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Dicono di noi

totò e peppino.jpg

(Riporto un articolo di Franz Haas apparso il 10 Maggio 2006 sulla Neue Zürcher Zeitung col titolo “Lolite e capolavori. L’assenza di una critica letteraria in Italia)

Non passa settimana che il più importante quotidiano italiano non proclami l’uscita di un nuovo capolavoro letterario. L’ultimo caso è il magro romanzo di un autore anonimo che vorrebbe emulare in modo penetrante Lolita. E altrettanto imbarazzante è l’ approvazione entusiastica che il libro ha riscosso, ovverosia l’assenza della critica letteraria.

Eclatante è stato il caso della “Lolita siciliana”: non sono trascorsi nemmeno tre anni da quando la minorenne Melissa P. dava in pasto al pubblico delle librerie e dei talkshow le proprie avventure erotiche, sostenuta con passione dai grandi quotidiani italiani e dai loro supplementi del fine settimana. Il libro, presumibilmente autobiografico, che racconta la sua gioventù a Catania e le sue performance sessuali con cinque uomini contemporaneamente, ha superato senza sforzo il milione di copie. Nella sua versione tedesca (Mit geschlossenen Augen, 2004) però, questa innocua porcheria non ha riscosso lo stesso enorme successo.

Il feuilleton nazionale ha battuto la grancassa pubblicitaria anche in occasione del secondo romanzo della ninfetta scrittrice. Questa volta però il kitsch più innocente commuove solo in virtù del fatto che l’autrice racconta in modo alquanto maldestro di come si sia innamorata del figlio del suo editore Fazi (L’odore del tuo respiro, 2005). Il terzo libro di Melissa, ormai cresciuta, è una serissima lettera aperta al papa: ne In nome dell’amore (2006) scrive al Santo Padre e lo invita a non essere troppo severo nei confronti delle coppie non sposate e degli omosessuali. Ma nel frattempo Melissa ha perso di interesse presso il circo letterario italiano a causa dell’affollarsi sul mercato di nuovi geni, Lolite e capolavori.

Dolce vita

Una delle nuove star è Federico Moccia, ultraquarantenne, che con il suo tono accattivante e la dolce vita dei giovani romani ha sfondato tra i teenager e i critici confusi. Ancora una volta è stato Antonio D’Orrico, la star tra i redattori culturali del Corriere della sera ad elevare ad opera d’arte una miseria. Il romanzo di Moccia Tre metri sopra il cielo rappresenta dal 2004 per la Feltrinelli un enorme successo editoriale (è rimasto fedele nel titolo ma nella traduzione tedesca Drei Meter über dem Himmel, pubblicato nel 2005 dalla List-Verlag, è passato inosservato). Grande fermento in Italia, in un battibaleno viene girato un film tratto dal libro, tra le insegnanti nascono dibattiti del tipo: E’ meglio che gli adolescenti leggano Moccia o guardino i reality-show? La lingua è quasi la stessa, l’orizzonte etico pure. Madri sagge sentenziano: meglio guardare in aria.

Nel romanzo di Moccia si parla della bella Babi, studentessa e del teppistello Step, di abbigliamento griffato e di bevute, di tour notturni per Roma con la moto e, qua e là, del bisogno di un po’ d’amore. Quanto basta evidentemente per richiamare schiere di giovani a prendere in mano un libro. Nel giro di un anno il milione di copie è superato e prontamente arriva il seguito: in Ho voglia di te il bestiale Step non desidera più la dolce Babi, bensì la raffinata Ginevra. L’aspetto più interessante nelle gesta eroiche di questo genere sono le circostanze concomitanti: le sei pagine di propaganda che il supplemento patinato del più importante quotidiano del paese dedica al libro e l’ assenza, ovverosia l’indulgenza ruffiana, con cui il resto della critica ha accolto il romanzo.

I libri di Federico Moccia sono il classico materiale per i sogni di coloro che altrimenti non leggerebbero. Contribuiscono quindi, anche se in modo modesto, all’alfabetizzazione, così come i romanzi giovanili di Fabio Volo (l’ultimo Un posto nel mondo, 2006), che diventano bestseller anche senza la complicità della critica letteraria. E’ andata in tutt’altro modo per il nuovo fenomeno letterario italiano, il romanzo, di un’indicibile inconsistenza, Ci vediamo al Bar Biturico, che si è fatto conoscere esclusivamente grazie ad un paio di pezzi ben piazzati nell’inserto letterario.

Occhiali da sole a cuore

Il libro si burla di ogni recensione. Dietro lo pseudonimo di Paolo Doni qualcuno narra di una torrida estate trascorsa a Capri da una tredicenne, Giada, e da un intellettuale quasi sessantatreenne, Bruno, degli sguardi maliziosi e dei torbidi pensieri di entrambi. Non vi è quasi differenza, né psicologica né linguistica, tra i discorsi che si scambiano la ragazzina e l’ uomo, ormai più che maturo. La copertina del libro ammicca, non certo discretamente, alla Lolita del film di Stanley Kubrick, attraverso gli occhiali da sole rossi a forma di cuore. Chi sia in realtà l’autore, è un segreto di Pulcinella per tutte le testate – si sa che è un noto signore sessantatreenne (pace all’anima sua!), che lavora nella cerchia del Corriere della sera. Quello che c’è di sorprendente nella faccenda è come possa uno scrittore così consumato mettere sulla carta tali e tante scempiaggini e come mai l’editore Guanda pubblichi cose simili, che gli fanno quanto meno perdere la reputazione.

E di nuovo c’entra Antonio D’Orrico, il critico del Corriere, che proclama , una settimana sì e una settimana no, l’uscita di un capolavoro, nel qual caso gli può persino accadere di non prendere un abbaglio, come è avvenuto per la scoperta di Alessandro Piperno. Il solerte critico ha dedicato questa volta il frontespizio del supplemento e sette intere pagine esultanti, complete di foto di giovanissime attrici in lizza per il ruolo della protagonista nella trasposizione cinematografica del romanzo, alla imbarazzante imitazione di Lolita, dal titolo Ci vediamo al Bar Biturico e al suo (presunto) collega. Tale allegra brigata è vergognosa, ma altrettanto penosa è la carenza di coraggio critico da parte dei recensori di altre testate. Non uno degli illustri critici ha tirato le orecchie al collega del principale quotidiano italiano. Persino Giovanni Pacchiano, uno stimato critico (ha scritto spesso anche per il Corriere), non ha potuto fare a meno sul rigoroso Sole 24 Ore di elogiare questo libretto di 120 pagine, da lui definito “arguto e spassoso”. E proprio nessuno ha voluto rinunciare ad una figuraccia, disonorando il nome di Nabokov.

(traduzione dal tedesco di Adelmina Albini)

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155 Commenti

  1. … ecco, lui, il tedesco, lo può dire… mentre se si fanno certi discorsi qui – andate a vedervi come se la sono (quasi) presa con me per un mio sbotto su Moccia su Lipperatura – ti mettono in croce. La verità è che la nota stonata nel coro è il fischio nel mare di applausi che ci circonda. Come minimo, sei un intellettuale chiuso e rancoroso. Se non stai attento a sceglierti gli obiettivi, ti trovi contro anche quella parte da cui ti aspetteresti un conforto (vedi Benedetti-Scarpa-Moresco): niente da fare. Se parli male di un libro di successo sei invidioso, se parli male – di conseguenza – della narrativa italiana dimenticando di sperticarti in elogi verso quegli scrittori anti-restaurativi sei peggio di Luperini: una mummia impolverata che critica il nuovo perché non lo capisce e al massimo ne avverte la carica sovversiva, che non gli piace.
    Insomma… abbiamo complicato le cose semplici: questo libro fa schifo, questo libro è ottimo e via dicendo… Punto.
    Ma bisogna esser tedeschi per permettersi la benedetta responsabilità di dire “questo e non quello”? E che ci vuole?

  2. Nella kakanica Austria felix musiliana si diceva che poteva capitare che uno scrittore di genio venisse misconosciuto; quel che non accadeva era che uno scrittore da nulla venisse elevato a genio.

  3. Caro Marco V, si chiama libertà di giudizio, figlia di integrità morale e onestà intellettuale, una coppia che in Italia, e non solo nel campo della critica letteraria, ha sempre trovato scarsissima accoglienza, quando non è stata apertamente ostracizzata e cacciata in malo modo. Qui, e lo hai sperimentato di persona, vige quella che Forlani chiama “l’etica del pompino”, in base alla quale chiunque osi dare della ciofeca a delle opere altrimenti osannate, ma che in sostanza sono delle merdine e lo sanno anche coloro che le incensano, rischia il linciaggio e la lapidazione su pubblica piazza. E’ la degenerazione del più bieco provincialismo, culturale e non, che fa sì che l’unica regola diventi l’ossequio del “potente” (o presunto tale) di turno, colui che, nella logica del do ut des, potrà domani inserirti nei “luoghi” che contano o restituirti la slinguata di una recensione sulle tribune che contano. Una critica (sic!) che prende in considerazione i nomi citati nell’articolo di Haas (e decine di altri se ne potrebbero fare), è già morta prima ancora di nascere, non esiste, ha la consistenza del fumo che si leva, per un attimo, dagli escrementi evacuati in aperta campagna in un gelido mattino d’inverno. E quella campagna invernale è metafora pregnante per indicare lo spazio della letteratura italiana che naviga l’onda e la ricerca di un’effimera visibilità a tutti i costi: un luogo dove si può solo depositare il contenuto, ormai ultradigerito, del proprio intestino: un prodotto che la prima pioggerellina cancellerà dal novero delle cose esistite. Le opere vere, degne di attenzione e di rispetto critico (il che non significa incensarle, ma analizzarle onestamente alla luce di un progetto di lettura coerente, a fronte dello statuto e dei fini dell’oggetto in questione) sono da ricercarsi altrove, in un altrove qualunque, basta che sia un territorio distante dalle pagine “culturali” (sic!!!) dei giornali, delle riviste e di tanti litblog che fanno dello scambio e del leccaculismo di regime la loro ragion d’essere.
    Un caro saluto.

  4. si continua a peccare di blasfemia se si osa anche solo alzare
    un ditino (da qui la logica del ditalino) contro le opere letterarie sull’elenco del diktat vigente.
    ossignur, ma è storia vecchia mica di oggi. un esempio?
    il geniale guido morselli, annullato, esiliato, rifiutato per anni.
    poi, dopo la sua morte, alè! tutti a levargli la cadaverina dalle scarpe e la polvere dalle mani.
    altre notizie, qui:

    http://www.italialibri.net/autori/morsellig.html

    rimango convinta che ad alcune specie di scrittori non rimane che confidare nei posteri perchè è vero: i morti non sempre vanno in prescrizione ma, qualche volta, tornano…
    un saluto
    paola

  5. Non ho capito una cosa: perché dovrebbe essere dalla parte della ragione Haas e non D’Orrico? Ossia, perché se quei libri non fanno schifo all’italiano significa che il tedesco ha coraggio nel dire il contrario?

  6. lanciare ognitanto uno sguardo fuori dal lucernario del proprio io fa bene a tutti quanti, grandi e piccoli lettori e scrittori!

  7. Caro Ciaruffoli, Haas dice cose semplicissime, sotto gli occhi di tutti, in fondo delle banalità. Quando l’interlocutore dice banalità, o comunque cose che dovrebbero essere la base di un ragionamento, si dovrebbe invitarlo a andare oltre. Invece nel clima culturale che avvolge l’Italia non si può invitare nessuno a andare oltre l’evidenza, anzi viene invitato a precisare meglio con tecnica dilazionatoria da avvocato.
    Ormai dobbiamo aspettarci che tutto venga dall’estero. Anche per la cacciata di Berlusconi dobbiamo ringraziare gente che vive lontana dall’Italia.

  8. il problema è che la gente pagata per parlare bene di libri brutti, legge i libri brutti, coloro che non sono pagati per farlo, non lo fanno, e non sanno che dire dei libri brutti, se non che li fiutano, per il resto cercano disperatamente di leggere libri belli, e se fossero pagati per parlare dei libri belli, ne parlerebbero sempre, a volte ne parlano gratis, per passione, quando c’è chi li ascolta; ma uno che parla di qualcosa senza essere pagato per farlo è guardato con sospetto, non è un professionista, non è quindi serio, bisogna fidarsi solo di chi è pagato, ma chi è pagato è pagato sopratutto per sorbirsi il brutto e trasformarlo in bello, senno’ D’orrico che lo pagano a fare? (il cerchio si chiude)

  9. Occhio Barbieri, sotto gli occhi di tutti ci sono milioni di copie vendute, non che quei milioni di copie facciano schifo. Che facciano schifo è la dinamica di una soggetto che urla il suo schifo, niente più. Che ne siano vendute a milioni è la dinamica di un processo pratico. Oggettivo.

    E poi non è vero che bisogna aspettarci che tutto venga dall’estero. E’ vero invece che bisogna aspettarci che tutto quello che legittimi tu, venga dell’estero. Quello che viene dall’estero evidentemente aggrada i tuoi gusti, o quelli di Nazione Indiana, o quelli della sinistra (hai citato Berlusconi). Ma mica è detto che voi e l’estero siate la bocca della verità.

    Capiscimi, non sto qui a polemizzare. Mi dà solo fastidio che si accampino per sicure certe soluzioni tutto fuorché logiche.

  10. “Che ne siano vendute a milioni è la dinamica di un processo pratico. Oggettivo.”
    Certamente Ciaruffoli. Il problema è che tra gli stadi di quel processo che permette di imbonire migliaia di persone c’è una non-recensione (marketing in forma di recensione). Questo evidentemente non va bene. Attenzione Ciaruffoli, non: “non va bene a me” ma “non va bene a qualsiasi persona che abbia a cuore questa cosa strana, portatrice di barlumi di verità e utopia, che è la letteratura, l’arte”.
    Da qui la necessità di indignarsi per il comportamento di critici-ingranaggio impiegati nel processo che abbiamo visto sopra. Necessità evidente e disattesa in patria se pensi che a levare una voce contro sono pochi, pochissimi intellettuali.
    Inglese, nel solco del Primo amore, ora propone qualcosa su NI, ma Inglese sta a Parigi, quindi dà ragione al mio discorso.
    E ancora mi dà ragione il fatto che non si rivolga alla redazione di NI, ma a volenterosi non compromessi né dal miracolamento di qualche critico, né dall’aspettativa del miracolamento. Inglese cerca degli sfigati, gente che non ha nulla da perdere perché pensa che solo loro possono dire qualche parola di verità.
    E non sarebbe un paese di merda questo?

  11. Ma NI è salva dall’ambiguità della recensione (nel caso di NI del commento) inutilmente laudatoria?

    Direi di no, sono stata via per un poco e da ieri sto scorrendo i pezzi, e alla fine di quasi ogni pezzo vedo commenti affettuosi, ammirati, vari ‘continua così’ ‘vogliamo vederti ancora’ eccetera.

    Ma io pezzi memorabili non ne ho visti, anzi ho notato una certa sproporzione tra la banalità dei pezzi e i commenti.

    Perché ci sono questi commenti così positivi a pezzi gradevoli, al massimo? a un paio di poesie onestamente mediocri?

    Suppongo che la persona che li ha postati li ammiri, e se li ammira lo fa per due sole ragioni: o li ammira per amicizia o li ammira per sincera ammirazione.

    Se li si ammira per amicizia non ci si deve però infilare poi la veste del censore di fronte ai D’Orrico & C…

    Se li si ammira di vera ammirazione si sappia almeno che c’è qualcuno che non condivide, e che tace solo perché non vuol far polemica.

  12. Mi hai fraintesa, @Ciaruffoli, io sono d’accordo con Haas e non con D’Orrico, e il fatto che milioni di persone leggano un libro non ha mai voluto dire niente, sono fenomeni paralleli e diversi da quelli della letteratura.

    Sono intervenuta solo perché non vorrei che qui su NI, che mi preme per varie ragioni di più, si praticassero alla fin fine meccanismi simili, anche se non supportati da interessi economici.

    Il mio è soltanto un invito a una grande attenzione a sé prima che agli altri, ai propri meccanismi intellettuali e alla propria onestà intellettuale.

  13. Purtroppo il successo di un libro è merito dei lettori…
    Il problema è anche dei lettori, non solo dei critici, non solo di chi scrive… Chi legge legge ormai solo per svago.

  14. AAA: cercasi lettori per il fine settimana o a tempo pieno, seriamente intenzionati per area controllo qualità.-
    garantito corso gratuito di apprendistato.
    no perditempo. disponibilità a “trasferte” settimanali. cerebromuniti.
    buone possibilità di avanzamento, ottimi guadagni, quattrodicesima e ferie.

  15. AAA: cercasi, non scherzo, lettori seriamente intenzionati a denunciare recensioni incensanti di libri deprimenti su quotidiani nazionali: due condizioni richieste: aver letto la recensione incensante, e (malauguratamente) aver letto almeno dieci pagine del libro deprimente (dieci, dovrebbero essere sufficienti): spedire il tutto all’indirizzo NI, a l’attenzione di Andrea Inglese; brevitas raccomandata, e anche astuzia polemica: non possediamo avvocati per difendervi e difenderci da possibili querele

  16. No no. Non fraintesa. Capita benissimo. Nemmeno io ho mai dato ragione a qualcuno. Dico solo che il complimento facile (o la recensione facile) è sempre dietro l’angolo.
    Poi si dirà che D’Orrico coinvolge centinaia di migliaia di lettori mentre NI molti meno e dunque la responsabilità del primo… ecc ecc…
    Ma chissenefrega?

    In sintesi. Ognuno scrive la letteratura che vuole, con questo, se decidi di non essere Melissa allora prenditi le responsabilità morali, intellettuali, mercantili che ne derivano.

    Vuoi distaccarti così tanto da quella merda (il sottoscritto, però, non crede che sia merda!)? Ok, allora sii orgoglioso.

    Quando parlo con Straub e Huillet non mi capita mai di ascoltare parole del genere: “Ah ma cavolo la critica incensa film di merda… di conseguenza il pubblico non ci caga”. Semmai li sento dire orgogliosi che è giusto che sia così: “Certi film devono guadagnare tanto. Il problema non è il film da trenta milioni di euro, o il pubblico che va a vederlo, o il critico che lo incensa perché spalleggiato, il problema siamo noi che decidiamo di rimanere fuori da quel sistema”.

    Vale questo per gli States e per la Francia. Compresa la Germania.

    Ci vuole dignità e rispetto per il lavoro che si va facendo. E questo non lo si ottiene per interposto libro: ossia denigro la merda e il sistema che la inghiotte quindi io sono più figo.

    Tra l’altro, io mi chiedo: li avete letti i libri di cui sopra? Se li avete letti, dunque, li avete comprati?

  17. Il problema, egregio dottor Ciaruffoli, per quanto mi riguarda, non è da ricercarsi nell’analisi scatologica del prodotto (preferisco di gran lunga quello che si deposita nei pannolini di mio figlio: non ha nessun altro scopo che la pulizia intestinale del bambino e, purtroppo per lo stato delle finanze familiari, in giro non c’è “domanda” a fronte della sua “offerta” quotidiana del “bene”) – e non è nemmeno una questione a chi è “più figo”: il problema è proprio, come recita il titolo dell’articolo, la “mancanza di una critica letteraria” in Italia. Una critica letteraria degna del nome dovrebbe contenere (il condizionale è d’obbligo) nei suoi statuti, tra le altre cose, la finalità di “educare” i gusti del pubblico, non quella di creare, attraverso un sapiente e calcolato battage mediatico, dei “miti” dove non esiste che il vuoto, la reiterazione dell’ovvio e la mancanza, in taluni casi, del possesso dei più elementari strumenti che distinguono uno scrittore da un compilatore di liste per gli acquisti. Oppure si tratta di credere alla favola del milione di persone (mi ricorda tanto il famigerato “milione di posti di lavoro” dell’ormai defunto psiconano cuoiato arcoriano) che, spontaneamente, si recano il libreria e scelgono proprio quel prodotto. L’esistenza di una critica seria, capace all’occorrenza di stroncare senza pietà il ciarpame, o almeno di non prestarsi a giochi puramente economici, questo sì sarebbe (ed è) un discorso etico. Il rischio possibile, ormai una deprimente realtà delle lettere italiche, è che migliaia di persone (soprattutto giovani) si convincano che “quei” testi siano gli indicatori più vicini al vero di ciò che la letteratura oggi è, dello stato della ricerca artistica nel nostro paese. Non si tratta di scegliere autonomamente di starne fuori, ma di esserne automaticamente esclusi, nel momento in cui ci si pone, scrivendo, al di là dell’ottica della mercificazione, e della relativa mistificazione del reale, a cui tali operazioni sono scientemente finalizzate.

    Io lavoro in una libreria, e le posso assicurare che la stragrande maggioranza di quel pubblico vi mette piede una o due volte nella vita, quando non si può fare a meno di entrarci, perché quel libro che si cerca, di cui non si ricorda nemmeno il titolo o l’autore, è stato presentato alla tale trasmissione. Che lei mi creda o no, non è l’eccezione la richiesta di chi mi chiede (testuali parole!): “mi dia quel libro con la copertina azzurra che leggeva la mia vicina d’ombrellone quest’estate”, oppure “voglio il libro di cui hanno parlato dalla maurizia o dal marìo”. Questa, purtroppo, è la regola: una regola che fa sì che in tante case, oltre ai libri scolastici dei figli, questi siano gli unici supporti cartacei che girano. Etica? Sì: ma quanto al chilo?

    Resta inteso che questa è solo un’opinione personale, che ha almeno lo stesso valore, e me lo concederà, della sua. Anche chiamare la merda, e i relativi rimestatori, col suo/loro vero nome rientrà in questa libertà del dire.

    Buon proseguimento. Torno a vedere di esaudire altre richieste come quelle di cui sopra. Che importa, intanto, se intorno naufraga il presente anche sotto il peso insostenibile di questo nulla in forma di libri?

  18. temperanza fai torto all’idea di persona consapevole che avevo di te: fai, nel tuo commento, una ben grossa confusione: metti sullo stesso piano “recensioni” a tutta pagina di critici stipendiati sulle pagine culturali dei quotidiani nazionali con semplici pezzi postati su un blog e con i commenti laudativi di tre righe… Di colpo hai perso la bussola delle gterarchie, dei media, dei contesti?
    Che io metta un pezzo su NI, non significa che incensi questo pezzo o questo autore. Lo propongo da leggere (non da comprare). Tu sei libera di scrivere: non m’interessa, bello, o vero schifo. Ed è finita li. Sulle pagine delle pagine culturali dei quotidiani il meccanismo è un po’ più complesso, non credi?

    a Barbieri: sulla denuncia dei critici-ingranaggio ci sarebbero un po’ di cose da dire; la prima è che essa, in sé, è noiosa e scocciante; mille cose migliori ci sono da fare nella vita di chi scrive; ma è anche necessaria, dovrebbe essere una sorta di “riparazione estetica dei torti”. Il problema fondamentale è pero’: chi se ne deve occupare? Io direi: chi ha più titoli e più ascolto. Ora fuggo. Ma ci ritornero’ su.

  19. Al salone del libro di Torino ero stato invitato a una tavola rotonda organizzata dalla BIEF, a cui partecipavano alcuni scriba francesi e Fabio Gambaro.

    Durante l’incontro basato essenzialmente sul rapporto Francia Italia, è emersa una “verità” che vale la pena riportare. Fabio Gambaro che fa un onorevole lavoro di critico letterario tra gli altri, per Repubblica, l’Espresso, di fronte alla mia tesi di mutua e reciproca ignoranza dei rispettivi paesaggi, faceva notare come per esempio in Italia si leggono spesso recensioni di libri “francesi” che non sono e spesso non saranno mai tradotti in italiano e che la stessa cosa non succedeva in Francia per gli autori italiani.

    Gli ho fatto allora notare come la recensione in Italia viva in una forma di autonomia assoluta dai testi, a tal punto che dei testi può farne anche a meno. Che senso ha infatti parlare di un libro su un quotidiano se al lettore non viene data la possibilità di leggerlo, visto che non è tradotto? E allora che senso ha a questo punto accusare chi muova una critica al recensore per le cose che dice di un libro per il semplice fatto di non aver letto il libro? Cosa vuol dire oggi recensire un libro? Quando le recensioni assomigliano sempre di più alle quarte di copertina e dove si ha come l’impressione che il gornalisti letterari si rinviino l’ascensore- si dice così in terra franca. A Napoli “Tu me faye nu piacere ammè ke io poie faccie nu piacere àttè”

    @Temperanza, che semplicemente stimo, volevo dire che secondo me NI mantiene questa vocazione critica (libera) anche al proprio interno al punto che non c’è sempre unanimità, e per fortuna, tra i diversi redattori, e a volte anche critiche feroci. Ma si è talmente disabituati alla cosa che immediatamente uno pensa al conflitto, non nel senso di sana disputa, ma come a una spaccatura.

    effeffe

  20. i pezzi qui vengono proposti, l’importante è che non vengano ripresi dalle pagine culturali…
    a ogni modo, mi sembra che questo pezzo sia una semplice testimonianza proveniente dalla sana svizzera. un paese notoriamente poco incline al compromesso… di ciò che un critico svizzero pensa di noi in poche righe, dimenticando completamente altri modi di fare critica.
    questo post credo sia un modo di produrre un innesco di discussione. siamo qui a chiederci (con temperanza) se i meccanismi agenti sulle pagine culturali siano i medesimi che abbiamo qui. inglese dice che è tutta questione di contesti, e ha ragione.
    ma haas non ha certo la verità in mano, e in così poche righe. il suo pezzo, poi, è superficiale a tal punto che – tra le altre cose – confonde antonio con alessandro (piperno). fa un misto alla bernese nominativo di d’orrico e piperno. sintomatico?
    che la nostra critica letteraria stia messa male è semplicemente per il fatto che essa è uno dei tanti specchi deformati nella quale la società italiana non puo’ fare a meno di rispecchiarsi. specularmente, sarebbe interessante andare a guardare cosa succede nella così lontana, così vicina svizzera. così, tanto per (non) gradire. io non ne so niente, di cosa succede laggiù. magari si recensiscono cum laude solo capolavori già confezionati per i posteri.

  21. Caro @Andrea
    io voglio fare confusione, voglio perdere la bussola delle gerarchie, dei media e dei contesti. Proprio in una sede libera da condizionamenti economici e mediatici diffusi mi aspetto che quei meccanismi che critichiamo sempre sulle pagine culturali siano i primi a cadere.
    Che senso avrebbe altrimenti il libero esercizio della propria intelligenza critica e poetica?
    Se qui dovessi aspettarmi solo pezzi più deboli e meno ambiziosi (nel miglior senso della parola) smetterei di venirci.
    Perché perdere il mio tempo, se sapessi che il livello o anche il meccanismo è lo stesso degli inserti della repubblica?
    Verrei solo a vedere qual’è lo stato delle cose nella generazione più giovane?
    Non è sufficiente, almeno per me.
    L’unica gerarchia che riconosco è quella del valore intrinseco del pezzo e del commento. Non chiedo che sia rileccato, o finito, mi aspetto però che sia magari più coraggioso e persino più critico.

    Mi aspetto cioè (non sempre, s’intende, mi rendo conto che non è facile) di ritrovare cose che in altri luoghi non hanno possibilità di uscire perché sono più marginali, o più difficili, e meno accattivanti.

    @effeffe

    Sì, lo credo anch’io, credo che sia a volte un grande spazio libero, ma forse se postaste di meno, sia pure nelle grandi differenze tra voi … Ho colto, e forse lo ho colto proprio perché ho fatto una corsa tra i vari pezzi, alcuni minuetti, nei commenti, che non mi hanno fatto venire una gran voglia.

    Io credo nella critica, ma siccome non sono propriamente atta alla guerra, mi viene a mancare la voglia di farla quando vedo che si parte già con qualche salamelecco. Perché rompere le uova del paniere di qualcuno che viene qui a esporsi, so che non è sempre facile. Ma un eccesso di delicatezza alla lunga è più mortale della stricnina. E la delicatezza è fatta anche di luoghi comuni. E qui ce n’è.

    Ma sono tornata più grillo parlante di prima, devo scusarmi? Questo è il problema.

  22. Per esempio, il pezzo di Schmitd postato da Raos è un esempio di quello che fa piacere vedere qui. Un autore che gli editori non fanno più perché è troppo difficile e venderebbe tre copie, dove se non qui?

    @EVVVIva

    Non ci siamo, non è questo lo spirito con cui sono intervenuta, io non le canto a nessuno, né mi interessa farlo.
    Le canterei volentieri a interventi acidi e disarticolati come il tuo, caro evviva.

  23. @sevenent
    l’errore di confondere il nome di piperno con quello di d’orrico, peraltro corretto già ieri, è colpa della mia trascrizione, non dell’autore; come si evince verificando l’articolo in originale al link segnalato da jan.
    @temperanza
    se ci sono delle poesie o dei pezzi che non ti piacciono, e con dei commenti a tuo avviso esageratamente positivi, perché non esprimere e argomentare la tua opinione? Magari,sulla scia del tuo autorevole parere
    interverrebbero altri lettori più timidi e potrebbe nascere una discussione interessante…
    @francesco
    grazie

  24. Franz Haas è il docente di Letteratura tedesca dell’Università di Milano?
    È questo stesso Franz Haas?
    http://insonnoeinveglia.splinder.com/tag/articoli_di_franz_haas

    Se è “questo” Franz Haas, si tratta certo di uno “straniero”, ma è anche una persona che vive in Italia da tempo e che conosce / osserva il mondo letterario italiano dall’interno, oltre che dall’esterno.
    Insomma, per rispondere alle velate e non velate accuse di “superficialità” e/o di “rigore svizzero” che qualcuno qui gli ha mosso, non mi sembra senza importanza sapere chi è Franz Haas.

  25. garufi, grazie di aver precisato. a pensar male di haas a volte si fa peccato…

    temperanza, garufi ha ragione. non si autocensuri, non si creda grillo parlante. glielo ha detto qualcuno, per caso? la seguo da un po’ , le sue “stilettate” di gusto possono essere salutari. c’è gente che legge queste pagine e avrebbe voglia di fare come lei fa spesso, criticare argomentando. continui a dare l’esempio.

  26. Ricordiamoci che Franz Haas è stato il critico che ha seguito per tanti anni Anna Maria Ortese, che frequentava. Ha avuto a che fare, ossia, con autori di un certo livello. E’ comprensibile, pertanto, che sia così rammaricato di ciò che sta succedendo ai nostri giorni.

    Bart

  27. @garufi

    Vedo un ghigno dietro a quel tuo “autorevole parere”;–)

    Comunque non mi diverto particolarmente ad andare a caccia di pezzi deboli. E non penso che sia particolarmente produttivo farlo. Mi piacerebbe solo che dominasse, di fronte ai pezzi deboli (ma bisogna proprio postarli? bisogna proprio riempire di pezzi il sito?) un sobrio silenzio.

    Quel che mi preme di più dire è che vedo anche qui, a volte, come dicevo prima, la gentilezza amicale. E’ un bel sentimento, sì, ma è anche un sentimento produttivo?

    Mi interessa più il metodo del singolo pezzo. Se vedo una poesia in cui uno che fa il poeta (ce ne sono parecchi, no?) allinea versi liberi da cui chiunque capisce che una mattina si è messo lì e ha prodotto il suo lavoro quotidiano, versi che poi magari lui stesso scarterà, o un racconto in cui un altro ci dà la sua garbata ma irrilevante visione del mondo, devo massacrarli?
    Mi verrebbe la battuta sarcastica, sì, ma ha senso?

    Poiché non credo di esser la sola a vederne la debolezza, bisogna proprio postarli? Non è meglio un po’ di bei pezzi di Schmidt, o un piccolo inedito di un autore scomparso e dimenticato?

    Insomma, è stato fatto, no?

    Ci sono stati anche bei dibattiti, sia pure così, un po’ chiacchiericciati, come si fa su un blog, su temi che interessavano l’idea di letteratura o di lingua di ognuno.

    Lo ripeto, è un discorso sul metodo. Tornando dopo parecchio tempo ho provato un po’ di noia e mi sono chiesta se bisogna davvero postare tanta roba. Me lo sono già chiesta in passato, quando testi che avevano scatenato una discussione vivace finivano in coda e bisognava andarli a cercare per poter continuare a discutere.

    Dunque, certi pezzi che raccolgono il gruppo degli amici, hanno senso?

    Sono stata a una presentazione collettiva di poeti, un tempo, ognuno era arrivato con la sua piccola claque, a mano a mano che i libri venivano presentati l’autore di turno si alzava e si portava via i suoi. Il primo ha parlato a sala piena, e l’ultimo davanti a suo padre, sua madre e i suoi fratelli. E a me, che sono sempre interessata a questi fenomeni.
    Erano presenze amicali, appunto, che senso ha avuto, per quegli autori essere applauditi dallla famiglia? Saranno stati grati, va bene. e poi?

    I pezzi deboli mi fanno la stessa impressione.

    @sevenent

    sono stata tacciata d’arroganza, più che di grilloparlantaggine. Che si deve fare per continuare almeno un po’ a pensare!

    Mi avete fatto venire in mente quello che diceva all’altro, (magari era Totò, non mi ricordo) vai avanti tu che a me mi viene da ridere!

    ciao @ Emma

  28. @cato

    Grazie:–)

    Quando ero giovane e snob e guardavo solo Abel Gance credevo che Walter Chiari fosse come papaveri e papere, poi ho scoperto che è un genio.

  29. @ Temperanza

    D’accordo con te sulla “genialità” di Walter Chiari. Purtroppo è successo con lui quello che spesso capita anche a certi scrittori e, soprattutto, poeti: ci si accorge della loro grandezza quando sono ormai scomparsi.

    Riguardo ad Abel Gance: credo che scoprirlo, da giovani o meno giovani, comporti, naturaliter, una buona dose di “sano” snobismo.

    Per il resto, per concludere “degnamente” questo terrificante OT, sappi che sto alacremente organizzando un comitato per la tutela, quale patrimonio dell’umanità, di “Papaveri e Papere”: uno dei pochi autentici capolavori del Novecento letterario italiano! Pensa solo a quante generazioni di critici si sono formate su quell’arduo testo… ;)

  30. Papaveri e papere

    Su un campo di grano che dirvi non so,
    un dì Paperina col babbo passò
    e vide degli alti papaveri al sole brillar…
    e lì s’incanto’.
    La papera al papero chiese
    “Papà, pappare i papaveri, come si fa?”
    “Non puoi tu pappare i papaveri” disse Papà.
    E aggiunse poi, beccando l’insalata:
    “Che cosa ci vuoi far, così e’ la vita…”

    “Lo sai che i papaveri son alti, alti, alti,
    e tu sei piccolina, e tu sei piccolina,
    lo sai che i papaveri son alti, alti, alti,
    sei nata paperina, che cosa ci vuoi far…”

    Vicino a un ruscello che dirvi non so,
    un giorno un papavero in acqua guardò,
    e vide una piccola papera bionda giocar…
    e lì s’incantò.
    Papavero disse alla mamma:
    “Mamma’, pigliare una papera, come si fa?”
    “Non puoi tu pigliare una papera”, disse Mamma’.
    “Se tu da lei ti lasci impaperare,
    il mondo intero non potrà più dire…”

    E un giorno di maggio che dirvi non so,
    avvenne poi quello che ognuno pensò
    Papavero attese la Papera al chiaro lunar…
    e poi la sposò.
    Ma questo romanzo ben poco durò:
    poi venne la falce che il grano tagliò,
    e un colpo di vento i papaveri in alto portò.
    Così Papaverino se n’e’ andato,
    lasciando Paperina impaperata…

    Tanto per augurarvi la buona notte e per ricordare a tutti, soprattutto ai poeti più giovani, “chi fuor li maggior nostri”.

  31. si è più propensi fisiologicamente a parlare di un libro che ci è piaciuto? no? almeno questo è in uso vigente sui vari blog, riviste on line etc etc.

    per quanto riguarda le recensioni su allegati importanti di importanti giornali nazionali, è inutile stare fare dietrologia su ogni sperticata recensione. qualcuno obiettivo ancora c’è. non sono pochi.
    … gli alti dell’editoria si sanno. ci sono critici autorevoli che come le veline basta che scoprano un frontespizio mediocre e tutti a sbavare. ok. intanto quei libri si vendono e altri magari ottimi testi etc etc rimangono a contare le mosche. e allora? ricordi la fine che fece… uhm… mi pare uno che si chiamava gesù… quando gli venne il buzzo di dire qualcosa a proposito di loschi mercanteggi in un tempio? siamo alle solite, temperanza. non hai torto ma nessuno è più disposto a perseguire la meritocrazia e non da oggi, ma da un bel po’.
    poi ok, vogliamo andare sotto le grandi testate a prendere a “testate” il portone?
    io ci vengo, temperanza, ma tu porti l’acqua ossigenata e i cerotti e il thermos di tè. caldo. grazie.
    un saluto
    paola

  32. P.S.

    Meditate soprattutto il quint’ultimo “verso”: un vero oceano spumeggiante di anticipazioni e preveggenza.

  33. @ (OT) temperanza

    A mmia
    et sine ghigno ni scuntrusità e’nteleto (di intelletto)
    me parait k’el postage in do lo sito
    se sia cul tempo moderato
    (et l’est mejo)

    ke badi ben ke l’otro tiempo
    al tuo retuerno precedent
    tenia seis et sept post par juorne
    et cumentari longues et sine scuorne
    (et l’etait gran pejo para lector ke la lecture de todo se seria un labor)

    or l’est mas mmeno activitade
    como par ingratiar la reflexione
    et alors cum temperanza in kisti ranghi
    personellement est tripudie de satisfactione

    @ Sergio
    Non so cosa ti abbia spinto a pubblicare questo articolo. Voglio provare a indovinare. La frase ” l’imbarazzante approvazione entusiastica” è quella che ti ha spinto a farlo. Come imbarazzati erano i miei amici (e amiche) abbonati a Internazionale quando hanno visto la firma di Melissa P su quello che sembrava l’ultimo giornale degno di questo nome del paese. Ma poi si sa il nostro è un paese dove un film brutto, ai limiti del mostruoso, (quasi come i suoi personaggi) come L’ultimo bacio, è considerato un bell’esempio di nuovo cinema italiano. Il mostruoso conformismo…
    effeffe

  34. Cara Temperanza, vorrei dirle qualcosa per consolarla, ma non mi viene che questo: lei si sente – giustamente – sola. Lei sa benissimo che si scrive e si legge soli. Ogni tanto nasce un gruppo, per avere l’illusione di essere un po’ più forti, un po’ meno frustrati, un po’ meno soli ecc.
    Resta un fatto semplice: si è soli quando si scrive, quando si legge. Alcuni ne prendono atto e salvo brevi parentesi (quali mi paiono le sue) continuano sulla “buona strada”… Non ve ne sono altre che questa che, si sa, è dura. Cordialmente

  35. a temp
    “Lo ripeto, è un discorso sul metodo. Tornando dopo parecchio tempo ho provato un po’ di noia e mi sono chiesta se bisogna davvero postare tanta roba. Me lo sono già chiesta in passato, quando testi che avevano scatenato una discussione vivace finivano in coda e bisognava andarli a cercare per poter continuare a discutere.”
    Qui ti seguo benissimo. E fai bene a ricordarcelo. Troppi pezzi e pezzi importanti che finiscono in coda. E’ una questione che ci siamo posti e che non abbiamo ancora risolto.
    Una solo cosa voglio pero’ dirti: Nazioneindiana deve anche essere un luogo in cui assieme al grande “clandestino” Arno Schmidt si mettono “clandestini” minori, italiani, giovani e meno giovani. E’ un rischio grosso è ovvio. Ci sarà sempre differenza d’intensità.
    In ogni caso, grazie delle critiche. Quando sono argomentate non sono più percepite neppure come provenienti dall’esterno, ma sono un richiamo a già esplicite o latenti “autocritiche”.

  36. Visto che di clandestini e scomparsi è il discorso, Ladri d’inverno, di Rossi, parrebbe uscito fresco fresco dall’arcosolio. Cosa ne pensa Temperanza?

  37. Però, scusate…
    non entro nel merito del pezzo di Haas, avrei bisogno di molto spazio (perché, in fondo, non sono completamente d’accordo con lui), ma rispetto quello che dice la mitica Temp (che lei sa che rispetto anche quando non sono d’accordo):
    Ma perché non posso prendermi il piacere di dire, in tutta libertà, “bello”, “brava”, “sono d’accordo”… insomma, non esageriamo in seriosità.
    I pezzi sono molti, ok. Stiamo tentando di organizzarre le pubblicazioni (ricordo che siamo una ventina di autori, i quali, spesso, hanno pezzi di altri da mandare. Io, ultimamente, non pubblico più nulla di mio per dare spazio ad altri), però in fondo… mica la leggete tutta una rivista quando la comprate, no? Ci sono cose che mi interessano di più ed altre che neppure leggo, è normale…
    insomma più leggerezza. Certe volte faccio commenti ponderati, rispondo a tono, polemizzo… altre volte voglio solo dire (come quando si è al bar e uno dice una cosa sensatissima): “bravo, hai ragione!”
    Che male c’è? E’ un interloquire tipico del blog, che mischia scrittura e oralità, tutto qui…

  38. @temperanza
    quando ti ho invitato a non autocensurarti qualora volessi esprimere un giudizio negativo su un pezzo, non intendevo sollecitarti ad “andare a caccia di pezzi deboli” e “massacrarli”. c’è un po’ di differenza, non trovi?
    e non sono d’accordo sull’eccessivo numero dei pezzi postati, perché da un po’ di tempo ci siamo autoregolati e, tranne qualche rara eccezione (in questi ultimi giorni io per es. ho ecceduto), abbiamo rispettato la regola di non inserire più di quattro articoli al giorno, che mi pare ragionevole. ma qui la questione è un’altra, e cioè le preferenze di ognuno. quand’è che capiremo che i nostri gusti non sono la legge, ma sono, tautologicamente, solo “i nostri gusti”? fra i commentatori di questo thread vi è una professoressa universitaria di letteratura tedesca mia amica. compare con uno pseudonimo e io rispetto la sua scelta, per cui non dirò di chi si tratta. proprio di recente le è stato chiesto di recensire arno schmidt, e ha declinato l’invito perché non le piace, lo trova illeggibile. ciò che piace a te può legttimamente non piacere ad altri, e non necessariamente questi altri sono dei minus sapiens perché non condividono e apprezzano i tuoi stessi gusti.
    @francesco & gianni
    il pezzo di haas, con tutti i suoi evidenti limiti (un certo schematismo e qualche approssimazione), mi pare un documento importante. non lo condivido in toto (per es. quando afferma implicitamente che il libro di piperno è un capolavoro), ma credo che, rispetto alla sua destinazione (un quotidiano elvetico), sia un’analisi che merita attenzione. certo, non si può pretendere da un articolo di un giornale uno studio approfondito e articolato come se fosse un saggio su “nuovi argomenti”; e vorrei vedere quale quotidiano italiano concederebbe tutto quello spazio a un’analisi della critica letteraria svizzera. si sofferma solo su d’orrico, che è un critico letterario come piero angela è uno scienziato, e trascura tante realtà minori ma importanti, che con queste magagne non hanno nulla a che fare.
    per questo avevo messo la foto di totò e peppino a milano, per sottolineare il limite un po’ cartolinesco e folcloristico di come siamo visti.
    però è incontestabile che il potere d’influenza di quel piero angela della letteratura italiana è enorme, e a ignorarlo snobisticamente forse non si fa un gran servizio.

  39. Sergio,
    per me, comunque, hai fatto benissimo a pubblicare il pezzo.
    (oddio. Ti ho fatto un complimento… ecco, siamo la solita ghenga autoincensatoria…)
    ;-)

  40. Cari amici, ho toccato un nervo scoperto? O vi eravate disabituati alla mia lingua puntuta?

    @Inglese, sono d’accordo, del resto io mi sono affezionata a questo sito, per questo ogni tanto lo critico, per contribuire dall’esterno a farlo più grande e bello di pria (@cato, anche qui c’è un eco del varietà, no? vedo la faccia ma non mi viene in mente il nome)

    @garufi
    ho detto che qualcuno è un minus habens? o sapiens? Io sono poco sapiens, per dieci cose che so mille altre le ignoro. La professoressa universitaria di letteratura tedesca non ama Schmidt, non ci vedo niente di male, ma neppure niente di bene. E poi, lo confesso, sono poco sensibile al fascino delle cattedre, citi il mestiere della tua amica come se essere un professore universitario fosse chissà che, ce ne sono a migliaia, alcuni eccellenti, altri semplicemente gente che ha fatto un cursus accademico. Ciò non toglie che sia legittimata a non amare Schmidt, come io sono legittimata a pensare che sia un autore molto difficile e a volte troppo sperimentale, (com’era facile trovarne in quegli anni) ma anche una mente critica ( nei confronti principalmente del mondo) di eccelsa qualità.

    Comunque, confesso che mi è paciuto anche papaveri e papere, anzi, ringrazio @cato, non l’avevo mai letta nella sua interezza.
    papaveri e papere a suo modo è perfetta. Ecco “a suo modo perfetto”, questo è il mio ideale.

  41. @Effeffe

    per te ho sfogliato compulsivamente la Bibbia, ma non ho trovato quello che cercavo che suona più o meno (ma MOLTO più o meno) così: mangia cibo onesto e parla la lingua del tuo paese:–)

  42. @temperanza, sei come petrolini nella sua autobiografia. titolo: “modestia a parte”:-)

    @emma. lo sapevo chi è franz haas, te lo giuro. non volevo farlo sapere in giro per non sembrare il solito saccente. però, come ha scritto il garufi, è ovvio che, nello spazio di un articolo, non si puo’ espandere quanto si vuole la materia, che è di vastissima portata. haas ha a cuore la ortese, ingiustamente osteggiata, e a me sanguina il cuore, però, come ho scritto, questo pezzo poteva servire a NOI (è servito) per alzare il tono delle discussioni.
    d’orrico, è chiaro, potrebbe fare qualcos’altro. tipo il procuratore di calciatori. siccome si occupa di libri per il più importante quotidiano nazionale, ecco, fa quello. in italia.
    ma la svizzera? sarà senz’altro più seria, perlomeno in materia letteraria. là non hanno tempo da perdere con i libri. questione di gestione oculata dei profitti, forse.

  43. @nazione
    @r.r.

    Il crucco tiene ragione ma non c’era bisogno di scalare le Alpi. Le stesse cose le dice r.r. nei suoi post, mettendo in guardia sul vuoto di idee del romanzo italiano contemporaneo. Con la differenza che r.r. non si limita a stroncare, ma avanza proposte concrete (cfr. in Nove e Gigliozzi).

    Best-seller di cartapesta, classifiche da mal di testa, l’Italia s’è desta.
    Ma non strappiamoci i capelli in testa, non è mica colpa nostra, le cose vanno così da quando Andrea De Carlo sbancò il botteghino con “Treno di panna”.

    Oggi De Carlo fa seminari sulle nuove spiritualità, mentre il suo posto l’ha preso il maturo Moccia. Costui è uno dei tanti epigoni che hanno stravolto la lezione di Tondelli: quelli che si fanno belli con i miti della Generazione e della Giovinezza.

    Perché si può partire dal tinello, dalla III B, dai fiaschi degli anni ottanta, ma l’importante è saper evadere, uscire dalla mia stanzetta, scappare dal liceo di provincia, viaggiare in giro per il mondo navigando a vista. Crescere, insomma. Così quando tornerai anche il tinello sembrerà più vero, più bello.

    Ma per favore non mettiamo in croce Totti e le sue barzellette. L’Italia del Grande Scrittore è la stessa del Pallone: la Diade Moggi/Giraudo come d’Orrico/Piperno, Mondadori che si fa Dan Brown, Melissa che si fissa per il figlio del suo apripista. Preferisco Francao, il poetao del Gran Fratellao.

    Il circo è lo stesso, che si parli di finanza, politica, sport, cultura. Questi qui non fanno mica paura. Sono gente transeunte sulla stampa transeunte in case editrici transeunti. Ha ragione Cara Polvere, meglio rileggersi Morselli.

    Tondelli aveva previsto tutto vent’anni fa, sulle pagine di Linus: le Melissa e i Volo, la chick e la click-lit. Ma a quei tempi erano semplici intuizioni sociologiche, oggi invece sono diventati meccanismi fondanti (fuorvianti) del mercato editoriale: il giovanilismo paga, se hai quarant’anni e ne dimostri sedici.

    Inviterei anche a non scandalizzarsi per i pruriti mocciani/melissiani. In Italia non abbiamo il coraggio di LIBERARE LA PORNOGRAFIA!, ecco perché ci siamo ridotti a questo. I pederasti italo-tailandesi che sarebbero piaciuti tanto a Nabokov spaventano oltremisura i maschioni delle Iene, la trasmissione più ratzingeriana di Italia 1. Voglio dire, meglio un giorno da leoni a Bangkok che cento pompini da pecora prima di andare a dormire.

    A proposito di Lolite e loliti, consiglierei un esperimento transletterario che ha qualche anno in più rispetto a quello proposto dal Crucco. “Diario di Lo”***, riscrittura in prima persona del capolavoro nabokoviano, firmata da Pia Pera, solerte traduttrice di altri classici russi come Puskin.
    *** Pia Pera, Diario di LO, Marsilio 1996

  44. Habent sua fata libelli… con o senza d’orrico i libri (da melissa p a guerra e pace, da kafka a dan brown) hanno vita e morte propria. Lasceranno o no un’impronta, poco importa. Saranno o no sostenuti dall’establishment letterario o no, poco importa. Sono lì, sono per noi, per l’uso che ne vogliamo fare. O che ne sappiamo fare. L’importante è che ognuno possa accedere al “livello” che preferisce” e che tutte le porte siano aperte. Magari qualche porta è più stretta di altre… ma può condurre a meravigliosi giardini. Il resto è fuffa. O si è disposti a combattere fino in fondo il sistema culturale (sociale, economico, politico ecc), o se ne è sempre, in qualche modo complici. L’intellettuale non può sfuggire a questa contraddizione. E’ sua, se la deve ciucciare tutta. Oppure fottersene allegramente e guadagnarci, se gli capita di poterlo fare. Lo diceva Adorno negli anni ’40, è così ancora adesso.
    Buona serata a tutti
    Massimo VIllivà

  45. Vabbé, massimo Villivà, meno male che c’è sempre uno come te, che ha letto Adorno giusto per autonarcotizzarsi meglio

  46. @sevenent

    c’è il sole, mi allargo:–))

    @Effeffe

    più onesto della pizza cosa c’è? Ma la lingua! chi di voi ha cominciato? te l’ho sempre voluto chiedere, mi ricordo uno scambio di latinità tra te e chouk e non so chi altro a dir poco stremante;–))

  47. @Sevenent
    Io invece non sapevo chi fosse “questo” Franz Haas.
    Avevo letto alcuni articoli di F.H. sulla Ortese nel blog di Giorgio di Costanzo. Ho immaginato si trattasse dello stesso F.H., ma non ne ero certa. Il tuo commento mi ha spinto a cercare e a controllare.
    Ho escluso il Franz Haas produttore di vini di pregio (vedi Google), ho cercato qualcosa sul Franz Haas professore a Milano.
    Poi sono andata sul blog di Giorgio di Costanzo e i dubbi sono scomparsi. Oltretutto il primo articolo di F.H. postato da gdc (del 1994! – pubblicato in italiano su “Belfagor”) parla di “guardiani”, di “paesaggio letterario pilotato dai mass-media”, di “buttafuori degli elenchi dei best-seller” (“Tornano i miracoli a Milano. Si detronizzano politici corrotti; si scrive di autori inattuali sulle gloriose pagine di cultura. Il miglior romanzo italiano da tanti anni è diventato persino un piccolo successo economico. Come è potuto accadere, non sono stati abbastanza vigili i guardiani? Per alcune lunghe settimane di illusione l’ultimo libro di Anna Maria Ortese, “Il cardillo addolorato”, si è posato come una ragnatela poetica sul nostro paesaggio letterario pilotato dai mass-media. Non sono stati sufficientemente severi i buttafuori degli elenchi dei bestsellers? Appunto, un miracolo…”).

    http://insonnoeinveglia.splinder.com/tag/articoli_di_franz_haas

  48. @emma ok. tutto chiaro. io mi batto per il mio paese. il professor haas ha tutte le ragioni, ma il mondo è un po’ più grande dell’italia. garufi ha fatto una cosa meritoria nel postare questo pezzo, scritto da un critico straniero che conosce il nostro paese. ma dobbiamo andare oltre: io noto fin troppo spesso, anche qui, a volte, un piangersi addosso, anche se, in qualche modo, addomesticato. sarebbe ora di incazzarsi veramente, come sanno fare bene all’estero. invece viviamo, sguazzando (non certo sguazzandoci) in questa poltiglia indiscriminata, nella quale sono perfettamente sostituibili un moggi e un d’orrico. è così anche nella fraterna svizzera, in certi contesti, comunque.
    nel finale del pezzo di haas c’è un colpo veramente duro che dovremmo tenere bene a mente: “e proprio NESSUNO ha voluto rinunciare ad una figuraccia, disonorando il nome di Nabokov”.

    @temperanza.
    usi il fioretto (non quello da fare alla madonna, credo) come pochi. ma quando parli di una ni fatta di poeti che si plaudono tra loro nei commenti credo tu faccia un piccolo torto al lavoro che porta avanti con coraggio e fatica questo sito. ovvio che non tutti i testi sono alla stessa altezza, ma qui c’è circolazione delle idee, e soprattutto ci sono autori che si mettono in gioco, prestandosi sia alle tue deliziose fiorettate sia ai vaffanculo da curva (dal serbo: puttana). continua così che vai bene (come diveva mia nonna a mio nonno):-)
    con molta simpatia e stima.

  49. @Temperanza

    *Ciò non toglie che sia legittimata a non amare Schmidt, come io sono legittimata a pensare che sia un autore molto difficile e a volte troppo sperimentale, (com’era facile trovarne in quegli anni) ma anche una mente critica ( nei confronti principalmente del mondo) di eccelsa qualità.*

    Appare contraddizione in termini rallegrarsi dell’uscita su NI di un autore dimenticato come Arno Schmidt, salvo poi asserire che se ne trovavano a bizzeffe come lui in quel periodo, con un Hülle und Fülle di pasqualiana memoria, falso sotto ogni aspetto. Se Schmidt è stato rimosso, se lo scotoma è tanto esteso, è proprio per la formula consolatoria con la quale un lettore pur attento come lei lo infibula: scrittore sperimentale, d’avanguardia, legato a quella e a non altre temperie (ma quale è intesa poi?). Schmidt è un unicum, la sua riscoperta va compiuta in base a questa premessa. Ricominciamo?

  50. Scusa Garufi, non capisco la tua ultima frase:

    “però è incontestabile che il potere d’influenza di quel piero angela della letteratura italiana è enorme, e a ignorarlo snobisticamente forse non si fa un gran servizio”

    cioè, in che senso viene ignorato snobisticamente? a me pare che il suo agire sia circondato da un clima intellettuale omertoso: nessuno lo critica, tutti aspettano i suoi miracolamenti. Dunque c’è poco di snobistico in questo atteggiamento.

  51. @Miku

    Rispose allora Giobbe al Signore e disse: “Riconosco che tutto puoi, né impossibile è a te alcun progetto. Chi può denigrare il tuo consiglio con la sua ignoranza? Così ho parlato, senza discernimento, di cose troppo mirabili per me, senza che le capissi. (Ascolta, ed io parlerò; io t’interrogherò e tu m’istruirai!) Per udito avevo saputo di te, ma ora l’occhio mio t’ha visto, perciò io mi ritratto, e faccio penitenza in polvere e cenere.

    Giobbe, 42, 1-6

  52. l’est vrai k’el Chouka l’armenien
    diz de kiste et kille en esta lingua
    m’acqui tenet prova publicada
    prova de nada, gnente, rien, betisa

    venerdì, 21 marzo 2003

    Ballata dei Fuyenti – Francesco Forlani

    Choué échoué choué

    Qui nun ha viste et vere

    Du tac au tac faire et allere

    Annammurà la terre enfer entière

    Ceux qui feront le tour du monde en guerre

    Guère de plus enterrent

    L’aire ca lu scuppettu serre au coeurs

    Ca stamme friske et tuoste o bastimiente

    Sta luna nova et soeur

    Sta tammurriata ca ce trouve et alors?

    Choué échoué choué

    Qui nun a viste et vere

    Du tac au tac faire et allere

    Alluntanà da terre enfer et guerre

    Ohi bella tchao et tchao et tchao

    da Doni di versi in rete (Edizioni d’if)

    effeffe

  53. A me fa un po’ sorridere questa cosa (sotterranea ma neanche tanto) dello “straniero” (“crucco” e altro) che si permette di “sparlare” di noi…
    Non so come vanno le cose in Svizzera o altrove. Mi sembra in ogni caso che il *nostro* mercato editoriale sia ben lieto di confermare gli stereotipi che gli “stranieri” hanno sull’Italia e sugli italiani.

  54. Piero Angela fece una bellissima recensione a piena prima pagina cultura su Repubblica del libro del mio amico Esteban Buch, La Neuvième de Beethoven: Une Histoire Politique, Gallimard, libro mai tradotto in italiano.
    Il mio sogno resta una letteratura senza più libri ma solo recensioni di libri, una sorta di bignami dell’anima.
    effeffe

    https://www.nazioneindiana.com/2006/02/02/a-gamba-tesa-esteban-buch/

    ps
    ma non è questa mia nota una recensione alla recensione?

  55. @Miku

    Non è quello, è lo scotoma che mi ha atterrata, di fronte a uno scotoma mi tocca ricorrere al Libro.

  56. stereotipi.
    come le copertine tedesche con gli spaghetti e la pistola mafiosa,
    come la denuncia del know how editoriale nostrano, come il fioretto di temp. che lamenta chiacchiericci e leggerezza blogettara ma poi, mi sembra, con tutto il rispetto e la stima, cazzeggia volentieri tra le civetterie della nazione. rutelli ministro della cultura. asor rosa all’università ?!. 50 morti a s. paolo per una guerr[igli]a civile poliziotti/mafia locale. avanti con le poesie in etrusco. citazioni bibliche.

    insistenti discorsi sul metodo (biondillo, inglese, ecc.). sembra che sul merito i discorsi si spengano presto. forse questa sarebbe, nel metodo, una ottima discriminante per chi ‘pensa’, soppesa e seleziona i post: insistere su quelli che, a parere della redazione plurale, potranno stimolare discussioni infinite e plurali sul merito, senza troppo presto arretrare sul metodo.

    così diventa stereotipo anche l’invito a non essere troppo seriosi (ff, biondillo), o all’opposto la tensione di chi cerca en passant di suggerire (con temperanza) quello che va e quello che non va, e subito viene ammansito dalla buonista considerazione che sì, era già autocritica.

    il nostro haas, si è scoperto, ha ragioni dalla sua non fosse che per una fedeltà esegetica protratta verso uno dei revenants delle nostre lettere come la ortese: che tarda e fa fatica, come tutti i revenants (morselli, la ‘nostra’ tradizione alternativa….), a farsi luce perchè c’è troppa luce che illumina lo star system: globale, globale….

    il sistema culturale integrato: la cosa è enorme, non è solo moccia o melissa. eppure, e anzi proprio a partire da un’analisi che tenga insieme tutto: nuove ideologie; industria editoriale e sistema della critica letteraria: produzione fruizione e livello della teorizzazione (della valorizzazione/valutazione); postmoderno e nuovo romanzo globale: crichton e allende, ruschdie e king (nel quale si inseriscono anche questi nostri compatrioti qui, a loro modo)…: insomma se a partire da un articolo di giornale elvetico si facesse sempre capo a tutto ciò che sta dietro moccia (e cioè.. che pesantezza!…..: l’ideologia E i linguaggi, l’industria E il sistema culturale), si potrebbero anche fare proposte, perchè qui nessuno, mi sembra,, vuole (solo) piangersi addosso. nel merito, ma anche nel metodo.

    ad esempio, non solo pensando a QUANTI post inserire su NI. ma a QUALI. quando ce ne sono 8, in prima pagina, proprio come una rivista, con annessi commenti ecc, che idea ci facciamo della ‘linea’ editoriale di codesta rivista? tra pezzi ‘creativi’, recuperi di inediti e ‘sondaggi’ critico-polemici? sempre che questo sia un problema da porsi(vi), perchè forse invece vale il non prendersi troppo sul serio.e allora ok.

    le forme della comunicazione alternativa (per avvelenare i pozzi: che pesantezza maroooooon!), per prospettare qualcosa di diverso dal regime costante della nostra provincia che poi si scuote se viene stereotipizzata dagli svizzeri, passano anche da qui. da ni (l’utopia dei blog, o del ‘teatro-informazione’…). e cioè dalle prospettive di uno spazio che per davvero sfugga ai vizi fondamentali del sistema critico-linguistico-comunicativo che non ci va bene, mi pare: l’eclettismo indifferrenziato; l’iperspecialismo da accademia vicaria; la logica solo promozionale da ufficio stampa; il mormorio intellettualoide, per iniziati (di che?), ecc.

    ad esempio mi domando, e non è così banale come sembra, perchè troppo spesso, quasi mai, a non rispondere ai post di ni siano proprio gli autori di cui si discute (a meno che non siano lucciole-revenants, appunto), o critici e studiosi menzionati, o altre intelligenze note, con o senza nick name (meglio senza, in verità). non dico citati. ma lo stesso haas. o nove (che ha fatto capolino e poi via), cortell. (tipo quando si parla di villa), che so? belpoliti. l’allievo di ferruccio masini, tipo, se ce n’è uno, quando si parla di Arno Schmidt, ecc.

    se il terreno, o parte di esso, su cui si gioca una partita è (anche) quello della teorizzazione e della ‘valutazione’, di altre forme sperimentabili di ‘comunicazione’, non facciamo che ni (o chi per lei) rischi di essere la mise en abyme del sistema culturale vigente. questo volevo dire, con estreeeeema pesantezza. saluti, fabio

  57. @Vabbé

    Non fare così, dai, sennò ci rimango male.
    Adorno è di sicuro narcotizzante, ma di solito per autonarcotizzarmi uso il barbera. O una canna. O un blog. Ogni tanto mi ci vuole

  58. @r.r. (o fabio?)

    Io adoro il cazzeggio, il cazzeggio è come il peperoncino, un prodotto semplice e sano che spazza via con uno starnuto le pose.

    Quanto alle citazioni bibliche, visto che è quasi ora di cena:

    Va’, mangia con gioia il tuo pane,
    bevi il tuo vino con cuore lieto,
    perché Dio ha gradito le tue opere.
    In ogni tempo le tue vesti siano bianche
    e il profumo non manchi sul tuo capo

    oh r.r.!

    Qoèlet 9, 7-8

    (ma la myse en abîme, no, please! cheese!)

  59. @temperanza (o?)

    chapeau.

    ritiro tutto.

    è tempo di barbera (e champagne).

    e di tom waits (non quello italiano).

    elmut failoni. le file di curiosi per gli incidenti.

    buone cose,

    fabio (fabio).

  60. sono giù: predicare invano che il vizio sta nel manico…
    anche r.r., se nessuno gli bada fa ron ron…
    e col post mi sono anche haassopito…
    poi mi son detto: insegna tedesco…
    l’italiano non è il suo ramo…
    ma lolita no, 13 anni no…
    ne aveva forse 12…
    ora sarebbe 11…
    giammai 13! =
    donna fatta

    [bisognerebbe essere precisi come Nabokov quando
    descrive & prescrive lo stronzo perfetto: bei tempi!]

  61. Dico solo un paio de cose.
    Simona è l’igienista che mi fa la pulizia dei denti ogni tre mesi.
    È una cosa che hodio perché mi fa soffrire, ma se si deve fare si fa.
    Simona ha meno di 25 anni è carina, simpatica, intelligente, spiritosa.
    Io quasi la amo.
    Le chiedo cosa sta leggendo.
    Dice Tre metri sopra il cielo.
    Io non sapevo nulla di questo libro.
    Lei dice che è molto bello.
    Poi le chiedo: cosa ha letto di recente?
    Lei dice che di solito legge i libri di Sveva Casati Modigliani.
    Poi dice che ha letto pure Andrea De Carlo.
    Sic.
    Dovevo indignarmi?
    Dovevo interrompere il suo lavoro?
    Dovevo alzarmi, sbattere per terra il tovagliolo de carta che aveva intorno al collo fissato con catenella e urlare: ohibò, che orrende puttanate che legge, oh Simona, tornerò da lei solo dopo che avrà letto Kafka e Alain Robbe-Grillet?

  62. mah. a ogni santo il suo autoreferenzialismo dovuto.
    qui leggo, lego, slogo, difformo. ognuno vuole la sua scena anche qui per fare i puritani non c’è più tempo. mangiarsi le unghie dei piedi quello si che ci vuole. tornare bambini instaurare una circonferenza di sabbia di trenini e quattrocantoni. ah.e scrivere cazzeggiamenti! che vanno di moda in moda di deriva in deriva. estro del tempo. poesia dello scrivano. quello si. forse qualcuno dovrebbe farsi la detartrasi all’ amigdala. sarebbe ora invece di smetterla di presentarsi come bubble gum spacciandosi per border liner o per pietanze doc.
    si parla si sparla si pirla. meglio un buon lambrusco al posto del contraccettivo o del libro prima di dormire.
    un coro d’archi un brivido. il preside con la bacchetta. mangia mangia libri che si parla e tutti. chi più chi meno.
    marionette anarchiche. una grande tristezza, poi.
    mah.

  63. @sevenent

    adesso che mi si è ridotto lo scotoma ti vedo. No, non faccio torto, anzi, lo apprezzo, a volte lo ho persino apprezzato troppo, tanto da farmi trascinare.
    Non ho detto che NI è fatta di poeti che si applaudono tra di loro, e non lo penso.

    E’ un discorso lungo, e anche autocritico.
    E’ difficile criticare un amico che ti fa leggere un suo libro, a volte non ti piace proprio, ma stimi la persona, sai che a dirglielo lo feriresti, ti barcameni, e a forza di barcamenarti ti abitui a fargli credere che lo consideri davvero bravo. E pian piano si crea una rete debole, in cui testi deboli restano deboli ma credono di essere buoni.
    Mi chiedo a cosa serva.

    A me, in un altro campo, è capitato di essere criticata ferocemente, una volta da un amico al cui giudizio davo un’importanza estrema, e mi ha detto: ma hai fatto una cosa bruttissima! Anzi, non una volta sola. Siamo rimasti amici, certo, per un poco mi sono rintanata a leccarmi le ferite.
    Sulle prime c’è da barcollare, ma poi, passato lo choc, se sei sopravvissuto (e se hai qualcosa da dire, o se quello che fai ti preme davvero, di solito sopravvivi) ti fermi a pensare, ti rileggi, non più con quella cecità che avevi prima, ma anche se dai torto al tuo critico, per ragioni di sopravvivenza, il tuo occhio è diventato più lucido, la tua coscienza un po’ più permeabile, e ti vedi un poco anche dall’esterno e vedi la pecca. Ti brucia, ma impari.

    Adesso c’è questa delicatezza in giro, e dall’altro lato una brutalità inutile.

    Il più bravo, qua, secondo me è sempre stato Arminio, Arminio non si limita a postare o a farsi postare, non so qual’è la prassi, ma entra nella mischia commentando i suoi commentatori e interagendo con loro. Non so se i commenti critici gli sono serviti, bisognerebbe chiedere a lui, non mi ricordo se ce ne sono stati, ma penso di sì.

    Quindi da un lato penso che alcune cose deboli corrono forti rischi di sembrare molto più deboli, dall’altro penso che anche quelle con delle qualità, se raccolgono solo silenzio o una specie di plauso d’ordinanza, non ne cavino molto.

    Ma sono stata allevata a una dura scuola. Forse non si usa più, Non so, se ci penso tutti quelli che conosco nella vita vera hanno fatto e subito critiche dure, a volte ne sono nate inimicizie, spesso però il lavoro è migliorato. Criticare duramente vuol dire anche prendere sul serio.

    Ho un po’ divagato, ma spero di averti risposto.

  64. temperanza, arminio piace molto anche a me, è un poeta di grande valore.
    il tuo discorso mi pare molto onesto e dunque, credo, anche scivoloso. non so, bisognerebbe trovare il tono giusto, quando si critica, soprattutto un amico. non sono granchè sicuro che quel tuo amico ti abbia fatto un gran favore nell’essere così feroce. oppure si, se tu ne sei davvero convinta, e soprattutto se ne hai ricavato dei miglioramenti.
    la “dura scuola” secondo me è soprattutto autodidattica. fai vedere le tue cose a coloro che hanno guadagnato la tua fiducia, prendi le tue critiche, sei il più possibile onesto con te stesso, e poi, comunque, tiri dritto per la tua strada.
    si puo’ essere estremamente duri senza essere inflessibili. è tutta una questione di toni, secondo me.

  65. sono sempre più giù: non trovo lo stronzo perfetto. ricordo perfettamente com’è fatto secondo Nabokov, e lo ricordo proprio in quanto non l’ho mai capito. dice che ha forma cilindrica, compatto, e fin qui va bene, ma poi aggiunge che deve lasciare una scia…. valli a capire ‘sti scrittori!
    però so chi lo sa, solo che è troppo tardi per svegliarlo (ha 90 anni). Deve averlo scritto anche in un libro, Andata e ritorno (viaggi a Giakarta, Lambrate ecc.). Prima lo vedevo spesso perché accompagnavo l’infermiere a fargli le punture. adesso che le è morta la moglie ha smesso. lui sa tutte queste cose, tipo quante volte don chisciotte ha visto dulcinea (forse una) o come si tirano su gli spaghetti. Saul Steinberg sì che si divertiva! prima in rete ho trovato un suo risvolto inedito: ha fatto i costumi per Luci del varrietà, e poi in Amore in città intervistava puttane (1953). E’ famoso per l’uovo alla kok, ma ha fatto di meglio. domani lo chiamo, anzi vado a trovarlo, che è a un tiro di schioppo.
    ma lolita aveva meno di 12 anni, no? forse 10…

  66. @andrea barbieri
    quella frase me la rivolgevo da solo, ero io che preferivo ignorare snobisticamente le sue sparate sul magazine del corriere. ora penso che sia un errore, in qualche modo equivalente al silenzio omertoso.

  67. L’importante è che accanto alla critica verso le sparate sue e di altri ci siano sempre proposte, e che le critiche non servano a scalzarlo per sparare da un’altra prospettiva. Però sì, anch’io credo che un discorso sulla letteratura passi anche dall’affrontare quelle sparate.
    Si possono affrontare sia prendendolo di petto, sia difendendo tutti i valori che lui cerca di annegare.

  68. Sullo stato della critica letteraria italiana, seguendo il filo di un’intuizione veramente profetica, avevano scritto pagine formidabili, già nei primi anni Settanta, gli studiosi, ormai dimenticati, Panz(i)eri/Pilat(o)/Arri(n)goni, nella loro opera fondamentale “De vanescentia decentiae”, di cui mi sono permesso di tradurvi un capitolo fondamentale in forma di poesia (e che poesia!!!).

    Finché la barca va

    Il grillo disse un giorno alla formica:
    “Il pane per l’inverno tu ce l’hai!
    Perche’ protesti sempre per il vino?
    Aspetta la vendemmia e ce l’avrai.”
    Mi sembra di sentie mio fratello
    che aveva un grattacielo nel Peru’,
    Voleva arrivare fino in cielo
    e il grattacielo adesso non l’ha piu’.

    Finche’ la barca va lasciala andare,
    Finche’ la barca va tu non remare,
    Finche’ la barca va stai a guardare,
    Quando l’amore viene
    il campanello suonera’,
    Quando l’amore viene
    il campanello suonera’.

    E tu che vivi sempre sotto il sole,
    Tra file di ginestri e di lilla’.
    Al tuo paese c’e’ chi ti vuol bene
    Perche’ sogni le donne di citta’?
    Mi sembra di vedere mia sorella
    che aveva un fidanzato di Cantu’,
    Voleva averne uno anche in Cina
    e il fidanzato adesso non l’ha piu’.

    Finche’ la barca va lasciala andare,
    Finche’ la barca va tu non remare,
    Finche’ la barca va stai a guardare,
    Quando l’amore viene
    il campanello suonera’,
    Quando l’amore viene
    il campanello suonera’.

    Stasera mi e’ suonato il campanello,
    e’ strano io l’amore ce l’ho gia’.
    Vorrei aprire in fretta il mio cancello,
    mi fa morire la curiosita’.
    Ma il grillo disse un giorno alla formica:
    “Il pane per l’inverno tu ce l’hai”
    Vorrei aprire in fretta il mio cancello,
    ma quel cancello io non l’apro più

    Finche’ la barca va lasciala andare,
    Finche’ la barca va tu non remare,
    Finche’ la barca va stai a guardare,
    Quando l’amore viene
    il campanello suonera’,
    Quando l’amore viene
    il campanello suonera’.

  69. Onore a Cato che ha riesumato: praeterea censeo che la sua traduzione del De vana scientia sia stata edulcorata ad usum del Fini, ergo ristabilisco la letterale:

    Finche’ la parca va lasciala andare,
    Finche’ la parca va tu non tremare,
    Finche’ la parca va stai a guatare,
    Quando la morte viene
    il campanello suonerà.

  70. Grazie, dott. Delenda (est?), conosco e apprezzo i suoi studi sull’opera omnia della triade, anche se non sempre mi convince l’intrinseca esotericità di alcuni suoi convincimenti ermeneutici. Ricordo ancora, poi, gli scambi accesi proprio sul “De vana Scientia”, che lei continua a ritenere la versione originale del “De vanescentia decentiae”, ma che io considero un successivo rifacimento in chiave mistica. Ma, come dire, tra noi, studiosi di rango, queste sono solo questioni di dettaglio che non sminuiscono l’apprezzamento sincero per il lavoro critico di sì illustri colleghi. Proprio per dare ai nostri lettori più strumenti per raccapezzarsi e orientarsi nell’universo semantico-metaforico-analogico-espressivo di questo testo così attuale, allego un vocabolarietto ad usum discentis, semplice e alla portata di tutte le teste (ad iniziare dalla mia).

    Grillo = critico letterario di tipologia italica individuata da Haas.

    Formica = scrittore/scrittrice (meglio se mediocre) che aspira…

    Pane per l’inverno (da non confondersi con “pene per l’inverno”: ma quella è un’altra storia. O forse no) = dattiloscritto (pane) o manoscritto (pene) pronto per la pubblicazione o già pubblicato.

    Vino = visibilità (anche televisiva) e magari un po’ di soldi.

    Vendemmia = recensione del grillo su quotidiani e riviste e blog frufrù.

    Fratello (in tono sprezzante) = uno scrittore che si è rivolto, o ha tentato di farlo, a una casa editrice o a un critico non di “famiglia”.

    Grattacielo = opera di buon valore letterario.

    Arrivare al cielo = sognare di farcela grazie al proprio talento e ai propri meriti, senza l’aiuto dei “famigli” e dei “consigliori”.

    Barca = suggestiva figura metonimica che richiama, a vari livelli di senso, il mare (di spazzatura) in cui si naviga.

    Amore = termine di complesse e polisemiche strutture simboliche, tutte riassumibili in “assegno al portatore” in euro e senza fattura.

    Colui che vive sotto il sole (etc.) = scrittore di valore certo.

    Paese = lettori (pochi) e critici (uno o al massimo due) che non appartengono a nessuna famiglia, ma che ne apprezzano il valore (di colui… etc.).

    Sognare le donne di città = aspirare (umanamente) ad essere conosciuti e a veder circolare il frutto del proprio ingegno senza venire a patti con niente e nessuno, a partire dalla propria coscienza (trattasi di evidente metafora rovesciata).

    Sorella = scrittore/scrittrice di valore (riconosciuto, ma mai pubblicamente, anche dal grillo, in uno dei rari soprassalti di coscienza che lo colgono impreparato).

    Fidanzato di Cantù = cfr. “grattacielo nel Perù”.

    Perdita del fidanzato (compreso quello cinese) = stroncatura, con pubblica irrisione incorporata, da parte del grillo.

    Cina = casa editrice (o rivista, o blog) fuori dal giro che conta (e che canta).

    Campanello/Cancello = coscienza, dignità, rispetto di sé.

    Spero di aver fatto cosa gradita a Lei, dott. Delenda, agli esimi lettori di questo sito e, soprattutto, alle patrie lettere.

  71. @temperanza
    @r.r.
    @cato
    @carapolvere
    @evviva

    “scrivere come un essere umano”

    Quando dicevo del Crucco non volevo offendere nessuno, pensavo a Ciofanni del Lunario. Volevo anche far intendere che le nostre discussioni hanno un passato, hanno un fondamento, in definitiva hanno un senso.

    Penso alla “dura scuola”. Trovare qualcuno che legga quello che scriviamo, senza per forza dirci bravo. Dove sono i critici miei coetanei? In che modo gli scrittori dovrebbero farsi editor? Come trasformare le riviste per dare voce all’inedito, a quella dimensione della letteratura italiana che nessuno di noi percepisce nemmeno lontanamente? Tondelli, sempre lui, si chiedeva le stesse identiche cose nell’85.

    Il lavoro critico si fa insieme, scrittori, critici, giornalisti, lettori. Un discorso che tiene dentro tutto, i teorici e i creativi, chi propone di auto-organizzarsi e chi pensa a Simona, l’igienista pop. Parlerei di “cazzeggio critico”, un lavoro serio, divertente.

    Resta da capire se NI è una vetrina scintillante, estemporanea e discontinua, oppure una falange che avanza serrata, con una propria idea dello spazio, del tempo, della propria identità.

    Nel merito, come dice r.r. Provo a sviluppare la metafora dell’albero. Le “radici” della Nazione sono il fondo oscuro ribollente del lavoro critico, in pratica i post come li intendiamo ora, il pazzeggio da tre di notte che tiene sveglia la chat. Tutto questo materiale grezzo, con la sua lingua breve e ‘calda’, dovrebbe essere ‘criptato’. Rappresentare una specie di cassaforte invisibile – e simultanea – in cui si parla, si discutono i pezzi, si elaborano le proposte critiche, si decidono le ‘parole d’ordine’. A questa sezione dovrebbero accedere solo gli indiani, chi SOSTIENE>la>NAZIONE, voglio dire economicamente: i lettori/autori, prima di tutto, ma anche lungimiranti sponsor privati e fondazioni pubbliche.

    Questo permetterebbe ai “rami” dell’albero di crescere lunghi e forti. Una (o più) redazioni stabili che si occuperebbero di: a) stabilire relazioni sul campo (performance di teatro/informazione; rapporti con la stampa e le case editrici, le scuole e le università); b) ‘editare’ e scegliere i testi da pubblicare ‘in chiaro’ sulla Nazione; c) governare il discorso critico sulla base di un progetto culturale condiviso.

    I fiori e i frutti dell’albero, infine, sarebbero lo sbocciare di questo lavoro. Come se la linfa sotterranea e potente del blog, ogni giorno, grazie alla mediazione dei redattori, riuscisse a esprimersi in modo davvero collettivo, comunitario.

    Dal blog al quotidiano on line, insomma (e ritorno). Non i quotidiani popolari, generalisti, i tabloid schizzati che separano l’attualità dalla cronaca, lo sport dalla cultura. Ma un quotidiano di contenuti, che sia in grado di raccontare le nuove soggettività, la società, e nello stesso tempo dettare l’agenda della discussione politica con inedite proposte culturali. Non si tratta di dare vita a una gerarchia, a una catena di comando, ma di lavorare dal basso alla costituzione di un organismo bionico che pensa, gioisce, soffre e spera.

  72. Lei, caro Cato, con tutta la stima che denutro per Lei, stavolta ha proprio preso pan per ficaccia: senza una vena gnostica, il trattatello intero è inaccorpabile! Non s’accorge che de-gradando la trimurti a clan, la parabola a apologo, il negroni a crodino, San Remo a Castrocaro il tutto diviene incomprensibile, non dico agli iniziati ma sino ai terminati? Il chiasmo, il chiasmo, Cato caro, e il fondo assente dell’o ti! Mi rocomando dunque, non s’incapponisca nell’OT ed eviti perucolose cantunate.

    PS se proprio dovessimo mediare, a mezzana vedrei oCacciari o temp.

  73. O(h) – ddio, dott. De Lenda, cosa fa? perché offende cotanto parto? perché mi schiante? cerca nemici, forse? E poi, in-sania delle in-sanie, propormi Temp in alternativa al cacciaro! Ma si rende conto? Toccatemi tutto, come diceva il saggio, ma non la mia virtù preferita!!! E, in ogni caso, mi consenta, come pro-feriva un suo illustre collega (sì, quello studioso, ormai defunto, autore di studi significativi su romolo e remolo) lei ha anche scambiato triade: molto probabilmente lei si ri-ferisce alla sublime cupola mogio mogio – pertica – giraillardo. E si sbaglia.

    Comunque, non mi de-nutrisca troppo, già così non è che sia molto in carne. La prego. :)

  74. E’ proprio vero, tash. Considera, però, che non a tutti è data la tua verginità di sguardo. Tu sei ancora integro, vero? Ah! avercene come te, e che in – vidia! ;|

  75. Forse questa non è la sede più adatta, ma: il Vangelo di Giuda, contrastato da Penedetto XVII ma vivo d’una vita sua nella tradizione messianico-messenica che poi s’ingorga in Manicheo, dà una prima articolazione gnostica della trinità: Gesù/Pilato/Caifa, dove a medium non è il figli ocattolico, ma lo zio lavativo, che a forza di risciacqui s’accorciò in Pilat e infine, nei paesi latini via marrani, in Pilade. Di cui il Migne, nel vol. 69 della Patristica, dà questo breve profilo (+n. tel.)

    DIPLOMATO IN ELETTRONICA, INIZIA LA SUA CARRIERA DI CANTANTE VINCENDO IL “FESTIVALBAR”. L’ORGANIZZATORE ** LO PROPONE A CELENTANO DEL CUI CLAN VIENE A FAR PARTE INCIDENDO CANZONI DI SUCCESSO COME: “CHARLIE BROWN” E “UN PO’ DI VINO”. INTRAPRENDE LA CARRIERA DI COMPOSITORE E DOPO AVER OTTENUTO IL PRIMO GRANDE PLAUSO A SANREMO CON: “NESSUNO MI PUO’ GIUDICARE” S’IMPONE COME AUTORE DELLE PIU’ BELLE CANZONI ITALIANE CHE RENDONO FAMOSI ARTISTI COME GIGLIOLA CINQUETTI CON “LA ROSA NERA” E ORIETTA BERTI CON “FIN CHE LA PARCA VA”. SI ESIBISCE DAL VIVO CON LA CHITARRA DA SOLO. CANTANTE UNICO IN ITALIA PER LA SUA ESTENSIONE DI VOCE E PER IL MODO CARISMATICO CON CUI AFFRONTA IL PUBBLICO. IN OGNI SPETTACOLO E’ UN VINCENTE IN QUANTO OLTRE AL TEMPISMO PRECISO NEL PROPORRE LE CANZONI OFFRE UN SAGGIO DI PREPARAZIONE TECNICA NOTEVOLE NELL’INTERPRETARE PEZZI DOVE PER LA MOLTITUDINE DI SUONI CHE ESCONO DALLA SUA BOCCA SEMBRA DI SENTIRE UN’ORCHESTRA, DOVE DA NOTE BASSISSIME PASSA IMPROVVISAMENTE A NOTE ALTISSIME.
ESPLODE CON VIVACITA’ E GRINTA TENENDO BANCO UN’ORA E MEZZA CIRCA PER COINVOLGERE IL PUBBLICO IN CANTI COLLETTIVI E BATTUTE SPIRITOSE RIUSCENDO A POLARIZZARE L’ATTENZIONE SU SE STESSO PER TUTTA LA DURATA DELLO SPETTACOLO CHE COMPLETA CANTANDO LE SUE CANZONI PIU’ FAMOSE INSIEME A QUALCHE PEZZO DI CELENTANO E A BRANI DI FOLCLORE TRIESTINO. Tel. 349 8202211

  76. Il finale?! ma qui inizia la ricerca vera, che porterà inevitabilmente agli haasiti. Da determinare, è soltanto la sede. Qui invece, comunque: se non può venir sindacato che a uno/a piaccia o no/a Schmidt, con che faccia si può sindacare che piaccia/o no Melissa/o?

  77. Emma, perdonaci (o almeno: perdonami) perché non sappiamo quello che facciamo (o almeno: quello che faccio), ma i miei mezzi non mi consentono altro, purtroppo. Comunque, permettimi di farti una domanda, se posso: secondo te, è più demenziale il contenuto dei miei pseudo commenti (credo, all’inizio, di aver postato un paio di riflessioni passabili, ma tant’è) o l’idea, in quanto tale, che si possa parlare di critica “letteraria” (di letteratura!) avendo come termine di confronto le opere (?) di D’Orrido, Pelissa M., Mocca Mocca, M’Arrìcco et similia? Io credo che l’articolo di Haas, “banale” quanto si vuole, come ha scritto qualcuno, contenesse una fotografia non taroccata della realtà a cui si avvicinava e che, giustamente a mio modo di vedere, ne facesse strame. Se qualcuno poi si mette a discutere, come è avvenuto, le capacità critiche e la serietà di studioso di Haas, solo perché ha buttato giù un articolo per un giornale, allora non vedo perché io non possa proseguire nel racconto delle mie barzellette finto letterarie (ma sarà poi vero?) e fare a gara a chi le racconta o le spara più grosse.
    Spero di non averti annoiata. ;)

  78. @ roberto

    Le tue “proposte” mi sembrano condivisibili. Dipendesse da me, cercherei di verificare se sono almeno praticabili.

  79. Come ha ragione, signora Emma, e anche lei, signor Cato: portatemelo via vi prego, svagatemelo da quel Semerano, che a forza di fenoci penici cartilaginosi me l’ha fatto delirare!

    Maria Grazia

  80. Non ce l’ho con te, Cato, ce l’ho di più con db. È lui lo specialista in finali di discussione.
    I primi finali mi facevano ridere e mi colpivano per la stranezza/stravaganza. Adesso per lo più mi annoiano.
    Senza contare lo spreco.
    Dalle mie parti si dice: “Eh! I mi’ sold! E mé – pataca – a fet studiè!”
    Credo sia facilmente comprensibile per un veneto quale è db, sia linguisticamente che – diciamo così – antropologicamente (ad ogni modo: “Eh! I miei soldi! E io – coglione – a farti studiare!” :-).

  81. Caro tash, ti attribuivo la “verginità” di sguardo solo, e unicamente, perché pre-sumo che gli altri sensi siano (stati?) ampiamente sfruttati. Per il resto, le tue capacità in-tellettuali sono note e ampiamente com-provate.
    Che in-divia!!! :)

  82. scusa emma, ma mi girano le lettere. in rete non si può materialmente essere speciallisti in finali, perché dopo di te può sempre venire un altro. se invece intendi che non mollo, ok, w salvemini! sulla pedofilia con mozzi non ho mollato, su Fortini non ho mollato ecc. Il grillo e la formica è testo di ardua se non infinita interpretazione ecc. A onor del vero, Arno Schmidt è tutto mio (e di Miku che me lo fece conoscere):
    1- ho scritto: perché non postare il Leviatano?
    2- Raos mi ha chiesto, sempre su NI: puoi interessarti dei diritti?
    3- ho risposto: ci provo
    4- prima ho sondato per Fofi, poi, capito che non c’entrava, sono risaliito all’ALI e ho ottenuto di postarne metà, che ho selezionato
    5- Raos, con impegno, ha provveduto a postare.
    Questo per dire che quando bisogna, ci sono, e quando non bisogna pure. I soldi per studiare, in parte me li ha dati lo stato via presalario, in parte me li sono procacciati con lavoretti (tipo traffico di teschi ecc.). Non so perché, ma dopo un giorno in archivio, mi vien voglia di scherzare, e se persino un catone fa andar la barca…

    PS in quei due thread su Fortini e pedofilia mi sono sentito solo, e sì che non sono una femminuccia. e penso di averne tratto qualche piccolo insegnamento.

  83. “… e se persino un catone fa andare la barca…”.

    Ben detto, direi, anzi dico. Perché è proprio vero: in letteratura, come nella vita (per non parlare della filosofia: vuoi mettere!) se non hai postato almeno un rigo di Schmidt da qualche parte; se non passi le tue giornate in archivio; se non hai dato del tu a un mozzo per almeno un centinaio di post: non sei nessuno, solo un povero catone qualsiasi. E poi magari si scopre che non conosci nemmeno il danese; che continui a pensare che Kierkegaard sia un centravanti scandinavo avvicinato dal moggius moggius lacrimans per il prossimo campionato di C2 della giuvèntus; che continui a credere che il fortini di cui si parla altri non è che il tuo panettiere di fiducia. Che squallore e vuoto culturale la tua esistenza catonica!!! Cosa potrebbe ancora rendere meglio l’idea del vuoto incolmabile su cui si fonda? Ah, sì: non hai mai parlato di persona con Straub e Huillet. Sei proprio un catone qualsiasi!!! Che pena. Rassegnati. Povero me, me misero! “E sì che non sono una femminuccia”! Grande! anzi, direi di più: glande!!!

  84. “… e se persino un serio censore posta Fin che la barca va”, cari miei , io ci salgo, perché è gratis e mi diverto. Se non volete le danze, please, non apritele. Mi sono lamentato di una certa solitudine a parlare di cose serie, “e sì che non sono un lamentosetto” (l’archivio che sto spoliando è del Partito d’Azione durante la Resistenza). Ma tant’è, qui ti dicono che sei noioso e distruttivo, tu rispondi che hai dato seriamente con Arno Schmidt, e così te lo imputano… eh, la psiche umana è un gran mistero…
    A prop., sempre in archivio ho scoperto il primo racconto pubblicato da Moresco (1972). Non credo che interessi, ma in caso contrario: lo vendo.

  85. db, non prendertela, la colpa è mia: stanchezza e altro (molto altro, purtroppo) mi hanno fatto saltare l’emoticon di turno. Ma tanto lo sai: tu sei sempre nel mio (li)quor(um). E poi, dài, fammi coraggio: il centravanti scandinavo, il moggius lacrimans e il glande finale non erano male. O no?
    A tash, e al suo senso intatto, l’ar-due sentenze. Poi ti chiederò del moresco annata ’72, adesso sono ancora in subbuglio al pensiero di come sia possibile arrotolare un teschio prima di fumarselo. Eri un genio già allora, o ti sei fatto da solo, poco a poco, come il nostro? ;-)

    A oggi.

  86. OK, db. NON sei noioso e distruttivo. E – se vuoi – fai grandi cose.
    Su Fortini ho cercato di seguirti, ma non era facile.
    Sul racconto di Mozzi mi sei sembrato francamente eccessivo. E poi ricordo che in quel caso un po’ di insulti me li sono presi anche io, benché per ragioni diverse dalle tue (succede, prima o poi).

  87. Qualcuno qua, fingendo di scherzare, si piange addosso, piagnoni di tutto il mondo, sciogliete le file.

  88. @fons
    @r.r.
    @Nazione

    “radici”

    Caro Fons, sulla “praticabilità” della mia proposta andrei cauto, visto che una redazione esiste già e un suo progetto ce l’ha. Parlerei prima di “pensabilità”, nel senso che il lavoro critico avviene lentamente, dal basso, ragionando: le idee sono nell’officia di Efesto, dobbiamo solo tirarle fuori. Ma se hai dei consigli pratici ovviamente ti ascolto.

    Ti invito a leggere gli ultimi post. Sono l’esempio perfetto di quella scrittura emotiva, calda, internettiana, in qualche modo ‘esoterica’, che dovrebbe costituire la Base, il Nucleo, le Radici dell’Albero (la metafora che ho usato nel post precedente).

    Dire che Cato, Delenda, tutti noi, scriviamo per parlarci (o riderci, o piangerci) addosso non sarebbe giusto. I post sono il cuore, il sangue della Creatura, il materiale grezzo della Nazione: penso alle incursioni poetiche di Cara Polvere, che non si sa mai dove portino, ma è questo il bello!

    Ripenso alle lettere che scrivevano i lettori di Linus negli anni settanta: frammenti vividi di un romanzo epistolare, una letteratura informe, varia e instabile. Sarà questo il destino dei blog?

    La nostra chiacchiera viva, libera e vegeta, va preservata. Protetta. Chi vuole partecipare, leggere, interpretare (per capire o per dileggiare), deve pagare. Abbonarsi. Crederci fino in fondo.
    SOSTIENI>la>NAZIONE.it

    Per essere rispettato, lo stream degli indiani andrebbe criptato. In questo modo non presteremmo il fianco a tutti quei navigatori che magari capitano sulla Nazione e pensano ohibò ma questi chi so’? so’ matti per caso?

    Il dialogo deve essere sotterraneo, invisibile, simultaneo. Altrove ho scritto che si potrebbe immaginare una chat (anch’essa criptata), che mi sembra il genere virtuale più adatto a tenere “il diario” privato indiano. Sui “rami”, i “frutti” e i “fiori” dell’Albero (che non è l’Ulivo), torno a scrivere dopo, domani, un’altra volta.

  89. Però, forse, la posizione di Haas su Piperno è minoritaria (almeno in Germania, in Svizzera non so): in sintesi le posizioni della Frankfurter Allgemeine Zeitung e della Süddeutsche Zeitung sono, rispettivamente, negativa e tiepida. Sono i due quotidiani più importanti: http://www.perlentaucher.de/buch/23673.html

    In una rivista in Rete, però, che sorveglia il polso del mercato (http://www.literaturnetz.com/component/option,com_frontpage/Itemid,1/), Piperno è stato “libro del mese”.

  90. Scusatemi, sono andato a vedere l’originale:

    Auch hier war wieder Antonio D’Orrico im Spiel, der Kritiker des «Corriere», der alle paar Wochen ein Meisterwerk ausruft, wobei es sogar vorkommt, dass er nicht ganz danebengreift – wie einst bei der Entdeckung von Alessandro Piperno.

    Nella traduzione:

    E di nuovo c’entra Antonio D’Orrico, il critico del Corriere, che proclama, una settimana sì e una settimana no, l’uscita di un capolavoro, nel qual caso gli può persino accadere di non prendere un abbaglio, come è avvenuto per la scoperta di Alessandro Piperno.

    Qui il “può persino accadere di non prendere un abbaglio”: forse è più distaccato, cioè: “può persino accadere di non prendere del tutto un abbaglio”.

    Spero ora di non aver preso io un abbaglio ;-)

  91. @Nazione

    “Crucifige, crucifige, homo ke si fa rege”

    Ma Pamela Villoresi è davvero così cool, arcicolta e alternativa? Ieri sera, il trust democattocratico ha scelto l’attrice per difendersi dall’aggressione romanzesca di Dan Brown. Le hanno fatto recitare passi biblici scelti in diretta a Porta a Porta. Ma vi rendete conto? Due palle intorcinate in confronto al filmazzo di Ron Howard (basta qualche trailer per capirlo).

    Philippe Daverio, il critico più estroso di Rai3, ha spiegato ai comuni mortali l’ultima cena leonardesca, con un citazionismo che ritengo non solo antipaticissimo ma assolutamente incomprensibile per la casalinga di Voghera (sia chiaro, io sto con la casalinga). Ma non si è reso conto, il nostro Daverio, di aver fatto sfoggio di storia dell’arte proprio grazie al becero prodotto postbrowniano?

    In realtà, Vespa o Mentana non avrebbero mai dedicato una puntata all’Ultima Cena, se non ci fosse stato il traino browniano. Sai che gliene frega dell’Ultima Cena alla casalinga di Voghera, se non ci scappa il morto e non ti caghi sotto (“è un thriller mozzafiato”).

    Il paternalismo francescano di padre Cantalamessa è stata la mazzata finale: secoli di eresie e letterature religiose apocrife trattati come se fossero quattro stronzate. Stronzate messe in fila da editori senza scrupoli per irretire le masse. Ma siamo proprio sicuri che Giuda era un figlio di puttana?

    Brown sarà pure un furbo demiurgo e un abile manipolatore, e Ron Howard un mediocre divulgatore spielberghiano, ma hanno dimostrata che film e romanzi (a qualcuno) fanno ancora paura.

    Ci sono cose che non andrebbero viste, dette o immaginate. Il romanzo le crea, le rende possibili. Eppure in Italia se queste cose le fa Eco tutti a scappellarsi, se invece le fanno gli americani ognuno può sputarci sopra, pure Vespa, tanto si sa che sono ignoranti, che di questi tempi fa comodo dirlo, conviene sfanculare il nemico yankee.

    La cosa più interessante è che per secoli, e ancora nella modernità, la Chiesa e tutte le altre istituzioni totalizzanti erano in grado di resistere alle “finzioni” romanzesche, trovando in questa battaglia un prezioso alleato nel potere politico-economico.

    Nel mercato postmoderno, invece, con la industrializzazione della cultura popolare, la grande distribuzione cinematografica/editoriale organizzata su scala internazionale, insomma con la creazione del network informatico globale, la Chiesa è rimasta sola e indifesa contro i revival ibridizzanti.
    Ed è costretta a scendere direttamente in campo per difendere i bastioni della fede (e farsi, di riflesso, pubblicità progresso).

    La verità è che il mercato ha necessità di colonizzare continuamente l’incoscio collettivo, centuplicare le vendite e confondere le opinioni del pubblico, rappresentando nuovi miti astorici e supermedievali, contro-narrazioni prive di ogni razionalità scientifica, credenze istintive e torbide, pasticci di Cristo, apostoli e Madonne a sfondo sessuale.

    Quello che fa sorridere è che Daverio, Sgarbi, la Villoresi, il solito Introvigne, il pio Cantalamessa, Matrix e Porta a Porta, campano su queste ‘finzioni’. Che se Brown non avesse scritto il romanzo mica li avremmo visti in trasmissione.

    Non leggo i Codici, ma sono pronto a difendere fino all’ultimo il diritto di Brown a sparare stronzate. L’importante è il successo non lo rincoglionisca, insomma che a un certo punto non gli venga in testa di entrare in una setta.

  92. del cazeggio….

    avanti così.

    è vero, roberto è amico mio, ma anche se non lo fosse dico e ridico che questo è un grande esempio di (generoso, gratuito, anonimo, “comunitario”, anti-individualista, non autoreferenziale, non epigono-dadaista, non civettuolo, non narciso) “cazzeggio” produttivo. a proposito. nel metodo.

    è un post.

  93. Nel merito.

    credo che inopinatamente il bel cazzeggio di roberto possa inserirsi nel dibattito sui meccanismi della ‘ricezione’ ( e della crit. lett.) sollevato da haas.

    per semplificare, in modo assai brutale. credo che al ‘caso’ brown si possa accostare il vecchio ‘caso’ rushdie (nella distanza siderale del significato intrinseco delle loro operazioni, che si accorcia però se si riflette appunto sulla qualità della RICEZIONE, e sulle ‘conseguenze’ che i lori libri hanno avuto, nel mondo e qui da noi): lì, insomma, una ‘rilettura/riscrittura oscena’ di versetti coranici; qui, il punto di partenza nella ‘revisione oscena’ del cenacolo (della liturgia, della historia ecclesiae ecc.).

    per rushdie: si scoprì, tra postmodernismi e pensieri deboli, che la letteratura era ancora capace di ‘produrre effetti’, di ferire, e di ferire fino alla condanna a morte del suo autore (più vivo che mai…): questa la vulgata che 17 anni fa preludeva ad una mobilitazione che va vista, anche ma non solo, sub specie industria culturale, movimenti intellettuali, ecc.

    mobilitazioni che scoperchiavano il vaso di pandora dell’occidente per intellettuali civile e democratico, laico e progressista; dell’islam più illuminato chiamato a raccolta contro le censure inquisitoriali e cruente dei regimi khomenisti. e soprattutto, e tutt’ora, la strumentalizzazione (commerciale) di quel ‘caso’ editoriale per smuovere e ‘concentrare’ l’immaginario ricettivo distratto, interclassista, trasversale, del lettore medio. su scala globale…. (una sorta di letterario marketing globale antelitteram).

    ora, con le armi più attrezzate della ‘pangea culturale integrata’ (alla cui codificazione anche Rushdie contribuisce con gli sviluppi della sua opera da ‘turista di genio’ : la figura del turista che sostituisce quella dell’esiliato..), il ‘caso’ brown da una parte disvela (su scala globale: da cannes a roma all’australia…) i meccanismi dell’offensiva da parte dell’ideologia neocattolica (e per questo, all’estremo e dall’altra parte del globo, va messo in relazione con la questione delle vignette: danesi e, l’altro giorno, della stolta fanzine leghista di bergamo alta).

    dall’altra, per quello che interessa sul piano della ricezione (del marketing) letterario, è tutto un parlare dei limiti da imporre o meno alla fiction, alla finzione. e allora tutto quello che dice roberto, attento massmediologo e cultore di matrix (di introvigne).

    di cosa sta parlando haas? della critica letteraria oggi in italia (di come spinge, ‘orienta’ la ricezione), che di fronte ai romanzi-merce, da melissa a moccia, sospende improvvisamente il ‘giudizio di valore’, la ‘critica’, e si fa nell’immediato agenzia pubblicitaria per lanciare un prodotto che è già stato pensato e fabbricato come (s)vendibile. che senza QUESTA critica lett., però, dice bene haas, ed è un’ovvietà illuminante, forse sarebbe comprato solo da amici e parenti.

    Testi ‘trasmediali’: sceneggiature ‘commerciali’ (non ‘popolari’) in attesa di diventare film; trattati (temini in classe) adolescenziali, editati con solerzia per divenire ‘casi’ di costume (gli insegnanti e i teleintellettuali che dibattono); a caso, stelle lanciate nel firmamento precario dello star-system letterario, che punta sul bisogno del lettore dell’icona, lo scrittore o la scrittrice come imago (da de carlo ai salotti dell’ ei fu costanzo, ecc…).

    il punto, allora, è la sussunzione della critica letteraria ‘istituzionale’ nella catena industriale dell’immaginario. fenomeno dato per scontato, fatalmente, almeno secolare.

    è vero. ma che oggi si incrocia da un lato con le (nuove) ideologie che orientano e tentano di permeare quell’immaginario (perchè melissa I e II e III, e anche moccia, a suo modo, è di corpi che parlano, di ‘osceni’ sconfinamenti dal moralismo cattolico di ritorno).

    e dall’altro si appoggiano comodamente sul vuoto di un progetto critico comunitario, che proprio a partire dall’analisi e dalla demistificazione di quei meccanismi ideologici e dell’industria culturale (ma dov’è finito prodan??????), potrebbe invece, anche cazzeggiando, costituire un bastione, una macchina da guerra per l’intelligenza (critica). sempre questo il punto. saluti, fabio.

  94. … e dal letame cresce un fiore: la figliola di Ron, che nella sua umiltà sbaraglia la Kidman di Dogville!

    (in Manderlai di Lars la battuta del secolo XXI: “ognuno ha un harem in testa”)

  95. oggi sul quotidiano La repubblica un pezzo assai lungo di Marcoaldi sul romanzo di una esordiente raccomandata che non nomino neppure per non farle pubblicità. Ma è possibile che Repubblica non recensisca romanzi importanti di scrittori anche affermati e ospiti marchette ignobili come questa?

  96. @orco
    è possibile. perchè è tutta colpa di tutti raccomandati di uranio arricchito che non scrivono. altrimenti la raccomandata di oggi il quotidiano non se la filava manco di striscio.

  97. @r.r.

    “verranno al contrattacco/ con elmi ed armi nuove”

    Non parlerei di “offensiva neocattolica”, se mai di ritirata strategica (vedi Otto e Mezzo di ieri sera). Voglio dire che il Sant’Uffizio le sue ragioni ce l’ha. Non sono credente, ma se devo essere proprio sincero tutti ‘sti drogati di brown (sugar) se lo meriterebbero un po’ di catechismo spicciolo. Come si fa ad andare a messa se poi credi che Gesù si è sposato?

    Da qui il neodiscorso identitario e filologicamente corretto di Ruini&Co, che se lo sogna di avanzare, se mai deve pensare a difendere i fedeli dallo “smarrimento” browniano. In questo senso, vedrei il revival religioso globale, le battaglie culturali di cristianisti e islamisti, come una sorta di ‘resistenza’ alla penetrazione dell’ideologia tardo-capitalistica (con i suoi miti astorici e supermedievali, le narrazioni prive di razionalità scientifica, le credenze istintive quanto primitive, eccetera).

    La Fiction planetaria, versificante, codicista, oggi, è il vero avversario delle Chiese e degli Stati. Prodotto dei prodotti, il Romanzo è in grado di espugnare la Fede, le Nazioni, di ibridare le vecchie Narrazioni, e di rifondare i Grandi Racconti (il ‘sangue reale’ scorre dentro di noi).

    Se guardiamo a questa guerra culturale dal nostro punto di vista (nazionale) allora sembra che la Chiesa e l’intellettualità di destra siano passate all’attacco, ma se vediamo la stessa battaglia in dolby (sul piano globale), credo che emerga più chiaramente il tratto difensivo a cui alludevo: il grido scandalizzato di chi vuol farsi sentire, dire al mondo che esiste ancora.

    Le Chiese, insomma, non subiscono passivamente la colonizzazione del “gregge”, e riprovano, a modo loro, a ricolonizzarlo, in senso tradizionalista (il Papa Subito Santo che sceglie come portavoce Ron), o fondamentalista (la fatwa contro Ayaan Hirsi Ali).

    Ma noi? Dov’è l’intelligenza critica della sinistra? Come si situa all’interno di questa guerra culturale? Da che parte stiamo: con padre Cantalamessa o con il direttore editoriale di Mondadori? Che fare? Bruciare Brown? metterlo in vetrina? capirlo? Mi sembra che ci limitiamo a snobbarlo, come immagino farebbe Haas.

    Temo che la sinistra si goda le sue posizioni di rendita, i posti al sole conquistati in passato (a livello accademico, giornalistico, editoriale), senza nemmeno provare a elaborare un discorso critico adeguato alla mutazione (inavvertita) del mercato.

    Un mercato che non pensa più ad egemonizzare, se mai a customizzare o individualizzare il pubblico (i “casi d’uso” sono la Fine della Ricezione, il suo definitivo inveramento). Un mercato che turba e che fa SOGNARE.

    Nel merito: arretrare, rinforzarsi, passare al contrattacco.

  98. Due cose potrei provare a dirle, a patto che si cazzeggi.

    La prima è che nel quadro molto ben disegnato da Roberto la narrazione dottrinale della chiesa punta a darsi come fiction, anzi, probabilmente è già percepita come tale.
    Non più rivelazione, ma fiction.
    È logico allora che tenda a vedere il libro de Brown (che è una cacata patsesca) come un pericolo, in quanto contro-narrazione, plausibile al pari di quella ufficiale.
    Quando la fonte sono i media e non più la Parola nel Tempio, il Libro, eccetera, la percezione si fa orizzontale, a-gerarchica, omogenea e la performance di Gesù che cammina sulle acque funge al pari e sullo stesso piano di Hulk e compagni.
    Se il Vangelo diventa fiction si può riscrivere come si vuole.
    Ma forse questo che dico nemmeno è vero.
    La chiesa poi compete con la scienza, e lì la lotta ha altra consistenza e importanza, perché ambedue toccano topoi fondamentali come nascita, morte, malattia, vita eterna, altro che la Maddalena al posto di Giovanni.
    Se la scienza comincia davvero a promettere implicitamente la vita eterna QUI, non subito ma tra qualche decennio, magari tra cento anni, per quelli che promettono la vita eterna LÌ, in cielo, le cose si fanno difficili, l’audience cala.

    La seconda è che – a parte il Biscardi qui sopra, che tutto sommato ha ragione – non è che ogni merdata tocca recensirla per forza: sarebbe come se un critico d’arte si sentisse in dovere di recensire ogni robaccia de Telemarket (ma alcuni lo fanno), come se i critici dell’architettura (esistono ancora?) accorressero a recensire ogni nuova palazzina in città, ogni quartierino di villini di successo, ogni casermone, dicendo magari: che schifo, che schifo. Come se il critico musicale si buttasse a stroncare l’ultimo pezzo der Piotta, che pure vende, eccome.

  99. parole sante (sic!) di tash, l’anti-haas (e poi cos’è ‘sta roba che all’estero la robaccia non ha successo? Piperno in Germania è il libro del mese, e poi avranno robaccia autoctona al par nostro: o i milioni di lettori del Sun leggono i nipotini di Beckett?)
    se vale l’orizzontalità, a ciascuno il suo film: 1- Passion (che è andato fortissimo in Palestina) 2- Codice 3- Mary di Ferrara (anche se io aspetto il terzo americano di von Trier, sperando che tratti di religione)

  100. @r.r.
    @tashtego

    “la ricezione”

    Cazzeggio serio. Ieri sera, una lezione di Deleuze.
    Qual è il meccanismo della ricezione?
    INFORMAZIONE ASSOLUTA >> RIDONDANZA >> RUMORE (“le brui”).

    Il professor Deleuze cita una lettera di Lewis Carroll: da una parte del GIARDINO c’è il maestro, che chiede allo studente quanto fa due più due. L’informazione assoluta è un ORDINE (il maestro che fa la domanda conosce già la risposta).

    La ridondanza è lo spazio in cui l’informazione si deforma, l’ordine cambia aspetto e significato. Lewis parla di maggiordomi, io li chiamerei “bidelli”, che stravolgono e ripetono l’informazione da una parte all’altra del giardino.

    Quando l’ordine/informazione arriva allo studente, dalla parte opposta del giardino, ormai è ridotto a puro rumore, interferenza, errore. Lo studente obbedisce, risponde. La sua risposta fa il percorso opposto, all’inverso (RUMORE>> RIDONDANZA >> INFORMAZIONE ASSOLUTA), con altre modificazioni e nuove alterazioni. Questo, sinteticamente, il meccanismo della ricezione.

    Se adesso applichiamo questo schema alle cose scritte da Haas, si può dire che il Libro, il Romanzo, l’informazione assoluta, è un ordine che raggiunge il pubblico attraverso la propria ridondanza.

    I “bidelli” sono gli editori, i librai, i creativi del marketing, i giornalisti, i critici, noi tutti, che bivacchiamo in giardino (la grande distribuzione organizzata su scala planetaria).

    Il pubblico ubbidisce, sceglie il libro, compra il romanzo, lo legge. E il meccanismo riparte.

    Quella di Haas è una critica alla ridondanza della letteratura (italiana).
    Per r.r., il rumore bianco è “l’immaginario ricettivo distratto, interclassista, trasversale, del lettore medio”.

    Gli ordini sono che Gesù si è sposato (Brown), che dobbiamo raccontare la nostra adolescenza (il generazionismo di Mocci) e magari scrivere fiction possibilmente ‘nera’. Altro?

  101. @roberto

    riemergo ora, per altre ragioni, dalla frequentazione con un testo prezioso ed emblematico, per lo scenario che traccia fra ideologie (egemonie) e (mediazioni) della letteratura: Donatello Santarone, La mediazione letteraria (ne avevamo parlato: l’ottimo raffaeli sul manifesto, ecc.).

    Dante e l’Islam (con Said…), Tasso (co)stretto tra ideologia della Riforma e influssi, ancora, della cultura islamica….; la ‘letteratura coloniale’ (la marxiana ‘robinsonade’), italiana e angloamericana. e poi, un prezioso affondo nelle misconosciute esperienze letterarie che aggirano e rinnovano i paradigmi della negritudine e del multiculturalismo.

    Ken Saro-Wiwa, nigeriano, finito impiccato: “Sozaboy”, 1985 ma qui in italia solo 2005 (baldini e castoldi). ecco: (l’azione sul linguaggio) e una pratica (alternativa) del lavoro critico-culturale: in un giardino (alternativo), l’utilizzo eclettico ma mirato e organico di strumenti plurali (il ‘teatro-informazione’….): incontri pubblici (seminari, ‘rassegne-stampa’…), radio, poesia, romanzo, attività critico-saggistica sui giornali.

    a sabotare, smascherare, utilizzare e ricomporre gli stessi strumenti culturali e linguistici dell’ideologia egemone (lì, la storia del colonialismo), secondo l’urgenza della ‘realtà’, a interrompere e far saltare all’aria il circuito tra finzione (ideologia) e realtà. Insomma, nel giardino di Saro-Wiwa si spezzava la catena deleuziano-lewisiana rumore-ridondanza-informazione assoluta.

    Tutto, nel sistema integrato dell’industria dell’immaginario corrente, ‘persino’ la storia evangelica, è ormai recepita come fiction, come dice bene tashtego, e con essa la guerra, ecc. (la realtà tout court?), e quindi la “percezione [la ricezione] si fa orizzontale, a-gerarchica, omogenea”.

    Le ideologie egemoni (le ‘narrazioni ufficiali’) sono attaccate dalle contronarrazioni che ne svelano i subdoli meccanismi di autoriproduzione e, appunto, di finzione manipolabile. Si dispongono alla difesa (alla reazione, all’attacco di chi si difende sentendosi attaccato), e per questo ricorrono, come sta facendo oggi l’opus dei, agli stessi strumenti dell’ideologia egemone (dell’industria dello spettacolo) su scala globale (canta-la-messa e porta a porta, matrix, la stampa, la tv…).

    Direi allora che il Codice, paradossalmente, potrebbe essere adottato come esempio di un lavoro critico e di una ‘scrittura’ alternativa.
    A patto, però, che il lavoro di smascheramento e di demistificazione e di sabotaggio dei linguaggi e delle narrazioni egemoni non producano (soltanto) altrettante finzioni manipolabili all’infinito e serialmente funzionali a QUESTA industria culturale, seppure di nicchia…

    Ma questa è un’aporia (un’utopia) che investe, ancora una volta, la questione degli strumenti e delle modalità ‘altre’ per un lavoro critico (per una ricezione) e per una scrittura alternativa.

    Apriamo i giardini.

    saluti, fabio

  102. la posizione/situazione, ecco ciò che decide tutto. ad es. qui Scarpa ha scritto che chi dice che è tutto un magna-magna fa parte del magna-magna; poi, giorni dopo, sul Il primo amore ha scritto che è tutto un magna-magna. Deleuze uguale. La posizione/situazione corretta è Io=io.

  103. @tashtego

    “non più rivelazione, ma fiction”

    Cristiani rinati ed evangelici americani, come dice Tash, fanno grande Fiction. Il revival pulp del Golgota ha come protagonista un Cristo supereroico con superproblemi***.

    Penso ai neopentecostali di “Rinnovamento dello Spirito” che cantano le lodi del signore nemmeno fossero tanti piccoli Springsteen. Leggo che in Italia stanno guadagnando nuovi adepti. Mi viene in mente la madre di un amico che quando prega alza le mani al cielo e si mette a ballare. Crede di essere la velina bianca?

    Negli Stati Uniti, la destra che si converte e prega non teme i narratori browniani. Nel mercato religioso americano ci sono colossi dell’entertainment spirituale in grado di competere con chiunque, su scala globale. Brand come “Left Behind”, il long-seller di Tim F. LaHaye sull’Armageddon, vendono ogni anno milioni di copie.

    Avete visto al cinema “Prima dell’Apocalisse”, il film di Bill Corcoran? L’Anticristo è il presidente delle Nazioni Unite, in ossequio ai neoconservatori che vorrebbero mandare a casa Annan e rifondare l’Onu. Una trilogia di film che trovate facilmente al Blockbuster sotto casa.

    Il dispensazionalismo è una dottrina alla moda. Annuncia il ritorno del Messia in Israele, per la seconda volta: il giorno in cui finalmente anche gli ebrei si convertiranno al cristianesimo. Se trovassero un regista, “Il ritorno di Cristo” sarebbe un kolossal meglio del Codice da Vinci.

    *** Forse avrete sentito una delle 1600 emittenti di NRB (National Religious Broadcasters), il potente network radiofonico degli evangelici, ma probabilmente ignorate l’esistenza degli Snake Handlers, una setta di derivazione pentecostale. Nelle loro assemblee, i fedeli brandiscono grossi serpenti velenosi. Ottanta morti dalla nascita del movimento e le adesioni crescono. Quando ti senti come Hulk…

  104. @ Garufi

    Ha qualche interesse per il pensiero di Haas? Perché, se io non ho preso un abbaglio, allora forse è il caso di intervenire. Quisquilie? ;-)

  105. @maria
    @r.r.
    @tashtego
    @arte_misia

    “io = io”

    Cara Mary, tutto il mio (dei miei tanti io) lavoro critico è tuo (suo, nostro). Io siamo il magma-magma, la repubblica del mi-dai-che-ti-do. Dopo l’esplosione del soggetto, il ri-posizionamento è uno stato di agitazione continua, un tumulto emotivo da sedare col Ritalin.

    Voglio usare parole erotiche, eccitanti. Nel nucleo drogato della Nazione, le identità finalmente vacillano, barcollando sotto la potenza “differante” del NICKNAME. “Le radici dell’albero vanno protette, nascoste, coltivate”. Sotto terra, l’Altro Giardino cresce.

    Ormai il soggetto è renitente, vuole sognare e godere subito. Pensa già a quando sarà tanto altro, a quando sarà tutto e di tutti. Come dice Tash: la vita eterna è QUI, non subito, ma tra qualche decennio, magari tra cento anni. Immaginare l’intensità, l’estasi (sua, tua, mia).

    Va bene se scippiamo il brownismo a Mondadori, se usiamo il Codice come grimaldello, come opera transitoria, relativizzante, come un travestimento identitario e una contro-colonizzazione spicciola. Ma non credete che questo “smascheramento” sia esso stesso la posizione dominante del mercato, il suo Bastione (bestiario) nell’immaginario? Confondere e moltiplicarsi ovunque, per (s)vendere.

    Proviamo a partire da qui, dai discorsi sull’identità, “tra palco e realtà”. Facciamo un’inchiesta fra i poeti che conosciamo: sono loro i più vicini all’essere-altro, i più lontani dal magma-magma generazionista, democraticista, integrista, antagonista (eccetera).

    Che cosa hanno da dire, i poeti, sulla Mitologia odierna? sulle sue Fiction legittimanti, sul suo radicalismo neoidentitario (ma anche sui postumi e sui disobbedienti)? Che cosa succederebbe se i poeti aprissero i Rotoli del Mar Morto? Potremmo accorgerci che Cristo è risolto.

    Ma purtroppo mi manca l’utopia corsara di r.r., l’idea (forte) che si possa interrompere il circuito tra finzione e realtà. Ho l’impressione che il Palco (l’ideologia) sia già la realtà (quando dicevo l’epica di Simona Ventura…), e cioè che il mercato aspetta al varco qualsiasi scrittura alternativa per renderla tale, unica e irrinunciabile (“etnica” secondo arte_misia), e quindi vendibile

    Il mercato deve assorbire le nostre emozioni per dilatarsi, cambiare la nostra sensibilità per restare insensibile, piatto, omogeneo, vuoto. Ecco il paradosso. Biko, Ken Saro-Wiva, Mumia Abu-Jamal, Howard Zinn, Said e Chomsky, sono passati tutti sotto le forche caudine del depotenzianmento romanzesco. La loro demistificazione è stata mistificata in partenza (i personaggi di Boyle: ambientalisti taroccati dall’industrialismo umanitario).

    E sa la soluzione fosse davvero il bricolage? “Cose così. Minori. Particolari. Bizzarrie varie della normalità. Facoltative. Gusto di particolari infinitesimi. Sale delle vite. Associazioni di idee imprevedibili scatenate da un argomento apparentemente banale”. Arte_misia, hai presente la famiglia Bastuzzi, la repubblica degli idioti congeniti di Cavazzoni?

  106. sono assai divertita dei tanti commenti riguardante questo articolo da me trovato nella nzz.
    caso vuolo però che ne ho trovato un altro – e sempre dello stesso autore. franz haas questa volta non esita di chiamare la poetessa patrizia valduga ” la più grande poetesse vivente italiana”. abbiamo sentito bene? non sono le stesse esagerazioni da lui tanto criticate nell’altro suo articolo? ci viene il dubbio: non sarebbe un critico migliore nemmeno lui, poor haas?
    vera blau, delle opere della vedova raboni ricorda in particolare uno: quando ancora aveva una sua rubrica nella Repubblica, una volte rispose ad una signora milanese che tanto dispiaciuta si mostrava per il crescente degrado dei negozi di abbigliamento in centro di milano, dicenco che lei invece era molto contenta di avere a disposizione un negozio com HM ( forse più noto alle signore che ai signori commentatori di nazione indiana..) perché la si poteva provare un intero pomeriggio tutti vestiti che si voleva, lasciandogli in un bel, poetico disordine – tanto ci sarebbero stati dei bei, giovani commessi a mettere a posto dopo.
    Chi sa se anche Mr. Giacomo Leopardi si sarebbe divertito tanto davanti agli scafali dell’ Esselunga, magari nel periodo del tre per due!
    Vera Blau comunque auguro una buona giornata a tutti quanti, poeti e critici migliori e peggiori!

    P.S. : l’articolo di haas su valduga e raboni è del 2.3.06. una breve menzione si trova sull’ inserto economico della Repubblica del 22.6.06, dove giuseppe turani scrive: ” E’ al settimo cielo Patrizia Valduga, vedova Raboni, dopo aver letto la prestigiosa NZZ. La nuova Gazzetta di Zurigo – uno dei più importanti quotidiani europei – che così scrive: PV ” der groessten lebenden Dichterin Italiens” Traduzione: La più grande poetessa italiana vivente. E anche molto bella, aggiungiamo noi! ”

    Well…

  107. merci, artemisia!

    la morte di monsieur leopardi mi sembra una degna conclusione di questo dibattito…

  108. @arte_misia
    @vera blau

    Ecco, piccole cose. Come questo nanetto di Vera.
    Sul ‘passaparola’ siamo d’accordo: il mercato editoriale ormai è in grado di controllare anche i samizdat mocciani. Trasforma la pizzica nella “Notte della Taranta”.

    Negli Stati Uniti è ancora meglio: gli editor sono autonomi dalle case editrici, vanno a caccia di esordienti che magari hanno pubblicato un libro di successo, ma di nicchia, e lo trasformano in un best seller di qualità.

    Se questo è un male oppure un bene, visto che invece in Italia gli editor sono succubi degli editori, lo scopriremo presto.

    Tante belle cose
    Bob

  109. Sono l’autore dell’articolo che ha fatto discutere tanto – e non so dove cominciare a rispondere. Ma per facilitare in futuro la caccia al tesoro posso indicarvi il link dell’archivio dell’università di Innsbruck (sono austriaco) dove si trovano (quasi) tutti i miei pezzi giornalistici degli ultimi 5 anni (più di 100):
    http://iza.uibk.ac.at/lis-cgi/laus/laus_list.cgi?pgm_status=search&list=author&aut_id=IZA000001436&laus_lang=de&uid=LQ51FX07HK04IW80PD08TH12HC25 (Innsbrucker Zeitungsarchiv)
    C’è un mio articolo che riguarda l’Italia sulla “Neue Zürcher Zeitung” anche oggi:
    http://www.nzz.ch/2006/05/24/fe/articleE5DVS.print.html
    Per quanto riguarda il dibattito e i gusti letterari: Anna Maria Ortese mi piace di più di Melissa P. E preferisco Guido Morselli a “Paolo Doni”. Non ritengo un capolavoro “Con le peggiori intenzioni” ma non ho voglia di discutere con chi non vede che c’è un abisso tra Piperno e Moccia. E infine: mi dispiace se qualche signora milanese ha il dente avvelenato con Patrizia Valduga. Posso solo consigliarle di leggere, per esempio, “Corsia degli incurabili”, nel volume “Prima antologia” del 1998. Non ho mai seguito la rubrica della signora Valduga.
    Ringrazio chi ha postato e soprattutto chi ha tradotto (benissimo) il mio articolo “Lolite e copolavori”.
    Cordiali saluti,
    Franz Haas

  110. [URL]http://www.campioni.forze.info [/URL] [URL]http://www.casa.forze.info[/URL] [URL]http://www.calcio.mezzogiorno.info [/URL] [URL]http://www.amici.mezzogiorno.info [/URL] [URL]http://www.formula-1.forze.info [/URL] [URL]http://www.erotismo.prosesso.org [/URL] [URL]http://www.amalfi.mezzogiorno.info [/URL] [URL]http://www.bianchi.mezzogiorno.info [/URL] [URL]http://www.ferrari.forze.info [/URL] [URL]http://www.anne-geddes.prosesso.org [/URL] [URL]http://www.tinto-brass.prosesso.org [/URL] [URL]http://www.culo.prosesso.org [/URL]

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sergio garufi
sergio garufihttp://
Sono nato nel 1963 a Milano e vivo a Monza. Mi interesso principalmente di arte e letteratura. Pezzi miei sono usciti sulla rivista accademica Rassegna Iberistica, il quindicinale Stilos, il quotidiano Liberazione, il settimanale Il Domenicale e il mensile ilmaleppeggio.
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