verso di holderlin, “le parole come i fiori”, e ragionava appunto dicendo che le parole non sono mai come i fiori, perché mentre i fiori sono generati dai fiori, sono nell’essere biologico appunto, le parole hanno sempre un rapporto di riferimento all’essere. Analogia!, già, che tremenda disfatta, per chi vuole che ogni fiato sia sempre Rivelazione. Quando saremo morti ne riparleremo.

Print Friendly, PDF & Email

47 Commenti

  1. “Quando saremo morti ne riparleremo”. Ma non penserà – Raimo – di aver scritto qualcosa che resterà dopo la sua morte? Non sarà mica impazzito?

  2. BRAVOOOOOO!!!!!!!!!
    (ci ho messo un pò per capire tutto, ma sono pesantemente d’accordo su ogni cosa)
    bellissimo Paul De Man

  3. Infatti, nel caso di Zizzi è meglio parlare di violenza verbale che di forza espressiva. Un linguaggio apparentemente incontrollato il cui fine è quello di colpire senza destare un feedback di positiva reattività nel suo bersaglio.

    Poco fa ho appoggiato la trattazione di Zizzi ma ciò non significa che per questo debba in maniera ipocrita calargli la testa su tutto.

    Su SdM la mia conoscenza con Zizzi, per di più sotto nick, è stata a dir poco offensiva poiché ha attaccato la persona (per di più uno sconosciuta) senza trattare l’oggetto dell’articolo pubblicato.

    è fatto così… ;)

  4. Ahò, macchè ve state a spreca’ tempo e vita pe’ Michelangelo Zizzi?

    Che invece (insieme a Parente) un merito ai limiti de ‘a fantascienza cie l’ha: aver piegato Proust e Beckett ar proprio rodimento de culo.

    E avere messo in mezzo quer poraccio de Moresco. Che a furia d’esse messo in mezzo a tutela de’ rodimenti de culo artrui, cierti giorni nun se arricorda più manco dov’è er nord er sud l’est l’ovest.

    Un intervento violento quello de Zizzi? A ragà, voi nun sapete manco do’ sta de casa ‘a violenza. ‘A violenza nun’è farsi ‘na pippa davanti ar monitor der computer. ‘A violenza è là fuori, pe’ strada: splendida, accecante, se sveja ‘ogni matina come un sole.

    Se avete letto Faulkner senza capicce ‘n’ cazzo, ‘a corpa è solo vostra.

  5. ma raimo ha qualche esperienza di precariato? oppure è il solito giovin scrittore scansafatiche e fannullone che campicchia coi soldi dei genitori?

  6. killer, sei per me un modello di coscienza morale, politica, letteraria con la quale confrontarmi ogni giorno, grazie. hai anche un bellissimo nome.

  7. Eh vabbe’, er killer mo’. Quello – er killer – se in un’artra vita fosse stato Werther ‘e pistole avrebbero sparato a salve!

    Me spiego e ve racconto ‘na storiella.
    Ciera una vorta Casterporziano…
    ‘O avete presente Casterporziano? Er festival de poesia! Mo’, a un certo punto er pubblico bue e ‘gnorante e rincojonito dalle peggio cose der Sessantotto (un pubblico che leggeva sì, ma più leggeva più diventava ‘gnorante), se mise a rompe ‘er cazzo a Evtushenko e a Ginsberg. Tentarono di aggredirli fisicamente. Proprio! In nome der rodimento de’ culo prendendo a prestito i peggio slogan de ‘a sinistra e de’a democrazia. Urlaveno: ma perché voi state sur parco a declama’ e noi semo quaggiù? E via a rompe er cazzo e a’ carpesta’ l’inteligenza e ‘a letteratura.

    Mo’, questi qua (zizzi, er killer co ‘a pistola a salve, parente) me sembrano l’evoluzione der pubblico de Casterporziano.
    Quelli se nascondevano dietro ‘e bandiere de’a sinistra e ‘a democrazia.
    Questi se nascondono dietro Proust e artri elitarismi che hanno letto senza trarne gnente che non sia accademia fatta bbene.

    Insomma: il rodimento de culo resta lo stesso. Cambia er modo:
    lì ciera un’insopportabile ingenuità (l’insopportabile ingenuità der rodimento de culo)
    qui ci sta uno smorto cinismo (un cinismo di un quarcosa che quasi non merita più de avecci un nome).

  8. Personalmente sono convinto con Zizzi che la letteratura sia Rivelazione (con la maiuscola). Mi chiedo quale sarebbe altrimenti il motivo per scrivere letteratura piuttosto che trattati di sociologia. Personalmente sono stufo della letteraura neo-neo-realista che ha invertito la prospettiva del mondo -il linguaggio infatti non parla mai del linguaggio ma sempre si riferisce negativamente all’orizzonte del significato che garantisce il suo senso; ma questo magari lo sa anche Raimo. Con questo non vuol dire che sia d’accordo con Zizzi, ne’ coi suoi metodi o coi suoi indici. Sono convinto per esempio che un Aldo Nove o un Lello Voce siano molto piu’ pro-fetici (nel senso di pro-femi, parlare in vece di…) di quanto lo sia Zizzi. Tutt’altro. Solo concordo coll’individuare nella Rivelazione la missione gloriosa della letteratura, e, piuttosto che nascondere tutto sotto il tappeto come Raimo vorrebbe fare, credo invece sia necessario trattenere il fiato e sputare fuori Wittgentsein (ma anche e soprattutto Heidegger e Bene) ad ogni parola.

  9. volevo segnalare un refuso: vox calmans.
    poi: la ZZtop (o grafia) è a vol d’uccello (caZZo c’entra ad es. Moresco nella lista?)
    infine: da quale poesia di H. le parole/fiori?

  10. pasquino pure io perché so’ geloso de sto gran fico che sbuffa e sfregna e je dà giu come ‘n somaro co’ la fregola pe’ la sorca vicina e riluttante

    chiappa raimo, pasquì, e daje foco

  11. Caro killer (ma lavoriamo assieme?) è proprio come dici. Una volta arrivai ad una festicciola che minimum fax o lui (non ricordo) davano in una ex scuola elementare o convento (le cose assomigliano) nel centro di Roma. Erano proprio dei bravi ragazzi, un bell’ambiente radical chic, un sacco di fighette, fighetti. Tutto molto compito.

  12. Raimo finiscila, per piacere, per piacere. Zizzi l’ho sentito a Roma e, indipendentemente dai modi ( avrebbe veramente dovuto darti una sberla ), è stato leale e frontale declassandoti in un tugurio di letteraturicchia. Impara da Zizzi, impara da Parente.
    C.

  13. visto l’ultimo commento, ho sentito Zizzi a Roma e sia per i modi, sia per il contenuto di quello che ha detto, si è rivelato il poveretto che è. a me ha destato una rabbia infinita per la cafoneria di cui si è forgiato, ma sono stata ben contenta che in quel frangente nessuno dei presenti se lo è minimamente filato. manco una risposta, e lui è rimasto in fondo all’aula con le sue invettivette ad elemosinare attenzione. poverello, in fondo.

  14. In effetti Zizzi è un soggetto, parlo scientificamente, pericoloso. Criminologicamente, potenzialmente attivo. Ma c’ero anch’io in quella serata. E vi garantisco le risate verso Raimo, gli applausi a Zizzi, che veniva inseguito da fan improvvisi. Un bel vedere. Zizzi disse che Raimo sapeva solo dire ‘in effetti’, ‘per la verità’, ‘così’. Finito l’intervento raimo non disse nulla. Fu divertente.

  15. quella sera (se parliamo della stessa sera) c’ero pure io, e Zizzi è stato ridicolo. Raimo è stato un signore. c’avete tutti delle lingue a sonagli comunque, si vede che vi date troppa importanza… ma gavte la nata

  16. allora, visto che in genere non mi difendo, ma lascio cadere, e invece rispetto a dibattiti che passano subito allo scontro personale dalle idee che si esprimono, dico questo, visto che a quel dibattito c’ero. presentavo mancassola. non dissi delle cose particolarmente brillanti, ero mezzo febbricitante, stanco, sbagliai i nomi. capita. zizzi ne volle approfittare e disse, con un’arroganza da stronzo (non so come altro definirla) che insomma ero un incapace e non meritavo il mio ruolo lì, né quello che ho a minimum fax né tantomeno il nome sulla copertina dei libri. fu sprezzante, anche se un po’ farraginoso. accolsi lo sfogo (era già capitato a lecce dove invece cercò lo scontro senza neanche pretesti), e per non finire in rissa io contro zizzi, preferii lasciar cadere e continuare a parlare di mancassola. il punto è questo: zizzi è un poeta abbastanza bravo ma non è pubblicato dallo specchio. okay è un motivo sufficiente per gettare merda dove vuole? dovrebbe imparare a confrontarsi con/contro il mondo senza enfasi prometeiche. altrimenti, se è lo spettacolo comico, ci si mette d’accordo e gli faccio da spalla.

  17. esterrefatto, sono esterrefatto dal monolinguismo di zazou, pardon, di zizi (o zizzi?): monolinguismo0 monomaniaco di chi parla con il proprio ombelico credendo di parlare al mondo. La letteratura è rivelazione? Per la madonna, tanto quanto la parola divina allora! Meglio la bestemmia, soprattutto quando ben condita!

  18. a me è piaciuto molto quello che hai detto per introdurre, e anche più tardi, durante il dibattito (che mi ha fatto cambiare totalmente idea sul 27°anno, in positivo). opinioni, eh-
    off topic: non c’entrava nulla, ma forse un pò sì

  19. Io credo che qualcosa di comparabile all’energia che dovrebbe/vorrebbe prorompere dal testo di Zizzi (energia che in Raimo schizza meno esuberante e spesso più cinica) stia nell’insieme incandescente come una cometa esplosa dei testi + autoanalisi del poeta Gianluca D’Andrea, insieme che si sta provando a discutere senza successo nel good-natured blog liberinversi.splinder.com. Non è spam, voglio suggerire che forse stiamo perdendo il gusto dialettico dell’iperbole e del titanismo tronfio, ingiustificato, brigantesco e istrionico, schiacciati in un medio-mediato che impedisce di prendere un testo letterario per quel che semplicemente è: una pagina scritta secondo uno stile, un artificio retorico. Non relazione, non politica, non vita. Se non riusciamo più a vedere e distinguere questo, ancora più complicato sarà riconoscere la vitalità lì dove è, strafottente, autogiustificantesi, e al massimo grado, cioè nei Falstaff che oggi stanno scomparendo (e dunque maggiormente risaltano) sommersi da rancorini da era precario-berlusconiana, da emivite allo stadio larvale e da sonorissimi bluff spacciati per nuova sapienza (mi viene sempre in mente la categoria dell’ultrapsichico).

  20. L’intervento di Zizzi, dal punto di vista teorico, non è smodata presunzione rivestita di nulla, ma nulla rivestito di smodata presunzione. Come i suoi versi, addormenta. E se quanto ci dovrebbe rivelare la poesia è questo, io preferisco farne a meno, non usufruire di alcuna magica ed egizia Rivelazione.
    Raimo ha scritto versi e racconti che valgono mille Zizzi. E così tutti gli altri che Zizzi OSA stigmatizzare, a partire da Balestrini.

  21. Insomma: ’sto Zizzi è fasullo pure nell’epigrafe al post. Pensa di citare Parente ma cita Busi (”Per un’apocalisse più svelta” è il titolo di un libro di Busi). Insomma, cadere anche sulla propria unica ragion d’essere (l’epigonismo) è il massimo. (Lo stesso Parente ha passato anni a leccale il culo a Busi ricevendone in premio, giustamente, una serie di calci nel culo che quando ci pensa ancora si commuove).
    Ad avere tempo e voglia si potrebbe smontare anche il resto. Ma non se lo merita

  22. @Raimo
    Che poi i fiori non siano generati dai fiori ma dall’Essere stesso (con la maiuscola come in Tedesco e in Ingelese), e che percio’ la loro connessione con l’Essere e’ equivalente a quella delle parole con l’Essere, questo e’ chiaro a chiunque non sia cosi’ ignorante riguardo a quello che volgarmente viene definito il secondo Heidegger quanto de Man e Raimo.

  23. “‘A violenza nun’è farsi ‘na pippa davanti ar monitor der computer. ‘A violenza è là fuori, pe’ strada: splendida, accecante, se sveja ‘ogni matina come un sole.”
    concordo in pieno, desolato.
    e sotto-scrivo.
    a castel porziano volavano oggetti, ma non contro ginsberg che c’aveva il suo bel carisma e, sarà stata l’eterna provincia italica intimorita e prona davanti a ciò che è americano, riuscì a calmare, col solito hom, gli infantioli di quella gente seminuda ormai con la sabbia nelle mutande che gli arrossava l’inguine e lo spacco del culo, provocando logicamente irritazione dell’anima.
    alcuni poco dopo sulla riva erano nudi e a cazzo ritto contro l’orizzonte nero del tirreno.

  24. Scrive Raimo: “Li abbiamo letti Parente e Colombati. Sono due romanzi illeggibili fino in fondo. Fieri oltre ogni limite del proprio compiacimento fonico e lessicale. Talmente refrattari a ogni forma di convivenza con codici narrativi di genere, di editabilità, di comprensibilità, di realismo, di articolazione, da cercare sempre il fuori, lo sfondamento, il disastro. Sono linguaggi privati. Se la letteratura è questo spazio, chissene”.
    Faccio un’ipotesi.
    La letteratura è appunto “questo spazio”. Mentre ciò che convive con “codici narrativi di genere, di editabilità, di comprensibilità, di realismo, di articolazione”, è l’editoria.

  25. Caro Marco Motta, mi ricordi in quale libro de Man parla del rapporto dei fiori con l’Essere. Grazie

  26. giulio, hai parzialmente ragione. premettevo che reagivo a cazzo, d’impulso. metterei un “soltanto” prima di letteratura. ossia non ce la faccio più di sentirmi dire che c’è un flusso carsico, clandestino, carbonaro di resistenza nei confronti del mondo pubblicato che ha come padri appunto gli indiscutibili, beckett e kafka e cervantes, e come militanti romanzi che per me sfidano il lettore soprattutto per la loro osticità. ” se la letteratura è SOLTANTO questo spazio, chissene”. benvenuti parente e colombati e zizzi, ma benvenuti non per ripetere sempre a ogni giro che il resto è merda, che c’è la restaurazione, le cricche di scrittori moderati, che moresco è dio in terra. legittime secondo me sono le idiosincrasie. altrimenti di che si parla? a me fa schifo come scrive tizio, per me è il peggio del panorama italiano. legittime sono però quando non sono il pretesto per esistere.
    parlo così – a tono medio – forse perché negli ultimi dieci anni non ho trovato nessun libro scritto da scrittori italiani che mi abbia cambiato la vita, illuminato in senso pieno. magari se fossi stato folgorato da “gli esordi” di moresco o da chiunque altro, avrei una posizione, anche uno slancio, diverso.

  27. Mio caro Enrico, so molto bene che quello che cito è in parte un titolo di un libro minore di Busi, come ovviamente lo sapeva Parente. Ma ‘io desidero un’apocalissi più svelta’ non è la stessa cosa del titolo.

    Mentre Serbeni che ha idee leggermente confuse sull’asse oppositivo plurilinguismo vs monolnguismo forse farebbe meglio a svluppare facoltà cognitive, propriocettive, connettive tra area ed area, zona psichica e fucina del risentire, eccetera. Ma non è impossibile farcela.

    Quel che mi pare rilevante qui in questi post è che almeno accendono piacevoli dscussioni e vitali, a differenza di altri troppo morfinici, da sostanza P.

    Parlavo di capolavori considerando i lavori di Massimilano Parente e Leonardo Colombati. Se vorrete vi leggerete i miei interventi critici sull’Immaginazione di Manni (usciranno credo nel prossimo numero) nei quali spiego quel che dico. Oppure vi rileggete (ma proprio con attenzione) il mio testo nel post precedente.

    Non ho molto da aggiungere.

    Cristian tu dici che sono scritture ‘private’. Ma cosa significa? Qual’è l’opposto di ‘privato’ per te? mettiamo che sia pubblico come penso, per non immaginare di peggio. Proust è pubblico? Melville è pubblico? Ma finanche Moresco vi pare pubblico?

    Esiste una nozione nell’ ‘Intervento violento’, che se foste stati più rapidi , con una certa abilità nell’inferenza, avreste letto, può andare su questa direzione: ‘Proprietà privata’ è un ossimoro. Perché il ‘proprio’ appartiene al fatto destinale, o come dici tu genomico. Il ‘privato’ è invece ciò che dal pubblico è stato prelevato, tolto. In questo senso il ‘privato’ per sussistere ha bisogno di una leggitimazione giuspositivistica. Il ‘proprio’ resta invece sempre irriducibile, essenziale, reale oltre ogni ‘condizione’ esterna.
    Vista così la faccenda (ma voi scuserete il mio intervento frettoloso) i libri di Parente e Colombati più che privati sarebbero ‘propri’, cioè talentuosi, ‘essenziali’, ‘efficaci’, ‘agenti’ perchè non bisognosi di essere giustificati all’ esterno.
    Va da sé che privati (cioè alla ricerca di una legittimazione pubblica: il precariato, la vita difficile, la politica attuale, eccetera) sarebbero invece i tuoi e quelli del 99, 9999 % degl scrittori e dei lettori che se ne nutrono.

    Ma al di là di tutto, un abbraccio anche a te, Cristian.

  28. Ognuno ha le sue aspettative dalla vita. Molti di voi, spinti dal bisogno di una rivalsa sociale, cercano di percorrere la strada della caratterizzazione estrema della propria identità lettararia in quanto possibilità di sopravvivenza. Altri, fuori dal gioco, sono i soliti “ragazzotti” che, per dare sfogo al loro malessere esistenziale, si scaldano oltre misura quando riescono a identificarsi con l’una o l’altra squadra. La contrapposizione, lo scontro, nel calcio come nella politica, nella musica, nel lavoro. La metafora dello scontro come scorciatoia di una borghese affermazione sociale. L’identificazione di un nemico da umiliare, da sconfiggere, da ridicolizzare sul piano umano e biologico (frequenti le invettive sulle capacità o incapacità sessuali, sui tradimenti, ecc.). Una dimensione misera dell’esistenza, eletta a metodo per sopravvivere a un sistema sociale e politico, a un ordine delle cose, che sembra onnipotente e quindi “naturale”.
    Tutta questa polemica, che è montata in maniera veramente esagerata in questi ultimi interventi, oltre a mettere in evidenza il “fascismo” innato degli italiani, non ha dato proprio nulla a chi voleva capire o semplicemente “migliorarsi” leggendo.
    Non c’è più tolleranza nella nostra società, non c’è più voglia di far funzionare il cervello, di confrontarsi seriamente nel merito, di stare ad ascoltare l’altro. C’è solo l’ansia di schierarsi e di rimuovere, in questo modo, le contraddizioni del proprio vivere sociale e personale. Le contraddizioni provocano sofferenza e la volontà di incidervi, con la propria “arte” o con le proprie azioni, spesso implica delle scelte laceranti, che non tutti sono in grado di effettuare in maniera diretta.

  29. okay, siamo irenici. il punto, michelangelo, per me è che esistono le zone grigie. non vedo capolavori. non capisco come i libri di parente e colombati possano essere dei capolavori. non considero un capolavoro horcynus orca, pur essendone stato ammaliato quando avevo diciassette anni perché appunto negli anni ho imparato il valore della comprensibilità come valore rivoluzionario, anagogico se ti piace. l’idea che le parole si trasformino in azioni, o che producano intervento, è credo quello che auspicano chiunque scrive. io ho scelto che lavoro fare, chi amare, come vivere anche per i libri che ho letto. per me dunque l’obiettivo in questo senso non è ovviamente la legittimazione pubblica. se pure risultassi simpatico a qualcuno, questo non mi dà da mangiare, né mi fa sentire amato, per cui ne faccio a meno. ma l’obiettivo per me è l’essere popolari. arrivo addirittura ad apprezzare de carlo, andrea de carlo, con tutta la sua prosa di plastica, quando mi dico: okay è riuscito a modellare un italiano medio fruibile, e non è facile, gli riconosco un merito di mestiere. d’altra parte sono cresciuto leggendo dissidenti e continuo a farlo, leggo chi ha a cuore la lingua italiana alle volte più della sua stessa esistenza in vita, li considero dei martiri in un certo senso, provo un affetto che è superiore alla stima per la rosselli per d’arrigo per michele mari anche per parente.
    quello che voglio dire è che la ricerca letteraria è più varia di un arroccamento. preferisco i tentativi mainstream di pincio o di mancassola a oggetti granitici come neuropa o perceber, tutto qui.

  30. Ringrazio biska per la dritta (e pensare che lo traduco a pezzi!)

    Nun, nun müssen dafür Worte, wie Blumen, entstehn.

    Ora perciò, ora devono nascere parole come fiori.

    E’ una similitudine, rientrante in pieno nell’analogia. De Man ha cioè sbagliato indirizzo (cosa dovrebbe dire poi de “Le parole sono pietre”?). “Romantici” è dizione piuttosto tarda, anglofona: i primi, a partire dagli Schlegel, si facevano chiamare ed erano chiamati “ironisti” (assai poco biologici dunque).

  31. Io Perceber l’ho letto e molto mi è piaciuto, e per fortuna c’era un Mozzi a pubblicarlo. La Macinatrice l’ho letto addirittura tre volte (ma rileggerò anche Perceber) e ancora continua a stupirmi. Non ho trovato nessuno di questi due libri incomprensibili, li ho trovati semplicemente COMPLESSI, ma tutto sommato neppure troppo. Mi sembra che si dia troppo scontato, nei discorsi qui sopra, che non comprensibile sia ciò che non comprende Cristian Raino.

  32. il problema è che gira e volta siamo tutti a bagno nel laghetto melmoso. chi più chi meno. E ci lecchiamo a vicenda, perchè altrimenti scoppia una vera guerra e sono cazzi. Raimo non dovresti ritirare o mediare le cose che hai detto su Colombati o Parente o Zizzi, le pensi. Colombati è di un autoreferenziale da far paura e probabilmente fallisce la sua missione di rivelazione. Così come Mozzi non dovrebbe parlare di editoria ma di Fiction, nel senso di finzione nell’inventare cose che non esitono, come i suoi capolavori pret a porter in tre per due ai quali ci ha abituato come ci si abitua ai noiosi spot televisivi. La ragione non sta più nel mezzo, la ragione sta dove stanno gli amici, soprattutto quelli potenti. Un mio modesto e discutibile parere ma pur sempre un parere. DA

  33. Intervengo tardivamente nella discussione per porvi la pietra tombale. Pare che Zizzi sia superdotato, inequivocabilmente.
    Di fronte a tale prometeica dote, ogni lingua sa ciò che deve fare.
    Tacere o ….. :))))))))

I commenti a questo post sono chiusi

articoli correlati

Passione indiana

di Christian Raimo Devo scrivere questo post per dire una cosa che ho comunicato agli altri redattori ma che mi...

Ammazza che puzza, aho!

di Alessio Spataro

Il tempo di una foto

di Hyppolite Bayard Louis Pierson, Ritratto della Contessa Castiglione e suo figlio, 1864 C’è il tempo interno dell’immagine e...

Le forme imperfette del turismo della luce

di Christian Raimo Che cos’è che volevi dimostrare? Lo spacco sul labbro che continua a restituire sangue a chi non ricordava...

Martina si allena

di Marco Mantello Dal girone dei folgorati all’aureola dei precipitati dalle tegole di un capannone ai piallati, agli schiacciati sotto macchine troppo nervose per...

Hippolyte Bayard, un meraviglioso blog di fotografia

"... la fotografia non ha bisogno di essere garantita da qualcuno: la garanzia che quello che mostra è "vero"...
%d blogger hanno fatto clic su Mi Piace per questo: