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Da: La Merca

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di Chiara Daino 

(Pubblico uno scritto introduttivo più alcuni stralci del romanzo La Merca, Fara Editore, pagg.132, euro 12,00, di Chiara Daino. FK)

Operare sulla Lingua è operare sulla Realtà: un cambiamento.
Cambiare nel senso di mutare, kàmbein, kàmptein: piegare – parole per descrivere piaghe. Lo scritto La Merca nasce per essere letto: culla del nuovo. Un nuovo approccio al corpo: del testo, dell’uomo. Corpi che si fanno specchi di realtà frantumate.  I Disturbi del Comportamento Alimentare (D.C.A.) sono una realtà tanto diffusa – quanto confusa. Tanto mediatica, quanto medica. Tanto mistificata quanto marchiata. Nello scarto del meditare: quel quid in più, che può salvare.


Riflettere: di pagine e di pensiero. Di un addetto ai lavori/malori: « di fronte alle recensioni di eminenti autori, la mia vale decisamente poco. Posso comunque farmi portatrice di quella categoria tanto odiata ed amata che è quella dei cosiddetti “strizzacervelli”. Mi fa specie che nessuno dei miei “importanti e danarosi” colleghi non ti abbia mai dato dei feedback…. Probabilmente si sono spaventati. Si sono spaventati di tanta profonda realtà che viene fuori senza remore, rimozioni e difese. Sai come siamo noi….. Ci sforziamo di abbattere difese e corazze nei pazienti, sentendoci abili spadaccini virtuali, ma quando la profondità viene fuori senza averla invocata, scappiamo con i nostri cavalli a nasconderci dietro le barricate delle teorie. Certo non è una realtà confortante, ti aggredisce e ti cattura ma sono le viscere portate alla luce di un qualcosa che non si osa mai dire e noi “citati strizzacervelli quasi scientifici” dobbiamo, nel bene e nel male, accoglierla e farne “quasi preghiera” nel nostro abbecedario psicologico». Un commento che si riporta e riapre la speranza.
La Merca NON s’intitola. Si chiama. E si chiama Jenny (e Sara e Davide) per la finzione, per il bisogno d’azione, per rimandare: l’estrema unzione. Si chiama per tutto quello che (ancora) si tace. Si chiama libro e libra: una livella che non ha discriminanti – falcia.
E l’autore non tralascia: mette in gioco tutti gli organi. E rimane il testo, lo spettro dell’italico anfibio che si muove alla luce delle visioni/vedute. L’autore ha visto, vede, fissa: il volume. Volume che è peso: in termini di chili, in termini di valori. Per vite terminate causa mancato ascolto e mancata lettura, dietro righe già poste a croce: epigrafe. Lapidi non viste, lapidi che non si vogliono vedere, comode da etichettare, difficili da comprendere.
Così come i neologismi e le contaminazioni – impiegati per tessere la trama: solcare le coscienze. Un punto di vista crudo, per un punto di partenza vero. Tanto quanto il grido: l’onda che muove e da Urschrei tra – passa in Tod.
Si poteva arginare?
*
Jenny aveva deciso che “Basta!”: non ne poteva più. Doveva tagliare il laccio – (probl)ematico – che la legava. In stretto cappio. […] Una scrivania presidenziale la separava da Amorevole Ameba. Ai muri: laurea, attestati e numero tre poster di Botero. Jenny non pretendeva Modigliani: sarebbe stato un occulto invito alla verticalità, alla cachessia anoressica, ma quei forchettoni (che avevano anche i genitali sommersi dal lardo!) la fissavano. Disgustandola […]
“Allora, Jenny, nuovo taglio? Nuovo colore?”: esordio dell’analista.
“Nossignora, deve aver mangiato per sbaglio un funghetto allucinogeno e ora ha le visioni”: risposta istintiva di Jenny. Taciuta.
“Sì. Chiaro sintomo di malessere interiore e rifiuto della mia immagine”: risposta fornita da Jenny. Tacita voglia. Insultarla.
“Nella cassetta della posta ho trovato i risultati delle tue analisi del sangue”: tono sorpreso dell’analista.
“Felice che i ladri non li abbiano rubati. Mi aveva chiesto lei di recapitarglieli al più presto”: tono sospeso di Jenny.
“Sono inorridita: le hai lette?”: dissenso dell’analista.
“Lette e metabolizzate. Tutti i valori alterati: emocromo, potassio, transaminasi. Conseguenze possibili e probabili: ipotensione, bradicardia, amenorrea secondaria, gastroptosi, atrofia, insufficienza renale-epatica-polmonare, tumore del colon-retto- stomaco, ulcera perforante, ulcera duodenale, esofagite, pancreatite, calcoli, emorragia interna, stipsi, occlusione intestinale, demenza, isteria, diabete, ipertricosi, calvizie, endometrio fibrotico, mucosa vaginale atrofica, alterazioni idroelettrolitiche e renali, alterazioni cardiache, alterazioni del sistema digerente, alterazioni endocrine, alterazioni ossee, alterazioni ematologiche ed immunitarie, inanizione, disturbi della personalità, crisi di pianto, crisi di panico, collasso organi interni, suicidio… Credo di non aver dimenticato nulla. Ma il medico è lei”: elenco di Jenny.
“E te ne vanti?”: botta dell’analista.
“No. Constato”: risposta di Jenny.
*
Era stata una d.c.a. inconsapevole, un’anoressica purgativa restrittiva reticente, una bulimica compulsiva ossessiva. Era stata. Era stata stuprata, era stata in analisi, era stata senza avere mai, se stessa.
Ora non sapeva più: doV’era Jenny?
C’era: l’abito talare, la giarrettiera da sfilare, la camicia di forza da allacciare. Il suo guardaroba mentale […]
Jenny asceta nei periodi maniacali di onnipotenza iperattiva: poteva fare a meno di mangiare dormire scopare, primeggiando nel lavoro e nello studio (trenta e trenta lodi), grazie alla forza tirrenica della sua volontà.
Jenny paranoica si massacrava di palestra e scopate, in misura eguale – pari e patte (aperte) – per calcolare le calorie bruciate in moto: su-giù lo stepper, sopra-sotto un uomo. La sola differenza? Non dover rassicurare l’attrezzo (ginnico/Jennico) sulla qualità della prestazione.
Jenny esausta non pensava ai trapani (più o meno arrugginiti più o meno veloci) e lasciava foracchiare, mentre lustrava i gioielli di (buona) famiglia.

Jenny non generalizzava, ma si era avvicinata troppo agli uomini per distinguere un volto da un viso, un signor Pinco Pallo da un signor Pinco Fallo – troppo per distinguere – un rapporto da un rinculo, un gin lemmon da un vodka tonic.

*
Noia. Terrificante: www.seimedicoanchetu.org? Jenny si accese una sigaretta e la fumò tutta, prima di rispondere. “Vuoi l’applauso? Standing ovation? Tu sei un artista: quelli che preferisco artigiano e devo ancora studiare tanto che non sono nessuno (N.N.?). Sono tutta un brivido, ma rabbrividisco alla sola idea di condividere, con te e altri come te, questo pianeta. È tutto così semplice. Vero? Ti farò avere il numero del dottor D.: lo devi contattare per dirgli che ha dissipato anni 7 a Medicina più anni 3 a specialistica. Totale: decennio 1, inutile.
I disturbi del comportamento alimentare erano curati con l’elettroshock, di recente il miracolo: ne hanno riconosciuto la dignità patologica. Poi è disceso, proprio nel mio appartamento, Lui: il Messia delle Diete, l’Illuminato del Centrotavola, l’Anima Grande del Metabolismo. Ti ricorderemo per la potenza salvifica, per l’efficacia dei tuoi slogan: “Più bracciante. Meno bulimico”. “No assecondare No anoressia”. Sei un genio: l’Einstein dello svuotamento gastrico. Grazie per esserti mostrato a me. Quale prodigiosa comparsa. Parlami ancora. Rispondi alle mie supplici domande: perché, non più di mezz’ora fa, trentasette chili di trentenne uno e settanta, che suda dodici ore in una fogna, già manovale e muratore, vomita adrenalina e bile ogni giorno? In puro stile Esorcista? Perché i cittadini dei paesi civilizzati, quando non sono scossi da guerre civili, sono così incivili da glossare tutto/tutti? Perché l’opinione comune piange all’estero e picchia in patria? Perché “disgraziati” “dobbiamo aiutarli” “povera gente” “noi sì, che siamo fortunati” – in faccia al telegiornale – e – dietro lo schermo cervello esploso di tuo figlio?
*
 

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14 Commenti

  1. Un libro interessante…
    Ne sono venuto a conoscenza dalla segnalazione del poeta e critico Massimo Sannelli. Pubblicato tra l’altro per un editore davvero interessante e combattivo.

  2. Nel libro la parte più interessante è la finale (pagg. 122-126), e in particolare quanto reso in corsivo. Lo è per le sue qualità ritmiche, ad esempio per il ricorrere spesso alle interruzioni dei due punti; interruzioni che aprono immediatamente ad altra prospettiva di senso. Mi piace anche il suo distaccarsi dal “come tu mi vuoi” che di solito la femmina sussurra al maschio; qui prevale invece la “disfatta” della visione solita del femminile (pubblicità, etc.). La Daino sta evidentemente cercando la sua strada, che è potenzialmente interessante, anche se trovo eccessiva l’attuale esaltazione e, almeno per me, le sue prove recenti, lette in rete, sono deludenti rispetto ad alcune parti di questo libro. Dissento poi totalmente dalla sua visione del mondo – e dissento ardentemente da quel nominare sempre Dio (pagg. 127 e 128) che veramente mi fa ormai provare solo odio per chi lo fa … Ma non era, per i credenti, proibito nominarlo invano? Siamo ormai alla farsa mistica, all’orgasmico appellarsi a questo “niente che non ha luogo” (Caproni) … Perché? Chiedo (a Chiara e a tutta la odierna genia che richiama a piè sospinto lo “Spirito”): nominarlo con questa deferenza è offendere prima di tutto le vostre facoltà umane, poi lo stesso concetto positivo di Dio, il quale, per chi ci crede senza abbaglio, presuppone esseri umani capaci di relazionarsi con lui da pari a pari … Possibile che vi sfugga la fede “in rivolta” di Testori? Voi siete così … accondiscendenti. Scusate quello che è apparentemente OT (non lo è, visto i passi del libro della Daino), ma preferisco rimanere alla “solitudine senza Dio” che ha in Giorgio Caproni uno dei più alti livelli poetici mai raggiunti …

    Irene

  3. Irene,

    io Credo e non credo di «nominare invano» – e se arrivi a «provare solo odio per chi lo fa» sono convinta tu abbia un eccesso di negatività che non sai dove riversare… L’odio è un sentimento forte, come l’amore e se tendo e tratto di un Amore Altro e Alto – non ti sfiora il dubbio che per me sia necessario? Grazie al libero arbitrio tu sei libera di rimanere fedele alla “solitudine senza Dio” come io sono libera di ribadire le conseguenze della “fame d’amore”.
    Sempre nel pieno esercizio della libertà individuale: puoi considerare “eccessiva l’attuale esaltazione” dei miei lavori e dissentire. Similmente: io sostengo che “Irene” sia nome femminile di una mano maschile – perdona se non è così, ma la rete lo concede ( alcuni scrittori hanno già esperito il poetare “in rosa” – nella finzione letteraria ) .

    Spero di aver risposto alla tua domanda e ti ringrazio per aver mosso il tuo pensiero alla luce dello scritto e non “per principio”.

    Chiara

  4. No, Chiara, schiarendomi: Irene è Irene Brandi, nata femminissima nel 1975, nei pressi di Milano … Solo perché mi accendo ci vedi mano maschile? Ah, why? Ammetto l’eccesso anti-dio, ma, se permetti, è tutto mio-mio: e tu credi a ciò che credi di credere, davvero, io rispetto la tua (il)libertà … Ma sia chiaro: femmina-maschio (o viceversa), resta per me ovvio – trattando qui di letteratura – che la tua “necessità”, nel momento in cui scrivi, è pubblica, dunque esposta alla vergogna: sei scritta-nuda, Chiara, sempre, esattamente come lo sono io quando intervengo nei commenti (di rado, e solo su scritture che meritano attenzione, la tua compresa) … Il mio “eccesso di negatività” lo rivendico, adornianamente lo rivendico …

    Irene

  5. non posso che stare dalla parte di Irene…non avevo dubbi che era femmina.
    certe cose si sentono, e proprio dagli scritti!

    e comunque, tra donne, moderiamoci sempre.

  6. si capiva che era una donna. dall’acredine verso una rappresentante del suo sesso.
    (e ora non dite che sono un maschilista o mi arrabbio.)

  7. Rivolgo i miei complimenti a Chiara Daino. La merca non mi ha deluso, anzi mi ha sorpreso. Ero scettica all’inzio ma questo è un romanzo che non annoia mai. E fa riflettere. Continuerò a seguirti con interesse.

    Anna

  8. @Irene:

    Grazie per esserti “schiarita”: ho notato il link a “Differente Poesia” e forse – pe questo, avevo ipotizzato fossi uno dei “soliti noti”.
    Ora so che sei “una” ed è rinnovato confronto, sempre aperto e libero. Grazie

    @ Diana:

    tu scrivi: « non posso che stare dalla parte di Irene…non avevo dubbi che era femmina». Io ti rispondo: «…Non avevo dubbi che FOSSE femmina» (scusa la puntualizzazione, ma io non posso che stare dalla parte dei congiuntivi!;-)

    Per quanto concerne “la solidarietà femminile”, ti prego, quando hai tempo, potresti estrarre i pugnali che le mie care (ex) amiche mi hanno infisso sul dorso?

    @sitting:
    Concordo! (vedi sopra)

    @leo:
    ;-)

    @Anna:
    ti ringrazio. L’intento autoriale era proprio quello di “distaccarsi” dalla trita narrativa che tratta dei D.C.A. per illuminare le “zone d’ombra”, rinnovando prospettiva e linguaggio.

    @leo (bis):

    «Chi cerca la verità dell’uomo deve farsi padrone del suo dolore».
    [Georges Bernanos]

    @gio:

    “Cambiare” deriva da “credere” – sempre, fino in fondo.
    «Sono convinto che anche nell’ultimo istante della nostra vita abbiamo la possibilità di cambiare il nostro destino».
    [Giacomo Leopardi]

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