Che gioia vivere!

9788888764528g.jpgdi Franz Krauspenhaar

Se ne è andato Aroldo Tieri. A 89 anni, dopo una vita trascorsa a recitare per noi. Burbero e dalla battuta pronta, gran signore dello spettacolo.

Dizione perfetta, voce dal timbro unico, attore di teatro fra i migliori, in Italia, dell’ultimo mezzo secolo. E poi attore di contorno in forse un centinaio di film, spalla in svariate pellicole di Totò, in tanti film comici e brillanti assieme a tanti grandi attori come lui.

Lui, Aroldo: così scattante, così brillante e pieno di fascino. Tantissimi ruoli: segretario, spasimante, promesso sposo, duca, principe, marchese, governatore, onorevole, intrallazzatore, bancarottiere, mago, giudice, notaio, giornalista, interprete, commissario, marito.

La sua compagna da quarant’anni, l’attrice teatrale Giuliana Lojodice, lo adorava, parlava spesso della sua grande forza. Uomo del profondo sud (era nato in Calabria nel 1917) Tieri era un uomo fiero e onesto, ed è stato un attore straordinario. Che gioia vivere (titolo di una pellicola alla quale partecipò) – così: al servizio del pubblico, come voleva lui.

Qui di seguito, per ricordarlo meglio, Aroldo, una schermata di tutti i film a cui ha partecipato; una lunga carriera sullo schermo, dal 39 al 69. E comunque, sempre, fino a pochi anni fa, il suo vitale elemento: il teatro.

 

Nero Wolfe: Veleno in sartoria (1969) (TV) …. Boyden McNair

“Giocando a golf una mattina” (1969) (TV) …. Ed Royce

Non cantare, spara (1968) (TV)

Feldmarescialla, La (1967) …. Major Kurt von Baum
Soldati e capelloni (1967)

“Melissa” (1966) (TV)

Due sergenti del generale Custer, I (1966) …. Specialista

Due mafiosi nel Far West (1965) …. Ramirez
Salome ’73 (1965)

Con rispetto parlando (1965)

Non son degno di te (1965) …. Funzionario Tv

Questo pazzo, pazzo mondo della canzone (1965)

Se non avessi più te (1965)

Spiaggia libera (1965)

002 agenti segretissimi (1964) …. Il marito

Sette vipere: Il marito latino, Le (1964) …. Barbichian

Maniaci, I (1964)

Motorizzati, I (1964) …. Dino 

Due mafiosi, I (1964) …. Commissario Dupont

Vedovella, La (1964) …. Ambrogino

Imbroglioni, Gli (1963) …. Taverna (episodio “Società calicistica, La”)

Avventura al motel (1963)

Ballata dei mariti, La (1963) …. Armando Tirreni

Donna degli altri è sempre più bella, La (1963) …. Don Marcello

Onorevoli, Gli (1963) …. Saverio Fallopponi

Due contro tutti (1962) …. Fats Missouri

Colpo gobbo all’italiana (1962) …. Titillo

Branco di vigliacchi, Un (1962) …. Tassoni

Eroi del doppio gioco, Gli (1962) …. Primo Rossi

Giorno più corto, Il (1962) …. Un interprete

Smemorato di Collegno, Lo (1962) …. Dott. Alessandro Zannini

Vacanze alla baia d’argento (1961) …. Aroldo

Che gioia vivere (1961)

Cacciatori di dote (1961) …. Alfonso Martini

Che femmina… e che dollari! (1961)

Magnifici tre, I (1961) …. Bonarios

Mina… fuori la guardia (1961) …. Renato

Sogni muoiono all’alba, I (1961) …. Antonio

Juke box urli d’amore (1960) …. Anzillotto

Ambiziose, Le (1960) …. Goffredo Innamorati

Baccanali di Tiberio, I (1960) …. Lacone

Chi si ferma è perduto (1960) …. Matteo Rossi (II)

Dollaro di fifa, Un (1960)

Letto a tre piazze (1960) …. Avv. Vacchi

Messalina Venere imperatrice (1960)

Ciao, ciao, bambina (1959)

Confident de ces dames, Le (1959) …. Le Journaliste

Cambiale, La (1959) …. Bruscatelli

Cameriere, Le (1959)

Non perdiamo la testa (1959)

Raccomandato di ferro, Il (1959)

Zitelloni, I (1958) …. Suo marito

È permesso Maresciallo (1958) …. Il notaio

Totò, Peppino e le fanatiche (1958)

Ángel pasó por Brooklyn, Un (1957) …. Bruno

Noi siamo le colonne (1956) …. Archimede

Avventure di Giacomo Casanova, Le (1955) …. José
Agenzia matrimoniale (1953) …. Mario

Canzoni, canzoni, canzoni (1953)

Morti non pagano tasse, I (1952) …. Nicola, Il locandiere

Presidentessa, La (1952) …. Luciano Pinglet, il giudice istruttore

Tallone di Achille, Il (1952) …. Pazzo della Reincarnazione

Cameriera bella presenza offresi… (1951) …. Luigino, il segretario di Leonardi

Accidenti alle tasse!! (1951) …. Il principe

Amor non ho… però… però (1951) …. Giuliano

Auguri e figli maschi! (1951) …. Ruggero

Bellezze a Capri (1951)

È l’amor che mi rovina (1951) …. Carlo

Mago per forza, Il (1951) …. Mago Trapani

Microfono è vostro, Il (1951)

Milano miliardaria (1951)

Tizio, Caio, Sempronio (1951) …. Sempronio

Totò e i re di Roma (1951) …. Ferruccio        

Totò terzo uomo (1951) …. Anacleto

Totò sceicco (1950) …. Il marchese Gastone

Bisarca, La (1950)

Taxi di notte (1950) …. Conte Tattini

47 morto che parla (1950)

Bellezze in bicicletta (1950) …. Aroldo

Canzone di primavera (1950)

Inafferrabile 12, L’ (1950) …. Il dottor Giechi

Totò cerca moglie (1950) …. Pippo, il pittore

Follie per l’opera (1949) …. Guido Marchi
Ho sognato il paradiso (1949) …. Adriano

Peggiori anni della nostra vita, I (1949) …. Sacha

Signorinella (1949) …. Un ladro

Totò cerca casa (1949) …. Checchino, il fidanzato

Vespro siciliano (1949) …. Governatore Di Palermo

Uomini sono nemici, Gli (1948) …. Franciolini

Ultimo amore (1947) …. Il sergente d’aviazione

Segreto di Don Giovanni, Il (1947) …. Pacini

Pronto chi parla? (1946)

Torna a Sorrento (1945) …. Il fidanzato di Paola

Che distinta famiglia! (1945) …. Il duca

Chi l’ha visto? (1945)

Signora in nero, La (1943) …. Luciano

Fidanzato di mia moglie, Il (1943) …. Enrico Paoletti

Non sono superstizioso… ma! (1943) …. Lo spasimante nevrastenico

Redenzione (1943) …. Giuseppe Bongiovanni

Nostro prossimo, Il (1943) …. Il promesso sposo di Paola

Fuga a due voci (1943) …. Piero, lo spasimante di Maria

Documento Z-3 (1942)

Turbamento (1942) …. Aurelio

Sancta Maria (1942)
C’é sempre un ma! (1942) …. Carletto

Capitano degli ussari, Il (1940)

Manon Lescaut (1940) …. Il segretario di De Brienne

Mille chilometri al minuto (1939)

“Ecco: la mia personalità d’attore, la sua ‘unicità’, derivano anche dalle mie origini calabresi. La capacità d’introspezione, la ricerca intellettuale ed espressiva, la gestualità, persino l’intensità dello sguardo e – perché no?- il fascino che gli altri mi attribuiscono, appartengono alla mia matrice calabrese”.

(Aroldo Tieri)

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23 Commenti

  1. Era straordinario
    ed a me piaceva moltissimo quando faceva il matto e roteava gli occhi sbuzzati fuor della testa che faceva quasi paura,
    aveva un’energia che ti stupiva

    MarioB.

  2. Ecco una cosa che ho trovato su Tieri, in occasione del suo ottantesimo compleanno.

    “Tieri – ha scritto Vittorio Gassman – è, tout court, uno starordinario attore: con le radici ben piantate nel meglio della tradizione, di una professionalità antica e rara; e insieme, è un artista che non ha cessato di rinnovarsi e affinarsi affacciandosi con ferma voce a tutti gli snodi progressivi del discorso teatrale italiano. Ne fa fede la vastità del suo repertorio, l’attenzione costante ad autori inesplorati e difficili, soprattutto il rigore del suo stile… Aroldo Tieri mi dà (specie nei frequenti momenti in cui il discorso del teatro si fa confuso e inquietante) la certezza di una continuità fertile del nostro lavoro, di un mistero fisico e psichico che non si esaurisce nel tempo, e che dà un senso alla nostra vita stessa”.

    E poi non aveva soltanto grande fascino e stile; ma era anche forte di una raffinata simpatia. Ecco, sì, perché in lui la simpatia, anche quella, era raffinata.
    A me personalmente mancherà molto. Lo vidi a teatro, tanti anni fa, con la Lojodice, straordinaria attrice anch’essa, a recitare Shaw. Era anche figlio di un commediografo, Aroldo: Vincenzo Tieri.
    Lascerà una larga traccia di sé.

  3. Il “Gran Signore”, lo “Stile”, la “raffinata” simpatia. C’è come la nostalgia di una tv e di una società borghese che oggi è decaduta, si è cafonizzata, ha messo in pubblico la sua intimità a forma di reality-show. Un passato sepolto da fiction trasparenti come “Raccontami”, gli eterni anni sessanta di Massimo Ghini e Lunetta Savini, il “Carosello” che andavamo a vedere tutti insieme dalla Signora Pina, quella del terzo piano, perché prima non era come adesso, che ognuno ha il suo video nella stanza, si connette e chatta.

    Servirebbe un esame dei prestampati mediatici che dominano il sistema dell’informazione. Una critica condotta senza essere ingenerosi, nel rispetto della morte, del dolore, di una carriera lunga ed onorata. Chissà che avrebbe detto Tieri sui caimani del consenso che lo hanno spinto nell’Ade dello Showbiz. Quale battuta ironica, che affilatezza umorale.

    Si prenda l’articolo apparso oggi sul Foglio, che dispiega uno per uno i concetti fin qui elaborati dagli Indiani. Tieri che non si presentò mai sulla scena “in pigiama, figurarsi in mutande”, Tieri che “leggeva il Messaggero con l’eleganza di chi sfogliava abitualmente il Times”, i “gilet” di Tieri, il passo “garbato” di Tieri, la moglie “spiritosissima” che “lo rendeva completo” (una specia di ‘spalla’ della ‘spalla’), fino a quella pièce dove marito e moglie “stanno comodi con un long-drink in mano per celebrare la prosa, ovvero lo spirito della coscienza occidentale”.

    Eccola, la cultura dei long-drink, dei solenni foulards di seta maschili e delle pashminas strette a mo’ di kefiah, dell’Algeria secolarizzata di casa nostra, dei fili di perla per signore, di Ischia e Capri, della Trieste triste di Covacich e dei salotti buoni, ma così buoni da essere frequentati dai reazionari e dai rivoluzionari del divertimento. Quelli della “conversazione colta”, non gli iloti che sostano dinanzi al Billionaire. Il bel mondo che non si scandalizza più di niente, che al massimo ci ride sopra, in quella “catarsi” che la borghesia reclama allo spettacolo: “il repertorio delle sfumature, il filo tenue delle ambiguità, la suprema finzione”.

    I fantasmi di una tv “sofisticata” (vuoi mettere Casa Vianello?), tanto colta e distaccata da permettersi di fare il verso alle radici millenarie dell’ultraitalia: la calabritudine che affascina l’editorialista del Foglio da fargli scrivere Tieri, “l’eterno fidanzato geloso”. Macho sì, ma con “trattenuta eleganza”. (“Tutte le belle donne sono occupate, bisogna pur sottrarle a qualcuno”).

    Un’Italia sempre trascorsa e sempre migliore di questa, l’Italia non ancora ‘mediatizzata’ e ‘gnurante che dispiace tanto agli intellettuali passatisti: “il Paese che viveva una stagione felice dove lo spumante si beveva in coppa e gli italiani applaudivano nientemeno che gli allestimenti dell’Accademia, i Pirandello, i Pinter…”.

    Altro che “Commedia Sexi” e nodo scorsoio stretto al collo del Rais. “Certe cose in tv non si dovrebbero far vedere”, dicono i piccoli borghesi colti e offesi da una tv che non li rappresentà più. Nella massa indistinta dell’Auditel, è finito il dominio delle “persone perbene”. S’avanza il Quarto stato delle mariedefilippi e delle simoneventure e dei sotto-proletari di tutti i canali unitevi. Eccola, la pasoliniana “sopravvivenza di una retorica progressista che non ha più nulla a che fare con la realtà”. Una tv che non si può spegnere più. Il filo interdentale del tanga ficcato in culo a Elena Santarelli.

  4. A guardare la borghesia di oggi viene da rimpiangere fin troppo quella di ieri, così rassicurante, elegante, disincantata. Chissà se non sia giunto il momento di sostituire alcuni vocaboli obsoleti. Borghesia, proletariato, popolo, aristocrazia, plebe, sono parole che rappresentano ancora qualcosa o qualcuno o sono diventati solo espressioni di concetti o immagini a cui ognuno dà il senso che crede ?
    Comunque sia, viva Tieri, vero animale da palcoscenico ( altra immagine superata ), rappresentante di una forma d’arte in via di estinzione. Se non mi sbaglio era lui, insieme a Carlo Delle Piane e Raimondo Vianello, uno degli ultimi attori viventi ad aver lavorato con Totò.

  5. @robertologo.
    Quante parole inutili che hai messo in fila, tra un copiaincolla e l’altro. Era un vero aristocratico, Tieri, senza avere alcun titolo nobiliare. D’altra parte, come diceva Totò, signori si nasce. Non importa se in una casa borghese o proletaria.
    Io ho avuto la fortuna di vedere per la prima volta, da ragazzino, certe commedie di Pirandello e Pinter direttamente in televisione. E allora?

  6. @fk
    “copiaincolla” = riscrittura. E non ho certo detto che le tue parole erano “inutili” o che Pirandello e Pinter non vanno letti o visti.
    Ma tant’è. Auguri, anzi, santé, a te e a Perrier.

  7. va là,
    che c’è un quartostato che si diverte ancora con Totò, caspita, mica con solo con la defilippa,
    chissà che concetto di quartostato ha questo robertologo, boh?
    Forse lui c’ha un tiro da sottoproletario risnobbato,
    o da snob plebeizzante, tanto per dar contro,
    cheneso, mi pare, per dire.
    A me Tieri piaceva molto, tutto lì, morta lì,
    gransignore, grandattore o coso che fosse.

  8. @ ROBERTOLOGO..fk&cf..sono in ogni occasione..sino all’ultimo giorno dell’anno..Omini che amano mettere i puntini sulle “ii”..sono I nuovi messia*
    : non te l’avevo ancora detto?…

  9. questo è davvero fatto
    cambia nick
    e
    si risponde da solo

    quando si dice
    essere solidali con se stessi

  10. Con-cordo con il pezzo di robertologo che mi sembra molto acuto: strano che qui sia diventato così difficile farsi capire.
    Circa la borghesia di ieri direi che quella che ho conosciuto in quegli anni, perché ci sono nato dentro, definibile forse come media, era quasi sempre robaccia: ignoranti, volgari, arrivisti, perbenisti, fascisti.
    Con “quegli anni” mi riferisco per esempio agli anni del boom economico, quando il paese viaggiava su ritmi di sviluppo cinesi: quasi l’8% anno di incremento del PIL.
    Insomma il parterre piccolo e medio borghese non era un granché e delle “virtù” che gli attribuisce robertologo ne aveva poche.
    Quella di cui parla robertologo è più che altro un’idea di borghesia, o forse è la sua parte migliore che pure esisteva ed era capace di influenzare il resto del paese, proprio tramite i media, la narrazione televisiva, il cinema, i giornali.
    Era distribuita un po’ in tutti i partiti, con una quota consistente nel PCI: Napolitano per es. ne è una traccia fossile.
    Secondo me, se si vuole provare a capire l’oggi, bisogna anche partire da lì e seguire il percorso delle classi dirigenti per arrivare a sapere che fine hanno fatto, se esistono ancora e sono in sonno, oppure se proprio ce le possiamo dimenticare.

  11. Per dire:
    io di quelle trasmissioni tibbù che cita il robertologo: tipo billionaire, o il resto, eccetto la defilippa che come la scorgo mi vien l’urto di stomaco,
    non so neanche che ci sono che non le vedo mai;
    si vede che vivo sulla luna.
    Mah, che cazz’è!?
    Che uno si guarda ste porcate
    e poi dice: guarda quant’è brutta ‘sta società,
    non so.
    Uno fa che non guardarle, s’incazza meno,
    non rimpiange un tubo,
    e sa che parte di questa società è porca lo stesso.

    Che poi un’altra gran lode andrebbe fatta ad Aroldo Tieri:
    non si associò o accodò mai al carrettone dei partiti, o dei teatri stabili,
    per avere una sana, ma costosa, indipendenza di scelte estetiche.

    MarioB.

  12. Era un calabrese. E per una volta si parla della Calabria sottolineando aspetti di onestà, fierezza e competenza.
    Ne esistono tanti uomini così nel profondo Sud. Ma non fanno notizia: mafia, indigenza e malcostume hanno sempre la meglio nelle cronache dei giornali e… dei blog.
    Eppure sono proprio loro, i lavoratori onesti, silenziosi e sconosciuti, a costituire la spina dorsale della nostra nazione. Indiana si, ma …. italiana fino in fondo.
    Auguri a tutti, Girolamo.

  13. Buon anno, Roberto Santoro, professione giornalista; ti auguro soprattutto di trovare il coraggio, nel 2007, di insultare il sottoscritto col tuo nome e cognome; che qui, in questo salotto telematico “buono” a colori, è la “faccia”.

    Un abbraccio a Girolamo, calabrese fiero d’esserlo, e quindi ben poco “à la page” (come si diceva nei salotti dei cocktail drink(s) in b/n) oggi. E poi si sa: la fierezza è reazionaria.

  14. Mi sfugge l’ogetto della polemica; Aroldo Tieri era un borghese ergo non valeva come attore? la televisione di oggi è meglio di quella di trentanni fa? il contrario?
    Ci sono alcuni film importanti che mostrano che cosa è la televisione, quale sia la sua autentica natura, quanto sia in grado di degradare la realtà come la finzione: Un americano a Roma, L’ultimo spettacolo e Quinto potere, per citare i tre che mi vengono in mente subito e che ne trattano con chiarezza.
    Detto questo, bisogna dire che il passaggio dal sistema teatrale e cinematografico dello spettacolo a quello televisivo è stato graduale e in televisione si sono visti attori di grande talento e anche ottime realizzazioni, (lasciamo perdere carosello), fu in teloevisione infatti che il “federale” Rondolino gestì una trasmissione straordinaria; Le mille e una sera, che mi permise di vedere il meglio del cinema d’animazione mondiale, (peccato che da promotore di una cultura viva e nascosta oggi si diletti di poltrone e affini).
    Attori come Aroldo Tieri abbandonarono la televisione quando restare significava diventare Pappagone, Peppino non riuscì a risparmiarsi quest’umiliazione, mi ricordo una serata di canzonissima in cui capitò Totò, ricordava come in quegli studi, una volta cinematografici, aveva girato scene memorabili e concluse dicendo: “Poi è arrivata la televisione e ha rovinato tutto…”
    I grandi possono anche andare in televisione, questo non cambia il loro talento, ma neanche cambia la natura del mezzo.

  15. @”insultare”
    Continui a prendertela con me che me l’ero presa con il Foglio.
    Devo aver saltato qualche passaggio.

  16. Tutta la vicenda di Nando Moriconi è punteggiata dalle irruzioni delle telecamere della tv, tutto ciò che fanno gli operatori è di cercare il fenomeno, calpestando ogni limite, che sia di decenza o opportunità.
    Forse appare meno di quanto mi ricordi, ma la sensazione che mi è sempre rimasta impressa è questa, degli inseguimenti indiscreti a caccia del fenomeno e il disinteresse più totale per il contesto, un carattere che non ha mai perso.

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