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Il Nobel a Celati

di Franco Arminio

Ogni volta che mi arriva a casa un libro del mio amico Gianni Celati io mi sento bene. L’economia della paura, l’animaletto sempre con le orecchie tese, lascia il posto alla voglia di libertà, di meraviglia. Celati è uno scrittore in cui il gesto della scrittura si cancella per diventare semplice lettura. Lettura di quello che c’è fuori, dentro le strade o dentro i libri, poco importa.

Il libro appena uscito parla di un libro che non ho mai letto. È un’opera senza il santuario dell’autore, raccoglie pensieri suoi e dei suoi allievi, pensieri fatti trent’anni fa, pensieri che purtroppo non hanno avuto corso. Celati in quel tempo lavorava a Bologna. Era il tempo in cui la società italiana emetteva il suo ultimo rigurgito creativo prima di entrare in questa sedazione collettiva, controllata e indotta dal totalitarismo mediatico.
Adesso non voglio parlare di questo libro, non dico né il titolo, né chi l’ha pubblicato. Mi interessa solo dire di una cosa che ho pensato stamattina mentre stavo nel letto imbottigliato in un prolungato dormiveglia (bisogna avere ragioni serie per svegliarsi o per dormire). La cosa è questa: perché non proponiamo Gianni Celati all’accademia svedese del Nobel? A suo tempo è stato proposto Luzi senza successo. Sarebbe bello se adesso venisse avanzato dall’Italia il nome di Celati.
Mi piacerebbe conoscere in particolare il pensiero gli scrittori più giovani. Mi piacerebbe perché ho il sospetto che molti di loro hanno un’idea assai vaga del lavoro di Celati. Un lavoro enorme, in cui lo studio dei libri degli altri e la scrittura dei propri costituiscono una sorta di cerimonia permanente sulla gloria della lingua. E questo basta e avanza per meritarsi un Nobel.

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145 Commenti

  1. “Ogni volta che mi arriva a casa un libro del mio amico Gianni Celati io mi sento bene. L’economia della paura, l’animaletto sempre con le orecchie tese, lascia il posto alla voglia di libertà, di meraviglia. Celati è uno scrittore in cui il gesto della scrittura si cancella per diventare semplice lettura. Lettura di quello che c’è fuori, dentro le strade o dentro i libri, poco importa.”

    Bellissima nota che diventa il ritratto più autentico di uno dei pochissimi (basta meno di una mano a contenerli) grandi scrittori che abbiamo in Italia. E non da oggi.

  2. Di Celati ho letto solo “Narratori delle pianure”, e mi è sembrato un gran libro. Ricordo di aver pensato allora che se si dovesse tentare la strada di un nuovo realismo in letteratura bisognerebbe cominciare da lì.

  3. caro valter
    procurati subito le quattro novelle sull’apparenza e verso la foce,
    puoi ricominciare celati da lì

  4. Che Celati sia il più grande scrittore italiano fra i contemporanei non c’è dubbio, lo sostengo da anni, però buffo questo tuo non voler dire il nome del libro, il nobel si, ma … un po’ di pubblicità no, vero? :-).
    Ad ogn modo mi hai incuriosito, di che libro si tratta?
    Non può essere Vite di pascolanti perchè ha già vinto il Viareggio, e neppure QUESTO può essere perchè ormai sono vari mesi che è uscito, quindi di quale libro si tratterà?
    un po’ di suspense ….
    geo

  5. Solo il nome…promette molto bene!
    mi associo alla curiosità di Georgia….
    fuori il titolo!
    Leggerò anche lui.

    Saluto e bacio Arminio per la sua grande generosità.
    Buona domenica
    carla

  6. perchè esagerare alcor? io ritengo celati migliore di luzi e altri proposti in questi anni, ;-), quindi … perchè no?
    Che poi lo vinca, a breve termine, un italiano è un altro discorso.
    geo

  7. Finché sono ancora in vita, i vecchini dei ceci dovrebbero seriamente prendere in considerazione l’idea di assegnare il Premio Nobel a Matt Groening (Portland, Oregon, 1954).

  8. caro franco, sono belle le tue righe di commento a celati e lodevole il richiamo al libro (che è Alice disambientata, de Le lettere, meglio dirlo), e al ’77 che rievoca, ma francamente io trovo una cazzata tutta l’idea che la letteratura debba avere a che fare con premi classifiche e categorie quale quella del “grande scrittore”. peraltro il più importante e più dimenticato insegnamento del ’77 (e dello stesso celati) è stato proprio questo, almeno in rapporto alla scrittura: la letteratura deve essere parola, mezzo di comunicazione, strumento d’azione efficace sul mondo, liberazione del corpo e sua emanazione fonetica e grafica, infine preghiera, e non gioco di potere, esercizio stilistico, gara al successo o comunque alla riuscita di mostri da baraccone, variante per emarginati della rissa televisiva o politica. tu stesso hai espresso concetti del genere: pensi che avrebbe senso un premio a chi prega meglio? a chi rende meglio gloria all’esistenza? che poi celati potrebbe fare un uso migliore di altri del congruo assegno del premio, questo è un altro discorso.

  9. Neanche Luzi era da Nobel, secondo me, abbiamo scrittori da Nobel, noi, adesso?
    Il Nobel è qualcosa di diverso da un premio puramente letterario, non me lo vedo Celati nella rosa, tutto qui, il nobel non mi sembra un abito buono per lui.
    Questo non ha niente a che vedere con una valutazione di merito del suo lavoro.

  10. D’accordissimo con Alcor e Liviobo. Infatti, nel mio breve commento, non avevo fatto nessun accenno a premi e premietti: non sono quelli a fare la grandezza di uno scrittore, basta scorrere l’elenco delle ciofeche premiate, anche a livello internazionale.

    L’importanza bel breve post di Arminio è, per me, tutta nelle righe iniziali che ho riportato: unitamente alla volontà che vi leggo, e che condivido in pieno, di dare spazio a un autore di cui, purtroppo, si parla sempre (troppo) poco.

  11. invece secondo me sbagliate.
    Passi che un mediocre scrittore faccia soldi (e che sia vergognoso che alcuni critici e recensori definiscano “scrittori” di genio che proprio NON lo è), ma è errato volere a tutti i costi che chi è un vero scrittore non riceva premi o non faccia soldi, questo può essere deciso solo dallo scrittore stesso e per se stesso, a noi tocca riconoscerne i meriti e fare in modo che vengano anche riconosciuti dalla collettività in soldi (sia con premi che comprandone i libri o promuovendone le pubblicazioni) . Che a vincere i premi siano spesso persone che non se lo meritano, è vero, ma constatare questa banalità non esclude che li possano ricevere ANCHE quelli che se lo meritano. Parlare così a nome di altri (e sulla pelle di altri) è una forma di post-accidia-moderna del: “se i gatti sono tutti bigi io che sono bigio mi sento più a mio agio”. Non parlo certo per alcor che sostiene un altro discorso … sotiene che i requisiti per vincere il nobel Celati non ce li ha (questo è un discorso che non condivido, ma che rispetto).
    Insomma i grandi scrittori (e io sono convinta che esistano anche se non so in base a cosa si possa deciderlo a priori, a posteriori credo sia facile capirlo, basta leggerli) vanno riconosciuti, e siccome loro raramente fanno soldi (perchè per fare soldi bisogna imparare a farli e loro sono tutti presi da altre cose) credo che ogni inizativa atta a farglieli fare sia meritevole.
    Non è vero che siamo tutti scrittori, anche se è vero che tutti mettiamo in croce due o tre parole. Gli scrittori non usano solo le parole, ma le fanno urlare, denunciare, esaltare, comunicare, pensare, creare ccc. insomma essere scrittori vuol anche dire trasformare la scrittura in azione e questo capita veramente a pochi.
    geo

  12. * 1986 – Wole Soyinka
    * 1987 – Joseph Brodsky
    * 1988 – Naguib Mahfouz
    * 1989 – Camilo José Cela

    * 1990 – Octavio Paz
    * 1991 – Nadine Gordimer
    * 1992 – Derek Walcott
    * 1993 – Toni Morrison
    * 1994 – Kenzaburō Ōe
    * 1995 – Seamus Heaney
    * 1996 – Wisława Szymborska
    * 1997 – Dario Fo (seguendo la tradizione dei giullari medioevali, dileggia il potere restituendo la dignità agli oppressi)
    * 1998 – José Saramago
    * 1999 – Günter Grass

    * 2000 – Gao Xingjian
    * 2001 – Vidiadhar Surajprasad Naipaul
    * 2002 – Imre Kertész
    * 2003 – John Maxwell Coetzee
    * 2004 – Elfriede Jelinek
    * 2005 – Harold Pinter
    * 2006 – Orhan Pamuk

    Questi sono i Nobel degli ultimi vent’anni, tutti, mi pare, oltre al fatto di essere scrittori, hanno una biografia che può essere definita in qualche modo pubblica. O perchè hanno subito una discriminazione politica, o perchè hanno messo la riflessione sulla vita pubblica e politica al centro della loro opera, o perchè sono stati visti come autori cruciali e simbolici del loro paese.

    Penso che non lo fosse Luzi, e penso che non lo sia Celati, tutto qui.
    Molto poi dipende anche dalla recezione di questi autori in Svezia, e perciò potrei sbagliarmi.

  13. eh georgia, ma il senso della scrittura dovrebbe essere proprio che è una cosa che non si fa per il successo e per i soldi…questo almeno pensava il primo uomo che ha graffito un toro in dordogna e sartre quando ha rifiutato il nobel…poi oggi pare che le cose sono cambiate…c’è la de filippi…me ne rendo conto…non che abbia niente contro i soldi..meglio i soldi che la letteratura che serve a far soldi, di questo sono convinto…

  14. Questo lo pensa anche il mio dottore,
    che fa lo scrittore nel tempo libero,
    per PURA PASSIONE!

    e ne sforna di libri …

  15. ha ragione la sig.ra alcor! l’italia purtroppo no ne ha, di personaggi così. facciamocene una ragione arminio!

  16. per quanto mi faccia schifo quella cosa del nobel, vorrei fosse rilanciata l’attenzione sulla Merini, per tanti tanti tantissimi motivi, Anche di vera rottura per esempio col resto

    b!

    Nunzio Festa

  17. infatti io non credo un’acca alle panzane che rifilano i medici per 2-300 euro a visita, mi interessano solo quando scrivono libri…

  18. vediamo se arriva qualche importante autorello e si dice daccordo sul nobel a celati. vediamo, vediamo se c’è qualche generoso che non ha timore di perdere in tal modo il nobel a cui si sente predestinato……

  19. amalia de lana?

    io voto per tash.

    la fu

    non me ne voglia la mia amica de lana, ma insomma, meglio un omo nè!

  20. Quello che dice ALCOR è molto vero, ma serve non a dare ragione alla sua tesi, bensì a corroborare la tesi opposta: e cioè: proprio perché NON AVENTE UNA PUBBLICA BIOGRAFIA (leggi: una vita dedita agli intrallazzi sociali), proprio perché NON AVENTE UNA MILITANZA POLITICA ESPLICITA (leggi: una visione ideologica della politica), proprio perché NON AVENTE ALCUNA CRUCIALITA’ (leggi: ammanicamenti ufficiali) nel proprio Paese – Celati meriterebbe non uno ma DUE Nobel. Io propongo quindi DUE Nobel a Celati!!! E, se non vi bastasse, andate a leggere questo articolo ALICE NEL MONDO ATTUALE…, che è davvero stupefacente; è su: http://www.zibaldoni.it.

  21. Rispondo a liviobono

    Io NON penso che il senso della scrittura necessariamente sia il disinteresse per soldi e successo, anzi penso il contrario. Penso che TUTTI i grandi scrittori desiderino fare soldi e avere successo. Però prima di tutto desiderano scrivere qualcosa di importante e sicoome la scrittura è anche fatica e chiede tutto, penso che non hanno certo proprio tempo da dedicare alla costruzione del successo e di quello che fa fare soldi, anzi se già li hanno li perdono … poi c’è il fattore culo che non è da sottovalutare.
    E però vero che molti oggi addirittura rifiutano il successo facile perchè è pericoloso e si mangia tutta la tua vita, e soprattutto non sono disposti a vendersi per un piatto di lenticchie, e Celati credo sia fra questi. Il che non vuol dire che non vogliono guadagnare, ma solo che non sono disposti a compromessi o a scrivere come altri vorrebbero, o come la moda comanda. Tutto qui.
    Uno scrittore poi può decidere quello che vuole … quello che trovo buffo è che tu lo decida per lui, quasi fosse un dogma. LO TROVO VERAMENTE MOLTO BUFFO.
    Pensa se altri avessero imposto a sartre di rifiutare il nobel? lo avresti condiviso o trovato scandaloso? Io lo avrei trovato scandaloso.
    Beh io se gli scrittori che apprezzo fanno soldi non ci vedo proprio nulla di male … Io li apprezzo per quello che scrivono però forse se avessero pensato a fare i soldi non avrebbero scritto così bene … ma non vedo lo scandalo se altri si attivano perchè gli arrivino soldi e riconoscimenti più che meritati. Pensi che la loro scrittura passata ne perderebbe?
    trovi che i libri di coetzee oggi siano meno buoni?
    Boh, strano modo di ragionare il tuo, davvero strano … ma certo uno che paragona il vincere un nobel (con tutti i limiti che ha) all’andare dalla filippi (che sembra tu conosca molto bene) credo sia un po’ … come dire … sinceramente mi mancano le parole :-))))) … si è perso un po’ il senso della misura secondo me.
    Ma che razza di paese siamo diventati?
    geo

  22. già bruttissime mattonelle :-) e poi una volta entrati, non so se lo fa anche a voi, non si riesce a tornare indietro e bisogna chidere la pagina
    Ma alicio lo ha fatto apposta oppure no?
    geo

  23. alcor lo vedo ora il tuo elenco :-)
    A parte Fo i nobel italiani non è che siano mai entrati molto nella tua categoria e definizione:-)
    Quasimodo e montale io non ci li vedrei proprio se non forzatamente, in fondo montale (che è stato un Grandissimo poeta) ha solo rifiutato nel ’38 di iscriversi al PNF e si è licenziato dal viesseux (dove era stato fino ad allora tranquillamente) non credo abbia avuto altre grane.
    Celati invece potrebbe entrare in quella definizione, ma lasciamo perdere, la discussione sarebbe troppo lunga, … semmai io direi che uno che rinuncia ad un posto all’università potrebbe essere considerato veramente un personaggio eroico della società italiana :-))) … certo più di uno che avendo una moglie molto ricca rinuncia alla presidenza del Vieusseux come ha fatto montale, o no?;-).
    geo

  24. caro e intrepido capitano, lei è nuovo della rete?
    Non mi ha mai incrociata?
    altrimenti saprebbe che io rido molto e qui non ho alto che gli emoticons per segnalarlo… di grazia mi risparmi la solita minestra riscaldata che il riso … degli stolti perchè è una versione tarda e sballata.
    Ridere fa bene anche alla rete e ora le lascio una saluto un po’ sonnambulo
    georgia

  25. qui la lotta è disperata, è in gioco la nostra vita, la nostra possibilità di respirare. non vorrei che arrivassimo sempre sotto gli stessi muri. vorrei che per una volta ci dessimo calore attraverso questo felicissimo e irrimediabile fallimento che è la letteratura. bisogna dismettere l’autismo del siamo tutti scrittori e provare a indicare quello che vale (lo sappiamo tutti che sono sempre pochi i libri e poche le persone che riescono a entrare nella cruna dell’epoca)

  26. a chi propone il nobel per qualche scrittore verrebbe da consigliare un vecchio e devastante articolo di piergiorgio bellocchio ove si descriveva la tipologia dello scrittore “da nobel”.

  27. @alcor
    “seguendo la tradizione dei giullari medioevali, dileggia il potere restituendo la dignità agli oppressi”.
    ma questa frase l’hai aggiunta tu?
    è una tua formulazione?
    è della giuria del nobel?
    aggiungo in calce:
    secondo te, oggi, in Italy, c’è qualcuno che “dileggia il potere”?
    e secondo te, chi è stato l’ultimo scrittore italiano che ha “dileggiato il potere”?
    (infine: è importante “dileggiare il potere” oppure è meglio mostrare come opera e le conseguenze della sua costante e pervasiva applicazione da parte di tutti sulle vite di tutti? ma questa è una domanda retorica alla quale io ho già una risposta)

  28. Cara Georgia, grazie della correzione. Il link “errato” è dovuto al fatto che in pratica, non so come, è venuto linkato anche il punto dopo “it” – da cui lo scivolìo sulle piastrelle. Difatti il link giusto è http://www.zibaldoni.it
    Ma adesso, se permetti, voglio rilanciare, altrimenti la provocazione di ARMINIO resta tale e dunque insostanziale. Le motivazioni di ALCOR alla sua tesi sono infatti, a mio avviso, un incrocio perfetto di provincialismo e supponenza italica.
    Riprenderò i suoi punti uno per uno, nell’ordine seguente: 1) BIOGRAFIA 2) POLITICA 3) CRUCIALITA’ PAESANA, e non per fare una polemica a vuoto ma perché, ribadisco, sono la cifra esatta della visione delle cose letterarie e cosiddette culturali che circola e domina in Italia (e non solo).
    1) BIOGRAFIA. Chi conosce la biografia di Celati, e basterebbe leggere proprio il suo ultimo ALICE, sa bene che non c’è forse scrittore in Italia che si sia speso pubblicamente più di lui. PUBBLICAMENTE, per me, non significa andare sprecando la vita in apparizioni tv o in sbavamenti giornalistici. PUBBLICAMENTE significa, come dice Arminio, sentire e annusare quello che circola nella comunità e dare una mano, dare il proprio contributo a rendere la vita più vita. Il tutto, da parte di Celati, con grande umiltà, davvero rara in uno “scrittore”. Non sarò certo io a ricordare qui le avventure di riviste come ALI’ BABA’ o di NARRATORI DELLE RISERVE o di tante ricerche documentaristiche e letterarie che non hanno pari quanto a “impegno”.
    2) POLITICA. È proprio dall’”impegno” che voglio partire per argomentare di “politica”. Che cosa sarebbe la “discriminazione politica”, per ALCOR? Quella dello scimmiottamento degli articoli dei giornali? È vero, Celati non lo ha mai fatto. Ma per un motivo poetico ben preciso: perché la sua “azione politica” prevede proprio una contestazione viscerale e ontologica del sistema delle opinioni e dell’attualità, una via di fuga costante da tutto quanto è ossessione opinionistica, eccetera. I suoi lavori letterari, da questo punto di vista, hanno una forza rara e singolare – forza politica, innanzitutto – perché alludono a modalità inventive assolutamente estranee all’establishment e alla cultura dominante.
    3) CRUCIALITA’ PAESANA. Qui basterebbe ricordare l’esilio come cifra naturale della poesia, ma lasciamo perdere. Però voglio chiedermi: come è possibile giudicare ancora uno scrittore in base alla sua emblematicità e onorabilità paesana? Io credo che uno scrittore si giudichi per la bontà delle cose che scrive, non per la rispondenza ossequiosa alla realtà: del paese, dell’attualità, eccetera. E insomma, è proprio qui il dramma: l’ineludibilità della “realtà” in tanta scrittura moderna, la sua oppressione nei confronti del lettore, schiacciato dall’esser qui in maniera ormai definitiva. Celati ha immaginato e continua a immaginare vie di fuga da fermo, e questa è la sua radicalità anche politica, che purtroppo nessuno scrittore, non solo in Italia, si sogna nemmeno di provare a eguagliare.

  29. mi pare che con alicio entriamo nel vivo della questione. aspetto altri contributi. il tema è celati. proviamo a non divergere, una volta tanto.

  30. @tash, e ti pare che l’avrei aggiunta io?
    Era nella lista dei Nobel su google, evidentemente qualcuno si è sentito in dovere di spiegare perchè lo ha avuto.

    Chi dileggia il potere oggi? beh, i comici in effetti a volte lo dileggiano, ma non seguo più di tanto e non saprei dire. Grillo? Dileggia, Grillo? Paolo Rossi? Mi pare che dileggiasse.
    Dileggiare è sempre stato importante quando i cittadini erano schiavi, ecc.
    Adesso più che schiavi sono variegatamente consenzienti.

    Io com’è noto preferisco la critica e mi irrito a ogni superlativo e a ogni invito alla santificazione e nobelizzazione, ma è una posizione di minoranza. Anche qui, Arminio la spara, e che dobbiamo fare?
    D’ora in poi, qualsiasi distinguo io possa fare, sembrerò sempre una detrattrice di Celati, a prescindere.
    Distinguere è il primo verbo all’indice della delicata sensibilità nazionale. Ognuno ha le sue chiese.
    Ah, non mi metterò a duettare con Alicio, legge male e solo come spunto polemico, che duetti da solo, se ci tiene.

  31. bisogna tenere lontana l’idea della scrittura come ricreazione. la scrittura è riparazione, cioè tutta un’altra cosa. la scrittura esiste perché la vita è una cosa che va continuamente riparata, non possiamo comprarne un’altra ogni volta che si rompe.

  32. Ore 11.54
    È suonata la campanella da un pezzo.
    Arminio, smettila di riparare la macchinina e torna in classe.

  33. alcor che celati possa essere in linea di massima daccordo con te cosa vuol dire? (dico in linea di massima perchè alla fin fine non mi sembra che abbia rifiutato il premio viareggio)
    La cosa veramente buffa è che tu in questo caso ti debba ritenere daccordo con lui :-).
    Da quando per dare un nobel (o qualsiasi premio) si consulta l’autore?:-))))
    All’autore che se lo merita va data anche la soddisfazione di rifiutarlo un premio ;-)
    Ad ogni modo il nobel è un tale riconoscimento, non solo per l’autore, che è sempre meglio accettarlo che rifiutarlo, come tutti i premi e riconoscimenti del resto.
    Suvvia troppo facile fare i falsi moralisti, duri e puri, a nome degli altri.
    secondo me le regole moralistiche, soprattutto a questi livelli, si possono applicare solo a se stessi, altrimenti … troppo facile, troppo facile, e troppo banale ;-)
    Alcor limitati a dire che tu il nobel lo rifiuteresti, io invece lo accetterei ma …ambedue le nostre affermazioni, per forza di cose, lasciano il tempo che trovano:-).
    L’unico dubbio che ho sul candidare celati al nobel è che siccome non credo sia all’orizzonte un premio ad un italiano nei prossimi decenni, gli facciamo correre il rischio di finire come luzi che avrebbe avuto una vecchiaia più serena se non lo avessero neppure messo nella rosa, e questo al di là del merito e del demerito, quindi io in fondo lascerei perdere e mi limiterei a pubblicizzare i suoi scritti e a farli circolare al posto della tanta brutta letteratura degli editor scatenati:-))))
    geo

  34. scusate se arrivo tardi ma volevo assocciarmi all’entusiasmo filocelatiano. e denunciare anche che molti che si affacciano alla scrittura in questi ultimi anni non lo conoscono a sufficienza . giovani ! non sprecate il vostro tempo su tondelli ! leggete tutto tutto tutto di celati, il nostro miglior narratore vivente senza paragoni ! luigisocci

  35. @alcor
    anch’io provo natural ripulsa verso “ogni invito alla santificazione e nobelizzazione”, ma faccio parte di una generazione che rifuggiva da ogni integrazione e istituzionalizzazione e normificazione dei fatti culturali.
    le generazioni successive non hanno questa percezione negativa e ingessatoria, forse un po’ demodée, e anelano al riconoscimento.
    ma non c’è nulla di male ad anelare al riconoscimento, anzi, per certi versi è necessario.
    il nobel però è cosa diversa, è mummificazione santificante, è come una mano di coppale sull’opera di un artista, come una glassa istituzionale.

  36. tashtego prendiamo atto che tu lo rifiuteresti come rifiuteresti qualsiasi cosa che riguardi integrazione e istituzionalizzazione e normificazione, in fondo, ne siamo contenti … per il nobel naturalmente ;-)
    geo
    P.S
    In che casa editrice è uscito il tuo libro?

  37. Se tu bagni il tuo piede in un lago
    di un paese chiamato Cultura
    poi tirar dietro il piede è assai dura
    ma è più duro imparare a nuotar.

    Ed è pieno di barche lucenti
    con pennacchi e con mille bandiere
    tu ti accosti vai lì per vedere
    e ti accorgi che fondo non han

    E tu t’agiti, gridi ti muovi
    e gli urli che stanno affondando
    ma ti guardano tutti ridendo
    non è cosa che faccia per lor.

    C’è una barca che dovrebbe andare
    ma perdìo non va ben manco quella
    vi assicuro è più grande e più bella
    e nel tondo, no, buchi non ha.

    E’ legata con mille catene
    e con corde e legacci alla riva
    ma si muove si vede che è viva
    e nessuno che pensi a guidar.

    C’è una barca che dovrebbe andare
    ma per dìo non va ben manco quella
    vi assicuro è più grande e più bella
    e nel fondo, no, buchi non ha.

    sono sempre in sintonia col signor tash e la domanda che ha posto georgia è legittima , mi piacerebbe sentire cosa ne pensa il mio maestro.
    celati ce l’ho, ce l’ho.
    un bacio a tutti
    la funambola

  38. che buffo io riesco a leggermi Coetzee, Pinter, Pamuk, Szymborska, Mahfouz, Walcott, Seamus Heaney, senza vederci ombra di coppale, senza sentire puzzo di mummia … non è così per tutto quello che mi capita di leggere, anzi … che vorrà mai dire? Che sono strana? forse …
    geo

  39. Ma dico: si può essere più ingenui di chi come ALCOR o TASH o qualche altro prende sul serio la provocazione di ARMINIO, al punto di mettersi a discettare se è giusto o meno santificare o nobelizzare Celati e bla bla? Mi fate tenerezza, davvero. Ma chissenefrega del Nobel! E credo davvero se ne strafreghino altissimamente non solo Celati, ma anche Arminio e lo stesso De Vivo, autore del pezzo che vi ho postato, che probabilmente è la migliore risposta alla vostra seriosità triste seppur ammantata di ironia. Seriosità senza argomenti, del resto. Perché ALCOR può chiamarsi fuori quanto vuole, ma agli argomenti che gli (o le) ho opposto io lei non ha assolutamente niente da obiettare. Però, per una volta, perché non provate a uscire dalla logica dell’opinione buttata lì tanto per sentirsi esistenti e significanti? Perché non provate a discutere le cose, oppure, se non le conoscete, a tacere? Nessun medico ha ordinato a nessuno di parlare per forza su tutto o di replicare come pappagalli le cose – anche le informazioni apparentemente più banali – che svomita Google come se fossero verità assolute. Uscite dall’ansia di informarvi, usate la vostra testa per giudicare il mondo, sentite a me: avremo forse solo così un mondo meno chiacchierone e più sopportabile.

  40. beh visto che si gioca … continuiamo a giocare:
    Dice alcor: “perchè hanno messo la riflessione sulla vita pubblica e politica al centro della loro opera, o perchè sono stati visti come autori cruciali e simbolici del loro paese”.

    Voglio riportare una frase iniziale, cruciale e simbolica, dal libro di Celati (Cinema naturale)

    “Perchè scrivendo o leggendo dei racconti si vedono paesaggi, si vedono figure, si sentono voci: è un cinema naturale della mente, e dopo non c’è più bisogno di andare a vedere i film di Holliwood”

    Beh in un paese dove la dittatura è mediatica, in un mondo dove le guerre vengono gestite, propagandate e esportate da Hollywood mi sembra, nella sua estrema semplicità, una dichiarazione di poetica di chi ha messo la riflessione sulla vita pubblica e politica al centro della della propria opera, e che possa essere visto come un autore cruciale e simbolico del proprio paese.
    Poi certo ogni epoca ha il paese, la politica, il mondo che si merita ma questo è un altro discorso … combattere le lotte del passato, senza vedere i reali nemici del presente, è forse veramente da mummie e soprattutto del tutto innocuo sia che pubblichi con derive approdi o, ancor peggio, con mondadori. Ad ogni modo non ho nulla contro le case editrici a me interesa il contenuto e la forma prima di tutto, appunto il Contenuto e la Forma, il resto è fuffa:-)
    geo

  41. Mi piace fare tenerezza a qualcuno, soprattutto se si chiama Alicio.

    @georgia
    Il mio libro è uscito per Mondadori, si intitola “Dove credi di andare”, costa sedisci euro e cinquanta centesimi, per duecento pagine.
    Quanto alla domanda se rifiuterei il nobel essa è mal posta perché è posta a me.
    A meno che non contenesse sottili ironie chepperò mi sfuggirono.
    Mi pareva si stesse parlando di quei grossi e letterari che scrivono un casino di libri in modo forbito per tutta la vita e alla fine, se sono stati buoni e se riassumono in sé la fascia alta dello standard letterario di un certo paese, beccano il nobel.
    Questa era la lettura di Bellocchio, ma credo che oggi le cose siano un po’ cambiate, anche se non di molto.
    Ognuno penso abbia il diritto di percepire quello che gli pare come gli pare: a me il nobel sembra quello che ho detto sopra: tra l’altro non mi sembra che la produzione di chi l’ha preso dopo il nobel sia stata molto significativa.
    Quindi diciamo che si conferisce a chiusura di una carriera e quando arriva troppo presto, come a Pamuk, sono dolori.
    Riprendendo il discorso generale, ho la sensazione che il nobel sia un premio mediatorio e politico, non a caso le letterature non occidentali hanno avuto molti riconoscimenti negli ultimi vent’anni, così come quelle dell’est europeo et comuniste.
    Ma fore tutti i premi lo sono, mediatorii e politisci.
    Ciò non significa che non si possano leggere i libri dei nobel, anche se personalmente ne diffido, cioè faccio fatica a comprarli.
    Della lista di Alcor ho letto solo Brodsky Saramago Grass Pinter Pamuk e, tranne Saramago (che trovo insopportabile), tutti prima che pigliassero il nobel.
    Per quanto mi riguarda lo posso dare pure a Federico Moccia.
    E non escluso che un giorno lo becchi pure lui: piove sempre sul bagnato.
    Il lampione dei lucchetti dell’amore a Ponte Mirvio diventerebbe monumento nazionale, ma già è monumento regionale, in effetti, per editto veltroniano.
    Via così, avantitutta.

  42. Per evitare inutile spreco di energia a me rivolto, vorrei dire che io leggo gli interventi lunghi di rado (mente astenica) e solo quando sono certificati, cioè di commentatori che stimo o di new entry assolute che ancora non conosco (orribile snobismo indotto da vecchiaia, lo ammetto).
    Ho visto qualche ALCOR in maiuscolo ma non mi ha fatto voglia, le maiuscole rimbombano e il mio udito non è più quello di un tempo e va tutelato.
    Se hai da dirmi cose urgenti e che ti sembrino molto importanti e cruciali per l’umanità mandami una mail, di interventi mi è bastato il primo tuo.

    Posso avere anch’io le mie antipatie?

  43. Riprovo a mandare il commento sparito.

    beh visto che si gioca … continuiamo a giocare:
    Dice alcor: “perchè hanno messo la riflessione sulla vita pubblica e politica al centro della loro opera, o perchè sono stati visti come autori cruciali e simbolici del loro paese”.

    Voglio riportare una frase iniziale, cruciale e simbolica, dal libro di Celati (Cinema naturale)

    “Perchè scrivendo o leggendo dei racconti si vedono paesaggi, si vedono figure, si sentono voci: è un cinema naturale della mente, e dopo non c’è più bisogno di andare a vedere i film di Holliwood”

    Beh in un paese dove la dittatura è mediatica, in un mondo dove le guerre vengono gestite, propagandate e esportate da Hollywood mi sembra, nella sua estrema semplicità, una dichiarazione di poetica di chi ha messo la riflessione sulla vita pubblica e politica al centro della della propria opera, e che possa essere visto come un autore cruciale e simbolico del proprio paese.
    Poi certo ogni epoca ha il paese, la politica, il mondo che si merita ma questo è un altro discorso … combattere le lotte del passato, senza vedere i reali nemici del presente, è forse veramente da mummie e soprattutto del tutto innocuo sia che pubblichi con derive approdi o, ancor peggio, con mondadori. Ad ogni modo non ho nulla contro le case editrici a me interesa il contenuto e la forma prima di tutto, appunto il Contenuto e la Forma, il resto è fuffa:-)
    geo

  44. il commento non è passato neppure stavolta :-)
    Ma che c’havete un fltro intelligente che legge pure?
    altro che bombe intelligenti ….

  45. tahs grazie, conoscevo la casa editrice e non avrei avuto nulla da ridire, anzi, ma pensavo di essermi sbagliata perchè mi sembrava, per te, troppo assimilabile a “integrazione e istituzionalizzazione e normificazione” e pensavo che oltre al nobel avresti rifiutato/bubato anche quella, ma mi sbagliavo … lo so, lo so è più facile rifiutare le cose che toccano ad altri ;-).
    geo

  46. jan mi scusi (tanto potrà sempre cancellare) ma voglio riprovare a mandare il commento che non viene accettato e lo faccio eliminando il link, forse il server ha problemi con la feltrinelli ;-)

    COMMENTO CASSATO 3 volte
    beh visto che si gioca … continuiamo a giocare:
    Dice alcor: “perchè hanno messo la riflessione sulla vita pubblica e politica al centro della loro opera, o perchè sono stati visti come autori cruciali e simbolici del loro paese”.

    Voglio riportare una frase iniziale, cruciale e simbolica, dal libro di Celati (Cinema naturale)

    “Perchè scrivendo o leggendo dei racconti si vedono paesaggi, si vedono figure, si sentono voci: è un cinema naturale della mente, e dopo non c’è più bisogno di andare a vedere i film di Holliwood”

    Beh in un paese dove la dittatura è mediatica, in un mondo dove le guerre vengono gestite, propagandate e esportate da Hollywood mi sembra, nella sua estrema semplicità, una dichiarazione di poetica di chi ha messo la riflessione sulla vita pubblica e politica al centro della della propria opera, e che possa essere visto come un autore cruciale e simbolico del proprio paese.
    Poi certo ogni epoca ha il paese, la politica, il mondo che si merita ma questo è un altro discorso … combattere le lotte del passato, senza vedere i reali nemici del presente, è forse veramente da mummie e soprattutto del tutto innocuo sia che pubblichi con derive approdi o, ancor peggio, con mondadori. Ad ogni modo non ho nulla contro le case editrici a me interessa il contenuto e la forma prima di tutto, appunto il Contenuto e la Forma, il resto è fuffa:-)
    geo

  47. “Celati ha immaginato e continua a immaginare vie di fuga da fermo, e questa è la sua radicalità anche politica, che purtroppo nessuno scrittore, non solo in Italia, si sogna nemmeno di provare a eguagliare”
    liviobo e alicio mi trovano profondamente in empatia e aggiungo: immaginare vie di fuga da fermo non è prerogativa di pochi eletti, è necessità di tutti, direi che è il compito di tutti, “analfabeti” compresi, anzi per questi ultimi ,la via di fuga da fermo, si “rivela” limpida e facile e semplice, ma si sa, le cose semplici faticano ad entrare nella capoccia degli umani.
    a un pensiero radicale deve seguire un’azione radicale santiddio, altrimenti è letteratura, seghe mentali, appunto.
    echissenefregadelpremionobbelll? chi?
    in pochi, purtroppo.
    baci, è bello sentisi “compresi”.

    la funambola

    signor tash, lei ha risposto alla domanda di georgia ma non esaustivamente.
    ovviamente non pretendo che le mie curiosità, oneste curiosità, che non sottintendono tranelli, vengano soddisfatte.
    io penso però che la scelta del contenitore mi dia indicazioni anche sulla radicalità o meno del pensiero che sta dietro a dei pensieri.
    così…
    sempre baci
    la funambola

  48. Arminio:

    La cosa è questa: perché non proponiamo Gianni Celati all’accademia svedese del Nobel?

    Google:

    Il Premio Nobel per la Letteratura viene assegnato dall’Accademia Svedese…
    Il percorso per giungere all’assegnazione del Premio è lungo e dura all’incirca tutto l’anno. Comincia infatti il primo febbraio, giorno in cui devono essere raccolte le candidature (circa 350). Coloro che possono nominare i candidati sono: i membri delle accademie letterarie o società simili riconosciute, professori di letteratura e di lingue, precedenti Nobel laureati in letteratura e i presidenti delle società letterarie che sono rappresentative nel panorama culturale del rispettivo Paese d’origine …

  49. georgia: “alcor che celati possa essere in linea di massima daccordo con te cosa vuol dire?”

    vuol dire che essendo persona di mondo, sa quali sono i criteri e le procedure che vengono seguiti e gli parrebbe improbabile venire proposto, non ho mai detto che se lo vincesse dovrebbe rifiutarlo.

    Ma cos’è, parlo arabo, io?

    Ancora georgia, rivolta a me:

    “Voglio riportare una frase iniziale, cruciale e simbolica, dal libro di Celati (Cinema naturale)

    “Perchè scrivendo o leggendo dei racconti si vedono paesaggi, si vedono figure, si sentono voci: è un cinema naturale della mente, e dopo non c’è più bisogno di andare a vedere i film di Holliwood”

    Beh in un paese dove la dittatura è mediatica, in un mondo dove le guerre vengono gestite, propagandate e esportate da Hollywood mi sembra, nella sua estrema semplicità, una dichiarazione di poetica di chi ha messo la riflessione sulla vita pubblica e politica al centro della della propria opera, e che possa essere visto come un autore cruciale e simbolico del proprio paese.”

    Perché dici questo a me, @Georgia? Scrivi agli accademici italiani che propongono i candidati. Magari ti danno ragione e scelgono Celati. Non devi convincermi, devi convincere loro, dal 1° febbraio dell’anno prossimo, vedo sopra, dunque c’è tempo.

    Sulle ragioni e i criteri delle scelte dell’accademia si sono fatte sempre le più bizzarre illazioni, nei decenni, compresa quella che molto conti essere tradotti in Svezia. E’ tradotto in Svezia, Celati? Non so.
    Vero è, e su questo punto sono tutti concordi, che mai, dico mai, è bastata la semplice eccellenza letteraria, ma alcuni criteri anche “politici” (virgolette doverose) riconoscibili come tali dall’accademia di una società luterana, che ragiona un po’ diversamente dalla nostra.
    Con questo chiudo, sono inutilmente sfinita.

    Il post era il Nobel a Celati, giusto? sono IT.

  50. Alcor, guarda, innanzitutto ti scrivo minuscolo, così forse ti calmi (ma io scrivo maiuscolo per comodità). Figurati se mi interessa fare polemiche, con te o con chiunque altro. Il problema è: si reisce a discutere di una cosa seria partendo da una battuta, cioè in maneira leggera e onesta? Oppure dobbiamo essere tutti obbligatoriamente dei tristi e dei saccenti? Il pezzo di ARMINIO (ecco, lui lo scrivo ancora in maiuscolo perché forse non si arrabbia) è iperbolico, per scelta. Anche i bambini delle elemntari sanno infatti che il Nobel si assegna con tutta quella trafila che qualcuno ha enucniato e che, insomma, mai e poi mai uno come Celati ne verrebbe insignito (benché sia tradotto ANCHE in Svezia, come in quasi tutto il mondo). Ora la domanda è: quanti avrebbero il coraggio di dire che uno scrittore come CELATI meriterebbe davvero il Nobel (cioè meriterebbe davvero quel fantasma che i Greci chiamavano GLORIA), molto più di Dario Fo e di tanti altri scrittori anche stranieri che definire mediocri rispetto a Celati è davvero poco? Quanti saprebbero portare degli argomenti validi, o almeno provare ad abbozzarli, in difesa di questa tesi? Quanti – in soldoni – lo hanno letto e lo leggono Celati in Italia? E comuqnue: quanti sono capaci di prendere tutto questo come un gioco, che si fa così per ridere ma anche così per capire come va il mondo? Pochi, a giudicare dai commenti a questo post. E soprattutto tra i cosiddetti scrittori professionisti o aspiranti tali, che si affannano a commentare, chilometrici, la prima frusciata di vento o il primo giallo all’orizzonte, senza avere minimante consapevolezza di quello che infine veramente resta nel tempo e nella letteratura.
    E a proposito di “chilometricità”: il mio post (ultimo) era lungo 1000 battute circa, il tuo (ultimo), Alcor, 1500. Bada alla tua di lunghezza, dunque, e la prossima volta trova magari un alibi migliore per la tua superficialità.

  51. @ georgia vari post fa, e @gli altri
    ma ti pare che io posso, o voglio, imporre a celati di non prendere il nobel? semplicemente testifico quel che sento: io credo che l’atto stesso di far “concorrere” (correre e sgomitare insieme ad altri ) di valutare (di assegnare un valore sociale, oggettivo, addirittura economico), di classificare un testo, lo svilisca, lo prostituisca, o nel caso migliore lo feticizzi, e sia indizio di un degrado nel rapporto con quella ierofania che è la parola poetica. tashtego lo ammette, ma lo giustifica…sono cambiati i tempi dice: appunto, sono quelli della società dello spettacolo, in cui il valore rappresentativo schiaccia tutti gli altri. io scrivo, ma non ho mai partecipato a un concorso, ero nella giuria (popolare) del premio napoli, ne sono uscito appena mi sono accorto che tutta la kermesse non era affatto un modo spiritoso di diffondere l’amore per i libri, ma una sottospecie di sanremo letteraria, e spero e credo che la proposta di arminio sia più che altro una provocazione a parlare di un autore (che personalmente amo) per tanto versi disconosciuto. altro discorso sono i soldi: sono condizione per esistere, e dunque scrivere. ma anche su questo, penso che lo scrittore davvero etico debba vivere d’altro. ci scandalizza l’amore a pagamento, e ammettiamo di pagare l’atto poetico, ben più profondo e radicale, perchè concerne la nostra essenza …quando leggete un testo pagato, non vi sentite come da una puttana, non sentite che forse sta inducendo il vostro desiderio e il vostro seme per calcolo? non credete che anche la lettura sia “corrispondenza”? e non è romanticismo, è radicalismo, magari.

  52. @georgia (benché sia sostanzialmente inutile inter-loquire con te, vista la distanza, più volte misurata, che inter-corre tra noi)

    buffa questa cosa che mondadori “se rifiuta” per coerenza, però einaudi no: eppure sono ambedue dello stesso padrone, assieme a molte altre case editrici.
    non ho rifiutato mondadori, sarebbe stata una cosa ridicola, anzi imbecille.
    sono un esordiente, mondadori mi ha dato fiducia, mi stampa, mi dà modo di essere letto, che è quanto desidera chi ha scritto qualcosa, eccetera: ho il massimo rispetto e gratitudine per chi si è occupato del mio libro e ci ha creduto.
    aggiungo poi di non aver suggerito che si debba rifiutare il nobel, nei miei post non c’è la parola “rifiuto”.
    e comunque oggi non ha senso rifiutare nulla, perché non esiste un solo principio (valore, imperativo, credo) valido per farlo: i tempi di Sartre sono finiti da un pezzo.
    ho detto che il nobel è mummificante.
    e poi ho tracciato un quadro inadeguato delle modalità di scelta: sicuramente c’è chi ne sa molto più di me.

  53. Le ha contate, ma non si è accorto che la maggior parte erano di georgia.
    Però lo perdono, e come si fa a non perdonarlo? fa tanti di quei refusi che può esser mosso solo da passione celatiana.

  54. vorrei ricordare che celati è bravissimo anche come traduttore e curatore di libri altri. magari ne avete letto qualcuno e non ci avete fatto caso. mi piacerebbe che ognuno tirasse fuori qualche pelo della bestia celatiana.

  55. Io continuo a leggere e ad amare i suoi libri. Frega un tubero se lo propongono per il Nobel, se glielo danno, se…
    Se è un gioco (tipo: “questo vince e questo perde”, questo era il migliore ma quello che ti propongo io è ancora “più migliore”), beh, converrete che è abbastanza ridicolo. I premi, in particolare il Nobel (salvo rarissime eccezioni), sono il frutto di manfrine geopolitiche ben precise e, soprattutto in letteratura, nel novanta per cento dei casi non certificano nessuna eccellenza.
    I nomi di Celan, Borges, Char, tanto per farne qualcuno, dicono ancora qualcosa?

    Continuo a pensare, senza fare l’interprete del pensiero di nessuno, che Arminio volesse soltanto (se è così: giustamente!) attirare l’attenzione su uno dei pochissimi scrittori di assoluto valore che oggi possiamo vantare: magari per contrapporre la Qualità, quella a tenuta stagna, alla tracimazione della Fuffa (i.e.: del novantacinque per cento dell’attuale letteratura italiana).

    Si discuta, allora, della sua opera. Si licet.
    E non sarebbe argomento da poco.

  56. @tash … ma per me tutte le case editrici vanno bene, va benissimo il nobel, qualsiasi cosa va bene (differente per i giornali quotidiani, ma questo è altro discorso più complesso) se la produzione è buona, il duro e puro, timoroso della mummificazione (degli altri), sei tu mica io :-)

    @alcor ma …vuoi far da editor ad alicio?

    Beh poi … ma che fai a scarica barile ora? :-) se le battute tue sono mie citazioni sempre battute tue rimangono, o no?
    Approfitto per segnalarvi che cliccando (nei commenti) sulla data, appare l’indirizzo proprio e solo a quel singolo commento che poi (sapendo fare i link) può essere usato invece di riportare tutte le citazioni caso mai fossero troppe, … così poi non si accusa gli altri del proprio numero di battute … :-))))
    geo

  57. io la penso esattamente così:

    se meritassi in me stessa la fama
    ognio altro applauso sarebbe
    superfluo, come incenso
    senza necessità

    se non la meritassi, anche se fosse
    altissimo per gli altri il nome mio,
    sarebbe un pregio spregevole,
    un futile diadema

    e questa non è letterarura, non è una sega mentale, non è esercizio di stile, questo è coraggio, onestà, dignità, questa è “vittoria”, perchè prende atto dell’inevitabile “sconfitta”, questa è la tanto decantata “libertà”.
    queste sono parole “illuminate” nella loro semplice e chiara e accessibile comprensione.
    ma “la comprensione” va molto al di là della traduzione, che la traduzione è giocoforza contaminata.
    e questa “visione” questo “sentire” va oltre il palazzo della cultura, i palazzi tutti, questa è una visione che sssssspiezzza le gambe alla vanità e a tutti i nostri (umani) alibi.
    e poi siamo umani e su questo non ci piove ma provarci almeno, provarci a fare due più due, ogni tanto.
    signor tash, lei mi ha sedotta e poi abbandonata!? :)
    pazienza, io le voglio bene ugualmente
    alicio e liviobo son musica per le mie orecchie.
    baci che aspirano alla radicalità
    la funambola

  58. leggendo la funambola o alcor mi viene il sospetto che qui sotto gli pseudonimi ci siano 4 gatti conosciuti…comunque d’accordo col saggio antropofago ugolino…i nobel ormai come gli oscar sono un titolo di demerito, di dozzinalità, di milionarietà…

  59. il palazzo della cultura???!!!???
    mmmmmmm … mmmmmmmmm
    ma dove lo vedi?
    e che è il palazzo della cultura, un assessorato comunale, un minculpop denoartri?
    Qui al massimo ci sono tende … e le tende si montano, si smontano … si emigra … si rimontano … il palazzo della kultura … cose da e-pazzi.
    Certo che ssere sedotti da tash è abbastanza grave … dov’è il dottore di bordo? karotenuto si chiama? Venga venga … ha qualcosa da dare alla signorina?
    geo

  60. Alcor si è calmata, ed è già qualcosa. Ma comunque non facciamo alcun passo in avanti, e la discussione sull’opera di Celati, invocata dall’Ugolino e da me medesimo di persona, rimane, ahimé, ancora una chimera…

  61. Ero calma anche prima, più calma sono, più cattiva divento, anzi, più seria sono, più cattiva divento.
    Adesso non sono più seria.

  62. ehi bimba,
    palazzo della “cultura” voleva essere na metafora nè,
    e poi georgina bella io mi faccio sedurre da chi mi più mi aggrada, suvvia, convieni che sei gelosa :))))))
    non demordo e ti bacio, ma guarda che è l’ultima volta, che sono umana anch’io.
    la funambola

  63. @Alicio “Ora la domanda è: quanti avrebbero il coraggio di dire che uno scrittore come CELATI meriterebbe davvero il Nobel (cioè meriterebbe davvero quel fantasma che i Greci chiamavano GLORIA)…

    sbaglio o in greco gloria è “doxa”?
    Comunque d’accordo: due nobel a Celati (uno per quello che ha scritto e uno per ciò che ha tradotto) – E i suoi saggi? Le sue pagine sul “gag” e Beckett sono tra le più cristalline e pertinenti: ci ruota attorno tutto il cinema burlesque

  64. In un periodo in cui avevo bisogno di parole un mio amico innamorato di Celati me lo leggeva al telefono.
    Mi chiamava e leggeva.
    Poi narratori delle pianure l’ho anche comprato.
    Ricordo i paesi che si snocciolano uno a uno, e una foto di Ghirri piena di neve e senza cielo.
    E’ una scrittura dura, che risale la corrente, un incanto con tutto il resto da scavare.

    Il nobel è un nome. E le grandi opere non hanno paura, sanno salvarsi, sanno passarci in mezzo alle istituzioni che controllano e vorrebbero loro.

  65. p.s Solo per dire che l’idea che la vita non si può ricomprare ogni volta che si rompe fa ridere e rende bene l’idea.
    E la parola riparare è anche legata al fiume.
    buonaserata

  66. beh ora sono passati tutti i commenti cassati …. il vostro server è un po’ grullo …. per favore jan cancella i mie commenti doppioni.
    che imbarazzo :-(
    geo

  67. cara Georgia,
    il mio dottore si chiama Andrea,
    è importante ricordarseli i nomi
    dentro i nomi
    c’è tutto un mondo!

  68. rileggo qualche post…la funambola ha consumato la specola virtuale a furia di baci, georgia lo ha sgranato a forza di risate, alicio e qualche altro si consumano i ginocchi per osannare celati, tash e ugolino gatteggiano e alcor tapireggia…ma se è vero quel che, qualcuno ha ricordato, sostiene anche celati, l’importante non è parlare di celati, ma di ciò di cui celati parla…bologna e il ’77…e tuttavia mi sembra che al 99esimo post la discussione sia ormai sfiatata …. (p.s. the o.c….i gesuiti..cavolo..c’hai indovinato…ma come hai fatto?…e che mi sono perso, là…il tuo fine umorismo…battute da sbellicarsi…mi voglio rifare, ti prego, spara ancora…ho l’ombelico in foia…)

  69. se penso a quanto lavoro c’è da fare sui paesi mi viene voglia di avere cento vite. verrò a bellano, cara carla, appena salgo al nord da questo mio frammento siberiano incastonato nel mediterraneo. alicio ha detto cose molto importanti sul lavoro di celati. spero arrivino altri interventi.

  70. Caro Arminio, oltre ad essersela presa con me, [e ancora non ho capito il motivo] Alicio non ha detto proprio niente sul lavoro di Celati.
    Piuttosto sorpresa dalle tue parole sono andata a rileggermi l’unico suo commento che graficamente sembrava articolato, e invece: vago, pasticcione, retorico, aggressivo, un uomo con la benda sugli occhi che cerca di rompere la pentola di coccio.
    Nada de nada.
    E la cosa più ridicola è che io di Celati ho grande stima. Alicio ha agitato le braccia, ha starnazzato un po’ e poi?
    Fosforo!!!

  71. Alcor, ora vorresti che io reagissi e scendessi sul terreno della polemica e del bla bla. Lo so come funzionano questi meccanismi da psicotici del commento. Ma io non ci casco. E anzi sai cosa ti dico? Non me ne frega niente del niente che dici: continui a farmi solo tenerezza. Quindi passo a replicare a HUMPTY D. che evidentemente del libro di Agamben, l’ultimo, ha letto solo qualche recensincina, perché è vero che “doxa” (secondo Ag.) è “gloria”, ma è anche vero che parliamo di una relazione a un regno, che nell’opera di Celati è sempre e solo immaginaria (potremmo parlare di “politica immaginaria”, se vogliamo – ma il discorso è lungo e non mi sogno neanche di accennarlo). Comunque quello che infine dice LIVIOBO mi sa che è l’unica vera verità qui dentro: arrivati a un centinaio di commenti c’è più voglia di sana caciara che di discussione. L’intervento del Biondillo ne è la prova provata. Tutti vogliono solo fare battute o salutare gli amici, come alla tv, nessuno se ne frega di niente – figuriamoci di discutere di letteratura.

  72. Per discutere, e addirittura discutere di letteratura, bisogna avere qualcosa da dire.
    Possibilmente di comprensibile agli altri.
    Comunque io non voglio discutere con te, non sono mica matta, contestavo l’entusiasmo di Arminio per le “cose molto importanti” che hai detto.

  73. @Alicio Quindi passo a replicare a HUMPTY D. che evidentemente del libro di Agamben, l’ultimo, ha letto solo qualche recensincina, perché è vero che “doxa” (secondo Ag.) è “gloria”, ma è anche vero che parliamo di una relazione a un regno, che nell’opera di Celati è sempre e solo immaginaria (potremmo parlare di “politica immaginaria”, se vogliamo…

    Ma io facevo solo accenno – un po’ sarcasticamente – al “consenso spettacolare” (gloria/doxa) qui giù tra noi ominidi, non al regno come politica immaginaria… per quanto l’esempio e l’accostamento possa sembrare depravato, proprio perché lo stesso Celati è così distante (appartato) e poco lo intriga la “gloria” mediatica (o mediata)…
    Vedo comunque con piacere che frequentiamo identiche letture… e pure io non mi sogno di approfondire le questioni poste da Ag. Sono debole in teologia…

  74. ovunque c’è un alicio.
    ovunque ne troverete uno.
    gli alicio sono oltre, sempre.
    rivendicano una supremazia de nascita.
    agli alicio non la si fa.
    gli alicio danno l’impressione di voler spostare sempre er discorzo più avanti ed è un loro modo per non cominciarlo mai.
    gli alicio entrano in un posto già pensando che loro lì sono i mejo, che adesso gliela faccio vedere io, che fino adesso questi hanno giocato e mo’ so’ dolori.
    buffi gli alicio, perché a loro non interessa entrare nell’eventuale misero contenuto di un discorso, gli interessa invece disturbarlo, portare scompiglio, ma uno scompiglio che premi la loro visibilità innanzi tutto.
    gli si fa tenerezza agli alicio.
    gli alicio ci compatiscono.

  75. Ovunque c’è un tashtego
    ovunque c’è uno che si atteggia a scrittore, ormai,
    anche nei cessi della metro (io
    ne ho visto uno, che scriveva
    rannicchiato tra le feci). Ovunque, ormai,
    tu dica qualcosa ci son quelli che non dicono
    niente, e anzi impongono che il loro niente
    sia tutto; e così anche il tuo qualcosa – come forse
    è giusto che sia – diventa niente: tutto
    un anodino niente. Una laida chiacchiera
    da cesso, appunto.

  76. Tash: perché a loro non interessa entrare nell’eventuale misero contenuto di un discorso, gli interessa invece disturbarlo

    Scusa tash io non conosco alicio, e può anche essere che tu abbia ragione, però fino ad ora a me quello interessato non ad entrare nel contenuto ma a disturbarlo bubando eri sembrato proprio tu … ma devo essermi sbagliata.

    E poi cosa c’entra la “supremazia de nascita”? gli scrittori nascono in tutto il mondo in ogni luogo, in ogni dove e non credo ci sia supremazia di nascita, ma solo supremazia di aver qualcosa da dire e di dirlo con supremazia di parola e di carne e pensiero che si fa scrittura, tutto il resto sono fole commerciali.
    geo

  77. Alicio ma se ami una persona uno scrittore qualcuno ti moderi. In questo modo non hai sicuramente aiutato Celati.
    E poi questa cosa del nobel è un gioco, una cosa fiabesca.
    saluto Gianni Biondillo!

  78. scusa elena ma perchè pensi che celati abbia bisogno di essere aiutato?
    non è mica un esordiente.
    Ognuno credo possa parlarne come crede, semmai forse l’importante è parlarne e non mi sembra che venga fatto poi molto in rete … e anche qui.
    Il fatto che la storia del nobel sia un sasso buttato da arminio, è verissimo, è verissimo che è solo un gioco, ma … questo non toglie che celati se lo meriterebbe e le reazioni provocate (nel bene come nel male) dimostrano qualcosa di profondo ;-).
    Poi anna rosa è bizzarra la cosa che se uno esprime ammirazione per uno scrittore (che ormai sappiamo che è grande) deve moderarsi mentre se uno urla al capolavoro e allo “scrittore di genio”, per chi obbiettivamente non lo è, allora va bene e nssuno lo invita a provare un po’ di vergogna.
    mondo capovolto
    geo

  79. Abbiamo punti di vista diversi. Ma è un bene così. Io credo che un’opera più è grande e più ha delle fragilità incredibili, e ha bisogno di qualcuno che se ne innamori. Aiutare in questo senso.

  80. “verso la foce” credo che rimarrà uno dei miei libri elettivi.
    non ho mai letto niente di simile, dopo. c’è un’attenzione verso l’esterno – e cioè le case, i capannoni industriali, i grandi mall, i cartelloni pubblicitari, il paesaggio, gli argini del fiume, i vecchi che pescano e giocano a carte e i giovani in bicicletta – che ci restituisce la poesia del lento fluire della vita nella bassa padana, l’ostinata resistenza di uomini e cose alla spersonalizzazione e disumanità di quei nonluoghi. non lo riprendo in mano da molti anni ma ricordo una scrittura originalissima e lirica proprio perché fredda, descrittiva e priva di commenti. è come se fosse l’esterno a parlare, in una sorta di grado zero della scrittura che esautora deliberatamente la funzione autoriale. la medesima impressione che mi fanno certe opere di burri, tipo i sacchi, i legni, i ferri, che paiono un trompe l’oeil a rovescio, in cui la realtà, la materia finge di essere arte. ma il corrispettivo più appropriato resta quello delle foto di luigi ghirri, col quale celati strinse un sodalizio che durò una vita. la medesima idea dell’io come un luogo di transito, la stessa ossessione per le tracce mnestiche, per quelle strade, case, paesaggi, oggetti che ricordano e raccontano indirettamente chi li abitò. a volte, sia nelle narrazioni di celati che nelle immagini di ghirri, la storia di una persona è evocata dall’assenza di qualcosa; come in quella stupenda mostra che fecero a milano sulle
    polveri di claudio parmiggiani. le ombre sulle pareti di una casa là dove c’era una libreria, una vetrinetta, lì dov’è stato tolto un armadio, una madia, un quadro; il profilo di cose che c’erano e non ci sono più, esili tracce di un passaggio, come i loro proprietari. tuttavia, se proprio dovessi fare un nome italiano per il nobel, quel nome non sarebbe celati, sarebbe agamben.

  81. “… scrittura originalissima e lirica proprio perché fredda, descrittiva e priva di commenti. è come se fosse l’esterno a parlare, in una sorta di grado zero della scrittura che esautora deliberatamente la funzione autoriale”.

    Poche parole, senza fronzoli, che danno la dimensione più esatta (o una delle più vicine) del percorso di scrittura di Celati. Ecco un contributo di rilievo (il primo) sull’argomento.

    Condivido in pieno, così come condivido l’amore (si può dire?) per Agamben.

  82. celati parla del 77 in alice disambientata.
    sono d’accordo con garufi, il libro più bello e puro è verso la foce, anche se forse anche il più noioso, come accade che sia la purezza (per gli impuri che siamo, almeno)

  83. Adoro le scritture senza fronzoli
    leggerò “verso la foce”…..
    oggi mi fermo in biblioteca
    a Bellano naturalmente
    (è sempre ben fornita!)

    Arminio,
    quando vuoi salire
    io ti aspetto.
    bye
    carla

  84. celati arminio alicio liviobo sono spacciati. i romanzi la gente vuole i romanzi, nessuno vuola la vita, ma una parata di chiacchiere innocue

  85. pco fa guardavo delle foto antiche per un lavoro che sto facendo. guardavo gente che ha vissuto ed è morta. c’era qualcosa di eroico in ogni vita. adesso mi pare che tutto congiura per farci declinare ogni appuntamento con l’eroismo. non penso all’erosimo alla dannunzio. penso a un eroismo dimesso che trovo in molti personaggi celatiani.

  86. signor tash,
    voglio omaggiarla di questa bella canzone di pietrangeli che mi ricorda lei e non saprei neppur bene capire il perchè.
    lei c’ha la barba?
    Io ti voglio bene

    e le note accompagnavano il cammino degli oppressi
    quando c’era tanto tempo era un vanto esser diversi
    sulle tracce dei colpevoli dei delitti dei depressi
    era appena incominciata la ricerca di noi stessi

    quando il bar teneva fuori al sole tanti tavolini
    quando c’erano le sorbe quando c’erano i bambini
    quando il giorno non chiudeva nella sera in un imbuto
    quando non ti rinchiudevi tu quando non chiedevi aiuto

    quando non veniva in mente sono solo canzonette
    quando ancora non vendevi per denaro due strofette
    quando nelle tue parole c’era meno fantasia
    quando pure tra il nemico il pentito era una spia

    quando dritto quando curvo quando allegro o bastonato
    quando c’era finalmente la sconfitta del passato
    quando ancora non picchiavi con la testa contro un muro
    quando ancora non sentivi il richiamo del futuro

    io ti voglio bene avanti avanti
    con te o senza di te
    io ti voglio bene avanti avanti
    con te o senza di te
    io ti voglio bene avanti avanti
    con teeeeeeeeee meeeegliooooooooooooo con teeeeeeeeeeeeeee.
    spero la conosca e spero la gradisca
    un bacio rispettoso
    la funambola

  87. non le piace perchè si è “venduto”?
    ma se non vuole rispondere io mica me la prendo nè :))

  88. Arminio
    condivido con te
    l’immensa emozione che
    le foto antiche possono suscitare in noi
    e mi viene questo pensiero…
    mai demordere
    mai….per un principio un’idea un amore
    mai!
    Perchè la forza siamo noi a darla

    La spinta

    ed anche una foto
    può rivivere….

    Buona serata
    carla

  89. “Per me significa pensare con la propria testa, saper esprimere dei concetti senza sostituirli con giri di parole superflue, mantenere coerenza nel ragionamento ed usare la logica, essere in grado di ascoltare e rispondere a tono”

    è la risposta che mi diede una persona sollecitata dalla mia domanda su cosa si intendesse per “MATURITA’ INTELLETTUALE” e questi sotto sono i miei pensieri a riguardo:

    Questi pensieri io non riesco ad identificarli con la maturità intellettuale.
    o meglio, manca la parte fondamentale.
    Ed ho usato questa espressione, maturità intellettuale, perché me l’ha suggerita qualcuno qui, ma che non faccio mia perché è espressione ambigua, che, in sostanza non dice nulla e ci fa perdere dietro il sesso degli angeli.

    Ma cmq userò questa espressione per un po’.

    È ovvio che uno pensi con la propria testa ,nel senso che i pensieri che fa sono il prodotto della sua testa ,ma quello che hai in testa è senz’altro contaminato dal conosciuto, e il conosciuto è il frutto del nostro vivere giorno per giorno, attribuendo un senso o un altro senso o il nulla a quello che facciamo, diciamo, viviamo.

    La maturità intellettuale è, la capacità di ricostruirci un pensiero, il Pensiero, un pensiero consapevole di essere contaminato, che si sforza di esserlo sempre di meno, contaminato.

    La maturità intellettuale sta nel riconoscerci dentro dei meccanismi di difesa che ci portano ad usare le parole per difenderci appunto, e più ne sai di “parole”, di “cose”, di “cultura” più, se non hai fatto questo percorso di consapevolezza, le userai per mortificare chi ne sa meno di te.
    Non saranno parole calde, sincere, buone, compassionevoli.
    Saranno parole di paura, saranno appunto parole di difesa,e le parole di difesa le senti subito nello stomaco, le senti subito stonate .

    La maturità intellettuale non è sapere fare un ragionamento che non fa una grinza, che è ricco di citazioni a riprova che ci hai una “cultura”, che usa toni pacati che tradiscono però la freddezza di fondo,
    no,
    la maturità intellettuale è parlare di te in modo vero anche se magari il ragionamento può fare molte, molte grinze.
    E quindi accettare le grinze degli altri, come specchio delle tue.

    La maturità intellettuale è un modo di essere che tanto più ha rielaborato il conosciuto, tanto più capisce che la cultura, il sapere, senza cuore, è una cultura, è un sapere sterile che diventa aggressivo e usa la sua potenza per svilire, attaccare, ferire, prevaricare, circuire, ipnotizzare, scentrare, nascondere, sottintendere, colpire…..basta guardarsi in giro, il mondo ne è la riprova.
    Il potere ne è la riprova

    La maturità intellettuale è la capacità di prendere le distanze da te, di guardarti vivere.
    E quando ti guardi vivere è come avere un giudice imparziale che ti fa interrogare sempre su quel che fai e del perché lo fai. Non ci scappi.

    Insomma la maturità intellettuale è solo il grado di consapevolezza che hai raggiunto.
    Solo quella può trasformare il sapere e la cultura in valori buoni, perché la cultura, il sapere, in sé non sono né buoni né cattivi.
    Siamo noi che li significhiamo.
    Leggendo i commenti a questo post e in generale il modo di confrontarsi qui in NI mi son detta che tutto il mondo è paese e che la nostra paura ci tradisce sempre.
    Quale cambiamento sognamo, quale strada possiamo percorrere insieme se non siamo capaci di questa “maturità intellettuale”?
    Quale rivoluzione se noi stessi non siamo capaci di rivoluzionare il nostro cuore? Parlare di celati, di vie di fuga, di premi nobel, di letterattura, di politica, diventa solo pretesto per stabilire dei primati, rapporti di forza .
    E allora ho pensato:
    A che serve tutta questa roba?
    A che serve tutta questa informazione?
    A che serve tutta questo scrivere?
    A che serve tutto questo sapere?
    A che serve tutto questo “confrontarsi”?
    Serve a darmi la misura dell’infinità di cose che si potrebbe sapere ma che è impossibile sapere?
    Serve a darmi la misura della mia impotenza?
    Serve a farmi credere che è meglio sapere qualcosina piuttosto che non sapere nulla?
    Serve a farmi credere di essere nel mondo perchè so qualcosa della sua rappresentazione?
    Serve a rinforzare questa follia che spaccia la libertà di informazione per il nirvana della conoscenza?
    Serve per alimentare l’illusione di esistere solo se sai quello che tutti ,devono sapere?
    Serve per non tagliarsi fuori dal nulla perchè il nulla in compagnia è sempre meglio di niente?
    A che serve tutto sto cazzo di sapere se non a confonderci, allontanarci, fuorviarci.
    È mostruoso.
    Assisto ad uno spettacolo di illusionismo, un fantastico assurdo spettacolo, so che c’è il trucco ma non riesco a smascherarlo.
    Recidere, avere il coraggio di recidere.
    Non vedo altre via di uscita
    ma voi, come fate voi a star dietro a questo pseudomondo?
    baci a tutti, se qualcuno è rimasto.
    la funambola

  90. non è rimasto nessuno. ci sono troppi baracconi in giro da visitare. dopo un pò lo spettacolo annoia e si va a sbirciare altrove.

  91. farmì, che dobbiamo fare:
    rassegnamoci :))))
    non rispondermi che t’attacco na pezza purattè che la metà è abbastanza:))
    però, a te ti voglio dedicare questo, ascolta
    …noi che critichiamo le Mille e una notte perchè rimangono al di sotto del vero, evitiamo il buon senso stantio di chi le crede una finzione…
    tre baci
    la funambola

  92. beh, la funambola sul finire ci ha lasciato proprio due begli interventi…sia debita lode a lei, se è vero come è vero che abbiamo bisogno anche o solo di questo

  93. io ho bisogno solo di una lucky senza filtro, un gin tonic e un romanzo di brut aston willis.

  94. eh, sitting, tu sei tosto…ma io penso che alla fine, alla fine delle fini, quando sarà impossibile trovare anche una sola goccia di gin e e un pacchetto di lucky, la penserai come noi, ti guarderai attorno perplesso, incredulo e definitivamente disorientato come noi…il vantaggio di farlo prima? mah, forse il gusto di poter dire: toh, proprio come avevo pensato, cazzo…(e qua, ci voleva la sigaretta e il gin tonic…)

  95. 2 cose:

    sfigato sia
    chi si rassegna.

    carla, te la sei voluta tu e poi ce l’ho già bellepronta che son cose che “predico” da tempo :))))))

    Tutto questo tempo, tutta questa strada, tutta questa vita, tutto questo fuori è servito a questo, mi ha condotta qui, mi ha condotta sulla strada della rassegnazione.
    E mi viene da ridere e mi viene da piangere e mi viene dentro una pena, una pena grande per tutti noi, poveri, fragili, spaventati esseri umani.
    E mi viene anche una consolazione.
    Pensavamo di cavarcela con la ragione, pensavamo di stare al riparo da noi stessi, ma noi ci scoviamo sempre, noi siamo braccati da noi stessi sempre, nonostante la nostra ragionevolezza.
    Ma rassegnarsi è l’unica possibilità per non cadere nel delirio della ragione, quella pura, quella che senza la rassegnazione ci porterebbe alla disperazione.
    Rassegnarsi non è rinuncia.
    Chi si rassegna lo fa dopo aver tanto sperato.
    Chi si rassegna torna dalla sua speranza ma si ferma a metà strada prima di cadere nella disperazione.
    Rassegnarsi è un ritorno, una ritirata verso qualcosa che si era abbandonato per la speranza.
    Rassegnarsi è ritirarsi in un luogo ai margini e al di là della speranza e della disperazione.
    Vivere è un atto di fede.
    Rassegnarsi è vivere “sapendo” ,è un rivendicare la libertà di arredendersi.
    la Ragione innorridirebbe di fronte al nulla, al vuoto, all’Irragionevole.
    la Ragione non sopporterebbe questo evidente e spaventoso non senso.
    Chi si rassegna si ritira in un certo modo dalla vita, per provare a vivere nell’unico modo possibile, l’unico modo degno di essere, esserci.
    Chi si rassegna accetta la sua condizione umana.
    Chi si rassegna cede, cede davanti alla morte, cede a essere divorato dal tempo.
    Rassegnarsi è cadere sconfitti, senza serbare rancore.
    La ragione mi ha portata qui, la ragione mi ha fatto riconoscere la sua irragionevolezza.
    La ragione mi ha tradita o ha mantenuto quello che aveva promesso allorquando osai farle alcune semplici domande?
    E mi viene in mente la sirena, la tentazione, la rinuncia:
    …vivi ogni giorno come se fosse l’ultimo…vivi ogni giorno come se fosse….
    ma cos’è? un’ esortazione, un augurio,o, una sottile minaccia?
    E come si fa, come si vive, come si pensa, cosa si fa a vivere in preda al terrore travestito da splendida promessa di paradiso?
    Non è l’antidoto alla vita il vivere ogni giorno come fosse l’ultimo, è un vivere in perenne affanno, un tragico , disperato tentativo di trovare un riparo, un nascondiglio al tempo, alla morte.
    È un vivere nella continua paura.
    Ma lui, il tempo, ti scova perchè è dentro di te, tu sei il tuo tempo, tu, sei, il tempo.
    e avere paura di sé stessi non è una bella cosa.
    Cara Carla non sai quanto ambirei Rassegnarmi, una volta per tutte.
    Ti bacio e Ti esorto a rassegnarTi, senza paura.
    la funambola

  96. ma scusate…..
    il Tema quì proposto era un altro!
    e qui siamo letteralmente fuori tema.

    buona giornata, che il lavoro è lavoro, e il piacere è il piacere.

    p.s.
    le mie spalle sono grandi!

  97. mi pare che siamo rimasti pochi ma buoni. mi pare che l’importante è stare alla larga da quelli che si ritengono scrittori di professioni, quelli che amministrano la propria carriera, come se scrivere fosse un’attività come un’altra, un’impresa da cui trarre profitti.

  98. no, farminio, non ci conosciamo personalmente ma va bene uguale.
    ma quale era il tema? :))
    gentile signora carla, andare fuori tema, non può che far bene e poi era anche un modo per mandarle una carezza, una carezza.
    mi scusi se mi sono troppo avvicinata, mi scusi se ho osato una confidenza, mi scusi se la credevo pronta.
    che dire: rassegnamoci.
    farmì, qui è dura nè
    baci
    la funambola

  99. Arminio:
    “anche questa è fatta”
    si può interpretare in diversi modi
    e non è carino….

    Ti auguro comunque un Buon Week end
    tra le colline irpiniane.

  100. Io, d’istinto, a sentire questa proposta di dare il nobel a Celati, dico subito “Sì, sono d’accordo”. Poi, ragionando un po’, e immaginando Celati a Stoccolma, dopo che l’ho visto una volta a Bologna che parlava con degli studenti di un suo vecchio libro, penso che mi sembrerebbe fuori posto. Poi, di nuovo, penso “Però, se fosse là, a Stoccolma, sarebbe un po’ come il suo amato Bartleby, e mentre gli consegnano il nobel potrebbe dire’Avrei preferenza di no’, e sarebbe proprio una risposta che sta dentro il suo modo di scrivere e parlare e pensare, forse”. Insomma, a me sembra una gran bella cosa anche solo aver proprosto Celati per il Nobel, poi non so se ha senso o no. Mi sembra bello perché Celati è uno di quegli scrittori rarissimi che hanno trovato una naturalezza sorprendente dopo aver battagliato con le parole, ma senza alterigia, come in una battaglia in cui ci son delle regole di cortesia e molto ardimento. Una specie di scrittore-rugby. A me i suoi libri hanno aperto il cervello e le orecchie, come succede quando si sente in giro per il mondo uno che ama molto la propria lingua o il proprio dialetto e ha una gran voglia di raccontare delle storie, perchè al mondo non c’è niente se non ci sono le storie. O meglio, ogni tragedia e commedia sono un tessuto di fatti che passano e scivolano via dentro un ordito di parole ordinarie che diventano una storia. A me, e a tante persone che ho conosciuto, senza volere, Celati ha fatto bene, mi ha fatto vedere il mondo com’è, dentro la sua comica allucinazione. Perciò, mi sembra che il Nobel se lo meriti, se il nobel attesta i meriti di qualcuno. Per me Celati ne ha molti, prima di tutto quello di essere uno scrittore in grazia di dio.

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