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Il manager religioso

La top ten fondamentalista di Massimo Introvigne
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quinta puntata de “Il giornalismo italiano e l’Islam”
un’inchiesta di Roberto Santoro
[leggi la prima, la seconda, la terza e la quarta puntata]

L’Est è una carriera.
Benjamin Disraeli

Avvocato e sociologo delle religioni, Massimo Introvigne nel 1988 ha fondato il CESNUR (Centro Studi Nuove Religioni). Insieme allo studioso americano Rodney Stark, Introvigne ha sviluppato una singolare “teoria dell’economia religiosa”, secondo la quale non sarebbe l’economia a determinare la vita dell’uomo, ma la fede e le origini etnico-religiose di un popolo.[1] Questo significa che le macchine critiche elaborate dai pensatori contemporanei, per definire la natura del potere economico, saltano quando entra in scena “il manager di Dio”. La realtà viene schematizzata in base al suo quoziente religioso e il centro ideale del mondo diventa il conservatorismo. Un modello di equilibrio universale tra i popoli, verso il quale tenderebbero tutte le fedi.
Fondamentalismo e progressismo religioso, i due estremi dello schema utilizzato dall’autore, lentamente si svuotano, finché gli opposti approdano a una sintesi conservatrice tra religione e mercato.
È il caso della Turchia di Erdogan: tutte le altre nazioni islamiche, secondo Introvigne, dovrebbero tendere verso quello stadio misto di conservazione, caratterizzato da un rapporto di distinzione e collaborazione tra chiesa e stato, che determina un livello “medio” di tensione e costi sociali.

Nella nicchia centrale conservatrice si muovono le organizzazioni religiose per cui tra fede e cultura non c’è separazione: vi è tuttavia distinzione, e si ritiene che la cultura, come la politica e tutte le altre realtà terrene e secolari, abbia una sua sfera di autonomia, pur potendo e dovendo essere giudicata alla luce della fede e della morale. È, quest’ultima, una posizione di “laicità” che non coincide con il laicismo e che, in quanto indica la strada di una collaborazione tra fede e cultura, non è la laicité à la francaise…[2]

Nel saggio “Fondamentalismi”, l’autore elenca in una speciale classifica i diversi tipi di estremismo religioso presenti nel mondo, le stragi che hanno costellato la storia mistico-patologica contemporanea:

  • la mattanza di Jonestown, in Guyana, quando il paragnosta Jim Jones avvelenò in un suicidio di massa centinaia di fedeli (18 novembre 1978);
  • l’assedio di Waco, con l’FBI in tenuta anti-sommossa per sbaragliare i Davidiani di David Koresh (28 febbraio 1993);
  • gli untori della setta giapponese Aum Shinri-kio, che irrorarono di gas nervino la metropolitana di Tokio (20 marzo 1995).

Nonostante queste violente spinte regressive, secondo Introvigne la stabilità mondiale dei sistemi religiosi tiene, resiste.
Le sette hanno scarso seguito nella massa dei credenti, perché ogni spinta radicale, prima o poi, rientra nella dinamica conservatrice inseguita dall’autore. Questa classificazione sembra avere un senso fino a quando ad essere esaminate sono le religioni a basso tasso di fanatismo, per esempio il cristianesimo. Nella top ten del fondamentalismo non entrerebbero mai Comunione e Liberazione, l’Opus Dei, i neopentecostali di Rinnovamento dello spirito, e nemmeno gli Amish, i Mormoni o i Testimoni di Geova.
Per Introvigne si tratta di denominazioni religiose fondamentaliste nei principi (infallibilità della Bibbia, separazione dei credenti dalla società, rifiuto della contraccezione, eccetera), ma che nei fatti non si dimostrano radicali, perché non contrastano apertamente il sistema capitalistico e non minacciano la stabilità politico-sociale degli stati dove vengono praticate. Dalla classifica del Male resta fuori anche Alleanza Cattolica, la denominazione cristiana a cui appartiene il nostro autore. Ne riparleremo presto. Il discorso cambia totalmente quando l’autore passa ad analizzare l’islam. A questo punto le tabelline interdisciplinari scricchiolano, le macchinette interpretative saltano, il sociologhese linguisticamente corretto dello scienziato deraglia. Se si potesse misurare l’islam con il metro del fondamentalismo risulterebbe, paradossalmente, che l’unità di misura è troppo corta:

Possiamo subito mettere in dubbio che il modello del Fundamentalism Project sia adeguato a descrivere una tendenza all’interno dell’islam. Come nota Mayer, per alcune delle caratteristiche e da un certo punto di vista, lo schema del Project non descrive tanto una corrente all’interno dell’islam quanto l’islam stesso: “I musulmani, in questo senso, sarebbero dunque tutti ‘fondamentalisti’”.[3]

Proteggendosi dietro la citazione, l’autore colloca questo enunciato all’inizio del capitolo dedicato al “mercato religioso islamico”.
Dopo tante sottigliezze, è un pugno nello stomaco, uno sgambetto teoretico ingiustificabile nei confronti della storia musulmana. Se pure stravagante, la citazione del Project suona verosimile (si-può-dire!): l’islam è una religione fondamentalista perché manifesta un’identità assoluta tra religione e politica, tra credo e cultura, producendo dei costi e dei conflitti sociali altissimi. Introvigne sente di aver esagerato, prova a fare marcia indietro, prende le distanze dalla citazione iniziale, non è vero, non è possibile che gli islamici sono tutti uguali, ci sono anche i riformisti che non vogliono esportare il Corano con le armi. Così il testo oscilla tra un’affermazione smisurata e la cura meticolosa dei dettagli, delle suddivisioni, delle ripartizioni e tipizzazioni che servono per addolcire la scioccante affermazione iniziale.
La certezza è che l’islam sia un’entità sintetica, indissolubile, e che possa essere studiato facendo a meno dell’economia e della politica musulmana. Una parte, quella religiosa, basta a spiegare tutto l’islam. È la parte scelta dall’autore, ovviamente, che viene presentata al lettore come qualcosa di naturale, basato su certezze sia proprie che acquisite.
Uno stile che evita ogni notazione soggettiva, qualsiasi sbavatura retorica, in nome della obiettività della ricerca scientifica. Ma al di là di tutte le precisazioni, quella frase continua a dispiegarsi nella sua evidenza oggettiva, rafforzata dal punto esclamativo.
Come succede nei reportage di Cristina Giudici, l’anomalia rappresenta la struttura generale di un’intera classe: l’islam appare davvero una religione diversa dalle altre, senza letteratura, senza scienza, senza vita, in mano a Deobandi, Hezbollah e Fratelli Musulmani. L’apparato concettuale dell’empirismo, in questo modo, viene piegato alle esigenze del sorprendente mercato religioso elaborato da Introvigne. Per cui se ai cristiani tocca vedersela periodicamente con sbandati alla Jim Jones, gli islamici hanno un nemico ben peggiore da affrontare, loro stessi (sono tutti fondamentalisti!).[4]

Sulle tracce di Alleanza Cattolica
Chi è Massimo Introvigne? In che modo i suoi libri, i suoi editoriali, gli studi del CESNUR, sono legati al progetto di riforma dell’islam perseguita dall’idealismo atlantico?
Torniamo ad Alleanza Cattolica. Navigando su internet in cerca di informazioni sul gruppo religioso si rischia di cadere in una spirale cospirativa senza fondo. Nata negli ambienti dell’integralismo cattolico italiano ostile al Concilio Vaticano II, incline al neofascismo e al neopaganesimo della destra francese, Alleanza Cattolica appare collegata alla figura di Plinio Correa de Oliveira (1908-1995).[5]
Apostolo della controrivoluzione mariana in sudamerica, Plinio è stato il profeta della T.F.P., la “società brasiliana in difesa della Tradizione, della Famiglia, e della Proprietà”, un movimento di estrema destra cattolico fondato nel 1960. Plinio combatteva in nome della cristianità contro il Cile di Allende e il Brasile della riforma agraria. Nel saggio El poder de las sectas, scritto nel 1989 da Pepe Rodriguez, si parla di monaci guerrieri chiamati “sentinelle dell’Occidente” che venivano istruiti da Plinio per difendere il mondo dal comunismo. Questi chierici alla Dungeons & Dragons indossavano una veste talare con una pesante catena, portata a mo’ di cintura, che usavano come arma, facevano voto di silenzio e praticavano l’autoflagellazione.
Nel 1995, Plinio muore. L’ala francese del movimento aveva già accusato il grande capo di eresia, ma nel ’96 il Cardinale Bernardino Echevarria Ruiz può ancora scrivere su “Cristianità” che “la T.F.P. sostiene la necessità che vengano recuperati i valori sociali della classe privilegiata, delle famiglie di stirpe elevata, delle famiglie di buon ceppo, per i loro titoli e le loro tradizioni”.
Per quanto riguarda Alleanza Cattolica, in Italia si fanno avanti nuovi imperativi ideologici. All’anticomunismo viscerale di Oliveira si unisce lo spirito atlantico che soffia da Washington alla fine degli anni novanta: esportazione della democrazia in politica estera e uno stato conservatore in politica interna. Arriva Introvigne, il manager religioso. Uno studioso che ha sempre seguito la giusta Via tra religione e capitalismo.
Lo stato maggiore di Alleanza Cattolica all’inizio del XXI secolo rispecchia questa visione politica. Da Alfredo Mantovano, sottosegretario agli interni nel governo Berlusconi, a giornalisti del Trust come Marco Respinti, che cura la pagina di Cultura del “Tempo”. Introvigne è a suo agio nei corridoi del Palazzo. Ha avuto un posto nel direttivo del CCD (Centro Cristiano Democratico) ed è stato tra i promotori del progetto “Nova Res Publica” di Forza Italia, per promuovere una destra liberale fondata sui valori della cultura giudeo-cristiana e sulla difesa dei diritti civili nel mondo.
Ma non dobbiamo pensare che Introvigne sia un lobbista, come viene dipinto abitualmente dai siti della sinistra antagonista. Più semplicemente, è un esperto al lavoro.
Il 30 luglio del 1998 è un grande giorno per lo studioso italiano. Introvigne vola a Washington per deporre di fronte alla commissione rapporti internazionali del Congresso degli Stati Uniti. La Commissione Europea ha scelto lui per parlare agli americani di tolleranza e intolleranza religiosa.
Introvigne avrà fatto trasalire più di un collega americano, quando ha difeso la chiesa del reverendo Sun Myung Moon. Per avere una vaga idea di cos’è stata la “Setta dell’Unificazione” di Moon si può leggere l’incipit di Mao II, uno dei più tormentati romanzi di Don DeLillo.
Lo scrittore americano descrive un tipico matrimonio collettivo benedetto da Moon, nello stadio di una grande città americana. Le protagoniste sono giovani ragazze bianche che, per obbedienza al reverendo, sposeranno un uomo che non hanno mai visto in vita loro. Sulle gradinate dello stadio, da lontano, i genitori delle ragazze osservano impotenti le loro figlie finire in mano a uno sconosciuto coreano. Nonostante la difesa di Moon, le teorie di Introvigne convincono gli americani. L’autore collabora con il Critical Incidents Response Group dell’FBI, organizza corsi di formazione per nuovi esperti in sicurezza medio-orientale.
Oggi il CESNUR ha una legittimazione internazionale, a livello politico, giornalistico e accademico. La giusta dose d’imparzialità, espressione un metodo di ricerca apolitico e aconfessionale. Gli editoriali di Introvigne sul Giornale sono frutto di questa esperienza e autorevolezza professionale. Gli enunciati dell’esperto, le sue teorie sociologiche, trovano nuova legittimazione nella veste della scrittura giornalistica.
Nel febbraio del 2005, il governatore dell’Ontario vieta gli arbitrati religiosi, non sarà lui a legittimare la sharia in Canada. Introvigne ha un’importante obiezione da fare al governatore McGuinty, un’osservazione che ci permette di comprendere la differenza tra laicità e laicismo nella logica politico-culturale del Trust. Il laicismo è stata la pecca del governatore canadese che, nella sua foga antireligiosa, ha esteso il divieto di arbitrato anche a cristiani ed ebrei. Per Introvigne non è giusto, le due comunità godevano di quei privilegi da più di cento anni, e ora li perdono perché il mondo musulmano è incompatibile con la democrazia. Insomma, il Canada ha sbagliato a mettere sullo stesso piano religioni diverse.

Si evita di dire la verità, cioè che quanto alla famiglia e ai diritti della donna la Chiesa cattolica e le istituzioni ebraiche sono in sintonia con i valori condivisi dalla grande maggioranza dei canadesi, mentre i tribunali islamici dell’Ontario si basano su un’idea di famiglia completamente diversa.[6]

Il timore è che questa differenza abbia modo di espandersi, che una legislazione del genere possa essere applicata anche in Italia, insomma che scuole come quella di Via Quaranta vengano parificate agli istituti cattolici. A questa laicité incompetente, la stessa che ha costretto le ragazze islamiche parigine a togliersi il velo, si contrappone una laicité intelligente, la “sana laicità” raccomandata da Papa Ratzinger. Una dialettica tra stato e fede che frena le spinte fondamentaliste e progressiste.
Un buon esempio di laicità intelligente, secondo Introvigne, è stata la Consulta islamica voluta dal ministro degli interni Pisanu.
Il motivo è semplice: la Consulta, come dice la parola stessa, è uno strumento “rigorosamente consultivo”. Lo stato italiano si limita ad ascoltare i pareri di sedici “saggi” rappresentativi della comunità islamica, ma non delega nemmeno una decisione alle associazioni rappresentate.
La Consulta è la “via italiana” all’integrazione, un tentativo che viene dopo quelli (falliti) del laicismo selvaggio francese, del governo “indiretto” delle comunità islamiche inglesi, e degli immigrati “lavoratori ospiti” come vengono chiamati in Germania. Ma in che senso la Consulta potrà fare meglio, se non ha alcun potere effettivo? La soluzione per Introvigne è proprio questa: le esigenze dei musulmani verranno mediate dai politici italiani.

Nuovi mostri e vecchi amici
Se facciamo una comparazione tra gli editoriali di Introvigne, pubblicati da settembre a dicembre 2005, ai due estremi del mercato religioso islamico troviamo sempre Al Quaida e la Turchia.
L’islam è diviso tra una grande maggioranza timorosa e moderata e una minoranza fondamentalista che occupa tutta la scena. Questo schema può essere replicato indifferentemente su scala nazionale e internazionale, continentale e planetaria.
Al Quaida è il Male che vuole “piantare un paletto nel cuore di Roma”. Scopriamo che il vampirismo è un mito molto diffuso nel mondo musulmano, ma non è chiaro chi sono i nuovi vampiri.
Non è rassicurante scoprire che Introvigne è la star assoluta del sito vampiri.net, il primo portale italiano dedicato al vampirismo e al fantasy. Gran parte dei suoi libri potete acquistarli qui.
Ad ogni modo, tralasciando chi succhia il sangue e a chi, le stragi indiscriminate di civili musulmani provocate dai terroristi, secondo l’autore, finiranno per alienare le simpatie del mondo arabo verso “la causa” binladesca. Lo riconosce anche Al Zawahiri, il medico egiziano ai vertici dell’organizzazione: prima o poi perderemo il consenso.
Ma nelle carceri italiane non è così, le cose vanno diversamente, se è vero, come rileva Introvigne, che la Spectre islamica fa adepti tra i NoGlobal. Stavolta Introvigne qualche ragione ce l’ha, non è il solo a criticare gli ultrasinistri che gridano “Dieci, cento, mille Nassyria”, ma purtroppo anche lui cade vittima della stessa sindrome maniaco-cospirativa che angoscia i suoi detrattori. Come dire, da una parte ci sono i NoGlobal che denunciano il CESNUR di essere la costola italiana del complotto neocon, dall’altra il CESNUR che accusa i militanti italiani del “Campo Anti-imperialista” di essere una filiazione della junta islamo-fascista che minaccia il mondo libero. Come insegna DeLillo, quando cadi nei meandri della cospirazione sei fritto. La realtà diventa un artificio, tutto sembra collegarsi magicamente ed è così che si cominciano a vedere nemici ovunque: il ministro della Giustizia Roberto Castelli è convinto che in Italia sventolerà la mezzaluna.[7]
Se Al Quaida ha i giorni contati, la Turchia rappresenta il migliore esempio di stato islamico conservatore.
Dopo un secolo di rodaggio è diventata un paese in grado di coniugare efficacemente religione e mercato. L’uomo che ha smentito la profezia weberiana sulla incompatibilità tra islam e capitalismo è stato proprio un turco, il presidente Turgut Ozal.
Ozal è “la prova vivente che si può essere insieme un economista di casa negli ambienti dei ‘poteri forti’ di New York e il pio discepolo di uno shaykh della vecchia Istanbul, senza avvertire alcuna contraddizione, anzi rivendicando la matrice coranica di una tecnocrazia dal volto umano”.[8]
Introvigne dedica lunghi editoriali all’ingresso della Turchia in Europa.
Il governo Erdogan rappresenta la corrente moderata dei riformatori seguaci di Ozal. Quando i turchi avranno accettato definitivamente “i diritti umani”, l’eredità cristiana che sta “a fondamento dell’Europa”, i valori dell’occidente democratico, tutti valori che hanno “portata universale”, allora potranno essere accolti tra noi.
Introvigne si rende conto che la “tecnocrazia dal volto umano” deve fare i conti con la sua storia: una mostruosità come il genocidio armeno e la necessità strategica di occupare militarmente Cipro non si dimenticano facilmente. Ci sarebbe molto da dire sulle galere turche o sulla libertà di informazione concessa da Erdogan (lo scrittore Orham Pamuk è finito sotto processo per aver parlato di armeni). Ma ufficialmente sembra che la Turchia funzioni, che il primo modello di stato “riformato” dell’islam abbia dato buoni frutti.
I turchi hanno accettato la riforma dello stato, dell’esercito, della scuola, mettendo un freno alla sharia, la legge islamica. Hanno regolato la vita religiosa in funzione dell’individuo, detto basta alla schiavitù, alla società patriarcale, alla poligamia. Il modello di governo dell’Occidente, come dice il professor Bernard Lewis, è stato il “talismano segreto” in grado di assicurare “forza” e “prosperità” alla nuova repubblica turca.
Questa promessa di cambiamento appare però irrealizzabile nella intera Umma, la comunità globale dell’islam. Nei saggi di Introvigne manca il lieto fine, il nemico risorge sempre implacabile come in quei thriller dove i cattivi non muoiono mai. La democrazia islamica è stata tradita dalla rivoluzione khomeinista del 1979 e dalla conseguente rinascita del fondamentalismo religioso musulmano. Il nemico non è più alle porte, è già sbarcato pacificamente, sottoforma di clandestino, immigrato, perseguitato, nella “Terza invasione” dell’Europa. La conclusione al professor Said:

Lo scopo ultimo della esposizione (di Bernard Lewis, nda) consiste nell’intimorire il lettore, affinché si convinca che all’Islam non va fatta nessuna concessione. Secondo Lewis l’Islam non progredisce, né progrediscono i musulmani; l’uno e gli altri si limitano ad esistere, e vanno tenuti d’occhio a causa della loro natura, compreso l’atavico odio nei confronti di cristiani ed ebrei. [9]

Il conservatorismo turco lavora d’intesa con quello italiano.
Il governo Berlusconi si è impegnato a promuovere l’ingresso della Turchia nell’Unione Europea ed è stato uno principali fornitori militari di Erdogan, insieme agli inglesi e agli americani. Aerei antisommergibili Alenia, forniture di elicotteri da combattimento, artiglieria navale, corvette, satelliti, il fior da fiore dell’industria bellica made in Italy.
Non è escluso che grandi compagnie italiane diano vita a joint venture con le “Tigri dell’Anatolia”, le aggressive industrie del capitalismo turco.
Eppure durante i negoziati per l’ingresso nella UE, per le strade di Ankara, i cartelloni pubblicitari del governo Erdogan mostrano una donna con il velo, coperta dalla bandiera europea. Sarebbe questa la riforma dell’islam turco?

Quel frocio di Massignon
Per capire fino in fondo chi è Massimo Introvigne è opportuno leggere un lungo saggio apparso sul Foglio del 12 novembre 2005.
Il giornalista abbandona l’attualità e sale in cattedra per riscrivere la biografia di uno dei maestri dell’orientalismo classico, il francese Louis Massignon (1883-1962). Padre dell’islamistica moderna, accademico, diplomatico e agente segreto ai tempi dell’occupazione francese in Siria e Libano, Massignon:

resta il nume ispiratore di una lobby islamofila cattolica, che però spesso ne riprende gli aspetti meno condivisibili – una teologia dell’islam avventurosa, un antiamericanismo tipicamente francese, un antisionismo particolarmente vicino all’antisemitismo – senza avere né la sua consapevolezza (di Massignon, nda) né la sua prodigiosa erudizione né la sua consapevolezza delle difficoltà insormontabili nel dialogo con i musulmani, e spesso senza la sua disponibilità a pagare di persona, oggetto insieme d’indagini del Sant’Uffizio e di fatwa dell’Università di al-Azhar del Cairo che lo denunciano come cripto-missionario.[10]

La feroce critica rivolta da Introvigne ai seguaci di Massignon è un attacco sferrato dall’esperto postmoderno – lo specialista americano forte di un metodo scientifico – che ha sostituito lo studioso romantico del passato.
Il manager religioso è un esperto di geopolitica, sociologia, antropologia, giornalismo. Il suo compito è quello di rifondare su base specialistica il vecchio sapere coloniale, ma il risultato è identico al passato: gli arabi non sono in grado di governarsi da soli, soprattutto sono incapaci di gestire le ricchezze petrolifere, vanno controllati e se necessario piegati con la forza. Massignon viaggiava in Oriente, si faceva suggestionare dalle culture locali, rimase ipnotizzato dall’oggetto dei suoi studi. La sua ricerca lo spinse verso forme di cristianesimo orientale, assimilate successivamente dall’islam, come la devozione al martire Mansur al-Hallag, finito crocefisso come Gesù. L’autore francese dedicò una monumentale tesi di laurea alla figura teosofica del mistico sufi che, ribellandosi alla Sunna (la comunità islamica ortodossa), aveva dimostrato che l’islam era una religione in grado di riconciliarsi con Dio.
Nel 1934 Massignon fondò la Badaliya (“Sostituzione”), una confraternita cattolica di ispirazione sufi che non intendeva convertire i musulmani ma “sostituirsi” ad essi, cioè a coloro che non credevano nel cristianesimo, per onorare comunque Dio. Il più illustre rappresentante della Badaliya è stato Papa Paolo VI. Inseguendo il desiderio di trasformare l’islam, Massignon finì per confonderlo con il cristianesimo, in uno “strano impasto” mistico ed esoterico. Tutto questo è inaccettabile per il moderno manager religioso. Introvigne ridimensiona le affinità stabilite da Massignon tra islam e cristianesimo, ad esempio sulla venerazione della Madonna.
Il “Segreto di La Salette” (1846), attribuito alla veggente Melanie Calvat, è stato condannato dalla Chiesa Cattolica. Nel segreto si parlava di una giustizia divina che funziona per “sostituzione” (come nella Badaliya).
In gioventù Massignon fu “melanista”, introdotto ai misteri di La Salette dall’amico e scrittore Joris-Karl Huysmans.

Secondo i melanisti, una delle anime che si era offerta a Dio per espiare i peccati altrui fu la Regina Maria Antonietta, moglie di Luigi XVI. Gli sciiti siriani ricordano invece il sacrificio di Fatima, moglie di Alì, il genero del Profeta Maometto.
Secondo Massignon, un lessico mistico imperscrutabile unisce la storia e le religioni abramitiche in un’identica promessa di redenzione. Queste tesi, precisa Introvigne, sono state respinte da papa Ratzinger.
Non basta. Introvigne deve trovare un modo per ridicolizzare la figura di Massignon, una delle sue insuperabili trovate a effetto (sono tutti fondamentalisti!). Ed è così che veniamo a sapere che Massignon era un omosessuale.

Nel 1908, imprigionato nel corso delle sue attività spionistiche in Iraq, Massignon ha una visione mistica da cui emerge convertito al cattolicesimo e deciso a rinunciare anche a un aspetto della sua vita su cui molti biografi tacciono: la bisessualità e il legame omosessuale con lo scrittore spagnolo convertito all’islam Luis De Quadra, che morirà suicida e per la cui anima l’islamologo francese continuerà a offrirsi come “sostituto” per tutta la vita.[11]

In quelle virgolette finali c’è tutto il sottile disprezzo verso la Badaliya, ridotta, a quanto pare, ad un circolo di sodomiti.
Ma perché le preferenze sessuali di Massignon acquistano tutta questa importanza? Che direbbe Introvigne delle prodezze erotiche di Lawrence d’Arabia? Hamilton Alexander Gibb, l’autore del necrologio di Massignon, era etero oppure no?
Il professor Said, che non è certo tenero con l’ordine degli orientalisti, dice che “sarebbe sciocco misconoscere l’originalità e la genialità dei contributi di Massignon”.[12] Quindi c’è qualcosa che non quadra nella ricostruzione di Introvigne, che invece descrive Massignon come un “mistico spione”, un prete doppiogiochista, un teologo spericolato e omosessuale.
L’opposto dell’asessuato esperto di islam contemporaneo che rimane sollevato in alto, operando chirurgicamente per assiomi. La mistica degli studiosi del passato, insomma, non ha nulla a che vedere con la soteriologia postmoderna del manager religioso.
In realtà, Massignon non fu molto diverso dai suoi colleghi orientalisti. Anche per lui l’occidente avrebbe dovuto “riformare” l’islam.
Ma per Introvigne è inammissibile che il francese si sia immedesimato così tanto con la sua materia di studio da scrivere pagine in difesa della resistenza palestinese.

NOTE
1. Massimo Introvigne, Fondamentalismi, Piemme 2004, pp. 5-11. Secondo il professor Said: “l’Orientalismo concede una netta preminenza alle questioni etnico-religiose a discapito di quelle sociali ed economiche. Ed è in questo che ravvisiamo una posizione intellettualmente piuttosto retriva”, Orientalismo, Feltrinelli 2001, p. 303
2. M. Introvigne, cit., pp. 66-67
3. M. Introvigne, cit., p. 85
4. Said ricorre a una metafora efficace: “Un libro reputato buono su come comportarsi in presenza di un leone feroce può contribuire al nascere di una serie di scritti su quello e altri argomenti affini, come il comportamento dei leoni, le cause della loro ferocia e così via. Alla lunga, le raccomandazioni possono rendere il leone ancora più feroce, dal momento che solo se feroce sarà riconosciuto come leone, o almeno come leone tipico, verace espressione della sua leonina essenza”, cit., p. 98
5. Il link è http://www.alleanzacattolica.org/indici/dichiarazioni/oliveirap180_181.htm
6. M. Introvigne, Stato e Islam, soluzioni canadesi e dilemmi italiani, il Giornale, 15 settembre 2005; Islam, la Consulta è la via Italiana all’integrazione, il Giornale, 2 dicembre 2005
7. M. Introvigne, Ecco perché Al Quaida sta perdendo, il Giornale, 8 ottobre 2005; Dopo l’Afghanistan Al Qaida decide di sbarcare a Gaza, il Giornale, 23 dicembre 2005; Anche in carcere la rete islamica arruola adepti, il Giornale, 16 dicembre 2005. La dichiarazione del ministro Castelli viene riportata dal Giornale del 19 settembre 2005. Tre giorni dopo, veniamo a sapere che il quotidiano arabo Al-Watan ha scomunicato Castelli: secondo il giornale arabo, il ministro avrebbe invitato gli immigrati musulmani a tornare “ai loro paesi con i cammelli e a ballare con le scimmie”. Emanuela Fontana, In Arabia paragonano i leghisti ai terroristi, il Giornale 22 settembre 2005
8. M. Introvigne, L’Islam moderato sarà la benzina del motore turco, il Giornale, 28 novembre 2005; Turchia nell’Unione Europea: l’ombra del fattore R, il Giornale, 5 ottobre 2005; E l’Islam moderato guarda alla Turchia, 22 ottobre 2005
9. E. Said, cit., p. 311
10. M. Introvigne, Il mistico spione, il Foglio, 12 novembre 2005
11. M. Introvigne, ib.
12. E. Said, cit., p. 267

leggi la puntata precedente – leggi la settima puntata

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11 Commenti

  1. Ma, io non provo ad azzardare un passo in questo groviglio di teorie che vedono l’ineffabile Introvigne opporsi a filosufi (addirittura Paolo VI) in un calderone dove si mescolano sette, occultismo e confraternite di diversissima origine e credibilità.
    Koomaraswami, parlando di simili discussioni diceva: “Corrono dove un angelo non azzarderebbe un passo.
    Ma veniamo all’unico tema che assomiglia ad una proposta di modello per un paese islamico; la Turchia.
    Io non sono uno storico, ma da quanto ne so, l’insorgere in Turchia di un governo laico, quello dell’amato dagli europei Ataturk, coincise con la fine di quel mondo che, seppur sotto il tallone ottomano, vedeva convivere con leggi e relative autonomie, cristiani, ebrei e, naturalmente , musulmani.
    L’insorgere di uno stato laico permise di scavalcare il dettato coranico sulla tolleranza religiosa e il rafforzarsi del nazionalismo etnico che trasformò letteralmente larghe fascie di popolazione in furie assetate di sangue rivendicando la terra turca come appartenente ai Lupi da cui vantavano la discendenza e che ancora oggi richiamano molta gente a sostenere un partito di terroristi, i lupi grigi.
    insomma lo stato laico turco è fondato sulle stragi reiterate sotto gli occhi dell’allora società delle nazioni e oggi dell’onu, di cristiani ortodossi, di armeni e di curdi.
    A volte ho il sospetto che questo tipo di pulizia etnica non dispiaccia a certi fondamentalisti cattolici come il nostro Introvigne.

  2. L’uomo Introvigne mi pare colui che pesca nel torbido,
    un mestatore, uno che si avvale di una forsennata erudizione, bauli di notiziole accumulate anche da giovinetti che per lui lavorano quasi per nulla:
    sperando poverini chissacchè…
    Pare religioso, pio, osservante, un poco collo torto, voce e toni gentili, quando non melliflui ed appicciosi, manine che si torcono e si ungono e si sdiliquiscono in gesti colmi di modestia se non di devotissima onestà.
    Eppure lui è ben ficcato ai posti giusti, ben collato col clero e ceto o lobby affarista e spettrofila, ovvero con coloro che sempre tentano di spaventarci con i loro fantasmi per ottenere tante bei compensi con belle sovvenzioni.
    E’ un moderno uomo d’affari e un gran confusionario,
    un uomo che ha accattato notizie mai sul luogo di origine,
    mai ha frequentato le località dove sono nate le ideologie, le religioni orientali o medio di cui tratta.
    Non è uno studioso, è un incollatore di pizzini.
    Avrà mai parlato con un vero sufi?
    Credo proprio di no.

    MarioB.

  3. @rififi
    questa indagine sulla Turchia al di sopra di ogni sospetto mi sembra una buona traccia. Perché non proseguirla? L’idea di RQ è proprio questa: se ti va prepara, o prepariamo, un pezzo sull’argomento.

    @cf
    La cosa che mi ha colpito di di più è come trattavano il nostro Introvigne alla puntata di Matrix sul Codice Da Vinci. A metà tra rispetto, dispetto e paraculismo.

  4. Purtroppo non sono ferratissimo come ricercatore, sto leggendo un testo sulla grecia moderna e ho amici che conoscono i drammi balcanici per esperienza familiare.
    Mi piacerebbe magari fareuna brevesintesi più documentata (in modo da non fareaffermazioni aleatorie) si trattadella storia dell’altra metà dell’europa, quella che non si insegna a scuola se non per dire che è colpa di un serbo l’inizio della prima guerra mondiale.
    Sarò via nei prossimi venti giorni e avrò il tempo di lavorarci un po’ almio ritorno ne parliamo.
    Complimenti per il pezzo, vale la pena sempre di mettere il naso dove si danno troppe cose per scontate.

  5. a proposito di Massignon – quel che non piace di lui e della linea di pensiero che da lui discende, a cominciare dalla visione del grande studioso ebreo Andre’ Chouraqui (traduttore sia del Talmud che del Corane e dei Vangeli, patrigiano del maquis francese, amico di Camus) è il fatto che, con visione storico-positiva (ed al contempo carica di afflato religioso), sostengono che in fondo, accertata (ed accettata) la centralità originaria dell’ebraismo, il cristianesimo e l’islam non sono altro che l’ebraismo rispettivamente adattato alla mentalità grecolatina ed a quella araba – e questo “relativismo” assai robusto e realisticonon può certo essere ammesso dai propugnatori neo-teo-con di una neoaristotelica ragione assoluta dell’occidente – vedere gli interventi di Introvigne sul Domenicale (organo di un facile paragramscismo di destra, coi soldi di Dell’Utri)…

  6. SORPASSANDO LA POLITICA, ANNESSI E CONNESSI
    Autore: Giacomo Montana

    Consiglio vivamente a tutti di leggere questo sito: http://www.mobbing-sisu.com , perché, secondo me (ma anche considerando il successo di visite che ha ottenuto all’estero), la sopravvivenza si mantiene costante, anche sorpassando la politica e si alzerà il velo su molte delle cose che crediamo lampanti e semplici ma che, fino a oggi, hanno limitato le potenzialità umane, le aspettative, le realizzazioni. Siamo stati troppo abituati a pensare che la conoscenza sia accessibile solo attraverso i 5 sensi; questo è ciò che oggi è più noto a tutti noi. Quello che viene notevolmente trascurato è il fatto che abbiamo una coscienza, con la quale anticamente vi era un forte rapporto stretto di comunicazione, sensazione, scambievole deduzione. Personalmente, sin da bambino, quando seppi che mio nonno era uno sciamano indiano-americano, senza mai perdere di vista l’atteggiamento razionale – pertanto lavorando su due rotaie – ho sempre voluto esercitare il collegamento con ciò che tutti noi abbiamo sempre aperto e collegato come filo conduttore che mette in contatto con ciò che possiamo percepire di più immensamente profondo oltre il corpo: la coscienza. Ricordo che per alcuni anni, non diedi eccessiva importanza a questo, ma col tempo altre persone mi hanno fatto notare che le doti, a cui neppure io credevo, esistono nell’essere umano. Io le esercitavo senza neppure accorgermene. Chiesi a mia zia negli U.S.A. e lei mi rispose che avevo ereditato qualche cosa da mio nonno. Oggi sempre meno persone amano fermarsi ad osservare, contemplare, ammirare e riflettere su tutto ciò che ci circonda e per questo ci scolleghiamo dal ricevere sufficienti energie cosmiche, perdendo anche tante inspiegabili stupende soddisfazioni della vita. Vi è la tendenza di affidarsi alla scienza ufficiale e neppure s’immagina quanto poco sappiamo dell’Universo che c’è intorno a noi e dentro di noi. Uno sciamano questo lo sa, come sa tante altre cose, generalmente sconosciute, perché fanno parte della scienza esoterica. Egli lo sa pur senza possedere alcuna nozione di scienza ufficiale. Tanto per fare un esempio della tranquillità di spirito che si riceve attraverso lo studio della scienza esoterica, posso dire che ho molto compreso che essa porta un soggetto a non soffrire mai di solitudine e ad essere semplice, umile e soprattutto altruista.

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