Articolo precedente
Articolo successivo

I modelli famigliari

Piccola ode a Carlo Giuliani e Mario Placanica,
ognuno a suo modo, cinque anni dopo,
campioni del mondo

di Christian Raimo

1.

Una volta sola mi è successo soltanto
di venire colpito (in un sogno) alle spalle, da un colpo vagante.
(“La morte per caso”, se è questo che intendi).
Il corpo del colpo era stato scaldato e temprato
in una matrioska di bagni concentrici:
sensi di colpa e stragi di stato.
Da noi tutto avviene in famiglia.
Il nonno finanziere ad esempio
lascia un’arma sopra la mensola della credenza;
arriva il bambino, sei anni, la prende e s’ammazza;
poi nasco io suo fratello, rapiscono Moro, mia madre
tradisce mio padre.

Il colpo, nel sogno, parte dal nero.
La fisica dice: non è il colpo che uccide,
ma è l’aria a contatto che è infetta.
Non si muore in fretta, ma comunque si deve.

(Il mio primo ricordo è un arcobaleno:
siamo in tre su una piazza a Mentana,
Sto lì con mio padre e un suo collega barbuto
che andò poi a lavorare alla Tuborg.
Nessuno di noi dice niente.
Non so se è un ricordo inventato –
come puoi riconoscerlo
il sogno riciclato in memoria?
Del resto ciò che la memoria non tiene
è quando sei nato e il punto di morte.
Della stanchezza dei giorni, del resto,
umanamente, c’è traccia).

La scena del sogno (la morte) ero io che fuggivo di notte
all’interno della cinta muraria di un castello costruito a metà
(non finito/distrutto – più cartapesta che calce):
schivavo la gragnola di spari come un matto che va in cerca di lampi.
(“Qui piove, amore”). Un marine sbarcato sulla spiaggia francese
nel quarantaquattro. Un pivello al settimo quadro
di un videogioco. Bastò poco, e caddi all’istante.
Ma senza ferirmi od urlare – il grido
dell’animale che De Martino in Morte e pianto rituale
sostiene specchiarsi nell’abbandono al dolore
che invece è proprio dell’uomo – , mentre la sola cosa mortale
è che appena colpito (lo sparo s’infranse
nel cavo situato nella molle fessura tra le ossa disposte
a trapezio dietro la nuca) il sogno finì.
Si ritorna sul nero. E non esiste riparo.

Una volta è successo.

2.

È estate la stagione in cui uccido di più.
Anche senza ragione,
gli insetti, zanzare, microbi vari cadono
a terra ogni volta che sbatto le mani.
Nelle giornate di luglio,
le più calde del secolo appena iniziato,
io amo la mia mira più della vita.

L’Italia è la mia biografia:
sono nato in campagna, in un paese del Sud,
a tre anni ero grosso, un campione.
Mia madre restò incinta di nuovo,
e io rovesciai la mia bicicletta sul suo pancione sudato.
Mi diedi alla fuga, ma non è bastato.
(Qualcuno a casa nostra conserva
una cassetta di quando avevo quattro anni
in cui canto O’ sole mio a perdifiato,
fino a sfinirmi, disperato, di gola).
Dopo qualche mese volli provarci di nuovo:
all’ora del bagno
aspettavo mimando un’indifferenza da palo
(la luce invadente è un parametro non trascurabile;
vi ricordate Mersault, Lo straniero,
che dice: “Avevo questo sole davanti
che mi allagava la vista,
e per questo lo ho ucciso”?).
Mia sorella era rossa e piena di vene scoperte
che si gonfiavano tutte appena toccava la vasca,
io mi ponderavo le braccia:
quando mio padre guardava aldilà della stanza,
provavo a tenerle la testa sott’acqua
per un tempo che fosse adeguato.

(Sono lo stesso bambino di allora,
voglio ancora un mondo dove gli alberi
hanno sempre i limoni sui rami,
e nel cielo il calore rilascia macchie solari
da provare a colpire tirando d’impulso.
Il rumore degli elicotteri mi dia compagnia anche di notte.
Mi piace questa terra divisa per gioco
in zone rosse e marroni,
ho sempre una camionetta che mi prendo per casa).

A tredici anni il mio compagno di banco Giampiero
apriva il suo diario con le biografie dei tennisti
e colorava di svastiche le foto di Yannick Noah.
Scriveva FIGHTERS in stampatello dovunque.
Mi diceva: “Non voglio morire sbavando
in un letto che puzza di piscio.
Voglio morire d’infarto, sparato”.

Ma dopo quello che è successo,
la mia vita non è comunque finita,
voglio viverla nel migliore dei modi,
dare il mio contributo al paese
che mi ha dato alla luce,
candidarmi al futuro.
Contro di me non c’è nessuna condanna.
Voglio ballare sul palco d’onore
una canzone ritmata, d’amore alla patria.

Print Friendly, PDF & Email

53 Commenti

  1. Credo che il “campioni” del titolo debba essere “campione” (cfr.: ognuno).

    Per il resto, leggerò con calma.

  2. Christian, al di là del titolo e dell’urticante accostamento contenuto (io ero a Genova in quei giorni, ma ho cercato di non farmi condizionare, nella lettura del tuo testo, dal ricordo indelebile di quell’orrore), diciamo che hai scritto, e spero continuerai a scrivere in futuro, di meglio, di molto meglio. Magari a partire da una riflessione sul punto interrogativo che vedi in alto, nel primo commento.

  3. del titolo ho colto solamente la provocazione.
    il resto è da leggere con molta attenzione, penso. Ci sono spunti che quel punto interrogativo se lo mangiano proprio E altri che lo giustificano.

    al prossimo post, dirò di più, se vi va di leggerlo

    b!

    Nunzio Festa

  4. Permettetemi una critica prima che la scoliastica vada per autorità al professor Berrettoni. Essa è poematica favolosa che supera il concezionamento stazionante di benemalebene. E’ un canto coraggioso di ragazzo che ha cento occhi da prestare a chi non può parlare, altri raga come lui. A chi è muto d’occhi nella grande strada polverosa che è la letteratura/vita oggi qui quando ora è non si sa più meno la sicurezza GAMMM::: mi verrebbe da dire nella polirematica spastica della logica del senso che trascende il politicismo infinitesimale che fece oggi e domani dal giustizialismo al processo del lunedì. Ringraziamo dunque Giuliano Ferrara che ha fatto tanto per rendere mangime televisivo l’idea che non si può più dire nulla di morale: che la parola morale è amorale, umorale, un gas scoreggia che gonfia il cosmo nero immenso le stelle gli infiniti spazi di là. E ringraziamo gli scrittori e i lettori che hanno mangiato e tracannato le parole di Giulianone ogni sera in tv alle otto e mezzo mentre cenavano. Siamo quello che mangiamo.

  5. Christian, interrompo il mio web-silenzio costretta dalla pregnanza e dalla bellezza di questo scritto, che mi ha segnalato un mio amico. Questa è una delle cose migliori che hai scritto in versi, a mio modestissimo avviso, e devo dirlo.

    Per il resto, il dibattito letterario virtuale è ormai alla frutta, non crucciarti. Scrivere sarà pure darsi in pasto (l’ho scritto io), ma meglio farlo sulle pagine. Di libri, giornali. Che costringono le persone a inibire l’eiaculazione pubblica delle compulsioni (d’ego). E il dibattito letterario, quello vero, non quello finto, a farselo nella propria testa. E a cercare di capire quello che leggono prima di scrivere un commento.

  6. Non c’è più niente da fare, cara Gemma Gaetani, ormai hai imboccato la tua china e su quella prosegui come un rullo compressore, macinando e spazzando tutto ciò che incontri sulla tua strada, cioè tutto quello che non rientra nella tua visione del mondo, della poesia, dell’arte, del pensiero. E offendi, come al solito, pronta a risentirti e a rinchiuderti nel tuo sdegnato “silenzio web”, come una diva ammusonita, quando qualcuno, come faccio io in questo istante, ti manda affanculo. E sai perché? Perché ne ho le palle piene della tua presunzione, dei tuoi strali senza un distinguo, dell’ammasso di spazzatura che credi di accumulare e spingere ai margini al tuo passaggio, sempre pronta a dare lezioni, e senza mai darne. In base a quale superiore saggezza ti puoi permettere di dire che, scrivendo che Raimo ha prodotto di meglio rispetto a questo testo (che è un mio giudizio, assolutamente pacifico, non offensivo e che riconosce indubbi meriti all’autore), io sto “eiaculando pubblicamente le mie compulsioni egotiche”? Che ne sai tu della mia attività masturbatoria? Che prove hai sulla durata dell’atto e sui movimenti della mano che uso? Non ti sembra di esagerare, quando entri così a gamba tesa nei sentimenti e nell’intelligenza delle persone? “Cercare di capire quello che leggono prima di scrivere un commento”!!! Ma chi cazzo sei, come ti permetti, quali titoli e meriti puoi vantare per spiegarmi come si legge un testo? Tu sai farlo? Bene, insegnacelo senza offendere. Il testo di Raimo è un capolavoro? Perfetto, spiegaci perché. O falla finita, ritorna nel silenzio assordante dei tuoi giornali e delle tue riviste, perché adesso, qui e ora, almeno a me personalmente, hai davvero scassato la uàllera.

  7. faccio finta di non avere letto gli ultimi due post del Conte in questione, e dico la mia. leggete o non leggete. m’importa relativamente.

    le voci sottili e tuonanti di quei versi spazzano via ogni dubbio sul pretesto di vedere con un solo occhio. Non è facile guardare con la bocca e la guancia di chi è colpevole, sicuramente colpevole. E’ realmente impossibile tenersi lontano dalla contorsione dell’amor di patria, dettata da una divisa che prende un uomo, mischiata all’imperante elevazione di grido dell’inneggiare come quasi tutti quanti gli altri italiani. Se l’obiettivo della poesia era quello di far balbettare le nostre tensioni emotive, almeno per quanto riguarda le mie, Raimo è riuscito farlo. Per leggere o rileggere altri componimenti che sanno di memoria e realtà cercate le creature del poeta Vendola uscite per i tipi della Fratelli Frilli.

    tutto qui
    che non volevo altro che aggiungere due parole a un mio post precedente, scarno visto l’argomento

    b!

    Nunzio Festa

  8. @ Nunzio Festa

    Lascia stare l’ultimo post, che in effetti non ti riguada, visto che il destinatario ce l’ha: ma mi spieghi, se è lecito, cosa c’è che non andava nel precedente? Ti chiedevo soltanto di spiegare, di motivare il tuo giudizio positivo, visto che, in precedenza, eri stato tu a promettere di ritornare sull’argomento. Poiché a me il testo non è piaciuto, mi interessava conoscere il pensiero di chi la pensava diversamente. Tutto qui. Questo ti ha offeso, visto che parli del “Conte in questione”?

    Beh, cosa vuoi che ti dica? Buona Festa.

    p.s.

    Sul “baltettamento delle nostre tensioni emotive”, le mie le tengo a bada, le tengo strette e care dentro di me, pensando al corpo di un ragazzo steso, assassinato, a cento metri dal luogo dove cerco, insieme ad altri di trovare riparo, un’immagine che non mi abbandonerà mai più; e soprattutto, avendoli conosciuti”, pensando a quali possano essere le “tensioni emotive” dei genitori di Carlo (o di me in quanto padre) e dei suoi amici più intimi.

    Il Vendola poeta, che non conosco, lo lascio alle tue meditazioni.

  9. Ugolino Conte, ma vaffanculo… Ciao, con tutto il cuore e il realismo possibile, in intimità col territorio come Saviano…

  10. ho letto un tono ironico e ho risposto con ironia, abbastanza scherzosamente. per quanto riguara l’urticazione e i genitori di Carlo: lascia stare. meglio così. sono persone da non mettere in ballo con uscite di questo genere…

    b!

    Nunzio Festa

  11. Ti sei risposta da sola, da vera esperta in materia quale sei, viste le grandi lezioni che prendi dai maestri a cui passi le tue stupefacenti elucubrazioni mano e dattiloscritte.

    Addio, signora, resti esattamente la coatta da curva nord che sei sempre stata, nonostante la tua aria da intellettuale vissuta. Piuttosto, se hai davvero le palle, come dici e scrivi dappertutto, non sparare nel mucchio, come hai fatto sopra, tanto i tuoi bersagli sono sempre gli stessi, e due erano presenti nel thread: abbi il coraggio di dirglielo in faccia, così eviti che qualcuno, messo per caso nel mazzo, abbia a risentirsene e, come è successo, ti risponda a tono.

  12. @ Nunzio Festa

    Le “uscite di questo genere”, quelle degli altri, lasciale stare tu, pensa alle tue. O, se ti va, pensa a cosa si porta dentro, per sempre, chi, guardando un ragazzo ucciso, ne stringe un altro, di quindici anni, che vomita e urla di terrore guardando la scena.

    La poesia, in qualsiasi forma espressa, serve, o può servire anche, a perpetuare, insieme alla rabbia, il senso di giustizia, la richiesta, mai sazia, di giustizia, a ridare dignita e vita: non a urticare. Quella di Raimo mi urtica. Punto.

  13. p.s.: Ugolino Conte, smetti di farti le pippe mentali, come dicono nelle curve da cui, hai ragione, provengo. E nemmeno perdo tempo a dirti “tu che ne sai di me bla bla bla”. Se ne vuoi sapere ne cerchi, se non ne vuoi sapere è uguale.

    Nessun bersaglio nelle mie parole, la dietrologia la lascio qui, per chi ne ha tanto bisogno e la usa sempre. A me piacevano i versi di Christian. Punto. Non sono retorici, ti richiedono di attivare il cervello per capire Carlo Giuliani e Placanica. Diversamente da tanti bei testi celebrativi e retorici e finti. Ma mi infastidiva notare che le modalità di “dibattito” sono sempre le stesse. Che alla maggioranza dei commentatori probabilmente piace la propaganda didascalica. E c’ho provato mesi a dibattere in maniera critica, per ritrovarmi ogni volta a fare il bersaglio dei compilatori compulsivi di commenti e dietrologi come te.

    Scriveteli voi i capolavori. Scrivili tu. Tu… I tuoi numi. Se quello che leggete non vi piace usate le manine per scrivere di meglio. Mettetevi in gioco pure voi. Magari cominciando a firmare con nome e cognome. A pubblicare i vostri di IP.

    Io, da parte mia, ci provo a scrivere non-cazzate. E senza padre, né benedizioni (altro che “diva”, ma che cazzo ne sai davvero?).

    W PARIS HILTON

  14. Solo l’ultima cosa, Conte. Scrivere a Nunzio Festa “O, se ti va, pensa a cosa si porta dentro, per sempre, chi, guardando un ragazzo ucciso, ne stringe un altro, di quindici anni, che vomita e urla di terrore guardando la scena” vuol dire che, appunto, non hai letto quei versi. Hai fatto parlare il tuo ego, con tutto il rispetto per i morti, pubblici e privati, o per le sofferenze, che esso conterrà, come gli ego di noi tutti. Ma il punto è che tu pretendi che sia rispettato il tuo giudizio negativo su quei versi anche in base alla tua partecipazione a quelle giornate di Genova. Gli altri non possono pretendere di difendere o apprezzare quel testo punto e basta, mentre evitano per di più di citare il proprio vissuto emotivo o esperenziale di quella o altre morti. O esperienze professionali di competenza poetica. Il mondo alla rovescia. Gli ego che straparlano e dittatoreggiano.

    Per questo, a questo, mi viene da dire soltanto “W PARIS HILTON”. E ridendo amaro.

  15. leggendo l’ultimo periodo di nazione indiana mi sono ac-cul-turata di paesaggi linguistici non proprio edificanti
    una sequela di ritorcere di culi, affan, et similia.
    non è un buon passo, semmai un passo verso un affondo nella neo-lingua min(cul)pop di base che già all’esterno reale, reale? – tira da matti da un bel po’(p).
    clap. clap.

    vengano nel fieno macerato bili di fegati maldisposti
    dopo tutto si tenta di salvare uno sguardo uno sparo
    una risposta, forse un gioco scemo
    ma c’è di più
    di venire a proporre angeli e assassini come ospiti
    di riguardo
    da ficcanasare in pornografiche antologie dialettiche
    che fanno gola a chi suppone di possedere tiarepapesse
    e verità rectotrofiche

    le vespe si sciolgono a luglio – critiche macerate,
    crisantemi su una poesia tronfia e troppo chiaccherina
    sgomitano come nella folla salvando le poche proteine
    e vengono come segni di merda fumati per bingo(!)
    dall’alto della conoscenza di tegola sbilenca
    vengono i mangiatori mortali – che sanno
    si fa quello che si è già fatto
    e vagamente si ricorda il timore dei vermi all’amo
    in questa orgia che c’è da dimenticare ogni fare
    chi è nato già promesso
    in questa trottola di dita fragili che scrivono
    pensando di essere qualcosa
    e invece, invece. mirabilandia di giostre di cartone
    e la violenza sconcia di che senza sapersi rimediare,
    abbraccia solo ossi di qualcosa. (con rispetto per le ossa)

    chissà chi siete. chissà chi.
    solo insipide culle carnelogos, cum laude, se non si torna
    a venire insieme, storia.

    un saluto
    paola

  16. non capisco queste reazioni.
    potreste tenere in serbo il vostro disprezzo per altre occasioni: non ne mancano di certo.
    il testo di Raimo non lo merita e direi che non vi merita neppure come lettori.
    è un pezzo pensato, sentito e lavorato e riuscito, che merita rispetto.
    se penso al giudizio tranchant di cara polvere che poi mette qui sopra la sua cosina imbarazzante (tutta un tripudio di scrause metafore)…
    se leggete e non capite – può capitare a tutti – non è necessario che commentiate.
    se leggete e non vi piace, provate a sintetizzarne i motivi.
    altrimenti, peffavore…

  17. Senti, cara fanciulla, e con questo chiudo definitivamente: rileggi il secondo capoverso del tuo primo post, e ci ritrovi lo stile che indossi da un bel po’: l’offesa urbi et orbi mascherata da finta tiratina critica.

    Nunzio Festa, che tu citi, ha commentato i testi di Raimo dandone un giudizio oltremodo positivo. Il suo. Rispettabile. Come mai si è guardato bene dal dire, agli altri commentatori, che si fanno le seghe e che prima di commentare dovrebbero imparare a leggere? Molto probabilmente perché in lui, che si sia più o meno d’accordo, c’è rispetto per l’altro. Tu ce l’hai, questo rispetto? Quando mai io (che mi chiamo Ugolino Conte e, se vuoi, ti mando carta di identità, codice fiscale e stato di famiglia, così la smetti di aggiungere cazzate a cazzate sui nick o i non nick), quando mai, dicevo, mi sono permesso, in rete o altrove, di insultarti, di darti, come hai fatto tu, dell’analfabeta, per non dire altro? Hai riletto? Ce l’avevi con qualcuno in particolare? Rivolgiti ad personam, non fare di tutta l’erba un fascio. Il mio commento, che tale non era, proprio perché esprimerne uno significava richiamare alla mia coscienza un vissuto, o più di uno, particolare, si limitava a dire qualcosa sul titolo urticante (posso urticarmi a vedere accomunati quei due nomi? me lo concedi?) e a riconosce a Raimo di aver scritto in passato cose migliori, augurandogli di scriverne in futuro ancora di migliori. Punto. Ti sembra, questo, lo scritto di uno che offende? di uno che “eiacula compulsamente le sue pulsioni egotiche”? di uno che “deve cercare di capire quello che legge prima di scrivere un commento”? E cosa significa, poi, cercare di capire? Dire esattamente quello che pensi tu?

    Se tu, come altri del resto, stai combattendo una tua battaglia personale contro NI, ed è da tempo che ciò avviene, sono problemi tuoi, cosa c’entrano gli insulti agli altri commentatori? Ah, non erano insulti, perché sai mascherarli bene, rivestendoli delle guise sacrali della crociata per l’acculturazione delle masse che, inascoltata, vai conducendo? Allora rivolgiti altrove, o, se ti va, insultami pure, ma solo quando, in qualsiasi modo, che puoi sempre provare, dimostri che io ti ho mancato di rispetto.

    Solo adesso sei scesa nello specifico dei testi di Raimo: non potevi farlo prima, evitandoti la dose quotidiana di veleno ben camuffato da spargere in questo luogo? Qui, adesso, hai cercato di spiegare il tuo punto di vista: non sono d’accordo, ma lo rispetto. Perché solo adesso?

    Sul resto, lasciamo perdere, non ti rispondo: sarebbe davvero un’offesa per i morti, per tutti i morti, fare la lista della spesa col repertorio di croci e di dolore che ognuno di noi ha, o avrebbe, da mostrare.

  18. Tash, io non disprezzo nessuno, e non offendo nessuno. Quelle parole che, se permetti, prima che a te fanno schifo a me, mi sono state estorte. Ho risposto, sbagliando, con una capocciata in pieno petto.

    Come risponderesti tu, se avendo scritto tre righe, non di critica spietata e senza senso, ma di riflessione, ti sentissi dire quello che puoi benissimo leggere sopra? Accomunato a tutti i fibra di questo mondo e al loro universo fatto di nulla? A me girano. A te no?

    E, tanto per finirla davvero: se io scrivessi poesie (e su quei testi ci ho passato due ore della mia vita, regalando comunque qualcosa all’autore, che qualcosa mi aveva regalato), sarei la persona più felice del mondo, di fronte a un lettore che mi dicesse: “hai scritto di meglio, scriverai di meglio”. Ammesso che un’affermazione del genere non rappresenti, anche per te, un insulto.

  19. Si appunto w PAris Hilton e tu Gemma torna a limarti le unghie, le tue sono parole rubacchiate qua e là. Le tue sono sciocchezze che fintamente dovrebbero essere il contrario del banale e proprio per questo sono banali. Datti pace non hai talento e chi se ne frega del tuo web silenzio che ci vuoi fare la Mina dei blogghettari? Ci sono scrittori italiani bravissimi che non dichiarano silenzio web lo METTONO in ATTO, non intervengono per vendere qualche copia in più ma al limite solo quando è necessario, senza stare a menarla in continuazione. Datti pace e scrivi su liberazione e il domenicale, I DUE GIORNALI PIù DI MERDA CHE CI SONO, ti consiglio anche grazia e amica. E per piacere hai veramente rotto la uallera co ‘sta menata che sei altrove mentre sei qui SEMPRE come tutti noi blogghettari, laureati in lettere, scansafatiche e senza voglia di comunicare ma solo di AFFERMARE IO SONO PIù INTELLIGENTE DI TE! MA TU NON SEI PIù INTELLIGENTE DI ME! C.

  20. @signor tash.

    mi riferivo ai molti commenti fankulistici sparsi per ogni dove. fa parte della netiquette? c’è una netiquette fankulistica freudiana che m’è sfuggita?
    allora scusi tanto e ci si apra danzando a vaffanculo ma se cos’ì non è allora anche Lei nemmeno sa leggere o non filtra mentre legge quello che cara polvere dice lassù…
    mi scusi, sa.
    adesso, se vorrà, porti gli occhi a cara polvere quaggiù…
    il testo prosopoetico del post è di una bruttezza inverosimile per il fatto che la poesia commemorativa, celebrativa, patriottica ha fatto il suo tempo. IHMO. IHMO. IHMO. (!!!)
    o di ihmo lei accetta solo vaffanculismi vari?
    va bene, i gusti non si disputano ma mi creda è lei che sa leggerepochinopochino a volte e spunta (come il prezzemolo) ogniddove con le sue belle radichette intellettuali che rigogliano anche quando non è terreno suo ma ci sta tanto per stare in mostra. ecco. siamo un po’ tutti così no? ma siamo tutti belli tosti e voluttosamente adoranti il nostro investirci autoeroticissimamente ruoli di critici , di filosofi, di tuttologhi, di belle bomboniere ignoranti… insomma l’importante è ESSERE NESSUNO CON DIGNITA’ PROTERVIA, no?
    vuole analizzare quali cose gli altri capiscono? CLAP.CLAP.
    beh, beh. anche lei ha un vezzo a dir poco audace, direi alla stessa stregua di quelli che lei stesso ammanisce. uff.
    scrause ? lei mi parla trasversalmente e tashendentemente strano. lo farà apposta. mi vuole imbarazzare. mah.
    vado a vedere che vuole dire.
    alas!

    paola

  21. @ signor roberto
    dopo la birra i rumori colorati.
    interessante.

    a)il rumore bianco, simile a un continuo fruscio o soffio, è considerato distensivo.
    alcuni generatori di rumore bianco acustico sono impiegati per coprire il rumore di fondo in ambienti interni o per favorire il rilassamento. (non tutto il niente, dunque, viene per nuocere, anzi, ad esso si ricorre quando si cerca pace)

    buone approssimazioni di rumore bianco sono prodotte da diversi fenomeni naturali (ma nel mio caso in-naturali) di tipo caotico, come il moto browniano. è proprio l’AGITAZIONE (LEGGASI proprio agitazione) termica casuale di particelle cariche all’interno di conduttori e semiconduttori che genera il rumore bianco (insomma quando i diodi sono troppo diodi, mi metto in moto)
    alcune informazioni sovra riportate sono state prelevate dalla rete…
    tralascio di trascrivere altre definizioni e altre utilità di rumore bianco per non peccare di autoreferenzialità.

    @ Conte

    … però uso solo quelli biologici o al sapone marsiglia.
    una bella differenza non trova?

    un saluto
    paola

  22. My Deardust, il riferimento ai detersivi non era rivolto a lei, ma a chi, rilevando il nulla, ne è già parte con la sua stessa rilevazione.

    Buona giornata, cara.

    p.s.

    Anch’io uso i saponi biologici.

  23. mi spiegate cosa direbbe raimo di acuto su placanica e giuliani???
    a me sembra solo un pezzo trasudante narcisismo e ammiccamenti da coscienza civile
    non parliamo dello stile…

  24. questo testo mi è stato chiesto su liberazione che domani uscirà con uno speciale su ge g8 a distanza di cinque anni. ho provato a pensare cosa scrivere che non fosse retorico, il che voleva dire nel caso di un avvenimento così tanto raccontato, ho provato a farlo interagire con la realtà contemporanea (l’idea di un’italia unitissima contrapposta a quella di cinque anni fa così lacerantemente divisa) e soprattutto con alcune forme biografiche: quanto c’è in me e nel mio immaginario e nelle persone che conosco di carlo giuliani, quanto c’è in me e nel mio immaginario e nelle persone che conosco di mario placanica. non considero questo narcisismo quanto il suo contrario, non posso arrivare all’altro senza ammettere chi sia io. per il resto: ho letto interviste e documenti, ho letto la ragazza carla di pagliarani e la ballata di rudi, “il ragazzo carlo” era una suggestione fatua che avevo in testa. ho voluto cercare di mettere sulla pagine una convinzione che mi sono fatto recentemente, ossia che in italia l’ideologia come i consumi come i ricordi famigliari può essere tutto percepito come modernariato. questo è per me fastidioso, ma è il dato di partenza dal quale far partire il cortocircuito che più mi convince. (continua)

  25. Sul G8 ricordo di aver letto un bellissimo racconto di Raimo pubblicato su un numero speciale di Linus di qualche anno fa. Qualcuno, o Raimo stesso, sa dirmi se è confluito in qualche antologia o raccolta?

  26. spettrocromatico (ful)
    dice che porterà il rumore bianco
    all’anello, che lo preserverà tra le
    falangi fino a sposarlo; che lo farà
    d’un leggero di acquerello dove
    – immaginare, prende tutto l’angolo

    @Conte
    (non avevo proprio capito)
    comunque, preziose affinità ecodetersive.
    buonanotte

  27. My dear DearDust, spero le faccia piacere sapere che le affinità (forse) non si fermano alla sola sfera ecodetergente. Infatti, ho letto sul suo blog, con vero piacere, uno dei testi poetici più belli e devastanti che mi siano capitati a tiro negli ultimi tempi. E per il quale le faccio i miei più sinceri complimenti.

    Se ne ricordi (di questi complimenti) quando, alla prima occasione, ci capiterà di “confliggere” su un post o un commento. ;)

    Sembra un Ot, e forse, anzi, senza forse, lo è. Ma, come diceva mio nonno prevosto, “quid nobis fregat ac fregatur” (sic! sic!!: li ho messi io prima che lo faccia qualche altro)?. Tanto, aspettando il seguito della comunicazione di Raimo, va bene tutto. Anche dire la verità.

  28. Il testo di Cara polvere, caro tash, a me pare ottimo, c’è ritmo, c’è ricchezza lessicale, gusto del rischio sintattico, rabbia. Di scrauso qui c’è solo lei

    l.v.

  29. di scrausa c’è pure la retorica mal scritta di gemma gaetani raccatta originalità che al suo apice si esprime con culturetta strillata alla sgarbi (ma senza talento e reale cultura di sgarbi) imparentata con parente e chiama cronachismo la morte di carlo giuliani il tutto condido con qualche ontologico e materico che va sempre bene, così la deriva tocca pure un po’ di aldo nove. Chi la spara più grossa vince. Questo è quello che ci aspetta reduci dallo spettacolo.

  30. @ al Conte.
    ;-) me ne ricorderò se “confliggerò”.
    intanto, grazie.

    @lello.
    grazie per il parere.

  31. intanto dovreste ringraziare di aver imparato questa parola nuova: scrauso.

    poi fuor di polemica, ma per puro scrauso chiarimento dico che da parte di carapolvere scrivere (testualmente) del testo di raimo “che incomprensibile quanto inutile bruttura commemo/poetica” – che suona, se non sbaglio, come una stroncatura tranchant del tipo “non vale la pena manco parlarne” – e poi pochi post sotto infilare questi versi (tra gli altri):

    “sgomitano come nella folla salvando le poche proteine
    e vengono come segni di merda fumati per bingo(!)
    dall’alto della conoscenza di tegola sbilenca”

    come per dire QUESTA SI’ CHE E’ POESIA, EH?, mi mi fa sorridere.
    ma poi a pensarci bene mi pare una cosa assai peggiore.

    dopo di che per voce lello sarò pure scrauso, ma questa è la mia (scrausa)opinione.

  32. @ al signor Tash

    lsbaffo qualche parola del signor T:
    “è un pezzo pensato, sentito e lavorato e riuscito, che merita rispetto.”
    e ancora dice tonitruantemente (e qui vedo ingrossarsi sensibilmente le venuzze delle tempie) che il testo di Raimo non merita alcuni di noi nemmeno come lettori.
    azz. allafaccia del trinciapollo!
    (a parte che non capisco quale altra funzione si potrebbe espletare oltre a quella di leggere…e poi, volendo lasciare qualche opinion)

    per il signor T il pezzo di Raimo è riuscito etc etc, mentre per me è del genere retorico, pseudopolipoeprosoche di cui ne ho pieni i bignè. ma (repeat)IHMO!!!!!!
    tranchant ambedue in maniera diversa.
    poi il signor T. sbaria con maldestre manovre da intellettuale al taglio e vuole tranchare me dall’inizio della discussione fino alla fine.

    boh. le portinaie una volta erano più simpatiche.
    reapet: non ci sono più le portinaie simpatiche come una volta

    un saluto
    paola

    ps.: visto che si è peritato di estroestrapolare qualche mia linea, la ringrazio dell’opinione “poi fuor di polemica”, ma anche lei non ha spiegato perchè non sarebbe poesia e com e dovrebbe sistemarsi per esserlo (secondo lei):-).
    sorridiamo

  33. dico solo che stabilire cosa sia o non sia “poesia” non è tra le mie urgenze.
    ripeto che la poesia di raimo meritava considerazione.
    stop e fine.

  34. L’assenza di Raimo mi preoccupa. Non vorrei che stesse tramando, insieme a Garufi, intorno al “folle volo” di un progetto targato “Forza Nazione Indiana”. E dove sono finiti Forlani e Inglese? Mi sa che li hanno già presi, purtroppo. Io, intanto, me ne sto un po’ in disparte e poi, visto l’evolversi della faccenda, saprò ben schierarmi dalla parte dei vincitori. In puro italian style.

  35. Non ricordo più le scritte che apparivano sul dirigibile Goodyear. Vorrei ricordarmene almeno una prima di morire, magari un momento prima, bella colorata, lampeggiante. Sì era bello e la vita era lieve.

  36. Ma quanta rabbia in questi commenti! Alla fine si dimentica quello di cui si parlava (la poesia) per parlare di tuttaltra cosa. Personalmente trovo che abbia usato alcune belle immagini, fra le tante i versi: /La fisica dice: non è il colpo che uccide,
    ma è l’aria a contatto che è infetta./ A ben pensarci l’arma ha una connotazione simile a quella della malattia. L’arma uccide, la malattia uccide.
    Una parte che invece avrei scritto diversamente (se scrivessi) è:
    Non so se è un ricordo inventato –
    come puoi riconoscerlo
    il sogno riciclato in memoria?
    Mi sembra che il termine riciclato, benché con una sua connotazione di tutto rispetto, non esprima bene il senso del verso.
    Questi i miei pensieri, ce ne sarebbero altri ma come post sarebbe troppo lungo.

  37. Ho letto e riletto la poesia e, credo, la rileggerò ancora. Ringrazio Christian per averla scritta. A me piace. E’ scritta per riproporre la memoria di un evento tragico e orribile, purtroppo, passato – per i più – al tritatutto della televisione. Sempre più spesso sento l’inadeguatezza di leggere i fatti che avvengono sotto i miei occhi. Questa, perlomeno, è una lettura che cerca di andare dentro: i fatti sono gli uomini, ma le azioni spesso si congelano in eventi molto al di là delle intenzioni. Allora, residua soltanto la maledetta ottusità del tempo consumato che non può tornare. Su questo sempre meno si riflette, perché sempre meno si ricorda. A mio parere la poesia funziona, perché si fa rileggere e, quindi, assolverà bene al compito prefisso anche in futuro. Abbiamo bisogno di ricordare, abbiamo bisogno di leggere e rileggere sperando che le prospettive si moltiplichino nei nostri occhi… Grazie Christian, mi hai dato nuovi angoli da cui osservare… (Il titolo però è improponibile!)

I commenti a questo post sono chiusi

articoli correlati

Passione indiana

di Christian Raimo Devo scrivere questo post per dire una cosa che ho comunicato agli altri redattori ma che mi...

Ammazza che puzza, aho!

di Alessio Spataro

Il tempo di una foto

di Hyppolite Bayard Louis Pierson, Ritratto della Contessa Castiglione e suo figlio, 1864 C’è il tempo interno dell’immagine e...

Le forme imperfette del turismo della luce

di Christian Raimo Che cos’è che volevi dimostrare? Lo spacco sul labbro che continua a restituire sangue a chi non ricordava...

Martina si allena

di Marco Mantello Dal girone dei folgorati all’aureola dei precipitati dalle tegole di un capannone ai piallati, agli schiacciati sotto macchine troppo nervose per...

Hippolyte Bayard, un meraviglioso blog di fotografia

"... la fotografia non ha bisogno di essere garantita da qualcuno: la garanzia che quello che mostra è "vero"...
%d blogger hanno fatto clic su Mi Piace per questo: