Miracle! di Lakis Proguidis (trad. Cris Altan)

corda_indiana.jpg Ah, quel cartellone pubblicitario alla fermata dell’autobus… ho rischiato di esser vittima di un arresto cerebrale. Invento questo termine medico per chiarire che nel mondo attuale il cervello può essere soggetto a trombosi letali. Ma sì, da un momento all’altro la centrale del pensiero può, come il cuore, rifiutarsi di funzionare. In questi casi il corpo continua a vivere normalmente: sente, beve, inghiotte, digerisce, scoreggia, fa l’amore impeccabilmente, si stanca e dorme. Ma il raziocinio va in tilt. Bloccato. Non si tratta di follia, e nemmeno di un delirio. È peggio. È come se d’improvviso uno spesso sipario ci calasse dentro il cranio, separandoci dalle nostre facoltà critiche. Tremendo.
L’unica cosa che sappiamo con certezza è che la nostra capacità di riflettere è rimasta dall’altra parte del sipario e questo “sapere” è l’ultimo. Ai fini dell’arricchimento degli annali clinici, aggiungerò che questa condizione perdura fintanto che l’intelligenza rimane in coma. Coma da cui, peraltro, non si esce, come nel mio caso, che per miracolo.

Ma andiamo per ordine. Andando a prendere l’autobus, quel mattino memorabile, mi perdevo in divagazioni riflettendo su ciò che mi preoccupava da qualche giorno. Si trattava di capire se nella nostra epoca iperpostmoderna restasse ancora qualcosa dell’antica arte del romanzo. Dove sono andati a finire, mi chiedevo, tutti quei bei Don Chisciotte, papà Goriot, Tristam Shandy, Wilhelm Meister, Stavrogin, Emma Bovary, Bloom e chi più ne ha più ne metta? Passavo in rivista i romanzi più recenti che avevo letto senza riuscire a trovare dei soggetti paragonabili agli eroi dei romanzi di un tempo. Perché? Che è successo? Il nostro mondo ha smesso di essere divertente, inquietante e indecifrabile insieme, come i mondi in cui hanno vissuto gli eroi succitati? Siamo forse indegni dei grandi personaggi di una volta? Sono definitivamente scomparsi dal nostro immaginario? Sono stati sterilizzati? Non avranno mai più degli epigoni?… Magari, mi dicevo con scetticismo, di tutte quelle meraviglie oggi non resta più niente.

E all’improvviso, il cartellone. Mi fermo di colpo sul testo stampato a caratteri cubitali: PER ME, ME E ME. Quel che c’è intorno è solo per un riempitivo. La trovata messa in avanti è quel me ipertrofico. Certo, in generale l’immagine ha un ruolo essenziale nella pubblicità, ma in questo caso specifico passa in secondo piano. C’è il busto di una donna confortevolmente bella. Ha uno sguardo da assistente sociale quarantaduenne, con due bambini e un ex. E un sorriso da Gioconda. In un punto qualsiasi è evocata in caratteri troppo piccoli la ragion d’essere della pubblicità: una marca di cosmetici.

Descrivo tutti questi particolari a posteriori, perché da stamane ho rivisto quel cartellone un centinaio di volte. Altrimenti non potrei descrivere un bel niente. Quel ME triclonato è stato la causa di quell’ineffabile esperienza che chiamo, in mancanza di meglio, arresto cerebrale. Era come se una macchina misteriosa mi avesse strappato a un mondo familiare per proiettarmi in un altro mondo del tutto nuovo. E per giunta del vecchio mondo, del mondo che era stato il mio fino all’istante in cui il me autogenerato si è imposto ai miei occhi, non restò alcuna traccia. Che altro dire? Mi sembra impossibile spiegare un’esperienza che nessun altro, suppongo, ha mai vissuto. In ogni caso ciò che accadeva concretamente era questo: in quel nuovo mondo del me, ero in possesso di tutte le mie facoltà, salvo il pensiero.

Non chiedetemi com’è il mondo privo di pensiero. È. Posso a buon diritto testimoniare della sua esistenza. Ma apparentemente, quando si torna al mondo in cui il pensiero funziona ancora, si perde la capacità di immaginare ciò che è il suo contrario assoluto: il mondo del non-pensiero. So però ormai come entrarci, in determinate condizioni, s’intende. Dalla porta della pubblicità. Quanto all’uscita, lasciate da parte ogni speranza.

In realtà, oggi sono incapace di dire quanto tempo sono rimasto in quell’altro mondo. Non riesco neanche a capire cosa abbia provocato il mio ritorno nel mondo che è il mio. La sola cosa che rammento precisamente è la frazione di secondo in cui è avvenuto quel ritorno.
Ricordo che mi passò per la mente la parola “niente”, che, angosciato, ho ripetuto più volte: niente, niente, niente… Ho capito allora in un lampo che ero di ritorno nel mondo “normale”. Come? Semplice: attraverso quel “niente” avevo appena ripreso il filo del mio dialogo interiore interrotto per accidente dal me inflazionato, onnipresente e onnivorace del cartellone pubblicitario. In effetti, quel “niente” rispondeva all’interrogativo che mi ponevo prima del trasferimento nell’universo del me: “resta qualcosa del romanzo, nel mondo attuale?”

Niente? Ecco, niente. Niente? Ma insomma,… niente? Non si dovrebbe fare qualche distinzione? No e poi no! La risposta giusta non conta. È stato grazie a quel “niente” che sono guarito. Niente? Confermo e insisto. Ormai so che il pensiero può sfuggirmi da un momento all’altro. Meglio quindi dire un’assurdità qualsiasi che rischiare di ritrovarsi di nuovo aldilà del sipario. Del resto da stamane, da quando sono uscito di casa e fino al mio rientro, di fronte a ogni cartellone pronuncio la formula magica: niente, niente, niente. E funziona benissimo.

Nota: questo testo è su Sud n°7

Print Friendly, PDF & Email

2 Commenti

I commenti a questo post sono chiusi

articoli correlati

Deus ex Makina: Maniak

di Francesco Forlani
Da un po'sto collaborando con Limina Rivista, con delle autotraduzioni dal francese di piccoli assaggi ( essais) letterari pubblicati in oltre vent’anni sulla rivista parigina l’Atelier du Roman diretta da Lakis Proguidis. Dopo Philip K Dick, Franz Kafka, Anna Maria Ortese, Charles Dickens è stata la volta di Boris Vian. Qui una nota a un libro indispensabile.

Overbooking: Eugenio Manzato

Alberto Pavan
Il romanzo narra la vita di Antonio Romani, vissuto tra la campagna trevigiana, Padova e Venezia, tra il 1757 e il 1797, l’anno in cui nella notte del 12 maggio, con Bonaparte alle porte, la narrazione si interrompe con un finale aperto che alimenta nel lettore il desiderio di un sequel.

Les nouveaux réalistes: Pierangelo Consoli

di Pierangelo Consoli
Per questo, quando mia madre divenne Alberta, tramutandosi in qualcosa di più collettivo, io non soffrii tanti cambiamenti, almeno per quello che riguardava la gestione delle faccende, perché erano già molti anni che me ne occupavo. Usciva pochissimo, come ho detto, eppure il giorno dei morti restava, nel suo calendario, un rito al quale non poteva rinunciare.

Colonna (sonora) 2024

di Claudio Loi
15 album in rigoroso ordine alfabetico per ricordare il 2023 e affrontare le insidie del quotidiano con il piglio giusto. Perché la musica, quella giusta, è la migliore medicina che si possa trovare sul mercato. Buon ascolto!

Les nouveaux réalistes: Annalisa Lombardi

di Annalisa Lombardi
Per questa nuova puntata dei nouveaux réalistes, un polittico di esistenze minime perdute tra i massimi sistemi della vita e della storia. Come nei Racconti con colonna sonora di Sergio Atzeni, la voce dei personaggi è incisa sulla musica di fondo delle cose. (effeffe)

Cose da Paz

di Massimo Rizzante
Partiamo da qui: la poesia, l’arte in genere, non ama ripetersi. Ciò non significa che non possa ripetersi. Ecco la mia teoria: quando la poesia non si accorge che si sta ripetendo, la Storia inevitabilmente si ripete. Ciò se si crede, come io mi ostino a credere che, a differenza della poesia di Omero, nessuno studio storico potrà mai dirci qualcosa di essenziale su chi sono stati gli antichi Greci.
francesco forlani
francesco forlani
Vivo e lavoro a Parigi. Fondatore delle riviste internazionali Paso Doble e Sud, collaboratore dell’Atelier du Roman . Attualmente direttore artistico della rivista italo-francese Focus-in. Spettacoli teatrali: Do you remember revolution, Patrioska, Cave canem, Zazà et tuti l’ati sturiellet, Miss Take. È redattore del blog letterario Nazione Indiana e gioca nella nazionale di calcio scrittori Osvaldo Soriano Football Club, Era l’anno dei mondiali e Racconti in bottiglia (Rizzoli/Corriere della Sera). Métromorphoses, Autoreverse, Blu di Prussia, Manifesto del Comunista Dandy, Le Chat Noir, Manhattan Experiment, 1997 Fuga da New York, edizioni La Camera Verde, Chiunque cerca chiunque, Il peso del Ciao, Parigi, senza passare dal via, Il manifesto del comunista dandy, Peli, Penultimi, Par-delà la forêt. , L'estate corsa   Traduttore dal francese, L'insegnamento dell'ignoranza di Jean-Claude Michéa, Immediatamente di Dominique De Roux
%d blogger hanno fatto clic su Mi Piace per questo: