Il fattore C. La comunicazione del governo alla prova dei sei mesi #4

 

di Edoardo Novelli 

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Quarta parte dello studio di Edoardo Novelli sulla comunicazione del governo Prodi. Questa volta, intervista a Giovanni Floris, conduttore di Ballarò. Qui la prima e la seconda parte, qui l’intervista a Gianluca Luzi. gv.

Chi sono i vostri interlocutori, quelli con cui trattate per avere i politici in trasmissione?

Noi abbiamo tentato fin da subito di specializzarci, quindi nel nostro gruppo autorale abbiamo due persone incaricate di tenere i rapporti con i portavoce, gli uffici stampa o, quando ci sono, i responsabili delle relazioni istituzionali. Comunque i nostri interfaccia sono quasi tutti istituzionali.
Quali sono gli elementi per voi più importanti e decisivi per scegliere gli ospiti?

La competenza e, in secondo luogo, la capacità comunicativa. Poi la contingenza, cioè la disponibilità a venire in trasmissione.
Quali sono gli elementi che vi facilitano il lavoro?

L’apertura e la disponibilità. Si è creata in cinque anni una capacità di incassare le brutte risposte, per cui alla fine riusciamo ad avere in tempi rapidi e con sincerità la risposta reale. Non ci tirano in avanti a lungo: ci dicono sì o no. Sappiamo incassare un addio all’ultimo minuto e sostituirlo senza farne una questione personale.
Quali sono gli elementi che vi complicano il lavoro?
Così come la trasparenza e l’immediatezza ci aiutano, l’opacità e la lentezza ce la complicano. Tutto quello che tira in lungo per noi è un problema, sia nelle relazioni con gli ospiti, sia nella realizzazione dei servizi. La stessa cosa accade nel dibattito in studio, che da noi è molto ritmato, concreto. L’ospite buono è quello che dà la risposta efficace. I nostri tipici ospiti sono Bersani, Letta, Tremonti, Tabacci, loro non sono per la chiave economica, ma per l’economicità del linguaggio, per la concretezza. È un approccio differente da quello più riflessivo di trasmissioni come “l’Infedele” o “Otto e mezzo”. Tutto
ciò che allunga e disperde è nostro nemico, tutto ciò che concentra e realizza è nostro amico.
Il mondo politico comprende le vostre esigenze e vi facilita nel lavoro?
Riusciamo ad avere quello che ci serve perché ormai il potere culturale di “Ballarò” è molto forte. È una trasmissione troppo seguita dal pubblico: è meglio farci entrare nei loro spazi e contestarci, piuttosto che lasciarci fuori.
Vi vedono come alleati o come antagonisti?
È un potere che vede in noi un contropotere, non sovversivo, ma lecito. Duro, ma onesto. Direi che è un rapporto di legittima contrapposizione.
È facile raccontare il governo Prodi?

Nel centrosinistra ci sono buoni comunicatori, mi vengono in mente Bersani, Letta, Bindi, e poi Fassino e Rutelli, ma anche tanti altri. Il fatto vincente è che loro hanno tra i rappresentanti una generazione molto attenta alla concretezza delle cose.
Non starà dicendo che nel centrosinistra ci sono comunicatori più efficaci che nel centrodestra?

Anche il governo Berlusconi aveva degli esponenti sia di maggioranza che di governo con questa abilità però, secondo me sbagliando, da noi si sentivano come se fossero fuori casa, e risultavano spesso contratti e timorosi. Adesso che sono all’opposizione, si rendono conto che il metro di “Ballarò” è lo stesso anche con il governo di centrosinistra. L’unica chiave di linguaggio e di interpretazione della nostra trasmissione, almeno secondo noi che la facciamo, è la trasparenza. O la si teme o se ne approfitta. Il centrosinistra ne ha approfittato spesso, il centrodestra talvolta. Adesso sta diventando una chiave accettata da entrambi. Da noi non si hanno sconti, ma non si hanno nemmeno scorrettezze.
Per voi che dovete raccontare la politica, com’è lavorare con questo governo?

Noi non raccontiamo la politica, noi raccontiamo i problemi. Chiamiamo la politica ad interpretarli o a darne soluzione, cosa che è differente da quello che fa Vespa. Lui racconta la politica, noi raccontiamo i problemi e chiediamo alla politica di risolverli.
D’accordo, ma è facile da seguirlo, da interpretarlo?
Non è facilissimo seguire Prodi. A differenza dell’Inghilterra, dell’America o della Francia, in Italia il governo non ha un’unica interfaccia con la stampa. Ci sono i vari ministri. E non è facile avere un rapporto diretto con la Presidenza del Consiglio per quanto concerne il punto di vista istituzionale dell’organizzazione del lavoro.
 

Come mai Romano Prodi non è mai intervenuto a “Ballarò”?

Non voglio mettermi a ragionare da studioso della comunicazione perché non lo sono. Il fatto di non esser mai riusciti ad avere in studio Prodi, come capo dell’opposizione o in qualità di capo del governo, un pochino mi lascia perplesso. Noi abbiamo avuto tantissimi ospiti, italiani e internazionali. Siamo a circa 130 puntate, il che vuol dire più di 300 ore di trasmissione. Siccome non penso sia una cosa personale contro di noi, anche perché non c’è ragione di crederlo, mi immagino che sia una scelta verso un tipo di trasmissioni basate sulla dialettica. Una scelta legittima, che però ha come conseguenza il fatto che
il pubblico di “Ballarò”, in media tre milioni e ottocentomila persone, non l’ha mai visto.
Una scelta figlia di una strategia di scavalcamento dei media o semplice riflesso di difesa?
Questo non lo so. Io ho avuto occasione di intervistare Prodi diverse volte nelle feste o in dibattiti organizzati per le elezioni, dove veniva interrogato da opinionisti e dalla gente su temi difficili come la guerra. Questo per dire che l’ho visto in situazioni anche dure, e devo dire che sa rispondere, è uno che si fa apprezzare per la chiarezza del suo ragionamento politico. Quindi è probabilmente una strategia, perché io sono sicuro che lui in un faccia a faccia è bravo. Con Berlusconi ha vinto tutte e due le volte, l’ha fatto a modo suo, però ha vinto.
Quindi fa bene a comportarsi così?
Io non voglio dare un’interpretazione al suo comportamento perché non lo conosco a tal punto. Certo, se devo stare ai fatti, è uno che alla televisione va poco, è uno che alla radio va poco, è uno che si trova in difficoltà alle volte con la stampa. Però…
Però?
Però c’è da fare una riflessione: siamo sicuri che i problemi che Prodi incontra con la comunicazione diventino dei problemi anche con il suo elettorato? Siamo sicuri che ogni contrasto o incidente che abbia col mondo dei media si trasmetta poi nel mondo di chi vota e chi decide? Io non so quanto i giornali e la televisione influenzino l’elettorato, e se la gaffe con i giornalisti arrivi poi a esser giudicata negativamente dall’elettorato. Potrebbe dunque essere una scelta vincente, perché più volte si è dimostrato che l’immagine che danno i media non è poi quella che la gente ha sul serio.
È un dubbio legittimo, ma se si ritengono i media poco influenti, perché poi lamentarsi di come si viene trattati?
La denuncia nei confronti della stampa è rivolta ai media o agli elettori? Bisogna vedere chi ne è il destinatario. Io non ho chiaro chi sia il destinatario del comportamento di Prodi. Mi limito a valutare i fatti: in televisione c’è poco, l’immagine è sempre la stessa. L’impressione che mi dà è quella di una persona chiusa col mondo dei media, non so se questo corrisponda all’essere chiuso col mondo più in generale. Penso che lui stia scommettendo sul fatto che non lo sia. È chiuso verso di noi? Sì, è indubbio. Questo esser chiuso verso di noi risponde all’aver l’immagine di una persona chiusa con un mondo più ampio? Lui pensa di no. Se giusto o sbagliato si valuterà alle elezioni.
Cosa pensa del modo in cui è stata comunicata la Finanziaria?
Innanzitutto voglio capire perché non la fanno spiegare alle persone giuste. Perché il governo Prodi non spende più Enrico Letta, un politico giovane e brillante, che sa parlare e comunicare? Invece ultimamente ha ridotto le sue presenze in televisione. Questa Finanziaria è comunque poco gestibile dall’enunciante, è una Finanziaria in cui fanno notizia le tasse, c’è poco da fare. Però il governo sull’economia si gioca tutto, esattamente come è successo con Berlusconi. Deve riuscire a comunicarla. Ma è strano che una delle due componenti dell’anima riformista, Letta appunto, rimanga nascosta.
Perché? Non lo so.

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