Leggendo Fofi

fofi.jpg una lettura di Goffredo Fofi, Da pochi a pochi, Eleuthera, pp. 151,  fatta da Antonio Donghi

L’interesse di questi appunti di sopravvivenza, come Fofi sottotitola il suo libro, si distribuisce su più livelli, visto che si parla dell’attuale e del passato, del del globale e del locale, della comunicazione e dell’arte. La sopravvivenza è quella di chi, in mezzo a tutta questa attualità che ci spalanca lo sguardo sull’orrido di un futuro inumano, a tutto questo globale che ci toglie i riferimenti di cui ognuno ha bisogno per vivere localmente (l’unica vita reale possibile, al di là dei modelli spinti dalla pubblicistica televisiva), vuole farlo – sopravvivere e magari vivere – usando la propria intelligenza. Quindi lo scopo pragmatico che Fofi propone ai suoi lettori è vivere per capire, in modo tale che la comprensione ci fornisca i criteri per orientare il nostro comportamento.
Fofi ha vissuto dall’interno tutti i movimenti, dal ’68 in avanti, e quindi ci parla a ragion veduta dei fallimenti che si sono susseguiti negli anni; e che ci hanno portato ad un punto in cui, a suo dire, in tante “occasioni può capitare di constatare che tra le persone di destra e quelle di sinistra la differenza è scarsa” (p. 35). Questa affermazione, che a molti darà fastidio, Fofi la sostiene osservando che il modus operandi del ceto politico italiano, in particolare di quello comunemente definito ‘sinistra’, non ha fatto altro che confermare il tipo di società esistente, rinunciando a priori al ruolo rivoluzionario che le spetterebbe storicamente. Ma, osserva sempre Fofi, “ogni rivoluzione non può che essere rivoluzione culturale” (p. 78). La sinistra ha, già a metà ’68, tirato i rami in barca e rinunciato ad una vera rivoluzione culturale, accontentandosi di garantire ai suoi affiliati i livelli di vita a cui l’occidente, il Nord, è riuscito ad arrivare privando di autonomia produttiva e culturale il Sud del mondo, colonizzato in maniera spesso violenta dall’America. Fofi si lancia in risentite invettive verso questa tendenza italiana a trovare comunque l’accomodamento, alla politica del mettiamoci d’accordo, atteggiamenti che dimenticano, colpevolmente, la necessità di mantenere dei criteri etici a fondamento del proprio agire e decretando in tal modo la fine della politica, oggi più che mai ridotta ad ancella dell’economia; ma su questo tornerò alla fine.
La storia italiana si inserisce in un generale trend dell’occidente benestante. La tendenza dei politici e delle burocrazie, che sono molto spesso l’uno il mezzo e il fine dell’altro, è quella di permettere il funzionamento dell’esistente; e quindi, di permettere il consumo ad ogni costo. Ma, se il consumo si basa, come già detto, sullo sfruttamento, la politica perde la sua dimensione etica e si riduce a gestione dell’economia. In questo senso Berlusconi è stato il tassello necessario allo sviluppo storico dell’Italia, preparato dal trentennio che l’ha preceduto.
Già Pasolini aveva previsto l’eliminazione della specificità culturale delle periferie, il cui ovvio risultato è stata l’omologazione verso un modello che è, per suo natura, estraneo all’esperienza dei più e in quanto tale inutile e creatore di frustrazioni. Oggi, dice Fofi, “l’umanità contemporanea, anche nella sua parte più disgraziata, ama i ricchi, e a volte li idolatra” (p. 20). Questo esemplifica il fatto evidente che il denaro è diventato il parametro su cui valutare l’opportunità di ogni attività. Il ceto politico quindi, controlla il popolo controllando il suo accesso ai beni di consumo e garantendo la possibilità del mantenimento della disponibilità di questi beni. Si passa quindi in una fase storica in cui oltre al controllo dei mezzi di produzione (società moderna, capitalismo classico) si presta maggiore attenzione al controllo del consumo (società postmoderna).
In questa contingenza storica l’attività politica si identifica nella Fabbrica del consenso, consenso ottenuto manipolando l’informazione in modo più o meno espliciti; Fofi osserva che i veltroniani ed altri soft ex comunisti odiano Berlusconi più per la sua spregiudicatezza nel gestire la comunicazione che per altro. Se questo è vero, l’efficacia nella comunicazione diventa la cartina di tornasole per valutare l’efficacia politica, visto che la politica ha rinunciato a modificare la realtà, limitandosi a permettere all’esistente di continuare ad esistere: ingrandendosi continuamente. E’ occorso allora aumentare il valore teorico della comunicazione per poter continuare a credere nel ruolo della politica. Sono nate le cattedre di Comunicazione e poi, addirittura, le facoltà di Scienze della comunicazione. Comunicare è diventato un’arte, fatto salvo che “…la qualità e l’intima differenza – mi ripeto – tra arte e comunicazione, sono l’ultima delle preoccupazioni, vanificate dalle esigenze del mercato.” Per capire allora, occorre contrapporre comunicazione e arte. “Lo spazio dell’arte sembra essere rimasto l’unico nel quale poter dire ancora la paura e l’angoscia di fronte a una realtà che non ci piace…” p. 106.
Diciamo che ogni forma d’arte è comunicazione (qui c’è il nodo critico di definire cos’è arte e cosa non lo è) mentre la comunicazione di per sé non è arte. E’ solo rumore, è il mezzo con cui il potere ha imparato ad occupare i pensieri dei cittadini perché il rumore impedisce di pensare e chi non pensa – torniamo all’inizio – è più influenzabile, controllabile. “Sparisce la bellezza, è sparito il silenzio. (…). Ma intorno a noi il silenzio è diventato il nemico principale dei governanti e dei mercati (…) per un motivo assai semplice: che il silenzio invita al pensiero mentre il rumore lo impedisce, lo vieta. Perché, nel silenzio, si ritrova il Pensiero e magari anche la Bellezza” (pp. 93-95).
La maggioranza dei fenomeni mediatici (televisione e cinema, libri e teatro, ma anche sport e politica) dell’Italia d’oggi rientrano, secondo Fofi, nella sfera della comunicazione e sono un ostacolo alla presa di coscienza della situazione esistente. La generazione della rivoluzione abortita ha occupato i canali per la diffusione della cultura (?) e da quegli scranni lotta per mantenere le proprie posizioni e quelle dei propri sodali (potentati economici, in primis la FIAT). La stessa agenzia primaria per l’educazione alla cultura, la scuola, è oggi occupata da persone che spesso sono prive di quella vocazione (senso etico) che ne dovrebbe essere il fondamento. Tanto che le belle idee della pedagogia montessoriana sono state dimenticate, rimosse, per essere sostituite da qualcosa di più adeguato all’esistente, che non spinga cioè verso una sua modifica. Come dice amaramente l’autore “questa pedagogia (quella che voleva insegnare a ragionare con la propria testa) è stata sconfitta ed è oggi dimenticata e tradita da professori che si dichiarano pedagogisti – è diventata scienza della formazione” pp. 125-126). A chiosa di tutto questo valga una proposta che Fofi ha fatto all’inizio del libro, cioè reintitolare un suo vecchio articolo scritto per Linea d’ombra: da “Le mezzeseghe all’arrembaggio” – erano gli anni di Craxi – a “Il trionfo delle mezzeseghe”.
A questo trionfo (“Troppo cultura è niente cultura, e allora è opportuno ribadire delle distinzioni di fondo. Non vale più quella tra cultura alta e bassa, risucchiate entrambe dalla cultura media”, p. 95) occorre rispondere mantenendo le posizioni, attraverso l’esempio. Fofi conclude il suo libro con un capitolo che, se non proprio programmatico, potremmo chiamare delle buone intenzioni (guarda caso, si intitola Che fare). Rifacendosi al pensiero nonviolento di Capitini, assume come principio etico fondante l’azione politica di chi voglia compiere azioni allo stesso tempo valide per i più deboli e per la propria coscienza, una volontaria esclusione dalla logica spartitoria e conservativa di molta politica d’oggi: “…il posto di chi vuole agire in funzione del prossimo e della propria coscienza sta quasi ai margini e non quasi al centro” (p. 117).
Questa è una frase molto impegnativa, che sintetizza la posizione di Fofi ma al contempo permette di coglierne quelli che potremmo definire limiti, fatto salvo l’assunto teorico (discutibilissimo) che l’azione politica non debba avere limiti (l’azione politica non ha limiti quando il suo fine ed i mezzi utilizzati per perseguirlo non sono congruenti).
Come in ogni teoria che si rispetti, c’è un elemento che la fonda e che non è verificabile. Nel caso di una teoria politica, intesa come teoria che guida il comportamento nella polis, questo fondamento deve essere etico. Quindi ogni atteggiamento verso la dimensione economica della realtà sociale non deve essere influenzato da altro che da una valutazione etica delle conseguenze delle proprie azioni. Quindi dai quasi margini al quasi centro fungendo da modello, pronti però a rifiutare l’appoggio a chi neghi nell’agire i presupposti politici. Quindi, ancora, no ad un’adesione a priori a partiti e schieramenti piuttosto che a risultati. Ad esempio Fofi dice no alla difesa tout court dei palestinesi ‘buoni’ contro gli ebrei ‘cattivi’. Occorre verificare le azioni del gruppo cui ci si riferisce, perché nessun popolo è un tutto; e, soprattutto, il suo comportamento non può essere valutato a priori solo in base ad un’appartenenza ideologica. Se la posizione di Fofi è sicuramente una posizione minoritaria che si rivolge a gruppi minoritari, non è per questo indiscriminatamente ideologica (impossibile: in fondo, nessuna ideologia è etica): “In breve: ci identifichiamo con le minoranze etiche presenti all’interno delle minoranze etniche, religiose, politiche, sessuali. Non vogliamo più dare la nostra solidarietà e il contributo pur piccolo o minimo, quello che possiamo, a minoranze che si comportano – o che sappiamo si comporteranno – nei confronti di altri con gli stessi metodi che condannano in chi oggi le opprime” (p. 116).
Per come è strutturato il mondo oggi non so quante azioni politiche sarebbero possibili con l’accettazione inderogabile dei presupposti di Fofi, ove le azioni politiche vadano necessariamente oltre l’ambito locale. E’ anche vero che se in ogni realtà locale questi presupposti fossero accettati, il problema non si porrebbe. Sarebbe bello se ogni gruppo accettasse il rifiuto al successo personale, non accettasse come ineliminabili i dolori impliciti nel fatto stesso di vivere ma lottasse per alleviarli; non accettasse, ancora, le inimicizie tra le culture e, infine, non accettasse la chiusura verso gli altri come momento normale della prassi sociale. Sarebbe bello.
Si giunge quindi al termine del discorso là dove va a finire ogni proposta anarchica. A livello utopico tutto bene, in pratica un po’ meno. Ciò per due ordini di motivi. In primo luogo la pratica parte da ciò che esiste e l’esistente non mi pare in grado di sostenere l’impostazione di Fofi. In secondo luogo, e ben più gravemente, bisogna valutare perché la società dell’uomo è arrivata dove è arrivata oggi. A meno di non ritenere che sia tutto frutto d’una pazzia, occorre accettare che, in qualche misura, questa società rispecchia una tendenza intima dell’uomo. Fofi appunto, chiosando Capitini, sostiene la necessità di opporsi parzialmente allo stato naturale. L’opposizione è frutto della ragione, che riconosce le disuguaglianze che la natura comporta. Ma la stessa comprensione di queste disuguaglianze è frutto della natura, per cui taluni nascono attrezzati per comprenderle, altri no. Il modo per affrontare le disuguaglianze è il denaro che, all’apparenza, permette di superarle. Occorrerebbe rivoltare la società umana alla radice, compito che, anche con il validissimo esempio di Fofi, ritengo improbo.
Per ironia, sembra che lo stesso autore sia conscio della limitata influenza naturale che il suo scritto può avere.
Come recita il titolo, da pochi a pochi.

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89 Commenti

  1. Secondo me si parla molto di separazione fra chiesa e stato e molto poco di separazione tra cultura e politica.
    Poi va sottolineato che politica di sinistra non può essere sinonimo di rivoluzione, e che diamine la politica è l’arte del “mettiamoci d’accordo” che non vuol dire facciamo inciucio, ma bensì mediare fino allo sfinimento, fino a che possiamo, poi c’è il punto di rottura e infatti (almeno fino a ieri) i governi cadevano, a volte (poche) addirittura abbiamo visto rivoluzioni (soprattutto in presenza di guerre in atto e di radicalizzazioni delle posizioni fino alla rottura per mancanza di possibilità mediatrici politiche), ma la politica non deve, non può, essere fatta di continue rotture, ma semmai di continui compromessi. Altra cosa è la cultura, e in questo sta la sua grandezza, nella sua impossibilità, incapacità (anche volendolo) di fare compromessi nel presente. La cultura è, anche se non vuole, rottura con un presente che lei vede già passato (e che è passato). Per questo ci deve essere una certa divisione NETTA tra cultura e politica, che non vuol dire essere apolitici, ma solo permettersi, con gioia un pensiero radicale che la politica, l’arte di amministrare la polis, non può, da sola, permettersi
    Non tutto quello che luccica è cultura, naturalmente, molto è solo amministrazione della cultura e lì gli operatori e i portaborse culturali, più o meno sopracciò, sono la maggioranza, ma non fanno cultura (non tutti per lo meno) semmai usano la cultura, fanno rendere la cultura e nello stesso tempo ne garantiscono la sopravvivenza (anche se sempre meno) e ne impediscono il totale annientamento (cosa oggi non da escludere.
    L’utopia non è cosa da sottovalutare perche spesso (quasi sempre) è solo la realtà di domani, per questo l’utopia può (deve) essere praticata dalla cultura che è sempre molto più avanti dei politici (altrimenti non sarebbe cultura), ma non può essere praticata dalla politica. Però ragionare come ragiona donghi vuol dire porsi in ambito politico, nel politico a-culturale e sincronico.
    Nulla di male, naturalmente, ma basta saperlo ;-).
    Fofi non so in che ambito sia, presto per dirlo.
    geo

  2. dice cose scontate, e peggio plagia, da un libretto uscito l’anno scorso per i tipi de Il Ragazzo Innocuo: Goppredo Popi, “Da fochi a fochi”.

  3. “separazione NETTA tra politica e cultura”..?!?! Qui su N.I. ..? Andiamo bene… ma se non si alimenta da un serbatorio culturale, la politica, di cosa sarebbe fatta allora? I concetti più elementari della politica sono mutuati dalle testimonianze filosofiche, letterarie. Persino nei termini che oggi ci paiono irrimediabilmente usurati come “conservatore e progressista”, “libertà e uguaglianza”. E poi, sinceramente, buttare lì che la politica DEVE essere fatta di “continui compromessi” (continui?)… Churchill si sarebbe fatto una risata..
    ah già, ma lui vinto il Nobel per la letteratura… ;p

  4. Noi della Fafi abbiamo una causa in corso con l’IRI per il libello di Popi, che è una fotocopia ridotta del nostro G. Pupi, “Da fuchi a fichi”, 2004.

  5. Mentre taciamo sulle vili insinuazioni, ci fa piacere segnalare che il libro esce contemporaneamente in lingua spagnola:

    G. Fofi, DE LUCA A LOCA, Lobo Ezechiél ed.

  6. beh marco v non ci siamo capiti, ma va bene lo stesso.
    Io criticavo l’approccio politiko e saccente del recensore al libro di fofi.
    E’ un atteggiamento inutile oltre che soffocante.
    Sul resto possiamo anche discutere, andremmo avanti mesi e mesi, ad ogni modo NON so di quale Churchill tu stia parlando, ma se è quello che conosco pure io… credo avrebbe proprio poco da ridere: a compromessi, anche se segreti, non è stato secondo a nessuno;-)
    geo

  7. Georgia, quello che mi meraviglia è la punta della tua matita rossa sempre ben temperata. Quando, “per molto meno”, mi sono riscaldato? Forse per te era “molto meno”, per me non lo era. Io non vengo sul tuo blog a dirti cosa devi o non devi fare.

    In ogni caso: quella di R. De Ruca è una battuta idiota, così come tutte quelle che lui e i suoi eteronimi stanno diffondendo su NI a piene mani da un po’ di giorni. Ora: o le cancello tutte, come mi verrebbe voglia di fare (ma già sento gli strepiti: CENSURA, CENSURA, VERGOGNA, VERGOGNA!), oppure soprassedo. Ovviamente se da una battuta idiota si passa all’insulto personale non ho problemi ad epurare (cosa che ho già fatto, ma che tu, non sapendolo, credi che non faccia).
    La statura e la persona di Fofi non sono state minimamente toccate da questo patetico calambour, quindi non vedo perché inalberarsi. Non ti curtar di loro, lo sai, ma guarda e passa, dovrebbe essere la tecnica per disinnescarli.
    La cosa comica è che alla fine sono io quello che sbaglia. Non i troll che trolleggiano.
    Ti chiedo: cosa faresti al posto mio? (ma è una richiesta autentica, sincera: cosa faresti?)

    D’accordissimo con danielegreco: leggetevi il libro oppure tacete. Se avete cose da dire ditele, ma, vi prego, basta con gli inutili OT.

    A proposito: ;-)))))

  8. Cancella @biondillo, cancella, che non se ne può più. E’ anche un opera buona per il commentatore, che magari la pulsione si rivolge a qualcosa di più produttivo per lui:–))

  9. Davvero, censura è tagliare un commento critico o anche solo sgradevole di qualcuno che dice qualcosa.
    Tagliare il nulla non è censura.

  10. Questi non sono scemi come appaiono, hanno una loro logica, però dicono solo cazzate, perchè non si impegnano e a volte viene pure il sospetto che ci siano anche degli indiani zuzzurelloni, che si levano un sassolino dalla e-scarpa, nel calderone ;-)

    Però è anche vero quello che dice temperanza, tagliare il nulla non è censura :-), ma alla fin fine non importa tagliare, basterebbe …difendere come si fa sempre con gli “amici” criticati.

    Però quello che sostengo io da sempre è che se qui uno fa un discorso che non piace viene ripreso subito e a volte anche moderato o buttato fuori (anche se con gentilezza), se uno dice cazzate in libertà invece non viene mai ripreso.
    Insomma i troll sono tollerati come i buffoni di corte, i dissidenti tacitati ;-)
    Se penso che avete sempre dato (sia qui che in lipperatura) di troll a giorgio, e pure a me ….
    Ora giorgio potrà piacere o meno, io potrò piacere o meno ma non siamo troll, questo è certo ;-).
    Cipolla poi è un caso a parte, ma gli riconosco che a volte è quasi geniale, meglio sarebbe però che si limitasse a tre nick perchè … insomma il troppo …..
    Il menù del ristorante però è stato da me apprezzato ….
    Sulla storia che tu non vieni nel mio blog a dirmi cosa devo fare, che razza di discorso localistico sarebbe?
    I blog sono aperti quindi se non lo fai sono cazzi tuoi non miei ;-)
    georgia

  11. georgia, ma chi è ‘sto cipolla? Siccome non ci prendi e non ci hai preso, mi incuriosisce sapere chi usurpa il mio genio ( tu l’hai detto)

  12. temperanza, giuro sulla tua mano aperta che non ho mai dato di troll a giorgio. Deve essere uno che conta

  13. Geo,
    Non ho mai dato a te o a Giorgio del troll. Controlla pure.
    Tu dici:
    “Però quello che sostengo io da sempre è che se qui uno fa un discorso che non piace viene ripreso subito e a volte anche moderato o buttato fuori (anche se con gentilezza)”
    allora:
    1) I discorsi, se non piacciono vengono criticati, ma nessuno viene “ripreso”, non siamo mica a scuola!
    2) Non ho mai moderato nessuno per le sue idee, né buttato fuori. E lo sai.
    3) Ho sempre “buttato fuori” solo chi insultava gratuitamente.

    Poi dici anche:
    “se uno dice cazzate in libertà invece non viene mai ripreso.”

    Ecco, questo è un discorso che mi interessa. Ci sono post che si “prestano” al cazzeggio. In sé io non ho nulla contro il cazzeggio, sono un cazzeggiatore naturale. Ma è anche vero che il “buon gusto” dovrebbe dirci quando il cazzeggio diventa, anche se non offensivo in sé, talmente prevaricatore che uccide una discussione. Allora, concordo con te, diventa strano che non lo si blocchi in qualche modo. Me lo sto chiedendo anch’io, infatti, quale sia il modo migliore. Bloccare tout cour l’autore, anche se spesso è un commentatore che, prodigo, dice, con altri pseudonimi, cose di valore? Cancellare caso per caso? (ti lascio immaginare la difficoltà: non siamo tutto il tempo in rete e molte cose, a me sfuggono.)
    Insomma, non so, te lo chiedo, e lo chiedo a tutti, perché vorrei capire qual è la strategia migliore.
    Vedo in giro per la rete che alcuni blog sono sistematicamente attaccati, NI su tutti. Non capisco il senso di tutto ciò, ma so che la cosa accade. Come fare per migiorare la fruibilità di questo fantastico mezzo?

    Vedi, in questo momento io stesso sto facendo un errore clamoroso: ho spostato l’attenzione dal tema del pezzo a qualcos’altro, facendo “vincere” proprio quei troll che vivono di questo.
    Vivo male l’idea che io debba fare da sceriffo che cancella tutto quello che viene scritto nei commenti che non sia perfettamente aderente al tema. Anche quando si discute fra amici, anche nella discussione più seria e accesa, una battuta può scappare, e nessuno si offende se si è perduto in tensione intellettuale. Odio la barbosità come posa. Però è vero che non si può deragliare nel fancazzismo. La rete è grande, chi vuole fancazzare può farlo a casa sua.

    Giugenna, IPA, Carmilla, hanno tutti i commenti bloccati. E devo dirti che più passa il tempo e più li capisco.

    E qui un’ultima questione: tu hai un bar, io sono un frequentatore del bar. Il bar è un luogo pubblico, ma non è una proprietà pubblica. Non è un sevizio del comune di Gallarate o di Potenza. L’affito lo pago io, qui, non la comunità. Se io venissi tutto il tempo a criticare la tua gestione, alla fine mi puoi dire: “ma che ci vieni a fare se non ti piace? E’ pieno di bar il mondo, cambia bar, o apritene uno tu.”

    Andrea Raos ha postato una poesia con i commenti bloccati. poteva farlo, è il suo bar. E’ scoppiata una polemica dietrologica senza senso. Con tanto che è stato detto che Andrea sarebba stato assente per un lungo periodo dalla rete, e che quindi non avrebbe potuto replicare.
    Non vi va? cambiate bar.
    Ecco perché ti dico che io non verrei mai a casa tua a dirti come devi o non devi arredarla. Se mi chiedi un consiglio te lo do volentieri, altrimenti mi taccio.

    E finisco: non vorrei tu pensassi che questa mia sia un “riprenderti”. Parlo con te perché con te si può parlare. Tu lo sai che apprezzo il lavoro che fai in rete.
    Con i schizzettatori di merda bisogna, invece, solo tacere.

    Resta aperta la questione, lo chiedo a tutti: come mi devo comportare, secondo voi? Cancello e buonanotte al secchio?

    ciao, G.

  14. -papà mi han dato del troll
    -chi? domani vengo io a scuola con te
    -uì tì, non sei capace di dare del troll al luigi davanti a me,eh?!
    – troll, figlio di un troll e di una trolla!
    -non sei capace di dirlo un’altra volta
    – troll, figlio di un troll e di una trolla!
    -luigi, andiamo a casa se no questo qui ci sputtana

  15. Ad es: il commento di Chichibio, allude a chi? E’ una battuta? E’ un insulto? E’ spazzatura? Lo devo tenere? Lo devo cancellare?

  16. Estrapolo da wikipedia, pur sapendo che già sapete meglio di me; proprio per questo continuo a chiedermi perché, invariabilmente, di tanto in tanto, cadete nella rete di questi idioti.

    “Per troll si intende un individuo che interagisce con la comunità tramite messaggi provocatori, irritanti, fuori tema o semplicemente stupidi, allo scopo di disturbare gli scambi normali e appropriati. Spesso l’obiettivo specifico di un troll è causare una catena di insulti; una tecnica comune consiste nel prendere posizione in modo plateale, superficiale e arrogante su una questione già lungamente (e molto più approfonditamente) dibattuta, specie laddove la questione sia già tale da suscitare facilmente tensioni sociali. In altri casi, il troll interviene in modo semplicemente stupido (per esempio volutamente ingenuo), con lo scopo di mettere in ridicolo quegli utenti che, non capendo la natura del messaggio del troll, si sforzano di rispondere a tono…

    Un troll particolarmente tenace e fastidioso può effettivamente scoraggiare gli altri utenti e causare la fine di una comunità virtuale. Se un troll viene invece ignorato (cosa che in genere rappresenta la contromisura più efficace), solitamente inizia a produrre messaggi sempre più irritanti ed offensivi cercando di provocare una reazione, per poi abbandonare il gruppo”.

    Se ho intenzione di discutere il libro di Fofi (che ho letto e apprezzato, come tanto di quello che scrive), l’ultima cosa che farò e farmi irretire da un imbecille di passaggio che spara una cazzata grossa quanto una casa, per il puro gusto di mandare in vacca qualsiasi discussione e, molte volte, rapporti di amicizia e stima consolidati.

    Secondo me, in questo caso, anche Georgia e GdC, pur essendo persone esperte in materia, sono cadute nella trappola di quello stronzo.

  17. raos ha chiuso e aveva tutti i diritti di farlo.
    Ma viene il dubbio che abbia chiuso per non ricevere critiche, non per via dei troll, visto che la traduzione non è che fosse proprio una traduzione ;-)
    Aveva il diritto di farlo lo stesso e stop.
    Lo si può criticare in bacheca, chi vuole farlo lo fa, a me personalmente non interessa minimamente di farlo.
    Gli OT invece non sono un problema, sono un falso problema.
    E’ difficile definire cosa sia un ot e cosa no (voi date troppa importanza agli ot) una discussione interessante ben venga ovunque anche se non ha nulla a che fare con il post.
    Per cazzate in libertà però io intendo quasi tutti i commenti a questo post, a parte i nostri, di marco, temperanza e giorgio.
    Una soluzione potrebbe essere quella di cancellare tutti i commenti di nick chiaramente fasulli e che non abbiano una e-mail (o indirizzo di blog) da cui uno risponda.
    E voi questo lo vedete benissimo.
    E’ chiaro invece che non vadano mai cancellate le cazzate di nick regolari (o nomi veri) , che ci piacciano o meno.
    La rete vive per i commenti, anche cattivissimi, altrimenti è solo una vetrina :-) i blog senza commenti sono vetrine e basta. Tu sai benissimo che la cosa che permette alla rete di respirare è la continua critica, correzione anche distruttiva, ma qui c’è del patologico perchè questi commentini non sono nè critica, nè correzione, nè altro, sono ormai solo sintomo di un disturbo virtuale e sono molto più offensivi e dannosi dei commenti delle persone che avete così gagliardamente allontanato ;-).
    geo

  18. @biondillo

    Ma non vedi l’IP?
    Se dallo stesso IP arrivano sempre scemenze sotto svariate spoglie per me è spazzatura. La tecnica del far finta di niente vale se il troll, pur troll, pur acido, pur odiatore di questo o quello, è tuttavia abbastanza sano di mente, ma se qualcuno viene colto da inguaribile spirito compulsivo e infesta tutti i post segargli le gambe può solo orientarlo verso un buon terapeuta, dunque non solo non è censura, ma è anche un gesto umanitario.
    Cassalo, Biondillo, gli puoi far solo del bene.

  19. gianni il commento di chichibio ha una e-mai riconoscibile?
    no? non ne ha nessuna?
    allora cancellalo pure.
    se invece è uno di voi che fa lo spiritoso, allora lascialo, perchè succede, ammettetelo, che a volte siete voi stessi a intervenire con nick che non sono i vostri;-)
    georgia

  20. Fammi capire, Geo: con le decine e decine di pezzi che Andrea ha postato per anni con i commenti aperti (e insulti a rullo), con traduzioni, pezzi critici, poesie, etc. per una volta che ha chiuso i commenti perché non sarà in rete per un bel po’, allora tu insinui che aveva paura delle critiche alla sua, da sé nominata, straduzione? Boh…

    Poi: dici: “Una soluzione potrebbe essere quella di cancellare tutti i commenti di nick chiaramente fasulli e che non abbiano una e-mail (o indirizzo di blog) da cui uno risponda”
    Ebbene: esistono insultatori, trollisti, OTisti, etc. che scrivono sempre dallo stesso indirizzo email. Uno in particolare è un cazzeggiatore assoluto. Che faccio in questo caso?

    Ce n’è un altro, sempre la stessa email anche se cambia nick ogni volta, che vomita insinuazioni, confonde le acque e devia discussioni. Poi, però, fa anche interventi lucidissimi e di grande valore. Che faccio in questo caso?

    Ce n’è un altro che si firma sempre con lo stesso nick e la stessa email, ma sistematicamente ogni volta che scrive un particolare indiano lo critica a prescindere. Che faccio in questo caso?

    Un altro ancora, stesso nick, stessa email, qualunque cosa si proponga su NI afferma che era meglio se si parlava di qualcos’altro. Che faccio in questo caso?

    etc. etc.

    Insomma, vedi, le variabili sono davvero molte e l’intervento “censorio”, spesso, non riesce ad essere chirurgico così come vorremmo.

    (e poi, quelli che cambiano IP ogni volta, etc. uff… io non ho voglia di inseguire lepri informatiche, ho davvero altro da fare…)

    ;-) ciao, G.

  21. B
    Ebbene: esistono insultatori, trollisti, OTisti, etc. che scrivono sempre dallo stesso indirizzo email. Uno in particolare è un cazzeggiatore assoluto. Che faccio in questo caso?

    G
    Nulla lo lasci cazzeggiare, lo ignori o gli rispondi.

    B
    Ce n’è un altro, sempre la stessa email anche se cambia nick ogni volta, che vomita insinuazioni, confonde le acque e devia discussioni. Poi, però, fa anche interventi lucidissimi e di grande valore. Che faccio in questo caso?

    G
    gli lasci solo gli interventi lucidissimi (al sor cipolla) le insinuazioni invece digli di propinarcele con il suo nick abituale (se sei generoso gliene concedi tre).

    B
    Ce n’è un altro che si firma sempre con lo stesso nick e la stessa email, ma sistematicamente ogni volta che scrive un particolare indiano lo critica a prescindere. Che faccio in questo caso?

    G
    Questo è del tutto legittimo, è il prezzo da pagare per avere i commenti veri e non solo frizzerati

    B
    Un altro ancora, stesso nick, stessa email, qualunque cosa si proponga su NI afferma che era meglio se si parlava di qualcos’altro. Che faccio in questo caso?

    G
    Beh anche in questo caso taci altrimenti chiudi tutti i commenti e stop;-)
    Ma dimmi un po’ i commenti di sopra a quale di queste categorie appartiene?

    Ad ogni modo la mia protesta era rivolta a questo post in particolare, qui offendevano fofi in libertà e abbastanza pesantemente e scioccamente e visto che ti ho visto inalberarti per molto meno, mi domandavo a cosa fosse dovuto questo strano silenzio.
    Ok ti sei chiarito e forse è stato utile anche per te.
    Per il resto … capisco che tu non abbia voglia di inseguire lepri informatiche.
    Su raos non insinuo nulla, se avevo critiche da fare le avrei fatte in bacheca. Ha fatto benissimo a chiudere. Benissimo!!!!!!!;-)
    Chiudere un solo post, se a uno fa piacere, è cosa più che normale e non è neppure la prima volta chelo fate.
    geo

  22. perché er discorzo di Fofi (che sempre mi piace leggere), così come riportato, non mi convince per niente?
    sembra troppo ampio et radicale, mescola cosine di casa nostra con fenomeni planetari, dati strutturali con fenomeni di costume.
    a meno che nel contemporaneo il cosiddetto costume non si stia facendo struttura.
    se c’è stato un (o più) rovesciamento di paradigma nelle masse, e di sicuro c’è stato, bisognerà mettersi prima d’accordo per capire quale sia.
    certo il mito novecentesco della Rivoluzione sembra fatto fuori per un bel po’ di tempo a venire.
    certo è vero che destra e sinistra si differenziano solo per sfumature irrilevanti, ma non sarà perché innanzi tutto non crediamo più in un futuro e tireremo a campare per i prossimi decenni (quanti?) fino a che le scelte, quelle vere, non saranno diventate non-prescindibili?
    “Sparisce la bellezza, è sparito il silenzio. (…).
    è da quando sono nato che è “sparito il silenzio”, per dire.
    cosa sarà il “silenzio”?
    mi viene in mente la giaculatoria pasoliniana sulla scomparsa delle lucciole, salvo poi andare in gita a New York e ritrovarsi tra le lucciole al parco Riverside, mentre torni a casa in piena Manhattan.

    (ha ragione quello che mi dà del tuttologo…)

  23. gianni biondillo (poi la smetto) mi sembra che andrea inglese abbia avuto una idea GENIALE :-)
    Tagliare tutti i commenti cretini (o geniali ma che sembrano decisamente cretini) e depositarli in bacheca :-)))))
    Vera genialata democratica ;-): un intelligente smaltimento dell’immondizia differenziata
    georgia

  24. The last OT

    Sono l’ultimo arrivato e, per quello che conta, esprimo il mio parere, ammesso che possa interessare qualcuno.

    Credo che la soluzione adottata non risolva assolutamente il problema e la dà vinta alla mentecatta ideologia trollista: perché, se d’ora in avanti, per commentare secondo il proprio sentire, uno è costretto a controllare la spontanea e libera espressione del proprio pensiero, cercando a tutti i costi di irrigidirlo e di costringerlo in uno schema concettuale dettato da chi posta il pezzo, è proprio la fine. A volte anche una battuta, lo scazzo o la più sapida delle ironie aprono al confronto e al dialogo prospettive imprevedibili di intelligenza, conoscenza e pensiero. Io credo che vadano cancellati solo quegli pseudo commenti che recano tracce evidenti di offese alla dignità della persona e alla libera espressione del suo pensiero; in ogni altro caso è puro esercizio di attività censoria, anche contro i sentimenti e la volontà stessa di chi lo mette in pratica. Se uno vuole un salottino dove si ammicca e ci sbaciucchia subito ad ogni alzatina del tono della voce o del sopracciglio, può crearselo a casa sua: la finzione di un dialogo laddove esiste solo un silenzio tombale.

    Se lo scopo ultimo dei troll è quello di distruggere una comunità, sia pure virtuale, credo abbiano già vinto.

    Saluti a tutti.

  25. avevo letto depositarli in banca, da georgia sai…

    @temperanza tu invece mi fai soffrire, sei ti una parasanga sopra gli abituati, o come si chiamano quelli che non sono troll, perchè ti tuffi nella canea?
    Quello di riconoscere lo stile è un buon metodo, io propongo di tagliare tutti i commenti, troll o non troll, che offendono la letteratura perchè sotto una soglia di qualità campione, ok?

  26. un intelligente smaltimento…una genialata…a parità di editore… ma dico, dico, temperanza, m’aspetto che tu punti i piedi insieme a me, cristo!!

  27. ma non ti urta giorgio, aqui arriba, è quello in fabula?, che scrive, come un bambino, ti spacco il culo, boh, non vale la fatica dello scroll

  28. prendi tashtego, io sento che è un uomo, è un uomo, e un idiota gli dà del tuttologo, parola che neanche bristow userebbe mai

  29. temperanza, un nome una faccia, e invece…ti associo ormai a quell’altra che ci ha sospinto, noi riluttanti, a vedere una sua foto di pera…

  30. siccome ciascun redattore ha il diritto/dovere di seguire il suo post, e voi di NI siete 1 blog in apparenza, ma n blogs in sostanza (tanti quanti i singoli redattori), ciascun postante si regoli come creda.
    io parlo perché ho la bocca, e digito perché ho un dito: non mi offenderei mai se uno taglia/tappa. ne trarrei solo le dovute conseguenze (esattamente come nelle osterie del mio paese, dove so se in una si può cantare ad es., o no). Da tempo sostengo qui che i redattori di NI, se veramente volessero non dico risolvere, ma studiare il problema, aprirebbero un metapost: ma nessuno lo fa, e si affrontano i problemi in coda (nella fattispecie, la coda di un asino).
    Colgo l’occasione per ringraziare i gestori tutti dell’ospitalità e della mescita gratuita. Sono stato stoppato 2 volte sole, da Raos sul post di Schmidt (ironia della sorte, nel post si parlava della censura cui fu sottoposto Arno), e sono convinto che Raos se tornasse in NI non lo farebbe più; e l’altro giorno sotto il post di Inglese sulla testimonianza, e penso che Inglese se potesse ritorneeebbe subito indietro (chissà se dorme… avevo messo semplicemente una frase di Celan sulla testimonianza, una frase famosa che ha fatto e fa pensare i più grandi intepreti, da Gadamer a Derrida, solo che invece di scrivere P. Celan ho scritto P. Teitler, che è il suo cognome vero, essendo Celan un nick-pseudonimo).

  31. Scusate, mi intrometto con molta umiltà. Ho conosciuto due mesi fa NI e me ne sono innamorato. Al punto da litigare di brutto con una persona su un suo blog, perchè aveva insultato pesantemente autori e commentatori.
    Il mio parere conta poco ma a me piace così com’è. Gestisco da poco un mio forum, roba fatta artigianalmente da amici, e ho messo dei filtri di protezione che impediscono l’inquinamento dell’ambiente. Però devo ammettere che è un limite non da poco e lascia poco spazio alla libertà di espressione, gli iscritti si sentono, come dire, osservati.
    Qui in NI si leggono a volte commenti scemi ma sono solo una piccola parte e si possono saltare con facilità, passando agli argomenti interessanti senza badare troppo al resto sentendosi liberi di esprimere la propria opinione.
    Biondillo, va bene così, secondo me.
    Ciao.

  32. @ Gianni, la qualità del blog la fanno anche gli “amministratori”. Uno dei blog che preferisco è quello di Igort. Be’ Igort quando c’è l’insinuazione pesta giù duro, l’ultima volta ha consigliato di leggere Playboy in quanto segaioli. Ma allo stesso tempo è sempre per il dialogo, in un certo senso mi fa pensare a Scarpa quando era su NI, però con modi più rudi. Praticamente da Igort succede questo: commenti eliminato a go go e massima apertura per le opinioni. E’ paradossale ma è così, ed è possibile perché Igort è un caporale ma anche una persona molto sensibile e intelligente. Le qualità umane che si possiedono e che si intende investire segnano sempre la comunità che metti in piedi.

  33. Sul post di Schmidt, mi ricordo, ci fu un un commento, il primo, che si firmò Walter Siti. Non era uno di quei commenti che utilizzano il nome di un altro per evidente burla, poteva, insomma, essere assai ingannevole.
    Io per primo lo notai e chiesi nella mailing interna se era davvero Siti a scrivere quelle parole. Un altro indiano si premunì di chiedere a Siti il quale negò e chiese, anzi, il piacere di eliminare il commento. Così fu fatto. In quel caso, potremmo dire, fu l’intera redazione a decidere di rimuovere il commento, non un singolo.
    Ora: se io mi firmassi con nome di un altro, facendomi credere lui, tra l’altro, starei facendo qualcosa di illegale. Ma perché io redattore mi tocca fare da poliziotto? non ne ho prorpio voglia.
    Il post su Schmidt fu devastato, da dopo quel avvenimento, da illazioni, battute, dietrologie, trollismi. Cos’era, una vendetta?
    Insomma: che palle!
    Mi sa che ha ragione Andrea: pestare duro! ;-)

  34. ma se in settembre il numero di visitors è aumentato!
    Gianni, ti do del tu perchè mi sei simpatico, secondo te è merito dei postini, dei regolari o della troll war?

  35. ma lo sai che, se togli i due troll e i relativi eteronimi, il numero dei regolari,
    e sorvolo sull’appeal dei più tanti, è a un dipresso

  36. Se non è OT e in più indiscreto, potete indicare il prezzo di copertina in euro del libro di Fofi? Grazie.

  37. chiedo all’on. ministro mussi di mandare ispettori all’università dove ‘lavori’, al ministro fioroni per la scuola dove ‘lavori’, o chiedo al ministro compagno ferrero dei servizi e della solidarietà sociale di trovarti un cazzo di lavoro che ti impegni oltre le seghe. se sei filosofo, e che filosofo, sai anche, forse, la saggezza popolare tipo che il troppo scassa davvero la minchia.

  38. Trollova Betova: il libro costa 12,00 euro.

    Bolsillo vacìo:
    è fisiologico che con l’aumento dei visitatori ci sia anche un aumento dei troll. La domanda che io mi sto ponendo è: la eccessiva presenza dei troll può uccidere ogni possibile discussione e, di conseguenza, fare allontanare anche chi vorrebbe parteciparvi alla discussione?

  39. io non condivido che il loro aumento sia fisiologico, dipende dal terreno e dal vitigno, come la peronospera. NI ha bisogno di incroci.
    L’inflazione attuale è falsa. Non c’è nessuna moltiplicazione, sono solo due canaglie, ma presto si stancheranno, capisci ammè.
    il post del marketing non ha già risposto alla tua domanda?

  40. Gianni, secondo te? si aprono i commenti ed è un delirio in questi giorni… che discussione si può fare così? mica per i nick, è la schizofrenia dei contenuti che tiene fuori dai piedi. Uno che ha letto il commento di Tash e pensa alle cose scritte da Fofi e vuol dire qualcosa, apre i commenti e si trova in giostra! Nulla contro le giostre, però perché si deve perdere tempo con le idiozie? Peccato.
    un abbraccio
    ps
    non è più cazzeggio, è non sense.

  41. sì, i troll fanno aumentare le vendite in misura maggiore della diminuzione degli abbonamenti, e non va bene? la fuga dei cervelli è un’altra cosa

  42. Gianni, credo che Gabriella abbia perfettamente ragione. Io d’ora in avanti mi limiterò a leggere soltanto, in particolare i pezzi che m’interessano.
    Pace e bene.

  43. Chiede Biondillo:

    “la eccessiva presenza dei troll può uccidere ogni possibile discussione e, di conseguenza, fare allontanare anche chi vorrebbe parteciparvi alla discussione? ”

    la mia risposta, per quello che vale, è sì.

    Ed è un peccato perchè i troll a volte sono spiritosi, a volte fanno battute fulminanti, ma questi che si vedono ultimamente sono solo noiosi. Insomma, c’è troll e troll.

  44. Io traccio il mio bersaglio
    intorno all’oggetto colpito,
    io non colgo nel segno ma segno
    ciò che colgo, baro,
    scelgo il mio centro dopo il tiro.

  45. Dài Georgia, raccontaci quando impazzavi per i blog coi tuoi pazzi nick! Ti ricordi Dismanibus? Sarà passato forse un anno. Se hai problemi di memoria, ti aiuto io, coi miei metodi ovviamente.

  46. guarda torquemada (uno dei tanti nick di cipolla) che io NON ho mai scritto in rete se non come gEorgia, se qualcuno si è fatto passare per me io non ne so nulla, ma non sarebbe una cosa strana.
    Chiunque mi conosca sa che non ho mai scritto che firmandomi gEorgia, è più forte di me non riesco a sdoppiarmi anche se lo volessi.
    Tra l’altro io un nick dismanibus manco l’ho mai ncontrato, mentre tu caro cipolla hai già rotto a svariati blog in rete.
    Io capisco le critiche dure, le battute velenose, le litigate ecc. ma non capisco come mai ti diverti a rovinare così le cose belle e far chiudere o bloccare i blog intelligenti, il troppo virtuale crea a volte queste dipendenze.
    Stacca il cavetto per qualche giorno e poi ritorna ripulito che quando vuoi sai anche essere interessante.
    geo

  47. piano E, piano. prima di tutto nome, cognome e indirizzo. poi, con calma (mia), metteremo in fila i nick (tuoi).

  48. Va beh… dico pure io la mia.
    Ho letto il pezzo di Biondillo e poi tutti i (pochi) commenti al libro di Fofi. Il resto l’ho sorvolato con un colpo di rotellina di mouse.
    Se non ho capito male Biodillo mette in evidenza i limiti, all’atto pratico, del pensiero di Fofi; ma sulla sua analisi del del, come dire… mondo, concorda?

  49. qui si sorvola troppo, peccato, perchè un’idea buona è uscita, quella di fare nuovi innesti in redazione.
    Un esperto di porcellane, un suonatore di didgiridoo, un orientatore, oppure mettiamo su un bar, al Pretenzioso, e mortallì

  50. GB says, Oct. 9th at 12:51: *Sul post di Schmidt ci fu un commento, il primo, che si firmò Walter Siti. Non era uno di quei commenti che utilizzano il nome di un altro per evidente burla, poteva essere assai ingannevole. Lo notai e chiesi nella mailing interna se era davvero Siti. Un altro indiano si premunì di chiedere a Siti il quale negò e chiese di eliminare il commento. In quel caso fu l’intera redazione a decidere. Ora: se mi firmassi col nome di un altro facendomi credere lui, starei facendo qualcosa di illegale. Il post su Schmidt fu devastato, da dopo quel avvenimento.*

    1- In effetti il secondo commento, che dichiarava la rimozione del primo, *Redazione says, Sept. 22nd: Qua c’era un commento a firma Walter Siti, palesemente falso.* Allora, era palesemente falso o assai ingannevole?! Lo sapete solo voi della redazione, e anzi, se com’è logico l’avete conservato, dovreste postarlo in bacheca.

    2- Se firmarsi col nome di un altro è illegale, segnalo un’altra mina da far subito brillare, da me situata nel post su Schmidt a firma Walter Siti il 23 sett: *Mi chiamo Siti, Walter Siti come Raos*.

    3- Raos mi aveva stoppato 3 contro 1 il giorno prima: *Il troppo stroppia says at 11:39: Selezioni le sue uscite @egregio db / Il troppo stroppia says at 11:46: Se le uscite sono dei suoi sodali spieghi loro che così facendo ammazzano ogni post / Raos says at 12:22: Borso, ascolti le parole di saggezza di “Il troppo stroppia”.* Il commento di Raos era il n. 20. Da allora, ossia da 16 giorni fa, il thread è proseguito, ha raggiunto i 130 commenti anche se per ora siamo solo in due a intervenire, e sta affrontando sulla scorta di Schmidt un tema cruciale: che differenza c’è tra gli uomini e gli animali? Accorrete numerosi (sia uomini che caporali)!

  51. DB,
    ok, sono il responsabile della cancellazione: il post è stato eliminato da me e non ho avuto l’arguzia di conservarlo. Alcuni l’avevano scambiato per Siti, davvero. Io, leggendolo, l’avevo trovato palesemente falso. Perciò non ho detto una bugia: era palesemente falso (per me) ma ingannevole (per altri). Non sono stato preciso a suo tempo? E perché questa ossessione alla precisione, quando si tratta degli altri?

    Non so cosa intendi con: “Raos mi aveva stoppato 3 contro 1 il giorno prima”. Ciò che so che “Il troppo stroppia” non era RAOS, lo so per certissimo.

    CLAUDIO,
    una precisazione: il pezzo NON è scritto da me ma da Antonio Donghi, io l’ho semplicemente pubblicato. Speravo aprisse una discussione, a quanto pare sbagliavo.

  52. It seems that trolls have not caused the retreat of the fanatics.
    Allow me then to say with our bard: so much ado for nothing.

  53. La quasi totalità dei commenti non erano commenti e quindi richiedono una risposta. Il primo intervento, quello di Georgia, ed il sunto fornito da Claudio mi sembrano interessanti. Per alcuni versi si rimandano. Tengo a precisare che io, tantomeno, Fofi, non sostengo la divisione tra cultura e politica a vantaggio della politica, come pare interpretare Georgia né una divisione manichea tra bene (teoria) e male (pratica). La questione è molto più sottile, ed è semmai vero il contrario. Queste due dimensioni sono inscindibili. Proprio ritenendo la cultura indipendente dalla politica si rischia di rendere la politica immorale ed utilitaristica. Proprio chi crede che le idee possano restare pure e che sporcarsi le mani con la realtà sia un’altra faccenda, fa le peggiori cose. Ritenendo che la cultura abbia a disposizione una sfera propria, si corre il rischio di andare a vivere sulle nuvole. Quello che Fofi invece invita a fare è proprio il contrario. Essendo però una scelta impegnativa, il suo discorso si limita, di necessità, a pochi ascoltatori. Per proseguire su questo ragionamento e cercare di lanciare un dibattito magari con un’altra recensione (sono d’accordo con Gianni Biondillo, per questo libro la discussione non è partita e quindi si può anche considerare conclusa) consiglio di leggere il libro che il professor Pier Aldo Rovatta ha fatto uscire per Cortina, La filosofia può curare?
    Salute a tutti.

  54. Correggo una svista fatta scrivendo la risposta:
    La quasi totalità dei commenti non erano commenti e quindi NON richiedono una risposta. Invece…………..

  55. In effetti è veramente una tristezza leggere in questi gg i (non)commenti di NI. Ho letto questo post e quello su Zanzotto, che vantano moltissimi commenti, immaginandomi una grande discussione e invece….

    Comunque approfitto per dire una cosa che ho appena sentito sul tg5:
    Bertinotti in Ungheria a rendere omaggio alle vittime dell’invasione del ’56 ha detto, tra l’altro (vado a memoria):
    “Così come questa tragedia testimonia che non si può esportare la rivoluzione senza snaturare la rivoluzione stessa, così la guerra in Iraq testimonia come non si possa esportare la democrazia se non snaturando la democrazia”.

  56. @ Lorenzo G.
    Complimenti, ottima memoria.
    Ha detto anche “il rischio del potere è che estaniandosi dal popolo diventa occhiuto e oppressore”….. “Siamo nani sulle spalle dei giganti. Il giudizio deve essere dato da questa condizione. Ci sono momenti in cui c’è una sospensione di umanità e noi fatichiamo a accettare questo registro.
    L’altro spesso non vede perché crede di interpretare il cinismo della storia.”
    Ed ha trovato il modo di citare anche Brecht, morto proprio nel 1956 – quest’anno fanno cinquant’anni.

    Un’altra frase di Brecht che trovo interessante perché riconducibile a tutte le guerre:

    Non è la prima.
    Prima
    ci sono state altre guerre.
    Alla fine dell’ultima
    c’erano vincitori e vinti.
    Fra i vinti la povera gente
    faceva la fame.
    Fra i vincitori
    faceva la fame
    la povera gente egualmente.

    E se questo fosse un commento triste poco male: di questi tempi c’è ben poco di cui essere allegri.

  57. “Bertinotti in Ungheria a rendere omaggio alle vittime dell’invasione del ‘56 ha detto, tra l’altro (vado a memoria):
    “Così come questa tragedia testimonia che non si può esportare la rivoluzione senza snaturare la rivoluzione stessa, così la guerra in Iraq testimonia come non si possa esportare la democrazia se non snaturando la democrazia”.”
    Forse la frase bertinottiana andrebbe integrata da una precisazione.
    Democrazia e rivoluzione sono esportabili, eccome, ma non possono essere imposte con la forza a chi non ne vuole sapere.
    L’altra precisazione riguarda il termine “rivoluzione” applicato a ciò che fu “esportato” in Ungheria.
    La rivoluzione russa era finita da almeno vent’anni, era diventata una dittatura e l’esportazione ungherese fu un fatto non politico, ma geo-politico e imperialistico.
    Bertinotti avrebbe fatto meglio a parlare di imperialismo comunista.

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GIANNI BIONDILLO (Milano, 1966), camminatore, scrittore e architetto pubblica per Guanda dal 2004. Come autore e saggista s’è occupato di narrativa di genere, psicogeografia, architettura, viaggi, eros, fiabe. Ha vinto il Premio Scerbanenco (2011), il Premio Bergamo (2018) e il Premio Bagutta (2024). Scrive per il cinema, il teatro e la televisione. È tradotto in varie lingue europee.
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