Michael Kirwan. Quando il fumetto va oltre la decenza e diventa arte

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di Francesca Sassoli

Eccessivo, spudorato, trasgressivo. Il suo tratto ricorda quello di Robert Crumb. E come lui ignora il senso delle parole pudore, politicamente corretto, decente. Preparatevi, i contenuti sono Hard, con la H maiuscola, e possono urtare, o perlomeno mettere a disagio. Anche sull’homepage del suo sito ufficiale – http://www.kirwanarts.com – è scritto a chiare lettere, in otto lingue, anche in un italiano un po’ improbabile: “Questo luogo contiene il materiale descrivendo i temi e le immagini espliciti omosessuali di atti sessuali”.

E non solo triangoli, ottagoni, girotondi orgiastici tutti al maschile o al femminile, ma amplessi etero in cui le vulve sono simili a enormi piante carnivore e i falli sono gonfi all’inverosimile, il tutto in technicolor. Le tinte sono infatti forti, da fumetto “per bene”, perché nessuno può sfuggire al porno didascalico di Michael Kirwan; nessuno, neppure un marziano, avrebbe dubbi a comprendere che cosa quegli uomini e quelle donne stanno facendo. I critici parlano del suo mondo, in cui ogni fantasia sessuale è permessa, anzi estesa, ingigantita, i suoi personaggi sono guidati soltanto da una cosa: il loro pazzo, pazzo ormone. Si tratta di scenette in cui questa frenesia sensuale è esposta e messa alla berlina. Già, perché un altro elemento fondamentale di questo artista americano è lo humor graffiante e dissacratorio. Ed è tutto talmente estremo che diventa lecito, come nella consolidata tradizione goliardica, dalle poesie dell’Aretino alle canzoni come “Con ‘sta pioggia e con ‘sto vento…” fino alle epopee “classiche” come “Efigonia in culide”. Il direttore del Vernacoliere Mario Cardinali ultimamente ospite ad una trasmissione televisiva, parlava del titolo che in prima pagina fece più scandalo: appariva a caratteri cubitali la parola TOPA. Un errore scandalizzarsi, spiegava Cardinali, perché la topa aveva ormai assunto un altro valore, non solo quello anatomico, ma quasi una categoria dello spirito (da Wikipedia: “Due sono gli argomenti più ricorrenti nelle pagine del Vernacoliere: la topa, vera e propria categoria kantiana nell’universo filosofico del Vernacoliere, e i pisani visti come paradigma della stupidità umana”).
Ma chi è Michael Kirwan?
Nato a New York il 27 dicembre del 1953, Kirwan riceve un’educazione cattolica, si sposa a 17 anni e ha un figlio. Divorzia e s’inventa mille lavori: per 7 anni è spedizioniere per i grandi magazzini Gimbel, lavora 5 anni (ma è forse uno scherzo dell’autore?!) ai St.Marks Bathhouse, dove dice di aver studiato anatomia: è uno dei punti “caldi” per i gay di Manhattan, le famose saune… Poi per pochi anni lavora all GVC porn video company e poi è chef al prestigioso “Strand” di Miami Beach. Alla metà degli anni ’80 inizia a pubblicare le sue storie “omoerotiche”sul magazine Stroke, per poi diventare abituale illustratore per molte altre testate: Nuggat, Freshmen, Mandat, Gent, Inches, Playguy, ecc. Non pensate a pubblicazioni per educande…
Dall’illustrazione all’arte:  si contano numerose collaborazioni con Art @ Large, con la Peter Madero Gallery in NYC, con the Wild Seduction Gallery in Miami Beach; e ha esposto un quadro, “Girls Who Do”, al “The Erotic Museum” di Los Angeles.
Caliamoci nel mondo targato Kirwan: le ambientazioni sono spesso casalinghe, si riconoscono dozzinali camerette di provincia, improvvisate alcove, mobilia da pochi dollari. Su “The Artist Muses” del 2002, l’artista scriveva che il suo desiderio è quello di inquadrare bene le sue fantasie in ambiti riconoscibili, familiari, per indagare sulle impensabili potenzialità del vicino della porta accanto.
Si può anche non  condividere la visione insolente di Kirwan, ma bisogna ammettere la sua forza espressiva, il suo marchio autorale riconoscibile anche per l’ossessiva ripetizione di certi temi: l’amore di gruppo, la penetrazione in primo piano, le linee del corpo ben definite (dai seni piccolissimi col segno dell’abbronzatura alle enormi mammelle di donne gitane, dai muscoli guizzanti del camionista alla mascella volitiva dell’atleta), il feticismo. Qui è il caso di fare un accenno alle donne con moncherini fallici, alle infermiere coi tutori di ferro, alle scarpe di vernice nera da venerare, da leccare con voluttà. Si arriva perfino al sesso sott’acqua.
E a ben pensarci gli organi sessuali dei personaggi maschili di Kirwan hanno qualcosa di “individualistico”, come se quei peni turgidi e venosi vivessero di un’esistenza a parte, come se fossero creature marine di altri mondi. L’artista non lascia niente all’immaginazione di chi guarda le sue tavole, lascia che ci imbarazziamo, perché già il solo guardarle significa in un certo senso esserne complici. I suoi lavori sono ben quotati nel mondo dell’arte: l’erotismo, la pornografia che diventa arte fa gola a moltissimi. Magari una scena delle sue non verrà esposta in salotto, almeno non in linea generale; ma di certo negli spazi privati, in quelle zone speciali di un appartamento che possono evocare quello che più si desidera, per portare gli ospiti su un piano particolare. Quello della trasgressione.
 

(Pubblicato su “Affari Italiani” il 24.02.2007. Immagine: una tavola di Michael Kirwan.)
 
 
 

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8 Commenti

  1. c’è sempre qualcuno che “non lascia niente all’immaginazione”, che “trasgredisce”.
    ma de che?
    ma chi si scandalizza? a chi frega?
    forse Sassoli non si è accorta che la cultura porno è cultura di massa, che detta ormai comportamenti, look, visioni del mondo alla maggioranza della gente.
    forse Sassoli non osserva le vetrine dei negozi di abbigliamento.
    se quei fumetti sono interessanti non sarà certo per i contenuti “trasgressivi” che la cultura porno di massa è già ben “oltre”.

  2. Grande tashtego!

    Non se ne può più di tabù sputtanatissimi.
    L’orgoglio della pornografia, della masturbazione, della propria sessualità in televisione, sui libri in autobiografie mascherate da romanzi!
    Mi vengono in mente solo bestemmie e imprecazioni per tutto questo.
    La cosa più ridicola è la serietà con si pensa tutta sta roba. Della superficialità, delle disinibizioni, dei rapporti occasionali, sono tutte ca….
    C’è fanatismo, fanatismo sessuale. e francamente è ridicolo!

  3. ma chi ha scritto l’articolo conosce il vero fumetto d’autore internazionale degli ultimi anni ? è triste che nazione indiana che mai si è interessata di Art Spiegelman, Frank Miller, Marianne Satrapi o Alan Moore esordisca su un argomento importante come l’arte fumettistica (che esiste) con un voyeristico sguardo nel ghetto della pornografia gay.

  4. Visto il sito.
    Bravo disegnatore, ottima tecnica, ma niente de che, né nei disegni né nelle storie.
    C’è molto di meglio, anche restando nel campo della pornografia.

    C’è anche una sezione di fotografie, che al mio occhio di profano e di eterosessuale sembrano semplicemente squalliducce, poco più che amatoriali.

    Mah…

  5. non volevo disprezzare il lavoro di Kirwan, che non conosco e che mi pare pregevole.
    volevo contestare l’uso del termine trasgressivo.
    sono convinto che nel Grande Ripieno sociale che compone le società occidentali la cultura porno sia ormai largamente vincente, in tutte le sue forme, anche le più “estreme”.
    dunque trasgressione di cosa?

  6. La trasgressione esiste, secondo me. In un mondo di borghesi avviliti dal lavoro e dai segnali negativi dei media. Per uscirne, alcuni di loro “trasgrediscono” nella pornografia dei comportamenti, ritrovandosi sempre allo stesso punto. Un cane che si morde la coda. Kirwan, che è un artista commerciale come molti altri che non usano la pornografia, sfrutta questa impasse, e rappresenta nelle sue tele il proprio pubblico di borghesi frustrati nell’esercizio della loro comune trasgressione. Leggendo con attenzione l’articolo questo dovrebbe risultare chiaro.

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