Il peluche di Cornel

di Marco Rovelli

Al secondo piano del casolare di via Malvezza c’è la stanza di Cornel. Un lenzuolo arancione alla parete per occultare quel troppo bianco, e troppo sporco. Uno specchio ai piedi del letto, e nell’angolo opposto una televisione. Stava guardando Il gladiatore. No, non mi disturbi, dice, L’ho già visto tante volte. La moglie resta distesa sul letto, è arrivata dalla Romania solo da tre mesi, ancora non parla italiano. Sta quasi tutto il giorno qui, a vegliare, in questo casolare occupato da rom che da anni occupano campi e casolari bolognesi e regolarmente vengono sgomberati.
Su una panca messa di traverso davanti allo specchio ci sono diversi peluche. Il più grande è un coniglio argentato con le orecchie che gli spuntano da un cappello di circo. Gli fanno corona due o tre orsetti marroni. Sono di mio fratello che sta nell’altra stanza, dice Cornel, Lui è qui con due figli. Ti piacciono? dice, Prendine uno! Ho risposto di no, dentro di me qualcuno ha detto che era brutto togliere una cosa a chi ha così poco. E invece sarebbe stato bello e giusto prenderlo, e non solo perché lo desideravo, ché addirittura ho pensato, se pensare è la parola giusta per il lampo di un’immagine, che un domani avrei avuto piacere a farlo diventare l’orsetto di mio figlio, io che fino ad ora non sono mai stato sfiorato da pensieri paterni, non solo per questo sarebbe stato giusto prenderlo, perché lo desideravo e lo vedevo nel mio futuro, ma anche perché con quel gesto avrei sottratto un pezzo di Cornel a quello stato d’eccezione, lo avrei restituito a una normalità condivisa attraverso un gesto di accettazione e di cannibalismo, portandomi via un po’ di lui, un po’ della sua carne e della sua gioia. Invece ho esitato, e ho mancato.
Mi sono portato via solo le sue parole, e la sua stretta di mano, e il suo accompagnarmi fino alle scale da dove si scende al piano terra, dove gli altri rom stavano a guardare la televisione insieme a Luciu, il boss del casolare, un uomo di un quintale e oltre, con i capelli lunghi tirati all’indietro, maniere spicce, tatuaggi e una maglietta da metallaro.

Cornel, 33 anni, è originario di Craiova, la città da dove vengono la maggior parte dei romeni bolognesi. In realtà Cornel viene dalla zona di Craiova, da un paese a una ventina di chilometri dalla città, e ha sempre fatto il bracciante agricolo. Poi, negli anni novanta, con l’agricoltura non si sopravviveva più, i contadini sono stati costretti a vendere gli appezzamenti di terreno che un tempo appartenevano allo stato, e molti sono stati acquistati da agricoltori italiani in attesa delle sovvenzioni che presto cominceranno ad affluire dalla Comunità europea.
Allora Cornel è venuto in Italia, cinque anni fa, e da tre lavora come elettricista, ovviamente in nero essendo lui clandestino, anche se il suo padrone è un bravo ragazzo che gli ha pagato perfino un viaggio in Romania a suo tempo, e che vorrebbe pure metterlo in regola se potesse, ma non può. Lui fa l’elettricista e suo fratello il muratore, ma almeno il fratello ha fatto venire il figlio, Cornel non può permetterselo, suo figlio è in Romania con suo padre, e lui da tre anni non lo vede. I peluche stanno qui nella sua stanza, lui li guarda e pensa al figlio che vede riflesso in quei peluche ai piedi dello specchio.

Adesso quei peluche sono ancora lì, ai piedi dello specchio. Ma non c’è Cornel, e neppure sua moglie. Loro sono venuti a prenderseli ieri mattina le forze dell’ordine, alle cinque e mezza. Sono arrivati silenziosamente, con due pullman, bloccando l’ingresso della strada, una strada lunga e dritta tra i campi, di fronte il muro di una zona militare, e hanno circondato il casolare. I cinquanta rom, compresi i neonati e le donne incinta, si sono fatti prendere senza opporre resistenza, abituati come sono agli sgomberi e alle deportazioni, è una vita che vengono sgomberati e deportati. Le forze dell’ordine in cambio li hanno fatti vestire, ma non hanno potuto prendere niente, hanno dovuto lasciare lì vestiti, televisioni, peluche.
Li hanno portati in caserma, e fuori c’è un aereo charter che porterà Cornel e sua moglie indietro in Romania. I peluche invece sono rimasti. E questo è il motivo ulteriore del mio mancamento.

“Vogliamo ringraziare le forze dell’ordine per lo sgombero dei 50 rom avvenuto stamattina in via Malvezza a Bologna, ma anche l’onorevole del Carroccio Gianluca Pini che lunedi’ scorso ha fatto un sopralluogo nella zona e ha denunciato la situazione. Questa operazione dimostra che se c’e’ la volonta’ e la determinazione i problemi si possono risolvere”’.
Il segretario provinciale della Lega Nord di Bologna, Manes Bernardini, ha commentato cosi’ lo sgombero di 50 rom effettuato oggi all’alba a Bologna da Polizia e Carabinieri.

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Marco Rovelli nasce nel 1969 a Massa. Scrive e canta. Come scrittore, dopo il libro di poesie Corpo esposto, pubblicato nel 2004, ha pubblicato Lager italiani, un "reportage narrativo" interamente dedicato ai centri di permanenza temporanea (CPT), raccontati attraverso le storie di coloro che vi sono stati reclusi e analizzati dal punto di vista politico e filosofico. Nel 2008 ha pubblicato Lavorare uccide, un nuovo reportage narrativo dedicato ad un'analisi critica del fenomeno delle morti sul lavoro in Italia. Nel 2009 ha pubblicato Servi, il racconto di un viaggio nei luoghi e nelle storie dei clandestini al lavoro. Sempre nel 2009 ha pubblicato il secondo libro di poesie, L'inappartenenza. Suoi racconti e reportage sono apparsi su diverse riviste, tra cui Nuovi Argomenti. Collabora con il manifesto e l'Unità, sulla quale tiene una rubrica settimanale. Fa parte della redazione della rivista online Nazione Indiana. Collabora con Transeuropa Edizioni, per cui cura la collana "Margini a fuoco" insieme a Marco Revelli. Come musicista, dopo l'esperienza col gruppo degli Swan Crash, dal 2001 al 2006 fa parte (come cantante e autore di canzoni) dei Les Anarchistes, gruppo vincitore, fra le altre cose, del premio Ciampi 2002 per il miglior album d'esordio, gruppo che spesso ha rivisitato antichi canti della tradizione anarchica e popolare italiana. Nel 2007 ha lasciato il vecchio gruppo e ha iniziato un percorso come solista. Nel 2009 ha pubblicato il primo cd, libertAria, nel quale ci sono canzoni scritte insieme a Erri De Luca, Maurizio Maggiani e Wu Ming 2, e al quale hanno collaborato Yo Yo Mundi e Daniele Sepe. A Rovelli è stato assegnato il Premio Fuori dal controllo 2009 nell'ambito del Meeting Etichette Indipendenti. In campo teatrale, dal libro Servi Marco Rovelli ha tratto, nel 2009, un omonimo "racconto teatrale e musicale" che lo ha visto in scena insieme a Mohamed Ba, per la regia di Renato Sarti del Teatro della Cooperativa. Nel 2011 ha scritto un nuovo racconto teatrale e musicale, Homo Migrans, diretto ancora da Renato Sarti: in scena, insieme a Rovelli, Moni Ovadia, Mohamed Ba, il maestro di fisarmonica cromatica rom serbo Jovica Jovic e Camilla Barone.
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