Articolo precedente
Articolo successivo

Ditemi Dove Sbaglio

di Mattia Paganelli

Io non sono uno scrittore, né tantomeno un poeta, la lingua non è il mio mestiere. Pertanto i giochi parole che seguono non li vendo per buoni. So benissimo che non raggiungono nessuna di soglia di professionalita’ letteraria.

In altre parole, invece di pubblicare un’opera compiuta e positiva, che si ponga gerarchicamente rispetto al pubblico, presento un lavoro imperfetto, algebricamente negativo, un non-ancora-opera in effetti; per esporlo, ancor prima che indifeso, aperto a livello orizzontale con chi legge

E, invece di aspettarmi il plauso, propongo al contrario (il contrario è sempre quello che mi interessa) che si cerchi dove e come fallisce, di cosa manca; cosa si può correggere, eliminare o introdurre; come lo si può “inalzare” a poesia.

A voi la parola

(e col cul facea trombetta), LIBERAMENTE TRATTO DA

DIMENTICATO
DI MARE
DI PIETRE
TRASPORTO
MARE
R -R – R
OLTRE SOGLIA
PIU’ A FONDO

pescare più a fondo

DIMENTICATO
DI MARE
DI PIETRE
MARE (A)
R -R – R
TRASPORTO
OLTRE SOGLIA
(più a fondo)

——————————————————

RAGGRANELLARE :
RASTRELLO
CHE GRATTA
LA GHIAIA
THE GRIT
SULL’ASFALTO
CHE MORDE
COI DENTI

———————————————————-

AL FONDO
PIU’ FOSCO
DI FUMO,
NERO ATER
ARRETA (TRA)
IRRETISCE
(e)
PAGURO

———————————————————

IN CONCA
UNA CUEVA
PROFONDO OVALE
DI NUVOLA NERA

PARCHEGGIO
IN CONCA
MAIALA
REDONDA +
FULIGGINE
NERA

PINK DI
PANCIA _

RIMA
DI FIERA
=
TOMBOLA
DENTRO
ZAMPE
E e-PIDERME

——————————————————–

MI ROMPE
RIPOSO

RITRAE
TRA CAMERE
FUSCHE
DI LETTO
MARRONE

NON PASSA
LA SOGLIA

PANTOFOLA
A STRASCICO

con suola TERROSA

————————————————–

NOTTURNO QUASI
(SUL)L’ONDA SUL GRETO

RIPORTA
GARGARISCE
A CATARRO
RR – RR – O
DI PIETRE,
AGGREDISCE
GRUESOME
(EL UMBRAL?)

——————————————————

BITUME
NON SI STACCA

BI-TOMO
ADDOPPIATO,
=
BISTURI

————————————————

BRUNISCE
BORBOTTA
GARGUGLIA
X
ARRANCA
=
e poi sputa

—————————————————

NON E’ SCRICCHIOLA
NON CONCIME,
MA
PRESSIONE
E GHIAIA +
RITORTI (MOTI CONTORTI)

MOZIONE e
RIPETE
TRA E FRA

TRASCINA
FRANTUMA

————————————————–

e-COME
i come
coniglio
BARBUTO
BARBWIRE
DAL BERE

DAL TAGLIO
DELL’ ALCOHOL

————————————————–

RIPIENI
DI PANE,
RIASPRI

ACRE
IL SAPORE

————————————————–

POESIA CON IL PIU’ +

MOTORE DI
DENTI
+
(INGRANAGGI
GRANITI)
RUMORE
DI RETRO
=
METTI LA TERZA

————————————————–

GRANATA
GRENADE
GRENADA
ANANAS
POMEGRANATE
PINEAPPLE

(da “Odi a Noriega”,
in “La Guerra Esotica”)

RIMANI O
RIPASSI ?
+
PIASTRELLE
PER CENA

=
ASTICOSI
AH ‘STI COSI !

————————————————–

e-MAIL
e MOGLIE

ASPIRA
SOTTRAZIONE
ASTRAE
ed
AB DONA

————————————————–

RUBISCI, di Rosso
Agro
che cola
(mattino: Agrume spremuto)
es-prime

Print Friendly, PDF & Email

101 Commenti

  1. secondo me l’opera è gia completa. con tutte le fetenzie che si pubblicano oggi, questa va benissimo così. mandala alla bianca einaudi, è meglio della maria di aldo nove, in ogni caso

  2. sarà difficile innalzarlo a poesia
    manca un minimo essenziale di grammatica,
    e poi manca la poesia.
    a partire dal maiuscolo!

  3. io non so che dire. sono incazzato nero. con chi non ve lo dico. penso solo che con tutta la gente che scrive bene in italia, dovevate dare la password proprio a questo? a uno che prende per il culo voi e la vera scrittura? mah.
    ovviamente barbieri quando servirebbe non c’è. spero per lui che sia con gemma, và. almeno sarebbe giustificato.

  4. Se sai che è imperfetto, sai anche dove e perché.
    Soltanto per questa semplice osservazione logica, la tua è falsa modestia.

  5. “egli avea del cul fatto trombetta” semmai, se proprio vogliamo fare citazioni, e immagino il povero Divino rigirarsi nella tomba.
    Comunque consiglio, se posso, una buona lettura di dadaisti e di futuristi, per capire semmai “come si fa”, se a tutti i costi li si vuole tirar fuori dagli armadini
    Però una curiosità, mi spieghi cosa vuoi dire con “per esporlo, ancor prima che indifeso, aperto a livello orizzontale con chi legge” ?
    Mica per niente, giusto per chiarire.

  6. Mattia Paganelli, perdonami, ma stai fuori e, più di te chi te lo ha fatto fare. Vabbe’, comunque ho visto anche di peggio…

    @pippo

    per favore non nominare neanche quello “scrittore”

    Anyway, besos a todos, feos y guapos

  7. Io non sono nè scrittore nè poeta, non sono un degno addetto ai lavori e le dirò di più io ancora mi diverto a leggere. Nel senso di mandare il cervello in pappa, ogni tanto, ritornare innocente e godere. Comunque sarò impopolare ma non sono mica malaccio questi quadretti. C’è di peggio, c’è di meglio e c’è pure lei. Forse, da ignorante ma anche da lettore, mi piacerebbe si “allarghino” dal gioco alla sensazione, dal quadretto al panorama. Mi piacerebbe che oltre il suono, il segno, la traccia, non ci si possa leggere tutto ed il contrario. Anche se come ha scritto, a lei piace. Scusi se le do del lei, ma oggi non posso fare altrimenti.

  8. ma che polemica deve esplodere!
    di fronte all’evidenza!
    e poi…..cosa c’è di meglio nel migliorare, del sentirsi provocati ?
    Bye

  9. In tutta sincerità, ho speso solo venti secondi a leggerli. Non li capisco, una continua ansia nell’andare al rigo successivo senza avere detto o lasciato nulla nel precedente.
    Un confuso gruppo di parole, tutto qui.
    Spero che almeno tu ne sia consapevole.

  10. Ottimi commenti.

    Nessuno pero’ si è azzardato ad attraversare la barriera e a mettere mano al testo. Questo è quello che intendevo per “aperto a livello orizzontale con chi legge”.
    Molto probabilmente migliorare il testo non vale davvero la pena. Ma non è quello il punto. In modi diversi è però stato accettato da tutti che le parole (si dica pure parolacce) più sopra fossero un tentativo di scrittura.
    Quello che mi interessa invece è creare una situazione paradossale (per osservarla poi criticamente). Chi ha capito di più è chi ha capito di meno e ha commentato con vari punti interrogativi.

    Qui miravo a togliere l’aura non all’opera, ma alla figura dell’autore; a ribaltare la gerarchia, fluidificarne l’autorità. Un’operazione al contrario appunto, come ho indicato nell’introduzione.
    E in generale, più che una democratizzazione della creatività, mi piace l’idea di provocare un ingorgo che blocchi il sistema in atto, insistere assurdamente su un limite non valicabile. Come pretendere di essere mancino senza avere la mano sinistra.

    Quanto alla “falsa modestia” citata sopra, semmai il peccato era la presunzione che qualcuno avesse voglia di partecipare al mio esperimento.

  11. Oh cazzo!!
    Ma perché non mi fate scrivere su Nazione Indiana???
    Giuro che non sono peggio

    “E in generale, più che una democratizzazione della creatività, mi piace l’idea di provocare un ingorgo che blocchi il sistema in atto”

    E giuro vieppiù che non tenterò di auto-giustificarmi con complesse frasi quali quella sopra riportata: sono un vecchio semplice, di discreta fantasia ed a volte persino piacevole: non fatemi morire senza avere scritto su Nazione Indiana, nessuno se ne dorrà più di tanto e la pace, finalmente la pace, sarà ad avvolgermi.

    In ginocchio

    Mario Ardenti

  12. CIO’ MI PUNGE
    MA NON MI ESPUNGE
    POI NON MI UNGE
    NE’ DITO
    NE’ LENGUA

    DI PAGANELLI
    NON SO CHI MI TENGA
    PERO’
    AL FIN MI SON DIVERTITO:
    SON PERVERTITO?

  13. Oh.
    Propositivi gente, aprirsi al testo. Un muro è una brutta cosa.
    E per fortuna che c’è ancora qualcuno capace di giustificare qualcosa di apparentemente osceno dandogli una parvenza di senso.
    L’avevo intuito fin dall’inizio che c’era un secondo fine negli scritti qua sopra.
    E chi non riesce a cogliere il bello in una giustificazione come farà a scrivere una poesia?
    lo scetticismo uccide l’arte.
    crediamoci.

  14. Credo che la maggior parte degli arcigni commentatori abbiano dimenticato o ignorino che si può giocare con le parole e che tanti letterati del’900 e di secoli precedenti si son così divertiti

    MarioB.

  15. @ mattia, santo cielo, allora perchè non hai detto “attraversare la barriera e a mettere mano al testo” ?? Ormai non si scrive più così neanche nel “critichese” del mondo dell’arte.
    Poi: da quando in qua l’autore ha l’aura, se non è Sant’Agostino, così ha proprio l’aureola?!
    E per quanto riguarda l’esperimento, a che pro? Una sorta di comportamentismo, di “performance” letteraria?

    AL FOSCO
    PIU’ FONDO
    DI NERO,
    FUMO,
    ARRETA (ATTERRA)
    E IL PAGURO
    IRRETISCE

    Fatto, come sono andata?
    Besos e buon sabato a tutti

  16. Democratizzazione della creatività ? Concetto borghese.
    Bisogna mirare alla collettivizzazione della creatività. Ogni scritto venga messo ai voti, anzi ogni parola.
    Voto per l’accesso a Mario Ardenti, salvo cambiare idea fra cinque minuti.

  17. alcune mi piacciono, tipo:

    RAGGRANELLARE :
    RASTRELLO
    CHE GRATTA
    LA GHIAIA
    THE GRIT
    SULL’ASFALTO
    CHE MORDE
    COI DENTI

    oppure:

    e-COME
    i come
    coniglio
    BARBUTO
    BARBWIRE
    DAL BERE

    DAL TAGLIO
    DELL’ ALCOHOL

    o ancora:

    POESIA CON IL PIU’ +

    MOTORE DI
    DENTI
    +
    (INGRANAGGI
    GRANITI)
    RUMORE
    DI RETRO
    =
    METTI LA TERZA

    o anche solo:
    e-MAIL
    e MOGLIE

    L’idea di equivalenze totalmente demenziali, o (fanta)operazioni matematiche tra termini, per assonanze, demenze, associazioni, ecc. mi sembra buona;

    questi meccanismi e giochi che sono stati denigrati con scandalo da alcuni sono poi gli stessi che si ritrovano in Zanzotto, che tutti invece riveriscono

    il problema comunque c’è: che cosa fa di un gioco con la lingua qualcosa di “poetico”? La lingua è piena di giochi, chiedetelo ai bambini… e la poesia è piena di giochi con la lingua; ma non tutti i giochi con la lingua funzionano in poesia…

    Un ultima cosa. Se qualcuno scrive:

    Nel tempo costretto di luce
    salda, occhi oltre
    ogni foce, brevi
    attimi, corolle, spezie
    sulle ciglia.

    Molti di sicuro applaudono, perché il kitsch poetico piace in genere molto di più dei meccanismi pre/poetici di gioco sulla lingua come il tuo. Ma io mi interesso più a cio’ che “potrebbe” diventare poesia, laddove il kitsch poetico è solo la versione frolla, scaduta, della poesia.

  18. Mattia e altri, se vuoi avere un’idea di giochi con la lingua che sono oltre la soglia, vedi i vari progetti del gruppo di “T.A.P.I.N.”, che ho segnalato nel mio post sui blog francesi. Una piccola miniera in questo senso.

  19. L’intelligenza collettiva si nutre di consenso. L’atto della creazione lo sovverte. La creatività collettiva è rassicurante ruminazione.

  20. “Divertirsi è essere d’accordo”.
    Qui ci metterei questo poeta che chiede dove sbaglia; qualche dandy che sarà pure simpatico, per carità, ma è stucchevole nel suo intermittente manifestarsi; la mancanza di ‘decenza’ e di limiti; l’eccesso di narcisismo e di autorefenzialità (che in rete e sui blog s’incrementano a dismisura, a vedere bene). Non i giochi fatti bene e non l’allegria, quella vera (comprata o meno, verbale e non). non sarà la ‘democrazia’ della poesia uno dei bersagli cruciali da combattere e abbattere?

  21. Quando c’è MarioB, ovvero il Signor Mario, nulla resta da aggiungere. Giocare con le parole è il passatempo migliore che esista, dunque che il “poeta” continui la sua ricerca, guai a chi lo ferma! Mi viene da chiedere però, quali effetti “benefici” possa portare a chi scrive (il poeta) la condivisone così schietta e aperta dei “contenuti”, siano essi di forma o di sostanza. Evviva, invece e sempre, la democrazia della scrittura che mi sembra, avveleni non pochi animi, dunque è democrazia vera… ma che gli animi si plachino, non c’è alcuna prevaricazione nel proporre il proprio (anche discutibile) lavoro.
    buon fine settimana
    elisabetta

  22. Possibile che quando (spesso ultimamente) pubblicate ciofeche, poi tirate in ballo scuse inutili per giustificare i centimetri di spazio bianco utilizzati (nonché i minuti del lettore sempre curioso)?
    Non sembra difficile: o più criterio, più rigore, oppure smettela di arrampicarvi sugli specchi di fronte all’evidenza.
    O la qualità (o per lo meno un senso) c’è, oppure non la si rimpiazza in modo posticcio con teorie zoppicanti.

  23. Una mia amica poetessa (Virginie Lalucq) ha fatto di recente un’operazione che per certi versi mi ricorda quella di Mattia: ha pubblicato con un fotografo un libro composto da fotografie sue e da poesie scritte dal fotografo. Quindi un lavoro sul ribaltamento e sull’antitecnica che io ritengo molto salutare; un approccio del genere mi sembra possa far del bene anche in Italia, o alla poesia italiana, nella quale si è sempre pronti a strillare alla “sopraffina sapienza tecnica” per qualunque sonettaccio e per qualunque risciacquatura di endecasillabi.

    (sottoscrivo anche in toto le osservazioni di Inglese)

  24. ab ha fatto scuola e ha lasciato eredi e discepoli. non poteva essere diversamente, visto l’antico adagio. il primo? sicuramente ad, forte oltretutto di ben altri insegnamenti e frequentazioni curricolari. che dire? auguri per la carriera intrapresa.

  25. Scusate, ma Paganelli non si è presentato come poeta… Per altro su NI se non sbaglio è intervenuto sempre come “artista”. In questo mi sembra coerente.

  26. Mattia, un consiglio, col cuore…prova a non andare a capo dopo una sola parola…..almeno quattro di fila lasciale….
    ad esempio:

    “dimenticato di mare di pietre trasporto
    mare oltresoglia più a fondo

    pescare più a fondo

    dimenticato di mare di pietre marea.”

    è solo un esempio ma
    lo vedi come acquista?
    ci devi giocare!
    devi sperimentare…poi ne riparliamo.

  27. sia chiaro che sono io che sottoscrivo tutto quanto dice Raos….

    Certo, cosi facendo finisco per sottoscrivere anche quanto lui sottoscrive, cioè quanto io ho detto.

    Ed ecco un tipico caso di autoreferenzialità
    da blog
    da blog letterario
    da ambiente letterario italiano

    Che schifo!

    Non sottoscrivo più né Raos, né quanto io stesso ho scritto. Per non correre rischi.

  28. Be’, Inglese, ci sono anche in Zanzotto, sì (io sono una di quelle che lo riverisce) ma non sono tutto, in Zanzotto, non sono sperimentalismo giocoso fine a se stesso.

    Io non so quanto ci sia di gioco in Paganelli e quanto anche di opera vasta, e per di più sono d’accordo sul valore del gioco linguistico in tutte le sue forme, però a volte la fretta del commento porta a scorciatoie che lasciano un po’ basiti.

    Però sono d’accordissimo sul tuo giudizio su quella strofetta che riporti, me ne arriva a carrettate, di roba così.

  29. Sono lusingato! Non mi aspettavo tanta partecipazione, specialmente là dove oltrepassa il testo proposto e se la prende addirittura con la mia spiegazione.

    @ a B Esposito: prego, leggi bene. Non è la democratizzazione, ma il nonsenso a cui miro.

    @ Cristina: non chiedere a me se la tua soluzione funziona. Io mi sono rimesso alla vostra autorevolezza di intenditori di letteratura. Come qualcuno ha finemente e finalmente notato (nonostante fosse scritto chiaro nella prima riga dell’introduzione) io non scrivo, faccio l’artista. E mi dedico a questi giochi sulla linea metaforica (e a volte reale) che separa autore e pubblico, ma soprattutto opera e non opera. Il mio sogno, o la mia strategia, è piazzare una cornice artistica attorno a qualche cosa che arte non è, e viceversa sottrarla a quello che è considerato arte, e poi vedere cosa succede. Non ho risposte, né un teorema da dimostrare.

    Andrea I: grazie per l’indicazione di Tapin (già battezzato), ma soprettutto per aver dato un nome più preciso all’ esperimento introducendo il concetto di “pre/poetico”. Aiuta a pensare, anche se i nomi sono strumenti pericolosissimi in quanto indirizzano la libertà ludica entro un perimetro ben preciso.

    Non posso che concordare con Andrea Raos che il disordine sia la prima facoltà creativa

    Farò tesoro delle indicazioni di tutti e vedremo cosa ne esce.

    M

  30. Devo dire che un po’ mi indispettisce questa tendenza recente (diciamo, da dopo il passaggio alla versione 2.0…) di N.I. a giustificare a posteriori articoli, pezzi, frammenti dei più diversi, sulla base di considerazioni di ordine teorico che, oltre che di debolezza, sanno di goffo raffazzonamento e voglia di recupero, di recuperare ciò che si teme si potrebbe aver perso per strada. Intendiamoci, leggo N.I. tutti i giorni dalla sua apertura e non ho certo voglia di fare polemica per il piacere della polemica. E’ una tendenza che ha il pregio di spingere all’analisi e alla penetrazione dei testi, ma il difetto, e spesso un difetto grande quanto una casa, di uniformare tutto e di creare equivalenze al cospetto della lente dissolvente del critico: ‘qualcosa di buono in tutti dovrà pur esserci, no?’. Scusate il commento, a sua volta, un po’ raffazzonato…

  31. Quando si dice così, di solito (non solo qui, in fondo è una modalità tipica di certi ambienti e/o ambientati) ti rispondono: questa è casa nostra. Se non ti piace: vattìnne

    Ma quando si dice così lo si fa solo per cura nei confronti altrui. Solo che non capiscono (o fanno finta).

  32. Please stay in-topic? azz.

    e penetriamo ‘sti testi, allora. penetriamoli.
    diteci dove, come, quando. orizzontale: missionario compiuto?
    interessante soggiogazione arseniura con punta d’affetto classico a puntate
    struttura entristica abbondante in riso impollinato al sarcasmo e di sarcasmo misticamente a ritroso schermirsi di senso d’intenti
    stia buono quel qualcosa
    ecco il buon signor qualcosa in ciabatte
    ecco che viene compenetrato nella sua terra promessa
    non ci stancheremo di cercare il nostro cammino. prometteva la canzone e ci stancheremo di dirti dove sbagli
    che non sbagli, entri dalla stessa comune contorsione prolissa maestralmente deragliata – e chi non deraglia? –
    buttata dal paper-boy al posto del giornale
    il tuo accumulo di organismi già un nome per la direzione
    come ne fai pan pesto tu e fritti noi e servo tu di noi
    del nostro penetrarti poesia fondissimamente nel tuo oricanno
    con sottomesso scarto d’enfasi, quasi ludico
    e che ci sai? dai, che scartiamo il pacchettino magagnato
    un ventriglio ben nutrito passato per anoressica magia monoinsatura
    una sola legatura multipla, una dormita monofasica.
    il signor quel buono che c’è è da applauso per aver bevuto il caffè dal piattino senza avere il caffè
    rumore di moncherini che ti vengono a trovare la notte?
    da sotto il letto recuperi soluzioni funzionanti e per farlo hai sbullonato il binocolo in quattro

    che delusione adulta! ti ho scoperto losangato e ti spacciavi per orizzontale. non c’è mai da fidarsi
    paola

  33. @mattia. Scherzavo e non sono un’autorevole intenditrice di letteratura.

    “L’ironia, l’impossibilità e l’assurdità applicate ai rapporti fra sé e gli altri, tra individui e tra gruppi, sono il vero centro del mio interesse. Lo è anche il fallimento che consegue a un tentativo, impossibile o assurdo, di implementazione forzata.”

    E’ tuo, vero?

  34. ciao Paola!
    mi piace che inizi…”e penetriamoli sti testi”….ma i versi dove sono?
    sarà che ho sempre amato il verso lungo!

    Baci
    e buona serata!

  35. @Carla
    i testi sono ” là dove oltrepassa il testo proposto”
    o tutto quello che viene dopo l’ABC, e non so in quale misura, se corta se breve so solo che bisogna penetrarli ‘sti testi non importano le dimensioni.
    comunque t’appoggio il verso lungo.
    go head, anime ed azioni. animazion-cine.
    ciao
    paola

  36. @ Alcor
    mia emendatrice!
    io la amo. tutta.

    non solo c’ho l’inglese scolastico ma copincollo pure da schifo

    paola

  37. ditemi voi:
    scatarrata plumbea
    sul pavimento lustro
    colla naturale
    a ciascuno
    la bava che merita
    per ognuno
    l’espulsione viva.

    sono al pre-poetico, ancora, che me la date una mano?

  38. mattia paganelli: GRANDIOSA IDEA! GENIALE! Ma com’hai fatto? Porcoggiuda ci hai manato per il naso a tutti…
    altri: l’art pour l’art, prendete ad esempio i francesi.
    Le mot pour le mot.
    Con buona pace di langue e parole.
    Nazione Elitaria?

  39. Paganelli, il problema non sta nei testi ma nel fatto che tu non c’entri un tubo con quel tipo di scrittura (in effetti non c’entri un tubo con la scrittura tout court), per cui appare fumo negli occhi degli allocchi. Hai fatto un po’ di polvere e continui anche a sfottere. Mah.

  40. “Je suis d’un autre pays que le vôtre, d’une autre quartier, d’une autre solitude.
    Je m’invente aujourd’hui des chemins de traverse. Je ne suis plus de chez vous.
    J’attends des mutants. Biologiquement je m’arrange avec l’idée que je me fais de la biologie: je pisse, j’éjacule, je pleure. Il est de toute première instance que nous façonnions nos idées comme s’il s’agissait d’objets manufacturés.
    Je suis prêt à vous procurer les moules. Mais…

    la solitude…

    Les moules sont d’une texture nouvelle, je vous avertis. Ils ont été coulés demain matin. Si vous n’avez pas, dès ce jour, le sentiment relatif de votre durée, il est inutile de vous transmettre, il est inutile de regarder devant vous car devant c’est derrière, la nuit c’est le jour. Et…

    la solitude…

    Il est de toute première instance que les laveries automatiques, au coin des rues, soient aussi imperturbables que les feux d’arrêt ou de voie libre. Les flics du détersif vous indiqueront la case où il vous sera loisible de laver ce que vous croyez être votre conscience et qui n’est qu’une dépendance de l’ordinateur neurophile qui vous sert de cerveau. Et pourtant…

    la solitude…

    Le désespoir est une forme supérieure de la critique. Pour le moment, nous l’appellerons “bonheur”, les mots que vous employez n’étant plus ” les mots” mais une sorte de conduit à travers lequel les analphabètes se font bonne conscience. Mais…

    la solitude…

    Le Code civil nous en parlerons plus tard. Pour le moment, je voudrais codifier l’incodifiable. Je voudrais mesurer vos danaïdes démocraties.
    Je voudrais m’insérer dans le vide absolu et devenir le non-dit, le non-avenu, le non-vierge par manque de lucidité. La lucidité se tient dans mon froc.”

  41. La solitudine

    Io vengo da un altro mondo, da un altro quartiere, da un’altra solitudine.
    Oggi come oggi, mi creo delle scorciatoie. Io non sono più dei vostri.
    Aspetto dei mutanti. Biologicamente me la cavo con l’idea che mi sono fatto della biologia: piscio, eiaculo, piango. Innanzi tutto noi dobbiamo lavorare le nostre idee come se fossero dei manufatti.
    Io sono pronto a procurarvi gli stampi. Ma…

    la solitudine…

    Innanzi tutto le lavanderie automatiche, agli angoli delle strade, sono imperturbabili così come il rosso o il verde dei semafori. I poliziotti del detersivo vi indicheranno dove vi sarà possibile lavare ciò che voi credete sia la vostra coscienza e che non è altro che una succursale di quel fascio di nervi che vi serve da cervello. E pertanto…

    La solitudine…

    La disperazione è una forma superiore di critica. Per ora, noi la chiameremo “felicità”, perché le parole che voi adoperate non sono più “parole”, ma una specie di condotto attraverso il quale gli analfabeti hanno la coscienza a posto. Ma…

    la solitudine…

    Del Codice Civile ne parleremo più tardi. Per ora, io vorrei codificare l’incodificale. Io vorrei misurare il pozzo di San Patrizio delle vostre democrazie. Vorrei immergermi nel vuoto assoluto e divenire il non detto, il non avvenuto, il non vergine per mancanza di lucidità.
    La lucidità me la tengo nelle mutande.

    (La traduzione è di Enrico Medail, che curò i testi di un disco in italiano dell’inarrivabile Leo Ferré)

  42. ‘La disperazione è una forma superiore di critica’.

    ‘La lucidità me la tengo nelle mutande’.

    Meditate gente, meditate.

  43. ‘Les moules sont d’une texture nouvelle, je vous avertis. Ils ont été coulés demain matin. Si vous n’avez pas, dès ce jour, le sentiment relatif de votre durée, il est inutile de vous transmettre, il est inutile de regarder devant vous car devant c’est derrière, la nuit c’est le jour. Et…

    la solitude…’

    ‘Gli stampi sono di une materia nuova, vi avverto. Sono stati fusi domani mattina. Se voi non avete, di questo giorno, il senso relativo della vostra durata, è inutile tramandare voi stessi, è inutile guardare davanti a voi perchè il davanti è il dietro, la notte è il giorno. E…

    la solitudine…’

    pardon, si era volatilizzato.

    succede sempre così, quando si parla di ‘mutande’: c’è sempre qualcosa che si ‘volatilizza’.

  44. sì, ok, ma ‘sto leo ferrè ci marciava anche lui, no? ci marciano tutti, questo è il problema. (non grave, faccio solo presente.)

  45. piacere, mario: lei ha un cognome che è tutto un programma…

    scusi, sitting, dov’è che ‘marciava’ leo? mi piacerebbe saperlo.
    comunque, per tirarle su il morale, vedo di pescare una ‘cosettina’ anche per lei. porti un po’ di pazienza, e vedrà, non se ne pentirà affatto…

  46. Léo Ferré – Ton Style

    Tous ces cris de la rue ces mecs ces magasins
    Où je te vois dans les rayons comme une offense
    Aux bijoux de trois sous aux lingeries de rien
    Ces ombres dans les yeux des femmes quand tu passes
    Tous ces bruits tous ces chants et ces parfums passants
    Quand tu t’y mets dedans ou quand je t’y exile
    Pour t’aimer de plus loin comme ça en passant
    Tous ces trucs un peu dingues tout cela c’est ton style

    Ton style c’est ton cul c’est ton cul c’est ton cul
    Ton style c’est ma loi quand tu t’y plies salope !
    C’est mon sang à ta plaie c’est ton feu à mes clopes
    C’est l’amour à genoux et qui n’en finit plus
    Ton style c’est ton cul c’est ton cul c’est ton cul

    Tous ces ports de la nuit ce môme qu’on voudrait bien
    Et puis qu’on ne veut plus dès que tu me fais signe
    Au coin d’une réplique enfoncée dans ton bien
    Par le sang de ma grappe et le vin de ta vigne
    Tout cela se mêlant en mémoire de nous
    Dans ces mondes perdus de l’an quatre-vingt mille
    Quand nous n’y serons plus et quand nous renaîtrons
    Tous ces trucs un peu fous tout cela c’est ton style

    Ton style c’est ton cul c’est ton cul c’est ton cul
    Ton style c’est ton droit quand j’ai droit à ton style
    C’est ce jeu de l’enfer de face et puis de pile
    C’est l’amour qui se tait quand tu ne chantes plus
    Ton style c’est ton cul c’est ton cul c’est ton cul

    A tant vouloir connaître on ne connaît plus rien
    Ce qui me plaît chez toi c’est ce que j’imagine
    A la pointe d’un geste au secours de ma main
    A ta bouche inventée au-delà de l’indigne
    Dans ces rues de la nuit avec mes yeux masqués
    Quand tu ne reconnais de moi qu’un certain style
    Quand je fais de moi-même un autre imaginé
    Tous ces trucs imprudents tout cela c’est ton style

    Ton style c’est ton cul c’est ton cul c’est ton cul
    Ton style c’est ta loi quand je m’y plie salope !
    C’est ta plaie c’est mon sang c’est ma cendre à tes clopes
    Quand la nuit a jeté ses feux et qu’elle meurt
    Ton style c’est ton cœur c’est ton cœur c’est ton cœur

    buona notte, caro sitting. se le capita, si cerchi la versione in italiano, ‘il tuo stile’: è un capolavoro. se non la trova, gliela traduco io domani.

  47. eh sì, cara, mi farebbe un grande piacere. a proposito, che tipo è? lei, eh, non ferrè. quello lo conosco. grande chansonnier. col tempo sai… certo, per tirare su il morale… è sicura che mi farà quest’effetto? scusi, sa, ma sono dipinto per tutto il corpo di blu scettico. una bella tinta unita che mi colora in lungo e in largo da quando ho cominciato a capire come gira (male) il mondo. comunque, mi faccI sapere. grazie e buonanotte.

  48. @ Eva Risto
    Stia attenta a Sitting Target, signorina.
    Dietro le sue moine si cela un famigerato sciupafemmine.

  49. grazie dell’avvertimento, binaghi. la categoria degli ‘sciupafemmine’ è proprio il mio ‘oggetto’ di studio preferito. succede molto spesso, però, che dal confronto (diciamo così) ‘didattico’, a uscirne sci(u)pato/a non è mai la femmina (parlo del mio ‘caso’, della mia esperienza, è chiaro).

    che ‘tipo’ sono, caro sitty? diciamo che, in generale, ho una faccia un po’ così, un’espressione un po’ così, (come quella) che avete voi quando venite (a genova).

    non so se riesco a tradurle adesso ‘il tuo stile’, sono tutta scombiccherata da una notte molto agitata: il fantasma del mio ultimo marito non mi lascia in pace, mi tormenta da anni, mi impedisce di ‘concludere’ come vorrei, soprattutto con gli ospiti di riguardo.

    comunque, se si rivolge con fiducia e anore alla grande famiglia di NI, tra i redattori ne trova uno (un gran bel morettino, diciamolo) che ce l’ha nel suo repertorio. se gliela chiede, magari le passa la traduzione (bellissima) di enrico medail.

    a presto miei ‘prodi’.

    p.s.

    se quel ‘sitty’ le sembra troppo confidenziale, me lo dica, non lo userò più. la chiamerò semplicemente ‘targy’.

    ma lo sa che ha proprio un bel nome?

  50. Anni trascorsi come minuscoli orgasmi disseminati e sparsi come non importanti per non aver raggiunto il più grande di essi.

    Ad arrovellarsi in un inutile gioco…

    una gara senza una premiazione, una lotta senza una fine

    impari e ridicola.

    Togliamoci la maschera

    …e ridiamo della nostra stupidità…
    Corva Therion

    http://blog.libero.it/corva

  51. Per concludere:

    Qualcuno è in grado di spiegarmi di dove viene il gran senso di offesa e soprattutto la sensazione di essere stati presi in giro (anche da parte di alcuni che apprezzano l’idea)?

    Io ho chiarito fin dall’inizio la mia posizione, e ho spiegato quello che intendevo fare. Non riesco a trovare dove si sia generata la confusione. Sono sinceramente interessato.
    Ho usato l’aspettiva di leggere un testo di qualche valore e la dinamica di lettura e commento velocizzati del blog come materiale del lavoro; cioè ho concentrato la mia attenzione sulla scatola invece che sul contenuto, specificando che mi interessava un’operazione al contrario che si interrogasse su cosa rende un testo poesia . Anche questo è nell’introduzione.

    L’unica cosa che non ho detto è dove stia l’artisticità del gesto. Questa ognuno la deve trovare da sé. A meno che non si voglia un cartellino con didascalia attaccato ad ogni parola (o a ogni nota o colore) che ne faccia l’analisi artistico-poetica spiegando perchè e come ci dovrebbe piacere.

    M

  52. Io credo che un testo come questo sia, intendo quantitativamente, un po’ poco, per sentire di aver raggiunto un non senso che sia oggettivamente tale. C’è, dico letterariamente, troppo poco testo. Parlo proprio di numero di lettere, cioè parole, utilizzate. Però si intravedono suggestioni fonetiche (“e-mail / e moglie”: qui c’è, iconizzata, la situazione di molti mariti, e-mail all’amante e moglie in casa; oppure ci si può vedere altro), ma il punto è che sono poche, pochissime. Personalmente, poi, trovo piuttosto scurrile la trombetta anale, ma questo non conta… Infine penso che anche la premessa scritta dall’autore dovrebbe essere intesa come parte del testo. Potrebbe diventarne addirittura il lunghissimo titolo.
    Che faccia sorridere tutto l’insieme, per quanto debolmente, è vero (ma non di scherno, non di presa in giro).
    Molta poesia contemporanea, ai festival, fa questo, con tanto di trombetta vera in bocca, perché non si è accorta che dallo sperimentalismo visivo e rumorista sono passati circa CENTO ANNI (i Futuristi). Quindi se si vuole percorrere il non senso bisogna inventare altro. Però non sarei severa come molti.

    Poi, in arte si può tutto. Se questi arcipelaghi di frasi, Mattia, li strazi ancora di più, lasci una lettera per parola, poi le dipingi con tanta rabbia, ognuna su una tela bianca, e le spedisci ad Achille Bonito Oliva un senso lui glielo trova di certo…

    (@ Sitty

    Ma come? Io ti aspetto e tu sei qui???)

  53. Concordo anche con l’accusa di kitsch poetico che Andrea Inglese lancia a certa poesia, dimenticai di scriverlo. Rispetto a quella poesia lì, meglio la trombetta anale punto e basta, nemmeno un segno grafico.

    Infine – visto che ci sto aggiungo – trovo comunque genialoide Andreina Barbieri. Quell'”A / M / A / M / I”, così, scritto dopo i versi di Mattia, è geniale.

  54. cara eva, sarà, ma lei mi sembra un po’ come jenny carota, una specie di masculo sotto mentite (?) spoglie. mi sbaglierò (cosa che mi accade veramente di rado) ma lei mi ricorda, dalla postura ginnica del suo interloquire, quel personaggio di quell’episodio di sessomatto, interpretato da alberto lionello. quello che suo fratello (che non sa di essere suo fratello) interpretato da giancarlo giannini, pensa sia una donna, mentre invece è, diciamo così, un travone. scusi eh? ma io, come si dice, ho naso.

    gemma cara, mo’ arivo. dammi prima l’indirizzo, però. noo?

  55. mi piacciono molto gli uomini che hanno ‘naso’, sitty. e questo già potrebbe essere un elemento a suo favore. ma è meglio non precipitare gli eventi, anche perché non ho nessuna intenzione di scendere in competizione con la dottoressa gaetani. che speranze potrei mai accampare?

    comunque, caro targy, le sue su(p)-posizioni sul mio conto sono errate. provi a chiedere al libraio folle, con sorella incorporata, che ruba libri dal suo stesso negozio e poi, non avendo niente da fare, scrive recensioni in cambio di una dedica. sì, proprio quello lì. lui mi conosce bene, non a caso eravamo a cena insieme, a casa mia, qualche sera fa. se vuole, posso raccontarle il ‘dopocena’…

  56. giusto per virare sull’articolo che sembra di stare in un call center dove tutti i callcentristi invece di rispondere si telefonano a stantuffo l’un l’altro e va là.
    dopo un po’ rompe i raccordi luer lock femmina.

    se mi permetti mattia un po’ si scherza e un po’ no, questo testo più che inalzarlo si potrebbe inalarlo a poesia, ma come un areosol preparato con una medicina escoriante
    fa lo stesso rumore dell’ampollina medica in cui però ci sia caduta polvere di vetro. ahia.
    o un grattaschiena a cui non sono mai state tagliate le unghie che batte dove prude e non toglie il prurito.
    poesia inalata in cui tutta la cura viene per nuocere?
    forse.
    un saluto
    paola

  57. ‘callcentristi’ è stupe-facente. ha lo stesso effetto di ‘un grattaschiena a cui non sono state tagliete le unghie’. il mio preferito.

  58. mietitrebbia superstite prende possesso dell’acro
    e acra. grilli d’avanguardia?
    ancora non lo sai, ma acra indisturbato, fuori dalla proprietà
    innestato l’automatico al motore. scappano tutti i grilli.
    mattia, nessuno applaude insieme – dunque come volevi tu – sarebbe dunque d’orato d’uopo tu rimettessi piede all’uovo così lo digeriamo insieme- o no?

  59. @mattia. Il tuo star fuori è enormente pallosamente squallidamente aristrocatico.
    Per me sei battezzato, però io non sono nessuno qui, e se ti hanno dato la pass per pubblicare, ci sarà una ragione…

  60. grande, paola – cara polvere.

    ‘non permetto a nessuno di darmi del poeta’: vale una vita!

    ormai lo so, un giorno ti conoscerò di persona: sono anche disposta, per questo, a rinunciare a quell’insulso codazzo di fidanzati che mi ritrovo sempre tra le…scatole.

    stanne certa.

    Eva Risto

  61. eh capirai! che avrò detto di strano, signora? mah. gli fai un complimento e s’incazzano. vabè, come non detto.

  62. Eh no, eh no, targy sitty, qui non ci siamo, tu vuoi giurare sulla mascolinizzazione della bella fanciulla che sta dietro questo nome poco attraente, ebbene sbagli, sbagli, sbagli, perché una bella signora, quale sono io, mi perdoni la dottoressa Gaetani e la professoressa Eva Risto, deve difendersi con un nick name poco accativante, se no i pretendenti da web, gli affamoni, arrivano a torme.

  63. eccomi eccomi!

    scusate non è aristocrazia, solo troppo lavoro.

    non so piu’ da dove cominciare a rispondere… mi piace moltissimo la risposta sonora di così&come. direi che il suo modo di associare suoni alle parole, che già erano associate piu’ per sonorità che altro, è altrettanto immediato e con la stessa dose di arbitrarietà. E proprio la mancanza di necessità di giustificare la scelta mi diverte; altri averebbe scelto diversamente senza per questo riuscire meglio o peggio.

    Si, il periodo arzigogolato sull’assurdità dei rapporti con gli altri è mio. Dove lo hai trovato?

    mi concedo un poco più di calma per rispondere a cara-polvere-paolae gemma ché i loro interventi sono piu’ densi (leggi: dopo un notte in tipografia ho il cervello in pappa)

  64. se non altro per capire quel contrario (aristocratico, quello?)che tanto desideri, aspetterò la tua replica altrettanto densia ricordandoti se posso che anche commentare prende tempo e lasciare poi tutto al vento, come molto spesso succede anche a me, dispiace un po’.
    paola

  65. ma… non capisco l’indignazione del perchè gli hanno dato la password di NI a questo, io sarei meglio, io uno di più e cose così, a me queste word list molto divertono e proprio perchè c’è poco testo, sono come l’ossatura di un pensiero, asciugata la prepotenza dei nessi obbligatori, mi suggeriscono anche dei colori, dei caratteri tipografici diversi, A noir, E blanc, I rouge, U vert, O bleu: voyelles… delle animazioni con immagini…

    [la ricetta della vera poesia… fuori chi ce l’ha!]

  66. Non è indignazione. L’indignazione necessita di luoghi, parole, codici che si possano comprendere. Basta con questa palla demagocica! I linguaggi hanno un significato e anche una funzione. Altrimenti tutto si può fare e disfare.
    @ mattia. il testo l’ho trovato perchè frequento, per (ahimè, mestiere) i tuoi luoghi, siamo tanti, ma poi alfine pochi. Ti conosco come artista. Definisci, se vuoi, un ruolo.

  67. Ho io una “ricetta”: per l’unica poesia che vale davvero. Eccola. Preparata dai cuochi Capaldo & Gambardella.

    *

    Quanno mámmeta t’ha fatta,
    quanno mámmeta t’ha fatta…
    Vuó’ sapé comme facette?
    vuó’ sapé comme facette?…

    Pe’ ‘mpastá sti ccarne belle,
    pe’ ‘mpastá sti ccarne belle…
    Tutto chello ca mettette?
    tutto chello ca mettette?…

    Ciento rose ‘ncappucciate,
    dint”a mártula mmescate…
    Latte, rose, rose e latte,
    te facette ‘ncopp”o fatto!…

    Nun c’è bisogno ‘a zingara
    p’andiviná, Cuncè’…
    Comme t’ha fatto mámmeta,
    ‘o ssaccio meglio ‘e te!…

    E pe’ fá ‘sta vocca bella,
    e pe’ fá ‘sta vocca bella…
    Nun servette ‘a stessa dose,
    nun servette ‘a stessa dose…

    Vuó’ sapé che nce mettette?
    Vuó’ sapé che nce mettette?…
    mo te dico tuttecosa…
    mo te dico tuttecosa:

    nu panaro chino, chino,
    tutt”e fravule ‘e ciardino…
    Mèle, zuccaro e cannella:
    te ‘mpastaje ‘sta vocca bella…

    Nun c’è bisogno ‘a zingara
    p’andiviná, Cuncè’…
    Comme t’ha fatto mámmeta,
    ‘o ssaccio meglio ‘e te…

    E pe’ fá sti ttrezze d’oro,
    e pe’ fá sti ttrezze d’oro…
    Mamma toja s’appezzentette,
    mamma toja s’appezzentette…

    Bella mia, tu qua’ muneta!?
    bella mia, tu qua’ muneta!?
    Vuó’ sapé che nce servette?
    vuó’ sapé che nce servette?…

    Na miniera sana sana,
    tutta fatta a filagrana,
    nce vulette pe’ sti ttrezze,
    che, a vasá, nun ce sta prezzo!

    Nun c’è bisogno ‘a zingara,
    p’andiviná, Cuncè’…
    comme t’ha fatto mámmeta,
    ‘o ssaccio meglio ‘e te…

  68. Cristina,

    credo che tu abbia trovato il bandolo in questa matassa quando scrivi: “… luoghi, parole, codici che si possano comprendere… I linguaggi hanno un significato e anche una funzione”.

    Io credo che l’indignazione sia nata semplicemente perché non era chiaro quale linguaggio il mio esperimento usasse (per me lo era, ma non pretendo di essermi spiegato esaurientemente a tutti i costi). In fondo si tratta di un’idea nata intuitivamente e realizzarla era l’unico modo per capire meglio cosa fosse e come funzionasse.
    L’ho detto piu’ sopra, non ho un’idea da dimostrare, mi pongo delle domande e mi intrigano i capovolgimenti di senso, almeno apparenti (ma quasto non credo di doverlo giustificare; è un postulato, arbitrario quanto la passione di un altro a dipingere a olio).

    Il linguaggio qui ovviamente non era l’italiano del testo. Ma il mio intento di giocare con il codice (se non proprio linguaggio) che in modo non scritto regola l’aspettativa nei confronti dell’opera. E anche, e qui io per primo procedo per tentativi, esplorare la differenza tra opera e quello che opera non è; per poi osservare la disposizione che ne deriva tra “operatore” e pubblico fruitore, quasi fossero sul terreno di gioco.

    Dichiarando che quello che ho pubblicato non è letteratura (opera appunto) e chiedendo al pubblico di suggerire come renderlo tale, mi sembrava di poter ribaltare il codice acquisito; di entrare in un vicolo cieco in cui correggere il mio testo o qualunque altro materiale raccolto dalla realtà quotodiana non facesse più differenza. Dunque sollevasse dubbi.

    L’introduzione da parte di Andrea Inglese del concetto di pre-poetico secondo me è illuminante perchè esplicita la mia intuizione; cioè mostra che esiste una linea di demarcazione tra poetioco (o artistico) e non poetico. E la valanga di commenti scandalizzati per la bruttezza dei miei versi sta a provarlo.

    E ancora, l’esperimento si basa ovviamente sulla partecipazione. Così tanto che sono stato sgridato per non essere abbastanza presente nelle discussione.
    Ma non si trattava di un gioco alla WuMing di cancellazione della figura dell’autore, cioè di una stimolo a partecipare fine a se stesso. Quanto di osservare i modi della partecipazione. Qualcuno ha commentato sarcasticamete che si sentiva “usato”. Aveva ragione. È inutile farsi illusioni: il partecipante è materiale del lavoro. Secondo me è importantissimo sviluppare un punto di vista critico nei confronti delle attività relazionali, interattive, partecipative, omnicomprensive che le si voglia chiamare, degli ultimi anni. Non solo perché la riflessione teorica lo richiede, ma anche perché essere ‘usati’ da quello che noi dovremmo usare è un fenomeno ormai estremamente comune (vedi la conversione dei servizi in profitto per fare l’esempio piu’ macroscopico). In altri lavori ho collezionato i rifiuti alla mi richiesta di essere parte di un progetto.

    Ecco spero di essermi spiegato e di aver risposto in tempo sufficente per essere ancora letto.

    Mi sento anche di dire che l’esperimento ha avuto successo.

    M

  69. EVA RISTO è troooopppoooo simpatica, mi par di conoscerla :))))
    marò come sono intuitiva!
    bacio eva
    la fu

I commenti a questo post sono chiusi

articoli correlati

La Moneta Vivente, una proposta senza troppa modestia

di Mattia Paganelli   La Moneta Vivente, una proposta senza troppa modestia *   Adesso che ormai si sono capiti i termini della...

Come si comincia?

di Mattia Paganelli   Come si comincia? A Monologue for beginners? A Monologue on new beginnings?     Come si comincia? How does one...

The Architecture of Violence

di Mattia Paganelli Al Jazeera ha recentemente presentato un breve documentario sul ruolo dell’architettura e del territorio nel conflitto israelo-palestinese...

I Droni

di Mattia Paganelli             Due documentari usciti di recente, e in qualche modo paralleli, mi spingono a fare alcune considerazioni sulla...

Pitch

              di Mattia Paganelli, 2006-2014   Per chi non avesse dimestichezza con le regole del gioco: Pitch = campo di gioco Herd = mandria         ...

Enjoy your Poverty

Il documentario Enjoy Poverty (2008) dell'artista Renzo Martens esplora l'immagine della povertà che l'Occidente ricco ha dei paesi cosiddetti...
%d blogger hanno fatto clic su Mi Piace per questo: