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Da: La macchina responsabile – 2007

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di Maria Grazia Calandrone 

Da: APOCALISSE DELL’ANIMALE GRANDE (poema sulla guerra di trincea)

Nel fronte interno srotolano i dispacci sotto lampade da miniera e l’ignoto attraversa il paese come filo spinato che sente
battere la pala dei fanti, lo smalto
delle gamelle contro la latta
e metri d’aglio. Maria, abbiamo
del gran danno nella testa
sporca di bestia che scappa
sottoterra, abbiamo nella groppa il crollo dei muli
sotto il peso plebeo dei materiali. Dammi il cuore
Maria, perché il tuo cuore
pesi come la terra tra le mani
mentre io ti raggiungo sotto il pericolo. Maria, con i pensieri
che non smettono mai di pensarmi, anche dopo
tienimi a te, al mio posto
sulla terra dei nomi. Solo tu
sai il mio nome Maria, perché il mio nome è all’orlo
della tua gola, bianco
come un affogato nel canale
sepolto nel tuo bianco che rinviene. Anche dopo,
stanotte, quando io sarò cenere, pronunciami Maria con il tuo corpo.

Da: ANATOMIA NUCLEARE (poemetto su Hiroshima)
 
Non si può impedire a un uomo di provare pietà perché il mondo è compassione (ufficiale americano per la ricostruzione del Giappone)

Quel canto proveniva dalla gente
sebbene ovunque galleggiassero corpi sulla zona di lancio e un irreale effluvio vaporasse
dal fiume incandescente. Lunghe
file di vivi alle fontane a Sud
del paese e tutte quelle ossa
sbiancate e crani – migliaia
di crani di bambini lungo il pendio, corpi di marmo logoro
nei quali si vedevano le vene e chiedevano muti che ci avete fatto
– e guardammo la morte essere
ricevuta con umile distacco
con il collo riverso e il terreno bruciato all’intorno e il corpo
si gonfiava – e osservammo la morte deporre
uova
nelle pliche serene delle donne
che aggiungevano ghiande, chitina e fosforo
d’insetti, sperduti muridi delle macerie
e segatura all’alimentazione dei bambini. Soffrivo orribilmente nel vedere
il lento avvicinarsi della morte
specialmente alla messe dei bambini, a quel ragazzo
che coltivava la terra
accanto all’epicentro e ormai è raccolto
in cenere nell’astuccio
deposto sull’altare dalla sposa
deflorata dal pianto della cenere.

(Da: La macchina responsabile, Crocetti – 2007)
 

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4 Commenti

  1. Lo sai che ti ammiro molto,
    questi versi li sento molto vicini…

    “con i pensieri
    che non smettono mai di pensarmi, anche dopo
    tienimi a te, al mio posto
    sulla terra dei nomi. ”

    Un caro saluto
    carla

  2. Maria Grazia,
    guarda un pò che poesia ho scritto un attimo fa….

    Sangue del mio sangue

    sangue chiama

    Ti guardo

    ma l’occhio rifugge

    l’occhio che sa.

    Pensavo a mia figlia.

  3. grazie carla – hai ragione, il sangue parentale è croce ed è delizia – come ogni legame della terra, non escluso quello con se stessi…
    un abbraccio
    maria grazia

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